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febbraio 23, 2011




La poetica dell'oggetto




                 prof.Luca Gervasutti
febbraio 23, 2011




Eugenio Montale è stato uno dei massimi poeti del
Novecento. Nella sua lunghissima carriera di poeta ha
saputo dare un'originale interpretazione alle inquietudini
dell'uomo contemporaneo, ispirandosi ai maestri del
Simbolismo e del Decadentismo, rendendo estremamente
attuali le loro innovazioni; allo stesso tempo, la sua
influenza sui poeti italiani successivi è stata notevolissima.
Nato a Genova nel 1896, dove compì gli studi classici,
Montale trascorse infanzia e giovinezza tra il capoluogo
ligure e il paese di Monterosso, nelle Cinque Terre. Nel
1927 si trasferì a Firenze, prima collaboratore dell’editore
Bemporad e in seguito direttore del Gabinetto Scientifico
Letterario Vieusseux, posto da cui fu allontanato nel '38
per antifascismo. Mentre la sua fama di poeta cresceva, si
dedicò anche a traduzioni di poesie e testi teatrali,
soprattutto inglesi. Dopo la guerra si iscrisse al Partito
d'Azione e iniziò un'intensa collaborazione con varie
testate giornalistiche, tra cui il Corriere della Sera, per
conto del quale compì molti viaggi e si occupò di critica
musicale. Nella seconda metà del secolo Montale
raggiunse una fama internazionale, attestata anche dalle
numerose traduzioni di sue poesie in svariate lingue; nel
1967 fu nominato senatore a vita e nel 1975 gli fu
conferito il Nobel per la letteratura. Morì a Milano il 12
settembre 1981.
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La sua prima raccolta, Ossi di Seppia, fu pubblicata nel
1925 e raccoglie versi che Montale compose a partire
dal 1916 (i primi in assoluto furono quelli di Meriggiare
pallido e assorto ). Tema centrale delle poesie che
compongono questa raccolta dal titolo allusivo (gli ossi
di seppia come gusci vuoti, morti, che il mare riporta a
riva) è il male di vivere, la coscienza della sconfitta
dell'uomo irrimediabilmente prigioniero di un mondo di
cui gli sfuggono le premesse e le conseguenze.
E' l'angoscia, dunque, che spinge Montale a scrivere.
L'angoscia e la coscienza dell'inutilità di ogni battaglia;
tuttavia questa consapevolezza non gli fa assumere un
atteggiamento rassegnato. La certezza della sconfitta
non presuppone l'abbandono della speranza: se non è
possibile trovare una risposta all'inutilità del vivere, è
necessario conservare almeno l'aspirazione a che questo
possa un giorno avvenire.
febbraio 23, 2011




Un nuovo conflitto mondiale era alle porte quando nel 1939
Montale pubblicò la sua seconda raccolta poetica:
Le Occasioni . L’artista si estrania dal contatto con la realtà
sociale, rifugiandosi nella letteratura che diventa un baluardo
contro la rozzezza e la grossolanità delle ideologie imperanti,
ma anche contro il dilagare della civiltà di massa.
Protagoniste della poesia montaliana sono ora le figure
femminili: a loro il poeta affida gli unici segnali di salvezza
possibile. L’uomo, nella propria solitudine, cerca una precaria
consolazione nel ricordo dei momenti dolci e sereni vissuti con
le donne. Ma la memoria è fragile, il tempo oscura la mente.
E’ proprio questo il tema di “Non recidere, forbice, quel volto”,
il testo più famoso della sezione dei Mottetti: con questo
termine, tratto dal linguaggio musicale, Montale indica una
forma di poesia breve, caratterizzata da un’alta concentrazione
espressiva e da una raffinata elaborazione formale.
febbraio 23, 2011




Non recidere, forbice, quel volto,                                  Non tagliare, forbice, il ricordo di quel volto,
solo nella memoria che si sfolla,                                   sopravvissuto nella memoria che si va svuotando della gente
non far del grande suo viso in                                      che ha conosciuto,
ascolto                                                             fa’ che il suo grande viso proteso in ascolto non venga
                                                                    inghiottito dalla nebbia che sempre sfuma e cancella il
la mia nebbia di sempre.                                            ricordo.

Un freddo cala...Duro il colpo                                      Il freddo e implacabile colpo dell’accetta recide la cima della
svetta.                                                             pianta.
E l'acacia ferita da sé scrolla                                     E l'acacia ferita lascia cadere
il guscio di cicala                                                 le spoglie della cicala
nella prima belletta di Novembre.                                   nella fanghiglia di Novembre.




     Il poeta chiede alla forbice di non rovinare il ricordo che sta emergendo a fatica nella memoria; non lo taglino, come fa
     invece l’accetta quando recide la vetta dell’acacia: dai rami si stacca allora il guscio vuoto della cicala, simbolo del
     passaggio dall’estate ai primi freddi autunnali.
febbraio 23, 2011
febbraio 23, 2011




 La bufera

Durante gli anni della seconda guerra mondiale Montale
compone i versi raccolti ne La bufera e altro, che secondo il
critico Franco Fortini sono tra i più difficili (in virtù di un
recupero di Mallarmé e dei simbolisti francesi). L'eco del
conflitto, qui, arriva a malapena; sembra che gli orrori e le
morti non possano incidere ulteriormente su un pessimismo
esistenziale già portato alle sue estreme conseguenze. Ciò
non ha mancato di deludere quanti si attendevano dal poeta
un impegno civile decisamente più vistoso, dato che durante
la dittatura la sua poesia era stata considerata da molti una
via di scampo ai toni trionfalistici del regime fascista. Il
pessimismo di Montale è ora venato da una sottile ironia,
probabilmente legata alla sua età. Con il distacco di un
vecchio, infatti, il poeta cede il passo ai toni sarcastici con
cui fustiga la società moderna, imbevuta di falsi miti e
chiacchiere inutili.
febbraio 23, 2011




La funzione della poesia

Cosa può offrire all'uomo, allora, la poesia? Qualche storta
sillaba e secca come un ramo, dice Montale. Non certo risposte,
né certezze. Tutt'al più la coscienza di ciò che non siamo e di ciò
che non vogliamo. La poesia ha valore in quanto documento del
male di vivere: essa è una forma di conoscenza, ha il compito di
indagare questa terribile condizione dell’uomo, assumendo il
valore di una insostituibile "testimonianza".
Da queste premesse scaturiscono le scelte e le intuizioni tecniche
del poeta; il quale, rifuggendo da uno stile alto e aulico, mira a
trovare una rappresentazione simbolica al dato oggettivo;
Montale vuole riuscire a evocare un'emozione attraverso la
precisa descrizione di fatti e oggetti del mondo reale (come, ad
esempio, nei famosi versi di       Meriggiare pallido e assorto : E
andando nel sole che abbaglia / sentire con triste meraviglia /
com'è tutta la vita e il suo travaglio / in questo seguitare una
muraglia / che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia).
febbraio 23, 2011




Meriggiare pallido e assorto

    Meriggiare pallido e assorto
    presso un rovente muro d’orto,
    ascoltare tra i pruni e gli sterpi
    schiocchi di merli, frusci di serpi.

    Nelle crepe del suolo o su la veccia
    spiar le file di rosse formiche
    ch’ora si rompono ed ora s’intrecciano
    a sommo di minuscole biche.

    Osservare tra frondi il palpitare
    lontano di scaglie di mare
    mentre si levano tremuli scricchi
    di cicale dai calvi picchi.

    E andando nel sole che abbaglia
    sentire con triste meraviglia
    com’è tutta la vita e il suo travaglio
    in questo seguitare una muraglia
    che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.

    (Eugenio Montale, Ossi di seppia)
febbraio 23, 2011




La poetica

    Montale ha accompagnato la sua opera di poeta
    con una intensa meditazione critica sui suoi
    strumenti espressivi.
    L’argomento della sua poesia è la condizione
    dell’uomo in sé considerata; non questo o
    quell’avvenimento storico; ciò non significa
    estraniarsi da quanto avviene nel mondo,
    significa solo coscienza, e volontà, di non
    scambiare l’essenziale con il transitorio.
    Montale occupa, nella cultura del Novecento, un
    posto preminente come testimone profondo della
    crisi del nostro tempo e come interprete
    originalissimo, per la sua sensibilità e le sue
    soluzioni stilistiche, della condizione spirituale
    dell’uomo moderno.
febbraio 23, 2011




                         La poetica delle cose
In Ungaretti la parola si propone di esprimere
sensazioni indefinite e indeterminate,
accostando fra loro realtà antitetiche
mediante l’uso dell’analogia.
La parola di Montale, al contrario, non
allude, ma indica con precisione oggetti
definiti e concreti, stabilendo fra questi una
trama di relazioni complesse.
Alla "poetica della parola" di Ungaretti si
oppone così la "poetica delle cose" di
Montale. La scelta del poeta ligure cade poi
sulle "piccole cose", sugli elementi di una
realtà povera e comune che l’uomo può in
ogni momento trovare intorno a sé,
soprattutto nella natura. Ma Montale non
guarda a questa natura con gli occhi ingenui
e innocenti del "fanciullino" pascoliano; gli
oggetti, le immagini e le voci della natura
diventano per lui emblemi in cui è trascritto,
in forme oscure e cifrate, il destino
dell’uomo, nelle sue rare gioie e speranze,
ma soprattutto nell’infelicità di una
condizione esistenziale che non può offrire
certezze né illusioni.
febbraio 23, 2011




                 Il correlativo oggettivo
Montale non parla per astrazione, ma parte sempre da un dato
reale, da oggetti, che, in una precisa occasione, gli si offrono
come segnali per interpretare la realtà.
Anche i sentimenti e i concetti più astratti trovano la loro
definizione ed espressione (il loro corrispettivo, risultando così
"correlati") in "oggetti" ben definiti e concreti. Un esempio molto
chiaro è offerto dalla poesia "      Spesso il male di vivere ho
incontrato", in cui questa terribile condizione esistenziale è
presentata non in forma concettuale, ma come un incontro diretto,
realmente accaduto lungo il percorso della vita, identificandosi in
alcune presenze concrete ("il rivo strozzato", "l’incartocciarsi
della foglia", "il cavallo stramazzato"), in cui viene tangibilmente
rappresentato.
febbraio 23, 2011




Spesso il male di vivere ho incontrato

 Spesso il male di vivere ho incontrato:
 era il rivo strozzato che gorgoglia,
 era l'incartocciarsi della foglia
 riarsa, era il cavallo stramazzato.
 Bene non seppi, fuori del prodigio
 che schiude la divina Indifferenza:
 era la statua nella sonnolenza
 del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.


 (Eugenio Montale, Ossi di seppia)
febbraio 23, 2011




      Non chiederci la parola


Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
l'animo nostro informe, e a lettere di fuoco
lo dichiari e risplenda come un croco
perduto in mezzo a un polveroso prato.

Ah l'uomo che se ne va sicuro,
agli altri ed a se stesso amico,
e l'ombra sua non cura che la canicola
stampa sopra uno scalcinato muro!

Non domandarci la formula che mondi possa aprirti,
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.

(Eugenio Montale, Ossi di seppia)
febbraio 23, 2011




Addii, fischi nel buio, cenni, tosse
e sportelli abbassati. È l'ora. Forse
gli automi hanno ragione. Come appaiono
dai corridoi, murati!
....................

- Presti anche tu alla fioca
litania del tuo rapido quest'orrida
e fedele cadenza di carioca? -




                   Addii, fischi nel buio, cenni, tosse
                   e finestrini abbassati. È l'ora (della partenza). Forse
                   gli automi hanno ragione. Come appaiono
                   dai corridoi (del treno), sepolti (vivi)!
                   ....................

                   - Anche tu attribuisci al debole suono lamentoso del tuo treno
                   questo terribile
                   e insistente ritmo di (danza) carioca? -
febbraio 23, 2011




                     La donna angelo




Il tema dell’opposizione della donna all’inferno della
città e a una storia sempre più degradata è sviluppato
sino alle estreme conseguenze nelle Occasioni e si
concentra nel mito di Clizia, la protagonista della lirica
precedente. Nel 1933 era comparsa nella vita di
Montale Irma Brandeis , una giovane studiosa
americana: la donna prende il nome mitologico di
Clizia ed è associata al simbolo del girasole. Clizia ha
gli attributi contrastati del fuoco e del gelo e incarna i
valori umanistici della cultura minacciati dalla barbarie
fascista. Clizia diventa la nuova      Beatrice e assume
connotati soprannaturali: è la donna-angelo che
scende dalle “alte nebulose” a visitare il poeta nella
poesia successiva, “ Ti libero la fronte dai ghiaccioli ”,
dove la fronte rinvia alla decisione e al coraggio e le ali
alla natura sovraumana del valore che la donna
rappresenta.
febbraio 23, 2011




Ti libero la fronte dai ghiaccioli                          Ti libero la fronte dai ghiaccioli della condensa
che raccogliesti traversando l’alte
nebulose; hai le penne lacerate                             che si formò quando attraversasti
dai cicloni, ti desti a soprassalti.                        le nuvole alte; hai le penne lacerate
                                                            dai cicloni, ti risvegli con affanno.
Mezzodì: allunga nel riquadro il nespolo
l’ombra nera, s’ostina in cielo un sole
freddoloso; e l’altre ombre che scantonano                  E’ mezzogiorno: nel riquadro della finestra il nespolo allunga
nel vicolo non sanno che sei qui.
                                                            la sua ombra nera, si ostina in cielo un sole
                                                            freddoloso; e le altre figure umane che passano veloci
                                                            nel vicolo non sanno che sei qui.




  In questi versi composti nel 1940 Montale immagina che Clizia (che si trova negli Stati Uniti) torni da lui, volando
  attraverso lo spazio, come un angelo. Ma è una donna fragile, Clizia, e bisognosa di tenerezza: la sua esistenza
  misteriosa è ignorata dalle persone la cui ombra si intravede dalla casa del poeta; e lui custodisce gelosamente il
  segreto di quell’improvvisa apparizione.


                                                                                      Ti libero la fronte dai ghiaccioli.m4a
febbraio 23, 2011




                                               La casa dei doganieri




Tu non ricordi la casa dei doganieri 

                                                                Tu non ricordi la casa dei doganieri
sul rialzo a strapiombo sulla scogliera: 
                      (che stava) su un rilievo a picco sulla costa di scogli:
desolata t'attende dalla sera
                                  ti aspetta abbandonata dalla sera
in cui v'entrò lo sciame dei tuoi pensieri 
                    in cui vi entrò la ricchezza dei tuoi pensieri
e vi sostò irrequieto.                                          e vi si fermò con inquieta vivacità.

                                                               Il vento Libeccio colpisce da anni le sue vecchie mura
Libeccio sferza da anni le vecchie mura 

                                                                e il suono del tuo riso non è più felice:
e il suono del tuo riso non è più lieto: 
                      la bussola si muove senza senso da una parte e dall’altra
la bussola va impazzita all'avventura 
                         e la somma dei dadi non è più corretta.
e il calcolo dei dadi più non torna. 
                          Tu non ricordi; una diversa dimensione temporale distrae la tua memoria;
Tu non ricordi; altro tempo frastorna
                          si riaggomitola un filo.
la tua memoria; un filo s'addipana.
Ne tengo ancora un capo; ma s'allontana

la casa e in cima al tetto la banderuola 

affumicata gira senza pietà.
                     Ne tengo ancora un capo; ma la casa si allontana
Ne tengo un capo; ma tu resti sola
               e la banderuola affumicata in cima al tetto gira senza interruzione.
né qui respiri nell'oscurità.                     Ne tengo un capo; ma tu resti sola e non respiri qui (con me) nel buio.

                                                  Oh l’orizzonte che si allontana, sul quale raramente si accende la luce di una petroliera!
Oh l'orizzonte in fuga, dove s'accende 
          E’ qui il passaggio? (L’onda che si rompe riappare ancora sul precipizio che scende...)
rara la luce della petroliera!
                   Tu non ricordi la casa di questa mia sera. Ed io non so chi (di noi due) va e chi resta
Il varco è qui? (Ripullula il frangente 

ancora sulla balza che scoscende...)

Tu non ricordi la casa di questa 

mia sera. Ed io non so chi va e chi resta.



                                                                               La casa dei doganieri (lettura di Franco Graziosi).m4a
febbraio 23, 2011




L’ispiratrice di questa poesia, scritta nel 1930, è Annetta (o Arletta), una ragazza che Montale frequentò in gioventù, al
tempo dei soggiorni estivi a Monterosso. Molto tempo è passato da allora, e Annetta è scomparsa dalla vita del poeta:
Montale si ricorda della casa dei doganieri , di Annetta, e le invia una desolata cartolina d’amore con questi versi che
riprendono il tema della memoria e della fuga del tempo. La casa alta sulla scogliera, circondata dall'aspro paesaggio
ligure, con quella banderuola che gira ininterrottamente, testimonia la difficoltà di comunicare, di amare, d'instaurare un
rapporto che resista al tempo. E l'interrogativo del poeta, teso in questa disperata ricerca, è sempre il medesimo: il
varco (la salvezza) è qui?

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  • 1. febbraio 23, 2011 La poetica dell'oggetto prof.Luca Gervasutti
  • 2. febbraio 23, 2011 Eugenio Montale è stato uno dei massimi poeti del Novecento. Nella sua lunghissima carriera di poeta ha saputo dare un'originale interpretazione alle inquietudini dell'uomo contemporaneo, ispirandosi ai maestri del Simbolismo e del Decadentismo, rendendo estremamente attuali le loro innovazioni; allo stesso tempo, la sua influenza sui poeti italiani successivi è stata notevolissima. Nato a Genova nel 1896, dove compì gli studi classici, Montale trascorse infanzia e giovinezza tra il capoluogo ligure e il paese di Monterosso, nelle Cinque Terre. Nel 1927 si trasferì a Firenze, prima collaboratore dell’editore Bemporad e in seguito direttore del Gabinetto Scientifico Letterario Vieusseux, posto da cui fu allontanato nel '38 per antifascismo. Mentre la sua fama di poeta cresceva, si dedicò anche a traduzioni di poesie e testi teatrali, soprattutto inglesi. Dopo la guerra si iscrisse al Partito d'Azione e iniziò un'intensa collaborazione con varie testate giornalistiche, tra cui il Corriere della Sera, per conto del quale compì molti viaggi e si occupò di critica musicale. Nella seconda metà del secolo Montale raggiunse una fama internazionale, attestata anche dalle numerose traduzioni di sue poesie in svariate lingue; nel 1967 fu nominato senatore a vita e nel 1975 gli fu conferito il Nobel per la letteratura. Morì a Milano il 12 settembre 1981.
  • 3. febbraio 23, 2011 La sua prima raccolta, Ossi di Seppia, fu pubblicata nel 1925 e raccoglie versi che Montale compose a partire dal 1916 (i primi in assoluto furono quelli di Meriggiare pallido e assorto ). Tema centrale delle poesie che compongono questa raccolta dal titolo allusivo (gli ossi di seppia come gusci vuoti, morti, che il mare riporta a riva) è il male di vivere, la coscienza della sconfitta dell'uomo irrimediabilmente prigioniero di un mondo di cui gli sfuggono le premesse e le conseguenze. E' l'angoscia, dunque, che spinge Montale a scrivere. L'angoscia e la coscienza dell'inutilità di ogni battaglia; tuttavia questa consapevolezza non gli fa assumere un atteggiamento rassegnato. La certezza della sconfitta non presuppone l'abbandono della speranza: se non è possibile trovare una risposta all'inutilità del vivere, è necessario conservare almeno l'aspirazione a che questo possa un giorno avvenire.
  • 4. febbraio 23, 2011 Un nuovo conflitto mondiale era alle porte quando nel 1939 Montale pubblicò la sua seconda raccolta poetica: Le Occasioni . L’artista si estrania dal contatto con la realtà sociale, rifugiandosi nella letteratura che diventa un baluardo contro la rozzezza e la grossolanità delle ideologie imperanti, ma anche contro il dilagare della civiltà di massa. Protagoniste della poesia montaliana sono ora le figure femminili: a loro il poeta affida gli unici segnali di salvezza possibile. L’uomo, nella propria solitudine, cerca una precaria consolazione nel ricordo dei momenti dolci e sereni vissuti con le donne. Ma la memoria è fragile, il tempo oscura la mente. E’ proprio questo il tema di “Non recidere, forbice, quel volto”, il testo più famoso della sezione dei Mottetti: con questo termine, tratto dal linguaggio musicale, Montale indica una forma di poesia breve, caratterizzata da un’alta concentrazione espressiva e da una raffinata elaborazione formale.
  • 5. febbraio 23, 2011 Non recidere, forbice, quel volto, Non tagliare, forbice, il ricordo di quel volto, solo nella memoria che si sfolla, sopravvissuto nella memoria che si va svuotando della gente non far del grande suo viso in che ha conosciuto, ascolto fa’ che il suo grande viso proteso in ascolto non venga inghiottito dalla nebbia che sempre sfuma e cancella il la mia nebbia di sempre. ricordo. Un freddo cala...Duro il colpo Il freddo e implacabile colpo dell’accetta recide la cima della svetta. pianta. E l'acacia ferita da sé scrolla E l'acacia ferita lascia cadere il guscio di cicala le spoglie della cicala nella prima belletta di Novembre. nella fanghiglia di Novembre. Il poeta chiede alla forbice di non rovinare il ricordo che sta emergendo a fatica nella memoria; non lo taglino, come fa invece l’accetta quando recide la vetta dell’acacia: dai rami si stacca allora il guscio vuoto della cicala, simbolo del passaggio dall’estate ai primi freddi autunnali.
  • 7. febbraio 23, 2011 La bufera Durante gli anni della seconda guerra mondiale Montale compone i versi raccolti ne La bufera e altro, che secondo il critico Franco Fortini sono tra i più difficili (in virtù di un recupero di Mallarmé e dei simbolisti francesi). L'eco del conflitto, qui, arriva a malapena; sembra che gli orrori e le morti non possano incidere ulteriormente su un pessimismo esistenziale già portato alle sue estreme conseguenze. Ciò non ha mancato di deludere quanti si attendevano dal poeta un impegno civile decisamente più vistoso, dato che durante la dittatura la sua poesia era stata considerata da molti una via di scampo ai toni trionfalistici del regime fascista. Il pessimismo di Montale è ora venato da una sottile ironia, probabilmente legata alla sua età. Con il distacco di un vecchio, infatti, il poeta cede il passo ai toni sarcastici con cui fustiga la società moderna, imbevuta di falsi miti e chiacchiere inutili.
  • 8. febbraio 23, 2011 La funzione della poesia Cosa può offrire all'uomo, allora, la poesia? Qualche storta sillaba e secca come un ramo, dice Montale. Non certo risposte, né certezze. Tutt'al più la coscienza di ciò che non siamo e di ciò che non vogliamo. La poesia ha valore in quanto documento del male di vivere: essa è una forma di conoscenza, ha il compito di indagare questa terribile condizione dell’uomo, assumendo il valore di una insostituibile "testimonianza". Da queste premesse scaturiscono le scelte e le intuizioni tecniche del poeta; il quale, rifuggendo da uno stile alto e aulico, mira a trovare una rappresentazione simbolica al dato oggettivo; Montale vuole riuscire a evocare un'emozione attraverso la precisa descrizione di fatti e oggetti del mondo reale (come, ad esempio, nei famosi versi di Meriggiare pallido e assorto : E andando nel sole che abbaglia / sentire con triste meraviglia / com'è tutta la vita e il suo travaglio / in questo seguitare una muraglia / che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia).
  • 9. febbraio 23, 2011 Meriggiare pallido e assorto Meriggiare pallido e assorto presso un rovente muro d’orto, ascoltare tra i pruni e gli sterpi schiocchi di merli, frusci di serpi. Nelle crepe del suolo o su la veccia spiar le file di rosse formiche ch’ora si rompono ed ora s’intrecciano a sommo di minuscole biche. Osservare tra frondi il palpitare lontano di scaglie di mare mentre si levano tremuli scricchi di cicale dai calvi picchi. E andando nel sole che abbaglia sentire con triste meraviglia com’è tutta la vita e il suo travaglio in questo seguitare una muraglia che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia. (Eugenio Montale, Ossi di seppia)
  • 10. febbraio 23, 2011 La poetica Montale ha accompagnato la sua opera di poeta con una intensa meditazione critica sui suoi strumenti espressivi. L’argomento della sua poesia è la condizione dell’uomo in sé considerata; non questo o quell’avvenimento storico; ciò non significa estraniarsi da quanto avviene nel mondo, significa solo coscienza, e volontà, di non scambiare l’essenziale con il transitorio. Montale occupa, nella cultura del Novecento, un posto preminente come testimone profondo della crisi del nostro tempo e come interprete originalissimo, per la sua sensibilità e le sue soluzioni stilistiche, della condizione spirituale dell’uomo moderno.
  • 11. febbraio 23, 2011 La poetica delle cose In Ungaretti la parola si propone di esprimere sensazioni indefinite e indeterminate, accostando fra loro realtà antitetiche mediante l’uso dell’analogia. La parola di Montale, al contrario, non allude, ma indica con precisione oggetti definiti e concreti, stabilendo fra questi una trama di relazioni complesse. Alla "poetica della parola" di Ungaretti si oppone così la "poetica delle cose" di Montale. La scelta del poeta ligure cade poi sulle "piccole cose", sugli elementi di una realtà povera e comune che l’uomo può in ogni momento trovare intorno a sé, soprattutto nella natura. Ma Montale non guarda a questa natura con gli occhi ingenui e innocenti del "fanciullino" pascoliano; gli oggetti, le immagini e le voci della natura diventano per lui emblemi in cui è trascritto, in forme oscure e cifrate, il destino dell’uomo, nelle sue rare gioie e speranze, ma soprattutto nell’infelicità di una condizione esistenziale che non può offrire certezze né illusioni.
  • 12. febbraio 23, 2011 Il correlativo oggettivo Montale non parla per astrazione, ma parte sempre da un dato reale, da oggetti, che, in una precisa occasione, gli si offrono come segnali per interpretare la realtà. Anche i sentimenti e i concetti più astratti trovano la loro definizione ed espressione (il loro corrispettivo, risultando così "correlati") in "oggetti" ben definiti e concreti. Un esempio molto chiaro è offerto dalla poesia " Spesso il male di vivere ho incontrato", in cui questa terribile condizione esistenziale è presentata non in forma concettuale, ma come un incontro diretto, realmente accaduto lungo il percorso della vita, identificandosi in alcune presenze concrete ("il rivo strozzato", "l’incartocciarsi della foglia", "il cavallo stramazzato"), in cui viene tangibilmente rappresentato.
  • 13. febbraio 23, 2011 Spesso il male di vivere ho incontrato Spesso il male di vivere ho incontrato: era il rivo strozzato che gorgoglia, era l'incartocciarsi della foglia riarsa, era il cavallo stramazzato. Bene non seppi, fuori del prodigio che schiude la divina Indifferenza: era la statua nella sonnolenza del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato. (Eugenio Montale, Ossi di seppia)
  • 14. febbraio 23, 2011 Non chiederci la parola Non chiederci la parola che squadri da ogni lato l'animo nostro informe, e a lettere di fuoco lo dichiari e risplenda come un croco perduto in mezzo a un polveroso prato. Ah l'uomo che se ne va sicuro, agli altri ed a se stesso amico, e l'ombra sua non cura che la canicola stampa sopra uno scalcinato muro! Non domandarci la formula che mondi possa aprirti, sì qualche storta sillaba e secca come un ramo. Codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo. (Eugenio Montale, Ossi di seppia)
  • 15. febbraio 23, 2011 Addii, fischi nel buio, cenni, tosse e sportelli abbassati. È l'ora. Forse gli automi hanno ragione. Come appaiono dai corridoi, murati! .................... - Presti anche tu alla fioca litania del tuo rapido quest'orrida e fedele cadenza di carioca? - Addii, fischi nel buio, cenni, tosse e finestrini abbassati. È l'ora (della partenza). Forse gli automi hanno ragione. Come appaiono dai corridoi (del treno), sepolti (vivi)! .................... - Anche tu attribuisci al debole suono lamentoso del tuo treno questo terribile e insistente ritmo di (danza) carioca? -
  • 16. febbraio 23, 2011 La donna angelo Il tema dell’opposizione della donna all’inferno della città e a una storia sempre più degradata è sviluppato sino alle estreme conseguenze nelle Occasioni e si concentra nel mito di Clizia, la protagonista della lirica precedente. Nel 1933 era comparsa nella vita di Montale Irma Brandeis , una giovane studiosa americana: la donna prende il nome mitologico di Clizia ed è associata al simbolo del girasole. Clizia ha gli attributi contrastati del fuoco e del gelo e incarna i valori umanistici della cultura minacciati dalla barbarie fascista. Clizia diventa la nuova Beatrice e assume connotati soprannaturali: è la donna-angelo che scende dalle “alte nebulose” a visitare il poeta nella poesia successiva, “ Ti libero la fronte dai ghiaccioli ”, dove la fronte rinvia alla decisione e al coraggio e le ali alla natura sovraumana del valore che la donna rappresenta.
  • 17. febbraio 23, 2011 Ti libero la fronte dai ghiaccioli Ti libero la fronte dai ghiaccioli della condensa che raccogliesti traversando l’alte nebulose; hai le penne lacerate che si formò quando attraversasti dai cicloni, ti desti a soprassalti. le nuvole alte; hai le penne lacerate dai cicloni, ti risvegli con affanno. Mezzodì: allunga nel riquadro il nespolo l’ombra nera, s’ostina in cielo un sole freddoloso; e l’altre ombre che scantonano E’ mezzogiorno: nel riquadro della finestra il nespolo allunga nel vicolo non sanno che sei qui. la sua ombra nera, si ostina in cielo un sole freddoloso; e le altre figure umane che passano veloci nel vicolo non sanno che sei qui. In questi versi composti nel 1940 Montale immagina che Clizia (che si trova negli Stati Uniti) torni da lui, volando attraverso lo spazio, come un angelo. Ma è una donna fragile, Clizia, e bisognosa di tenerezza: la sua esistenza misteriosa è ignorata dalle persone la cui ombra si intravede dalla casa del poeta; e lui custodisce gelosamente il segreto di quell’improvvisa apparizione. Ti libero la fronte dai ghiaccioli.m4a
  • 18. febbraio 23, 2011 La casa dei doganieri Tu non ricordi la casa dei doganieri 
 Tu non ricordi la casa dei doganieri sul rialzo a strapiombo sulla scogliera: 
 (che stava) su un rilievo a picco sulla costa di scogli: desolata t'attende dalla sera
 ti aspetta abbandonata dalla sera in cui v'entrò lo sciame dei tuoi pensieri 
 in cui vi entrò la ricchezza dei tuoi pensieri e vi sostò irrequieto. e vi si fermò con inquieta vivacità. 
 Il vento Libeccio colpisce da anni le sue vecchie mura Libeccio sferza da anni le vecchie mura 
 e il suono del tuo riso non è più felice: e il suono del tuo riso non è più lieto: 
 la bussola si muove senza senso da una parte e dall’altra la bussola va impazzita all'avventura 
 e la somma dei dadi non è più corretta. e il calcolo dei dadi più non torna. 
 Tu non ricordi; una diversa dimensione temporale distrae la tua memoria; Tu non ricordi; altro tempo frastorna
 si riaggomitola un filo. la tua memoria; un filo s'addipana. Ne tengo ancora un capo; ma s'allontana
 la casa e in cima al tetto la banderuola 
 affumicata gira senza pietà.
 Ne tengo ancora un capo; ma la casa si allontana Ne tengo un capo; ma tu resti sola
 e la banderuola affumicata in cima al tetto gira senza interruzione. né qui respiri nell'oscurità. Ne tengo un capo; ma tu resti sola e non respiri qui (con me) nel buio. Oh l’orizzonte che si allontana, sul quale raramente si accende la luce di una petroliera! Oh l'orizzonte in fuga, dove s'accende 
 E’ qui il passaggio? (L’onda che si rompe riappare ancora sul precipizio che scende...) rara la luce della petroliera!
 Tu non ricordi la casa di questa mia sera. Ed io non so chi (di noi due) va e chi resta Il varco è qui? (Ripullula il frangente 
 ancora sulla balza che scoscende...)
 Tu non ricordi la casa di questa 
 mia sera. Ed io non so chi va e chi resta. La casa dei doganieri (lettura di Franco Graziosi).m4a
  • 19. febbraio 23, 2011 L’ispiratrice di questa poesia, scritta nel 1930, è Annetta (o Arletta), una ragazza che Montale frequentò in gioventù, al tempo dei soggiorni estivi a Monterosso. Molto tempo è passato da allora, e Annetta è scomparsa dalla vita del poeta: Montale si ricorda della casa dei doganieri , di Annetta, e le invia una desolata cartolina d’amore con questi versi che riprendono il tema della memoria e della fuga del tempo. La casa alta sulla scogliera, circondata dall'aspro paesaggio ligure, con quella banderuola che gira ininterrottamente, testimonia la difficoltà di comunicare, di amare, d'instaurare un rapporto che resista al tempo. E l'interrogativo del poeta, teso in questa disperata ricerca, è sempre il medesimo: il varco (la salvezza) è qui?