1. Le origini del comune
Il caso di Milano e considerazioni conclusive
Enrica Salvatori
Università di Pisa
a.a. 2012-2013
giovedì 11 aprile 13
2. Milano
• Ariberto arcivescovo: negli anni ’30 dell’XI secolo gestì le turbolenze tra i
vassalli in rapporto all’intervento di Corrado II; all’inizio degli anni’40, affronta
una rivolta di cittadini (nuovi ceti in ascesa).
• Guido da Velate arciv. fu eletto nel 1045 col coinvolgimento di una
assemblea (collectio) di cittadini (assemblee che si ripetono nel 1097 e nel 1102).
In ogni caso la parte laica della popolazione milanese aveva un ruolo nell’elezione
dell’arcivescovo.
• Pataria (1057-75). Erlembaldo (capitaneus) guida la pataria e, non
riuscendo gli arcivescovi dopo Guido a rientrare a Milano, guida di fatto la città
fino alla rivolta del 1075 guidata da aristocratici. Sebbene la Pataria fosse un
movimento essenzialmente religioso si deve notare che Erlembaldo e i suoi
pronunciarono un iuramentum commune (1071) che appare un giuramento
costitutivo.
• L’arciv. Anselmo III da Rhò (1086-93) proviene dalla famiglia dei vincitori
(e uccisori) di Erlembaldo
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3. Milano
• I documenti tra la fine dell’XI e i primi decenni del XII mostrano un’élite
accanto all’arcivescovo di composizione mista: aristocratici, giuristi
• nel 1118 una contio militum et civium iniziò una guerra contro Como
• nel 1128 una contio cleri et populi decise che l’arc.Anselmo V doveva
incoronare Corrado, rivale di Lotario III, come re d’Italia
• in 1135 una popularis contio decide il rovesciamento di Anselmo
• In tutte queste assemblee i membri erano formati sia da aristocratici. Non è
chiaro se ci fossero anche semplici cittadini, ma non è chiara nemmeno la loro
esclusione
• per chi ce le racconta (Landolfo di San Paolo) queste assemblee erano
normali forme di riunione politica
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4. Milano
1117
L’arcivescovo di Milano e i consoli chiamarono la popolazione delle altre città del
nord e i loro vescovi a un grande incontro, nel Brolio, lo spazio aperto tra le due
cattedrali di Milano, ora Piazza del Duomo, probabilmente per il recente terremoto ma
anche per richiedere giustizia
(Landolfo di S. Paolo, Historia Mediolanensis, 44)
Longobardorum autem civitatem et earum pontifices, audita legatione Yordani
archiepiscopi et consulum eiusdem urbis, in statuta die convenerunt Mediolanum, in
prato scilicet quod dicitur Brolium. Ubi archiepiscopus et consules duo theatra
constituerunt; in uno archiepiscopus cum episcopis et abatibus et ecclesiarum prelatis
stetit et sedit; in altero consules cum viris legum et morum peritis. Atque in circuitu
eorum affuit innumera multitudo clericorum et laycorum, mulierum quoque et
virginum expectantium sepelitionem vitiorum et suscitationem virtutum.
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5. Milano
1117 luglio
Un documento redatto nell’arengo pubblico, Giordano, arcivescovo di Milano con
i suoi preti e chierici, gli ordini maggiori e minori della chiesa milanese, alla
presenza dei consoli e con loro molti capitanei, vavassores e populus, i consoli
deliberano in giudizio su un problema portato dal vescovo di Lodi. Si tratta del
secondo testo che menziona il regime consolare e il primo che nomina 19 dei
consoli nell’attività giudicatrice.
Medesimo evento? Due eventi conseguenti?
Uno “teatralmente” orchestrato - l’altro che vede i consoli nell’esercizio della
funzione giudicatrice
MA non è una sentenza dei consoli (come si trovano più tardi): si tratta più di un
placitum, con l’arcivescovo come presidnete e autorità legale, e i conosli ìopranti
come giudici nell’arengo, che è il ruolo dei giudici imperiali nell’XI sec. Assente
però il rappresentante dell’Imperatore
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6. Milano
1130, in theatro publico
... assistentibus quampluribus capitaneis, valvasoribus et aliis civibus
... Dedit sententiam Ugonis qui dicitur de Curteducis consul predicte civ.,
consilio et laudatione aliorum consolum Mediolani, Arialdus Vesconte etc.
capitanei ipsius civitatis;Iohannes Mainerii etc. valvasores iamdicte
civitatis; Ugo Zavatarius etc. cives ipsius civitatis
I consoli di Milano decidono per compromesso tra le parti una controversia tra i
canonici di S. Alessandro di Bergamo e i rustici di Calusco per prestazioni da
questi dovute. È il solo giudizio assembleare in cui i tre ordini sono elencati
separatamente
• Non c’è l’arcivescovo ma è anche vero che Anselmo V era impegnato altrove e in
un caso simile conferma una sentenza già formulata
• Si tratta di una sentenza ma il contesto è simile a quello del placito (forma di
transizione)
• Si tratta del solo documento che distingue i consoli per ceti e indica alcuni come
cives. La maggioranza è indubbiamente aristocratica
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7. Milano
Dal confronto tra i documenti e le cronache dell’epoca, secondo Chris Wickham, è
chiaro che a Milano i consoli erano membri dell’aristocrazia, con forti legami con
l'arcivescovo, solo occasionalmente attivi come protagonisti politici indipendenti
Il cambiamento avviene alla fine degli anni ’30, quando nel collegio consolare
l’aristocrazia diventa minoranza rispetto ai cives, ai giudici e ai notai
Il ceto dirigente cittadino appare formato da persone che avevano meno legami con
le autorità precedenti (arcivescovo, capitanei).
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8. Milano
• Dal 1138 abbiamo una serie continua di giudizi dei consoli in dispute legali
(1138-1205)
• Si tratta di sentenze abbastanza standardizzate: un insieme di consoli ascolta le
parti in lite, di solito in un posto pubblico (Broletto, vicino alle cattedrali)
• Uno di loro, di solito un iudex pronuncia la sentenza con la concordia degli altri
• Le dispute sono la maggior parte dedicate a beni nel territorio, a diritti feudali e
signorili
• Non si dice come sono stati eletti i consoli, ma è chiaro che si tratta di figure
politiche autonome
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9. La società
Hagen Keller
• riesamina a fondo il tema delle origini comunali con riferimento specifico alle
grandi vicende lombarde. La società comunale compare come una società di ceti, in
cui la nobiltà gioca un ruolo importante.
• le élites dell’Italia del Nord erano divise in ordines e guidate da un’aristocrazia
militare definita da relazioni vassallatiche (capitanei e valvassores)
• vi erano anche cittadini (cives), ma erano una minoranza nel primo comune legati
agli altri ordines
• H. Keller, Adelsherrschaft und städtische Gesellschaft in Oberitalien. 9. bis 12. Jahrhundert,
Tübingen, Niemeyer, 1979, ora Signori e vassalli nell’Italia dele città (secoli IX-XII), Torino, Utet,
1995
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10. La società
Philip Jones
• idea che la consistenza 'borghese' dei Comuni sempre affermata dalla storiografia
tradizionale (e talora encomiastica) fosse semplicemente un mito. Viceversa, si era
trattato di società con larghissime persistenze e caratteristiche nobiliari. La grande
potenza della città italiana fu proprio garantita dall’esservisi concentrata anche la
forza dei nobili del territorio
• le città sono sempre dominate da valori aristocratici
• Ph. Jones, ‘Economia e società nell’Italia medievale: la leggenda della borghesia’, in Ruggero
Romano and C. Vivanti, eds., Storia d’Italia: Annali, 1 (Einaudi: Torino, 1978) pp. 185–372.
• Ph. Jones, The Italian city-state: from Commune to Signoria, (Clarendon Press: Oxford, 1997).
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11. Considerazioni
• nessuno degli storici che mette in crisi il modello tradizionale è italiano
• gli studiosi italiani rispondono in genere sottolineando quanto “differente” e
“cittadino” sia il fenomeno comunale
• la divisione per ordini della società cittadina del nord (Milano) non era rigida e fissa;
capitanei e valvassori non dominavano i primi comuni dovunque
• vi era una differenza tra capitanei impegnati nella strategia cittadina e membri del
medesimo ordine che non lo erano affatto
•il ceto dirigente delle città italiane nel medioevo non fu mai esclusivamente
commerciale, mercantile e artigianale, come spesso detto per il nord Europa.
• molti proprietari terrieri vivevano in città: anche per questo motivo le città occupano
uno spazio più ampio, sono più potenti e hanno un tessuto sociale più complesso
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12. Considerazioni
• lo sviluppo economico-commerciala è in Italia particolarmente veloce e intenso, ma
questo non può essere considerato come causa in sé del comune (sì per Pisa e Genova
ma non per Venezia)
• le prime città a sviluppare il comune avevano al loro interno una forte componente
aristocratica: questo portava spesso ad aperti conflitti nel periodo pre-comunale
• il comune (versione tradizione) appare in un periodo di compromesso tra le diverse
fazioni/ leaders e tra questi e la più ampia popolazione. Questo avvenne come
risultato della confusione causata dalla lotta per le Investiture.
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13. Chris Wickham
• Le città del nord Italia alla metà del XII secolo erano guidate da élites aristocratiche,
militari e clericali, con pratiche e valori del tutto simili a quelle che si trovano nel
resto dell’Europa latina;
• Avevano legami gerarchici con alcune istituzioni “superiori” (vescovi, conti, re,
imperatori) in quanto parte di un Regno, pur essendo in grado di contestarli
• Queste élites erano tuttavia composte da famiglie che avevano sviluppato nuove e
autonome forme di governo collettivo, basato sul cambiamento annuale dei consoli e
il riconoscimento solo nominale di un’autorità superiore
• Tali autogoverni appaiano all’Impero come esperienze radicalmente diverse e sono
in grado comunque di opporsi ai tentativi restaurativi del potere imperiale
• Tuttavia ci sono scarsissime tracce di consapevolezza (salvo pochi casi) che stessero
facendo qualcosa di nuovo. Cosa pensavano di stare facendo?
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14. Consapevolezza
• Saggio di Ottavio Banti
Ottavio Banti, “Civitas” e “Comune” nelle fonti italiane dei secoli XI e XII’, in
«Critica Storica», n.s., IX (1972), pp. 568–594.
• i nuovi regimi non chiamano sé stessi “comuni” fino alla metà del XII secolo ma
civitates, così nascondendo a noi (o anche a sé stessi) la novità
• commune era raramente un nome nelle fonti prima degli anni 1140, ma un aggettivo
o avverbio per indicare cosa collettiva o in comune
•MA oggi spesso si sottolinea che i regimi consolari hanno semplicemente ereditato il
ruolo pubblico anteriore di conti e vescovi; in effetti i vescovi hanno spesso un ruolo
preminente nel primo comune
• Un ulteriore elemento di continuità è costituito dagli iudices, uomini con esperienza
e istruzione giuridica che danno garanzia legale ai nuovi atti
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15. Consapevolezza
• Consules?
Tradizionalmente si usa legare la nascita del comune alla attestazione dei consules (a
Roma senatores, a Venezia rimangono centrali i duchi/dogi)
Pisa 1080-5 - Asti 1095 - Milano 1097 - Arezzo 1098 - Genova 1099
•Ovviamente la prima attestazione non coincide con la fondazione (che può essere
precedente)
•Ma ancora più rilevante è la domanda: il semplice apparire del termine è sufficiente a
segnalare l’esistenza di questa nuova forma di governo?
•Spesso le prime attestazioni si riferiscono a figure generiche, dai compiti non ben
definiti, magari anche privi di uno status ufficiale
•L’attestazione dei consoli in qualche caso può aver preceduto la cristallizzazione
dell’istituzione
Come facciamo a caratterizzare il primo comune?
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16. Ipotesi A
Idealtypus: si identificano le caratteristiche salienti e poi si determina caso per
caso la loro presenza
A. una collettività urbana consapevole legata insieme da giuramento;
B. un set di magistrature che si alternano periodicamente in ruolo, scelte o riconosciute
dalla collettività;
C. una autonomia de facto della città e delle sue magistrature nelle azioni di guerra e
nella giustizia, eventualmente anche nella tassazione e nella redazione di norme/leggi.
Non sono elementi sempre contemporaneamente presenti ma consentono di stabilire
quali elementi siano assenti e perché; e consente di capire che il solo punto A. o il solo
punto B. non sono sufficienti a indicare un comune (lo è invece il punto C.)
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17. Ipotesi B (Wickham)
Creazione di una documentazione del “Comune”
• Si ha quando i consoli cominciano a registrare regolarmente le loro sentenze, la loro
attività giudiziaria;
• da questo punto di vista il comune è pienamente formato nell’Italia del C-N solo
dopo la metà del XII (prima dipende da città a città);
• Questi documenti tendono a mostrare una supremazia sulle parti capace di essere
efficace anche quando una delle parti non si presenta in giudizio
• In genere questo accade negli anni ’30 del XII secolo (Pisa, Genova, Milano,
Piacenza, Lucca, Padova, Cremona,Verona - non Arezzo 1190)
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18. Realtà in cambiamento (Wickham)
Comune come realtà in sviluppo (informal body)
• All’origine il comune è qualcosa che non ha una veste formale definita.
• L’acquista alla fine, quando riesce a rimpiazzare le vecchie gerarchie del regno, ma
si tratta di una cristallizzazione non immediata
• Certamente si crea una struttura nuova basata su alcuni elementi: rappresentanza,
giuramento, bene comune che non erano stati mai usati prima. Ma quanto questa
nuova struttura emanava da una piena consapevolezza di quello che si stava facendo?
• Alcuni regimi consolari non sembrano essere stati permanenti o semplicemente di
alto profilo fin dagli inizi
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19. Storiografia encomiastica nazionale
Fine XIX- inizi XX secolo
• In Italia il Medioevo non è mai stato il periodo originario dello stato moderno
(come nel resto d’Europa) quanto piuttosto la vittoria (resistenza) delle città stato
autonome sulla dominazione esterna che rese possibile la cultura del Rinascimento
• La città diventa spesso nella storiografia il principio ideale della storia italiana
(Carlo Cattaneo 1850s, Risorgimento).
• Forte interesse verso il periodo che primo produsse l’autonoma urbana e in
particolare verso il moto associativo, che portò le collettività a rendersi autonome
• Il dibattito sulla natura della comunità urbana divenne la metafora di altri ambiti di
dibattito “contemporaneo”: socialismo, fascismo, idealismo crociano, partito
popolare.
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20. Storiografia internazionale
• Il tema del comune si associa al Rinascimento, con il rilievo dato alle strutture che si
suppongono “democratiche” o “repubblicane” del comune italiano (Burckhardt);
in questa chiave si legge il contributo del comune alla modernità
• Frederic C. Lane (1965- storico - Venezia): ‘My thesis here is that republicanism,
not capitalism, is the most distinctive and significant aspect of these Italian city-
states; that republicanism gave to the civilization of Italy from the thirteenth through
the sixteenth centuries its distinctive quality …’.
• Robert Puttnam (sociologo, USA, Making democracy work), attribuisce la
solidarietà civica in Italia all’influenza dei comuni italiani dell’XI secolo e delle loro
‘collaborative solutions to their Hobbesian dilemmas’
• Quentin Skinner (UK inchiesta su The foundations of modern political thought)
parte con i primi consolati italiani nel capitolo intitolato ‘The ideal of liberty’.
giovedì 11 aprile 13
21. Chris Wickham
The point is that the Italian communes have been widely used, often
without much detailed thought, to denote one of the stepping-stones to
the modern world, for their bottom-up collaboration, for their move
away from monarchical institutions, for their institutional creativity, or
for their secular (and therefore more ‘modern’) culture.
(and he does not agree! all teleological readings of history )
Thanks to Chris for allow me to read what he is writing about
the birth of Italian Commune!
giovedì 11 aprile 13