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Consiglio di Stato
       Adunanza della Sezione                              Seconda 25 luglio 2008


N. Sezione      200802361                                                 La Sezione
        _______________
        OGGETTO:
MINISTERO                       DELLE
INFRASTRUTTURE              E       DEI
TRASPORTI – Richiesta di parere in
merito     all’applicazione  di   talune
disposizioni della legge n. 244 del
24.12.2007 (legge finanziaria 2008) alle
Autorità portuali.


                                                 Vista la relazione pervenuta in data
                                                 2 luglio 2008, con cui il Ministero ha
                                                 chiesto    il   parere   facoltativo   del
                                                 Consiglio di Stato sull’applicabilità di
talune disposizioni della legge n. 24472007 alle Autorità portuali.
       Visti allegati alla predetta relazione;
       Udito il relatore consigliere Armando Pozzi;
       PREMESSO:
       Riferisce il Ministero che con propria circolare del 01.02.2008, sono state
segnalate, tra le altre, le disposizioni di cui all’art. 2 della legge finanziaria 2008
commi 589-591 (obbligo di utilizzare i servizi di fonia VOIP e di far uso della posta
elettronica in misura superiore al 50% del totale della corrispondenza), commi 594-
599 (adozione dei piani triennali di razionalizzazione nell’utilizzo di dotazioni
strumentali, autovetture e beni immobili), commi 618 e seguenti (limiti di spesa sugli
oneri di manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili utilizzati); quelle di cui

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all’art. 3, comma 27 e seguenti (divieto di costituzione di società aventi per oggetto
attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie al perseguimento
delle finalità istituzionali), ed infine quelle di cui al comma 59 (nullità dei contratti di
assicurazione in favore degli amministratori di Enti pubblici per rischi derivanti
dall’espletamento dei compiti istituzionali).
          Delle riportate disposizioni alcune individuano tra i propri destinatari gli Enti
pubblici non economici nazionali, altre gli Enti ed organismi pubblici inseriti nel
contro economico consolidato della pubblica amministrazione, ed altre ancora le
Amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001,
n. 165.
          L’Associazione Porti Italiani (Assoporti), con nota dell’8 febbraio 2008 ha
contestato l’interpretazione fornita dal Ministero con particolare riferimento a quelle
che rinviano all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo.
          In via di principio, ancorché talune delle disposizioni siano riferite a pubbliche
amministrazioni o ad Enti pubblici, tra le quali, per espressa ammissione della stessa
associazione vi rientrano le Autorità portuali, la specialità della legge n. 84/1994,
(riordino della legislazione in materia portuale), nonché la peculiarità ed autonomia
delle Autorità, comporterebbe la disapplicazione a detti enti delle disposizioni della
legge finanziaria in parola.
          Più in particolare, le disposizioni che individuano le amministrazioni pubbliche
destinatarie mediante il rinvio all’art. 1, comma 2, D.L.vo n. 165/2001, non si
potrebbero applicare alle Autorità “giusto art. 6, comma 2, l. n. 84/94”.
          Con specifico riferimento al divieto al divieto di costituzione di società aventi
per oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie al
conseguimento delle finalità istituzionali (commi 27 e seguenti dell’art. 3 della legge
finanziaria).
          Assaporti, con nota del 7 aprile 2008, nel reiterare le considerazioni già svolte,
riconferma “la possibilità espressamente prevista per la A.P. (art. 6, comma 6,
L. 28.01.1994, n. 84) di costituire e partecipare a società esercenti attività accessorie o
strumentali rispetto ai compiti istituzionali affidati alle A.P. medesime anche ai fini
della promozione e dello sviluppo dell’intermodalità della logistica e delle reti
trasportistiche; conseguentemente l’impossibilità di caducare o mettere in discussione
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tale specifica previsione sulla base di un’interpretazione che mal si attaglia alle
specificità della A.P., quindi la molteplicità delle funzioni delle A.P. che possono
essere talora meglio perseguite avvalendosi dell’ausilio di strumenti societari (es. la
promozione, il marketing dei trasporti e della logistica, ecc).
       CONSIDERATO
       1 - Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti con la relazione indicata in
premessa pone a questo Consiglio il seguente quesito: se talune disposizioni contenute nella
legge finanziaria dell’anno 2008 (legge n. 244/2007), finalizzate al “contenimento della
spesa pubblica”, siano o meno applicabili alle Autorità portuali.
       Per rispondere al quesito occorre anzitutto individuare quali siano le disposizioni
della citata legge 24-12-2007, n. 244, recante, come detto, disposizioni per la formazione
del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008), come individuate
nella relazione ministeriale, non senza rilevare, preliminarmente che il Legislatore della
finanziaria di rado legifera in base a criteri di sistematicità, coerenza, ponderatezza e rispetto
dei principi, ma affida le proprie scelte ad esigenze ed opzioni di varia natura e comunque
sempre dettati dalla consapevolezza che la legge finanziaria è l’unica fonte di diritto
oggettivo che ha la certezza di essere approvata in tempi assolutamente certi e brevi. Quindi,
anche le scelte di politica finanziaria ispirate al contenimento della spessa pubblica, in
quanto frutto di questa necessità policentrica e trasversale, non sono né univoche, né chiare,
né sistematiche.
       Questo spiega il sorgere di legittimi dubbi interpretativi, come quelli sollevati dal
Ministero riferente.
       La tematica si incentra prevalentemente sull’articolo 2, contenente un cospicuo e
variegato insieme di disposizioni riguardanti ben ventisei “ missioni”, che, al di là di
linguaggi usati, null’altro sono che le materie fatte oggetto di disciplina legislativa.
       2 – Un primo gruppo di disposizioni è costituito dall’art. 2, commi 589-591.
       In particolare, il comma 589 impone al Centro nazionale per l’informatica nella
pubblica amministrazione (CNIPA) di effettuare, anche a campione, “azioni di
monitoraggio e verifica del rispetto delle disposizioni di cui all’articolo 47 del codice
dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 ( secondo
cui le comunicazioni di documenti tra le pubbliche amministrazioni avvengono di norma
mediante l'utilizzo della posta elettronica e sono valide ai fini del procedimento
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amministrativo nel rispetto di requisiti tecnici indicati dallo stesso articolo 47, n.d.r. ), e
successive modificazioni, nonché delle disposizioni in materia di posta elettronica
certificata. Il mancato adeguamento alle predette disposizioni in misura superiore al 50 per
cento del totale della corrispondenza inviata, certificato dal CNIPA, comporta, per le
pubbliche amministrazioni dello Stato, comprese le aziende ed amministrazioni dello
Stato ad ordinamento autonomo, e per gli enti pubblici non economici nazionali, la
riduzione, nell’esercizio finanziario successivo, del 30 per cento delle risorse stanziate
nell’anno in corso per spese di invio della corrispondenza cartacea” ( la disposizione è
stata, in sostanza, ripresa nelle sue finalità dal recente d.l. n,. 112 del 2008, all’articolo 27,
rubricato icasticamente “ Taglia-carta”).
       3 - Un secondo gruppo di norme si focalizza intorno all’articolo 2, comma 594.
       Secondo tale comma “ Ai fini del contenimento delle spese di funzionamento delle
proprie strutture, le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto
legislativo 30 marzo 2001, n. 165, adottano piani triennali per l’individuazione di misure
finalizzate alla razionalizzazione dell’utilizzo:      a) delle dotazioni strumentali, anche
informatiche, che corredano le stazioni di lavoro nell’automazione d’ufficio;             b) delle
autovetture di servizio, attraverso il ricorso, previa verifica di fattibilità, a mezzi alternativi
di trasporto, anche cumulativo; c) dei beni immobili ad uso abitativo o di servizio, con
esclusione dei beni infrastrutturali”.
       La norma è seguita da una serie di disposizioni di natura esecutiva o complementare,
tra cui : il comma 597, per il quale “ A consuntivo annuale, le amministrazioni trasmettono
una relazione agli organi di controllo interno e alla sezione regionale della Corte dei conti
competente” ed il comma 598, secondo il quale “ I piani triennali di cui al comma 594 sono
resi pubblici con le modalità previste dall’articolo 11 del decreto legislativo 30 marzo
2001, n. 165, e dall’articolo 54 del codice dell’amministrazione digitale, di cui al citato
decreto legislativo n. 82 del 2005”.
       4 - Un terzo insieme di previsioni legislative dell’articolo 2 della legge finanziaria
2008 è quello originato dal comma 618, secondo il quale “Le spese annue di manutenzione
ordinaria e straordinaria degli immobili utilizzati dalle amministrazioni centrali e
periferiche dello Stato non possono superare, per l’anno 2008, la misura dell’1,5 per cento
e, a decorrere dal 2009, la misura del 3 per cento del valore dell’immobile utilizzato. Detto
limite di spesa è ridotto all’1 per cento nel caso di esecuzione di interventi di sola
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manutenzione ordinaria. Per gli immobili in locazione passiva, è ammessa la sola
manutenzione ordinaria nella misura massima dell’1 per cento del valore dell’immobile
utilizzato. Dall’attuazione del presente comma devono conseguire economie di spesa, in
termini di indebitamento netto, non inferiori a euro 650 milioni per l’anno 2008, 465
milioni per l’anno 2009 e 475 milioni a decorrere dall’anno 2010”.
       Nell’ambito    di   tale   gruppo     sembrerebbe     –    secondo    quanto     esposto
dall’amministrazione - assumere rilevanza anche la disposizione del comma 623, a tenore
del quale “ A decorrere dall’anno 2008 gli enti ed organismi pubblici inseriti nel conto
economico consolidato della pubblica amministrazione individuati dall’ISTAT ai sensi
dell’articolo 1, comma 5, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, con esclusione degli enti
territoriali e locali e degli enti da essi vigilati, delle aziende sanitarie ed ospedaliere,
nonché degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, si adeguano ai princìpi di cui
ai commi da 615 a 626, riducendo le proprie spese di manutenzione ordinaria e
straordinaria in modo tale da rispettare i limiti previsti ai commi da 615 a 626. L’eventuale
differenza tra l’importo delle predette spese relative all’anno 2007 e l’importo delle stesse
rideterminato a partire dal 2008 secondo i criteri di cui ai commi da 615 a 626, è versata
annualmente all’entrata del bilancio dello Stato entro il 30 giugno. Gli organi interni di
revisione e di controllo vigilano sull’applicazione del presente comma”.
       5 – Infine, il problema posto dal Ministero si estende anche alle previsioni
dell’articolo 3, comma 27, della stessa legge finanziaria 2008, per il quale “ Al fine di
tutelare la concorrenza e il mercato, le amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del
decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non possono costituire società aventi per
oggetto attività di produzione di beni e di servizi non strettamente necessarie per il
perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né assumere o mantenere direttamente o
indirettamente partecipazioni, anche di minoranza, in tali società”.
       Il divieto di costituzione di società commerciali o partecipazione in esse contenuto
nella legge finanziaria non è dunque assoluto, ammettendo il legislatore tale capacità di
diritto privato per le società “ strettamente” strumentali al perseguimento delle finalità
istituzionali dell’ente. A tal proposito, infatti, lo stesso articolo ammette che “ È sempre
ammessa la costituzione di società che producono servizi di interesse generale e
l’assunzione di partecipazioni in tali società da parte delle amministrazioni di cui


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all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nell’ambito dei
rispettivi livelli di competenza “.
       In sintesi, l’art. 3, comma 27, prefigura un modello di “ in house providing “, purché,
evidentemente, vengano rispettati i principi elaborati dalla giurisprudenza comunitaria in
materia, implicanti, come noto, che la società di gestione sia priva di una propria autonomia
e capacità imprenditoriale e di capacità decisionale distinte da quelle della pubblica
amministrazione, di cui costituisce null’altro che un plesso organizzatorio, secondo le
formule dottrinarie e giurisprudenziali della “ delegazione interorganica” o della “
autoproduzione di servizio pubblico”.
       6 - Iniziando dalle previsioni normative indicate sub par. 4, è di palmare evidenza ( e
non si comprende pertanto il motivo del quesito ) che il comma 618 dell’articolo 2 ivi
riportato non può trovare applicazione alle Autorità portuali, tenuto conto che la norma, per
sua espressa ed inequivoca disposizione, si applica esclusivamente alle “amministrazioni
centrali e periferiche dello Stato”, quali non sono certamente le Autorità in parola, per
stessa ammissione dell’amministrazione riferente qualificabili quali “enti pubblici non
nazionali”( si vedrà, poi, se economici o non ) .
       Alle Autorità in questione si applica, invece, il disposto del successivo comma 623,
tenuto conto che ai sensi dell’art. 5 della legge 30-12-2004, n. 311 (legge finanziaria 2005)
per assicurare “il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica stabiliti in sede di
Unione europea, indicati nel Documento di programmazione economico-finanziaria e nelle
relative note di aggiornamento, per il triennio 2005 - 2007 la spesa complessiva delle
amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato, individuate per l'anno
2005 nell'elenco 1 allegato alla presente legge e per gli anni successivi dall'Istituto
nazionale di statistica (ISTAT) con proprio provvedimento pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale non oltre il 31 luglio di ogni anno, non può superare il limite del 2 per cento
rispetto alle corrispondenti previsioni aggiornate del precedente anno, come risultanti dalla
Relazione previsionale e programmatica “.
       Il richiamato allegato 1 della legge n. 311, dopo Regioni, Province, comuni e città
metropolitane, unioni di comuni e consorzi di funzione di comuni, ASL, Enti per il turismo,
ecc., indica espressamente anche le       Autorità portuali. La stessa collocazione viene
mantenuta nei successivi provvedimenti dell’ISTAT, in cui le medesime Autorità
continuano ad essere annoverate tra le “ Amministrazioni locali”.
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7 - Per quanto concerne, poi, le altre disposizioni della legge finanziaria sopra
ricordate, le quali fanno riferimento alle “amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2,
del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 “, occorre procedere all’esposizione del
quadro normativo e giurisprudenziale che disciplina le Autorità portuali.
       La norma istitutiva di tali Autorità è contenuta, come noto, nella legge 28-1-1994,
n. 84, di riordino della legislazione in materia portuale.
       Si tratta, detto incidentalmente, di una legge – come più volte sottolineato anche in
dottrina – nata nel segno della privatizzazione, trasformazioni in società essendo state
previste nell'ambito del riordino della legislazione in materia portuale; riordino anch'esso
piuttosto travagliato, avendo dato luogo - fra l'ottobre del '92 e il dicembre del '96 - a una
quindicina di decreti-legge non convertiti e a due interventi legislativi.
       In particolare, con la legge n. 84 è stata prevista la trasformazione in società lucrative
o in società cooperative da un lato delle organizzazioni portuali, già enti di diritto pubblico
costituiti come consorzi obbligatori o come enti autonomi associativi ( art. 20 ), dall'altro
delle compagnie e dei gruppi portuali, già enti aventi personalità giuridica di diritto privato)
( art. 21 ). Ma ciò, come meglio si spiegherà in prosieguo, non vuol certo dire che il
legislatore abbia intesa provvedere ad una scissione tra soggetti privatizzati secondo le
regole del libro V del codice civile da un lato        ed enti rimasti attratti nell’area delle
pubbliche amministrazioni in senso proprio.
       L’articolo 6 della legge n. 84/1994, rubricato appunto “ Autorità portuale “, ha
disposto che “nei porti di Ancona, Bari, Brindisi, Cagliari, Catania, Civitavecchia, Genova,
La Spezia, Livorno, Manfredonia ( successivamente soppressa dal D.P.R. 12 ottobre 2007
per scarsità di traffico marittimo, n.d.r. ), Marina di Carrara, Messina, Napoli, Palermo,
Ravenna, Savona, Taranto, Trieste e Venezia è istituita l'autorità portuale con i seguenti
compiti, in conformità agli obiettivi di cui all'articolo 1 ( norma in gran parte tautologica e
quindi scarsamente significativa):
a) indirizzo, programmazione, coordinamento, promozione e controllo delle operazioni
portuali di cui all'articolo 16, comma 1, e delle altre attività commerciali ed industriali
esercitate nei porti, con poteri di regolamentazione e di ordinanza, anche in riferimento
alla sicurezza rispetto a rischi di incidenti connessi a tali attività ed alle condizioni di
igiene del lavoro in attuazione dell'articolo 24 ;


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b) manutenzione ordinaria e straordinaria delle parti comuni nell'ambito portuale, ivi
compresa quella per il mantenimento dei fondali, previa convenzione con il Ministero dei
lavori pubblici che preveda l'utilizzazione dei fondi all'uopo disponibili sullo stato di
previsione della medesima amministrazione;
c) affidamento e controllo delle attività dirette alla fornitura a titolo oneroso agli utenti
portuali di servizi di interesse generale, non coincidenti né strettamente connessi alle
operazioni portuali di cui all'articolo 16, comma 1, individuati con decreto del Ministro dei
trasporti e della navigazione, da emanarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore
della presente legge”.
       Fissate così le competenze generali delle Autorità con il primo comma, il comma
successivo ne qualifica la natura stabilendo che “ L'autorità portuale ha personalità
giuridica di diritto pubblico “, senza ulteriori qualificazioni, dotata di autonomia di bilancio
e finanziaria nei limiti previsti dalla legge e di autonomia amministrativa salva la potestà
ministeriale di vigilanza disposta dall'articolo 12.
       Precisa ancora lo stesso comma – con previsione non insignificante sul piano
ermeneutico complessivo – che alle Autorità “ non si applicano le disposizioni di cui alla
L. 20 marzo 1975, n. 70 ( riferita esclusivamente agli enti pubblici non economici, tanto che
l’articolo 1, comma 2, disponeva la non applicabilità della legge agli “ enti pubblici
economici “, n.d.r. ) , e successive modificazioni, nonché le disposizioni di cui al decreto
legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni, fatta
eccezione per quanto specificamente previsto dal comma 2 dell'art. 23 della presente legge”
( relativo al trattamento del personale delle trasformate organizzazioni portuali, di cui si
dirà tra poco ).
       8 - Per quanto concerne la gestione patrimoniale e finanziaria dell'autorità portuale,
essa è affidata ad un regolamento di contabilità approvato dal Ministro, di concerto con
quello del tesoro. Il conto consuntivo delle autorità portuali è allegato allo stato di
previsione del Ministero dei trasporti e della navigazione per l'esercizio successivo a quello
nel quale il medesimo è approvato.
       Inoltre, il rendiconto della gestione finanziaria è soggetto al controllo della Corte dei
conti ( comma 4) . A ciò si aggiunga che, ai sensi dell’art. 9, comma 3, lett. d) il bilancio
preventivo è “obbligatoriamente in pareggio o in avanzo”.


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E’ bene chiarire che, da un lato, nessuna delle attività di cui al comma 1, lettere b) e
c), è gestita direttamente dall’autorità, in quanto esse sono affidate in concessione dalla
stessa autorità portuale, mediante gara pubblica ( comma 5 ).
       Conseguentemente, le autorità non possono esercitare, “né direttamente né tramite
la partecipazione di (rectius: in ) società”, operazioni portuali ed attività ad esse
strettamente connesse.
       D’altro canto tuttavia, al contempo esse “ possono costituire ovvero partecipare a
società esercenti attività accessorie o strumentali rispetto ai compiti istituzionali affidati
alle autorità medesime, anche ai fini della promozione e dello sviluppo dell'intermodalità,
della logistica e delle reti trasportistiche “.
       Il successivo comma 8, a sua volta, collega l’istituzione di nuove          autorità ( e
correlativamente il comma 10 la loro soppressione ) a precisi criteri commerciali,
disponendo che “ Nei limiti delle disponibilità finanziarie di cui all'articolo 13, decorsi tre
anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Presidente della
Repubblica, su proposta del Ministro dei trasporti e della navigazione ( anche su richiesta
di regioni, comuni o camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura come prevede
il comma 9, n.d.r. ), ai sensi della legge 23 agosto 1988, n. 400 , possono essere istituite
ulteriori autorità in porti di categoria II, classi I e II, non compresi tra quelli di cui al
comma 1, che nell'ultimo triennio abbiano registrato un volume di traffico di merci non
inferiore a tre milioni di tonnellate annue al netto del 90 per cento delle rinfuse liquide o a
200.000 Twenty Feet Equivalent Unit (TEU). A decorrere dal 1° gennaio 1995 può essere
disposta l'istituzione, previa verifica dei requisiti, di autorità portuali nei porti di Olbia,
Piombino e Salerno).
       9 - Relativamente, poi, alle risorse finanziarie delle autorità portuali, l’articolo 13
ne individua le entrate nelle seguenti voci: a) canoni di concessione delle aree demaniali e
delle banchine comprese nell'ambito portuale, e delle aree demaniali comprese nelle
circoscrizioni territoriali nonché “dai proventi di autorizzazioni per operazioni portuali di
cui all'articolo 16”,     con esclusione di determinare canoni di concessione demaniale
marittima per scopi turistico-ricreativi, fatta eccezione per i canoni di concessione di aree
destinate a porti turistici, in misura più elevata di quanto stabilito dalle autorità marittime
per aree contigue e concesse allo stesso fine; b) eventuali proventi derivanti dalle cessioni
di impianti di cui all'articolo 18, comma 1, lettere a) e b); c) gettito delle tasse sulle merci
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sbarcate ed imbarcate di cui al capo III del titolo II della legge 9 febbraio 1963, n. 82 , e
all'articolo 1 della legge 5 maggio 1976, n. 355 e successive modificazioni e integrazioni;
d) contributi delle regioni, degli enti locali e di altri enti ed organismi pubblici; e) da
entrate diverse.
       Quindi, il finanziamento delle autorità deriva prevalentemente da entrate proprie,
rispetto alle quali i contributi pubblici – almeno nell’assetto normativo e senza conoscere le
concrete realtà contabili delle varie autorità che il Ministero avrebbe potuto trasmettere
insieme alle apprezzate considerazioni dell’Ufficio legislativo a ciò appositamente istituito –
rappresentano o dovrebbero rappresentare una parte non preponderante.
       D’altra parte, le finalità di alleggerire la finanza pubblica delle spese di
funzionamento delle attività portuali perseguite dalla legge del 1994 emergono dal comma 2
dello stesso articolo 13, a tenore del quale “ Dal 1° gennaio 1994 cessano di essere erogati
i contributi alle organizzazioni portuali previsti dalle rispettive leggi istitutive, nonché gli
stanziamenti per le spese per l'installazione e l'acquisto di impianti portuali nei porti di
Ancona, Cagliari, La Spezia, Livorno e Messina”.
       Quindi le autorità portuali hanno entrate prevalentemente proprie, per la cui
riscossione, tuttavia, possono avvalersi, della procedura ingiuntiva di cui al regio decreto 14
aprile 1910, n. 639.
       Ciò trova ulteriore conferma nelle disposizioni dell’art. 28 della legge n. 84, relativo
alla copertura finanziaria, secondo il quale il gettito di alcune delle tasse ivi indicate
affluiscono al bilancio dello Stato soltanto “ per i porti ove non è istituita l'autorità
portuale“.
       10 - Per ciò che concerne i rapporti di lavoro rilevano, sul piano delle fonti di
cognizione, non tanto le previsioni dell’articolo 23 (Disposizioni in materia di personale)
che riguarda gli aspetti sostanziali parziali del passaggio del personale delle organizzazioni
portuali alle dipendenze delle autorità portuali, in continuità di rapporto di lavoro, al quale si
applicano gli istituti della mobilità collettiva “ secondo le procedure di cui agli articoli 32,
33, 34 e 35 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 , e successive modificazioni e
integrazioni, al fine di colmare le eventuali vacanze in organico che si possono determinare
in altre autorità portuali”; rilevanti sono, piuttosto, le disposizioni dell’articolo 10, sulle
competenze del Segretariato generale.


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Il comma 6 della norma, infatti, stabilisce – con ciò ripetendo la formula dell’articolo
2 del d. lgs. n. 29/1993 - che “ Il rapporto di lavoro del personale delle autorità portuali è
di diritto privato ed è disciplinato dalle disposizioni del codice civile libro V - titolo I - capi
II e III, titolo II - capo I, e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa”.
       Subito dopo la stessa norma aggiunge che “Il suddetto rapporto è regolato da
contratti collettivi nazionali di lavoro, sulla base di criteri generali stabiliti con decreto del
Ministro dei trasporti e della navigazione, che dovranno tener conto anche della
compatibilità con le risorse economiche, finanziarie e di bilancio; detti contratti sono
stipulati dall'associazione rappresentativa delle Autorità portuali per la parte datoriale e
dalle organizzazioni sindacali nazionali maggiormente rappresentative del personale delle
Autorità portuali per la parte sindacale “.
       11 - Per concludere la breve ( e necessariamente incompleta per ragioni di
economicità ) rassegna normativa, non pare inutile alla Sezione ricordare i compiti
dell’organo collegiale di governo delle autorità in questione, il comitato portuale, come
enunciati nell’articolo 9 della legge n. 84/1994.
       Il predetto comitato, nel quale sono presenti, oltre alle amministrazioni interessate,
anche i rappresentanti delle numerose categorie economiche coinvolte in tutte le operazioni
e i servizi portuali indicati nell’articolo 16, svolge, tra gli altri, i seguenti compiti, elencati
qui di seguito per saltum sulla base dell’elencazione per lettere della norma: a) approvare,
entro novanta giorni dal suo insediamento, su proposta del presidente, il “ piano operativo
triennale “, soggetto a revisione annuale, concernente le “ strategie di sviluppo delle attività
portuali e gli interventi volti a garantire il rispetto degli obiettivi prefissati “; c) approvare la
relazione annuale sulla “attività promozionale, organizzativa ed operativa del porto, sulla
gestione dei servizi di interesse generale e sulla manutenzione delle parti comuni nell'ambito
portuale, nonché sull'amministrazione delle aree e dei beni del demanio marittimo ricadenti
nella circoscrizione territoriale dell'autorità portuale” ; d) approvare il bilancio preventivo, il
quale, come già detto, è “obbligatoriamente in pareggio o in avanzo”, le note di variazione e
il conto consuntivo; e), f) g) deliberare in ordine alle concessioni ed alle autorizzazioni,
determinando l'ammontare dei relativi canoni, nel rispetto delle disposizioni contenute nei
decreti del Ministro dei trasporti e della navigazione di cui, rispettivamente, all'articolo 16,
comma 4, e all'articolo 18, commi 1 e 3.


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12 - Da quanto sinteticamente riportato emerge una figura di “pubblica
amministrazione” complessa ed ibrida, certamente non riconducibile tout court a quella
tradizionale dell’imprenditore pubblico, cioè a quella di una struttura avente caratteristiche
tali da consentirne, in via di immediata ed agevole interpretazione, la definizione in termini
di impresa,    riconducibile alla nozione classica dell’ente pubblico economico, inteso,
almeno nell’accezione tradizionale ancora diffusa nella giurisprudenza, come soggetto di
diritto pubblico ma operante mediante una “struttura imprenditoriale e con criteri di gestione
a carattere economico in settori ( come, ad esempio, quello del credito ) per il
perseguimento di finalità di ordine generale, agendo come un privato imprenditore posto su
piano paritetico con i soggetti con cui viene in relazione ( Cass. civ., sez. un., 17 aprile
2007 , n. 9095 ).
       Tuttavia, neppure può affermarsi che le autorità portuali siano pubbliche
amministrazioni in senso propriamente soggettivo ed oggettivo, in quanto dotate
esclusivamente di poteri pubblicistici di regolazione o erogazione di servizi ed attività “
amministrative “, per soddisfare interessi di natura generale di carattere non industriale né
commerciale, secondo la terminologia comunitaria riferita agli organismi di diritto pubblico:
organismi tra i quali le autorità in parola certamente rientrano, ma al pari di altri
imprenditori pubblici formalmente privatizzati ( Ente Poste, IPZS, ecc.) .
       Anche se le autorità in parola non sono formalmente organizzate e se non funzionano
come un’impresa privata, tuttavia esse sono state create, al pari degli enti pubblici
economici, per intervenire con poteri di varia natura ma non esclusivamente pubblicistici ed
autoritativi, in un settore portante dell’economia nazionale, costituito dai traffici
commerciali marittimi. L’interesse pubblico sotteso alla creazione di questi enti è quello,
prettamente economico e non sociale, di assicurare ed incrementare il corretto, ordinato ed
efficiente svolgimento e sviluppo del commercio via mare, senza più gravare sulle finanze
pubbliche e comunque nel quadro di una gestione tendenzialmente autosufficiente, fondata
– come è stato detto per gli enti pubblici economici – sul prodotto della gestione dell’ente.
       In sostanza, si tratta di un soggetto che persegue certamente anche il soddisfacimento
di “ bisogni di natura industriale e commerciale”, quale indicati nell’articolo 6 sub par. 7 del
presente parere: indirizzo, programmazione, coordinamento, promozione e controllo delle
operazioni portuali di cui all'articolo 16, comma 1, e delle altre attività commerciali ed
industriali esercitate nei porti, manutenzione ordinaria e straordinaria delle parti comuni
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nell'ambito portuale, affidamento e controllo delle attività dirette alla fornitura a titolo
oneroso agli utenti portuali di servizi di interesse generale, non coincidenti né strettamente
connessi alle operazioni portuali.
       E,’ dunque, un soggetto che, seppure non in possesso dei requisiti formali classici
dell’ente pubblico economico ( agire per fini di lucro, perseguire finalità esclusivamente
economiche, cioè operare con criteri di economicità, essere sottoposti alle procedure
concorsuali speciali, ecc. ) ha tuttavia una forte connotazione economica che in molte parti
non si discosta da quella degli enti pubblici economici ( anche le Autorità portuali, ad
esempio, subiscono gli effetti estintivi indotti da cattive politiche di mercato, al pari
dell’ente sottoposto a liquidazione coatta ) e che non si esaurisce soltanto nella “ disciplina
di settore” o nel “ coordinamento “, per usare le antiche formule che un grande maestro
usava per designare lo sviluppo funzionale degli enti ausiliari di servizi ( Banca d’Italia, IRI,
ENI, EFIM, ecc. ) , ma si risolve nella concreta ingerenza in attività prettamente industriali
e commerciali, anche se operata indirettamente attraverso gli strumenti di diritto pubblico
della concessione ( ad esempio dei servizi di interesse generale nei porti da fornire a titolo
oneroso all'utenza portuale, secondo la disciplina del D.M. 14-11-1994 ), dell’appalto
pubblico ( per la manutenzione ed esecuzione delle opere portuali ), dell’autorizzazione al
compimento delle operazioni portuali di carico, scarico, trasbordo, deposito, movimento
delle merci e di ogni altro materiale, svolti nell'ambito portuale, ovvero dei servizi portuali
costituiti da prestazioni specialistiche, complementari e accessorie al ciclo delle operazioni
portuali.
       La natura di ente economico posseduto dalle autorità in questione appare, poi, data
per presupposta o implicita nella stessa legge n. 84/1994, laddove si procede ad una
classificazione dei porti sulla base della loro “ rilevanza economica” ed in relazione ad una
serie di parametri anch’essi esclusivamente economici quali: entità del traffico e delle
rispettive componenti, capacità operativa degli scali, livello ed efficienza dei servizi di
collegamento con l'entroterra (cfr. art. 4 ).
       13 - Il porto è dunque visto, nell’ottica del legislatore del 1994 e nella concreta
esperienza di applicazione di quella legislazione, non più come un semplice punto di
approdo, ma un centro di vasti e complessi interessi industriali e commerciali che
travalicano l’ambito portuale per coinvolgere il vasto entroterra regionale con interventi


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logistici, trasportistici, infrastrutturali non solo controllati ma anche direttamente gestiti,
con strumenti di diritto pubblico e privato, dell’autorità portuale.
          Tant’è che, come ha pure rilevato la Corte costituzionale, il Presidente dell’autorità è
posto “al vertice di una complessa organizzazione” nella quale sono coinvolti, anzitutto in
quanto       soggetti al suo coordinamento, non solo organismi di diritto privato ( società
industriali e commerciali, cooperative, imprenditori individuali ed operatori economici di
vari settori ) ma anche organi schiettamente statali (presiede, tra l’altro, il comitato portuale
del quale fanno parte il comandante del porto e, in rappresentanza dei Ministeri delle
finanze e dei lavori pubblici, un dirigente dei servizi doganali ed uno dell’ufficio speciale
del genio civile), e gli è assegnato un ruolo fondamentale, anche di carattere inventivo,
propulsivo, innovativo “perché il porto assolva alla sua funzione (di rilevanza internazionale
o nazionale, secondo la classe di appartenenza), comunque interessante l’economia
nazionale” ( cfr. C. Cost., n. 378/2005, relativa alla spettanza e alle modalità di esercizio del
potere di nomina del Presidente dell’Autorità portuale, sub punto 5 della motivazione in
diritto) .
          Indice ulteriore di questa indubbia natura economica posseduta dalle Autorità è nella
qualità esclusivamente tecnico - professionale - manageriale e non burocratica dell’organo
monocratico di vertice, scelto necessariamente fra esperti di massima e comprovata
qualificazione professionale nei settori “dell'economia dei trasporti e portuale” ( articolo 8
); nonché nella composizione dell’organo collegiale di gestione e governo, in cui               la
rappresentanza burocratica è minoritaria rispetto a quella dei settori produttivi ( 12 contro
otto ).
          In definitiva, le Autorità portuali non appaiono molto dissimili – al di là della loro
frammentazione in tante persone giuridiche quanti sono i porti di maggiore rilevanza -
dall’Enav, ente di diritto pubblico economico succeduto all'Azienda autonoma di assistenza
al volo per il traffico aereo generale - tale espressamente qualificato dalla legge 21-12-
1996 n. 665, e tale          costantemente considerato dalla Cassazione civile (sez. lav.,
12 settembre 2007 , n. 19108; id., sez. un., 29 ottobre 2004 , n. 20959) - il quale fornisce i
servizi di assistenza al volo in tutti gli spazi aerei di pertinenza italiani.
          Né di ostacolo a configurare le Autorità in questione come soggetti economici
possono valere le disposizioni della legge 5-8-1978, n. 468, di riforma di alcune norme di
contabilità generale dello Stato in materia di bilancio, che, nell’ambito dei conti della
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finanza pubblica, ha dettato ( art. 25 ) principi di normalizzazione dei conti degli enti
pubblici, ricomprendendovi anche quelli economici. Si tratta infatti di norme che, per
finalità, oggetto e destinatari non alterano né si riflettono sulla distinzione ancora
significante nel nostro ordinamento – al di là dell’accorpante e perciò poco significativa
qualifica comunitaria di organismo di diritto pubblico che è lo strumento per assicurare il
principio comunitario di concorrenza e libera circolazione - tra enti pubblici economici e
non.
       14 - Al termine di questo stringato excursus, pare alla Sezione di poter concludere
che le autorità portuali non possano annoverarsi tra le amministrazioni statali cui fa
riferimento l’articolo 1, comma 2, del d. lgs. n. 29/1993 ( oggi n. 165 del 2001 ), il quale vi
ricomprende, tra gli altri, “tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali”.
       Oltre alle considerazioni sopra svolte, militano in questo senso le significative
disposizioni dell’articolo 6 della legge n. 84, il quale, come già detto, impone che alle
predette Autorità “ non si applicano le disposizioni di cui alla L. 20 marzo 1975, n. 70 , e
successive modificazioni, nonché le disposizioni di cui al decreto legislativo 3 febbraio
1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni, fatta eccezione per quanto
specificamente previsto dal comma 2 dell'art. 23 della presente legge” .
       Quanto alla prima esclusione, essa già di per sé è indicativa della volontà del
legislatore di sottrarre gli enti in questione dal novero del c.d. parastato, in quanto la legge
del 1975 era espressamente riferita agli enti pubblici non economici, tanto che l’articolo 1,
comma 2, disponeva la non applicabilità della legge stessa agli “ enti pubblici economici “.
       Quanto alla seconda esclusione, essa non è limitata per esclusiva ragione di materia –
come prospetta la relazione ministeriale – cioè alla sola materia lavoristica, sicché in tale
esclusione non sarebbe ricompresa alcuna finalità genericamente qualificatoria disposta a
fini diversi da quello della disciplina del rapporto di lavoro.
       In disparte la singolarità di un processo ermeneutico che, nell’ambito di una
disposizione derogatoria generale ed onnicomprensiva, intenda procedere a distinzioni a
loro volta derogatorie o ad excludendum, va ricordato, in via generale, che il d. lgs. n.
29/1993 ha inteso privatizzare il rapporto di pubblico impiego con amministrazioni
pubbliche in senso soggettivo ed oggettivo, in tal modo dissociando la natura pubblicistica
del datore di lavoro da quella privatistica del rapporto di lavoro dei dipendenti,
dissociazione che non si è espansa alle c.d. amministrazioni c.d. di “ potenza” erogatrici,
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cioè, di servizi fondamentali per la vita dello Stato- apparato ( difesa, giustizia, ordine
pubblico, rapporti internazionali ). Per gli altri soggetti pubblici che non sono
amministrazioni pubbliche il decreto 29 ( poi 165 ) o non si applica ontologicamente,
perché, stante la natura economica del soggetto datore di lavoro, il rapporto di impiego già
era sottoposto alle regole sostanziali e processuali del diritto del lavoro privato: art. 2093
cod. civ.; ovvero non si applica perché il rapporto già era privatizzato secondo la disciplina
previgente ( cfr. oggi art. 3, ultima parte d.lgs. n. 165 ); ovvero, ancora, perché, pur essendo
amministrazioni pubbliche in senso proprio , non sono ricomprese nell’art. 1, comma 2, in
quanto caratterizzate da tali profili di specialità da non consentire una contrattualizzazione
secondo gli schemi e procedimenti generali del decreto 29, ma pur sempre rispondenti a
schemi contrattuali contaminati da profili di pubblicità analoghi a quelli registrati nel
procedimento di contrattazione per comparti affidato all’ARAN (cfr. art. 70, comma 4,
d.lgs. n. 165 ).
       Ritiene la Sezione che i motivi dell’esclusione dell’applicazione del decreto 29/1993
vada ricercata non certo nella natura di amministrazione “forte”, dell’autorità portuale, né
nella natura di amministrazione pubblica speciale ( come sembra adombrare Assoporti nelle
sue osservazioni ) sottoposta ad un regime di contrattazione diverso ma omologo a quello
per comparti; bensì nella natura di soggetto pubblico di natura differenziata e diversa dalle
amministrazioni “ vere ed intere”, in quanto sostanzialmente economica, posseduta da tali
enti, perciò sottoposti ad un procedimento di contrattazione più vicino a quello degli enti
pubblici economici .
       15 - Un conforto alle tesi della Sezione si rinviene nella significativa e nettamente
prevalente giurisprudenza della Corte di Cassazione, alla luce della quale appare quanto
meno sorprendente l’affermazione riportata nella relazione ministeriale, secondo la quale “
non vi si alcuna ragione di dubbio circa la natura giuridica di dette Autorità portuali” in
termini di Enti pubblici non economici”.
       Secondo quanto evidenziato più volte dalla Suprema Corte conformemente alle già
esposte considerazioni, è vero, tutto al contrario, che la legge n. 84 del 1994 - che ha
istituito, come detto, nei porti indicati nel primo comma dell'art. 1 le Autorità portuali,
stabilendo che tali organismi "subentrano" alle organizzazioni portuali nella proprietà e nel
possesso dei beni e in tutti i rapporti in corso (art. 20, quinto comma, come modificato
dall'art. 2, diciannovesimo comma del D.L. 21 ottobre 1996, n. 535, convertito in legge
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23 dicembre 1996, n. 647) - dopo avere disposto che "l'Autorità portuale ha personalità
giuridica di diritto pubblico ed è dotata di autonomia di bilancio e finanziaria" (art. 6,
secondo comma), ha disposto nel terzo comma dell'art. 10 che il segretario generale (che è
un organo dell'Autorità: v. l'art. 7 lett. c), "è assunto con contratto di diritto privato di durata
quadriennale, rinnovabile per una sola volta". Inoltre, il medesimo art. 10, nel sesto comma
- come modificato dall'art. 2, undicesimo comma del suddetto D.L. 21 ottobre 1996, n. 535,
convertito in legge 23 dicembre 1996, n. 647 - definisce di diritto privato "il rapporto di
lavoro del personale delle Autorità portuali".
       Orbene, rileva la Corte “ dal contenuto di tali disposizioni di legge si ricava, in primo
luogo, che le Autorità portuali rientrano nella categoria degli enti pubblici economici
(tenuto conto, soprattutto, dei compiti loro assegnati: v., al riguardo, il suddetto art. 1, primo
comma, lett. a, b, c), con la conseguenza che siffatta qualifica incide non solo sull'assetto
economico ed organizzativo, ma anche sul regime sostanziale e processuale dei rapporti di
lavoro del personale dipendente nei cui confronti sono operanti l'art. 2093 c.c. e art. 409, n.
4, c.p.c." e, in secondo luogo, che il rapporto di lavoro con il personale dipendente, ivi
compreso quello relativo al segretario generale, è per definizione di diritto privato ( Cass.
Civ., 28 ottobre 1998, n. 10729; Cass., Sez. Un., 6 maggio 1996, n. 4187).
       Sempre la stessa Corte ha poi ribadito che “ In relazione alle autorità portuali di cui
alla legge n. 84 del 1994, che rientrano nella categoria degli enti Pubblici economici, (con
incidenza di siffatta qualifica non solo sull'assetto economico e organizzativo dell'Ente, ma
anche sul regime sostanziale e processuale dei rapporti di lavoro del personale dipendente,
cui si applicano gli art. 2093 c.c. e 409 n. 4 c.p.c., avendo essi - ivi compreso il rapporto con
il Segretario Generale - natura privatistica), l'art. 20 legge n. 84 citata prevede che il
Commissario operante nella fase transitoria della successione delle autorità portuali alle
organizzazioni preesistenti sostituisce (nei limiti dei poteri attribuitigli dal decreto di
nomina) il Presidente e gli organi deliberanti delle organizzazioni portuali , non anche il
Presidente e gli organi deliberanti delle autorità portuali istituiti con la stessa legge, con la
conseguenza che il suddetto Commissario è sprovvisto dei poteri (espressamente attribuiti
dall'art. 9 legge cit. al Comitato portuale) di approvare l'organico della Segreteria tecnico -
operativa (alla quale, nella specie, era addetto il ricorrente (Cass., sez. lav., 3 luglio 2004 , n.
12232; in sensi conforme Cass. civ., sez. trib., 29 marzo 2006 , n. 7291 ; id., sez. un.,
16/10/2003 n. 15490; sez. lav., n. 15120 del 5/8/2004; sez. lav., n. 13729 del 14/10/2000 ).
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Nello stesso senso si è espresso il Giudice contabile, secondo il quale “Le autorità
portuali , potendo, a seguito della riforma del 1994, esercitare attività d'impresa o
costituendo società o assumendovi partecipazioni di capitale, debbono ritenersi enti pubblici
economici ; ne consegue che la Corte dei conti difetta di giurisdizione in tema di danni
amministrativo-contabili emersi nella gestione di siffatti enti ( Corte Conti , sez. III, 12
giugno 2003 , n. 257 ).
       16 - Ciò non esclude, secondo l’opzione funzionale operata dal legislatore, la natura
autoritativa di buona parte dell'attività dell'autorità portuale, connessa al divieto di svolgere,
sia direttamente sia indirettamente, attraverso la costituzione o la partecipazione in società,
operazioni portuali e ogni altra attività ad esse strettamente connessa, affidandosi tali
operazioni alle società in cui si sono trasformate le compagnie portuali e i gruppi portuali e
che sono, in quanto imprese di diritto comune, sottoposte al regime di concorrenza ( Cass.,
sez. 5, Sentenza n. 7651 del 31/03/2006 ).
       Tuttavia, lo strumentario di diritto pubblico - con cui l’ente, qualificato “ pubblico”
perché appunto operante in regime pubblicistico, esercita le funzioni di interesse generale di
indirizzo, di programmazione, di coordinamento, di promozione e di controllo delle
operazioni portuali svolte da soggetti privati ( art. 6, comma 1. legge n. 84), e i relativi
poteri, esercitati sotto la vigilanza del Ministro dei trasporti - non comporta
l’assoggettamento a tutte le regole riservate alle pubbliche amministrazioni di potenza o di
regolazione ed erogazione di servizi “ amministrativi”. L’oggetto di quelle funzioni, come
già osservato, è prevalentemente industriale e commerciale, cioè prettamente economico,
legittimante discipline di analogia con gli enti pubblici economici e, comunque, di non
automatica omologazione ad una pubblica amministrazione ex d. lgs. n. 165/2001.
       17 - D’altra parte, per queste soggettività di diritto pubblico, proprio in quanto tali,
non è necessariamente       estranea né incongrua      l’applicazione di uno statuto dell’atto
amministrativo nel perseguimento delle finalità di interesse generale a contenuto
economico.
       L’esempio di più immediato riferimento è, ancora una volta per analogia di materia,
l’Enac, istituito dal D.Lgs. 25-7-1997, n. 250, inizialmente come ente pubblico non
economico ma qualificato espressamente come ente pubblico economico dopo la fase di
prima costituzione, il quale, nonostante tale natura, “esercita le funzioni amministrative e
tecniche già attribuite alla Direzione generale dell'aviazione civile del Ministero”.
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La natura economica, o comunque ad essa assimilabile, neppure è inconciliabile con
il regime tributario da applicare alle Autorità medesime, per le quali si è ritenuto, ad
esempio, che valgono le disposizioni dell'art. 88 comma 2 del t.u. delle imposte sui redditi,
di cui al d.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917, nel quale si stabilisce in modo espresso che non
costituisce attività commerciale l'esercizio di funzioni statali da parte di enti pubblici (
Consiglio Stato , sez. III, 9 luglio 2002 , n. 1641 ). Quella norma, infatti, stabilisce che ai
fini dell’imposta sul reddito delle società “non costituiscono esercizio dell'attività
commerciale: a) l'esercizio di funzioni statali da parte di enti pubblici…….”: essa, quindi, si
riferisce alle singole attività e non al complessivo regime giuridico degli enti pubblici “ tout
court “ senza ulteriore aggettivazione; essa, anzi,          potendo applicarsi anche a quelli
economici le quante volte essi, come detto, operino con gli strumenti del diritto
amministrativo, ne ammette la competenza e legittimazione ad agire anche secondo il
regime e lo statuto dell’atto e provvedimento amministrativo.
          La comparazione con le disposizioni del d. lgs. 25-7-1997, n. 250, istitutivo, come
già ricordato, dell'Ente nazionale per l'aviazione civile (E.N.A.C.) appare, ancora una volta,
indicativa, per l’affinità della materia, della conciliabilità fra trattamenti di privilegio fiscali
tipici delle pubbliche amministrazioni e la natura economica del soggetto pubblico. Anche
per tale ente, infatti, si prevede un regime fiscale agevolativo che in astratto mal si
concilierebbe con la natura economica dell’ente, il quale dovrebbe essere trattato alla
stregua di un qualsiasi imprenditore. Stabilisce, al riguardo, l’articolo 12, in tema, appunto,
di “ Esenzioni fiscali “, che “ Tutti gli atti connessi con l'istituzione dell'E.N.A.C. e con la
acquisizione del patrimonio della Direzione generale dell'aviazione civile, del Registro
aeronautico italiano e dell'Ente nazionale della gente dell'aria sono esenti da imposte e
tasse”.
          18 - La relazione ministeriale adduce altri due argomenti a sostegno della tesi della
non economicità delle Autorità portuali.
          Il primo è costituito dalla legge 27-12-2002, n. 289, (legge finanziaria 2003), il cui
articolo 34, a proposito degli organici, assunzioni di personale e razionalizzazione di enti e
organismi pubblici, dispone testualmente che “ Le amministrazioni pubbliche di cui agli
articoli 1, comma 2, e 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e
successive modificazioni, ad esclusione dei comuni con popolazione inferiore a 3.000


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abitanti, provvedono alla rideterminazione delle dotazioni organiche sulla base dei princìpi
di cui all'articolo 1, comma 1, del predetto decreto legislativo”.
       Secondo la circolare del Dip. Funzione pubblica del 21.3.2003, richiamata nella
stessa relazione, “ non si ritiene direttamente applicabile alle Autorità portuali l’art. 34 della
legge n. 289” poiché esse, pur rientrando tra le amministrazioni contemplate nell’articolo 1
del d. lgs. n. 165/2001 “ in quanto enti pubblici non economici “, sono esonerate
dall’applicazione del medesimo d. lgs. n. 165/2001 in quanto sottoposte alla disciplina
speciale dell’art. 10, comma 2, della legge n. 84/1994.
       L’argomento non è probante perché:
   -   la “ circolare” – in disparte il suo valore non vincolante né condizionante per
       soggetti estranei all’amministrazione emanante, secondo quanto costantemente
       affermato dalla giurisprudenza - non è tale, in quanto emanata da organo dirigenziale
       non competente ( art. 4 d lgs. n. 165/2001 ) ad emettere “ le decisioni in materia di
       atti normativi e l'adozione dei relativi atti di indirizzo interpretativo ed applicativo “,
       per le quali è competente esclusivamente l’organo di governo, in ciò supportato dalle
       specifiche competenze tecniche degli uffici legislativi a ciò specificamente ed
       istituzionalmente deputati;
   -   la qualificazione delle Autorità come enti pubblici non economici è apodittica e non
       confortata da alcun approfondimento o puntualizzazione esegetica;
   -   la medesima “circolare” fornisce elementi contrari alle sue affermazioni
       qualificatorie, riconoscendo essa stessa “ la particolarità di tali enti “, sottratti alla
       legge n. 70/1975 e richiamando il DM 7.10.1996, con il quale sono stati posti criteri
       generali per il contratto collettivo di lavoro dei dipendenti delle autorità portuali, ai
       sensi del già ricordato art. 10, comma 6, della legge n. 84 del 1994. L’articolo 4 del
       citato decreto, stabilisce che “ I contratti collettivi nazionali di cui all'art. 2 del
       presente decreto dovranno tener conto per la parte economica della compatibilità
       con le risorse economiche, finanziarie e di bilancio delle autorità portuali ( e non
       con le disponibilità indicate negli strumenti di programmazione economica e
       finanziaria, come accade per le amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del d. lgs.
       N. 165 , n.d.r. ) e prevedere, per la parte normativa, tra gli istituti ed elementi
       caratterizzanti il rapporto di lavoro, le modalità di assunzione e i relativi criteri
       oggettivi per la selezione del personale……”. Aggiunge, poi, il successivo art. 6
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dello stesso decreto, che “ Ogni autorità portuale provvede all'applicazione del
      contratto collettivo nazionale con specifico atto adottato ai sensi della lettera l),
      terzo comma, dell'art. 9 della legge n. 84 del 1994 , al fine di assicurare per l'intero
      periodo di validità contrattuale la copertura dei costi complessivi dei trattamenti
      economici e normativi previsti, ivi compresi quelli eventualmente discendenti dalla
      contrattazione decentrata o aziendale”. Dispone, infine il comma 2 dello stresso
      articolo che “ Gli accordi decentrati o aziendali, seppure connessi a conseguiti
      incrementi di produttività, non possono comportare, anche a carico di esercizi
      successivi, impegni di spesa eccedenti le disponibilità finanziarie stanziate
      specificatamente in bilancio”. Dalle riportate disposizioni di natura regolamentare
      emerge dunque che: a) i costi della contrattazione sono determinati sulla base del
      principio di compatibilità non con “ gli strumenti di programmazione e di bilancio” (
      art. 47, comma 4, d. lgs. n. 165/2001) ma in base alle effettive            “ risorse “
      complessive, non solo di bilancio ma anche economiche e finanziarie; b) gli stessi
      costi contrattuali, sia nazionali che decentrati, debbono rispondere al principio di
      copertura effettiva mediante apposito atto applicativo, avente perciò natura di atto
      aziendale gestionale; c) gli enti non debbono seguire le regole concorsuali dell’art.
      35 del d. lgs. n. 165. Si tratta, all’evidenza, di elementi di forte deroga allo statuto
      delle pubbliche amministrazioni come indicate nell’art. 1 del d. lgs. n. 165.
      19 - Altro argomento addotto dalla relazione ministeriale a sostegno della sua tesi è il
comma 993 dell’articolo unico della legge finanziaria 2007, n. 296/2006, secondo cui “Gli
atti di concessione demaniale rilasciati dalle autorità portuali, in ragione della natura
giuridica di enti pubblici non economici delle autorità medesime, restano assoggettati alla
sola imposta proporzionale di registro ed i relativi canoni non costituiscono corrispettivi
imponibili ai fini dell'imposta sul valore aggiunto……”.
      Tuttavia, neppure la qualificazione incidentale contenuta nella citata legge appare
   dirimente e significativa: in primo luogo, perché si tratta di disposizione non precettiva
   ma meramente giustificativa, come tale non vincolante per l’interprete; in secondo luogo
   perché, nonostante la ricorrente e deleteria prassi parlamentare in senso contrario, la già
   ricordata legge 5-8-1978, n. 468, di riforma della contabilità generale dello Stato in
   materia di bilancio impedisce alla legge finanziaria di contenere norme di delega o di
   carattere ordinamentale ovvero organizzatorio, dovendo essa contenere “ esclusivamente
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“ norme tese a realizzare effetti finanziari con decorrenza dal primo anno considerato nel
   bilancio pluriennale ( art. 11, comma 3).
   Pertanto, una norma della legge finanziaria che intendesse fornire – peraltro in via del
tutto incidentale e meramente giustificativa e non precettiva - una qualificazione, anche di
natura interpretativa, di tipo ordinamentale delle Autorità portuali presenterebbe profili di
incostituzionalità o, almeno, di perplessità sul piano della legittimità ( cfr. Corte Conti , sez.
contr., 21 settembre 1990, n. 50). Ciò comporta l’irrilevanza dell’invocata disposizione della
legge finanziaria, essendo noto che tra due possibili interpretazioni della norma, va scelta –
per costante e notorio insegnamento anzitutto della Corte Costituzionale - quella che rende
la disposizione più conforme ai principi.
   Proprio usando l’argomento addotto dalla relazione ministeriale la Sezione ritiene,
invece, che nella stesse legge finanziaria 2008 si trovino tracce a conforto della teoria
dell’economicità delle autorità in parola.
   Più specificamente, si tratta delle numerose disposizioni che - riprendendo opzioni
legislative di stampo analogo ( cfr.     art. 100 della legge 21-11-2000 n. 342, con cui si è
prevista la “ riforma del sistema delle tasse e diritti marittimi” in coerenza con le finalità di
autonomia finanziaria delle autorità portuali) - tendono a riconoscere ed anzi ad
incrementare l’autonomia finanziaria degli enti in questione, nonché ad accrescerne i criteri
imprenditoriali di economicità e produttività : il comma 982, secondo cui “Per assicurare
l'autonomia finanziaria alle autorità portuali nazionali e promuovere l'autofinanziamento
delle attività e la razionalizzazione della spesa……”; il comma 988, il quale per le autorità
esclude il disposto dell'articolo 1, comma 57, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, mentre
applica alle stesse il sistema di tesoreria mista ( quindi non unica ) di cui all'articolo 7 del
decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279, “in conseguenza del regime di autonomia
finanziaria delle autorità portuali”; il comma 989, volto a rivedere i criteri per l'istituzione
delle autorità portuali e la verifica del possesso dei requisiti previsti per la conferma o la
loro eventuale soppressione, “tenendo conto della rilevanza dei porti, del collegamento con
le reti strategiche, del volume dei traffici e della capacità di autofinanziamento”; il
comma 990, dichiaratamente finalizzato al “ completamento del processo di autonomia
finanziaria delle autorità portuali”.
       20   In conclusione e sinteticamente, in risposta ai quesiti formulati dal Ministero:


dtm
a) alle Autorità portuali non trova applicazione l’art. 2, comma 618, della legge n.
          244/2007 ( Finanziaria 2008 ), ma solo il comma 623: si vedano le osservazioni
          già svolte sub par. 6 del presente parere;
       b) alle Autorità portuali non trovano applicazione l’art. 2, commi 589-591 della
          stessa legge n. 244 ( cfr. par. 2 ), precettivi soltanto      per le “ pubbliche
          amministrazioni dello Stato, comprese le aziende ed amministrazioni dello Stato
          ad ordinamento autonomo, e per gli enti pubblici non economici nazionali “,
          quali non sono, sotto il duplice profilo soggettivo e territoriale, le Autorità
          portuali;
       c) alle Autorità portuali non trovano applicazione l’art. 2, commi 594 e seguenti (
          par. 3 del presente parere ) espressamente riferiti alle “amministrazioni pubbliche
          di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165”,
          quali non possono essere considerate, per quanto precedentemente detto,          le
          Autorità medesime in presenza del vigente quadro normativo e giurisprudenziale
          tracciato nei paragrafi precedenti;
       d) alle Autorità portuali non trova applicazione neppure il disposto dell’articolo 3,
          comma 27, della stessa legge finanziaria 2008, anch’esso riferito alle
          “amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo
          30 marzo 2001, n. 165”, tra le quali si ribadisce che non possono annoverarsi le
          Autorità in parola.
                                            P.Q.M.
nelle esposte considerazioni è reso il richiesto parere.



IL PRESIDENTE DELLA SEZIONE                                         L’ESTENSORE
       (Stenio Riccio)                                              (Armando Pozzi)




                                    IL SEGRETARIO D’ADUNANZA
                                           (Roberto Craca)




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  • 1. Consiglio di Stato Adunanza della Sezione Seconda 25 luglio 2008 N. Sezione 200802361 La Sezione _______________ OGGETTO: MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI – Richiesta di parere in merito all’applicazione di talune disposizioni della legge n. 244 del 24.12.2007 (legge finanziaria 2008) alle Autorità portuali. Vista la relazione pervenuta in data 2 luglio 2008, con cui il Ministero ha chiesto il parere facoltativo del Consiglio di Stato sull’applicabilità di talune disposizioni della legge n. 24472007 alle Autorità portuali. Visti allegati alla predetta relazione; Udito il relatore consigliere Armando Pozzi; PREMESSO: Riferisce il Ministero che con propria circolare del 01.02.2008, sono state segnalate, tra le altre, le disposizioni di cui all’art. 2 della legge finanziaria 2008 commi 589-591 (obbligo di utilizzare i servizi di fonia VOIP e di far uso della posta elettronica in misura superiore al 50% del totale della corrispondenza), commi 594- 599 (adozione dei piani triennali di razionalizzazione nell’utilizzo di dotazioni strumentali, autovetture e beni immobili), commi 618 e seguenti (limiti di spesa sugli oneri di manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili utilizzati); quelle di cui dtm
  • 2. all’art. 3, comma 27 e seguenti (divieto di costituzione di società aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie al perseguimento delle finalità istituzionali), ed infine quelle di cui al comma 59 (nullità dei contratti di assicurazione in favore degli amministratori di Enti pubblici per rischi derivanti dall’espletamento dei compiti istituzionali). Delle riportate disposizioni alcune individuano tra i propri destinatari gli Enti pubblici non economici nazionali, altre gli Enti ed organismi pubblici inseriti nel contro economico consolidato della pubblica amministrazione, ed altre ancora le Amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. L’Associazione Porti Italiani (Assoporti), con nota dell’8 febbraio 2008 ha contestato l’interpretazione fornita dal Ministero con particolare riferimento a quelle che rinviano all’art. 1, comma 2, del decreto legislativo. In via di principio, ancorché talune delle disposizioni siano riferite a pubbliche amministrazioni o ad Enti pubblici, tra le quali, per espressa ammissione della stessa associazione vi rientrano le Autorità portuali, la specialità della legge n. 84/1994, (riordino della legislazione in materia portuale), nonché la peculiarità ed autonomia delle Autorità, comporterebbe la disapplicazione a detti enti delle disposizioni della legge finanziaria in parola. Più in particolare, le disposizioni che individuano le amministrazioni pubbliche destinatarie mediante il rinvio all’art. 1, comma 2, D.L.vo n. 165/2001, non si potrebbero applicare alle Autorità “giusto art. 6, comma 2, l. n. 84/94”. Con specifico riferimento al divieto al divieto di costituzione di società aventi per oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie al conseguimento delle finalità istituzionali (commi 27 e seguenti dell’art. 3 della legge finanziaria). Assaporti, con nota del 7 aprile 2008, nel reiterare le considerazioni già svolte, riconferma “la possibilità espressamente prevista per la A.P. (art. 6, comma 6, L. 28.01.1994, n. 84) di costituire e partecipare a società esercenti attività accessorie o strumentali rispetto ai compiti istituzionali affidati alle A.P. medesime anche ai fini della promozione e dello sviluppo dell’intermodalità della logistica e delle reti trasportistiche; conseguentemente l’impossibilità di caducare o mettere in discussione dtm
  • 3. tale specifica previsione sulla base di un’interpretazione che mal si attaglia alle specificità della A.P., quindi la molteplicità delle funzioni delle A.P. che possono essere talora meglio perseguite avvalendosi dell’ausilio di strumenti societari (es. la promozione, il marketing dei trasporti e della logistica, ecc). CONSIDERATO 1 - Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti con la relazione indicata in premessa pone a questo Consiglio il seguente quesito: se talune disposizioni contenute nella legge finanziaria dell’anno 2008 (legge n. 244/2007), finalizzate al “contenimento della spesa pubblica”, siano o meno applicabili alle Autorità portuali. Per rispondere al quesito occorre anzitutto individuare quali siano le disposizioni della citata legge 24-12-2007, n. 244, recante, come detto, disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008), come individuate nella relazione ministeriale, non senza rilevare, preliminarmente che il Legislatore della finanziaria di rado legifera in base a criteri di sistematicità, coerenza, ponderatezza e rispetto dei principi, ma affida le proprie scelte ad esigenze ed opzioni di varia natura e comunque sempre dettati dalla consapevolezza che la legge finanziaria è l’unica fonte di diritto oggettivo che ha la certezza di essere approvata in tempi assolutamente certi e brevi. Quindi, anche le scelte di politica finanziaria ispirate al contenimento della spessa pubblica, in quanto frutto di questa necessità policentrica e trasversale, non sono né univoche, né chiare, né sistematiche. Questo spiega il sorgere di legittimi dubbi interpretativi, come quelli sollevati dal Ministero riferente. La tematica si incentra prevalentemente sull’articolo 2, contenente un cospicuo e variegato insieme di disposizioni riguardanti ben ventisei “ missioni”, che, al di là di linguaggi usati, null’altro sono che le materie fatte oggetto di disciplina legislativa. 2 – Un primo gruppo di disposizioni è costituito dall’art. 2, commi 589-591. In particolare, il comma 589 impone al Centro nazionale per l’informatica nella pubblica amministrazione (CNIPA) di effettuare, anche a campione, “azioni di monitoraggio e verifica del rispetto delle disposizioni di cui all’articolo 47 del codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 ( secondo cui le comunicazioni di documenti tra le pubbliche amministrazioni avvengono di norma mediante l'utilizzo della posta elettronica e sono valide ai fini del procedimento dtm
  • 4. amministrativo nel rispetto di requisiti tecnici indicati dallo stesso articolo 47, n.d.r. ), e successive modificazioni, nonché delle disposizioni in materia di posta elettronica certificata. Il mancato adeguamento alle predette disposizioni in misura superiore al 50 per cento del totale della corrispondenza inviata, certificato dal CNIPA, comporta, per le pubbliche amministrazioni dello Stato, comprese le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, e per gli enti pubblici non economici nazionali, la riduzione, nell’esercizio finanziario successivo, del 30 per cento delle risorse stanziate nell’anno in corso per spese di invio della corrispondenza cartacea” ( la disposizione è stata, in sostanza, ripresa nelle sue finalità dal recente d.l. n,. 112 del 2008, all’articolo 27, rubricato icasticamente “ Taglia-carta”). 3 - Un secondo gruppo di norme si focalizza intorno all’articolo 2, comma 594. Secondo tale comma “ Ai fini del contenimento delle spese di funzionamento delle proprie strutture, le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, adottano piani triennali per l’individuazione di misure finalizzate alla razionalizzazione dell’utilizzo: a) delle dotazioni strumentali, anche informatiche, che corredano le stazioni di lavoro nell’automazione d’ufficio; b) delle autovetture di servizio, attraverso il ricorso, previa verifica di fattibilità, a mezzi alternativi di trasporto, anche cumulativo; c) dei beni immobili ad uso abitativo o di servizio, con esclusione dei beni infrastrutturali”. La norma è seguita da una serie di disposizioni di natura esecutiva o complementare, tra cui : il comma 597, per il quale “ A consuntivo annuale, le amministrazioni trasmettono una relazione agli organi di controllo interno e alla sezione regionale della Corte dei conti competente” ed il comma 598, secondo il quale “ I piani triennali di cui al comma 594 sono resi pubblici con le modalità previste dall’articolo 11 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e dall’articolo 54 del codice dell’amministrazione digitale, di cui al citato decreto legislativo n. 82 del 2005”. 4 - Un terzo insieme di previsioni legislative dell’articolo 2 della legge finanziaria 2008 è quello originato dal comma 618, secondo il quale “Le spese annue di manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili utilizzati dalle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato non possono superare, per l’anno 2008, la misura dell’1,5 per cento e, a decorrere dal 2009, la misura del 3 per cento del valore dell’immobile utilizzato. Detto limite di spesa è ridotto all’1 per cento nel caso di esecuzione di interventi di sola dtm
  • 5. manutenzione ordinaria. Per gli immobili in locazione passiva, è ammessa la sola manutenzione ordinaria nella misura massima dell’1 per cento del valore dell’immobile utilizzato. Dall’attuazione del presente comma devono conseguire economie di spesa, in termini di indebitamento netto, non inferiori a euro 650 milioni per l’anno 2008, 465 milioni per l’anno 2009 e 475 milioni a decorrere dall’anno 2010”. Nell’ambito di tale gruppo sembrerebbe – secondo quanto esposto dall’amministrazione - assumere rilevanza anche la disposizione del comma 623, a tenore del quale “ A decorrere dall’anno 2008 gli enti ed organismi pubblici inseriti nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione individuati dall’ISTAT ai sensi dell’articolo 1, comma 5, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, con esclusione degli enti territoriali e locali e degli enti da essi vigilati, delle aziende sanitarie ed ospedaliere, nonché degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, si adeguano ai princìpi di cui ai commi da 615 a 626, riducendo le proprie spese di manutenzione ordinaria e straordinaria in modo tale da rispettare i limiti previsti ai commi da 615 a 626. L’eventuale differenza tra l’importo delle predette spese relative all’anno 2007 e l’importo delle stesse rideterminato a partire dal 2008 secondo i criteri di cui ai commi da 615 a 626, è versata annualmente all’entrata del bilancio dello Stato entro il 30 giugno. Gli organi interni di revisione e di controllo vigilano sull’applicazione del presente comma”. 5 – Infine, il problema posto dal Ministero si estende anche alle previsioni dell’articolo 3, comma 27, della stessa legge finanziaria 2008, per il quale “ Al fine di tutelare la concorrenza e il mercato, le amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non possono costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e di servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né assumere o mantenere direttamente o indirettamente partecipazioni, anche di minoranza, in tali società”. Il divieto di costituzione di società commerciali o partecipazione in esse contenuto nella legge finanziaria non è dunque assoluto, ammettendo il legislatore tale capacità di diritto privato per le società “ strettamente” strumentali al perseguimento delle finalità istituzionali dell’ente. A tal proposito, infatti, lo stesso articolo ammette che “ È sempre ammessa la costituzione di società che producono servizi di interesse generale e l’assunzione di partecipazioni in tali società da parte delle amministrazioni di cui dtm
  • 6. all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nell’ambito dei rispettivi livelli di competenza “. In sintesi, l’art. 3, comma 27, prefigura un modello di “ in house providing “, purché, evidentemente, vengano rispettati i principi elaborati dalla giurisprudenza comunitaria in materia, implicanti, come noto, che la società di gestione sia priva di una propria autonomia e capacità imprenditoriale e di capacità decisionale distinte da quelle della pubblica amministrazione, di cui costituisce null’altro che un plesso organizzatorio, secondo le formule dottrinarie e giurisprudenziali della “ delegazione interorganica” o della “ autoproduzione di servizio pubblico”. 6 - Iniziando dalle previsioni normative indicate sub par. 4, è di palmare evidenza ( e non si comprende pertanto il motivo del quesito ) che il comma 618 dell’articolo 2 ivi riportato non può trovare applicazione alle Autorità portuali, tenuto conto che la norma, per sua espressa ed inequivoca disposizione, si applica esclusivamente alle “amministrazioni centrali e periferiche dello Stato”, quali non sono certamente le Autorità in parola, per stessa ammissione dell’amministrazione riferente qualificabili quali “enti pubblici non nazionali”( si vedrà, poi, se economici o non ) . Alle Autorità in questione si applica, invece, il disposto del successivo comma 623, tenuto conto che ai sensi dell’art. 5 della legge 30-12-2004, n. 311 (legge finanziaria 2005) per assicurare “il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica stabiliti in sede di Unione europea, indicati nel Documento di programmazione economico-finanziaria e nelle relative note di aggiornamento, per il triennio 2005 - 2007 la spesa complessiva delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato, individuate per l'anno 2005 nell'elenco 1 allegato alla presente legge e per gli anni successivi dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) con proprio provvedimento pubblicato nella Gazzetta Ufficiale non oltre il 31 luglio di ogni anno, non può superare il limite del 2 per cento rispetto alle corrispondenti previsioni aggiornate del precedente anno, come risultanti dalla Relazione previsionale e programmatica “. Il richiamato allegato 1 della legge n. 311, dopo Regioni, Province, comuni e città metropolitane, unioni di comuni e consorzi di funzione di comuni, ASL, Enti per il turismo, ecc., indica espressamente anche le Autorità portuali. La stessa collocazione viene mantenuta nei successivi provvedimenti dell’ISTAT, in cui le medesime Autorità continuano ad essere annoverate tra le “ Amministrazioni locali”. dtm
  • 7. 7 - Per quanto concerne, poi, le altre disposizioni della legge finanziaria sopra ricordate, le quali fanno riferimento alle “amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 “, occorre procedere all’esposizione del quadro normativo e giurisprudenziale che disciplina le Autorità portuali. La norma istitutiva di tali Autorità è contenuta, come noto, nella legge 28-1-1994, n. 84, di riordino della legislazione in materia portuale. Si tratta, detto incidentalmente, di una legge – come più volte sottolineato anche in dottrina – nata nel segno della privatizzazione, trasformazioni in società essendo state previste nell'ambito del riordino della legislazione in materia portuale; riordino anch'esso piuttosto travagliato, avendo dato luogo - fra l'ottobre del '92 e il dicembre del '96 - a una quindicina di decreti-legge non convertiti e a due interventi legislativi. In particolare, con la legge n. 84 è stata prevista la trasformazione in società lucrative o in società cooperative da un lato delle organizzazioni portuali, già enti di diritto pubblico costituiti come consorzi obbligatori o come enti autonomi associativi ( art. 20 ), dall'altro delle compagnie e dei gruppi portuali, già enti aventi personalità giuridica di diritto privato) ( art. 21 ). Ma ciò, come meglio si spiegherà in prosieguo, non vuol certo dire che il legislatore abbia intesa provvedere ad una scissione tra soggetti privatizzati secondo le regole del libro V del codice civile da un lato ed enti rimasti attratti nell’area delle pubbliche amministrazioni in senso proprio. L’articolo 6 della legge n. 84/1994, rubricato appunto “ Autorità portuale “, ha disposto che “nei porti di Ancona, Bari, Brindisi, Cagliari, Catania, Civitavecchia, Genova, La Spezia, Livorno, Manfredonia ( successivamente soppressa dal D.P.R. 12 ottobre 2007 per scarsità di traffico marittimo, n.d.r. ), Marina di Carrara, Messina, Napoli, Palermo, Ravenna, Savona, Taranto, Trieste e Venezia è istituita l'autorità portuale con i seguenti compiti, in conformità agli obiettivi di cui all'articolo 1 ( norma in gran parte tautologica e quindi scarsamente significativa): a) indirizzo, programmazione, coordinamento, promozione e controllo delle operazioni portuali di cui all'articolo 16, comma 1, e delle altre attività commerciali ed industriali esercitate nei porti, con poteri di regolamentazione e di ordinanza, anche in riferimento alla sicurezza rispetto a rischi di incidenti connessi a tali attività ed alle condizioni di igiene del lavoro in attuazione dell'articolo 24 ; dtm
  • 8. b) manutenzione ordinaria e straordinaria delle parti comuni nell'ambito portuale, ivi compresa quella per il mantenimento dei fondali, previa convenzione con il Ministero dei lavori pubblici che preveda l'utilizzazione dei fondi all'uopo disponibili sullo stato di previsione della medesima amministrazione; c) affidamento e controllo delle attività dirette alla fornitura a titolo oneroso agli utenti portuali di servizi di interesse generale, non coincidenti né strettamente connessi alle operazioni portuali di cui all'articolo 16, comma 1, individuati con decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione, da emanarsi entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge”. Fissate così le competenze generali delle Autorità con il primo comma, il comma successivo ne qualifica la natura stabilendo che “ L'autorità portuale ha personalità giuridica di diritto pubblico “, senza ulteriori qualificazioni, dotata di autonomia di bilancio e finanziaria nei limiti previsti dalla legge e di autonomia amministrativa salva la potestà ministeriale di vigilanza disposta dall'articolo 12. Precisa ancora lo stesso comma – con previsione non insignificante sul piano ermeneutico complessivo – che alle Autorità “ non si applicano le disposizioni di cui alla L. 20 marzo 1975, n. 70 ( riferita esclusivamente agli enti pubblici non economici, tanto che l’articolo 1, comma 2, disponeva la non applicabilità della legge agli “ enti pubblici economici “, n.d.r. ) , e successive modificazioni, nonché le disposizioni di cui al decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni, fatta eccezione per quanto specificamente previsto dal comma 2 dell'art. 23 della presente legge” ( relativo al trattamento del personale delle trasformate organizzazioni portuali, di cui si dirà tra poco ). 8 - Per quanto concerne la gestione patrimoniale e finanziaria dell'autorità portuale, essa è affidata ad un regolamento di contabilità approvato dal Ministro, di concerto con quello del tesoro. Il conto consuntivo delle autorità portuali è allegato allo stato di previsione del Ministero dei trasporti e della navigazione per l'esercizio successivo a quello nel quale il medesimo è approvato. Inoltre, il rendiconto della gestione finanziaria è soggetto al controllo della Corte dei conti ( comma 4) . A ciò si aggiunga che, ai sensi dell’art. 9, comma 3, lett. d) il bilancio preventivo è “obbligatoriamente in pareggio o in avanzo”. dtm
  • 9. E’ bene chiarire che, da un lato, nessuna delle attività di cui al comma 1, lettere b) e c), è gestita direttamente dall’autorità, in quanto esse sono affidate in concessione dalla stessa autorità portuale, mediante gara pubblica ( comma 5 ). Conseguentemente, le autorità non possono esercitare, “né direttamente né tramite la partecipazione di (rectius: in ) società”, operazioni portuali ed attività ad esse strettamente connesse. D’altro canto tuttavia, al contempo esse “ possono costituire ovvero partecipare a società esercenti attività accessorie o strumentali rispetto ai compiti istituzionali affidati alle autorità medesime, anche ai fini della promozione e dello sviluppo dell'intermodalità, della logistica e delle reti trasportistiche “. Il successivo comma 8, a sua volta, collega l’istituzione di nuove autorità ( e correlativamente il comma 10 la loro soppressione ) a precisi criteri commerciali, disponendo che “ Nei limiti delle disponibilità finanziarie di cui all'articolo 13, decorsi tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dei trasporti e della navigazione ( anche su richiesta di regioni, comuni o camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura come prevede il comma 9, n.d.r. ), ai sensi della legge 23 agosto 1988, n. 400 , possono essere istituite ulteriori autorità in porti di categoria II, classi I e II, non compresi tra quelli di cui al comma 1, che nell'ultimo triennio abbiano registrato un volume di traffico di merci non inferiore a tre milioni di tonnellate annue al netto del 90 per cento delle rinfuse liquide o a 200.000 Twenty Feet Equivalent Unit (TEU). A decorrere dal 1° gennaio 1995 può essere disposta l'istituzione, previa verifica dei requisiti, di autorità portuali nei porti di Olbia, Piombino e Salerno). 9 - Relativamente, poi, alle risorse finanziarie delle autorità portuali, l’articolo 13 ne individua le entrate nelle seguenti voci: a) canoni di concessione delle aree demaniali e delle banchine comprese nell'ambito portuale, e delle aree demaniali comprese nelle circoscrizioni territoriali nonché “dai proventi di autorizzazioni per operazioni portuali di cui all'articolo 16”, con esclusione di determinare canoni di concessione demaniale marittima per scopi turistico-ricreativi, fatta eccezione per i canoni di concessione di aree destinate a porti turistici, in misura più elevata di quanto stabilito dalle autorità marittime per aree contigue e concesse allo stesso fine; b) eventuali proventi derivanti dalle cessioni di impianti di cui all'articolo 18, comma 1, lettere a) e b); c) gettito delle tasse sulle merci dtm
  • 10. sbarcate ed imbarcate di cui al capo III del titolo II della legge 9 febbraio 1963, n. 82 , e all'articolo 1 della legge 5 maggio 1976, n. 355 e successive modificazioni e integrazioni; d) contributi delle regioni, degli enti locali e di altri enti ed organismi pubblici; e) da entrate diverse. Quindi, il finanziamento delle autorità deriva prevalentemente da entrate proprie, rispetto alle quali i contributi pubblici – almeno nell’assetto normativo e senza conoscere le concrete realtà contabili delle varie autorità che il Ministero avrebbe potuto trasmettere insieme alle apprezzate considerazioni dell’Ufficio legislativo a ciò appositamente istituito – rappresentano o dovrebbero rappresentare una parte non preponderante. D’altra parte, le finalità di alleggerire la finanza pubblica delle spese di funzionamento delle attività portuali perseguite dalla legge del 1994 emergono dal comma 2 dello stesso articolo 13, a tenore del quale “ Dal 1° gennaio 1994 cessano di essere erogati i contributi alle organizzazioni portuali previsti dalle rispettive leggi istitutive, nonché gli stanziamenti per le spese per l'installazione e l'acquisto di impianti portuali nei porti di Ancona, Cagliari, La Spezia, Livorno e Messina”. Quindi le autorità portuali hanno entrate prevalentemente proprie, per la cui riscossione, tuttavia, possono avvalersi, della procedura ingiuntiva di cui al regio decreto 14 aprile 1910, n. 639. Ciò trova ulteriore conferma nelle disposizioni dell’art. 28 della legge n. 84, relativo alla copertura finanziaria, secondo il quale il gettito di alcune delle tasse ivi indicate affluiscono al bilancio dello Stato soltanto “ per i porti ove non è istituita l'autorità portuale“. 10 - Per ciò che concerne i rapporti di lavoro rilevano, sul piano delle fonti di cognizione, non tanto le previsioni dell’articolo 23 (Disposizioni in materia di personale) che riguarda gli aspetti sostanziali parziali del passaggio del personale delle organizzazioni portuali alle dipendenze delle autorità portuali, in continuità di rapporto di lavoro, al quale si applicano gli istituti della mobilità collettiva “ secondo le procedure di cui agli articoli 32, 33, 34 e 35 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 , e successive modificazioni e integrazioni, al fine di colmare le eventuali vacanze in organico che si possono determinare in altre autorità portuali”; rilevanti sono, piuttosto, le disposizioni dell’articolo 10, sulle competenze del Segretariato generale. dtm
  • 11. Il comma 6 della norma, infatti, stabilisce – con ciò ripetendo la formula dell’articolo 2 del d. lgs. n. 29/1993 - che “ Il rapporto di lavoro del personale delle autorità portuali è di diritto privato ed è disciplinato dalle disposizioni del codice civile libro V - titolo I - capi II e III, titolo II - capo I, e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa”. Subito dopo la stessa norma aggiunge che “Il suddetto rapporto è regolato da contratti collettivi nazionali di lavoro, sulla base di criteri generali stabiliti con decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione, che dovranno tener conto anche della compatibilità con le risorse economiche, finanziarie e di bilancio; detti contratti sono stipulati dall'associazione rappresentativa delle Autorità portuali per la parte datoriale e dalle organizzazioni sindacali nazionali maggiormente rappresentative del personale delle Autorità portuali per la parte sindacale “. 11 - Per concludere la breve ( e necessariamente incompleta per ragioni di economicità ) rassegna normativa, non pare inutile alla Sezione ricordare i compiti dell’organo collegiale di governo delle autorità in questione, il comitato portuale, come enunciati nell’articolo 9 della legge n. 84/1994. Il predetto comitato, nel quale sono presenti, oltre alle amministrazioni interessate, anche i rappresentanti delle numerose categorie economiche coinvolte in tutte le operazioni e i servizi portuali indicati nell’articolo 16, svolge, tra gli altri, i seguenti compiti, elencati qui di seguito per saltum sulla base dell’elencazione per lettere della norma: a) approvare, entro novanta giorni dal suo insediamento, su proposta del presidente, il “ piano operativo triennale “, soggetto a revisione annuale, concernente le “ strategie di sviluppo delle attività portuali e gli interventi volti a garantire il rispetto degli obiettivi prefissati “; c) approvare la relazione annuale sulla “attività promozionale, organizzativa ed operativa del porto, sulla gestione dei servizi di interesse generale e sulla manutenzione delle parti comuni nell'ambito portuale, nonché sull'amministrazione delle aree e dei beni del demanio marittimo ricadenti nella circoscrizione territoriale dell'autorità portuale” ; d) approvare il bilancio preventivo, il quale, come già detto, è “obbligatoriamente in pareggio o in avanzo”, le note di variazione e il conto consuntivo; e), f) g) deliberare in ordine alle concessioni ed alle autorizzazioni, determinando l'ammontare dei relativi canoni, nel rispetto delle disposizioni contenute nei decreti del Ministro dei trasporti e della navigazione di cui, rispettivamente, all'articolo 16, comma 4, e all'articolo 18, commi 1 e 3. dtm
  • 12. 12 - Da quanto sinteticamente riportato emerge una figura di “pubblica amministrazione” complessa ed ibrida, certamente non riconducibile tout court a quella tradizionale dell’imprenditore pubblico, cioè a quella di una struttura avente caratteristiche tali da consentirne, in via di immediata ed agevole interpretazione, la definizione in termini di impresa, riconducibile alla nozione classica dell’ente pubblico economico, inteso, almeno nell’accezione tradizionale ancora diffusa nella giurisprudenza, come soggetto di diritto pubblico ma operante mediante una “struttura imprenditoriale e con criteri di gestione a carattere economico in settori ( come, ad esempio, quello del credito ) per il perseguimento di finalità di ordine generale, agendo come un privato imprenditore posto su piano paritetico con i soggetti con cui viene in relazione ( Cass. civ., sez. un., 17 aprile 2007 , n. 9095 ). Tuttavia, neppure può affermarsi che le autorità portuali siano pubbliche amministrazioni in senso propriamente soggettivo ed oggettivo, in quanto dotate esclusivamente di poteri pubblicistici di regolazione o erogazione di servizi ed attività “ amministrative “, per soddisfare interessi di natura generale di carattere non industriale né commerciale, secondo la terminologia comunitaria riferita agli organismi di diritto pubblico: organismi tra i quali le autorità in parola certamente rientrano, ma al pari di altri imprenditori pubblici formalmente privatizzati ( Ente Poste, IPZS, ecc.) . Anche se le autorità in parola non sono formalmente organizzate e se non funzionano come un’impresa privata, tuttavia esse sono state create, al pari degli enti pubblici economici, per intervenire con poteri di varia natura ma non esclusivamente pubblicistici ed autoritativi, in un settore portante dell’economia nazionale, costituito dai traffici commerciali marittimi. L’interesse pubblico sotteso alla creazione di questi enti è quello, prettamente economico e non sociale, di assicurare ed incrementare il corretto, ordinato ed efficiente svolgimento e sviluppo del commercio via mare, senza più gravare sulle finanze pubbliche e comunque nel quadro di una gestione tendenzialmente autosufficiente, fondata – come è stato detto per gli enti pubblici economici – sul prodotto della gestione dell’ente. In sostanza, si tratta di un soggetto che persegue certamente anche il soddisfacimento di “ bisogni di natura industriale e commerciale”, quale indicati nell’articolo 6 sub par. 7 del presente parere: indirizzo, programmazione, coordinamento, promozione e controllo delle operazioni portuali di cui all'articolo 16, comma 1, e delle altre attività commerciali ed industriali esercitate nei porti, manutenzione ordinaria e straordinaria delle parti comuni dtm
  • 13. nell'ambito portuale, affidamento e controllo delle attività dirette alla fornitura a titolo oneroso agli utenti portuali di servizi di interesse generale, non coincidenti né strettamente connessi alle operazioni portuali. E,’ dunque, un soggetto che, seppure non in possesso dei requisiti formali classici dell’ente pubblico economico ( agire per fini di lucro, perseguire finalità esclusivamente economiche, cioè operare con criteri di economicità, essere sottoposti alle procedure concorsuali speciali, ecc. ) ha tuttavia una forte connotazione economica che in molte parti non si discosta da quella degli enti pubblici economici ( anche le Autorità portuali, ad esempio, subiscono gli effetti estintivi indotti da cattive politiche di mercato, al pari dell’ente sottoposto a liquidazione coatta ) e che non si esaurisce soltanto nella “ disciplina di settore” o nel “ coordinamento “, per usare le antiche formule che un grande maestro usava per designare lo sviluppo funzionale degli enti ausiliari di servizi ( Banca d’Italia, IRI, ENI, EFIM, ecc. ) , ma si risolve nella concreta ingerenza in attività prettamente industriali e commerciali, anche se operata indirettamente attraverso gli strumenti di diritto pubblico della concessione ( ad esempio dei servizi di interesse generale nei porti da fornire a titolo oneroso all'utenza portuale, secondo la disciplina del D.M. 14-11-1994 ), dell’appalto pubblico ( per la manutenzione ed esecuzione delle opere portuali ), dell’autorizzazione al compimento delle operazioni portuali di carico, scarico, trasbordo, deposito, movimento delle merci e di ogni altro materiale, svolti nell'ambito portuale, ovvero dei servizi portuali costituiti da prestazioni specialistiche, complementari e accessorie al ciclo delle operazioni portuali. La natura di ente economico posseduto dalle autorità in questione appare, poi, data per presupposta o implicita nella stessa legge n. 84/1994, laddove si procede ad una classificazione dei porti sulla base della loro “ rilevanza economica” ed in relazione ad una serie di parametri anch’essi esclusivamente economici quali: entità del traffico e delle rispettive componenti, capacità operativa degli scali, livello ed efficienza dei servizi di collegamento con l'entroterra (cfr. art. 4 ). 13 - Il porto è dunque visto, nell’ottica del legislatore del 1994 e nella concreta esperienza di applicazione di quella legislazione, non più come un semplice punto di approdo, ma un centro di vasti e complessi interessi industriali e commerciali che travalicano l’ambito portuale per coinvolgere il vasto entroterra regionale con interventi dtm
  • 14. logistici, trasportistici, infrastrutturali non solo controllati ma anche direttamente gestiti, con strumenti di diritto pubblico e privato, dell’autorità portuale. Tant’è che, come ha pure rilevato la Corte costituzionale, il Presidente dell’autorità è posto “al vertice di una complessa organizzazione” nella quale sono coinvolti, anzitutto in quanto soggetti al suo coordinamento, non solo organismi di diritto privato ( società industriali e commerciali, cooperative, imprenditori individuali ed operatori economici di vari settori ) ma anche organi schiettamente statali (presiede, tra l’altro, il comitato portuale del quale fanno parte il comandante del porto e, in rappresentanza dei Ministeri delle finanze e dei lavori pubblici, un dirigente dei servizi doganali ed uno dell’ufficio speciale del genio civile), e gli è assegnato un ruolo fondamentale, anche di carattere inventivo, propulsivo, innovativo “perché il porto assolva alla sua funzione (di rilevanza internazionale o nazionale, secondo la classe di appartenenza), comunque interessante l’economia nazionale” ( cfr. C. Cost., n. 378/2005, relativa alla spettanza e alle modalità di esercizio del potere di nomina del Presidente dell’Autorità portuale, sub punto 5 della motivazione in diritto) . Indice ulteriore di questa indubbia natura economica posseduta dalle Autorità è nella qualità esclusivamente tecnico - professionale - manageriale e non burocratica dell’organo monocratico di vertice, scelto necessariamente fra esperti di massima e comprovata qualificazione professionale nei settori “dell'economia dei trasporti e portuale” ( articolo 8 ); nonché nella composizione dell’organo collegiale di gestione e governo, in cui la rappresentanza burocratica è minoritaria rispetto a quella dei settori produttivi ( 12 contro otto ). In definitiva, le Autorità portuali non appaiono molto dissimili – al di là della loro frammentazione in tante persone giuridiche quanti sono i porti di maggiore rilevanza - dall’Enav, ente di diritto pubblico economico succeduto all'Azienda autonoma di assistenza al volo per il traffico aereo generale - tale espressamente qualificato dalla legge 21-12- 1996 n. 665, e tale costantemente considerato dalla Cassazione civile (sez. lav., 12 settembre 2007 , n. 19108; id., sez. un., 29 ottobre 2004 , n. 20959) - il quale fornisce i servizi di assistenza al volo in tutti gli spazi aerei di pertinenza italiani. Né di ostacolo a configurare le Autorità in questione come soggetti economici possono valere le disposizioni della legge 5-8-1978, n. 468, di riforma di alcune norme di contabilità generale dello Stato in materia di bilancio, che, nell’ambito dei conti della dtm
  • 15. finanza pubblica, ha dettato ( art. 25 ) principi di normalizzazione dei conti degli enti pubblici, ricomprendendovi anche quelli economici. Si tratta infatti di norme che, per finalità, oggetto e destinatari non alterano né si riflettono sulla distinzione ancora significante nel nostro ordinamento – al di là dell’accorpante e perciò poco significativa qualifica comunitaria di organismo di diritto pubblico che è lo strumento per assicurare il principio comunitario di concorrenza e libera circolazione - tra enti pubblici economici e non. 14 - Al termine di questo stringato excursus, pare alla Sezione di poter concludere che le autorità portuali non possano annoverarsi tra le amministrazioni statali cui fa riferimento l’articolo 1, comma 2, del d. lgs. n. 29/1993 ( oggi n. 165 del 2001 ), il quale vi ricomprende, tra gli altri, “tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali”. Oltre alle considerazioni sopra svolte, militano in questo senso le significative disposizioni dell’articolo 6 della legge n. 84, il quale, come già detto, impone che alle predette Autorità “ non si applicano le disposizioni di cui alla L. 20 marzo 1975, n. 70 , e successive modificazioni, nonché le disposizioni di cui al decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni, fatta eccezione per quanto specificamente previsto dal comma 2 dell'art. 23 della presente legge” . Quanto alla prima esclusione, essa già di per sé è indicativa della volontà del legislatore di sottrarre gli enti in questione dal novero del c.d. parastato, in quanto la legge del 1975 era espressamente riferita agli enti pubblici non economici, tanto che l’articolo 1, comma 2, disponeva la non applicabilità della legge stessa agli “ enti pubblici economici “. Quanto alla seconda esclusione, essa non è limitata per esclusiva ragione di materia – come prospetta la relazione ministeriale – cioè alla sola materia lavoristica, sicché in tale esclusione non sarebbe ricompresa alcuna finalità genericamente qualificatoria disposta a fini diversi da quello della disciplina del rapporto di lavoro. In disparte la singolarità di un processo ermeneutico che, nell’ambito di una disposizione derogatoria generale ed onnicomprensiva, intenda procedere a distinzioni a loro volta derogatorie o ad excludendum, va ricordato, in via generale, che il d. lgs. n. 29/1993 ha inteso privatizzare il rapporto di pubblico impiego con amministrazioni pubbliche in senso soggettivo ed oggettivo, in tal modo dissociando la natura pubblicistica del datore di lavoro da quella privatistica del rapporto di lavoro dei dipendenti, dissociazione che non si è espansa alle c.d. amministrazioni c.d. di “ potenza” erogatrici, dtm
  • 16. cioè, di servizi fondamentali per la vita dello Stato- apparato ( difesa, giustizia, ordine pubblico, rapporti internazionali ). Per gli altri soggetti pubblici che non sono amministrazioni pubbliche il decreto 29 ( poi 165 ) o non si applica ontologicamente, perché, stante la natura economica del soggetto datore di lavoro, il rapporto di impiego già era sottoposto alle regole sostanziali e processuali del diritto del lavoro privato: art. 2093 cod. civ.; ovvero non si applica perché il rapporto già era privatizzato secondo la disciplina previgente ( cfr. oggi art. 3, ultima parte d.lgs. n. 165 ); ovvero, ancora, perché, pur essendo amministrazioni pubbliche in senso proprio , non sono ricomprese nell’art. 1, comma 2, in quanto caratterizzate da tali profili di specialità da non consentire una contrattualizzazione secondo gli schemi e procedimenti generali del decreto 29, ma pur sempre rispondenti a schemi contrattuali contaminati da profili di pubblicità analoghi a quelli registrati nel procedimento di contrattazione per comparti affidato all’ARAN (cfr. art. 70, comma 4, d.lgs. n. 165 ). Ritiene la Sezione che i motivi dell’esclusione dell’applicazione del decreto 29/1993 vada ricercata non certo nella natura di amministrazione “forte”, dell’autorità portuale, né nella natura di amministrazione pubblica speciale ( come sembra adombrare Assoporti nelle sue osservazioni ) sottoposta ad un regime di contrattazione diverso ma omologo a quello per comparti; bensì nella natura di soggetto pubblico di natura differenziata e diversa dalle amministrazioni “ vere ed intere”, in quanto sostanzialmente economica, posseduta da tali enti, perciò sottoposti ad un procedimento di contrattazione più vicino a quello degli enti pubblici economici . 15 - Un conforto alle tesi della Sezione si rinviene nella significativa e nettamente prevalente giurisprudenza della Corte di Cassazione, alla luce della quale appare quanto meno sorprendente l’affermazione riportata nella relazione ministeriale, secondo la quale “ non vi si alcuna ragione di dubbio circa la natura giuridica di dette Autorità portuali” in termini di Enti pubblici non economici”. Secondo quanto evidenziato più volte dalla Suprema Corte conformemente alle già esposte considerazioni, è vero, tutto al contrario, che la legge n. 84 del 1994 - che ha istituito, come detto, nei porti indicati nel primo comma dell'art. 1 le Autorità portuali, stabilendo che tali organismi "subentrano" alle organizzazioni portuali nella proprietà e nel possesso dei beni e in tutti i rapporti in corso (art. 20, quinto comma, come modificato dall'art. 2, diciannovesimo comma del D.L. 21 ottobre 1996, n. 535, convertito in legge dtm
  • 17. 23 dicembre 1996, n. 647) - dopo avere disposto che "l'Autorità portuale ha personalità giuridica di diritto pubblico ed è dotata di autonomia di bilancio e finanziaria" (art. 6, secondo comma), ha disposto nel terzo comma dell'art. 10 che il segretario generale (che è un organo dell'Autorità: v. l'art. 7 lett. c), "è assunto con contratto di diritto privato di durata quadriennale, rinnovabile per una sola volta". Inoltre, il medesimo art. 10, nel sesto comma - come modificato dall'art. 2, undicesimo comma del suddetto D.L. 21 ottobre 1996, n. 535, convertito in legge 23 dicembre 1996, n. 647 - definisce di diritto privato "il rapporto di lavoro del personale delle Autorità portuali". Orbene, rileva la Corte “ dal contenuto di tali disposizioni di legge si ricava, in primo luogo, che le Autorità portuali rientrano nella categoria degli enti pubblici economici (tenuto conto, soprattutto, dei compiti loro assegnati: v., al riguardo, il suddetto art. 1, primo comma, lett. a, b, c), con la conseguenza che siffatta qualifica incide non solo sull'assetto economico ed organizzativo, ma anche sul regime sostanziale e processuale dei rapporti di lavoro del personale dipendente nei cui confronti sono operanti l'art. 2093 c.c. e art. 409, n. 4, c.p.c." e, in secondo luogo, che il rapporto di lavoro con il personale dipendente, ivi compreso quello relativo al segretario generale, è per definizione di diritto privato ( Cass. Civ., 28 ottobre 1998, n. 10729; Cass., Sez. Un., 6 maggio 1996, n. 4187). Sempre la stessa Corte ha poi ribadito che “ In relazione alle autorità portuali di cui alla legge n. 84 del 1994, che rientrano nella categoria degli enti Pubblici economici, (con incidenza di siffatta qualifica non solo sull'assetto economico e organizzativo dell'Ente, ma anche sul regime sostanziale e processuale dei rapporti di lavoro del personale dipendente, cui si applicano gli art. 2093 c.c. e 409 n. 4 c.p.c., avendo essi - ivi compreso il rapporto con il Segretario Generale - natura privatistica), l'art. 20 legge n. 84 citata prevede che il Commissario operante nella fase transitoria della successione delle autorità portuali alle organizzazioni preesistenti sostituisce (nei limiti dei poteri attribuitigli dal decreto di nomina) il Presidente e gli organi deliberanti delle organizzazioni portuali , non anche il Presidente e gli organi deliberanti delle autorità portuali istituiti con la stessa legge, con la conseguenza che il suddetto Commissario è sprovvisto dei poteri (espressamente attribuiti dall'art. 9 legge cit. al Comitato portuale) di approvare l'organico della Segreteria tecnico - operativa (alla quale, nella specie, era addetto il ricorrente (Cass., sez. lav., 3 luglio 2004 , n. 12232; in sensi conforme Cass. civ., sez. trib., 29 marzo 2006 , n. 7291 ; id., sez. un., 16/10/2003 n. 15490; sez. lav., n. 15120 del 5/8/2004; sez. lav., n. 13729 del 14/10/2000 ). dtm
  • 18. Nello stesso senso si è espresso il Giudice contabile, secondo il quale “Le autorità portuali , potendo, a seguito della riforma del 1994, esercitare attività d'impresa o costituendo società o assumendovi partecipazioni di capitale, debbono ritenersi enti pubblici economici ; ne consegue che la Corte dei conti difetta di giurisdizione in tema di danni amministrativo-contabili emersi nella gestione di siffatti enti ( Corte Conti , sez. III, 12 giugno 2003 , n. 257 ). 16 - Ciò non esclude, secondo l’opzione funzionale operata dal legislatore, la natura autoritativa di buona parte dell'attività dell'autorità portuale, connessa al divieto di svolgere, sia direttamente sia indirettamente, attraverso la costituzione o la partecipazione in società, operazioni portuali e ogni altra attività ad esse strettamente connessa, affidandosi tali operazioni alle società in cui si sono trasformate le compagnie portuali e i gruppi portuali e che sono, in quanto imprese di diritto comune, sottoposte al regime di concorrenza ( Cass., sez. 5, Sentenza n. 7651 del 31/03/2006 ). Tuttavia, lo strumentario di diritto pubblico - con cui l’ente, qualificato “ pubblico” perché appunto operante in regime pubblicistico, esercita le funzioni di interesse generale di indirizzo, di programmazione, di coordinamento, di promozione e di controllo delle operazioni portuali svolte da soggetti privati ( art. 6, comma 1. legge n. 84), e i relativi poteri, esercitati sotto la vigilanza del Ministro dei trasporti - non comporta l’assoggettamento a tutte le regole riservate alle pubbliche amministrazioni di potenza o di regolazione ed erogazione di servizi “ amministrativi”. L’oggetto di quelle funzioni, come già osservato, è prevalentemente industriale e commerciale, cioè prettamente economico, legittimante discipline di analogia con gli enti pubblici economici e, comunque, di non automatica omologazione ad una pubblica amministrazione ex d. lgs. n. 165/2001. 17 - D’altra parte, per queste soggettività di diritto pubblico, proprio in quanto tali, non è necessariamente estranea né incongrua l’applicazione di uno statuto dell’atto amministrativo nel perseguimento delle finalità di interesse generale a contenuto economico. L’esempio di più immediato riferimento è, ancora una volta per analogia di materia, l’Enac, istituito dal D.Lgs. 25-7-1997, n. 250, inizialmente come ente pubblico non economico ma qualificato espressamente come ente pubblico economico dopo la fase di prima costituzione, il quale, nonostante tale natura, “esercita le funzioni amministrative e tecniche già attribuite alla Direzione generale dell'aviazione civile del Ministero”. dtm
  • 19. La natura economica, o comunque ad essa assimilabile, neppure è inconciliabile con il regime tributario da applicare alle Autorità medesime, per le quali si è ritenuto, ad esempio, che valgono le disposizioni dell'art. 88 comma 2 del t.u. delle imposte sui redditi, di cui al d.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917, nel quale si stabilisce in modo espresso che non costituisce attività commerciale l'esercizio di funzioni statali da parte di enti pubblici ( Consiglio Stato , sez. III, 9 luglio 2002 , n. 1641 ). Quella norma, infatti, stabilisce che ai fini dell’imposta sul reddito delle società “non costituiscono esercizio dell'attività commerciale: a) l'esercizio di funzioni statali da parte di enti pubblici…….”: essa, quindi, si riferisce alle singole attività e non al complessivo regime giuridico degli enti pubblici “ tout court “ senza ulteriore aggettivazione; essa, anzi, potendo applicarsi anche a quelli economici le quante volte essi, come detto, operino con gli strumenti del diritto amministrativo, ne ammette la competenza e legittimazione ad agire anche secondo il regime e lo statuto dell’atto e provvedimento amministrativo. La comparazione con le disposizioni del d. lgs. 25-7-1997, n. 250, istitutivo, come già ricordato, dell'Ente nazionale per l'aviazione civile (E.N.A.C.) appare, ancora una volta, indicativa, per l’affinità della materia, della conciliabilità fra trattamenti di privilegio fiscali tipici delle pubbliche amministrazioni e la natura economica del soggetto pubblico. Anche per tale ente, infatti, si prevede un regime fiscale agevolativo che in astratto mal si concilierebbe con la natura economica dell’ente, il quale dovrebbe essere trattato alla stregua di un qualsiasi imprenditore. Stabilisce, al riguardo, l’articolo 12, in tema, appunto, di “ Esenzioni fiscali “, che “ Tutti gli atti connessi con l'istituzione dell'E.N.A.C. e con la acquisizione del patrimonio della Direzione generale dell'aviazione civile, del Registro aeronautico italiano e dell'Ente nazionale della gente dell'aria sono esenti da imposte e tasse”. 18 - La relazione ministeriale adduce altri due argomenti a sostegno della tesi della non economicità delle Autorità portuali. Il primo è costituito dalla legge 27-12-2002, n. 289, (legge finanziaria 2003), il cui articolo 34, a proposito degli organici, assunzioni di personale e razionalizzazione di enti e organismi pubblici, dispone testualmente che “ Le amministrazioni pubbliche di cui agli articoli 1, comma 2, e 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, ad esclusione dei comuni con popolazione inferiore a 3.000 dtm
  • 20. abitanti, provvedono alla rideterminazione delle dotazioni organiche sulla base dei princìpi di cui all'articolo 1, comma 1, del predetto decreto legislativo”. Secondo la circolare del Dip. Funzione pubblica del 21.3.2003, richiamata nella stessa relazione, “ non si ritiene direttamente applicabile alle Autorità portuali l’art. 34 della legge n. 289” poiché esse, pur rientrando tra le amministrazioni contemplate nell’articolo 1 del d. lgs. n. 165/2001 “ in quanto enti pubblici non economici “, sono esonerate dall’applicazione del medesimo d. lgs. n. 165/2001 in quanto sottoposte alla disciplina speciale dell’art. 10, comma 2, della legge n. 84/1994. L’argomento non è probante perché: - la “ circolare” – in disparte il suo valore non vincolante né condizionante per soggetti estranei all’amministrazione emanante, secondo quanto costantemente affermato dalla giurisprudenza - non è tale, in quanto emanata da organo dirigenziale non competente ( art. 4 d lgs. n. 165/2001 ) ad emettere “ le decisioni in materia di atti normativi e l'adozione dei relativi atti di indirizzo interpretativo ed applicativo “, per le quali è competente esclusivamente l’organo di governo, in ciò supportato dalle specifiche competenze tecniche degli uffici legislativi a ciò specificamente ed istituzionalmente deputati; - la qualificazione delle Autorità come enti pubblici non economici è apodittica e non confortata da alcun approfondimento o puntualizzazione esegetica; - la medesima “circolare” fornisce elementi contrari alle sue affermazioni qualificatorie, riconoscendo essa stessa “ la particolarità di tali enti “, sottratti alla legge n. 70/1975 e richiamando il DM 7.10.1996, con il quale sono stati posti criteri generali per il contratto collettivo di lavoro dei dipendenti delle autorità portuali, ai sensi del già ricordato art. 10, comma 6, della legge n. 84 del 1994. L’articolo 4 del citato decreto, stabilisce che “ I contratti collettivi nazionali di cui all'art. 2 del presente decreto dovranno tener conto per la parte economica della compatibilità con le risorse economiche, finanziarie e di bilancio delle autorità portuali ( e non con le disponibilità indicate negli strumenti di programmazione economica e finanziaria, come accade per le amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del d. lgs. N. 165 , n.d.r. ) e prevedere, per la parte normativa, tra gli istituti ed elementi caratterizzanti il rapporto di lavoro, le modalità di assunzione e i relativi criteri oggettivi per la selezione del personale……”. Aggiunge, poi, il successivo art. 6 dtm
  • 21. dello stesso decreto, che “ Ogni autorità portuale provvede all'applicazione del contratto collettivo nazionale con specifico atto adottato ai sensi della lettera l), terzo comma, dell'art. 9 della legge n. 84 del 1994 , al fine di assicurare per l'intero periodo di validità contrattuale la copertura dei costi complessivi dei trattamenti economici e normativi previsti, ivi compresi quelli eventualmente discendenti dalla contrattazione decentrata o aziendale”. Dispone, infine il comma 2 dello stresso articolo che “ Gli accordi decentrati o aziendali, seppure connessi a conseguiti incrementi di produttività, non possono comportare, anche a carico di esercizi successivi, impegni di spesa eccedenti le disponibilità finanziarie stanziate specificatamente in bilancio”. Dalle riportate disposizioni di natura regolamentare emerge dunque che: a) i costi della contrattazione sono determinati sulla base del principio di compatibilità non con “ gli strumenti di programmazione e di bilancio” ( art. 47, comma 4, d. lgs. n. 165/2001) ma in base alle effettive “ risorse “ complessive, non solo di bilancio ma anche economiche e finanziarie; b) gli stessi costi contrattuali, sia nazionali che decentrati, debbono rispondere al principio di copertura effettiva mediante apposito atto applicativo, avente perciò natura di atto aziendale gestionale; c) gli enti non debbono seguire le regole concorsuali dell’art. 35 del d. lgs. n. 165. Si tratta, all’evidenza, di elementi di forte deroga allo statuto delle pubbliche amministrazioni come indicate nell’art. 1 del d. lgs. n. 165. 19 - Altro argomento addotto dalla relazione ministeriale a sostegno della sua tesi è il comma 993 dell’articolo unico della legge finanziaria 2007, n. 296/2006, secondo cui “Gli atti di concessione demaniale rilasciati dalle autorità portuali, in ragione della natura giuridica di enti pubblici non economici delle autorità medesime, restano assoggettati alla sola imposta proporzionale di registro ed i relativi canoni non costituiscono corrispettivi imponibili ai fini dell'imposta sul valore aggiunto……”. Tuttavia, neppure la qualificazione incidentale contenuta nella citata legge appare dirimente e significativa: in primo luogo, perché si tratta di disposizione non precettiva ma meramente giustificativa, come tale non vincolante per l’interprete; in secondo luogo perché, nonostante la ricorrente e deleteria prassi parlamentare in senso contrario, la già ricordata legge 5-8-1978, n. 468, di riforma della contabilità generale dello Stato in materia di bilancio impedisce alla legge finanziaria di contenere norme di delega o di carattere ordinamentale ovvero organizzatorio, dovendo essa contenere “ esclusivamente dtm
  • 22. “ norme tese a realizzare effetti finanziari con decorrenza dal primo anno considerato nel bilancio pluriennale ( art. 11, comma 3). Pertanto, una norma della legge finanziaria che intendesse fornire – peraltro in via del tutto incidentale e meramente giustificativa e non precettiva - una qualificazione, anche di natura interpretativa, di tipo ordinamentale delle Autorità portuali presenterebbe profili di incostituzionalità o, almeno, di perplessità sul piano della legittimità ( cfr. Corte Conti , sez. contr., 21 settembre 1990, n. 50). Ciò comporta l’irrilevanza dell’invocata disposizione della legge finanziaria, essendo noto che tra due possibili interpretazioni della norma, va scelta – per costante e notorio insegnamento anzitutto della Corte Costituzionale - quella che rende la disposizione più conforme ai principi. Proprio usando l’argomento addotto dalla relazione ministeriale la Sezione ritiene, invece, che nella stesse legge finanziaria 2008 si trovino tracce a conforto della teoria dell’economicità delle autorità in parola. Più specificamente, si tratta delle numerose disposizioni che - riprendendo opzioni legislative di stampo analogo ( cfr. art. 100 della legge 21-11-2000 n. 342, con cui si è prevista la “ riforma del sistema delle tasse e diritti marittimi” in coerenza con le finalità di autonomia finanziaria delle autorità portuali) - tendono a riconoscere ed anzi ad incrementare l’autonomia finanziaria degli enti in questione, nonché ad accrescerne i criteri imprenditoriali di economicità e produttività : il comma 982, secondo cui “Per assicurare l'autonomia finanziaria alle autorità portuali nazionali e promuovere l'autofinanziamento delle attività e la razionalizzazione della spesa……”; il comma 988, il quale per le autorità esclude il disposto dell'articolo 1, comma 57, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, mentre applica alle stesse il sistema di tesoreria mista ( quindi non unica ) di cui all'articolo 7 del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279, “in conseguenza del regime di autonomia finanziaria delle autorità portuali”; il comma 989, volto a rivedere i criteri per l'istituzione delle autorità portuali e la verifica del possesso dei requisiti previsti per la conferma o la loro eventuale soppressione, “tenendo conto della rilevanza dei porti, del collegamento con le reti strategiche, del volume dei traffici e della capacità di autofinanziamento”; il comma 990, dichiaratamente finalizzato al “ completamento del processo di autonomia finanziaria delle autorità portuali”. 20 In conclusione e sinteticamente, in risposta ai quesiti formulati dal Ministero: dtm
  • 23. a) alle Autorità portuali non trova applicazione l’art. 2, comma 618, della legge n. 244/2007 ( Finanziaria 2008 ), ma solo il comma 623: si vedano le osservazioni già svolte sub par. 6 del presente parere; b) alle Autorità portuali non trovano applicazione l’art. 2, commi 589-591 della stessa legge n. 244 ( cfr. par. 2 ), precettivi soltanto per le “ pubbliche amministrazioni dello Stato, comprese le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, e per gli enti pubblici non economici nazionali “, quali non sono, sotto il duplice profilo soggettivo e territoriale, le Autorità portuali; c) alle Autorità portuali non trovano applicazione l’art. 2, commi 594 e seguenti ( par. 3 del presente parere ) espressamente riferiti alle “amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165”, quali non possono essere considerate, per quanto precedentemente detto, le Autorità medesime in presenza del vigente quadro normativo e giurisprudenziale tracciato nei paragrafi precedenti; d) alle Autorità portuali non trova applicazione neppure il disposto dell’articolo 3, comma 27, della stessa legge finanziaria 2008, anch’esso riferito alle “amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165”, tra le quali si ribadisce che non possono annoverarsi le Autorità in parola. P.Q.M. nelle esposte considerazioni è reso il richiesto parere. IL PRESIDENTE DELLA SEZIONE L’ESTENSORE (Stenio Riccio) (Armando Pozzi) IL SEGRETARIO D’ADUNANZA (Roberto Craca) dtm