Dalla pedagogia Cristiana alla pedagogia umanistica in Europa
1. MODULO DI
STORIA DELL’EDUCAZIONE
Dalla pedagogia Cristiana
alla pedagogia umanistica in Europa
di
Spano Giorgio
La nascita della pedagogia cristiana
Espansione
Il cristianesimo rappresenta una rivoluzione nella storia della pedagogia.
Quest’innovazione si diffonde prima nelle piccole comunità credenti e,
mentre la chiesa acquisisce progressivamente un potere politico, si riversa
nelle società.
Fine educativo: la salvezza Il nuovo fine educativo è la salvezza dell’anima per la quale non è necessaria
dell’anima una semplice ricerca della perfezione interiore ma è significativo imitare
l’esempio di Cristo. La pedagogia cristiana pone dunque un fine che è
difficile a tal punto che necessita dell’aiuto divino della Grazia, poiché
irraggiungibile con le sole forze umane. È un percorso senza fine, dato che
nessuno può sentirsi conforme al Modello ed essere giustificato, nonostante
la sua debolezza, di fronte a Dio.
Capovolgimento Lo sviluppo della pedagogia cristiana crea un capovolgimento
dell’intellettualismo etico dell’intellettualismo etico della pedagogia greca, in quanto non è ritenuta più
della pedagogia greca ed
la conoscenza condizione del bene, ma il bene condizione della conoscenza.
educazione alla Carithas
Educazione è educazione alla Carithas, cioè all’amore per il prossimo come
testimonianza dell’amore per Dio. Quindi, completando questo quadro di
temi educativi, la salvezza dell’anima non la si vuole solo per sé ma per tutti.
Dio, Maria e Mater Chiesa
È così che l’educazione cristiana si propone a tutti senza alcuna distinzione.
I soggetti che più facilmente si riscontrano in questa dottrina sono: Dio,
Cristo, Maria e la chiesa. Dio è padre di Cristo e degli uomini; Maria, oltre
ad essere figura centrale della vita di Gesù, rappresenta l’unione trina tra
Padre Figlio e Spirito Santo, che unisce in un legame di fede Cielo e Terra.
La Chiesa si sentirà mater dei cristiani e affiderà un ruolo educativo
fondamentale alla famiglia, in quanto riconoscerà in essa il legame vivente
Amore nella pedagogia tra Dio e gli uomini.
cristiana Il fulcro della pedagogia cristiana è l’amore. Non si tratta però di un
sentimento ottimistico in quanto la natura umana è imperfetta ed incline al
peccato. Amare acquisisce anche il significato di “guidare”: questo deve
Chiesa è Magistra avvenire solo se il maestro di autodefinisce portatore del messaggio di
Cristo, solo vero Maestro. Perciò la chiesa, in quanto “guida”, si
autodefinisce Magistra e si ritiene unica autentica autorità pedagogica
terrena.
2. Nei Vangeli la pedagogia cristiana trae vari spunti educativi dall’azione o
Imitazione di Cristo e dalle parole di Cristo. In questi sacri scritti, nonostante l’ambientazione fosse
considerazione per l’infanzia di un epoca in cui si dava scarsissima considerazione per le peculiarità e i
bisogni dell’infanzia, si riscontra un Cristo che ama i fanciulli, li chiama a sé,
li difende e ricorda che per entrare nel Regno dei Cieli occorre farsi simili a
loro.
Il Fanciullo Quindi il fanciullo è considerato immagine della purezza che ogni individuo
deve raggiungere. In quest’epoca si ha quindi l’incrocio di due culture in cui
si sviluppa il messaggio di Cristo. Da un lato la tradizione che segue il
messaggio di amore di Gesù verso i fanciulli; dall’altro, quella ellenistica e
veterotestamentaria (cioè che riguarda l’antico testamento), spesso favorevoli
ai castighi corporali come mezzi efficienti per allontanare il bambino dal
male morale cui è, per natura, incline. Pare quasi un paradosso culturale.
È preso molto in considerazione il metodo di predicazione che riecheggia alle
L’educazione informle di
vie dell’Atene di sei secolo prima. Quella di Gesù era dunque un’educazione
Cristo
informale che non richiede un programma prestabilito ma viene offerta
ricorrendo a immagini o parabole, che, per richiamare ulteriormente Atene
nei suoi anni da polis, richiamano ai miti platonici, adattando dunque il
linguaggio agli interlocutori e non forzare che avvenga il contrario come
spesso avviene nelle scuole. A questo insegnamento ammiccheranno tutti
quegli educatori cristiani che vorranno fare della loro opera pedagogica una
testimonianza dell’adesione al messaggio evangelico.
La paraboladel seminatore Diffusa nella cultura cristiana anche per la sua semplicità è la parabola del
Seminatore. Si tratta di una riflessione sull’educazione e sul modo in cui i
diversi allievi possono far proprio o rifiutare qualunque insegnamento. I seme
gettato dal seminatore rappresenta l’insegnamento che viene proposto e i vari
terreni su cui il seme cade rappresentano le diverse predisposizioni
psicologiche dell’allievo. Ciò non toglie che l’educatore debba far si che il
suo messaggio sia alla portata dell’allievo (quindi in un certo senso anche il
seme deve adattarsi al terreno). L’adattamento educativo è alla base di ogni
attività formativa efficace.
Le prime istituzioni educative cristiane
Nel suo continuo evolversi il cristianesimo si incontra con la cultura
Paganesimo e cristianesimo
ellenistica. Si ha così la convivenza di due religioni contrapposte: il
paganesimo e il cristianesimo. Tra le due credenze non vi era conflitto. I
cristiani frequentano le loro scuole in quanto, per vari motivi, non potevano
istituire scuole di rito cristiano. Frequentavano quindi la scuola pagana sia
per necessità sia perché ne riconoscono un valore universale. Nel corso degli
Il cristianesimo si diffonde
anni la religione cristiana si diffonde tanto rapidamente da raggiungere zone
in cui l’influente corrente di ellenizzazione non è ancora giunta. È proprio in
quei luoghi che i fedeli cominciano ad erigere le loro prime istituzioni
Il catecumenato scolastiche necessarie per la prima alfabetizzazione e l’avviamento alla fede.
Le prime scuole cristiane rispondono alle necessità religiose del
catecumenato la cui definizione si potrebbe compendiare nel percorso
finalizzato a preparare gli adolescenti e gli adulti all’ingresso nella comunità
dei fedeli sanciti dal battesimo. Il battesimo era infatti professato ai giovani e
Il battesimo agli adulti che desideravano convertirsi per entrare a far parte della comunità
3. Due percorsi di formazione
dei fedeli. A questo punto si possono distinguere i due percorsi differenti
nel catecumenato: incipienti
che costituiscono il catecumenato: quello degli incipienti cioè coloro che si
e competenti.
affacciano alla comunità cristiana; l’altro è quello dei competenti, i quali
approfondiscono i dogmi più complessi. Saranno costoro che potranno
raggiungere la figura di sacerdote, alla quale verrà affidato l’importante
Decadenza del
catecumentato compito educativo. Lo spostamento del battesimo ai primi mesi di vita
porterà alla graduale scomparsa del catecumenato. Questa fondazione
religiosa cade quindi in disuso, rinviando poi all’educazione cristiana della
Affermazione di scuole di famiglia la trasmissione della fede, mentre sorgeranno vere e proprie
teologia scuole di Teologia legate all’affermarsi della necessità di elaborare la
dottrina cristiana, che molte volte entreranno in conflitto anche con
l’autorità ecclesiastica.
…quattro secoli dopo…
BENEDETTO DA NORCIA: IL VALORE DELLA PREGHIERA E
DEL LAVORO
Dopo i regni romano-barbarici si assiste alla scomparsa dei centri di
cultura laici a all’aumento del controllo da parte della chiesa, la quale
affida l’attività di insegnamento alle figure sacerdotali. La didattica è
proposta ai novizi.
Benedetto da Norcia fratello gemello di Santa Scolastica, nacque verso il
Vita di Benedetto 480 d.C. nella città umbra da famiglia patrizia. Eutropio Anicio, il padre,
era Capitano Generale dei romani nella regione di Norcia, mentre la madre
era Claudia Abondantia Reguardati, contessa di Norcia. A 12 anni
(secondo alcuni) fu mandato con la sorella a Roma a compiere i suoi studi,
Abbandono alla vita
ma, come racconta san Gregorio Magno nel II Libro deI Dialoghi,
monastica sconvolto dalla vita dissoluta della città ritrasse il piede che aveva appena
posto sulla soglia del mondo per non precipitare anche lui totalmente
nell'immane precipizio. Disprezzò quindi gli studi letterari, abbandonò la
casa e i beni paterni e cercò l'abito della vita monastica perché
desiderava di piacere soltanto a Dio.
Fondazione del monastero di Dopo due tentativi di veneficio e un’ingiustizia morale nei suoi confronti,
Montecassino
per salvaguardare i suoi monaci Benedetto decide di abbandonare Subiaco,
valle dove risiedeva. Si diresse verso cassino, dove, sopra un’altura, fondò
il monastero di Montecassino su resti di templi pagani e con oratori in
onore di San Giovanni Battista e San Martino di Tours.
La Regula Monasteriorum Verso il 540 Benedetto fondò la regula Monasteriorum, che dispone di 73
capitoli e un prologo. La Regula viene considerata un testo pedagogico, in
quanto condensa l’indicazione dei comportamenti indispensabili che
devono essere indispensabili a chi la accetta.
L'autorità massima del monastero è nelle mani dell'abate che può avere
L’abate
alle sue dirette dipendenze un priore ed un sotto-priore.
Il monastero è innanzitutto una scuola di educazione religiosa, poiché
l’abate non deve insegnare alcunché al di fuori dei precetti di Cristo, ma
deve mantenere orientare, amare, e perciò guidare i propri monaci;
dev’essere un attento osservatore dei fratelli. Il Superiore ha un preciso
compito educativo che nel suo metodo prevede l’adattarsi all’indole varia
e alla capacità di ciascuno, attenendosi alla direttiva dell’apostolo che
4. dice: riprendi, scongiura, sgrida. Nella regula monasteriorum non viene
solo analizzato il ruolo pedagogico dell’abate, ma vengono descritte le
varie norme che disciplinano la vita dei monaci, fissando quei voti
fondamentali che caratterizzeranno tutti gli ordini monastici (povertà,
carità, obbedienza).
Vita monastica In una vita monastica occupa grande spazio la cultura e il lavoro.
Nonostante gli scriptoria non compaiono a Montecassino prima dell’VIII,
le biblioteche interne sono attive assai prima: con Benedetto i monasteri si
avviano a divenire un baluardo di cultura di fronte alla crisi delle
istituzioni occidentali.
La lettura occupa un posto importante nella formazione monastica. Così,
La lettura durante la quaresima i monaci di Benedetto devono leggere fino il
compimento della terza ora, e poi lavorare fino il compimento della
decima ora. A occuparsi della distribuzione di libri è la biblioteca.
Il lavoro – orat et labora “l’ozio è nemico dell’anima, perciò i monaci in determinate ore devono
attendere al lavoro manuale e in altre, anch’esse determinate, alla lettura
spirituale”. È evidente a questo punto il completamento dell’attività di
preghiera secondo la massima: orat et labora.
In quanto fatica e sacrificio, il lavoro diviene un modo per onorare Dio,
perciò viene equiparato alla preghiera.
Accurata distribuzione del
A volte però è possibile che un monaco sia indotto all’ozio poiché il suo
lavoro
carico di lavoro è insopportabile per la sua gravosità. L’abate, quindi,
come già detto in precedenza, ha il compito di curare una ripartizione
adeguata dei carichi di ciascuno.
Il lavoro nel futuro…
Gli sviluppi del ruolo del lavoro nella storia pedagogica successiva
porteranno a scoprire prima l’importanza delle attività manuali e pratiche
nei curricoli formativi. Il lavoro diventerà, da parallelo e complementare
allo studio, parte integrante dello studio stesso.
Regula magistri Nella regula Magistri vengono fissate le norme relative alla formazione dei
novizi e dei giovani accolti nelle scholae monastiche, dove l’abate o
monaci scelti insegnano anzitutto la lettura e la scrittura, propedeutiche
Educazion del fanciullo all’interpretazione dei testi sacri. Nell’educazione del fanciullo, Benedetto
raccomanda di utilizzare la dolcezza e, quando è ritenuto opportuno, anche
qualche ricompensa; comportamenti questi che menzionano un attenzione
al fanciullo tipica dello spirito originario del cristianesimo.
Secondo benedetto occorre usare, nei confronti dei giovani fino l’età di
quindici anni, moderazione e prudenza. Egli si preoccupa di legare questo
principio alla regula aurea che ne ribadisce la sacralità, e di ricorrere alla
minaccia di provvedimenti per gli adempienti. Infatti nella regola sta
scritto: <<non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te>>.
Ritorno all’uso di metodi Le pratiche educative abusavano spesso dei mezzi correzionali, vista la
correzionali frequenza con cui gli abati richiedevano la moderazione. Da questo punto
di vista l’educazione monastica non riesce a liberarsi del retaggio della
tradizione antica e non riesce a penetrare i moventi psicologici
dell’infanzia, dando così origine ad uno spiccato “audultismo” peculiarità
che durerà nelle pratiche educative fino all’età moderna.
5. I CONTENUTI DELLA PRATICA SCOLASTICA NEL
MEDIOEVO
La scuola medioevale
richiama le istituzioni La scuola del medioevo, presenta fin dai suoi albori, molti punti in comune
primarie dell’età ellenistica con le istituzioni primarie dell’età ellenistica.
Il maestro, nella tradizione ellenistica, aveva il compito di preparare
l’alunno sotto l’aspetto tecnico: doveva perciò insegnargli a leggere, a
imparare a memoria, a scrivere e a contare. I metodi didattici sottolineano
il carattere eminentemente passivo delle modalità di apprendimento
richieste: l’allievo doveva apprendere in più o meno tempo ciò che gli
veniva insegnato; se questo non avveniva, si ricorreva alle punizioni
Scuola medioevale e corporali.
analogie con quella In un brano dello storico dell’educazione Pierre Richè si trovano molte
ellenistica: analogie tra le due tradizioni nonostante queste si trovino in contesti molto
differenti fra loro. Di seguito riportati vi sono i punti principali del testo.
scuola e il suo mobilitio - La scuola e il suo mobilio: l’aula non ha un nome. A sostituire a
grandi linee il termine Auditorium, scomparso agli inizi del VI secolo, vi
era l’espressione scholae. Questo vocabolo aveva però vari significati
all’epoca. La scuola è situata all’interno di complessi monastici o
episcopali. Il problema di scuole esterne, per i fanciulli secolari (non
appartenenti a congregazioni monastiche) non si è ancora posto. L’aula era
molto piccola in scala con le costruzioni che la circondavano. Nelle abazie,
dove i monaci erano più numerosi, c’era forse una classe per ogni decade.
La lettura (e il materiale) - La lettura: la prima tappa della lettura è sempre l’alfabeto. Il
fanciullo ricopiava le lettere sulla sua tavoletta. Se il ragazzo era privo di
tavoletta, incideva le lettere sul suo cinturone in cuoio. Dopo aver
imparato le lettere il fanciullo passava alle sillabe e poi ai nomi.
La scrittura
- La scrittura: nelle scuole romane il fanciullo aveva a disposizione
una tavoletta, sulla quale sono incise le lettere ch’egli deve disegnare.
(tirocinio negli scriptoria) Questo strumento viene chiamato productalis. Prima il ragazzo imparava a
scrivere in seguito faceva un tirocinio negli scriptoria, dove il maestro gli
insegnava le scritture in uso. Tutto ciò avviene in modo analogo nella
scuola dell’alto medioevo.
Studio del Salterio - Studio del salterio: dal momento in cui l’alunno conosce le lettere,
gli viene consegnato il primo libro, il salterio, ossia il libro che raccoglie i
salmi da cantare o da recitare nel corso della settimana. Questo metodo,
generato dalla tradizione monastica si è poi diffuso nelle scuole e
(metodo con il Salterio) nell’insegnamento privato. Il maestro fa copiare alcuni versetti sulle
tavolette e il ragazzo deve impararli a memoria, così come ai nostri giorni,
il giovane mussulmano impara a leggere e a scrivere usando le sure del
corano. Questa tecnica aveva un fine triplice: l’alunno imparava a leggere,
a scrivere e studiava su un testo sacro.
- Canto e calcolo: l’insegnamento elementare comprende anche il
canto e il calcolo. Il maestro di musica deve accontentarsi di insegnare le
6. (Musica) note e di impostare la voce, senza entrare nello specifico della teoria
(calcolo) musicale. La vita praejecti precisa che il maestro indica più volte le
melodie che i fanciulli ripeteranno in seguito. Il calcolo si limitava agli
aspetti più pratici e semplici. Prima ci si esercitava con gettoni, come San
Sansone, esercitarsi con dei gettoni per poi apprendere il calcolo digitale.
Questo metodo è esposto nel de temporum ratione; inoltre in quest’opera
(De temporum oratione)
da le regole con le quali il monaco può calcolare rapidamente i cicli lunari
e solari, utilizzando l’articolazione delle dita. I problemi aritmetici
venivano sottoposti ai fanciulli più istruiti, poiché questo genere di attività
si va inserendo più nel genere letterario dell’enigmistica che nello studio
del calcolo.
La narrazione di Richè dimostra che l’educazione scolastica altomedievale
non differisce molto da quella antica, per lo meno sul piano della
metodologia didattica, mentre se ne allontana un po per quanto riguarda la
scelta di alcuni contenuti, per esempio la lettura del libro sacro, il Salterio.
In effetti, in questo periodo si affaccia una novità nel campo della scuola:
vale a dire il suo essere dominata dagli aspetti legati alla fede cristiana.
Peculiarità religiosa della
Questa dipendenza dalle istituzioni religiose e dal clero è determinata dal
scuola
fatto che questo gruppo sociale è l’unico a poter fornire degli insegnanti.
Questa dipendenza, quindi, si deduce anche nella scelta dei materiali
didattici. Se i maestri della tradizione ellenica e romani si rifacevano per i
loro insegnamenti ai grandi poeti, gli altomedioevali ricorrono alle Sacre
Scritture, in modo che l’educando si esercita nella lettura e si formi allo
stesso tempo nella fede. La componente religiosa nella pratica educativo
continuerà a persistere con grande importanza fino le soglie del
Contraddizione tra l’idea e la Novecento. In tutto quest’arco di tempo però si è verificata una forte
pratica dell’educazione contraddizione fra l’idea e la pratica dell’educazione. Il cristianesimo
cristiana infatti predica la mitezza del maestro, sebbene la pratica scolastica di
quest’ultimo resti per secoli dopo il medioevo contrassegnata dall’uso
della “violenza educativa”. Una testimonianza molto toccante a riguardo è
quella fornita dal Giovanni Conversini da Ravenna, il quale racconta con
accenni drammatici la propria esperienza scolare, la quale avrà come
risultato finale la fuga.
L’ETÀ CAROLINGIA E LA RIFORMA DELLA CULTURA E
DELL’EDUCAZIONE
Al tempo di Carlo Magno l’europa si trova in una situazione di caos; un
Carla Magno organizza
l’impero
impero senza radici storiche; solo un unificazione della cristianità. È in
questo contesto che l’imperatore Carlo cerca di mettere ordine, un ordine
che richiede impegno anche nel campo culturale, nonostante fosse in
grado di scrivere a malapena il suo nome, che il monarca assume con
precise finalità politiche: formazione di un clero colto, in grado di fornire
buoni funzionari per l’amministrazione, e di una classe dirigente laica
politicamente istruita.
La scuola palatina Gli albori della riforma carolingia sono segnati dalla creazione di una
scuola annessa ai palazzi reali per i figli delle nobiltà laica. La direzione
7. (la scuola palatina) della scuola palatina (= scuola annessa al palazzo reale per volonta di Carlo
Magno) viene affidata nel 782 ad un dotto monaco inglese, capo della
scuola di york: Alcuino (730 ca.-804). Dalla sua posizione di prestigio
Alcuino di York Alcuino esercita una grande influenza sulla cultura del tempo, chiamando a
sé come collaboratori personaggi di grande fama come Eginardo, futuro
biografo di Carlo magno, Paolo Diacono e Rabano Mauro Magnenzio (fu
proprio Alcuino a dargli il soprannome Mauro, in memoria di un discepolo
di Benedetto da Norcia). Egli dirige la scuola, ne redige molti manuali,
insegna personalmente al sovrano, alla sua famiglia e a tutti gli aspiranti
agli incarichi burocratici e militari di maggior rilievo. Il suo controllo sulla
politica scolastica dura fino il 790, anno in cui si ritirò nel monastero di
Tours , il quale diverrà a sua volta un grande centro culturale.
Negli otto anni della sua permanenza a corte, Alcuino suggerisce a Carlo
Progetto di Alcuino un sistemazione organizzativa della politica scolastica e i relativi
programmi di insegnamento. Alcuino aveva intenzione dar forma ad una
nuova Atene:
<<Se molti si immedesimassero nelle vostre intenzioni, sorgerebbe in
Francia una nuova Atene, che dico, un’Atene più bella dell’antica perché,
nobilitata dall’insegnamento di Cristo, la nostra supererebbe tutta la
sapienza dell’Accademia. Per istruirsi, l’antica non aveva che le discipline
di Platone; eppure, formata dalle sette arti liberali, non ha cessato di
risplendere: la nostra sarebbe in più dotata della pienezza settiforme dello
Spirito e supererebbe tutta la dignità della sapienza mondana.>>
[Alcuino, da Epistolae, nr. 170]
Alcuino propone uno stereotipo di maestro a modello di Egberto di York,
Modello di maestro secondo
Alcuino che fu suo insegnante. L’epoca dello studioso è caratterizzata da un
impoverimento dei libri di testo, delle scuole e dei centri di studio:
situazione alla quale, dotti come Alicuino, cercano di reagire. Il modello di
maestro proposto è quello dell’uomo dalla formazione enciclopedica,
capace di educare i suoi discenti non solo nelle sette arti liberali ma anche
nel campo scientifico del tempo. La qualità dell’insegnante viene misurata
in base al suo grado di cultura. Non vi è ancora quella consapevolezza del
rapporto fondamentale fra qualità di insegnamento e capacità di mediazione
didattica.
Il suo piano di studi prevede l’articolazione in tre livelli.
I – si fornisce un’istruzione basilare che consiste nella scrittura, nella
lettutura, nozioni elementari di latino volgare, comprensione sommaria
della bibbia dei testi liturgici.
II – formazione nelle sette arti liberali (grammatica, retorica, dialettica |
aritmetica, geometria, astronomia e musica).
II – studio approfondito delle sacre scritture.
Admonio generalis – scuola Nell’admonitio generalis del 789 si sottolinea la necessità di fondare una
in monasteri e sedi vescovili. scuola in ogni monastero o sede vescovile, in cui vengono impartiti gli
La cultura si diffonde come insegnamenti della grammatica, del canto e dell’aritmetica, raccomandando
la parola di Cristo.
8. al clero di mogliorare la propria preparazione, cosicchè a sua volta, insegni
al maggior numero possibile di giovani. I futuri educatori dovranno evitare
che i giovani si corrompano imparando a leggere e a scrivere. Se devono
trattare di argomenti religiosi, lo facciano da uomini maturi.
Scuole episcopali e Con la riforma carolingia nel campo scolastico, si ha la fondazione, oltre di
presbiteriali
centri monastici, di scuole episcopali, cioè annesse alle sedi vescovili, e di
scuole presbiteriali, legate alle sedi parrochiali, queste ultime destinate alla
formazione dei laici.
Formazione dei sacerdoti
Nonostante al sistema scolastico carolingio poteva avere accesso un ristretto
numero di nobili, quantità che andrà col tempo ad accrescersi, resta tuttavia
No grammatica sostanzialmente riservato al clero. La preparazione richiesta ai sacerdoti non
è particolarmente elevata: consiste nella conoscenza del latino, lingua
ufficiale nella chiesa d’occidente, e nella conoscenza delle sacre scritture e
L’apprendimento a memoria della liturgia. La conoscenza della grammatica non è richiesta, è necessario
che il sacerdote sappia recitare a memoria le preghiere e che sappia
celebrare la messa senza errori. L’apprendimento a memoria è ritenuto
fondamentale data la difficoltà della lettura dei testi manoscritti senza segni
Compito educativo dei di interpunzione. Il vescovo, con periodici esami, verifica se la preparazione
sacerdoti sia accurata.
I sacerdoti hanno un compito educativo che svolgono durante le celebrazioni
eucaristiche o durante le predicazioni. Si tratta di una formazione
consistente nell’evangelizazzione e nell’orientamento del comportamento
del popolo, con le opportune prescrizioni e proibizioni, all’obbedienza dei
comandamenti divini.
La riforma carolingia ha come effetto un indubbio potenziamento
dell’istruzione e del sistema scolastico, ma che per contropartita non va a
soddisfare il bisogno di educazione ed istruzione dei laici, i quali
dipenderanno per tale fattore dalla chiesa per diversi secoli
LE SCUOLE E LA FORMAZIONE LAICA
Specializzazione delle scuole
LO SVILUPPO DELL’ISTRUZIONE SUPERIORE E LA NASCITA
monastiche ed episcopali.
DELLE UNIVERSITÀ
Nascono le università
Dopo la riforma carolingia e lo stabilizzarsi successivo della situazione
politica, le scuole monastiche ed episcopali crescono e si specializzano,
divenendo centri di cultura di fama internazionale. La trasformazione di
maggior rilievo verificatasi nell’ambito scolastico del basso medioevo è
senz’altro la nascita delle prime università, che si verifica tra la fine del XII
secolo (Parigi, Bologna, Salerno) e l’inizio del XIII (Padova, Napoli,
Oxford, Tolosa e Vercelli). Le università generalmente sono nate da scuole
episcopali che si sono emancipate sia dal controllo del vescovo, sia da
quello delle autorità politiche locali.
Le università devono il loro nome alle universitates, delle istituzioni
Gli studia originate da corporazioni di studenti e docenti che si associano per difendere
i proprio interessi all’interno di un centro didattico e di ricerca che veniva
9. definito Studium. Negli studia si distinguono quattro facoltà: arti liberali,
diritto, medicina e teologia. Per l’insegnamento vengono approntati locali,
materiali e biblioteche. Il numero di coloro che prendon parte a questa
organizzazione è in crescita, perciò si costruiscono colleggi per gli allievi e
per i docenti, e si impiantano attività di produzione libraria su vasta scala per
far fronte alla richiesta di manuali. Si istituisce un’organizzazione didattica
che prevede la scelta degli insegnanti da parte dei rettori della comunità e il
loro pagamento da parte della comunità stessa.
Esiste anche una carriera interna: per diventare magister theologiae occorre
essere stato magister artium, in quanto quest’ultimo insegna materie di
carattere propedeutico al sapere considerato più importante, la teologia.
Essendo il latino lingua dotta comune, i magistri posono passare liberamente
da un’università all’altra su tutto il territorio europeo, spesso seguiti dai
clerici vagantes, studenti che si spostano per frequentare le lezioni degli
insegnanti più illustri. Questo rappresenta un grande fattore per
L’euperizzazione l’”euperizzazione” della cultura. Un europa unita non solo dalla fade ma
anche da un baluardo di sapere. Uno degli obbiettivi di Carlo Magno, quindi,
giunge qui a termine.
Attività didattica L’attività si componeva di una lectio, in cui il maestro leggeva e commentava
un testo, e di una disputatio, cui parteipavano direttamente gli studenti,
consistende nell’esame di un problema e di tutti gli argomenti pro e contro la
sua soluzione, secondo il metodo attuato da Abelardo (1079-1142), maestro
Questiones disputae … della scuola parigina, nel suo Sic et Non. Queste discussioni si dividono in
questiones disputatae, che partono da problemi prefissati dal maestro,che,
e questiones quodlibeta dopo l’opportuna discussione ne detta la soluzione, e qustiones quodlibeta, le
quali sono tenute in occasioni solenni come il Natale e la Pasqua e
riguardano argomenti liberamente proposti. La diffusione di questo metodo
la loro influenza nella influenza la produzione letteraria, in cui si diffondo summae e Sententia,
letteratura divise per argomenti da utilizzare in seno alle discussione. Si origina per di
più un nuovo modo di porsi di fronte alla cultura. Vengono riscoperti il
dibattito, l’argomentazione e la critica razionale.
l’università perde la sua
Il numero di laici nelle università aumenta progressivamente, così da far
finalità religiosa
perdere all’istruzione universitaria la sua finalità religiosa che aveva
caratterizzato tutto il periodo precedente così da accostare curricoli sempre
più specialistici. Accanto alle facoltà universitarie si diffondo livelli di
livelli inferiori di istruzione
istruzione inferiore, da parte di borsisti o studenti anziani che forniscono ad
allievi locali o a studenti appena iscritti una formazione prevalentemente
linguistico-grammaticale, spesso con formazione propedeuti agli studi
universitari.
LA FORMAZIONE BORGHESE E QUELLA POPOLOARE:
LE SCUOLE DI ARTI E MESTIERI
educazione dei contadini
prima dell’anno mille Nel basso medioevo si assiste all’instaurarsi di attività di istruzione laica
svincolate sia dai centri di formazione ecclesiastica, sia dall’educazione
aristocratica. Nell’alto medioevo il percorso formativo dei laboratores
(contadini) avviene semplicemente facendo partecipare i giovani alle attività
dopo l’anno mille degli adulti, ma l’organizzarsi di un tessuto economico e mercantile nella
città, dopo l’anno mille, pone nuove esigenze che richiedono anche una
10. modifica nei modelli educativi. I bambini fin da piccoli, nelle famiglie
cittadine, vengono educati ad un lavoro che non è necessariamente quello del
padre. All’età di sette anni il figlio maschio viene affidato ad un artigiano
esperto, attraverso un contratto che implica una prolungata convivenza, che
con l’istituirsi di regole farà loro da maestro, non solo nel campo pratico ma anche in quello morale.
precise Un ulteriore svolta si avrà quando le corporazioni organizzeranno
l’apprendistato con precise regole, volte a tutelare i “segreti del mestiere e a
rendere gli insegnamenti più sistematici: l’istruzione professionale
comincierà a diventare oggetto di discussione a livello collettivo, così
Fonte storica: ritrovamento favorendo il sorgere di vere e proprie scuole di arti e mestieri.
di un contratto di Un contratto di affidamento ritrovato dimostra che esso richiede precisi
affidamento obblighi sia per l’allievo, sia per il maestro, i quali passeranno un lungo
periodo di convivenza insieme (nello scritto per 6 anni),durante il quale
l’apprendista entrerà nella casa e nella famiglia dell’artigiano. Per di più il
maestro deve versare un compenso di denaro in cambio di prestazioni
lavorative, cioò dimostra come esso sia interessato alla qualità
dell’apprendistato dell’allievo, nonché alla sua fedeltà. La figura
dell’educatore artigiano è completamente nuova rispetto a quelle precedenti:
non si tratta più di un ruolo “paterno” o “professionale”, in quanto chi educa
stipula piuttosto un patto sociale con chi è educato, intrecciando con lui un
un vero e proprio “progetto di vita” secondo precise regole.
Inoltre l’attività sempre più in crescita del commercio richiede una base di
Conoscenza dell’aritmetica,
per i commercianti. Le scuole
alfabetizzazione e qualche conoscenza aritmetica, perciò le autorità
comunali comunali, per far fronte alle richieste dei mercanti istituiscono delle scuole
comunali, in cui si forma l’educando in una preparazione orientata aibisogni
pratici, estranea al modello formativo ecclesiastico.
L’impegno del maestro Il maestro comunale, con tanto di contratto, si impegna a svolgere il proprio
comunale lavoro con assiduità e impegno, non solo curando di esporre, ma anche
verificando che quanto esposto sia stato effettivamente appreso, e
controllando che gli allievi si aiutino l’uno con l’altro, secondo quella che
Il “muto insegnamento” appare una precoce attestazione del metodo del “muto insegnamento”,
elaborato ed applicato per la prima volta tra la fine del XVIII e l'inizio del
XIX secolo, in alcune scuole primarie per poveri, dal pedagogista-pedagogo
e filantropo inglese Joseph Lancaster e dal reverendo Andrew Bell,
quest’ultimo impegnato come missionario in India. L’educazione sociale e
morale non è più appannaggio della chiesa e della famiglia, ma viene affidata
L’educazione religiosa nelle anche all’istituzione scolastica: è questo un altro importante compito del
scuole maestro. L’educazione religiosa, nel suo doppio aspetto di cultura e
partecipazione alle cerimonie, entra a far parte del compito dell’educatore, ch
deve perciò occuparsi della “scuola domenicale”. L’autorità comunale
La nobiltà dell’epoca, basata dimostra l’importanza sociale dell’istruzione, perciò a questa devono
sul sistema feudale, avevano prendere tutti parte. Il maestro quindi deve adattare la sua esposizione
una concezione opposte secondo la capacità e la comprensione degli ascoltatori.
rispetto a quella dei monaci
rnei confronti della cultura,
… La formazione aristocratica:
messa decisamente in
IL CAVALIERE
secondo piano rispetto alle
virtù cavalleresche
La formazione aristocratica non avviene in vere e proprie scuole, eccetto la
sopravvivenza di alcune scuole palatine, ma in relazione a un modello e a un
11. curricolo incentrato sull’ideale cavalleresco che si sviluppa intorno al X
secolo. I punti su cui fa perno la formazione del cavalliere sono i valori del
coraggio, dell’onore, dell’abilità cavalleresca, dell’eleganza e della bellezza
fisica. Nel manuel pour le mon fils scritto dalla nobildonna francese Duhoda
fra l’840 e l’843, si riscontra la figura del cavalliere già a partire dal IX.
L’ideale si estende anche Nell’XI secolo tale ideale viene esteso, anche a opera della chiesa, in difesa
nella chiesa della chiesa stessa, dei poveri, dei deboli, delle donne, addolcendo
l’espressione della sessualità con l’ideale dell’”amor cortese”. Agli albori
della sua comparsa nel contesto alto medievale, il cavalliere non era
nemmeno alfabetizzato. Solo a partire dal basso medioevo viene istruito e
avvicinato alle arti cortesi della poesia, della musica e del canto. Il suo
apprendistato avviene a partire dai sette anni (età in cui il medioevo
considera un individuo adulto), quando lascia la casa paterna per diventare
paggio presso un aristocratico legato al padre, al cui servizio sarà nominato
Apprendistato del cavaliere
scudiero (intorno ai quindici anni) e cavaliere (a ventun’anni). Sarà da questo
nobiluomo che gli verranno insegnate le condotte e le virtù che convengono
al suo rango, assieme all’apprezzamento delle arti cortesi.
L’EDUCAZIONE DELL’UMANESIMO E DEL RINASCIMENTO
ITALIANO ED EUROPEO
IL CONTESTO
Con il termine rinascimento si indica il complesso movimento artistico
culturale e di costume che segna il passaggio dal medioevo all’età moderna,
mentre l’umanesimo ne rappresenterebbe l’aspetto filologico-letterario, con
Rapporto umanesimo – il suo rifiorire degli studi della lingua e della cultura classiche. Si ha una
cristianesimo forte attrazione verso la classicità e la centralità dell’uomo che la
caratterizza: le hamanae litterae e gli studia humanitatis vengono intesi come
ciò che consente all’essere umano di elevarsi alla propria perfezione e
completezza.
Tutto ciò da origine a un nuovo modello antropologico e sociale, volto alla
Conseguenze nella cultura riscoperta del valore dell’individuo e all’esaltazione della sua capacità di
forgiare il proprio destino e di mutare il mondo, come esprimono l’immagine
dell’homo faber, secondo cui l'unico artefice del proprio destino è l'uomo
stesso e alle molteplici celebrazioni de dignitate hominis. Nasce dunque la
Conseguenza nel processo necessità di un processo formativo che prenda in considerazione l’educando
formativo nella sua unicità, con la sua specifica motivazione e modalità di
apprendimento e particolari interessi: ne consegue l’introdzione di criteri
quali la gradualità, l’aderenza alla psicologia dellalunno, lo stimolo positivo,
il riconoscimento della peculiarità del bamino rispetto all’adulto. Questo
lungo processo non sempre lineare, apre le porte alla pedagogia moderna.
Quattrocento
Rifacendosi ai testi classici, gli studiosi del Quattrocento propongono un idea
di educazione che miri a formare l’uomo nella sua completezza grazie allo
sviluppo armonio di tutte le sue potenzialità. Ci si comincia a chiedere se il
modello educativo umanistico dell’oratore possa essere ancora adeguato di
fronte alle esigenze della vita sociale della classe dirigente.
Di pari passo con le trasformazioni socio-politiche si modificano anche le
La scuola
strutture scolastiche, i metodi di insegnamento, i rapporti tra le varie
discipline e i libri di testo. La scuola diventa consapevole della difficoltà,
12. dell’importanza e allo stesso tempo della delicatezza del suo compito e
comincia a intendere la disciplina non più come basta sulle punizioni morali
o corporali, ma sulla reciproca comprensione maestro-allievo. Le scuole si
aprono ai ceti meno agiati e nelle varie regioni vengono aperto numerose
scuole libero.
LA RILETTURA RINASCIMENTALE
DEI MODELLI UMANISTICI
Richiamo all’Atene classica
L’umanesimo descrive l’educazione del principe in modo non molto
dissimile dal “vir bonus dicendi peritus” ciceroniano, aggiungendovi l’ideale
della sapientia christiana. In quest’epoca sembra quasi di fare un tuffo
nell’Atene classica in cui non vi era filosofo che non trattava con
Doppio modello di determinazione e importanza la formazione civile, intesa come il prender
educazione parte alla vita pubblica, in allegato alla cultura. Ne emerge un doppio
modello di educazione politica: quella del principe e quella del cittadino,
uniti dall’idea che la cultura renda “buoni”, e quindi renda la sua
partecipazione alla vita politica, quale che ne sia il ruolo, ottimale.
Cinquecento - rilettura dei Il Cinquecento arreca una prospettiva parzialmente diversa, sia per quanto
modelli umanistici concerne la modalità della partecipazione politica, sia per l’individuazione
dei fini dell’educazione dei caratteri concretamente necessari a un particolare
ruolo (il principe di Macchiavelli, scritto nel 1513, nel quale espone le
caratteristiche dei principati e dei metodi per mantenerli e conquistarli).
Emergono due filoni culturali: da una parte una prosecuzione delle linee
pedagogiche dell’umanesimo, dall’altra una netta frattura con esse in nome
della “realtà effettuale”. Un caso particolare è quello dell’utopismo de la città
del sole di Tommaso Campanella.
EDUCAZIONE DEL CORTIGIANO :
Castiglione E Della Casa
Baldesar Castiglione- il libro Tra il 1513 e il 1518 Baldesar Castiglione compone il libro del cortegiano, in
del cortigiano cui non sono citati tutti i comportamenti del cortigiano come fosse un
manuale, ma piuttosto è la descrizione del perfetto uomo di corte e della sua
compagna, cioè di quell’aristocrazia che ha assimilato almeno gli aspetti più
Formazione del cortigiano esteriori dell’umanesimo. Nel delineare la formazione del gentiluomo che
viva in corte di principi e che sappia loro servire in ogni cosa ragionevole,
Castiglione individua necessari sia gli studia humanitatis, sia la formazione
fisica, ma, aggiunge, accoppiati con caratti già preesistenti, come la nobiltà
di nascita e la bellezza. Allo stesso modo egli pone l’educazione della dama
di cort e del principe.
Giovanni Della Casa – il Sempre nella stessa direzione formativa che recepisce gli elementi
Galateo
fondamentali dell’umanismo, ma ne riduce notevolmente quel che è l’aspetto
spirituale, si colloca il Galateo, composto tra il 1551 e il 1555 da monsignor
Giovanni Della Casa, con l’intento di fornire una precettistica incentrata
sull’ideale dell’armonia come criterio di autoformazione e di rapporto con gli
altri. Il galateo si presenta in forma di dialogo, in cui un anziano illetterato,
13. ma ricco di esperienza, istruisce un giovinetto alle “regole di buona creanza”,
basate sulla saggezza e il buon senso affinchè egli diventi costumato,
Diffusione del libro anche nei
piacevole e di bella maniera. Questo libro non resterà solo tra le mani degli
ceti borghesi
aristocratici ma si diffonderà come elemento importante per la borghesia che
vedeva nel comportamento esteriore uno dei modi per emulare la condizione
aristocratica.
EDUCAZIONE DEL PRINCIPE:
Macchiavelli
Formatosi alla scuola degli umanisti, ma ben addentro ai torbidi della politica
Macchiavelli descrive la
realtà effettuale grazie all’incarico di segretario della repubblica fiorentina, nei suoi discorsi
sulla prima deca di tito livio e soprattutto nel principe, Nicolò Macchiavelli
(1469-1527) vuole descrivere la <<realtà effettuale>> senza farsi
condizionare da miti o utopismi. L’opera in cui questa posizione
metodologica prende svolta verso un discorso pedagogico è il principe.
Il Principe Come primo trattao di scienza politica, il principe è un discorso sulla
conquista, sul governo, e il mantenimento del potere dello stato. Macchiavelli
ne “il principe” delinea una serie di caratteristiche che il regnante deve
Caratteristiche del principe assumere, partendo dal presupposto che tra gli uomini prevale la malvagità e
quindi chi li governa deve essere volpe e leone per arginarla, a seconda di
come le circostanze lo richiedono, e mantenere il potere. Inoltre, un principe
prudente non deve necessariamente mantenere la parola data qualora una tale
fedeltà gli si torca contro, oppure vengano a mancare i motivi per i quali è
bene che egli la osservi. Il Signore deve essere un gande esempio di homo
faber.
Formazione del principe Per plasmare un principe vi è tutto un percoso formativo pratico, volto alla
contemplazione dell’uso della violenza, della crudeltà, del tradimento e della
menzogna, pur di raggiungere il fine preposto; il principe dovrà a sua volta
essere educatore del suo popolo, orientando tutte le sue azioni all’esclusivo
scopo dell’ordine e dell’obbedienza.
Questo modello educativo ha comunque alle spalle una concezione di virtù
Prosecuzione dell’homo come fine cui la formazione del principe deve giungere. Il termine virtù in
faber Machiavelli cambia significato: la virtù è l'insieme di competenze che
servono al principe per relazionarsi con la fortuna, cioè gli eventi esterni.
Essa (la virtù) è del tutto laica e si incentra sui valori del coraggio,
dell’astuzia, della forza, della volontà che sa sottomettere gli eventi della
sorte ai propri disegni. Si tratta quindi della prosecuzione dell’ideale
dell’homo faber. Si tratta però di un modello così accentuato da far si che il
principe diventi una delle opere più esecrate dalle autorità politiche e
religiose, a causa del suo presunto immoralismo, che in realtà aderisce alla
<<verità effettuale>> della politica del suo tempo.
14. L’EDUCAZIONE DEL PRINCIPE
Erasmo da Rotterdam, l’Institutio
Macchiavelli e Erasmo da Contemporaneo di Macchiavelli, di grande contributo alla storia dell’uomo, è
Rotterdam: due pensieri Erasmo da Rotterdam (1466-1536). Nonostante vissero nelle stesso periodo
contrapposti
storico costoro possedevano delle proprie concezioni sull’educazione del
principe contrapposte tra loro. Da una parte abbiamo Macchiavelli che scrive
le sue amare constatazioni sull’uomo e sulla politica, dall’altra Erasmo che si
mantiene ancora nella traccia di una fiduci assoluta nell’educazione.
Il principe secondo Erasmo Come consigliere del futuro Carlo V, Erasmo si preoccupa di sottolineare che
un principe saggio deve essere formato alla filosofia , la quale libera la mente
dalle false opinioni della gente e dalle predilezione delle masse. A questo
deve provvedere un buon maestro capace di unsare un criterio didattico di
equilibrio e di <<giusto mezzo>> (si vede qui lo spirito imanistico di Erasmo,
[le sue esperienze
nel suo richiamo ad una concezione di equilibrio che risale al pensiero di
cosmopolite furono
espressione concreta , in un Aristotele). Da inoltre importanza al fatto che il principe deve sapere prima di
epoca di accesi nazionalismi ogni altra cosa la vita di Cristo.
e guerre religiose, Il filosofo olandese cerca di accentuare la pietas tra i valori di un principe
dell’aspirazione alla cristiano, vuole che nella sua educazione si ammicchi ancora ai valori della
creazione di una cultura vita evangelica. Ecco perché il principe deve conoscere la vita di Cristo: per
universale tramite la sintesi non entrare a far parte di quel contesto medievale in cui vi era, pienamente in
delle lettere classiche e di un contrasto con i valori del cristianesimo, la legittimazione canonica della
rinnovato cristianesimo] guerra, per esempio da parte di Sant’Agostino e San Bernardo. Infatti
quest’ultimo non deve intraprendere mai una guerra, se non quando, dopo
aver tentato di tutto, non ci siano modi per evtarla. Il principe deve sviluppare
nella sua condotta un equilibrio che faccia costante appello alla razionalità e
alla ragionevolezza. Questo implica che le decisioni de principe, diversamente
dal modello medagogico di macchiavelli, non siano unicamente improntati a
criteri di utilità politica: Erasmo auspica che la sua educazione si basi su
precisi valori.
Spano Giorgio