3. Perché ci interessa l'Internet of Things?
Perché si assottigliano le barriere tra fisico e digitale,
tra online e offline, tra “dentro il computer” e “fuori
dal computer”.
4. Una definizione (tra le tante)
INTERNET OF THINGS
Un insieme di oggetti
univocamente identificati
collegati in rete
in grado di rilevare, tramettere, ricevere, registrare dati,
agire in base ai dati ricevuti,
venire contattati, interrogati e programmati.
5. Da Internet of Things a Internet of Interactions
Interazioni tra:
macchina e macchina
e tra
macchina e persona
e tra
persona e persona
(mediate da macchine)
e tra
macchine e persone e processi
9. Volume d’affari in Trilioni di dollari secondo alcuni operatori
2,7 – 6,2 entro il 2025
14,4 entro il 2022
15,3 entro il 2030
1 trilione = 1000 miliardi
10.
11. Fonte: L. Atzori et al.”The Internet of Things: A Survey”. Computer Networks (54)18, 2010
13. Hype Cycle 2015 per le tecnologie emergenti – Gartner Research
14. L'unione di IoT e del "Nexus of Forces" (la convergenza e mutuo
supporto di social, mobility, cloud ed informazione) spingeranno
le aziende verso un futuro digitale a 360 gradi.
Non importa il business o servizio offerti, la digitalizzazione sta
cambiando il mondo e sta diventando pervasiva all'interno delle
organizzazioni.
16. Venture scanner: 813 aziende IoT in 16 categorie, con investimenti totali per $6.86miliardi
17.
18. Apple – Apple TV, HomeKit
Samsung – SmartThings
Microsoft - Windows 10 IoT Core, Visual Studio, vari SDK
Google – Weave, Nest, OnHub, Brillo
Facebook – Parse
Amazon – Dash, Echo
E non dimentichiamo IBM, Cisco, e tutti gli altri grandi gruppi industriali!
Io sono Andrea Nicosia di Webside.
Webside è un'agenzia di comunicazione, io mi occupo di ricerca e di marketing esperienziale, che in soldoni è quel tipo di marketing che vi fa dire “ficata! Fammelo raccontare agli amici!”
Mi interessa anche tutto quello che è l'ambiente fisico e mentale in cui ci muoviamo oggi e ci muoveremo in futuro. Un po' perché serve per lavoro, un po' perché, come dice William Gibson, il mio problema è che tutte le cose mi paiono sempre più interessanti.
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Un ultimo punto, molto importante: gli standard. Non ce ne sono.
O meglio, praticamente in tutti gli esempi che abbiamo visto gli oggetti dialogano tra loro all’interno del loro sistema usando protocolli e standard noti. Il problema è che ancora non c’è un linguaggio comune, uno standard, che permetta agli oggetti che appartengono a un sistema di parlare con gli oggetti che appartengono a un altro sistema.
Sia LG che Siemens hanno degli elettrodomestici intelligenti, connessi, in grado di mandare e ricevere informazioni a un’app.
Ma il frigo LG non parla con il forno Siemens, non può dirgli “il boss mi ha appena fatto confermare che ci sono gli ingredienti per la crostata, inizia a scaldarti.”
Il frigo non può dire a little printer “ecco la lista della spesa, stampala”, il forno non può dire al nest “sto per accendermi a 220 gradi per due ore, abbassa il riscaldamento in cucina che faccio calore io.”
Strumenti come atooma e if this than that, che fanno da ponte tra sistemi, sono utilissimi.
A questo punto vorrei fare un accenno a movimento dei makers e cultura open.
Sono due fenomeni che hanno cambiato il mondo dell’hardware e del software, rendendo molte cose più semplici, accessibili, replicabili.
Come avrete capito, a noi piacciono le cose concrete, quindi, anziché parlare, vi mostrerò qualcosa di concreto.
Questo è eggo.
E’ un apparecchio che serve a creare un social network fisico tra un ristretto numero di persone.
Vi registrate su un sito, scegliete con quali dei vostri amici, pure loro iscritti, volete comunicare.
Usando le manopole impostate il vostro stato d’animo e come vorreste passare la serata. I vostri amici fanno lo stesso sui loro apparecchi.
Quando qualcuno ha impostato il suo status si accende il led corrispondente. Portate la manopola sul led e le lancette indicano lo stato di quella persona.
Anche qui, macchine che comunicano tra loro e un server, che si scambiano dati e adottano un comportamento, accendere o spegnere un led, a seconda delle informazioni che hanno ottenuto.
Perché vi parlo di eggo e che c’entra con makers e cultura open?
Perché quello che avete visto è uno splendido rendering fatto da un amico, la realtà di eggo è questo prototipo in cartoncino.
Ma fa tutto quello che vi ho detto, funziona. So che funziona perché l’ho fatto io, quella è la mia scrivania.
Io non sono un programmatore, non so nulla di elettronica. Ma usando strumenti e conoscenze open, sfruttando le esperienze di chi ha fatto cose simili, sono riuscito a creare questo. Non ci ho neanche messo troppo tempo. E funziona!
Se l’ho fatto io, potete farlo anche voi.
Se cose come little printer, la good night lamp vi paiono fuori dalla vostra portata, non lo sono, sono fattibili. Non sono semplici, fattibile non è sinonimo di semplice. Ma si possono fare.
E non dovete necessariamente farli da soli, potete trovare chi sa fare quello che voi non sapete fare. In fondo non c’è startup senza un buon team dietro, no?