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INTELLIGENZA EMOTIVA ED EMPATIA
Relazione educativa e competenze del docente
1
Cos'è l'EI? (Emotional Intelligence)
Il concetto di Intelligenza Emotiva nacque nel 1990
ad opera di due Psicologi, Peter Salovey e John
Mayer, che la definirono – per la prima volta in
termini ufficiali – come:
“la capacità di monitorare e dominare le
Emozioni proprie e altrui e di usarle per guidare
il pensiero e l'azione”.
L’intelligenza emotiva è l’abilità di
indentificare le emozioni, di accedervi e
utilizzarle in modo da assistere il
pensiero, comprendere le emozioni e la
pratica emotiva e gestire riflessivamente
le emozioni così da promuovere la
crescita emotiva e intellettuale.”
(Mayer e Salovey, 1997)
4
Cosa sono le emozioni?
Sono processi (reazioni) di breve durata a fronte
di uno stimolo (interno/esterno) che provocano
cambiamenti a 3 livelli:
1. Fisiologico  modificazioni fisiche e fisiologiche riguardanti la
respirazione, la pressione arteriosa, il battito cardiaco, la
circolazione, le secrezioni, la digestione, ecc
2. Comportamentale  espressioni facciali, postura, tono della
voce e reazioni (es. attacco o fuga)
3. Cognitivo  si attribuisce un significato personale allo stimolo
e alle sensazioni fisiologiche, così da decidere un
comportamento immediato e/o futuro
Tutti sanno cos’è un’emozione fino a che non si chiede loro di
definirla (Fehr e Russell, 1984)
5
CHE COSA NON E’ UN’EMOZIONE?
6
Quali emozioni esistono?
Ekman, uno dei maggiori studiosi delle emozioni, sostiene che
l’esperienza emotiva umana si fonda su famiglie di
emozioni di base che permettono di gestire situazioni
cruciali per la sopravvivenza della specie e distingue fra:
1. Emozioni primarie  risposte spontanee, innate e
precodificate dell'organismo, riconducibili a cinque famiglie emotive:
gioia, tristezza, rabbia, paura, disgusto (e sorpresa)
2. Emozioni secondarie  maggiormente connesse con
l'apprendimento e con l'esperienza personale (senso di colpa,
vergogna, orgoglio, invidia, ecc.)
• Le emozioni primarie sono adattive per la specie, tendenzialmente
universali, presenti già nel bambino molto piccolo, riscontrabili anche
in molti animali (es. primati non umani)
7
• Esistono alcune grandi teorie:
1. Teoria periferica (James, Ekman)
2. Teoria centrale (Cannon)
3. Teoria cognitivo-attivazionale (Schachter e
Singer)
4. Teorie dell’appraisal (Frijda)
5. Teorie psicoevoluzioniste (Tomkins e
Plutchick )
Le principali teorie sulle emozioni
8
• L'evento emotigeno determinerebbe una serie
di reazioni viscerali e neurovegetative che sono
avvertite dal soggetto e la percezione di queste
modificazioni fisiologiche sarebbe alla base
dell'esperienza emotiva
• James capovolge l'impostazione della
psicologia ingenua secondo la quale,
ovviamente, noi piangiamo perché siamo tristi,
e non viceversa
1 - La teoria periferica
Non tremiamo perché abbiamo paura: abbiamo paura perché
tremiamo (James, 1884)
9
• Le espressioni facciali forniscono informazioni motorie,
cutanee e vascolari che influenzano il processo emotivo
• Versione forte: le espressioni facciali da sole sono in
grado di generare un’emozione
• Versione debole: le espressioni facciali aumentano
unicamente l’intensità dell’emozione
• Invitando i soggetti a contrarre i muscoli facciali di sei
emozioni (collera, disgusto, paura, gioia, tristezza,
sorpresa), sono state registrate significative attivazioni
del sistema nervoso autonomo
1 - La teoria periferica
Feedback facciale [Ekman et al., 1983]
10
11
• [Cannon, 1927] I centri di attivazione, di controllo e di
regolazione dei processi emotivi non si trovano in sedi
periferiche, ma sono localizzati centralmente nella regione
talamica
• Secondo Papez [1937] tali centri si situano lungo un circuito
composto da ipotalamo, talamo anteriore, giro cingolato e
ippocampo (circuito di Papez)
• MacLean [1949] integra il circuito di Papez con altre
regioni: amigdala, nuclei del setto, porzioni della corteccia
fronto-orbitaria e porzioni dei gangli della base e
denomina l'insieme di queste strutture neuroanatomiche
con il termine di sistema limbico
2 - La teoria centrale
12
I centri ipotalamici delle emozioni
13
• La teoria periferica di James e la teoria centrale di Cannon, pur
essendo fra loro contrapposte, si sono dimostrate entrambe vere
anche se parziali
• Chi ha contribuito in modo efficace a introdurre una dimensione
genuinamente psicologica nello studio sperimentale delle
emozioni sono stati Schachter e Singer con la teoria cognitivo-
attivazionale (o teoria dei due fattori)
• Tali Autori concepiscono l'emozione come la risultante
dell'interazione fra due componenti: uno di natura fisiologica con
l’attivazione diffusa (cioè emozionalmente non specifica)
dell’organismo (arousal); l’altro di natura cognitiva, con la
percezione e significazione dell’attivazione
3 - La teoria cognitivo-attivazionale
Schachter e Singer [1962]
14
• Frijda [1988]: Le emozioni dipendono dal modo con cui gli
individui valutano e interpretano gli stimoli
• Capovolgimento: per la psicologia ingenua le emozioni si
contrappongono ai processi razionali e sono interpretate
come passioni di breve durata sentite e provate
internamente dall'individuo, che sorgono e si svolgono in
modo automatico e involontario
• Semplicemente, per la psicologia ingenua le emozioni
capitano nella vita delle persone e non si può scegliere o
decidere quale emozione avere o quando.
4 - Le teorie dell’appraisal
15
• Le emozioni sorgono in risposta a situazioni che sono
valutate come importanti per il soggetto
Eventi che soddisfano i suoi scopi e desideri, attivano
emozioni positive; eventi che sono ritenuti dannosi o che
minacciano i suoi interessi, conducono a emozioni negative
• Il significato situazionale: due individui che abbiano una
differente valutazione della medesima situazione
risponderanno con emozioni differenti
La valutazione dipende da fattori disposizionali, aspetti
educativi e culturali, esperienze pregresse specifiche
4 - Le teorie dell’appraisal
Valutare la situazione
16
• Rifacendosi direttamente alla teoria evoluzionistica di
Darwin, Tomkins e Plutchick ritengono che le emozioni
siano strettamente associate alla realizzazione di scopi
universali, connessi con la sopravvivenza della specie e
dell'individuo
• Questa posizione, accolta e sviluppata da Ekman [1972;
1989; 1992] e Izard [1978; 1990; 1994], comporta
l'accettazione della tesi innatista delle espressioni
facciali delle emozioni
• L’enfasi viene posta sulle emozioni primarie (gioia,
rabbia, paura, disgusto, sorpresa, tristezza) ed emozioni
secondarie, intese come una sorta di miscela di diverse
emozioni primarie (teoria tavolozza)
5 - Le teorie psico-evoluzionistiche
Tomkins e Plutchick [1962]
17
La natura delle emozioni
(Il modello di Robert
Plutchik)
Il modello si basa sul parametro dell’intensità dello stato. Per es. l’emozione
fondamentale “rabbia” sfuma in “furore” o in “fastidio” a seconda che sia più o meno
accentuata. Allo stesso modo la “paura” ha i suoi estremi nel “terrore” e nella
”apprensione”.
La combinazione di due emozioni fondamentali dà luogo ad una emozione complessa.
Per es. “gioia” e “accettazione” danno “amore”.
18
5 - Le teorie psico-evoluzionistiche
• Riassumendo:
1. le espressioni facciali delle emozioni sono universali
2. esistono configurazioni neurofisiologiche distintive del
sistema nervoso autonomo per ogni emozione
3. c’è una continuità mimico-espressiva fra i primati e i
soggetti umani
4. gli antecedenti emozionali sarebbero universali e
comuni a tutti gli individui
19
L’espressione delle emozioni
L’ipotesi dell’universalità
• Le espressioni emotive sono universali sia sul piano della
produzione che del riconoscimento
Tale ipotesi si articola in tre proposizioni:
a) universalità dei movimenti facciali (tutti gli esseri umani
presentano le medesime configurazioni di movimenti facciali)
b) espressività dei movimenti facciali (specifiche configurazioni
facciali sono la manifestazione delle stesse emozioni in tutti
gli esseri umani)
c) universalità del processo di attribuzione (ovunque osservatori
appartenenti a diverse culture attribuiscono il medesimo
valore emotivo a date configurazioni facciali)
20
L’espressione delle emozioni
L’ipotesi dell’universalità
• In conclusione, sembra che esista un certo legame
universale fra le emozioni e le loro espressioni facciali; ma
esso, lungi dall'essere perfetto e forte così come vorrebbe
l'ipotesi innatista, lascia spazio a rilevanti e significative
variazioni culturali
• A questo proposito è corretto parlare di interdipendenza
fra componenti biologiche e influenze esercitate dalla
cultura di appartenenza nel manifestare le emozioni
21
22
23
24
25
LOCUS OF CONTROL
Rotter nel 1954 teorizzò il concetto di Locus of Control, definendolo un costrutto
unidimensionale caratterizzato da due poli, l’ interiorità e l’esteriorità, posti lungo un
continuum. Coloro che presentano un locus of control interno tendono ad attribuire i
risultati ottenuti a capacità personali, sono certi di possedere competenze altamente
specifiche che li rendono in grado di raggiungere standard molto elevati e ritengono i
risultati delle loro azioni derivanti dalle proprie abilità.
Al contrario, chi presenta un locus of control esterno ritiene che le conseguenze di
alcune azioni siano dovute a circostanze esteriori, per questo le cose che accadono
nella vita sono fuori dal loro controllo e le azioni messe in atto sono il risultato di
fattori non gestibili, come il destino e la fortuna. Queste persone tendono a incolpare
gli altri piuttosto che se stessi per i risultati ottenuti. Quindi, chi ha un locus interno
considera l’interiorità come legata esclusivamente a una serie di abilità personali e se
volesse ottenere risultati dovrebbe mettere in atto sforzo e sacrificio, mentre chi ha
un locus esterno sostiene che gli accadimenti siano gestiti e regolati dal fato e quindi
siano fuori dal proprio controllo.
Le modalità di attribuzione di controllo si ripercuotono evidentemente sulla
motivazione al successo e sulla gestione delle emozioni. Infatti, coloro che presentano
un locus of control interno sono più inclini all’ansia mentre coloro che mostrano
un locus of control esterno potrebbero manifestare principalmente depressione.
26
LOCUS OF CONTROL
Il Controllo è un concetto molto utilizzato in psicologia e psicopatologia.
Esistono persone che pensano di controllare qualsiasi cosa, altre, invece, credono
di essere controllati da situazioni che si verificano all’esterno.
In generale, controllare significa dirigere le proprie azioni per influenzare gli esiti
di un determinato accadimento.
Spesso la parola controllo è preceduta da un’ altra: Locus o luogo, che tradotto
significa il posto attraverso il quale si definisce il controllo. Ognuno di noi
possiede un Locus of Control, che può essere interno o esterno.
In sostanza, il locus of control rappresenta l’atteggiamento mentale grazie al
quale si riescono a influenzare le proprie azioni e i risultati che ne derivano.
Chi mostra un locus of control esterno percepisce gli eventi come
imprevedibili, dipende dagli altri, ha bassa autostima, scarsa autoefficacia e
attribuisce i propri insuccessi al destino o agli altri.
Al contrario chi ha un locus of control interno mostra conoscenze e skill che
consentono di affrontare al meglio le situazioni e i problemi, pensano di poter
raggiungere gli obiettivi prefissati, credono nelle loro capacità e non temono la
fatica.
Daniel Goleman e l’intelligenza emotiva
Intelligenza emotiva:
Rappresenta un aspetto dell’intelligenza che è legato alla capacità di ognuno di identificare,
impiegare, intendere e regolare in maniera consapevole le proprie e le altrui emozioni.
Specifica due sottocategorie:
 Competenze personali
 Competenze sociali
Per Goleman l’intelligenza emotiva si può sviluppare con l’allenamento.
27
Lo studio dello psicologo americano Daniel Goleman sullo sviluppo delle abilità cognitive
e della personalità trae origine dal modello delle intelligenze multiple, in particolare prende
in considerazione l’intelligenza intrapersonale e quella interpersonale.
1995- Libro più noto “Emotional Intelligence” (Intelligenza emotiva)
28
Empatia come dimensione dell’intelligenza emotiva
Consiste nel riuscire a mettersi nei panni dell’altro
Ovvero immedesimarsi negli stati d’animo e nei pensieri di altri soggetti sulla base della capacità di
comprendere i loro segnali emozionali, assumere la loro prospettiva soggettiva e condividerne i
sentimenti
L’empatia consiste nella capacità di immedesimarsi negli altri pur mantenendo, in modo consapevole,
i confini tra la propria identità e quella dell’interlocutore.
29
Il termine simpatia (compartecipazione, soffrire con) deriva dal Dal lat. sympathia, che è dal gr. sympátheia, der.
di páthos ‘affezione, sentimento’, col pref. syn- ‘con, insieme’ , significa “patire insieme, condividere una particolare
emozione”.
L'empatia, invece, è la capacità di comprendere ciò che una persona sta provando, identificandosi nella situazione in
cui essa versa. L’origine greca di tale parola ne spiega appieno il significato, poiché essa deriva dalla Comp. del
gr. en ‘dentro’ e -pátheia ‘-patia’ che significa “sofferenza o sentimento” e perciò riesce a rappresentare in maniera
perfetta l’immedesimazione di una persona all’interno di una realtà diversa dalla propria.
L’impiego dell’empatia risulta fondamentale nella relazione educativa.
 circle time
 cooperative learning
30
Metodologie e tecniche per sviluppare a scuola l’intelligenza
emotiva
31
Emozioni
Il mondo emotivo è una realtà molto complessa che coinvolge nel contempo fattori fisiologici,
psicologici, cognitivi, ambientali e culturali.
I primi sono attivati e regolati dal cervello, più precisamente dal sistema nervoso centrale, dal sistema
nervoso autonomo e dal sistema ormonale ed endocrino.
Il comportamento emotivo coinvolge, in genere, tutto il cervello e, in particolare, l’emisfero destro,
ovvero la parte destinata alla fantasia, all’immaginazione e alla creatività.
L’aspetto cognitivo dell’emozione si sviluppa in tre
distinti processi:
 Interpretazione (della situazione che ha
prodotto lo stato emotivo)
 Valutazione (dell’evento (giusto/sbagliato)
 Concettualizzazione (registra nella memoria
l’evento per poterlo utilizzare al momento
opportuno)
Aspetti ambientali e culturali dell’emozione
Es. presso il popolo eschimese l’individuo che
esprime rabbia viene accusato di essere
infantile.
Emozioni
32
L'AMIGDALA:
la ghiandola (mandorla) delle emozioni
Responsabile dell'apprendimento e
memoria atavica
La principale regione cerebrale implicata
nell’elaborazione delle emozioni è
l’amigdala, struttura collocata all’interno
della porzione mediale del lobo temporale,
adiacente all’ippocampo, con la corteccia
prefrontale posta immediatamente
anteriormente.
Risponde immediatamente ed
inconsciamente a tutti i segnali di pericolo
provenienti dall’esterno.
Riceve stimoli acustici e visivi ed elabora
risposte di tipo emotivo.
IPPOCAMPO:
RESPONSABILE dell'apprendimento e
della memorizzazione cosciente
La principale funzione dell’ippocampo sta
nel fornire un ricordo particolareggiato del
CONTESTO, vitale per il significato
emozionale.
Emozioni
33
L’IPOTALAMO:
è responsabile dell’attivazione delle risposte
vegetative dell’organismo in relazione a stimoli
emotigeni.
Tali risposte regolano diversi indici fisiologici:
• frequenza cardiaca
• temperatura corporea
• pressione arteriosa
• sudorazione
• ritmo respiratorio
• contrazione gastrica
L'ipotalamo regola l'OMEOSTASI, mantiene cioè stabili le condizioni dell'organismo;
È il principale trasduttore psicofisico nelle situazioni di stress.
Emozioni
34
35
Emozioni e sentimenti
La principale differenza tra i sentimenti e le emozioni , concetti spesso confusi fra loro, risiede nel
fatto che
i sentimenti NON sono determinati da uno stimolo ambientale, come le emozioni,
e pertanto sono stati affettivi più duraturi nel tempo.
Sentimenti, es. amicizia, amore,invidia, gelosia.
 Empatia ed intelligenza emotiva sono attitudini dell’individuo che possono essere
coltivate ed alimentate grazie alla conoscenza delle emozioni. L’esperienza
emotiva, paragonabile ad uno strumento attraverso il quale il soggetto entra in
rapporto con la realtà circostante, è un processo complesso poiché, dispiegandosi
sugli orizzonti cognitivo, biologico e comportamentale, tende a coinvolgere l’individuo
nella sua globalità.
 Le emozioni sono conseguenza di squilibri che si verificano nell’appraisal,
«l’operazione di costante monitoraggio dell’individuo e dell’ambiente, volta alla
valutazione della conciliabilità tra contesti e i fini del soggetto stesso».
 Nel processo emotivo si verificano fenomeni fisiologici che riguardano l’attività
cerebrale, la regolazione delle funzioni vegetative, la circolazione sanguigna, la
digestione, la termoregolazione, il sistema endocrino e il sistema immunitario.
 Esistono configurazioni tipiche o pattern fisiologici delle emozioni. Negli schemi
fisiologici di risposta intervengono anche delle idiosincrasie di carattere individuale,
vale a dire attitudini proprie di ogni soggetto a reagire in modo diverso agli stimoli.
 Un’emozione comporta un’attività altamente razionale.
Intelligenza emotiva ed emozioni
36
La relazione educativa, relazione di aiuto
37
Relazione
educativa
Saperi del DOCENTE:
pedagogico, culturale,
metodol.-did., relazionale,
compet. comunicative…
funzione:
didattica
ed
educativa
Facilitatore
Mediatore
INSEGNAMENTO
CENTRATO
SULLO
STUDENTE
Scuola NON
opera nel
vuoto ma in
contesti vivi
Reticolo di relazioni:
alunni, famiglie, colleghi,
superiori, operatori
scolastici etc.
Bronfenbrenner
(1917-2005)
Modello sistemico
Relazione
asimmetrica
Asimmetria
sostanziale e formale
(perché determinata
da ruoli sociali diversi)
Orientata alla valorizzazione
delle potenzialità degli
studenti, dell’intelligenza
emotiva, del pensiero
divergente e della creatività, e
attenta agli aspetti
motivazionali
Autorevolezza
(e non
autoritarismo)
Assertività: non
teme il no!
(punto di equilibrio
tra passività e
aggressività)
Necessita di 3
atteggiamenti chiave
(Rogers):
empatia
Autenticità
Considerazione positiva
incondizionata
Bronfenbrenner (1917-2005)
modello sistemico
38
 Microsistema: l’ambiente più prossimo in cui vive l’individuo in un dato momento della sua evoluzione (relazioni,
attività ed esperienze vissute ad es. casa, scuola gruppo più vicino di amici e parenti).
 Mesosistema: è una zona di relazione tra due o più sistemi (il bambino ad es. partecipa quotidianamente al
microsistema casa e al microsistema scuola; le connessioni e gli scambi tra questi due insiemi danno vita al
mesosistema).
 Esosistema: eventi che seppur non direttamente in contatto col bambino ne influenzano lo sviluppo (es. cattivi
rapporti tra genitori e alcuni parenti, seppur non direttamente partecipi alla vita del piccolo, hanno comunque
ripercussioni sul suo umore e sul suo clima familiare).
 Macrosistema: contesto sociale di riferimento (leggi norme valori della società in cui l’individuo è inserito).
Attenzione al mesositema
scuola-famiglia!
Clima di classe
Conoscere e valorizzare le risorse relazionali che contribuiscono a creare un clima classe positivo
rappresenta un fattore di protezione per il successo formativo sul quale gli insegnanti devono
investire.
 modalità di gestione classe caratteristiche di ogni singolo docente;
 Qualità della relazione insegnante-alunno;
 Qualità dell’istruzione;
 Contesto sociale e relazione scuola-famiglia;
 Relazione con il gruppo dei pari;
 Caratteristiche individuali di studenti e insegnanti;
 Politica scolastica e spazi;
39
ri-definire il clima classe come il risultato della creazione di una rete relazionale, all’interno della
quale ritroviamo aspetti affettivi, motivazionali e di co-costruzione di obiettivi cognitivi.
Il clima classe dipende quindi dalla «[…] rete di relazioni affettive, dalle molteplici motivazioni a
stare insieme, dalla collaborazione in vista di obiettivi comuni, dall’apprezzamento reciproco,
dalle norme e modalità di funzionamento del gruppo» (Polito, 2000, p. 50) ed è determinato,
principalmente, dal tipo di interazione che viene a crearsi tra gli studenti e l’insegnante, oltre che da
altre variabili più oggettive come l’ambiente fisico e sociale.
Clima di classe
Il “clima classe”, perciò, riguarda la percezione collettiva che alunni e insegnanti hanno
del loro stare dentro la classe, che può influenzare la loro motivazione e il loro
impegno nonché l’insieme degli atteggiamenti, dei comportamenti e delle relazioni
che si instaurano in quel peculiare contesto. In sostanza, la qualità del clima classe
riflette le caratteristiche della relazione insegnante allievi e fra gli allievi stessi. Un
clima positivo nella classe si sviluppa quando gli insegnanti si comportano in modo
“facilitativo”, utilizzando strategie d’insegnamento centrate sul singolo, ponendosi in
un atteggiamento autorevole in cui esprimono il loro interesse per lo studente come
persona.
40
Emozioni ed interazione sociale
• Le emozioni regolano le relazioni affettive precoci uso strumentale delle emozioni
per regolare l’interazione col caregiver.
• Adulto: attribuzione di intenzionalità alle emozioni del bambino, detta scaffolding* ;
orienta e canalizza le espressioni emotive in accordo con le regole sociali.
• Socializzazione delle emozioni  le emozioni acquistano significato all’interno delle
relazioni affettive.
• Scambi emotivi tra figura di accudimento e bambino: essenziali per lo sviluppo
Teoria psicanalitica Teoria dell’attaccamento
41
*(scaffolding-introdotto in psicologia da Bruner 1976= strategie di sostegno e guida ai processi
di apprendimento che consentono di svolgere un compito anche se non si hanno ancora le
competenze per farlo in autonomia, riuscendovi grazie all’aiuto di un esperto(adulto o pari più
preparato) che fornisce informazioni e suggerimenti, nell’attesa che si riesca a maturare piena
autonomia nello svolgimento di un compito);
John Bowlby
• Quando Bowlby aveva 21 anni lavorava in una casa per ragazzi disadattati: l’esperienza
clinica avviata con due di loro, che manifestavano entrambi una relazione fortemente
disturbata con la madre, lo segnarono profondamente.
• Dieci anni più tardi, verso la metà degli anni ‘40, la realizzazione di uno studio
retrospettivo, lo portò a formalizzare il proprio modo di considerare la distruzione della
prima relazione madre bambino come precursore chiave del disturbo mentale  giovani
ladri “anaffettivi”.
• Fine anni ‘40, Bowlby estese il proprio interesse alle relazioni madre-bambino  ricerca
sugli effetti prodotti dall’inserimento “forzato” dei bambini in istituti, o in ospedali
(isituzionalizzazione) durante l’infanzia: i bambini che avevano subito una grave
deprivazione di cure materne tendevano a sviluppare gli stessi sintomi dei giovani ladri da
lui definiti “anaffettivi”.
42
Bowlby e Freud
• Le ipotesi prevalenti sull’origine dei legami affettivi avanzate nella prima metà del XX
secolo, non convincevano pienamente Bowlby dal punto di vista della correttezza
scientifica:
• Sia la teoria psicanalitica sia quella dell’apprendimento sottolineavano come il legame
emotivo con il caregiver fosse una pulsione secondaria, basata sulla gratificazione di
bisogni corporei… …
… nonostante fossero già disponibili dati che dimostravano come, almeno nel regno
animale, i “cuccioli” sviluppavano un attaccamento nei confronti di adulti da cui non
erano ad esempio stati nutriti:
– studi sull’imprinting dell’etologo Lorenz
– studi sulla ricerca di accudimento e conforto nei macachi condotti da Harlow.
43
Per Freud:
l’affetto del bambino per la propria
madre è determinato dal una
motivazione secondaria, derivante
dal soddisfacimento di bisogni
primari di alimentazione e pulizia.
La madre diventa poi oggetto di
pulsioni libidiche e aggressive
Per Bowlby:
l’affetto del bambino per la propria
madre è determinato dal una
motivazione intrinseca e
primaria, derivante dal bisogno di
contatto e di conforto. La ricerca
della vicinanza è la sua
manifestazione più esplicita
44
Lo sviluppo del legame di attaccamento
Comportamenti di segnalazione e avvicinamento senza discriminazione fra
persone o intenzionalità: pianto, sorriso, vocalizzazioni, “aggrapparsi”.
0 - 2 mesi
2 - 6/8 mesi
Comunicazioni dirette verso una o più persone discriminate, perlopiù la madre
o chi elargisce cure. Ansia generata dall’essere lasciato solo (no relazione
causa-effetto e permanenza oggetto)
6/8 mesi –
2 anni
Mantenimento del contatto con la persona discriminata: locomozione. Utilizzo
della figura di attaccamento come “base sicura” per l’esplorazione
dell’ambiente. Ansia da separazione e paura dell’estraneo. 8 mesi: , legame di
attaccamento vero e proprio.
18 mesi in poi
Relazione basata sul set-goal (scopo programmato)  perseguimento di
obiettivi regolati dai feedback ambientali. Intenzionalità e reciprocità del
rapporto madre-bambino. Capacità del bambino di adattarsi alle esigenze della
madre anche grazie alle conquiste cognitive. INTERNAL WORKING MODELS.
45

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Competenze su empatia e intelligenza emotiva

  • 1. INTELLIGENZA EMOTIVA ED EMPATIA Relazione educativa e competenze del docente 1
  • 2. Cos'è l'EI? (Emotional Intelligence) Il concetto di Intelligenza Emotiva nacque nel 1990 ad opera di due Psicologi, Peter Salovey e John Mayer, che la definirono – per la prima volta in termini ufficiali – come: “la capacità di monitorare e dominare le Emozioni proprie e altrui e di usarle per guidare il pensiero e l'azione”.
  • 3. L’intelligenza emotiva è l’abilità di indentificare le emozioni, di accedervi e utilizzarle in modo da assistere il pensiero, comprendere le emozioni e la pratica emotiva e gestire riflessivamente le emozioni così da promuovere la crescita emotiva e intellettuale.” (Mayer e Salovey, 1997)
  • 4. 4 Cosa sono le emozioni? Sono processi (reazioni) di breve durata a fronte di uno stimolo (interno/esterno) che provocano cambiamenti a 3 livelli: 1. Fisiologico  modificazioni fisiche e fisiologiche riguardanti la respirazione, la pressione arteriosa, il battito cardiaco, la circolazione, le secrezioni, la digestione, ecc 2. Comportamentale  espressioni facciali, postura, tono della voce e reazioni (es. attacco o fuga) 3. Cognitivo  si attribuisce un significato personale allo stimolo e alle sensazioni fisiologiche, così da decidere un comportamento immediato e/o futuro Tutti sanno cos’è un’emozione fino a che non si chiede loro di definirla (Fehr e Russell, 1984)
  • 5. 5 CHE COSA NON E’ UN’EMOZIONE?
  • 6. 6 Quali emozioni esistono? Ekman, uno dei maggiori studiosi delle emozioni, sostiene che l’esperienza emotiva umana si fonda su famiglie di emozioni di base che permettono di gestire situazioni cruciali per la sopravvivenza della specie e distingue fra: 1. Emozioni primarie  risposte spontanee, innate e precodificate dell'organismo, riconducibili a cinque famiglie emotive: gioia, tristezza, rabbia, paura, disgusto (e sorpresa) 2. Emozioni secondarie  maggiormente connesse con l'apprendimento e con l'esperienza personale (senso di colpa, vergogna, orgoglio, invidia, ecc.) • Le emozioni primarie sono adattive per la specie, tendenzialmente universali, presenti già nel bambino molto piccolo, riscontrabili anche in molti animali (es. primati non umani)
  • 7. 7 • Esistono alcune grandi teorie: 1. Teoria periferica (James, Ekman) 2. Teoria centrale (Cannon) 3. Teoria cognitivo-attivazionale (Schachter e Singer) 4. Teorie dell’appraisal (Frijda) 5. Teorie psicoevoluzioniste (Tomkins e Plutchick ) Le principali teorie sulle emozioni
  • 8. 8 • L'evento emotigeno determinerebbe una serie di reazioni viscerali e neurovegetative che sono avvertite dal soggetto e la percezione di queste modificazioni fisiologiche sarebbe alla base dell'esperienza emotiva • James capovolge l'impostazione della psicologia ingenua secondo la quale, ovviamente, noi piangiamo perché siamo tristi, e non viceversa 1 - La teoria periferica Non tremiamo perché abbiamo paura: abbiamo paura perché tremiamo (James, 1884)
  • 9. 9 • Le espressioni facciali forniscono informazioni motorie, cutanee e vascolari che influenzano il processo emotivo • Versione forte: le espressioni facciali da sole sono in grado di generare un’emozione • Versione debole: le espressioni facciali aumentano unicamente l’intensità dell’emozione • Invitando i soggetti a contrarre i muscoli facciali di sei emozioni (collera, disgusto, paura, gioia, tristezza, sorpresa), sono state registrate significative attivazioni del sistema nervoso autonomo 1 - La teoria periferica Feedback facciale [Ekman et al., 1983]
  • 10. 10
  • 11. 11 • [Cannon, 1927] I centri di attivazione, di controllo e di regolazione dei processi emotivi non si trovano in sedi periferiche, ma sono localizzati centralmente nella regione talamica • Secondo Papez [1937] tali centri si situano lungo un circuito composto da ipotalamo, talamo anteriore, giro cingolato e ippocampo (circuito di Papez) • MacLean [1949] integra il circuito di Papez con altre regioni: amigdala, nuclei del setto, porzioni della corteccia fronto-orbitaria e porzioni dei gangli della base e denomina l'insieme di queste strutture neuroanatomiche con il termine di sistema limbico 2 - La teoria centrale
  • 12. 12 I centri ipotalamici delle emozioni
  • 13. 13 • La teoria periferica di James e la teoria centrale di Cannon, pur essendo fra loro contrapposte, si sono dimostrate entrambe vere anche se parziali • Chi ha contribuito in modo efficace a introdurre una dimensione genuinamente psicologica nello studio sperimentale delle emozioni sono stati Schachter e Singer con la teoria cognitivo- attivazionale (o teoria dei due fattori) • Tali Autori concepiscono l'emozione come la risultante dell'interazione fra due componenti: uno di natura fisiologica con l’attivazione diffusa (cioè emozionalmente non specifica) dell’organismo (arousal); l’altro di natura cognitiva, con la percezione e significazione dell’attivazione 3 - La teoria cognitivo-attivazionale Schachter e Singer [1962]
  • 14. 14 • Frijda [1988]: Le emozioni dipendono dal modo con cui gli individui valutano e interpretano gli stimoli • Capovolgimento: per la psicologia ingenua le emozioni si contrappongono ai processi razionali e sono interpretate come passioni di breve durata sentite e provate internamente dall'individuo, che sorgono e si svolgono in modo automatico e involontario • Semplicemente, per la psicologia ingenua le emozioni capitano nella vita delle persone e non si può scegliere o decidere quale emozione avere o quando. 4 - Le teorie dell’appraisal
  • 15. 15 • Le emozioni sorgono in risposta a situazioni che sono valutate come importanti per il soggetto Eventi che soddisfano i suoi scopi e desideri, attivano emozioni positive; eventi che sono ritenuti dannosi o che minacciano i suoi interessi, conducono a emozioni negative • Il significato situazionale: due individui che abbiano una differente valutazione della medesima situazione risponderanno con emozioni differenti La valutazione dipende da fattori disposizionali, aspetti educativi e culturali, esperienze pregresse specifiche 4 - Le teorie dell’appraisal Valutare la situazione
  • 16. 16 • Rifacendosi direttamente alla teoria evoluzionistica di Darwin, Tomkins e Plutchick ritengono che le emozioni siano strettamente associate alla realizzazione di scopi universali, connessi con la sopravvivenza della specie e dell'individuo • Questa posizione, accolta e sviluppata da Ekman [1972; 1989; 1992] e Izard [1978; 1990; 1994], comporta l'accettazione della tesi innatista delle espressioni facciali delle emozioni • L’enfasi viene posta sulle emozioni primarie (gioia, rabbia, paura, disgusto, sorpresa, tristezza) ed emozioni secondarie, intese come una sorta di miscela di diverse emozioni primarie (teoria tavolozza) 5 - Le teorie psico-evoluzionistiche Tomkins e Plutchick [1962]
  • 17. 17 La natura delle emozioni (Il modello di Robert Plutchik) Il modello si basa sul parametro dell’intensità dello stato. Per es. l’emozione fondamentale “rabbia” sfuma in “furore” o in “fastidio” a seconda che sia più o meno accentuata. Allo stesso modo la “paura” ha i suoi estremi nel “terrore” e nella ”apprensione”. La combinazione di due emozioni fondamentali dà luogo ad una emozione complessa. Per es. “gioia” e “accettazione” danno “amore”.
  • 18. 18 5 - Le teorie psico-evoluzionistiche • Riassumendo: 1. le espressioni facciali delle emozioni sono universali 2. esistono configurazioni neurofisiologiche distintive del sistema nervoso autonomo per ogni emozione 3. c’è una continuità mimico-espressiva fra i primati e i soggetti umani 4. gli antecedenti emozionali sarebbero universali e comuni a tutti gli individui
  • 19. 19 L’espressione delle emozioni L’ipotesi dell’universalità • Le espressioni emotive sono universali sia sul piano della produzione che del riconoscimento Tale ipotesi si articola in tre proposizioni: a) universalità dei movimenti facciali (tutti gli esseri umani presentano le medesime configurazioni di movimenti facciali) b) espressività dei movimenti facciali (specifiche configurazioni facciali sono la manifestazione delle stesse emozioni in tutti gli esseri umani) c) universalità del processo di attribuzione (ovunque osservatori appartenenti a diverse culture attribuiscono il medesimo valore emotivo a date configurazioni facciali)
  • 20. 20 L’espressione delle emozioni L’ipotesi dell’universalità • In conclusione, sembra che esista un certo legame universale fra le emozioni e le loro espressioni facciali; ma esso, lungi dall'essere perfetto e forte così come vorrebbe l'ipotesi innatista, lascia spazio a rilevanti e significative variazioni culturali • A questo proposito è corretto parlare di interdipendenza fra componenti biologiche e influenze esercitate dalla cultura di appartenenza nel manifestare le emozioni
  • 21. 21
  • 22. 22
  • 23. 23
  • 24. 24
  • 25. 25 LOCUS OF CONTROL Rotter nel 1954 teorizzò il concetto di Locus of Control, definendolo un costrutto unidimensionale caratterizzato da due poli, l’ interiorità e l’esteriorità, posti lungo un continuum. Coloro che presentano un locus of control interno tendono ad attribuire i risultati ottenuti a capacità personali, sono certi di possedere competenze altamente specifiche che li rendono in grado di raggiungere standard molto elevati e ritengono i risultati delle loro azioni derivanti dalle proprie abilità. Al contrario, chi presenta un locus of control esterno ritiene che le conseguenze di alcune azioni siano dovute a circostanze esteriori, per questo le cose che accadono nella vita sono fuori dal loro controllo e le azioni messe in atto sono il risultato di fattori non gestibili, come il destino e la fortuna. Queste persone tendono a incolpare gli altri piuttosto che se stessi per i risultati ottenuti. Quindi, chi ha un locus interno considera l’interiorità come legata esclusivamente a una serie di abilità personali e se volesse ottenere risultati dovrebbe mettere in atto sforzo e sacrificio, mentre chi ha un locus esterno sostiene che gli accadimenti siano gestiti e regolati dal fato e quindi siano fuori dal proprio controllo. Le modalità di attribuzione di controllo si ripercuotono evidentemente sulla motivazione al successo e sulla gestione delle emozioni. Infatti, coloro che presentano un locus of control interno sono più inclini all’ansia mentre coloro che mostrano un locus of control esterno potrebbero manifestare principalmente depressione.
  • 26. 26 LOCUS OF CONTROL Il Controllo è un concetto molto utilizzato in psicologia e psicopatologia. Esistono persone che pensano di controllare qualsiasi cosa, altre, invece, credono di essere controllati da situazioni che si verificano all’esterno. In generale, controllare significa dirigere le proprie azioni per influenzare gli esiti di un determinato accadimento. Spesso la parola controllo è preceduta da un’ altra: Locus o luogo, che tradotto significa il posto attraverso il quale si definisce il controllo. Ognuno di noi possiede un Locus of Control, che può essere interno o esterno. In sostanza, il locus of control rappresenta l’atteggiamento mentale grazie al quale si riescono a influenzare le proprie azioni e i risultati che ne derivano. Chi mostra un locus of control esterno percepisce gli eventi come imprevedibili, dipende dagli altri, ha bassa autostima, scarsa autoefficacia e attribuisce i propri insuccessi al destino o agli altri. Al contrario chi ha un locus of control interno mostra conoscenze e skill che consentono di affrontare al meglio le situazioni e i problemi, pensano di poter raggiungere gli obiettivi prefissati, credono nelle loro capacità e non temono la fatica.
  • 27. Daniel Goleman e l’intelligenza emotiva Intelligenza emotiva: Rappresenta un aspetto dell’intelligenza che è legato alla capacità di ognuno di identificare, impiegare, intendere e regolare in maniera consapevole le proprie e le altrui emozioni. Specifica due sottocategorie:  Competenze personali  Competenze sociali Per Goleman l’intelligenza emotiva si può sviluppare con l’allenamento. 27 Lo studio dello psicologo americano Daniel Goleman sullo sviluppo delle abilità cognitive e della personalità trae origine dal modello delle intelligenze multiple, in particolare prende in considerazione l’intelligenza intrapersonale e quella interpersonale. 1995- Libro più noto “Emotional Intelligence” (Intelligenza emotiva)
  • 28. 28
  • 29. Empatia come dimensione dell’intelligenza emotiva Consiste nel riuscire a mettersi nei panni dell’altro Ovvero immedesimarsi negli stati d’animo e nei pensieri di altri soggetti sulla base della capacità di comprendere i loro segnali emozionali, assumere la loro prospettiva soggettiva e condividerne i sentimenti L’empatia consiste nella capacità di immedesimarsi negli altri pur mantenendo, in modo consapevole, i confini tra la propria identità e quella dell’interlocutore. 29 Il termine simpatia (compartecipazione, soffrire con) deriva dal Dal lat. sympathia, che è dal gr. sympátheia, der. di páthos ‘affezione, sentimento’, col pref. syn- ‘con, insieme’ , significa “patire insieme, condividere una particolare emozione”. L'empatia, invece, è la capacità di comprendere ciò che una persona sta provando, identificandosi nella situazione in cui essa versa. L’origine greca di tale parola ne spiega appieno il significato, poiché essa deriva dalla Comp. del gr. en ‘dentro’ e -pátheia ‘-patia’ che significa “sofferenza o sentimento” e perciò riesce a rappresentare in maniera perfetta l’immedesimazione di una persona all’interno di una realtà diversa dalla propria. L’impiego dell’empatia risulta fondamentale nella relazione educativa.
  • 30.  circle time  cooperative learning 30 Metodologie e tecniche per sviluppare a scuola l’intelligenza emotiva
  • 31. 31 Emozioni Il mondo emotivo è una realtà molto complessa che coinvolge nel contempo fattori fisiologici, psicologici, cognitivi, ambientali e culturali. I primi sono attivati e regolati dal cervello, più precisamente dal sistema nervoso centrale, dal sistema nervoso autonomo e dal sistema ormonale ed endocrino. Il comportamento emotivo coinvolge, in genere, tutto il cervello e, in particolare, l’emisfero destro, ovvero la parte destinata alla fantasia, all’immaginazione e alla creatività. L’aspetto cognitivo dell’emozione si sviluppa in tre distinti processi:  Interpretazione (della situazione che ha prodotto lo stato emotivo)  Valutazione (dell’evento (giusto/sbagliato)  Concettualizzazione (registra nella memoria l’evento per poterlo utilizzare al momento opportuno) Aspetti ambientali e culturali dell’emozione Es. presso il popolo eschimese l’individuo che esprime rabbia viene accusato di essere infantile.
  • 33. L'AMIGDALA: la ghiandola (mandorla) delle emozioni Responsabile dell'apprendimento e memoria atavica La principale regione cerebrale implicata nell’elaborazione delle emozioni è l’amigdala, struttura collocata all’interno della porzione mediale del lobo temporale, adiacente all’ippocampo, con la corteccia prefrontale posta immediatamente anteriormente. Risponde immediatamente ed inconsciamente a tutti i segnali di pericolo provenienti dall’esterno. Riceve stimoli acustici e visivi ed elabora risposte di tipo emotivo. IPPOCAMPO: RESPONSABILE dell'apprendimento e della memorizzazione cosciente La principale funzione dell’ippocampo sta nel fornire un ricordo particolareggiato del CONTESTO, vitale per il significato emozionale. Emozioni 33
  • 34. L’IPOTALAMO: è responsabile dell’attivazione delle risposte vegetative dell’organismo in relazione a stimoli emotigeni. Tali risposte regolano diversi indici fisiologici: • frequenza cardiaca • temperatura corporea • pressione arteriosa • sudorazione • ritmo respiratorio • contrazione gastrica L'ipotalamo regola l'OMEOSTASI, mantiene cioè stabili le condizioni dell'organismo; È il principale trasduttore psicofisico nelle situazioni di stress. Emozioni 34
  • 35. 35 Emozioni e sentimenti La principale differenza tra i sentimenti e le emozioni , concetti spesso confusi fra loro, risiede nel fatto che i sentimenti NON sono determinati da uno stimolo ambientale, come le emozioni, e pertanto sono stati affettivi più duraturi nel tempo. Sentimenti, es. amicizia, amore,invidia, gelosia.
  • 36.  Empatia ed intelligenza emotiva sono attitudini dell’individuo che possono essere coltivate ed alimentate grazie alla conoscenza delle emozioni. L’esperienza emotiva, paragonabile ad uno strumento attraverso il quale il soggetto entra in rapporto con la realtà circostante, è un processo complesso poiché, dispiegandosi sugli orizzonti cognitivo, biologico e comportamentale, tende a coinvolgere l’individuo nella sua globalità.  Le emozioni sono conseguenza di squilibri che si verificano nell’appraisal, «l’operazione di costante monitoraggio dell’individuo e dell’ambiente, volta alla valutazione della conciliabilità tra contesti e i fini del soggetto stesso».  Nel processo emotivo si verificano fenomeni fisiologici che riguardano l’attività cerebrale, la regolazione delle funzioni vegetative, la circolazione sanguigna, la digestione, la termoregolazione, il sistema endocrino e il sistema immunitario.  Esistono configurazioni tipiche o pattern fisiologici delle emozioni. Negli schemi fisiologici di risposta intervengono anche delle idiosincrasie di carattere individuale, vale a dire attitudini proprie di ogni soggetto a reagire in modo diverso agli stimoli.  Un’emozione comporta un’attività altamente razionale. Intelligenza emotiva ed emozioni 36
  • 37. La relazione educativa, relazione di aiuto 37 Relazione educativa Saperi del DOCENTE: pedagogico, culturale, metodol.-did., relazionale, compet. comunicative… funzione: didattica ed educativa Facilitatore Mediatore INSEGNAMENTO CENTRATO SULLO STUDENTE Scuola NON opera nel vuoto ma in contesti vivi Reticolo di relazioni: alunni, famiglie, colleghi, superiori, operatori scolastici etc. Bronfenbrenner (1917-2005) Modello sistemico Relazione asimmetrica Asimmetria sostanziale e formale (perché determinata da ruoli sociali diversi) Orientata alla valorizzazione delle potenzialità degli studenti, dell’intelligenza emotiva, del pensiero divergente e della creatività, e attenta agli aspetti motivazionali Autorevolezza (e non autoritarismo) Assertività: non teme il no! (punto di equilibrio tra passività e aggressività) Necessita di 3 atteggiamenti chiave (Rogers): empatia Autenticità Considerazione positiva incondizionata
  • 38. Bronfenbrenner (1917-2005) modello sistemico 38  Microsistema: l’ambiente più prossimo in cui vive l’individuo in un dato momento della sua evoluzione (relazioni, attività ed esperienze vissute ad es. casa, scuola gruppo più vicino di amici e parenti).  Mesosistema: è una zona di relazione tra due o più sistemi (il bambino ad es. partecipa quotidianamente al microsistema casa e al microsistema scuola; le connessioni e gli scambi tra questi due insiemi danno vita al mesosistema).  Esosistema: eventi che seppur non direttamente in contatto col bambino ne influenzano lo sviluppo (es. cattivi rapporti tra genitori e alcuni parenti, seppur non direttamente partecipi alla vita del piccolo, hanno comunque ripercussioni sul suo umore e sul suo clima familiare).  Macrosistema: contesto sociale di riferimento (leggi norme valori della società in cui l’individuo è inserito). Attenzione al mesositema scuola-famiglia!
  • 39. Clima di classe Conoscere e valorizzare le risorse relazionali che contribuiscono a creare un clima classe positivo rappresenta un fattore di protezione per il successo formativo sul quale gli insegnanti devono investire.  modalità di gestione classe caratteristiche di ogni singolo docente;  Qualità della relazione insegnante-alunno;  Qualità dell’istruzione;  Contesto sociale e relazione scuola-famiglia;  Relazione con il gruppo dei pari;  Caratteristiche individuali di studenti e insegnanti;  Politica scolastica e spazi; 39 ri-definire il clima classe come il risultato della creazione di una rete relazionale, all’interno della quale ritroviamo aspetti affettivi, motivazionali e di co-costruzione di obiettivi cognitivi. Il clima classe dipende quindi dalla «[…] rete di relazioni affettive, dalle molteplici motivazioni a stare insieme, dalla collaborazione in vista di obiettivi comuni, dall’apprezzamento reciproco, dalle norme e modalità di funzionamento del gruppo» (Polito, 2000, p. 50) ed è determinato, principalmente, dal tipo di interazione che viene a crearsi tra gli studenti e l’insegnante, oltre che da altre variabili più oggettive come l’ambiente fisico e sociale.
  • 40. Clima di classe Il “clima classe”, perciò, riguarda la percezione collettiva che alunni e insegnanti hanno del loro stare dentro la classe, che può influenzare la loro motivazione e il loro impegno nonché l’insieme degli atteggiamenti, dei comportamenti e delle relazioni che si instaurano in quel peculiare contesto. In sostanza, la qualità del clima classe riflette le caratteristiche della relazione insegnante allievi e fra gli allievi stessi. Un clima positivo nella classe si sviluppa quando gli insegnanti si comportano in modo “facilitativo”, utilizzando strategie d’insegnamento centrate sul singolo, ponendosi in un atteggiamento autorevole in cui esprimono il loro interesse per lo studente come persona. 40
  • 41. Emozioni ed interazione sociale • Le emozioni regolano le relazioni affettive precoci uso strumentale delle emozioni per regolare l’interazione col caregiver. • Adulto: attribuzione di intenzionalità alle emozioni del bambino, detta scaffolding* ; orienta e canalizza le espressioni emotive in accordo con le regole sociali. • Socializzazione delle emozioni  le emozioni acquistano significato all’interno delle relazioni affettive. • Scambi emotivi tra figura di accudimento e bambino: essenziali per lo sviluppo Teoria psicanalitica Teoria dell’attaccamento 41 *(scaffolding-introdotto in psicologia da Bruner 1976= strategie di sostegno e guida ai processi di apprendimento che consentono di svolgere un compito anche se non si hanno ancora le competenze per farlo in autonomia, riuscendovi grazie all’aiuto di un esperto(adulto o pari più preparato) che fornisce informazioni e suggerimenti, nell’attesa che si riesca a maturare piena autonomia nello svolgimento di un compito);
  • 42. John Bowlby • Quando Bowlby aveva 21 anni lavorava in una casa per ragazzi disadattati: l’esperienza clinica avviata con due di loro, che manifestavano entrambi una relazione fortemente disturbata con la madre, lo segnarono profondamente. • Dieci anni più tardi, verso la metà degli anni ‘40, la realizzazione di uno studio retrospettivo, lo portò a formalizzare il proprio modo di considerare la distruzione della prima relazione madre bambino come precursore chiave del disturbo mentale  giovani ladri “anaffettivi”. • Fine anni ‘40, Bowlby estese il proprio interesse alle relazioni madre-bambino  ricerca sugli effetti prodotti dall’inserimento “forzato” dei bambini in istituti, o in ospedali (isituzionalizzazione) durante l’infanzia: i bambini che avevano subito una grave deprivazione di cure materne tendevano a sviluppare gli stessi sintomi dei giovani ladri da lui definiti “anaffettivi”. 42
  • 43. Bowlby e Freud • Le ipotesi prevalenti sull’origine dei legami affettivi avanzate nella prima metà del XX secolo, non convincevano pienamente Bowlby dal punto di vista della correttezza scientifica: • Sia la teoria psicanalitica sia quella dell’apprendimento sottolineavano come il legame emotivo con il caregiver fosse una pulsione secondaria, basata sulla gratificazione di bisogni corporei… … … nonostante fossero già disponibili dati che dimostravano come, almeno nel regno animale, i “cuccioli” sviluppavano un attaccamento nei confronti di adulti da cui non erano ad esempio stati nutriti: – studi sull’imprinting dell’etologo Lorenz – studi sulla ricerca di accudimento e conforto nei macachi condotti da Harlow. 43
  • 44. Per Freud: l’affetto del bambino per la propria madre è determinato dal una motivazione secondaria, derivante dal soddisfacimento di bisogni primari di alimentazione e pulizia. La madre diventa poi oggetto di pulsioni libidiche e aggressive Per Bowlby: l’affetto del bambino per la propria madre è determinato dal una motivazione intrinseca e primaria, derivante dal bisogno di contatto e di conforto. La ricerca della vicinanza è la sua manifestazione più esplicita 44
  • 45. Lo sviluppo del legame di attaccamento Comportamenti di segnalazione e avvicinamento senza discriminazione fra persone o intenzionalità: pianto, sorriso, vocalizzazioni, “aggrapparsi”. 0 - 2 mesi 2 - 6/8 mesi Comunicazioni dirette verso una o più persone discriminate, perlopiù la madre o chi elargisce cure. Ansia generata dall’essere lasciato solo (no relazione causa-effetto e permanenza oggetto) 6/8 mesi – 2 anni Mantenimento del contatto con la persona discriminata: locomozione. Utilizzo della figura di attaccamento come “base sicura” per l’esplorazione dell’ambiente. Ansia da separazione e paura dell’estraneo. 8 mesi: , legame di attaccamento vero e proprio. 18 mesi in poi Relazione basata sul set-goal (scopo programmato)  perseguimento di obiettivi regolati dai feedback ambientali. Intenzionalità e reciprocità del rapporto madre-bambino. Capacità del bambino di adattarsi alle esigenze della madre anche grazie alle conquiste cognitive. INTERNAL WORKING MODELS. 45