La psicosomatica, la psiconcologia e lecure palliative: il prendersi cura nella totalità
1. La Psiconcologia, la Psicosomatica e le Cure Palliative:
il prendersi cura nella totalità
A cura di MARIAN DE SOUZA
Psicologa, psiconcologa
Milano, 2010
2. La mia traiettoria:
La Psiconcologia, la psicosomatica e le cure palliative:
Cosa hanno in comune?
TANTO!!
Il più importante:
Tutte e tre hanno una visione dell’uomo
come un essere totale, e considerano
tutti gli aspetti che lo circondano,
siano di carattere fisico, emozionale,
sociale, culturale e spirituale.
In tutte e tre la dimensione della cura del
paziente si caratterizza per la
preponderanza del prendersi cura
sopra il guarire
3. O sia, tutte e tre hanno una visione olistica della salute.
E qui entro nella questione della “cura nella totalità”.
Cosa deve essere preso in considerazione quando si parla
di cura “totale”?
4. La prima cosa: Prendersi cura di se stesso!!
“Quello che ha l’intenzione di
prendersi cura degli altri e guidarli,
innanzitutto ha bisogno di
dimostrare che sa guidare se
stesso, che conosce i limiti del suo
fare, che rispetta l’altro come un
essere diverso da sé”. (Lunardi et.
al, 2004)
“Chi si prende cura di se
“Se il professionista della salute non stesso in maniera adeguata, si
riesce a entrare in contatto con i trova nelle condizioni di
propri desideri, farà fatica a entrare relazionarsi adeguatamente
in sintonia con i bisogni degli altri” con gli altri” (Foucault, 1987)
(Bonato, 2008.)
5. Come?
Non c’è una risposta unica, non ci
sono “ricette” su come prendersi
cura di sé. Ognuno, d’accordo con le
sue risorse, interne ed esterne, dovrà
trovare un modo di farlo.
Il tempo libero: “Il tempo libero è
uno dei mezzi di cui si dispone per Conoscendo me stessa,
affrontare le contraddizioni del sono maggiormente in
quotidiano, un modo di prendersi grado di capire il miglior
cura di sé per riunire le condizioni modo di prendere cura di
essenziali per prendersi cura me.
dell’altro.” (BEUTER et. al, 2005).
6. Prendendosi cura dell’altro
“La grande sfida dei professionisti della sanità è prendersi
cura dell’essere umano nella sua totalità, esercitando
un’azione preferenziale riguardo al suo dolore e alla sua
sofferenza nelle dimensioni fisiche, psichiche, sociali e
spirituali, con competenze tecno scientifica e umana”.
(Bettinelli et al.,2006)
7. La cura del corpo
Fisioterapia:
“Migliorare la qualità della vita residua, in
modo che la vita dei pazienti possa essere
il più possibile confortevole e
soddisfacente, con il minor livello di
dipendenza possibile indipendentemente
dalla loro aspettativa di vita”.
Nutrizione:
•Offrire sostegno emotivo, piacere, aiutare
nella diminuzione dell’ansietà, aumentare
l’auto estima e l’indipendenza, e
permettere una maggiore integrazione e
comunicazione tra il malato e i suoi
familiari.
8. La cura della mente
Ci sono vari studi che comprovano
la relazione tra mente e corpo, e
l’influenza che uno può esercire
sull’ altro.
Le tecniche MENTE/ CORPO
migliorano la qualità della vita e
sono considerate come un
approccio complementare ai
trattamenti. •ricerche
nordamericane hanno
•la mente, attraverso i pensieri, gli dimostrato che la mente
immagini, le credenze, le memorie non sa distinguere tra
e gli emozioni, può alterare la un’immagine reale e quella
struttura biochimica e il sistema immaginata.
nervoso.
9. ALCUNE TECNICHE MENTE/ CORPO:
Il rilassamento e la visualizzazione:
La musicoterapia:
Il reiki:
•Tutti queste tecniche possono essere utilizzate come complementari
nel trattamento di sintomi e situazioni molteplici, quali: dolore,
nausea e vomito, disfagia, dispnea, insonnia, ansia, agitazione, stati
confusionali, afasia, depressione, collera …
•Sono tecniche che influiscono positivamente sia come
aiuto psicologico, sia come supporto integrativo alle
terapie e possono anche aiutare il soggetto a morire in
maniera più serena e tranquilla.
Altre tecniche di cura mente/corpo che possono portare benefici ai pazienti in
fase terminale sono la cromoterapia, la bioenergetica, la meditazione, l’arte
terapia, ecc.
10. La cura dell’anima/ dello spirito
“Il benessere spirituale fornisce una protezione contro la disperazione a
fine vita, portando pace e un senso per chi è in imminenza della morte”.
(McClain et. al, 2003, apud Liberato e Macieira, 2008)
“L’uomo non è distrutto dalla sofferenza; egli è distrutto dalla sofferenza
senza senso” (Victor Frankl, 1987)
A Practical Guide to The Spiritual Care of the Dying Person (2010):
domande aperte per che il paziente possa parlare di spiritualità:
•Raccontami un po’ di te?
•Come ti trovi in te stesso?
•In che modo questa malattia ha influenzato voi o la
vostra famiglia?
•Ci sono cose in particolare nella sua mente in
questo momento?
•C’è qualcosa o qualcuno che secondo te può esserti
di aiuto nei momenti di difficoltà?
•C'è qualcosa che rende più difficile far fronte con
(il dolore,a dormire) in questo momento?
11. Gli aspetti sociali e culturali del prendersi cura
•Conoscere chi è il paziente del punto di vista biografico, come egli
vive e quali sono le condizioni per che egli possa essere assistito
•Per Ariés (2003), l’’elaborazione
culturale dell’idea della morte è
strettamente collegata all’ambiente
socioculturale in cui si è inseriti;
ogni società trasmette una cultura
della vita che inevitabilmente si
riflette sul modo di rappresentare la
morte .
•Considerare gli aspetti culturali individuali di ogni pazienti, che
possono cambiare a seconda dei suoi vissuti, della sua origine, del
modo in cui è cresciuto, ecc.
12. GLI ASPETTI ETICI DEL PRENDERSI CURA
•Durante la pratica clinica in Cure Palliative,
intensifichiamo esattamente il re-significare
la vita mentre la vita c’è, come principio
etico. Non si tratta di cosa ci aspettiamo
della vita, ma di cosa la vita si attende da
noi nei diversi momenti della nostra
esistenza.
•Un’etica della cura e delle virtù, dove l’’etica non riguarda solo la
procedura di decidere, ma coinvolge anche la qualità dei rapporti, come
continuità, apertura e fiducia.
•La conoscenza tecnico-scientifica, basata sui pilastri della bioetica dei
principi (beneficenza, non-maleficenza, autonomia e giustizia), applicata
nella pratica clinica come guida delle decisioni, deve essere considerata a
favore della qualità dell’assistenza al paziente.
13. La buona morte: Klüber-Ross (1998), pioniere nell’abbordaggio con pazienti
nel processo di morire, sostiene l'idea che tutti dovrebbero avere una ' buona
morte '.
“Una buona morte significa non soffrire e
neanche passare attraverso intense sofferenze
che rendono il paziente in lotta contro il mondo.
Una buona morte significa che si può scegliere
dove morire: se si vuole morire a casa, si può
morire a casa. Una buona morte significa che si
ha accanto qualcuno che ci ascolta e non si è
lasciati nell’infermeria dell’ultimo reparto
dell'ospedale, lontano da tutti, da soli. Una
buona morte significa che nessuno mi darà una
dose eccessiva di qualcosa per togliermi la vita
prematuramente: questo è una cosa che è
contraria a una legge universale. Morire con
dignità significa che io ho il permesso di morire
con il mio carattere, con la mia personalità, con
il mio stile” (Kubler- Ross)
14. CONSIDERAZIONI FINALI
Prendersi cura nella totalità quindi, è, innanzitutto, prendersi cura di se
stesso; riconoscersi come umano e, su tale base, riconoscere i suoi propri
limiti. È affrontare le proprie paure, essere in contatto con la propria
terminalità. Inoltre tale approccio consiste nel considerare l’essere
umano come un insieme, prendendo in considerazioni tutti gli aspetti,
fisici, emozionali, sociali, spirituali, culturali ed etici, e cercare di fare del
nostro meglio, per gli altri e anche per noi stessi.
“Quando la vita è ridotta ai minimi
termini e tutto appare ormai perduto,
rimane ancora una libertà
fondamentale: quella di scegliere con
quale atteggiamento affrontare il
proprio destino. Tale scelta forse non
cambia il destino, ma certamente la
persona”. (Victor Frankl, APUD
Danza, s/anno)