Brembate e il suo santuario di S. Vittore.
Appunti per la storia con l'aggiunta di brevi cenni biografici del sac. cav. Pietro Luigi Todeschini e della vita e martirio di San Vittore.
Editrice S. Alessandro, Bergamo, 1938
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PRO RESTAURI Al SACRARIO
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BREMBATE I
E IL SUO SANTUARIO
DI S. VITTORE
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S. A. EDITRICE S. ALESSANDRO - BERGAMO - 1938-XVI
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Appunti per la storia
con l'aggiunto di brevi •
cenni biografici del
Sac. Cav. Pietro Luigi Todeschini
e della vita e
di San
;
3. ALLA MEMORIA
DELL’INDIMENTICABILE PRETE-SOLDATO
Cav. PIETRO LUIGI TODESCHINI
EROICO CAPPELLANO DEI « LUPI DI TOSCANA »
CHE
IN UNDICI ANNI DI MINISTERO PASTORALE
COMPIUTO IN BREMBATE SOTTO
SULLE ORME E COLLO SPIRITO DI S. VITTORE
RINNOVO’
NELLE BATTAGLIE INCRUENTE PER LA CAUSA DEL BENE
GLI EROISMI E GLI ARDIMENTI
COMPIUTI SUI CAMPI INSANGUINATI DEL CARSO
PER ACCENDERE IN OGNI CUORE
L’AMORE DI CRISTO E DELLA PATRIA
CHE
NEL SUO GRAN PETTO D’APOSTOLO
DIVAMPO’ INESTINGUIBILE
Sac. Cav. Pietro Luigi Todeschlnl
4. PERCHÈ QUESTO LIBRO?
Carissimi Parrocchiani,
(
I
J
Quando si trattò di ristampare i brevi cenni biogra
fici e le preghiere in onore del nostro S. Vittore, mi ven
ne un’idea: di unire anche un colpitolo che ricordasse
in particolare l’indimenticabile Parroco Don Todeschi-
ni, che riposa ora nel Sacrario costruita proprio nel
Santuario dì S. Vittore.
A questo ero indotto anche dal fatto che il bel volu
metto contenente la sua biografia, scritto subito dopo
la sua morte, è esaurito.
Ma un’idea tira l’altra, e dissi tra me: Se il Parroco
è il padre della grande famiglia che è la Parrocchia, per.
che non aggiungere almeno i nomi degli altri Parroci, ed
alcuni cenni delle vicende della Parrocchia?
Mi decisi definitivamente quando trovai nell'archi
vio parrocchiale un bel faldone contenente copiose noti
zie riguardanti il paese, la parrocchia e i parroci, rac
colte pazientemente dal Rev.mo Don Andrea Poloni,
mentre egli era Coadiutore Parrocchiale tra voi.
Ma le notizie raccolte erano troppe per essere ripor
tate tutte nel presente libretto che, per mole e prezzo,
deve essere accessibile a tutti; ed insieme erano troppo
incomplete per farne un volume che si potesse intito
lare: « Storia di Brembate Sotto ».
5. PARTE PRIMA
STORIA CIVILE
Il vostho Parroco
8 —
Rimettendo perciò ad altro tempo il completamento
e la eventuale pubblicazione di tali notizie, ne scelsi al
cune fra le principali riguardanti il paese, la Parroc
chia e i suoi Parroci, e le raccolsi nel presente volumet
to che presento ora a voi, carissimi parrocchiani.
Esso non è che la storia della vostra famiglia, per
chè la Parrocchia non è che l’ampliamento della fami
glia. Non tutti certo i paesi possono vantare, come il no
stro, una storia gloriosa, degna veramente d’essere ricor
data e per la sua antichità e per le nobili e distinte fa
miglie che qui abitarono e soprattutto per la fortuna di
avere il nostro paese dato asilo ad uno dei più gloriosi
martiri della fede: S. Vittore Mauritano.
E se è vero che la storia è maestra della vita, quanto
maggiormente ci sarà maestra questa storia che più da
vicino ci tocca! Quanti avvenimenti tristi e lieti si sotto
svolti sul nostro suolo! Quante glorie, quanti sacrifici,
quante lagrime! Quanti esempi di persone a noi lontane
e vicine, che uscirono dalla nostra famiglia, dalle case
che noi abitiamo, che sudarono sui nostri campi, pre
garono nella nostra chiesa, e ci tramandarono il patri
monio di fede e di vita cristiana che noi godiamo!
Ricevete con gioia quindi questo libretto, e legge
telo volentieri! E dinanzi ai fulgidi esempi del nostro
inclito S. Vittore, e dell’indimenticabile Don Todeschini
rinnoviamo al Signore la promessa di essere non indegni
figli di padri così generosi, ma di conservare costante-
mente il loro spirito, e di vivere così da meritare di rag
giungerli un giorno nella patria del cielo!
Brembate Sotto, Novembre 1938.
6. Cm’o f
CENNI STORICI SUI, PAESI
I ! Nome
;
SSitt » .‘Si.’ì6.'£*
Il limile lirembo li.i denominalo aspi-ali ulto«Ine pae
si: ì'renibtlc’ Sotto ■> /n/i’rior.s e BreviLut-' Sopra o St«-
[tenore. Ecco che rosa dice a proposito lo stoi-ieci -Giov.
Massi: « Questo fiume, il IJrenibo, diede origina miche
u tlenominoKioiit locai! per k- len-e posto ad esso Tiri
ne.... due nostri villaggi.... distinti cui nome di lire-m-
botarti.
>< Anche «pii, comi- fio già fallo piu- Biniate riunisco
le eiliisioiri dulie quali non si -oinpretidc di quale di
questi due villaggi si traili, poiché due ve ne hanno
sullo sponda del Bramila, alla disiane» dì min meno di
13 Km. l’uno dnll’ahro die pollano lo sleito nome <•
che unti sono distinti che per la qualifica di Inferiore e
Supcriore ». (’)
« Il nome dì questi due villaggi entra nel novrro <ìi
quei nomi in aie essenzialmente propri delia Lc.xnhar-
dia che importano allineila o relazione col luogo dal
7.
8. Primordi storici
12 -
— 13
in causa
Una notizia estratta dalla Bibbia ambrosiana dice:
« Addì 24 gennaio 1404 una grandissima quantità di
guelfi di S. Martino venne al luogo di Brembate Infe
riore in tempo di notte e introrno in detta terra e la
abruciorno eccetto il Castello di Brembate, e presero
Simone Tasca da. Medda e altri tre da Brembate et uc
cisero un figlio di detto Simone ed altri tre di detto
luogo ».
Castello Castelli nelle sue memorie dice: « Nel 1404
cui nome derivano; quindi per la vicinanza al Brembo,
ciascuno di essi fu chiamato Brembatum. (‘)
E dal Dizionario Odeporico di Giov. Maiioni da
Ponte si ha « Brembate di sotto » per distinguerlo dal
l’altro detto « di sopra » che trovasi del pari lungo il
Brembo, molto superiormente, è un considerabile villag
gio posto all’estremità meridionale del distretto di Ponte
S. Pietro (una volta chiamato dell’isola) dal quale di
pende ». (’).
Sarebbe curioso sapere se la borgata di Brembate
Sotto sia anteriore o posteriore per origine all'altra
e se quindi la parola aggiunta « Inferiore » l’abbia
presa perchè già esisteva un « Brembate Superiore »,
oppure se sia avvenuto il contrario. Pare che invece di
Inferiore nei primi tempi si chiamasse Brembate di
S. Vittore per distinguerla dall’altra.
nel giorno 26 luglio, Grignano fu abbruciato i
di una battaglia fra bergamaschi e alleati » (').
Questa notizia viene a confermare l’altra che ri
guarda Brembate e dice della devastazione subita da
questi nostri villaggi in quel tempo. Di più dalle sud
dette notizie ci viene assicurato che Brembate al prin
cipio del 1400 era già un villaggio distinto e oggetto
quindi di assalto da parte di nemici: che inoltre vi era
un castello già abitato dalla Nobile Famiglia Tasca da
Meda.
Risalendo ancor più oltre il 1400 lo storico Lupi (’)
parla dei beni di Brembate donati da Ottone 1° Impera
tore al Vescovo di Bergamo, Mona. Olderico, beni o
fondi che erano prima di diritto di re Berengario 11° e.
di sua moglie, e questo precisamente nell’anno 962-963.
Dall’atto di donazione si rileva che Brembate a
quel tempo, era già paese conosciuto e distinto proprio
sotto il nome di Brembate di S. Vittore; che inoltre
era una delle possessioni private o ville del re longo
bardo Berengario 11° e sua moglie.
Non abbiamo più notizie storiche scritte che ci
portino più indietro, vicino ai tempi di S. Vittore. Ab
biamo però la tradizione non mai smentita che segna la
grotta dove S. Vittore ebbe a dimorare per alcun tem
po, fuggendo al persecutore Massimiano; tradizione che
non deve esser trascurata perchè ha dato vita ad una
chiesa, o santuario, che risale oltre il mille (la chiesina
sotterranea) e probabilmente proprio ai tempi di pace
9. Vicende militari e politiche
(1) Ronchetti, anno 1376.
14 — - 15
dettagliate notizie e sarà
seguito a fatti e persone
paese un posto distinto.
Il Castello
e libertà della Chiesa ottenuta dopo la sconfitta di
Berengario 11° per opera di Ottone 1° imperatore.
si può affermare, senza tema di
o fu fabbricato
difesa contro l’invasione dei
Berengario H° dal
orivati.
guardi, (■)
I nostri antenati furono coinvolti in tutte le guerre
di partito che infestarono il bel suolo lombardo, specie
dopo il mille.
Nell’anno 1228 non vi fu tranquillità nel territorio.
Riferisce il Ronchetti che il 13 maggio seguì una san
guinosa mischia tra le due famiglie dei Colleoni e dei
Sesso e lor partigiani, fra il Ponte di S. Vittore e Brem-
solarono tutta la regione bergamasca ». (Lotte fra Guel
fi e Ghibellini).
Che il Capitano Tomaso Tasca abbia abitato nel
Bergamasco e probabilmente nel Castello di Brembate
verso il 1450 pare provato dall’antico albero genealo
gico, esistente in casa Tasca, dove si trova scritto: « To-
mas T. anno 1452 - 2 Mail in actis Antonii de Cerro
Notori Bergami ». Il suddetto documento prova altresì
che Tomaso Tasca non fu il primo di detta famiglia che
e venne ad abitare sul Bergamasco, e,
>babilità, a Brembate.
ì famiglia Tasca si trovava sul bergama-
II Barnabita Cosimo Galeazzo Scotti (professore di
belle lettere in Cremona al principio del secolo scorso)
che ha scritto tre libretti di novelle morali intitolati
« Le giornate del Brembo » dice a riguardo del Castello
di Brembate: « che fu alzato fin da quando a reprimere
le annuali scorrerie dei barbari della Pannonia, furo
no, quasi in ogni terra, sotto il secondo Berengario,
fabbricati dei forti e delle torri ».
I nostri castelli qui nei dintorni risalgono quasi
tutti a quel tempo, e
smentita, che il castello di Brembate
dai Signori del luogo per
Longobardi, o fu innalzato dal re
950 a 962 a custodia dei suoi beni privati.
Tale Castello fu posseduto dai Suardi, (') ma a ca
gione delle varie vicende militari di quei tempi, esso
passò anche in mano d’altri, attraverso numerose vi
cende.
« Brembate Sotto col suo Castello, dice lo storico
Angelo Mazzi, è ricordato spesso in cronache nel pe
riodo comunale (che incomincia verso il mille) per fat
ti d’armi ivi avvenuti. Nel secolo XIV (1300-1400) ebbe
assai a soffrire per le turbolenze che in strana guisa de
partì da Meda
con molta prol
La nobile
: probabilmente già in Brembate Sotto, al princi-
lel secolo XIII.
Da Tomaso discese Jacobus, che per primo della
famiglia Tasca portò il titolo di Nobile (1484 — in actis
Jacobi Tasche de Meda Notarli Bergami). Da questo
tempo in avanti della nobile famiglia in parola si hanno
perciò possibile accennare in
che tengono nella storia del
10. Il paese raso al suolo
(I) Calvi, Effemeride Sacro profana.
i
16 — — 17
lassò sul no-
ute di Sotto,
bate di Sotto, e
dati e molti furono g
Nel 1299 i breml
Il Duca di Calabria gettato un ponte a Cassano il
27 luglio 1482 portò il suo esercito sulla sinistra del-
l'Adda indi direttolo verso settentrione pel fosso Ber
gamasco entrò nello Stato Veneto. E, sorpreso Brembo-
te Inferiore, facendo marciare l’esercito su ambe le
sponde del Brembo, ebbe per un momento la speranza
di far prigioniero il Sanseverino che s’era appostato in
Ponte S. Pietro a cavaliere del fiume, forse in attesa di
tentare qualche colpo decisivo.
Ma la perdita di Brembate Inferiore e di Trezzo
aveagli fatto ravvisare per tempo quanto fosse insoste
nibile la sua posizione... Quando si seppe a Bergamo
che il Duca di Calabria aveva passata l’Adda, furono
portando ovunque andavano, il guasto, il fuoco, la mor
te a rovina dei Ghibellini. Per questo al sommo ina
sprito il Duca Giov. Maria Visconti nell*Aprile spedì il
suo esercito sotto il comando di Jacopo dal Verme e di
Galeazzo Gonzaga di Mantova, composto di cinquemila
cavalli, una gran quantità di fanti e più di mille gua
statori, con gran numero di carri carichi di legnami e
più di cinquecento bastie fatte in Milano, molte bom
barde, ordigni e macchine per piantar ponti sull’Adda.
Posero questi generali assedio a Trezzo dalla parte
del Milanese e vi piantarono attorno alcune bastie o
piccole fortezze di legno. Frattanto che si trattenne il
Dal Verme all’assedio, Galeazzo Gonzaga pas
stro territorio ove prese i castelli di Brembate
di Marne, di Suisio e di Ghignalo.
che dei secondi molti rimasero truci-
gittati in Brembo.
ibatesi parteciparono ai moti contro
Matteo Visconti, conchiusi colla pace del Luglio dello
stesso anno.
Nell’agosto 1399 si ebbe un po’ di pace, per opera
di predicatori che sopirono alquanto gli odi tra guelfi
e ghibellini.
Purtroppo la pace predicata con tanto frutto durò
non sospirava che
a duri padroni;
i Signorotti dei vari
nelle loro beghe di
poco e non per causa de] popolo che
pace, pane e lavoro pur stando sotto
ma per causa della prepotenza dei
castelli che trascinavano il popolo i
partito.
Nel gennaio del 1404 una grossa compagnia di guel
fi della Valle di S. Martino entrò di notte tempo nella
terra di Brembate di Sotto e totalmente la distrusse col
fuoco, ammazzando quattro Ghibellini ed altrettanti fa
cendo prigionieri. (1).
In detta lotta fu preso un certo Simone Tasca da
Meda e fu ucciso un suo figliuolo...
Lo storico Castello Castelli parla probabilmente an
ch'egli di quella lotta e Ja pone in data 21 gennaio 1405.
Gravissimi danni cagionarono i Guelfi al territorio
bergamasco nel marzo 1406, essendosi uniti ai nazionali
ottocento della Compagnia del Malatesta tra i quali era
Giov. Piccinino.
Nè mancarono di fare lo stesso le genti di Trezzo
11. Conseguenze delle lotte
18 - i. — 19
(1) Celestino Sac. Cappuccino, Historia Quadripartita di Ber
gamo et suo territorio nato Gentile e rinato Cristiano.
(2) Secondo un altro racconto invece il contestabile Pedrino de’
Ià^7d71abSiX^0’dTVe:elbe S'a,° 6 d°P°
/
mandati 60 uomini a rafforzare la guarnigione di Brem-
bate Inferiore, la quale terra fu subito perduta per col
pa di Pedrino loro contestabile e venne rasa al suolo,
nel 1484.
Furono gravi per certo i danni e inestimabili le
sciagure che patì il contado di Bergamo nella passata
guerra. Ma Brembate Inferiore n’ebbe più che la parte
sua, essendo stato dagli avversari distrutto affatto ed i-
spianato, come attestarono i Rettori al Principe, il qua
le avuto per questo riguardo alle calamità degli abitanti
affinchè potessero ristorarlo, li assolse per anni sei dai
dami. (1).
In questa distruzione del paese sembra compresa
anche la parte propria del Castello. Nulla venne rispar
miato dalla ferocia dei nemici. Si capisce che avevano
qui trovato da parte degli abitanti una resistenza non
comune, e per questo la fecero loro pagar cara quando
vi poterono entrare, per la viltà e l’estro del contesta
bile Pedrino de’ Lupi che tutti consegnò in mano loro
con tradimento. (2).
Con tutta probabilità anche il famoso convento di
S. Margherita delle benedettine venne distrutto in que
sta guerra, perchè da qui innanzi non si trova più di
esso memoria.
I fatti d’armi successi in seguito nel secolo XVI
(1500-1600) riguardano l’interminabile contesa coi Tre-
vigliesi per le famose roggie Moschetta e Vignola.
Non solo dalla guerra furono tormentati e provati
duramente i nostri antenati, ma anche dalla fame e dal
la peste.
La guerra ha portato sempre per conseguenza pri
ma la fame. E fu così in special modo nei secoli scorsi.
Per quante decine d’anni i campi di Brembate rima
sero incolti o ma] coltivati per mancanza di braccia che
la guerra continuamente domandava! E quante volte
lo scarso raccolto fu devastato dalle scorrerie dei sol
dati che pur non portando il nome di Vandali ne ave
vano ereditato lo spirito!
E la fame batteva ad ogni porta e mieteva vittime.
Le vittime della fame non rare volte poi portavano un
altro terribile male, la peste. Allo svolgersi di questa
epidemia poi concorreva molto la mancanza di pulizia
personale e degli ambienti, la scarsità e la poca fiducia
nei mezzi di disinfezione e di preservazione.
Abbiamo notizia che le carestie del 534 e 539 qui da
noi fecero morire di fame intere famiglie. Dado, Arci
vescovo di Milano attesta che « Nel 586 fu da gennaio
fino a settembre tanta secchezza e fame in tutta Italia,
che d’immatura morte perirono molte migliaia di per
sone per la fame e per la sete » e « Nell’anno 590 vi
fu crudelissima peste per la quale morirono misera
mente infinite persone... ».
Ma veniamo più vicini ai nostri tempi.
« Nel 1348 fu crudele e grandissima peste che durò
tre anni continui in maniera che a pena d’ogni mille per
sone, ne avanzarono dieci vive...
12. “I
(1) Canta, Storia del popolo.
20 -
> - 21
: ragione della peste, come avvenne del resto in
seimc parrocchie ».
un sign
bravi, liberali
a prostr
o per
moltiss
di Brembate fu
la del 1630.
E’ vero che nell’Archivio di Brembate non si tro
vano particolari notizie di detta peste, ma la scomparsa
di ogni carta d’Archivio e d’ogni registro di nati c mor
ti, (eccetto un elenco di pochissimi fogli) fa pensare alla
distruzione di tutte le vecchie carte proprio per timore
Vita infelice nelle campagne
Talmente esorbitavano le taglie che molti abban
donavano i poderi, altri lasciavansi deserti per decreto
come roba di ribelli; altri erano predati dalle truppe e
dai ladri, da fragorose cacce di padroni. Inoltre dove-
vansi tollerare soldati, ladri, ubbriaconi, spesso infetti
di peste; più indisciplinati perché non pagati puntual
mente, sicché per sottrarsi al saccheggio i comuni dove
vano dare foraggio e denari... I banditi scorazzavano
per la campagna, principalmente presso ai confini. Bi
sognava tener sentinelle sui campanili e come s’avvici
nassero era ordine: « a tutte le terre et huomini gene
ralmente e particolarmente che si levino in aiuto a fa
vor degli ufficiali della giustizia, diano campana a mar
tello, serrino le porte, corrano alle strade e ai passi di
campagna e facciano ogni sforzo possibile acciò li bravi,
vagabondi, malviventi non possano sfuggire il castigo
che meritano ».
Di rado incontravasi un signore a piedi, sempre cou
codazzo di servi e bravi, liberali d’insulti alla plebe. (1).
Il popolo educato a prostrarsi silenzioso e stupi
do sotto l’estremità dei suoi mali non conosceva virtù
maggiore che la sommessione infingarda. Il volgo ope
raio sprovveduto di arti, « scarso di pane, tremava del
re lontano e del governatore vicino, tremava della cor
da e della forca piantata su tutte le piazze, tremava
dei birri e del padrone ».
« Intorno al 1356 caderono dal cielo cavallette in
copiosissimo numero, le quali mangiando e rovinando
le frondi e le biade ai mortali recarono fame tale che
furono costretti uomini pur assai a pascersi di cibi inu
mani; dalla corruzione e puzza delle quali (cavallette)
usci una peste così esecrabile che per tre anni continui
incrudelì talmente che di dieci uno appena scampavane.
Laonde restarono abbandonate e diserte assai ville, ca
stelli e Municipi ».
Altre pestilenze seguirono: negli anni 1361, 1402,
1450, 1468; terribile fu la peste del 1576, la cosidetta
peste di S. Carlo così denominata perchè detto Santo ne
fu l’Angelo Consolatore, il padre pietoso che' di tutto
si privò per soccorrere i figli abbandonati e finalmente
la peste del 1630.
Nella storia della peste L. Ghirardelli scrive:
« L’anno scorso (1630) morirono per la peste 56.897
persone (di cui 9500 in città e il resto nei paesi): 26
mila uomini e 30 mila e più donne.
Attacchi di peste e colera avvennero anche in seguito
fino si può dire all’ultimo secolo sebbene con minore fre
quenza e meno strage.
In quelle epidemie terribili anche la popolazione
n ' spesso più che decimata, specie in quel-
13. I
Capo II
RICCHEZZE NATURALI
22 —
I
1
II ceppo di Brembate
La superficie del terreno di Brembate Sotto è co-
perla d’un terriccio leggero, ghiaioso, ma che risponde
prontamente alla mano operosa del buon coltivatore. E’
terreno alluvionale che ci han lasciato in eredità i fiumi
Adda e Brembo quando si sono ritirati nei loro letti
attuali.
Sotto questo terriccio che varia secondo i luoghi (da
pochi decimetri in alcuni posti, ad alcuni metri in altri)
sta il famoso Ceppo di Brembate o Puddinga. E’ una
roccia di aggregazione, un conglomerato poligenico di
ciottoli tondeggianti, di natura alluvionale di vario vo-
I pregi della Puddinga di Brembate sono: l’inalte
rabilità di fronte ad agenti atmosferici (freddo, gelo,
umidità, luce, calore) e l’indurimento anzi, dopo scavata.
Per la sua tinta calda e simpatica era materiale che pre
feribilmente si prestava per ornato di fabbriche a stile
barocco, prescelta anche perchè in pochi anni prende
una tinta che ha l’aspetto di antico.
Tale ceppo è di tre qualità distinte, facenti passaggio
14. t
?
CAVA MALVESTITO
- 23
tra di loro: rustico, puddinga bigia a ciottoli non impron
tati, avente per cemento un’arenaria a sua volta cemen
tata da calcite cristallina; non adatto per lavori fini, ai
usa specialmente per zoccoli; mezzano, puddinga analo
ga collo stesso cemento ma più copioso, così che può
considerarsi come un’arenaria intercludente scarsi ciot
toli; adatto per lavori fini (rivestimento di facciate, co
lonne eco.); gentile, arenaria pure bigia con rari ciotto-
letti, adatto anche per decorazioni e sculture.
Ebbe sempre larghissima applicazione in Lombardia.
Già nel 1600 si trova notizia di lavori eseguiti e
mandati in varie provincie. A Milano specialmente il
ceppo di Brembate è stato molto apprezzato e molti pa
lazzi (Palazzo dei Giureconsulti, Palazzo di Brera, Sede
delle Ferrovie dello Stato (già Palazzo Latta), Cassa di
Risparmio e molti altri) e lo stesso grandioso cimitero di
Musocco hanno fregi, stipiti e colonne di detto ceppo.
La grandiosa decorazione del Palazzo Municipale di Mi
lano (Palazzo Marino) è in ceppo gentile di Brembate.
Proprietari antichi delle principali cave del nostro
ceppo furono i sigg. Tasca da Meda, padroni del Ca
stello e di buona parte dei fondi di Brembate.
Poi van ricordati alla riconoscenza del paese, a cui
han dato pane e lavoro e fama rinomata per le opere
costrutte, i sigg. Carminati e Malvestito.
Si dice che in tempo in cui il cemento non era an
cora così in voga per fabbriche, Je cave di Brembate
producessero non meno di mille metri cubi all’anno.
Un’opera d’arte che non deve passar sotto silenzio,
che anzi da sola basterebbe a far pregiare le cave di
Brembate di Sotto e i suoi operai, è la stupenda facciata
15. i
— 143
142 —
r
1
Sepoltura
Come fu riferito a Massimiano che Vittore era deca
pitato, l’empio comandò che il corpo di lui restasse là
insepolto, perché venisse divorato dalle fiere, non rare
allora in quei luoghi deserti, fuori della città. Mandava
così ad effetto la minaccia fatta al santo martire di pri
varlo di quel certo conforto che veniva al confessore di
Cristo dal pensiero che i suoi resti mortali sarebbero
stati devotamene raccolti ed onorati.
Dovette essere un pensiero certo di pena e sconforto
per il nostro Eroe, pel generoso atleta di Cristo negli
ultimi istanti di sua mortale carriera. Ma anche questo
sopportò rassegnato sapendo di rendere così ben più
grande ed accetto a Cristo il suo sacrificio.
Erano già sei giorni che il santo Martire era stato
decapitato e Cesare mandò un messo con alcuni soldati
per vedere se il corpo di lui era realmente divorato dalle
bestie. E, meraviglia! Essi trovarono il Santo Corpo in
tatto, custodito anzi da due stranissime bestie, una al
capo e l’altra ai piedi del Martire. Tornarono subito
dall’imperatore quei messi e gli narrarono ciò che con
loro grande stupore avevano visto. Quest’ultimo fatto
diede non poco da pensare al barbaro persecutore, il
quale, mosso forse da un tardo sentimento di umanità,
ordinò che il corpo del Martire fosse sepolto nel luogo
stesso ove giaceva.
l’anfiteatro. Quivi giunti ed entrati trovarono il santo
nascosto nella mangiatoia dei cavalli. Lo afferrarono e
coprendolo di rimproveri, di ingiurie e di percosse lo
trassero fuori e lo condussero di nuovo a porta Vercel-
lina.
Massimiano fatto consapevole di questa fuga, s’adirò
fortemente coi soldati che l’avevano in custodia, li fece
tosto sostituire con altri e comandò che lo traessero
fuori delle mura della città, all’orto che chiamavasi di
Filippo. Egli intanto agitato passeggiava nell’ippodro
mo, quando, chiamati alcuni suoi familiari, mandò a di
re all’intrepido Mauritano : « Ti giuro per gli dei im
mortali che ti farò subire la sentenza capitale, perchè
non hai voluto porgere ad essi i tuoi sacrifizi ».
Ai quali messi Vittore rispose:
« Ciò che vuol fare il Cesare lo faccia più presto
che può, poiché anelo di ricevere da Gesù, per il quale
soffro queste pene, la mia mercede ».
Conobbe finalmente Massimiano che inutilmente
tentava la costanza dell’invitto campione di Cristo e per
ciò, chiamati gli sgherri, ordinò loro che condotto Vit
tore in un boschetto detto dell’Olmo, vicinissimo ai giar
dini imperiali, quivi lo decapitassero.
Gioì il santo all’udire che finalmente gli si donava
la desiderata corona e pieno di riconoscenza, mentre si
conduceva al luogo del martirio così pregava:
« Siano grazie elette a Te, mio Signore Gesù Cristo,
perchè non mi tenesti a lungo separato dai miei beati
concittadini Nabore e Felice, facendo sì che anch’io li
seguissi nella gloria; Ti benedico, Ti ringrazio e Ti be
nedirò per lutti i secoli ».
Aveva appena finita questa preghiera che la spada
d’uno sgherro s’alzò sopra di lui e il suo capo venerando
rotolò sul terreno, inzuppandolo di sangue. Era il gior
no 8 maggio dell’anno 303 dell’èra cristiana.
16. t
Solenne traslazione • Devozione e culto
i
144 — — 145
liligcntemente riconosciuto
traslazione con pompa so-
■ o Ufficiatura del fati
li) Storia di Milano del Cantù, pag. 19
to, alla 3.a lezione del mattutino.
La cosa, forse per opera di qualche cristiano di ser
vizio nel palazzo, venne all’orecchio del Vescovo di Mi
lano, S. Materno, che subito, col clero e con alcuni cri
stiani, si portò alla selva dell’Olmo per rendere onore
vole sepoltura all’invitto martire di Cristo. Quivi trovò
ancora le fiere a guardia della salma benedetta e questa
sì fresca, incorrotta e ben composta da sembrare appena
allora decapitata.
Le due bestie all’awicinarsi del Vescovo si ritrassero
e non si allontanarono se non quando il sacro corpo fu
di là levato. Il Santo Vescovo Materno e il Clero, com
presi di grandissima riverenza, dopo aver involto il sacro
corpo in un lenzuolo, lo portarono a mano poco lungi
dalla selva dell’Olmo e quindi gli diedero umile sepol
tura in attesa di tempi migliori. (1).
Venne la volta anche del nostro Santo. S. Ambro
gio, il grande dottore e Vescovo, circa 70 anni dopo,
per soddisfare alla devozione propria e del popolo, fece
levare di là dov’cra stato umilmente sepolto il corpo di
S. Vittore è lo fece trasportare nella basilica detta Por-
zinna (da Porzio suo fondatore) allora primaria catte
drale di Milano, detta poi attualmente S. Vittore al
Corpo in onore del glorioso nostro martire.
Quivi stettero le preziose reliquie, sempre venerate
fino al 1560 in cui i Padri Olivetani, custodi della Basi
lica rifecero con magnifica fabbrica l’antica chiesa ca-
S. Carlo poi, dopo aver di’
le sacre ossa, volle farne la tri
lenne il 26 luglio 1576. (1).
Nell’anno 1602, il 20 Marzo il Card. Borromeo, Ar
civescovo di Milano, in occasione della consacrazione
dell’altar maggior di quella basilica, levò il capo di San
Vittore dall’urna e lo ripose in una sontuosissima teca
d’argento per esporlo alla pubblica venerazione dei fe
deli. (2).
Da quel che si è detto appare quanto sempre e da
tutti sia stato tenuto in venerazione S. Vittore. S. Am
brogio parla di lui come di uno dei più illustri santi del
la Chiea (3). E. S. Gregorio Vescovo di Tours dice che
la sua tomba era celebre per molti miracoli (4).
Che dire poi della devozione della Chiesa Milanese
verso S. Vittore? Essa fu sempre grande! Il nome di lui
Massimiano Erculeo insieme a Diocleziano rinunciò
all’impero nel 305 e spuntò allora per la travagliata Spo
sa di Cristo, la Chiesa, l’iride della tanto sospirata pace,
che fu completa quando ebbe in mano le sorti del mondo
Costantino Magno.
Usciti finalmente dalle catacombe e dalle tenebre i
seguaci di Cristo eressero ovunque templi e basiliche
all’unico vero Dio, riponendo in pari tempo sotto mar
morei e sontuosi altari le reliquie venerate dei martiri.
(1) Giussano, « Vita di S. Carlo » I-III pag. 247.
(3) Libro VII in Lucam.
(4) De Gloria Martyrum, cap. 45.
17. ■f
APPENDICE
(1) Notizie di Cavagliene, del Comm. Mons. Luigi Maggiotti.
146 —
rotettore: Cannobbio, Cavagliene,
ella, Lizzano ed Agrate Contur-
martirologio, la Chiesa
! più bello e più grande.
fu posto nelle litanie e nel canone nella Messa onde ogni
giorno è invocato da tutti i sacerdoti che celebrano i
Divini Misteri secondo la liturgia Ambrosiana. Tutta
l'ufficiatura poi della festa del nostro Santo è quale si
merita un gran martire, un gran Santo.
Già a suo onore la sola città di Milano ha, oltre la
basilica dove si conserva il suo sacro corpo, altre tre
chiese e cioè: S. Vittore ad coelum aureum (in ciel d’oro)
ora comunemente chiamata S. Satiro; S. Vittore all’Ol
mo, dove fu decapitato e S- Vittore al teatro ove si rifu
giò fuggendo da porta Vercellina.
La sua immagine insieme con quelle di Nabore, Fe
lice e Materno si vede ancora spirante mansuetudine
cristiana entro i mosaici della chiesa di S. Vittore in
ciel d’oro (S. Satiro) che sono opera preziosissima del
principio del secolo quinto.
L’elogio che ne fa, nel suo :
Romana non potrebbe poi essere
Ma non fu solo la pietà della diocesi di Milano che
scelse d’onorare il nostro Martire. Anche altrove dalla
pietà dei fedeli furono innalzate al nostro santo nume
rosissime chiese e molte città, borghi e villaggi, lo scel
sero a loro patrono e protettore.
Fra le città notiamo: Novara. Si gloriano poi di
averlo a patrono e prot<
Isola Madre, Isola Belle
bia. (1).
Nella nostra Diocesi l’hanno a Patrono : Bottanuco,
Temo, Grumello del Piano e Gaverina, senza dire di
Brembate Sotto che con vanto si gloria sopratutto del
nome di Brembate di S. Vittore.
18. +
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L'IMMAGINE RICORDO)
— 149
148 —
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Forilludo et decor indumentum eius.
(frov. 31, 25).
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NOBILTÀ’ E DELICATEZZA D’ANIMO
CONGIUNTE AD UNA FEDE INCROLLABILE
VIVIFICATE DA UNA CARITÀ’ SOVRUMANA
LO RESERO
EROICO SOLDATO DI CRISTO E DELLA PATRIA
PRODE ED ARDITO
NELLE BATTAGLIE PER LA SALVEZZA D’ITALIA
ED IN QUELLE PIU’ ASPRE E GLORIOSE
DELL’APOSTOLATO CATTOLICO
PER L’AVVENTO DEL REGNO DI CRISTO
IN MEZZO AI SUOI FIGLI SPIRITUALI
GLORIA E DECORO
DEL SACERDOZIO E DEL NOME ITALIANO
ESEMPIO LUMINOSO
DI DISCIPLINA DI ZELO DI PIETÀ’
DI OPEROSITÀ’ SCONFINATA
MONITO ELOQUENTE E SEVERO
QUANTO SIA PREZIOSA LA VITA
PER LA SANTIFICAZIONE PROPRIA'
PER LA REDENZIONE DEI FRATELLI
PER LA CONQUISTA DEL CIELO
19. Il Brembo e le sue piene
1
?
24
— 25
della Chiesa Parrocchiale dei SS. MM. Faustino e Gio
vila. E’ tutta in ceppo di Brembate (anche le 17 statue
che l’ornano) ed è graziosa fattura del capriccioso stile
barocco largamente svoltosi nel secolo XVII.
Ecco ciò che dice lo Stoppani: « I ceppi Lombardi
che segnano una zona continua alle falde meridionali
dei colli Subalpini, sono costituiti in genere da elementi
grossolani e voluminosi.
Benché dalle marocche di Trezza (puddinga a
grossi ciottoli) si passi al ceppo di Brembate (puddinga
ordinaria, suscettiva di essere modellata in pezzi rego-
lari), quindi al Ceppo gentile (gres a cemento calcareo)
che si presta anche a lavori di scoltura ornamentale,
dovunque dominano i ciottoli abbastanza voluminosi,
indizio questo di origine torrenziale. Se questi enormi
depositi appaiono abbastanza regolarmente stratificati,
studiati nei particolari, manifestano la massima irrego
larità.
Il ceppo colle sue più grossolane varietà, alterna
con la più fine varietà del ceppo gentile, composto di
sabbie cementate, ossia di arenarie sabbiose. Talora quei
depositi vi dànno l’idea di un ciottolame accatastato
senz’ordine, come in un cono di deiezione; talora è un
letto, un nido irregolare di ceppo grossolano, che si
caccia nel Ceppo gentile, quasi ne abbia preso gli strati;
talora è invece il Ceppo gentile che si annida nella pud-
dinga: infine nulla di più atto a richiamarvi gli effetti
di una impetuosa corrente che forma, rode, trascina,
mischia di continuo le proprie alluvioni ».
Il fiume Brembo è un corso d’acqua a carattere
torrenziale. Ha frequenti e forti piene che trascinano
quantità grandissima di massi, di ciottoloni, di ghiaia,
di legnami. La distruzione di quasi tutti i vecchi ponti
dimostra la quantità e la veemenza delle acque nelle
dette piene e dice come, contro la corrosione e l’urto
dei materiali trasportati, nulla poteva resistere.
Si ha notizia di una straordinaria piena avvenuta
nel 1230. Dalla Cronaca Bergomense (Anonimo) si ha:
1230 (17 Ottobre) « Terribile innondazione de fiumi
che si sarebbe potuto navigare per il Brembo ».
Un’altra se ne ebbe nell’anno 1239. Una terza e più
spaventosa e dannosa nell’anno 1493. A quest’anno ri
sale la caduta di imo dei ponti più antichi, proprio
quello di Briolo; e così probabilmente in quella straor
dinaria piena rovinò e cadde l’antico ponte che esisteva
poco a valle dell’abitato di Marne (Ponte Corvo) di
cui ora non rimane che un pilone, anch’esso malconcio,
nel letto del fiume. Restò in piedi il ponte di S. Vittore
(antichissimo pure, forse di origine romana) ma anche
quello però fu molto guastato.
Una piena ancor più spaventosa e dannosa ai ebbe
il 19 giugno dell’anno 1646. Ecco l’autentico e genui
no racconto del fatto quale si ricava da un manoscritto
di quell’anno, trovato in casa Tasca:
« Memoria come alli 19 giugno 1646 a bore 22 riva
il Brembo e dura sin a bore una di notte tanto grosso e
terribile che passava sopra il ponte di S. Vittore più
di br. 6 e menò via detto ponte che gli restò soli li archi
20. PATRIMONIO ARTISTICO-RELIGIOSO
DI BREMBATE SOTTO
;
Dipinti
?
— 151
150 -
Diamo il semplice elenco degli oggetti di particola
re interesse storico-artistico esistenti nelle chiese di
Brembate Sotto. Il presente elenco è stralciato dall’elen
co dettagliato compilato dal Ch.mo Prof. Pinetti, con
qualche aggiunta posteriore.
5. La gloria dei SS. Faustino e Giovila . Tela ad olio
di m. 3,10x2,02, di ignoto autore del secolo XVIII,
coro della parrocchiale.
6. Gesù appare ai SS. Faustino e Giovila, e addita loro
la gloria del martirio - Tela ad olio di ignoto autore
del secolo XVIII, coro della parrocchiale.
7. Scena del martirio dei SS. Faustino e Giovila ■ Tela
ad olio di ignoto autore del secolo XVIII, coro della
Parrocchiale.
8-21 Stazioni della Via Crucis - di ignoto autore del
secolo XVIII, nella Parrocchiale.
22-23 Misteri del S. Rosario - Due tele ad olio di m.
2.20 x 0.90 ciascuna di ignoto autore del sec. XVIII,
cappella di sinistra della Parrocchiale.
24. S. Giuseppe - m. 0.50 x 0.65, di ignoto autore del
secolo XVIII, sacristia della Parrocchiale.
25. S. Anna - ni. 0.50x0.65, di ignoto autore del secolo
XVIII, sacristia della Parrocchiale.
26. Storia della vita dei SS. Faustino e Giovila - metri
4 x 2.50, di ignoto autore del secolo XVIII, Oratorio
attiguo alla Parrocchiale.
27. Madonna e Santi . Tela centinata a semicerchio ad
olio, di m. 2.90 x 1.80, di Francesco Zucco (+ 1627),
Oratorio di S. Vittore, dietro l’aitar maggiore.
28. Madonna col Bambino (Madonna di S. Vittore) • af
fresco riportato su tela di m. 1.70x1.55, di ignoto
autore della fine del 1400, Oratorio di S. Vittore, a
sinistra sul presbiterio.
1. Madonna in gloria e Santi - Tela ad olio di metri
2.50x2, opera di Francesco Zucco (da altri attribuita
a Enea Talpino detto il Salmeggia), pala dell’altare
a destra nella Parrocchiale.
2. 3. Sebastiano - Tela ad olio di m. 2.20*0.94, di
Marcantonio Cesareo, parete laterale della Cappella
di destra della Parrocchiale.
3. La tentazione di S. Antonio Abate - Tela ad olio di
m. 2.20 x 0,94, di Marcantonio Cesareo, parete late
rale della Cappella di destra della Parrocchiale.
4. Il Martirio dei SS. Faustino e Giovila - Tela ad olio
di m. 3,10 x 2,02, di ignoto autore del secolo XVIII,
parete destra del presbiterio della Parrocchiale.
21. Paramenti ornati di
Intagli
Vasi sacri
152 —
— 153
!
5-6. Due Reliquiari di lamina d’argento con
cartocci, volute e simboli. Secolo XVIII.
1. Paramento bianco completo - di seta bianca e ric
chissimo ricamo di ornati neoclassici in filo d’oro e
testine di Cherubini in rilievo. Opera del 1860, ri-
portato nel 1890.
2. Paramento bianco completo - di seta bianca e ornati
barocchi ricamati in filo d’oro e ornati a colori, se
colo XVII.
3. Baldacchino ad otto bastoni con bandinelle e sopra-
cielo lavorato come il paramento sopra descritto ài
n. 1. Anno 1864.
4. Paramento violaceo completo - di seta violacea a
ricco ricamo di ornati e simboli della Passione. Di
segno dell’Ing. Gianfranco Mazzoleni di Bergamo,
eseguito dalle Domenicane del Monastero di Azza
no S. Paolo, nel 1937.
1. Ostensorio a raggera - Alto cm. 32, in argento, con
dorature, ornati e figure, di stile neoclassico del
principio del secolo XIX, offerto alla Parrocchiale
al principio dell’ottocento dall’Ill.mo Sig. Conte
Gritti Morlacchi. Peso Kg. 2.800.
2. Vassoio di rame argentato, lavorato a sbalzo, cm.
41 x 49, al centro una scena mitologica, sull’orlo or
nati. Oreficeria del secolo XVII.
3-4. Vassoi piccoli di rame argentati, con orli ornati
fondo a paesaggio. Oreficeria del secolo XVII.
1. Battistero - a forma di tempietto ottagonale a due
ordini, colle facce separate da piccole lesene con
mensole e putti di fine intaglio. Alla cupola del
l’ordine superiore stanno affiancati tre medaglioni
sporgenti. Nel suo stile (fine del secolo XVII) ricor
da la chiesa della Madonna della Salute in Venezia.
E’ opera d’arte locale.
2-3. Due Confessionali a tre ingressi sulla facciata, con
lesene intagliate a putti e cartelle, e due statue sopra
l’attico. Arte locale del secolo XVII, o inizio del
secolo XVIII.
22. ELENCO CRONOLOGICO DEI PARROCI
DI BREMBATE SOTTO
154 —
— 155
In
mi
parrocchia i RR.
o Moretti, D. Giu-
Durante la sua cura vi erano in
sacerdoti: D. Antonio Maialo i
Allegri#.
4. Fra Paulo .... - morto nel 1570.
5. Don Giovila Benaglia ■ Parroco nel 1589.
6. Don Bartolomeo Rizzi - che si fece francescano nel
1620.
7. Don Francesco Gasioldi - morto nel 1641 (1643).
8. Don Cesare Sala . Parroco dal 1641 al 1672 (t 4 Di
cembre).
9. Padre Antonio Prato ■ Parroco, morto il 27-3-1686.
ti questo tempo fu Vice Parroco il Rev. D. Cere
ria Regazzi.
Nel 1879 erano pure presenti in p
D. Pietro Carminati, D. Alessandro
seppe Scotti, D. Giovanni Caio.
Riportiamo i nomi dei Parroci dei quali si ha me
moria. Come ognuno vede, l’elenco non è purtroppo
completo, per mancanza di documenti.
1. Arzujji .... da Brembate - Parroco di Pontirolo,
morto nel 1307.
2. D. Gerolamo Suardo . parroco della chiesa dei San
ti Faustino e Giovila, morto nel 1528.
3. Don Antonio De Suardis - morto nel 1563.
parrocchia due altri
e D. Alessandro De
Durante la sua cura fu Cappellano il Rev. Don Gio
vanni Battista Sala.
10. Don Giovanni Battista Rosa - Parroco dal 1672 al
1715.
11. Don Giovanni Battista Natali - Parroco dal 1715 al
1741.
12. Don Mario Lodetto . Parroco dal 1741 al 1754.
13. Don Giuseppe Ciribello - Parroco dal 1754 a] 1760.
14. Don Domenico Brugali - Parroco dal 1760 al 1788.
15. Padre Adamante Fuginelli - Morto il 20 dicembre
1786.
16. Don Giuseppe Bertoli - Parroco dal 1788 al 1832.
Durante la sua cura furono Vicari in parrocchia i
RR. Oprandi N. Nicola, (1799); Stoposali D. Giu
seppe, (1805-1807); Ledetti D. Ottavio, (1827).
17. Don Pietro Acerbi# . Parroco dal 1832 al 1849.
Durante la sua cura vi furono in parrocchia i RR.
Tasca D. Antonio, Mandelli D. Antonio, Mandelli
D. Battista, Carminati D. Francesco.
18. Don Carlo Calvetti - Parroco dal 1849 al 1877.
19. Don Giovanni Personeni - Parroco dal 1877 al 1885,
poi trasferito a Cenate S. Martino, dove morì nel
1913.
23. 1
BIBLIOGRAFIA
24. Don Mariano Spada - Parroco dal 6 agosto 1933.
156 -
— 157
22. Don Giuseppe Trussardi ■ Parroco dal 1913 al
24 maggio 1922.
23. Cav. Don Pietro Luigi Todeschini - Parroco dal 3
Ottobre 1922 all’8 marzo 1933.
20. Don Pietro Rigamonti. ■ Parroco dal 1886 al 20 gen
naio 1895.
21. Don Giovanni Battista Gritti ■ Parroco dal 1895 al
1913.
Mazzi • Corografia bergomense. Bergamo, 1892.
Maironi da Ponte - Dizionario odeporico. Bergamo, 1819.
Ronchetti - Memorie storiche della città e chiese di Bergamo.
Bergamo, 1805.
Can. M. Lupo • Codex diplomalicus. Bergamo.
Cosimo Galeazzo Scotti - Le giornate del Brembo.
Donato Calvi - Effemeride sacro-profana. Milano, 1876.
Castello Castelli - Cronaca.
Carlo Casati - Memorie storiche di Treviglio di Chiara d’Adda e
suo territorio. Milano, 1873.
Fra Celestino - Historia quadripartita di Bergamo et suo terri
torio. Bergamo, 1618.
Cesare Canto’ - Storia del popolo.
Anonimo - Cronaca bergomense dal 49 al 197.
A. Mocn • Theatrum. Bergamo, 1596.
Lutei Macciotti - Notizie di Cavagliene.
Cesare Canto’ - Storia di Milano.
Giossano - Pila di S. Carlo Borromeo.
Emanoelb Lodi - Breve storia delle cose memorabili di Trevi.
Marco Carminati • Cenni storici del circondario di Treviglio e
suoi Comuni.
Martino Antonio Carrara - Census Ecclesiae bergomensis.
D. Emilio Rota - Il Sac. Cav. Pietro Luigi Todeschini. L.I.C.E.,
Archivi parrocchiali di Brembate Sotto, Grignano.
Archivio della Cattedrale di Bergamo.
Archivio di Cosa Tosca, in Brembate Sotto.
24. 62
INDICE
75
• Pag. 11
92
30
123
45
54
158 — - 159
148
150
154
157
158
APPENDICE
Epigrafi riguardanti il Parroco Don Todeschini . .
Patrimonio artistico e religioso di Brembate Sotto .
Elenco cronologico dei Parroci di Brembate Sotto .
Bibliografia
Indice
Parte Prima: STORIA CIVILE
Capo I . Cenni storici sul Paese
guenze delle lotte - Vita infelice dello campagne
Capo II = Ricchezze naturali
Capo III ■ Persone e famiglie illustri
Parte Seconda: STORIA RELIGIOSA
Capo I . Origine dei culto e primitivi templi
=3Tk£3-^
Capo II ■ Origine della Parrocchia
e le sue piene -
Parte Terza: VITA E MARTIRIO DI S. VITTORE
I natali - Fanciullezza e gioventù ■ La vita militare in
Francia • Prima gloriosa confessione di fede - La
Decima persecuzione - S- Vittore a Brembate Sotto
- Cattura e primo interrogatorio ■ Secondo interro
gatorio: la flagellazione ■ Nuove tentazioni e seconda
flagellazione - Fermezza invitta • Altri tormenti -
Fuga e decapitazione - Sepoltura . Solenne trasla
zione'. Divozione e culto
Capo III ■ La Parrocchiale
La chiesa Parrocchiale attuale • La sua Consacra-
z:;MEr.
Martire S- Vittorino - I sepolcri in chiesa - La fac
ciata della Parrocchiale - Il campanile e le campane
. La chiesina dellTmmacolata - Il Cimitero . . pag.
X Capo IV - Il Santuario di S. Vittore
I tore - La Scala Santa - La Croce a intaglio - Il Sa-
I erario dei Caduti
Capo V Il Parroco don Todeschini
Cenni biografici . Il Prete - Soldato . Decorazioni -
B Pastore d’anime - Attività esterna ■ Attività reli
gioso-sociale - Lo spirito sacerdotale.Ilbuon Pastore
25. Le rogge del Brembo
ha,
26 —
— 27
ì
I
non dare preoccupazioni. Le piene ultime del Brembo
quali si sono avute nel luglio 1924 e nell’ottobre 1928,
che pure sono state straordinarie c non poco dannose
in certi posti, l’han trovato fermo e stabile.
Parlando del Brembo non si devono dimenticare
le sue rogge che tanta vita portano da secoli nella no
stra pianura all’agricoltura e ultimamente all’industria;
rogge che hanno anche una storia di lotte interminabili
in cui è interessato spesso il nostro paese.
Da Ponte S. Pietro all’Adda le derivazioni d’acqua
sono parecchie. Sulla sponda destra del fiume si hanno :
1) La Roggia Masnada che deriva appena a valle del
centro abitato di Ponte S. Pietro.
2) La roggia di Filago prolungata recentemente fino
alla centrale elettrica sita fra Marne e Brembate.
Sulla sponda sinistra si hanno invece parecchie de
rivazioni :
1) La roggia Scotti che ha la bocca di presa di fronte
a quella della Masnada, irriga poche pertiche di terreno
e dopo brevissimo corso restituisce l’acqua al fiume.
2) La Roggetta Curno che deriva l’acqua diretta-
mente dal fiume poco a valle dello scarico Scotti e irri
ga circa 25 ettari di terreno.
3) Il cavo Ceresino. Prima che un’alluvione (giu
gno 1856) distruggesse il primo tratto del vaso della
roggia Brembilla costringendola a portare la sua bocca
di presa più sotto, il Cavo Ceresino costituiva una pic
cola diramazione di questa roggia.
in piedi et andò nella Chiesa di S. Vittore di basso et
menò via gli usci et ricava sino in cima del volto, et
fece molti danni su per la Val Brembana et a Ponte San
Pietro ruppe il Ponte et menò via... innondava tutta la
Calonica che si tenevano tutti spediti, che si dice che
dal diluvio in qua non è mai venuta tanta acqua in
detto fiume di Brembo, et il medesimo ha fatto il Serio
che ha quasi fatto più danno in Val Seriana et a Ver
teva in particolare che menò via polli e pezze di panina
più di 300 et menò via il Ponte di Seriale... ».
E’ lo scritto di un testimonio oculare il Nob. Fau
stino Tasca morto nel 1646, padre del celebre Capitano
Vittore Tasca di cui in seguito parleremo.
Si ebbero poi altre piene, ma più nessuna ha, non
superata, ma neppure uguagliata questa. L’acqua non
è più salita a lambire la grotta di S. Vittore. Le pitture
difatti che poco tempo dopo (nel 1663) hanno decorato
le pareti e l’altare rimangono ancora oggi quasi intatte.
Si possono però ricordare alcune date di piene avvenute
in seguito a dimostrare come siano state frequenti. Il
Can. Lupo parla di una, avvenuta nel giugno del 1783.
Un’altra seguì nel 1793, una terza nel 1830, una quarta
nel 1882....
« Nella piena del 1892 il Ponte di S. Vittore pres
so Brembate Sotto ebbe divelle alcune pietre delle
spalle e l’acqua, dicono i giornali dell’epoca, era arri
vata ad un’altezza enorme: mancava un metro solo,
perchè la corrente arrivasse alla sommità del ponte ».
Il ponte rifatto dopo il 1646 non subì più gravi
danni e quindi non ebbe nessun rifacimento almeno di
grande rilievo e si conserva tuttora in buono stato sì da
26. Finito di stampare il 17 Ottobre 1938-XVI
coi tipi delia Società Anonima Editrice
S. Alessandro - Bergamo - Viale Roma, 20
27. molti opifici per
28 -
appena a
i bocca di presa d’acqua
un diritto antichissimo
4) La roggia Brembilla. E’una delle derivazioni più
importanti insieme alle rogge Trevigliesi. Serve per la
irrigazione di circa 4000 ettari di terreno e anima molti
opifici con un complesso di circa 160 cavalli di forza.
Da documenti antichi risulta che verso il 1400 la roggia
Brembilla aveva la sua bocca a Ponte S. (Pietro, cosic
ché le attuali rogge Scotti, Curno e Ceresino non erano
che le sue ramificazioni e ricorsero, alla presa diretta
dal fiume solo quando la Brembilla, distrutta dalle pie
ne parte del suo canale, fu costretta a portare la sua
bocca più a valle. (Ora la bocca di presa si trova all’al
tezza del paese di Sforzatici o poco sopra).
5) Le rogge Trevigliesi. Sono due rogge denominate
Moschetta (la minore, che va a Brignano) e la Tignola
(la maggiore, che va a Treviglio). La prima ha una
presa d’acqua di circa due metri cubi, la seconda più di
3 m. c. Servono alla irrigazione di circa 4500 ettari di
terreno e animano molti opifici per un complesso di
circa 500. cavalli.
6) La reggetta Melzi. Ha la presa appena a valle
della diga delle rogge Trevigliesi; irriga circa 400 etta
ri di terreno e anima un opificio con 30 cavalli di forza.
Questa reggetta non ha alcun diritto sulle acque del
Brembo a monte della diga Trevigliese e deve ricevere
quell’acqua che rimane.
Esiste sulla sponda destra del fiume,
monte della diga Trevigliese, ima
per la Peschiera Morlacchi. Ha i
, sulle acque del Brembo.
Alla roggia Brembilla è annessa una derivazione
d’acqua detta LfAumentino. Un antico documento an-
28. - 29
a sangue, avvenute
Brembatesi, questi
teriore al 1492 parla già dell’esistenza di questo supple
mento di roggia che avrebbe avuto origine dall’aumen
to delle acque stesse della roggia Brembilla. Di esso
può disporre liberamente la compagnia « Brembilla »
e ne consegue che l’Aumentino c’è quando i soci della
Brembilla non soffrono di scarsità d’acqua e quando
questa arriva almeno ad un minimo di quantità sta
bilito.
Tutte queste nominate derivazioni d’acqua sono
antichissime e, ad eccezione delle rogge Trevigliesi,
non hanno una diga stabile di presa, cosicché ad ogni
minima piena del fiume, distrutte le filarole di sassi e
ghiaia che servono ad arginare l’acqua, i loro canali
restano asciutti del tutto o quasi. Anche la diga in pie
tra e cemento fatta per le rogge Trevigliesi è di recente
costruzione.
Da qui le frequenti lotte fino
nei secoli scorsi, tra Trevigliesi e
ultimi incolpati spesso d'aver per dispetto toccato la
jilarola. Lunghe e vivaci questioni sorsero pure tra gli
utenti le rogge Trevigliesi e quelli della Brembilla e
della famiglia Fuginelli Morlacchi, proprietaria della
Peschiera.
29. Capo III
PERSONE E FAMIGLIE ILLUSTRI
La famiglia TASSO: G. Giacomo Tasso
(1375) de Brembate
30 —
— 31
Inferiore, Abbatissa del Monastero S. Margheritae die-
ti loci de Brembate. (1).
3. Domina Tomasina de Poterlassis de Vertua Ab
batissa Monasteri! et Ecclesiae S. Margheritae de Brem
bate Inferiori ordinis S. Benedicti. (2).
1269) del Convento dei
slebre domenicano. 11
nel-
che
si deve pure in
e compimento della Chie-
de Capitaneo
uno dei di
che in
« Berga-
Diamo alcuni brevi cenni delle persone ragguar-
devoh che ebbero i natali in Brembate Sotto, o vi abi
tarono ed operarono.
Fra Pinamonte da Brembate (12(
” pio e celci
» sua bell'anima è volata al
"tare qual teste in uno
lima sua fu tanto elet-
imio persino col titolo
(1) Così si trova scritto negli Atti di Bergamini de Zan-
dobbio, Archivio Cattedrale.
(2) Actis Antonii de Cerro, Archivio della città.
gran par
ea di S.
predicatori di Bergamo j
P. Celestino dice che la
Cielo nell’anno 1266, mentre appi
strumento rogato nel 1269. L’anim-
ta che alcuni scrittori lo chiamano
di Beato.
Fu gran benefattore della città di Bergamo
l’istituire quella benefica Opera della Misericordia
immenso bene fece nei secoli. A lui
• natte l’opera di restauro
“ 3. Maria Maggiore.
Scrisse tra l’alt»
Martire. Bergamo gli
darlo ai posteri. (1).
Domina Bonitalis <
'altro la vita di S. Grata Vergine e
ha dedicato una via per ricor-
Nel nostro paese esiste ancora un palazzo (l’at
tuale palazzo Rosa- che è situato in .piazza, di fronte
alla porta dell’antico Castello) che nel 1624 fu acqui
stato c restaurato dal Conte G. Giacomo Tasso (o Tas
si), quando fu mandato dalla Repubblica Veneta con
pieni poteri a sorvegliare come Capitano Generale il
territorio che da Brembate si estende verso i confini
dello Stato milanese, segnati dall’Adda.
Questo personaggio G. Giacomo Tasso è
scendenti della nobile famiglia dell’immortale
della Gerusalemme Liberata, Torquato Tasso, <
una lettera ai reggitori di Bergamo scriveva
mo mia patria ».
Questo Conte era figlio di Lucilio e, fanciullo an
cora, ebbe l’onore di un Breve pontificio di Clemente
Vili, col quale veniva decorato del titolo di Conte
e Cavaliere per la sua singolare fede e devozione alla
S. Sede.
30. Il Vescovo LUIGI TASSO
passaggio
Italia la t
32 —
— 33
2
ta 1
ii
Nella sagrestia della Chiesa Parrocchiale di Brem-
hate, si conserva un ritratto di Mons. Luigi Tasso Ve
scovo di Recanati e Macerata, ritratto che apparteneva
di certo alla Famiglia del .Conte Gian Giacomo Tasso e
venne donato con tutta probabilità alla Chiesa come ri
cordo dell’illustre Vescovo. Si trova ora sopra la porta
della sagrestia.
Mons. Luigi Tasso nacque a Bergamo il 15 settem
bre del 1468. Nel 1488 fu chierico addetto alla Chiesa
di S. Sisto in Colognola. Nel 1494 lo troviamo Cano
nico della Cattedrale di Bergamo. Si distinse tanto nella
scienza e pietà che nel 1499 fu fatto Vescovo di Paren-
Venne sottomessa alla sua sopraintendenza metà
della squadra dell’isola, cioè: Brembatc Sopra e Sotto,
Sonate Sopra e Sotto, Madone, Filago, Chignolo, Gri-
gnano. Capriate, S. Gervasio e Suisio.
In quei tempi le provincie déll’Alta Italia era
no corse da eserciti stranieri; questo territorio richie
deva perciò un esperto capitano che sorvegliasse; mol
to più che ai confini dello Stato Milanese vi erano due
poderose fortezze, il Castello di Trezzo e quello di Ca
ravaggio.
Nell’anno 1629,- 14 aprile, il Conte Giacomo Tasso
andò ambasciatore straordinario della Repubblica Vene.
ta con Girolamo Soranzo e due fratelli, Alessandro e
Gian Battista Alessandri, gentiluomini bergamaschi al
re di Francia Luigi XIII che si trovava a Susa.
Nell’anno 1629 quando le soldatesche Alemanne nel
mese di settembre, per comando di Ferdinando II, ca
larono dal cantone dei Grigioni (Svizzera) in Valtelli
na, quindi nel Ducato di Milano per recarsi all’assedio
di Mantova, il posto di Brembate diventava delicatissi
mo, perchè oltre gli svantaggi soliti di un passaggio di
milizie straniere, si temeva portassero in Italia la pe
ste bubbonica, come purtroppo avvenne.
In tale circostanza una patente di Marco Antonio
Morosini del 9 giugno 1629, indica tutte le cautele guer
resche e sanitarie per l’occorrenza. Altra patente di Mar.
co Giustiniau (10 agosto 1629) ingiunge a tutte le au
torità di eseguire senza dilazione o contraddizione quan
to ordinerà il Cav. Giacomo Tasso.
Con lettera 20 ottobre 1629, scritta da Ponte S. Pie.
tro al Cav. Gian Giacomo, il Gipstinian si congratula
con lui che, sebbene convalescente, sia stato sollecito di
recarsi al suo posto di Brembate, e gli fa premura per
chè lo avvisi delle mosse degli Alemanni.
Il Conte G. Giacomo Tasso morì ottuagenario. 11
o palazzo fu ereditato dai suoi discendenti, ma spen
ta famiglia sua passò in altre mani.
Nel Palazzo non si trovano più nè stemmi nè
segno alcuno della famiglia Tasso.
Nella città stessa di Bergamo si estinse la famiglia.
Da Lucilio de’ Tassi di Pignolo (Bergamo) nacque una
figlia, Silvia, maritata al Nobile Tommaso Tasca, mor
ta nel 1785 (con essa si estinse la famiglia suddetta).
Ebbe una figlia di nome Camilla, maritata a Ga
leazzo Varese Conte di Rosate. Questi con tale matri
monio divenne il proprietario del Castello di Brembate
che per tanto tempo fu posseduto dalla nobile famiglia
Tasca de Meda.
31. Il Vescovo GRITTI MORLACCHI
f
34 —
— 35
di Pignolo in Berg
striss. G. Giacomo
te da me Padre Giuse
giosi a Zanica fu seppe
i propric-
villeggiare nel suo palazzo
barbaramente alle ore 4
>gliato dei denari e di
1 valore di ottomila du-
Va ricordato, dai brembatesi il Vescovo d’una delle
nobili famiglie del nostro paese, il Conte Gritti Mor
lacchi, famiglia stabilitasi qui sul principio del 1800,
allo spegnersi dell’antichissima famiglia Fuginelli che
dal 1400 aveva vissuto fra noi.
zo nell’Istria e nel 1516 fu promosso Vescovo di Re
canati e Macerata. .
Trovandosi a Bergamo a
situato a Redona, fu trucidato bt
del 3 settembre 1520 e fu spog
un ricco vasellame d’argento del
cati.
La città di Bergamo fu costernata alla nuova di
tanto delitto.
Il P. Donato Calvi ci fa noti gli assassini che però
rimasero a quanto pare, impuniti. I capi furono Vin
cenzo Rocca, Alessandro detto Caravaggino, Girolamo
da Romano e Girolamo Gironi.
Nel castello di Brembate, attualmente di
tà della nobile famiglia Moretti, nulla si trova
cordi i Tasso.
Sul registro dei morti dell’Archivio parrocchiale di
Brembate Sotto non si trova nota a riguardo del Conte
G. Giacomo Tasso. Dai registri invece della parrocchia
" rgamo trovasi: « 27 Nov. 1687. L’Dlu-
> Tassi accompagnato processionalmen.
seppe Cortinovis e da molti reli-
>ellito nella Chiesa Parrocchiale ».
Nella vita del Sac. Brignoli è scritto che « Mgr
Vescovo Morlacchi governò con attività e fermezza; si
dimostrò splendido specialmente nei confronti del Ge
nerale Garibaldi, delle Autorità e dei generali Austria
ci, scrivendo e parlando con dignità e fermezza degna
di un grande Vescovo ». Vari aneddoti confermano la
sua nobiltà e generosità.
Vi fu, è vero, un po’ di dissenso tra il Clero dei
suoi tempi, riguardo specialmente alla divozione del Sa
cro Cuore che proprio allora fra noi, per lo zelo di santi
Sacerdoti, si affermava contro il rigorismo giansenista.
Ciò nonostante Mons. Vaisecchi, in un discorso che ten
ne sulla Madre Verzeri, fondatrice delle Figlie del Sa
cro Cuore, dice: « Estimator giusto e devoto di Mons.
Gritti Morlacchi, nel quale ricordo e venero con rive
renza e gratitudine il mio Parroco (di S. Alessandro in
Colonna) e il mio Vescovo, gli serbo tutto l’affetto che
un figlio deve al padre, un Sacerdote al Pontefice, dal
quale ho ricevuto la sacra ordinazione, il bacio della
pace, i primi conforti, e le prime benedizioni... ».
Nel 1846 è occupato nel comunicare e dar ordini
per gli avvenimenti d’interesse generale della Chiesa,
la morte di Gregorio XVI e l’elezione di Pio IX. Nel
novembre 1847 fa conoscere il lamento di Pio IX nel
Concistoro del 4 ottobre « che uomini sconsigliati abu
sino del suo nome per turbar l’ordine pubblico in al
cuni luoghi d’Italia ».
Si felicita elle nessuno di questi sia insorto e si
palesi tra noi: attribuisce questi principalmente alla
buona coltura dei parroci e li esorta ad accendere ne
gli animi dei fedeli l’affetto e la venerazione alla .San
ta Chiesa. Si ricorda con ammirazione la Allocuzione
32. 1
1
36 —
— 37
lillano 80-
della par-
Don Angelo Teanini
Prevosto Vicario Foraneo di Almenno S. S.
lavoro
Nacque nel 1844; la sua famiglia si era stabilita in
Brembate già da parecchi anni; suo padre era fabbro.
Compì gli studi nel patrio Seminario; fu ordinato
sacerdote nel 1867; fu prima coadiutore parrocchiale a
poi profe88ore filosofia nel nostro Se-
1874 fu nominato Prevosto di Almenno San
Martinengo
minario. Nel _____________ _______
Salvatore, dove morì il 28 Agosto 1909.
Don Teanini si distinse per una non comune forza
d’ingegno. Tenne con onore la cattedra di filosofia; ma
più che all’insegnamento la sua natura esuberante e im
maginosa lo portava alla sacra eloquenza, particolarmen
te nella predicazione delle SS. Missioni ai popolo. Per
più di un ventennio fu uno dei missionari più stimati e
ricercati, non solo nella nostra, ma in quasi tutte le dio
cesi della Lombardia e in quella di Lugano, nella vicina
Svizzera. Nella sua oratoria, personale, robusta e straor
dinariamente efficace, pagò abbastanza largo tributo al
realismo, allora dominante nella stessa letteratura.
Uno dei grandi meriti di Don Teanini fu la lotta con
tro il Liberalismo dottrinario. Polemista ardente e pu
gnace, egli insorse contro gli errori che intaccavano i di.
ritti della Chiesa cattolica; fece sua la causa del Roma
no Pontefice e a pochi fu secondo nel sostenerla e nel
difenderla. E’ umano che anche nelle lotte sostenute per
il bene e con le intenzioni più rette l’impetuosità del ca
rattere porti qualche volta a sconfinare, e Don Teanini
non una volta sola sconfinò. Noi però dobbiamo rende
re omaggio alla sua buona fede e alla sua dirittura. Non
recitata da Mons. Gritti Morlacchi il 13 aprile 1848 in
occasione delle solenni esequie celebrate nella Chiesa di
San Bartolomeo in suffragio dei morti per la liberazione
della patria.
Nel 1848, essendovi miseria tra il popolo, a ricordan
do che nella Chiesa i Sacerdoti furono sempre gli or
dinari ministri delle beneficenze del Signore, ordina ai
Parroci di adunarsi coi propri Sacerdoti e con qualche
buon secolare, onde di concerto conferire sui bisogni
sui diversi modi di provvedere ai poveri.., sping
esortare i ricchi a fare sforzi per somministrare la.
agli artisti e giornalieri, ad inveire contro quelli che
consumano nel giuoco e nelle intemperanze i guadagni
delle loro fatiche e rovinano le loro famiglie. ».
I moti del 1848 e seguenti hanno sospeso l’attività
ordinaria del Vescovo, sicché degli atti di Mons. Mor
lacchi di questi anni sino alla sua morte, avvenuta il
21 dicembre 1852, si ha solamente la comunicazione ai
Parroci della gravissima lettera di Pio IX del 1850 circa
il manifestarsi in Italia di macchinazioni di uomini ne
mici d’ogui bene, e l’ordine di cantare il Te Deum pel
ritorno del Sommo dall’esilio di Gaeta.
Il Vescovo Carlo Gritti Morlacchi governò la Dio
cesi dal 1831 al dicembre 1852. Brembate ricorda una
solennissima festa celebrala col suo intervento nel 1838,
nella quale egli benedisse le Campane che squii
nore ancora oggi sulla bella torre campanaria de
rocchia.
33. Il Nobile Cav. Vittore Tasca
— 39
38 —
rgo S. Tomaso
nel 1821, passò buona parte dei suoi ultimi anni a
Brembate nella Villa Tasca (oggi Villa S. Maria) vicino
al ponte nuovo del Brembo. E’
fu certo per cattivo animo che scambiò per avversari
quelli che combattevano per la medesima causa, ma con
diversità di armi, di tattica e di metodo. Dobbiamo ad
ogni modo lealmente riconoscere che il suo prestigio e
la sua parola contribuirono grandemente a tutelare e ri
svegliare la fede nel popolo cristiano, mantenendolo fe
dele alla Chiesa e ispirandogli devozione e obbedienza
al Vicario di Cristo.
Volte a male le sorti di quella eroica, ma sfortuna
ta guerra. Vittore Tasca, con molti dei suoi commili
toni, prese la via dell’esilio e riparò in Svizzera, a Lu
gano. Di là, dov’erasi fatta correre la voce che in que
sta provincia si stesse maturando una nuova insurrezio
ne egli, insieme ad un altro illustre bergamasco Ga
briele Camozzi, passò segretamente e con grave rischio
a Bergamo e si fermò a Palazzago per verificare la con
sistenza di quella notizia.
Ma disgraziatamente non aveva alcun fondamento e
allora passò a Torino, a Firenze da dove, amnistiato,
potè finalmente rimpatriare. Nel 1855 fu uno dei più
operosi nel raccogliere i fondi pei cannoni di Ales
sandria.
Un rammarico grande gli rimase sempre nel cuore :
quello di non aver potuto prendere parte alla guerra
del 1859. Quando essa scoppiò, egli trovavasi lontano
nel Caucaso, dove era stato inviato da una Società per
ragioni di commercio. Si riebbe, appena di ritorno, col
salpare dallo scoglio di Quarto, insieme ai Mille, dei
quali fu colonnello.
Reduce a Bergamo, ricevette il comando della Guar.
dia Nazionale e durante la Xl.a legislatura fu inviato
la prima volta alla Camera dei deputati. Fu ancora rie
letto nella XVI.a e XVII.a legislatura.
Aveva la scorza un po’ ruvida ed ima facile ten
denza agli impeti irosi; ma era di cuore nobile e ge
neroso e d’un carattere inflessibile.
Per le italiche vicende e per gli uomini che più
ad esse contribuirono egli serbava una specie di vene
razione e nella sua villa di Brembate, con lo squisito
Nato nella città di Bergamo, in Bor«
passò buona parte dei suoi u
nella V" °
>ggi V—
!’ discendente dalla nobile
famiglia Tasca de Meda, stabilitasi a Brembate fin dal
1400.
Il nob. Faustino Tasca nato nel 1788 ebbe cinque
figli di cui il quarto fu Vittore.
Il nob. Vittore Tasca compì in Bergamo i primi
studi, quindi si addottorò in legge all’ateneo di Pavia.
Ma non esercitò l’avvocatura; lo attraevano piuttosto le
Muse, la pittura, della quale era valente cultore e di
stinto paesista, e la musica. Distinto fu sopratutto nel
l’amore della patria, del cui risorgimento fu uno dei
più ardenti artefici.
Prima del 1848, quando questa sua terra nativa
giaceva da sì lungo tempo sotto l’oppressione austriaca,
egli, giovanetto ancora, s’adoperò nei preparativi della
rivoluzione e in quell’anno si presentò ardimentoso al
magnanimo re Carlo Alberto che gli fece festosa acco
glienza e lo creò ufficiale.
34. Il Nobile Fausto Tasca
I
Il Nabli* FAUSTO TASCA
(1) Il trailo dal Viale Vittorio Eman. alla Rotonda dei Mille.
40 -
tello che eternerà sr
..j, è il regalo fatto
patriottica.
di Sindaco
Merita uno speciale ricordo il Nobil uomo Fausto
Tasca, che nella veneranda età di 77 anni, il 2 giugno
1929 rendeva la sua bell’anima a Dio, confortato più
volte dai SS. Sacramenti. Fu uomo di fede viva, di
ingegno pronto, premuroso in ogni opera di bene ci-
vile e patriottica. Del Comune di Brembate tenne la
carica di Sindaco a più riprese, da tutti stimato e ri
spettato.
In una saggia amministrazione dei beni che il Si
gnore gli aveva elargito spese la sua lunga vite, e alla
fine volle lasciare buona parte dei suoi averi in benefi
cenza. Beneficò l’Oratorio, l’Asilo infantile locale e isti.
tuì una Borsa di studio per i chierici bisognosi della
parrocchia.
Ma quello che eternerà sopratutto la memoria sua
in Brembate, è il regalo fatto al beneficio parrocchiale
della sua magnifica casa con parco, orto e adiacenze
boschive in riva al Brembo. Essendo dette casa vicinissi
ma alla Chiesa parrocchiale è stato facile unirvela con
artistico gusto che sempre lo distinse, aveva costruito
loro tutta una serie di preziosi ricordi.
Mori il 21 aprile 1891 munito dei conforti religiosi.
Bergamo, che gli ha dedicato anche una Via (’) l’ha
ricordato e ricorda tra i suoi prodi, e lo addita alle gene
razioni come modello di patriota.
35. L’Onorevole Andrea Moretti
— 41
2 *
prese atti-
e ben adatta al
vina passerella, rendendola così comoda
le necessità del parroco.
Il giorno 27 luglio 1929 il Parroco prendendo pos
sesso della casa, volle murare sulla casa stessa una
lapide a perenne ricordo.
La lapide porta questa scritta:
Non si può tacere, in questi appunti di cronaca
Brembatese, d’alcuni uomini illustri nel campo politico.
Uno dei primi è 1’0». Andrea Moretti. Nato nel
1820 a Brembate Sotto, morì in Bergamo il 13 novem
bre 1881. Fu cristiano e cittadino esemplare. Compì gli
studi politico-legali all’università di Pavia:
va parte all’amministrazione della Città di
IL N. U..FAUSTO TASCA
N. Il 6 GIUGNO 1852 - M. IL 2 GIUGNO 1929
CON CUORE MAGNANIMO
AL BENEFICIO PARROCCHIALE
DONO’ QUESTA CASA
NEL 1883 DA LUI ERETTA
PERENNE RICORDO
DELL’ILLUSTRE FAMIGLIA
PER PIU’ DI CINQUE SECOLI
DEL PAESE DECORO E VANTO
GRATA MEMORIA
DEL NIPOTE N. U. BENEDETTO TASCA
PRODE ARTIGLIERE
CADUTO IL 25 LUGLIO 1918
PER LA GLORIA D’ITALIA
36. L’artista Antonio Carminati
di
— 43
42 —
1
'odo che abbia fatto la morte dei
norti della religione. Così troviamo,
dev.mo
Card. Antonio Agliardi ».
nella-stessa sventura d’averlo perduto, la consolazione
che egli possa essere in cielo, e la speranza di rivederlo
felicissimo.
« Valgano queste poche righe ad alleviare l'afflizione
dalla quale è stata colpita e mentre la prego di parte
cipare anche alla sua egregia famiglia questi miei pen
sieri Ella mi abbia sempre suo
Ecco quanto pubblica di questo illustre brembatese
l’Enciclopedia Treccani :
a Carminati Antonio - Scultore. Nacque a Brembate
Sotto (Bergamo) il 2 giugno 1859, e morì a Milano 1’11
maggio 1908. Uscito da una famiglia nella quale era tra
dizionale la lavorazione della pietra, venuto a Milano,
frequentò i primi corsi dell’accademia di Brera. Fu poi
discepolo del Butti a Milano, de] Tabacchi a Torino, e
a Roma di Giulio Monteverde.
Ritornato a Milano da Roma presentò all’esposizio
ne triennale del 1889 una statua : « Lavoro notturno »
documento d’arte verista, ora nella civica galleria Mila
nese d’arte moderna. Eseguì poi un S. Luigi che soccor
re un appestato, per la Chiesa di S. Satiro in Milano, il
monumento a Mgr Luigi Nasari di Calabiana, arcivesco
vo di Milano, per il Cimitero di Groppello d’Adda, la
decorazione figurativa in bronzo per la tomba Basati e
esule non dimenticò mai i suoi due precipui amori: la
religione e la patria. Deputato al Parlamento Nazio
nale per tre legislature (dal 60 al 68) sj dimise per at
tendere alle cure famigliari.
Pubblicò scritti politico-religiosi tendenti a dimo
strare essere impossibile, secondo lui, una seria ed effi
cace riforma nella Chiesa romana, senza toccarne la par.
te dottrinale. Tali scritti però se ebbero lodi da parte
di gente di mezza cultura religiosa, ebbero natural
mente censure vivissime da parte della .Chiesa.
Chi si adoperò paternamente a persuadere l’On. Mo
retti deH’impossibilità di sostenere certe idee che ave
vano tutto il sapore protestantico, fu il prevosto
Osio Sotto Dott. Antonio Agliardi che nel 1877 venne
chiamato a Roma e nel 1896 venne creato cardinale. Il
carteggio fra i due continuò per alcun tempo, dal 1867
in poi, con una discussione serena, cortese e schietta.
Pur dissentendo fra loro e gravemente, seppero senza
irose contese o ingiuriosi attacchi personali trattare ar
dui argomenti politico-religiosi.
Il Card. Agliardi mandando le condoglianze per la
morte dell’Onorevole-avvenuta il 13 novembre 1881 scri
veva al fratello di lui D. Alessandro : « Prendo viva
parte al dolore di V. S. e di tutti i suoi congiunti per
la perdita dell’egregio suo fratello. Non posso dimenti
care la bontà che egli ebbe sempre per me e la fidu
cia che mi dimostrava esponendomi spesso i sentimenti
da buon amico.
« Non ho mai dubitato che egli dovesse essere inte
ramente con noi e god
giusti munito dai confoi
37. J
PARTE SECONDA
STORIA RELIGIOSA
44 --
altri lavori per i sepolcri Carcano, Bay, Nave nel Cimi
tero Monumentale di Milano.
Notevoli sono, nella serie dei ritratti, quelli della
Signora e della Signorina Moretti e del commediografo
E. A. Butti. Eseguì anche lavori pel Duomo di Milano e
partecipò alla Commissione per la riforma del corona
mento della facciata del Tempio. Vinto nel 1906 il con-
coreo per il monumento a Giuseppe Verdi a Milano, mo
rì mentre eseguiva la figura assisa del maestro, e le due
allegorie della musica classica ed eroica, che poi anda
rono disperse.
« L’Illustrazione Italiana » nel N. 20 del 1908 e « La
Famiglia Artistica » nel 40“ della sua fondazione (1913)
pubblicarono un ampio necrologio ».
38. Culto pagano
Culto cristiano
—«
ORIGINE DEL CULTO
E PRIMITIVI TEMPLI
Quando il culto cristiano è incominciato fra noi?
E’ dubbio che in data anteriore al 300 dopo Cristo, tra
noi vi siano stati dei cristiani. Anche nei grossi centri,
La fertile plaga circoscritta dalle correnti dell’Ad
da e del Brembo (che per la Celtica tradizione è tut
tora detta « Isola ») era sacra alla « Fortuna », dea pa
gana, il cui culto era diffusissimo per tutta Italia, ed era
chiamata Pagus Fortunensis.
Pale, dea dei pastori o dei pascoli era temuta, e
con somma riverenza veneravasi nel tempio antichissi
mo, più tardi cristianizzato ed infine dedicato, come è
oggi, a S. Fermo Martire in Marne: le feste a questa dea
pagana facevansi ai 20 ovvero 21 aprile, e dicevansi Pa-
lille o Parlile-, le si offeriva una focaccia di miglio e
vasi ove si mungeva il latte; le si abbruciavano lauro, er
ba salvia e rosmarino; col fumo di zolfo e di fieno si
purgavano le pecore e le stalle.
39. 1
L’Oratorio e il Monastero di S. Margherita
trovati pa-
48 — — 49
Il tempo di permanenza fra noi del glorioso Martire
S. Vittore si deve stabilire fra i primi mesi dell’anno di
grazia 303.
Da quel tempo fin dopo il mille non troviamo no
tizie sicure per costruire un po’ di storia. Nessun nome
di Sacerdote q di qualsiasi altro personaggio è ricordato
dalle scarse memorie, a darci un'idea della vita cristia
na in quei secoli'.
Però il fuoco sacro della fede acceso dal campi
di Cristo S. Vittore non s’è mai spento ed ha dato
nome distinto al paese: Brembate di S. Vittore.
La grotta del Santo o chiesa primitiva, conserva ve-
stigia antichissime attestanti la fede, il culto e la vene
razione dei nostri maggiori vissuti in quei secoli di me
morie oscure.
Nell’archivio parrocchiale non si trova affatto cen
no dell’Oratorio di S- Margherita perchè i registri di
detto archivio datano dal 1600 e già allora quell’Orato-
rio probabilmente era del tutto abbandonato in mano a
contadini, come è al presente, per uso profano.
Nel libro del citato prof. Galeazzo Scotti si trova
un cenno vago sull’antichità dell’Oratorio: a ...Così pas
savano innanzi all’antichissimo Oratorio di S. Marghe
rita, ove in terra son tuttavia i segnali dei fondamenti
del distrutto monastero di donne, molti secoli fa ». I
vecchi contadini del paese raccontano difatti d’aver tro
vato nei campi adiacenti alla chiesina e per un lungo
spazio attorno, vario materiale di costruzione e qua e
là residui di fondamenta di case e tombe ed ossa in ab
bondanza.
Soprattutto attorno alla chiesina si sono
come Milano, Bergamo non molti erano i cristiani, causa
le continue e sanguinose persecuzioni e la scarsezza dei
mezzi di propaganda. Nei paesi poi, fatte poche ecce
zioni, pochi centri di cristianità s’erano formati per la
difficoltà di farli vivere.
Ciò nonostante una vaga idea di Cristianesimo un
po’ dappertutto era penetrata. Le stesse persecuzioni
avevano servito a far noto il nome e il senso cristiano.
C’era bisogno di un editto, sospirato per ben tre secoli,
che donasse libertà di culto alla Chiesa cristiana, perchè
in breve tempo sorgessero comunità cristiane per ogni
dove. E l’editto venne da parte dell’imperatore Costan
tino il Grande, pubblicato in Milano l’anno 313.
Quando tra noi si sia formata una vera comunità cri
stiana non è possibile precisare.
Non è improbabile che la prima voce cristiana ri
sonata in Brembate sia stata quella di S. Vittore Mar
tire, e che le prime istruzioni sulla fede i nostri antichi
avi le abbiamo avute da lui, rifugiatosi per alcun tempo
nelle grotte del fiume Brembo, doye oggi sorge la Chie
sa in suo onore.
Il seme gettato dal nostro glorioso Martire S. Vitto
re e bagnato subito dopo dal suo generoso sangue, deve
aver fruttificato ben presto, perchè non si dimenticò il
posto dove egli s’era rifugiato, aveva pregato e soffer
to, anzi si ritenne subito come luogo di devozione e di
benedizione.
40. obbliga
50 —
— 51
> (1)
HI. P-
’iiss*1* della dltà e chiese Bergamo’ Toni<>
> gli ufficiali dell’eser-
egnato sulle loro carte.
chiesa si è combattuto
(1) Ne farebbe testimenienza il documento già citato dello
storico Ronchetti.
recchi sepolcri. Dentro la chiesa poi, sotto il pavimento,
v’è sicuramente un ossario. Tutto ciò però non
a pensare solo a sepolcri di Suore.
Probabilmente la chiesina è stata, in addietro, ri
covero in tempo di epidemia e sepolcro dei deceduti.
Lo storico Ronchetti (1) riferisce una questione sor
ta fra l’Abbadessa del Monastero di S. Margherita e un
certo prete Lanfranco: questione definita dal Cardinale
Arcivescovo di Milano. Da tali notizie risulta che il Mo
nastero di S. Margherita « era situalo in un ameno sito
di Brembatc Sotto, poco distante dal luogo, ove il fiume
Brcmbo entra nell’Adda e poco lungi trovasi parimenti
la Chiesa di S. Fermo ».
Risulta ben accertata l’esistenza del monastero di
S. Margherita e della sua chiesa intorno all’anno 1000;
si viene inoltre a sapere dell’esistenza fin da quel- tem
po della Chiesa di S. Faustino e che l’una e l’altra chie
sa non erano per nulla parrocchiali, e di più dipendenti
dalla Chiesa di g. Fermo perchè donate ad essa dai fon
datori.
I muri dell’Oratorio rinforzati con grossi pilastri,
ritoccati in parecchi punti, dicono pure che la chiesa
è antichissima. Una porta, ora murata, ma ancora visi
bile, nella parete destra, indica che altri ambienti vi era
no annessi. Nell’interno sono ancora visibili alcuni af
freschi, che sarebbe bene conservare perchè se non sono
di gran valore artistico, hanno valore d’antichità.
Nell’abside v’è un affresco della Crocifissione che
ha le caratteristiche di pittura del 1500. Sulla parete
a destra di chi entra, appena sotto il presbiterio v’è la
figura di S. Ambrogio. Qualcuno s’è divertito a graffia
re la pittura per incidere il proprio nome. A fianco di
esso si legge la data 1506.
Una data ancora più antica s’è trovata nella biblio
teca ambrosiana. Parlando di Brembate si dice: « Del
l’antichità di questo luogo si hanno non pochi docu
menti, specie intorno alle contese del Monastero di S.
Margherita quivi esistente fin dal 1156 ». Di quali con
tese si parla? Per rispondere bisognerebbe vedere i suc
citati documenti. Pare che, essendo il monastero posto
su un antico confine Lombardo-Veneto, fosse in quel
tempo luogo di troppo facile rifugio di gente sospetta
e ricercata dalla giustizia.
Anche le Suore viventi su quel confine in una certa
indipendenza dall’autorità ecclesiastica, si dice abbiano
dato motivo a contese e a soppressione del monastero
stesso (1). Più probabilmente le contese sono sorte fra i
pretendenti a quei fondi e le monache. La caduta poi
del monastero è più facile sia avvenuta per vicende di
guerra. Doveva essere per la sua magnifica posizione un
punto strategico preso di mira ed espugnato per primo,
in caso di guerra. Anche oggi è considerato come posto
d’importanza militare e lo sanno
cito che lo trovano chiaramente seg
Non poche volte attorno a questa c
41. 4
Quando fu distrutto il Monastero di S. Margherita?
(1) Reg. Ducal. Cane. Pretoria 117.
52 — - 53
nel 1700. Non è
trovati, siano di s
Il monastero
più recentemente
•ecchi sepolcri qui
Dalle più o meno recenti rovine dev’esser sorto al
lora per volontà e generosità di popolo l’attuale chiesi-
na-Oratorio che conserva precisamente affreschi di quel
tempo.
Nel 1630 nel legato Osio Regoldini si parla ancora
di terreni posseduti dalle Rev. Suore di S. Benedetto di
Bergamo. Fino a quando tennero in mano questi terreni
non si sa di preciso. Oggi sono posseduti dal Sig. Conte
Morlacchi.
tra .Guelfi e Ghibellini un tempo e j-
. iujpjofmbjjg che pare(
soldati caduti nei dintc
> era dedicato a S. Margherita. Ma quale
S. Margherita? Delle Sante di tale nome ve ne sono pa
recchie: una del 275 d. C. vergine e martire, un’altra
morta ne!1093 regina di Scozia, una terza, Margherita
da Cortona del secolo XIII... Orbene, se il monastero già
nel 1156 era dedicato a S. Margherita, come afferma la
notizia suddetta trovata presso l’Ambrosiana, si deve
ritenere che si venerasse la prima, cioè S. Margherita
Martire, nata in Oriente, decapitata nel 275
una mirabile professione di Cristianesimo. Abba-
stanza diffuso tra noi è il culto a questa grande Martire.
Cremona poi l’invoca patrona.
Un quadro di S. Margherita che si trova oggi nella
Chiesa parrocchiale, ma che si afferma esser stato fino
a pochi anni or sono nel suddetto Oratorio, conferma il
parere suaccennato. La santa vi è dipinta con la palma
del martirio e sotto un piede tiene un mostro incate
nato, simbolo della sua vittoria sul demonio.
Pare che la sua distruzione sia avvenuta nel se
colo XV e con tutta probabilità negli anni 1484-1485
a causa di combattimenti qui avvenuti, in cui il paese
di Brembate venne distrutto si può dire completamente.
Di questa rovina del paese si trova notizia in data 7 lu
glio 1485 (1).
Vergine e
dopo
42. 4-
Capo II
ORIGINE DELLA PARROCCHIA
54 -
— 55
Dalla Vicaria di Verdello a quella di Capriate
Nel 1915 l’Ing. Elia Fornoni scriveva: « Sempre uni
ti a Bergamo negli ordinamenti civili ed assoggettati
quindi con Bergamo alla Repubblica Veneta, Verdello
ed il territorio della sua Pieve, limitato verso il Milanese
dall’Adda e da quel Fosso Bergamasco che costituivano
qui il confine tra la Serenissima e il Ducato di Milano,
rimasero ecclesiasticamente sempre alla dipendenze della
Archidiocesi di Milano, pur non celebrando in rito Am
brosiano ».
11 Fornoni nel citato manoscritto spiega ciò, ricor
dando come questo territorio, con tutto quello milanese
posto al di qua dell’Adda, dipendeva dall'Arciprelatura
di Pontirolo (Pontirolo vecchio, ora detto Canonica
d’Adda) che aveva una giurisdizione quasi Vescovile su
36 terre circonvicine; tanto che l’Arciprete aveva un Vi.
cario generale, ammetteva ai quattro ordini minori ed ai
benefici della sua giurisdizione. Inoltre, in parte almeno
del vasto territorio, officiavasi un rito speciale, il rito
patriarchino che nel 1578 sarebbe ancora stato praticato
a Treyiglio; nel Verdellese si permetteva il rito romano.
Fu appunto nel 1578 che S. Carlo smembrò la vasta
Arciprelatura di Pontirolo vecchio in tre P]ebanie: Ca
nonica, Treviglio, (comprendenti terre anche civilmente
dipendenti dal Milanese) e Verdello (assegnandogli le
17 parrocchie politicamente soggette alla Repubblica Ve
neta). Ma a Verdello non fu dato subito un Vicario pro
prio, perchè la sua Plebania fu temporaneamente con
servata alle dipendenze della Prepositura di Treviglio
fino al 1598.
In quell’anno il Cardinal Federico Borromeo nomi
nò il primo Prevosto Vicario Foraneo, con Parroco coa
diutore e Verdello divenne allora Capo Pieve delle 17
Parrocchie esistenti. Ma rimaneva alla dipendenza ec
clesiastica della Diocesi di Milano. Solo nell’anno 1784,
per far cessare le inevitabili contese e guai, derivanti dal
la diversa dipendenza ecclesiastica e civile di questo ter
ritorio, di comune accordo fra le due autorità, si con
venne che la Pieve di Verdello, anche pel governo reli
gioso, passasse a Bergamo, conservando tutti i suoi an
tichi privilegi e diritti anche nelle insegne pastorali.
E la parrocchia di Brembate Sotto che fino dalla
sua erezione era alle dipendenze dell’Arciprelatura di
Pontirolo Vecchio (oggi Canonica d’Adda) nel 1578 pas
sò alle dipendenze della Vicaria di Verdello e vi ri
mase fino ad uno smembramento della Vicaria stessa di
Verdello avvenuto nel 1923 per opera di Sua Eccellenza
Monsignor Luigi Maria Marelli che designò come Vica
riale la Parrocchia di S. Alessandro M. in Capriate
d’Adda, sottomettendole oltre la parrocchia di Bremhate
Sotto, quella di S. Gervasio d’Adda, di Grignano e di
Marne e il Vicariato parrocchiale di Crespi.
43. 56 —
XV non
Le chiese di Brembate verso il mille
E’ certo che fino al secolo XV la comunità cristiana
di Brembate non formava parrocchia. La parrocchia
non solo per Brembate ma per altri paesi qui attorno,
era costituita in Canonica d’Adda o Pontirolo Vecchio.
La Chiesa di S. Vittore non ha servito mai come Chiesa
parrocchiale, sebbene si possa ritenere come la prima
esistente in luogo.
Quando Brembate fu smembrata daUa comunità
cristiana o parrocchia di Canonica e costituita in par-
rocchia, e fu nel secolo XV, come Chiesa Parrocchiale
venne designata quella dei SS. MM. Faustino e Giovila,
forse perchè più comoda per il centro del paese. Quan
do capita (e non è raro il caso) di leggere nelle vecchie
carte di quel tempo ed anche dopo: Brembate parroc
chia di S. Vittore s’intende parlare senza alcun dubbio
della parrocchia dei SS. MM. Faustino e Giovila in
Brembate di S. Vittore. Il nome di S. Vittore in questo
caso sta a designare e distinguere il paese, c non dice il
titolare della parrocchia.
Sebbene fino alla seconda metà del secolo
si parli di Chiesa parrocchiale fra noi, però chiese
esistettero molto tempo prima.
Verso l’anno 1158 si trova notizia sicura tanto della
Chiesa dei SS. Martiri Faustino e Giovila come di quella
di S. Margherita del Monastero delle benedettine e se
ne parla anzi come di chiese già amministrate da tempo
dal rispettivo Cappellano e dalla rispettiva Abbadessa.
44. — 57
»
La chiesa parrocchiale
dei SS. Martiri Faustino e Giovita
Si sa di certo che esistette una Chiesa in onore dei
detti Martiri fin dall’anno 1158. Anzi in quell’anno si
parla delle Chiese dei SS. Faustino e Giovita e. di Santa
Margherita come già esistenti da tempo, donate alla
Chiesa di S. Fermo dai fondatori.
Si rileva da ciò, che la chiesa esistette almeno subito
dopo il mille, e che i fondatori furono quelli stessi che
fondarono la Chiesa di S. Margherita.
Che detta Chiesa dei SS. Faustino e Giovita sia
stata distrutta in seguito non si hanno notizie.
Nel 4470 non si trattò quindi di costruire una chiesa
nuova, ma di rifare e ingrandirne una vecchia per adat
tarla a chiesa parrocchiale.
Il lavoro di rifacimento durò una quindicina d’anni.
La consacrazione venne fatta da S. Ecc. Mons. Giacomo
Viola (o Violi), Vescovo di Lodi il 15 maggio 1487.
Poco prima del 1616 fu necessario procedere ad un
nuovo ingrandimento e ad una trasformazione della
Chiesa, coll’aggiunta del coro. Nel 1617 il lavoro era
compiuto per quanto riguardava il coro, ma si doveva
restaurare già tutto il resto che nel 1487 non era stato
fatto ex novo, ma era stato soltanto riparato.
Nel 1636 si sentì il bisogno di nuovi ritocchi a tutta
la Chiesa. Ma ecco che nel 1651 si ritiene di nuovo bi
sognosa di riparazione perchè « in grandissimo pericolo
di cadere qual viene di presente sostenuta da chiavi di
legno » .
45. Il martirio dei SS. Martiri Faustino e Giovita
4
58 —
— 59
Milano. Non è
r queste nostre
inonica (Ponti-
janti nè artistiche chiavi di
cose: che la Chiesa allora
qualche segno, qualche
prendere dove e come p<
l’atrio sotto la scala del p
parte annessa; osservi 1_
e la parete esterna relativ
scontrerà i segni dei vari r
La Chiesa parrocchiale è dedicata ai SS. MM. Fau
stino e Giovita. Questi santi furono patrizi di Brescia,
fratelli di sangue e di fede e cinsero la loro fronte della
corona del martirio.
Ebbero la fortuna di aver una santa madre che in
stillò nel loro cuore l’amore a Gesù Cristo, fin dalla più
tenera età. Formati a questa scuola furono arricchiti dei
molteplici doni dello Spirito del Signore; e così non si
accontentarono di santificar se stessi, ma si fecero Apo
stoli bramando con tutto il cuore che tutti adorassero il
vero Dio. Perciò andavano di casa in casa per istruire
gli ignoranti, animare i pusillanimi, infervorare i tiepidi.
Sorta la persecuzione per opera di Traiano impe
ratore (che governò dall’anno 96 al 117 dopo Cristo) le
prigioni di Brescia si riempirono di confessori della fede.
ed i due santi fratelli correvano dovunque raccomandan
do preghiera, fermezza e prudenza.
L’opera loro era rivolta specialmente a visitare i
carcerati per recar loro soccorsi spirituali e materiali.
Ma esortando gli altri al martirio, furono pur essi presi
di mira. Accusati come cristiani, vennero tradotti dinan
zi al prefetto della città di Brescia. Confessando essi
fortemente la loro fede, furono battuti con verghe e poi
incarcerati. Dopo lunga prigionia, venne la condanna al
la morte; ma gettati in pasto alla fiere, queste non osa
rono toccarli; gettati in una fornace ardentissima di là
pure evasero miracolosamente salvi.
Legati di nuovo furono condotti a
improbabile che siano allora passati per
strade, passando l’Adda o a Trezzo o a Cai
Quelle non troppo elegs
legno ci dicono non poche
esistente non doveva esser nè molto grande, nè molto
solida; che la forma o meglio lo stile non doveva diffe
rire molto dalla forma dell’attuale chiesa di S. Vittore
(stile quattrocento).
Finalmente rifatta alla meglio, nel 1653 ai 14 di set
tembre, per ordine dell’Arcivescovo di Milano Alfonso
Litta, fu benedetta da Bartolomeo Tassio, Prevosto di
S. Tommaso, di Milano.
Ma i nostri maggiori non dovevano esser molto sod
disfatti di quel loro lavoro, e perciò non molto tempo
dopo ricostruirono si può dire ex novo la chiesa nella
bella forma attuale. Non si sa di preciso quando inco
minciarono i lavori, ma si suppone prima del 1700
perchè la facciata porta la data 1711.
In quel tempo però non si toccò il coro che era
stato fatto nel 1617. Più tardi si sentì il bisogno di rifare
anche quello per adattarlo alla grande e monumentale
Chiesa che s’era costruita.
Chi volesse ricercare della vecchia chiesa qualche
vestigia, qualche segno, qualche cosa che faccia com
prendere dove e come poteva esser costruita, osservi
l’atrio sotto la scala del pulpito attuale e tutta quella
la parte della vecchia sagrestia
iva, com’è attualmente, e ri
rifacimenti.
46. t
J.
>•
i
60
< — 61
Perchè in Brembate una chiesa
ai Ss. Martiri Faustino e Giovita ?
Dio, innalzò una
e Giovita e li
Quando si trattò di adattare un oratorio a Chiesa
parrocchiale in Brembate si scelse quello dei SS. MM.
srchè forse più comodo per la po-
perchè così vollero i Signori di
allo.
Faustino e Giovita peri—
polazione e forse anche p
allora, padroni del Castell
rolo - Ponte Aureliano). Si sperava certo a Milano di
impaurire quegli eroi della fede. Invano!
Furono mandati pure a Roma nella certezza che
lontani dal luogo natio, in mezzo a gente sconosciuta e a
strumenti più raffinati di tortura avrebbero finito col
cedere, ma sempre invano. Sono provati da nuovi e cru
delissimi tormenti ma resistono intrepidi, fortes in fide.
A Roma pare abbiano avuto la bella fortuna di esser
avvicinati e confortati dal Capo della cristianità, Papa
Evaristo. Vengono poi mandati a Napoli. Si cerca natu
ralmente con questi lunghi e faticosi viaggi di stancare
la loro costanza e si ha di mira di allontanarli dall’am
mirazione del popolo che conosce la loro innocenza, e
constata il ripetersi di fatti prodigiosi con una frequenza
meravigliosa.
A Napoli sono sottoposti a nuovi tormenti e infine,
legati mani e piedi, sono gettati in mare. Ma’ecco un
altro strepitoso prodigio! Gli Angeli accorrono e li sal
vano trasportandoli miracolosamente alla riva. Si stan
cano prima i carnefici di perseguitarli che essi di patire.
Li ricondussero a Brescia. Iddio certo dispose che Bre
scia loro patria, avesse l’onore e il vanto di possedere i
loro resti mortali. Nell’almo 120 sotto l’imperatore A-
driano vennero decapitati.
Essi furono come la primizia offerta da Brescia
Cristo Gesù.
Brescia in segno di gratitudine a
sontuosa basilica ai suoi eroi Faustino
venera tuttora come Patroni.
Certo la domanda viene spontanea sul labbro a chi
sa che Brembate è noto soprattutto per la divozione a
S. Vittore Martire di cui possiede un Santuario, origi
nale nella sua struttura ed antichissimo.
Ma è spiegabile la cosa. Le nostre terre passarono
nei primi secoli in mano di diversi padroni ora milanesi,
ora bergamaschi, ora bresciani o cremonesi. Ciascun
portò qui coi suoi difetti, anche la propria fede ed ecco
le chiese di S. Vittore, dei SS. Faustino e Giovita, di
S. Margherita, di S. Fermo (a Marne), S. Gervasio e
Protasio, nel paese rispettivo, S. Alessandro a Capriate
ecc. (Martiri milanesi gli uni, bergamaschi gli altri, altri
ancora bresciani).
Erano chiese od oratori da principio fondati da ric
chi signori o da monaci di monasteri costituitisi in luogo,
come quello di S. Margherita e di S. Fermo.
L’oratorio dei SS. MM. Faustino e Giovita è stato
eretto probabilmente dagli stessi fondatori di S. Fermo
e S. Margherita.
47. 4
La chiesa di S. Rocco
Capo III
LA PARROCCHIALE
La chiesa parrocchiale attuale
62 — — 63
esser ridotta in cattivo
sospensione in essa
da parte delia Curia
Molti dei giovani di Breinbate probabilmente non
avranno mai sentito parlare di una chiesina in paese
in onore di S. Rocco. Ben pochi oggi anche dei vec
chi si ricordano d’aver visto un residuo dell’antica
chiesina nella vecchia casa Comunale, in piazza, di
fianco al castello e precisamente nell'attuale Vicolo
Tasca. Quando la .Chiesina sia sorta non è stato possi
bile stabilire finora. Certo non più tardi delle gravi
pestilenze del 1600. Nel 1614 il Card. Borromeo l’ha
visitata con le altre chiese nella sua Visita Pastorale.
Si trova un cenno di essa nel 1743 quando la scuo
la del SS. Sacramento « obbliga a recitare l’officio due
volte all’anno nella Ven. Chiesa dei Ss. Faustino e Gio
vila o nella chiesa di S. Rocco j>.
Nel 1779 la chiesina doveva
stato, tanto da provocare la
della celebrazione della Messa,
Milanese.
Pare che il popolo l’abbia restaurata, cosicché ven
ne riaperta al culto e nel 1793 lo stesso Vescovo Mon
signor Dolfin il 14 settembre giorno della Consacrazione
della Chiesa parrocchiale di buon mattino vi si recò
a celebrare il Santo Sacrificio.
In seguito andò deperendo così che non si giudicò
più conveniente riattivarla. Fu convertita in una sala
per adunanze municipali e poi trasformata compieta-
mente così che non ne rimangono vestigia.
La Chiesa parrocchiale al tempo della visita di
S. Carlo (anno 1566) non si sa di preciso qual forma
avesse. Certo era affatto diversa dall’attuale.
Ora è di tipo barocco settecentesco: si eleva gran
diosa e perfetta in forma di Croce greca con una gran
de cupola, un po’ tozza, ma ardita ed artistica. La tazza
della cupola affrescata ad architettura con figure lungo
una fitta balaustrata è opera dei fratelli Galliari (della
seconda metà del secolo XVII). (I pittori Galliari di
origine biellesi sono scolari di un Medici e dipinsero in
Milano le scene del teatro vecchio). L’altezza della chie-
sa dal pavimento alla cupola, internamente, è di m. 15.
Le quattro medaglie attorno alla tazza grande ed i
quattro peducci sono di Donnino Ferrori.
I quattro peducci del cupolino sopra il presbiterio
sono di Giuseppe Orelli, il vecchio, da Locamo. Del
medesimo è il soffitto in affresco della antisagrestia.
L’altare laterale, di finto marmo, dicesi dedicato a
S. Domenico de Sari. Ha ora un quadro dipinto da Enea
Saimezza, detto il Talpino, (o secondo altri dallo Zucco)
48. La sua consacrazione
La Chiesa Parrocchiale situale - Interno
1
64 —
I
di sinistra
parte esterna
vari Santi. Su
corpo di
S. C.t
questo al-
S. Vittore
'aliato di Roma
rappresentante Maria SS. con
tare in apposita urna si conserva il
Martire estratto dalle catacombe di
l’anno 1682.
Vi sono pure cinque grandi quadri, tre nel coro e
due riposti sotto le cantorie. Quello di sinistra sta ora
situato nel vano sotto la cantoria, sulla
dello stanzone di ripostiglio.
Scrive il parroco D. Giuseppe Berteli:
« H .«umbre 17M fa ««adone ch. ,„i (u i„U.
mula 1. visita da Sa. Beo. Re».,»., ]. qn,le doveva
appunto «,dere j4
parroco e dal Cloro al popolo ], Corea,™»» della
Chiesa ». (La Chiesa era stata rilatta, perciò ebbe biso-
gno di nuova consacrazione).
«Furono perciò eleni deputati il Re,.. D. Franco
. D. Frane» Rosa; In
>• quando sospesa p„
mal. mtelligenaa 1, visita, ,i ottenne dal Ree. Parroco
la grazia dell, venuta di Sua Eooellen.a Mons. Vesce-
subiaofi°) '* nel giorno
Venne adunque il prelato ia !Ora del giorno 13 .et-
temfare e resistane „d al „ s,n
Vittore. All. manina celebrò i» S. R„cc„ » cominciò do-
pò la consacrazione dell. Chiesa . d.ir.liare con 1.
assistenza di due Rov. Canonici, il Conte Cine. Brm.
49. La fabbrica del nuovo coro
Chiesa Parrocchiale - Altare dei Santi coll'urna contenente il corpo di S. Vittorino
V - 65
3
1
TEMPLUM HOC
D. 0. M.
ET D. D. FAUSTINO ET JOVITA'E M. M. DIC.
JO. PAUL. DELPHINUS
ECCL. BERGOMENS. ANTISTES ET PATEB
ANNIVERSARIA CELEBRITATE
IN DOMINICA III. SEPT. INDICTA
SOLEMNI RITU SACRABAT
XVIII CAL. OCT. MDCCXCIV
PAROCHUS, CLERUS POP.
P. P.
bali ed il Conte Camillo Agliardi... con le guardie di
milizie. Finita la qual funzione assistette alla Mesa
tata solennemente dal Rev. Parroco del luogo.
La lapide messa in chiesa appena fuori della porta
della sagrestia parla di detta consacrazione. Di più esiste
nell’Archivio della parrocchiale l’istrumento. Si trova
anche nell’Archivio un sonetto stampato in tale in
contro ».
. La lapide murata in occasione della consacrazione
della Chiesa sta sulla parete, appena fuori della porta
della Sagrestia, e porta l’iscrizione seguente:
Il Parr. D. Domenico Brugali racconta:
« Ad futuram rei memoriam. La fabbrica del nuo
vo coro della Chiesa Parrocchiale dei SS. Faustino e
Giovila è stata principiata dalle fondamenta nel mese
di marzo dell’anno 1764; è stata terminata e compita
l’anno 1768 e pagata tutta l’anno 1768. La spesa tutta
50. L’altare maggiore e la sua tribuna
L’organo
Gli altari laterali
!
66 — — 67
La Parrocchiale possiede due Altari laterali, di
finto marmo, ma bene intonati alla Chiesa. L’Altare
di sinistra, per chi entra dalla porta centrale, è dedi-
sua memoria il parroco D. Dome-
Esisteva un organo nella chiesa parrocchiale già
fin dal 1825 e l’organista era allora il Sac. Ottavio Le
detti; (così dalle carte dell’Arch. Parr.). Però nel 1.856
venne progettato e costruito un organo nuovo. L’opera
venne affidata alla rinomata ditta Bossi.
In una fattura del 1856 si legge: Pagate in accon
to organo al Sig. Deodato Bossi L. 600. — Venne a co
stare L. 4000 e il conto venne saldato nel 1863.
Nel 1924 il Parroco Don Todeschini affidava alla
Ditta Danieli! di Bergamo l’incarico di una riparazione
generale con l’aggiunta del secondo organo con otto re
gistri ecc.
di puro denaro, oltre le spese fatte gratis, le quali sono
stale molte, come; condotte di materiale, opere di ma
nuale, ecc... monta a L. 8336. Questa è nota chiara e
manifesta... Questo denaro è stato tutto guadagnato
dalle donne in filare e raccolto in pura elemosina senza
un minimo aggravio della Chiesa, la quale in questo
tempo ha fatto fare li sei candelabri d'argento i quali
importano più di L. 6000 ».
Difatti si legge nei libri dei conti: Al Sig. Fos
sati Giuseppe nel 1862 per pagamento della nuoya tri
buna I. rata L. 1348,50 — nel 1863 IL rata lire
1251,50 — nel 1864 III. rata: L. 900.00 — Totale lire
3500.
Nel 1864 al Sig. Angelo Cattò Architetto si conse
gnò a saldo sue competenze pel progetto nuova tribuna,
sorveglianza, direzione e sopraluoghi durante l’esecu
zione dell’opera la somma di L. 135.
Continua nella
nico Brugali:
« Li quattro Profeti dipinti nelle quattro vele con
la medaglia sotto il vólto della Cupola del coro, sono
pittura del Sig. Giuseppe Orelli fatti pel prezzo di Li
re 320, oltre le spese cibarie.
(L’altare maggiore è stato accordato l’anno 1767 con
il Sig. Antonio Giudice marmorino di Milano nel prezzo
di L. 5300 milanesi, come consta ancora dai libri delle
spese fatte dalla chiesa suddetta, essendo queste state
pagate dalla medesima. Questo è stato terminato e mes
so in opera dal suddetto artefice l’anno 1769.
La portella del Ciborio, ossia Tabernacolo, fatta
di rame dorato importa in tutto L. 128 in circa, moneta
di Milano, e questa pure sarà registrata nei libri della
Chiesa prefata ».
Per la tribuna è stato iniziato il contratto e il lavoro
nel 1862. Il progetto è dell’architetto Sig. Angelo Cattò,
eseguito dal marmista Giuseppe Fossati.