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Storia economica Visto su: Profland
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3. Appunti di
Storia economica Visto su: Profland
Introduzione
ALLE RADICI DELL’EQUILIBRIO AGRICOLO-
COMMERCIALE
LINEAMENTI DI UNA CRESCITA DEBOLE
(1620-1815)
I. 1620-1700: crisi e ristrutturazione di un insieme di economie minori
Le radici di quell’equilibrio agricolo-commerciale, che dominerà l’economia della penisola
per più di due secoli, vanno ricercate tra il venir meno del “lungo ‘500”, la crisi e la
riconversione del ‘600 e la lenta ripresa della prima metà del ‘700. L’andamento dell’attività
economica, in un contesto come quello della penisola frantumato in diversi Stati dal
diverso rilievo politico, si attua in una relativa marginalizzazione rispetto all’economia
europea.
Il primo rilevante periodo è caratterizzato da una marcata decadenza, i cui elementi
comuni, anche al resto dell’Europa, sono la crisi demografica, la caduta dei prezzi, la crisi
agricola, la fragilità del settore manifatturiero, la diminuzione degli scambi.
L’economia della penisola è soprattutto di tipo agricolo - infatti le attività manifatturiere
(soprattutto il settore tessile) subiscono un forte declino in controtendenza con il periodo
precedente - ma anche questa conosce nel ‘600 una notevole contrazione delle produzioni,
i motivi principali sono due: maggior utilizzo della terra per il pascolo e mancanza di
investimenti atti a rendere più coltivabile il terreno. In più va considerato che il ceto della
proprietà fondiaria, nobiliare ed ecclesiastica, riesce ad irrobustire ancora di più il già
notevole possesso di terra, relegando i piccoli coltivatori a semplici affittuari. Il livello
molto basso dei consumi interni è dovuto sia ad un notevole calo demografico, ma anche
alle difficoltà che incontrano i grandi centri, come Venezia e Firenze, che perdono le
posizioni di supremazia precedentemente conquistate.
La grande frantumazione politica della penisola porta a politiche di sviluppo diverse a
seconda degli Stati; il Ducato di Savoia e lo Stato della Chiesa - insieme alla Repubblica di
Venezia, unici Stati che hanno mantenuto un’autonomia a seguito del trattato di Cateau-
Cambrésis (1559) - propendono per interventi protezionistici, mentre l’opera degli Stati
sottomessi alla Spagna (Milano, Napoli, Sicilia e Sardegna) è vincolata dai tributi necessari
per finanziare le sue guerre.
II. 1700-1796: un “autonomo corso di lenta crescita”
L’influenza della Spagna, durata un secolo e mezzo, inizia a diminuire; le economie degli
Stati italiani stabiliscono così collegamenti con i nuovi protagonisti della politica europea,
in particolare con Londra e Vienna: grazie a questa influenza esterna, che avvierà nuove
riforme, ricomincia una lenta crescita puntando soprattutto sul settore agricolo. Vengono
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4. Appunti di
Storia economica Visto su: Profland
così impiantate specifiche colture innovative, senza comportare però riduzioni di quelle
classiche, grazie ad un recupero o alla conquista di nuove terre coltivabili (soprattutto
dovute alle opere di bonifica). Le attività manifatturiere, tra le quali la più importante è il
setificio, rivestono una posizione marginale, tanto che le politiche di incoraggiamento e di
sostegno si rivelano spesso inefficaci, in più un apporto pratico-applicativo della scienza è
fallito.
Anche l’andamento della popolazione segna un ripresa, differenziata nelle varie aree della
penisola.
La “geografia dei prezzi” conferma che i sistemi economici si sono rimessi in movimento,
adeguandosi al moto espansivo europeo. Aumentano così gli scambi di merci, grazie anche
allo sviluppo delle vie ( ad es. vengono costituiti nuovi porti o ampliati i vecchi) e dei
mezzi di comunicazione: in uscita si commercia prevalentemente prodotti agricoli, in
entrata prodotti pregiati.
Le riforma a sostegno della crescita da parte degli organi regnanti sono diversi a seconda
degli Stati: a Milano Vienna si concentra sul riordino della finanza pubblica, nel Regno di
Napoli il problema maggiore è costituito dai poteri della nobiltà feudale. Inizia a farsi vivo
inoltre il nesso politica delle riforme-cultura. Il continuo processo di concentrazione della
proprietà nelle mani dei nobili e degli ecclesiastici rimane però vivo in tutta la penisola,
tanto da limitare gli scambi di mercato.
III. 1796-1815: l’equilibrio agricolo-commerciale viene confermato
Le economie della penisola sono sotto conquista militare e quindi subordinate a progetti
di egemonia e a politiche conseguenti, volute dall’esterno: per questo motivo la pressione
fiscale si fa elevata.
Alcuni interventi positivi sono riscontrabili nel possesso fondiario, aventi come obiettivo
di eliminare quanto è sopravvissuto dell’ordinamento precedente. Però non si riesce a non
approfondire la distanza tra le aree di agricoltura “antica”, centro-meridionali, e quelle in
cui i vecchi ordinamenti sono oramai superati. L’egemonia francese riesce però a dare
stimoli nuovi all’equilibrio agricolo-commerciale, lasciando intatte le prospettive per un
percorso che durerà ancora a lungo.
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5. Appunti di
Storia economica Visto su: Profland
Parte prima
L’EQUILIBRIO AGRICOLO-COMMECIALE
DALLA MATURITA’ ALLA CRISI
I. 1815-1826: la difesa degli assetti consolidati
Quadro storico. Il 1815 segna la caduta definitiva di Napoleone e il consolidamento della
Restaurazione in Italia, definito dalle potenze vincitrici - Austria, Prussia, Russia e
Inghilterra - nel Congresso di Vienna; la penisola viene divisa in dieci Stati: il Regno di
Sardegna (comprendente tutta la zona fino al Piemonte), il Regno Lombardo-Veneto
(sotto gli Austriaci), i Ducato di Parma e Piacenza, di Modena e Reggio, di Massa e
Carrara, di Lucca, il Granducato di Toscana, lo Stato della Chiesa, la Repubblica di San
Marino e il Regno delle Due Sicilie, che comprende tutto il Meridione. Ritornano quindi in
vigore gli ordinamenti prerivoluzionari, che diffondono un profondo malcontento negli
ambienti liberali, dato che vengono ristabiliti censura, repressione e antichi privilegi: risale
a questi anni la diffusione dell’organizzazione segreta della Carboneria. Le insurrezioni si
trasformano in rivolte, come quella del 1820 nella città di Palermo che si proclama
indipendente. Nel 1821, nel Congresso di Lubiana, alcune grandi potenze decidono un
intervento armato per riportare ordine nella penisola, prima in Sicilia e poi in Piemonte;
azione che si conclude con l’arresto di Confalonieri. La repressione però non si trasforma,
come si credeva, in un bagno di sangue, infatti molte condanne a morte vengono
tramutate in carcere duro. Tra il 1824 e il 1826 c’è un ricambio generazionale ai vertici di
tutti gli Stati italiani, cosicché scompaiono i sovrani dell’antico regime rientrati in Italia
dopo Napoleone. Alla fine del 1822 in Grecia scoppia una forte insurrezione che porta
alla proclamazione dell’indipendenza dall’Impero Ottomano, che viene riconosciuta nel
1826 da Francia, Russia e Inghilterra a danno dell’Austria: è la prima frattura del sistema
politico creato dal Congresso di Vienna.
Un decennio di difficoltà. Siamo in una fase di caduta del livello dei prezzi che interesserà
tutta la produzione agricola e non, probabilmente dovuta ad un aumento della superficie
arata, a causa dell’aumento della popolazione e delle guerre, ma anche ad un fenomeno
monetario. I sistemi produttivi non sono in grado, o non ravvisano la convenienza, di
trovare le vie per cambiamenti sostanziali nei regimi fondiario e agrario e nelle colture. Il
quadro non è di totale depressione, degli aumenti ci sono (come per il burro, il formaggio
i cereali e la seta) ma sono soluzioni di ripiego dettate da particolari situazioni e in
prevalenza al Nord, mentre al Sud i tentativi vanno incontro a insuccessi. Nel settore
industriale emerge un quadro di accennati avanzamenti, che si svilupperanno nelle fasi
successive, ma che non modificano il rapporto che vede ancora prevalere il lavoro a
domicilio a forme organizzate in fabbrica.
Agli incrementi produttivi corrisponde un aumento degli scambi all’esportazione (prodotti
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6. Appunti di
Storia economica Visto su: Profland
cerealicoli, grano, seta, lino, formaggi e riso dal Nord; vino, olio d’oliva e zolfo al Sud) e
all’importazione (manufatti vari, coloniali e pesce salato), ma non sono tendenze uniformi
né nel tempo né nei diversi Stati: le bilance commerciali sono in attivo al settentrione e in
negativo al meridione. I flussi quindi sono più che altro diretti agli Stati esterni alla
penisola. Compie qualche progresso la costruzione di naviglio mercantile.
La reazione degli interessi economici. Dal 1818 si impone una politica di tutela del mercato
in ogni Stato prima italiano e poi europeo per poter da una parte difendere i prodotti
interni dalla caduta dei prezzi e dall’altra di favorire il collocamento sul mercato
internazionale dei prodotti disponibili per l’esportazione. Unica eccezione a questa
tendenza è “l’isola liberista” della Toscana, che si orienta verso una politica
liberoscambista. I limiti del protezionismo - come ostacolare le merci straniere, con
conseguenti possibili ritorsioni, o abbassare i dazi, con danni per l’erario - non possono
non portare a conflitti sia all’interno dello stesso Stato, sia nei rapporti commerciali tra
Stati. Per l’esito parzialmente favorevole, riscontrabile soprattutto nell’agricoltura, gli
operatori tendono ad una politica di sfruttamento del terreno, quindi ad una
intensificazione delle colture: politica che deve però fare i conti con i diversi meccanismi
contrattuali, operanti tra proprietà e conduzione, delle varie zone agricole. Le stesse
politiche protezioniste hanno carattere difensivo anche per le attività non agricole,
portandole però ad isolarsi dal confronto con l’estero, data l’arretratezza della produzione
che non permette prodotti competitivi. Unico caso in cui portano ad un sostegno è nel
Lombardo-Veneto, dove si cerca di approfittare del protezionismo “per creare
un’economia ben bilanciata fra agricoltura e industria”.
Iniziano infine le realizzazioni di strade, anche se avranno un’accelerazione successiva, e di
miglioramenti di traffici marini.
La difesa del primato agricolo. Si cerca, quindi, di far fronte alle difficoltà, diffondendo
l’esistente e le sue potenzialità nella linea della tradizione. Agli interesse dominanti e ai
pubblici poteri non può però sfuggire un complesso di fenomeni negativi come:
l’andamento demografico di antico regime, con alti tassi di natalità e di mortalità, la
miseria diffusa dei ceti contadini, che vivono ad un livello di pura sopravvivenza, e la
diffusione di malattie, come la pellagra. Tutto questo non ha ancora effetti sui rapporti
politici, ma ha una valenza economica importantissima, infatti la domanda interna rimane
molto bassa. I capitali, inoltre, non si orientano ad un progresso delle produzioni, ma
principalmente all’economia familiare; sono rarissimi impieghi degli stessi in ambito
industriale degli operatori locali, si forma così un “pregiudizio antiindustriale”. L’attività
bancaria è ridotta quasi esclusivamente a operatori privati singoli, uniche istituzioni che
sorgono in questo periodo sono le casse di risparmio, che richiedono come unica garanzia
la terra e i suoi frutti.
[...]
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7. Appunti di
Storia economica Visto su: Profland
Parte seconda
IL LENTO PROCESSO VERSO
L’INDUSTRIALIZZAZIONE
I. 1878-1887: le nuove gerarchie economiche
(crisi agraria e protezionismo)
Quadro storico. Nei primi mesi del 1881, a seguito della crisi internazionale per la Tunisia,
la politica delle “mani nette” di Carioli si scontra con gli interessi della borghesia
imprenditoriali e con il crescente nazionalismo dei circoli patriottici e irridentisti, che
auspicano un’Italia più attiva nel concerto delle nazioni europee. Nel 1882 il corpo
elettorale viene esteso ai maggiorenni che hanno compiuto il primo corso della scuola
elementare. Nel maggio 1882 l’Italia firma il trattato della Triplice Alleanza con l’Austria e
la Germania, con una posizione subalterna alle due potenze. Viene così avviata, nei primi
mesi del 1885, l’espansione coloniale italiana. Nel 1887 Crispi cerca di rinsaldare i rapporti
con la Chiesa - relazioni già inasprite a seguito dell’Alleanza - ma questi subiscono una
battuta d’arresto per l’impossibilità di trovare un’intesa sul dominio temporale del papa.
L’andamento contraddittorio delle produzioni. La storia economica italiana è rappresentata
da una crescita seppur modesta delle produzioni industriali, a cui fa riscontro l’andamento
di quelle agricole che stanno entrando in una fase di grave crisi.
Nella produzione industriale si riscontra, nei settori estrattivi (zolfo, ferro e piombo) un
aumento delle quantità prodotte a cui corrisponde però una diminuzione del loro prezzo
interno a causa dell’andamento sfavorevole sul mercato industriale. La produzione di ghisa
subisce un regresso a causa degli elevati costi dei processi tecnici ancora in uso. Quanto
alla meccanica, aumenti non quantificabili si registrano per i settori connessi ai lavori
pubblici, soprattutto per l’edilizia e per le ferrovie. Nel settore tessile la crescita più
rilevante è quella del cotonificio e in particolare della filatura grazie alla domanda interna,
infatti l’importazione di tessuto non cresce. Debole è invece la crescita della produzione
laniera. Notevole incremento si vede nell’industria alimentare (ad es. macinazione dei
cereali e raffinazione dello zucchero).
La produzione agricola invece entra in una lunga fase di depressione: prodotti come
grano, cereali minori e riso sono colpiti dal calo del prezzo e quindi dal venir meno della
convenienza per il produttore. In lieve controtendenza è l’andamento delle produzioni
delle colture arboree (oliveto, vigneto e agrumeto), in particolare nelle zone meridionali.
Da una parte la diminuzione dei prezzi alla produzione e al consumo - gli operatori quindi
hanno una minor redditività delle loro produzioni, sulle quali gravano forti tributi - e la
diminuzione dei prezzi delle materie prime dall’altra, favorevoli soprattutto agli
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8. Appunti di
Storia economica Visto su: Profland
importatori quindi, fanno indebolire la nostra posizione rispetto alle altre economie, ne
risente cioè il commercio con l’estero.
Le situazioni che si stanno delineando non hanno ancora portato conseguenze negative
nell’equilibrio economico interno e nei rapporti con l’esterno: il corso della rendita
pubblica, i capitali azionari e il corso dei titoli è in ascesa, la disponibilità finanziaria come
il bilancio statale è buona.
Il complesso passaggio al protezionismo. Le condizioni di arretratezza di gran parte delle
agricolture della penisola sono attribuibili al dirottamento dei capitali sui titoli del debito
pubblico, per far fronte alle esigenze finanziarie del nuovo Stato. Questa situazione viene
denunciati da Jacini che sottolinea (1884) come “l’Italia è riuscita a creare un potente
esercito, si è dotata di ferrovie, ha mantenuto le Università, ha dotato ogni piccola città di
un tribunale ed è riuscita a pareggiare le proprie finanze...ma non si è interessata del
pareggio economico, facendo gravare imposte uniche al mondo sulla terra”. Tra gli
interventi adottati per fronteggiare la crisi - nel 1883 viene introdotta l’obbligatorietà dei
consorzi di bonifica, nel 1884 è stato aumentato il numero degli istituti autorizzati a
concedere il credito fondiario, nel 1887 si agevolano i mutui per favorire i miglioramenti
agrari - il più importante avviene nel 1887 quando è adottata una nuova tariffa
protezionistica per difendere il mercato interno dalla caduta dei prezzi.
Data la perdita del rilievo centrale che l’agricoltura ha nella realtà economica nazionale,
l’attenzione degli operatori economici e finanziari si sposta verso le attività del secondario,
spostando verso l’industria “menti, braccia e danaro”. Le difficoltà e gli ostacoli che si
frappongono a uno sviluppo in questo settore sono principalmente conseguenza di
un’insufficiente cultura industriale. Lo sviluppo è allora sostenuto dalla spesa pubblica con
le commesse per la marina militare e le ferrovie: cresce quindi l’attività siderurgica che
insieme a quella cotoniera da luogo a partire dagli anni ‘80 alle prime concentrazioni di
lavoratori in aziende - fino a questo momento gran parte del lavoro era a domicilio - di
media dimensione e nella forma delle società per azioni. Un primo problema che si apre
riguarda i rapporti commerciali con l’estero, soprattutto con la Francia, con la quale viene
stipulato un nuovo trattato nel 1881, decisamente poco favorevole ai prodotti agricoli
italiani. Più equilibrati i contatti con la Germania e la Svizzera (trattati del 1883) che
permettono di allargare i rapporti con altre economie. Più complesso il problema del
bisogno dei capitali e di mezzi monetari, in quanto ciò richiederebbe un riordino del
sistema di emissione e di circolazione - per questo nel 1883 vengono gradualmente inseriti
nel sistema i biglietti dello Stato, cambiabili a vista in valuta legale metallica - nonché
quello del credito, che dovrebbe essere più incisivo data la maggior dinamicità del
movimento economico internazionale. Infatti nello stesso 1883 vengono autorizzate le
banche stesse ad aumentare la circolazione in proporzione alle loro riserve metalliche: si
mette, però, così in moto una spirale di eventi che preludono ad una situazione di grande
difficoltà.
Il protezionismo, sbocco naturale per cercare di risolvere la crisi che investe in primo
luogo il settore agrario, porta alla instaurazione della tariffa doganale del 1887. In sostanza
però se ne avvantaggiano solo le industrie, dato che i dazi molto elevati ai prodotti agricoli
determinano uno “stato di guerra commerciale” (a partire del 1888) con conseguenti
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9. Appunti di
Storia economica Visto su: Profland
tariffe di rappresaglia con la Francia, per anni il nostro partner più importante.
I limiti di un’espansione non produttiva. L’abbassamento generale dei prezzi e la riduzione
dei noli per il trasporto in Europa dei cereali determinano un afflusso di enormi
quantitativi di grano dal Nord America e dall’Australia, così da indurre l’adozione da parte
degli Stati europei di politiche protezionistiche. Questi sono fattori esterni alla nostra
politica, che ha un peso nell’economia internazionale molto marginale, ma che generano
difficoltà anche sul mercato interno.
La crisi agricola, a cui si è già accennato, è accentuata dalla difficoltà di perseguire una
politica comune per le diverse regioni della penisola. Infatti si usa il termine “Italie
agricole” per indicare sistemi molto difformi sotto tutti i profili, dal regime fondiario a
quello agrario, alle tecniche e alle produzioni. Inoltre il peggioramento delle condizioni di
vita dei contadini, provoca un crescente flusso migratorio per l’oltre-oceano, accentuando
ancor di più lo squilibrio tra risorse e popolazione. Inoltre la lieve crescita industriale
risulta effimera in quanto sostenuta da circostanze favorevoli, quali il livello dei salari
basso, la diminuzione del costo delle materie prime e del danaro e soprattutto dallo scarso
rapporto con la ricerca scientifica e con la tecnologia: vengono utilizzati metodi antiquati
in quanto questi macchinari costano di meno.
La società italiana appare ancora incerta nel liquidare quell’equilibrio agricolo-commerciale
su cui si è retta fino a questo momento, la spiegazione va ricercata sul piano politico dove
i proponimenti dei vari schieramenti sono molto diversi: in questi anni infatti tutto è in
movimento, sia il quadro degli equilibri politici interni sia quello delle alleanze
internazionali, con inevitabili ripercussioni sul bilancio statale per le spese militari, le opere
pubbliche e l’apparato burocratico.
II. 1887-1896: congiunture internazionali e ammodernamento indotto
Quadro storico. Nel 1888 l’intesa con il governo tedesco viene rafforzata, mentre i rapporti
con la Francia sfociano nella “guerra commerciale”. Nello stesso anno viene emanata
l’importante legge sulla libertà di emigrazione, si varano le disposizioni sulla prostituzione
e la riforma sanitaria, inoltre si riordina l’amministrazione centrale dello Stato rafforzando
il potere dell’esecutivo sul Parlamento. Nel 1889 sono emanati il nuovo codice penale e il
codice di pubblica sicurezza. Sul piano interno nel1890 le forze radicali e repubblicane
approvano il “patto di Roma”, progetto alternativo alla politica di Crispi, ma vengono
sconfitti da questi nelle elezioni dello stesso anno. Il problema della finanza pubblica porta
nel 1892 al governo, al posto di Crispi, Giolitti che nel 1893 istituisce la Banca d’Italia e
riordina il sistema delle emissioni. Nell’agosto del 1892 viene fondato il Partito dei
lavoratori italiano, che nel 1895 diventerà il Partito socialista italiano. Tornato al governo,
Crispi nel 1894 soffoca la rivolta dei Fasci siciliani, azioni repressive che culminano nelle
leggi “antianarchiche” contro tutte le associazioni giudicate sovversive. Sul campo della
politica estera l’espansione africana continua ad essere al centro dell’attenzione, ma la
disastrosa sconfitta di Adua, in Etiopia, nel marzo del 1896 si ripercuote sulla politica
interna. Nell’ottobre 1896 il trattato di Addis Abeba riconosce il dominio italiano
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10. Appunti di
Storia economica Visto su: Profland
sull’Eritrea e l’indipendenza dell’Etiopia.
Le contrastanti tendenze della fase di transizione. I rapporti negativi con la Francia e il
deprezzamento delle merci sul mercato internazionale del periodo antecedente continuano
a far registrate flussi commerciali negativi, tant’è che il periodo tra il 1990 e il 1993 è stato
definito come quello degli “anni più neri” dell’economia italiana.
Per le esportazioni si registra una ripresa a partire dal 1892 soprattutto per vino, riso e
bestiame, ma anche in forma minore per agrumi, canapa, seta e legumi. Aumentano le
importazioni di materie prime per le industrie, come carbon fossile e cotone, rame e
stagno, concimi chimici e in generale le materie interessanti l’agricoltura. Effetti negativi,
derivanti dalle politiche protezionistiche, si hanno in molti settori, tra cui quello dei filiati
di cotone. Riguardo alla produzione agricola, si segnala un modesto miglioramento del
frumento e delle patate, l’area che riesce a resistere al ribasso dei prezzi è quella
dell’irriguo padano. La caduta più clamorosa è però quella del vino, dovuta ai rapporti con
la Francia. Si riscontra poi un lieve aumento delle superfici agrarie a grano e a granturco.
Nel settore secondario si registrano andamenti positivi nell’industria serica e della
lavorazione del cotone dal 1890; dal 1894 stessa sorte per l’industria alimentare. In lieve
regresso le industrie estrattive. Crisi invece drammatica colpisce il settore edilizio, con
gravi ripercussioni nell’occupazione. Gli investimenti si manifestano a seconda dei vari
settori produttivi: notevoli sono nell’industria tessile e in quella elettrica. Altro aspetto
della depressione è la crescita della circolazione di moneta cartacea, sempre meno
garantita dalle riserve metalliche. Inoltre le numerose spese militari incrementano il deficit
di bilancio, al quale si cerca di far fronte con prestiti prevalentemente esteri.
Protezionismo attenuato e crisi finanziaria. Le conseguenze della tariffa del 1887 portano a
riprendere in considerazione tutta la politica commerciale dell’Italia, in modo da trovare
una nuova collocazione ai prodotti italiani sul mercato internazionale: solo a partire dal
1890 si ridefiniscono trattati, stavolta decisamente favorevoli, con l’Austria, la Germania e
la Svizzera. Risulta comunque assente, anche per la politica di contenimento della spesa
pubblica, un’organica politica agraria: unica novità è il ripristino dell’obbligo del
pagamento in oro dei dazi di importazione (1893). La crisi del settore edilizio mette in
grave difficoltà anche il sistema creditizio italiano: manca la fiducia degli operatori e dei
risparmiatori sia sul piano nazionale che internazionale nelle capacità gestionali sia nelle
banche che nella politica economica nazionale. Inoltre conseguenza inevitabile di avere
meno riserve e più circolazione di carta è il ritorno al corso forzoso, cioè
all’inconvertibilità della moneta cartacea in moneta metallica. Si cerca allora di
riorganizzare il sistema bancario: con la fusione della Banca Nazionale e delle due banche
toscane nella Banca d’Italia (1893), che insieme al Banco di Napoli e al banco di Sicilia
sono gli unici istituti di emissione, il tasso di sconto ufficiale è reso uniforme per tutti gli
istituti ed è sempre sotto il controllo del Governo. Il deficit di bilancio dello Stato porta ad
un blocco delle spese a partire dal 1889, ma non si riesce a raggiungere il bilancio.
Vengono allora rincarati dazi e imposte.
Il venir meno dell’equilibrio agricolo-commeciale. L’equilibrio, fondato da due secoli
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11. Appunti di
Storia economica Visto su: Profland
sull’agricoltura, non è più in grado di reggere le trasformazioni dovute al mutamento degli
equilibri internazionali. E’ vero che in alcuni casi c’è solo uno spostamento di interessi,
con relativa compensazione tra fattori positivi e negativi (ad es. la diminuzione delle
esportazioni in Francia è compensata da quelle in altri paesi), ma ogni trasformazione
impone al paese dei pesanti costi non solo economici, ma anche sociali. Infatti si registra
un notevole aumento dell’emigrazione, vengono espropriati i beni immobili dal fisco per
debiti di imposte dirette e si riacutizzano i conflitti sociali, in particolare gli scioperi.
Sempre a questi anni, in risposta alla crisi economica, si costituisce la camera del lavoro.
Il sistema economico-finanziaro centrato sull’agricoltura risulta debole, data una notevole
mancanza di strutture, come poco precisa è la politica economica del pubblico potere.
Il protezionismo porta, nel lungo periodo, ad una modifica strutturale del sistema
produttivo in modo diverso nelle varie aree della penisola.
La situazione migliorò, con il pareggio della bilancia dei pagamenti, grazie alla recessione
nella prima metà degli anni ‘90.
III. 1896-1907: l’industrializzazione incompiuta
Quadro storico. Nel 1898 le proteste popolari contro il rincaro del pane sfociano, in aprile,
in violenti tumulti e la rivolta di Milano in maggio finisce in un eccidio. Viene inoltre
istituita la Cassa nazionale di previdenza per la vecchiaia degli operai. Nello stesso anno
nonostante il rinnovo della Triplice alleanza, l’Italia ristabilisce relazioni amichevoli con la
Francia e l’Inghilterra. Nel luglio del 1900 Umberto I viene ucciso a Monza dall’anarchico
Gaetano Bresci e gli succede il figlio Vittorio Emanuele III. Nei primi mesi del 1903 le
agitazioni popolari, soprattutto nel meridione, determinano nuovi eccidi tra le
popolazioni, inoltre sorgono tensioni diplomatiche con l’Austria e con la Russia sulla
questione balcanica. Nel 1904, a seguito delle dure repressioni contro le sommosse indette
dalle forze dell’ordine, viene proclamato, in settembre, il primo grande sciopero generale
contro al politica del Governo. Nel 1907, in una situazione di agitazioni sindacali, si
intensificano le manifestazioni anticlericali promosse dall’estrema sinistra.
Una consistenza nuova della vita economica. Alla fine del secolo si verifica nell’industria un
aumento della capacità produttiva in tutti i settori, tradizionali e nuovi: nel tessile (dove
soprattutto nel cotonificio c’è un aumento continuo di dotazione di macchinari), nel
minerario, nella siderurgia, nella meccanica (nasce la Fiat che passa in pochi anni da 24
vetture prodotte a 1365), nel chimico e nella produzione di beni di consumo connessi
all’alimentazione. Dato significativo di questo sviluppo è la notevole crescita della forze
motrici che si rende ora disponibile. Ma il settore economico ancora predominante è
l’agricoltura che occupa più del 60% della popolazione attiva: la produzione aumenta,
stessa tendenza quindi per l’importazione di prodotti agricoli, derivante da una
inadeguatezza rispetto al fabbisogno interno, e per le esportazioni di prodotti alimentari.
Questo aumento degli scambi complessivi è indice del risveglio economico del paese, già
manifesto dal 1895, anche se la bilancia commerciale vede aumentare il deficit. Tuttavia, in
questo periodo, rimane in attivo la bilancia dei pagamenti: infatti esportiamo anche mano
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12. Appunti di
Storia economica Visto su: Profland
d’opera, largamente esuberante nel nostro paese, cioè cresce l’emigrazione.
Le condizioni di questa crescita derivano:
• dalla quasi stabilità dei cambi della lira e soprattutto dai prezzi interni, sia alla
produzione che al consumo, i prezzi dei prodotti all’esportazione tendono a diminuire,
mentre quelli importati aumentano;
• dall’aumento delle spese maggiormente dedicate agli investimenti in opere pubbliche,
dato che vengono congelate quelle militari e diminuiscono quelle per gli interessi sulla
rendita: il risultato è la copertura delle spese con le entrate ordinarie, ciò determina una
maggior presenza dello Stato;
• da andamenti favorevoli quali l’aumento del risparmio interno, della circolazione dei
mezzi monetari, delle emissioni di azioni e di obbligazioni e inoltre il rientro di una
parte della rendita pubblica collocata all’estero;
• da una crescita demografica, anche se contenuta, causata dal miglioramento del tenore
di vita soprattutto nei centri urbani;
• da un più elevato utilizzo dei servizi di comunicazione, cioè posta, telegrafo e telefono.
La ricerca di una nuova base produttiva. Il superamento definitivo dell’equilibrio agricolo-
commerciale non è dovuto solo alla diversa composizione per settori del sistema
economico, ma anche ad un ampliamento del ciclo delle lavorazioni, con la
trasformazione di unità esistenti e la nascita di nuove. Il lavoro comincia ad essere
considerato sotto il profilo economico, quindi preparazione professionale ed impiego
razionale dello stesso nel processo produttivo; si formano nuclei consistenti di classe
operaia, organizzandosi in sindacati verticali, di categoria o di mestiere.
Il sistema bancario viene organicamente ristrutturato nell’ultimo quinquennio
dell’Ottocento: al vertice i tre istituti di emissione - Banca d’Italia, Banco di Napoli e
Banco di Sicilia - a cui si aggiunge un gruppo di grandi banche di credito ordinario, tra le
altre la Banca Commerciale Italiana (1894), il Credito Italiano (1895) e il Banco di Roma
(sviluppatosi dal 1905). Il lavoro bancario si concreta nelle operazioni di acquisto di quote
di capitale, di collocamento sul mercato dei titolo azionari e obbligazionari e di cartelle del
debito pubblico, anche mediante la partecipazione a sindacati tra banche; nella difesa dei
corsi dei titolo; nei riporti, sconti e anticipazione su titoli, e infine nell’erogazione diretta di
capitale con l’apertura di credito, di conti correnti, di accettazioni cambiarie. Anche la
Borsa accresce la sua importanza, grazie all’aumento del listino dei titoli, dovuto dal
numero di società che si finanziano in questo modo e dalle tendenze speculative rese
possibili da azioni di piccolissimo taglio, quindi accessibili “anche ai portafogli più
minuscoli”.
Il miglioramento del bilancio statale permette l’abolizione di alcuni tributi (1902) - come
quelli sulla farina, sulla pasta e sul pane - e una riduzione degli interessi sul debito
pubblico - dal 4% passano al 3.5% - attraverso una conversione. In ambito estero i
miglioramenti dei rapporti con la Francia e il riaccordo con Germani, Austria e Svizzera
migliora la situazione economica, però l’Italia non prende l’iniziativa di denunciare gli
accordi in scadenza, ma subisce quella degli altri. Nel 1905 passa allo Stato l’esercizio della
rete ferroviaria, che necessita di pesanti investimenti , tutto a vantaggio del settore della
meccanica, causati dall’incremento del traffico di merci e persone.
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Quasi irrilevante è invece la politica a sostegno dell’agricoltura, che si risolve
nell’emanazione di due leggi atte a beneficiare il Mezzogiorno, una per la Basilicata e una
per Napoli; ne seguiranno altre, ancora per Napoli e per la Calabria, e una più generale per
migliorare le condizioni generali al Sud.
Sono però anni di forti scioperi che manifestano esigenze che scaturiscono dai
cambiamenti in atto, sia nel lavoro agricolo, sia in quella industriale, con richieste di
riduzione dell’orario giornaliero di lavoro e di tutela della salute fisica, ma anche di
correzione del meccanismo di mercato. Gli interventi si risolvono in situazioni abbastanza
isolate, con sorti diverse: buona è la costituzione di uffici di collocamento, ancora meglio
si rileva l’associazionismo imprenditoriale di categoria.
Un’espansione elevata ma non decisiva. Al progresso descritto non partecipa, salvo alcune
eccezioni, la nostra agricoltura. Il protezionismo permette di non migliorare vaste aree,
dato che sono al riparo dalla concorrenza, ma le lascia estranee al progresso agricolo
europeo. Si “salvano” le aree più progredite, quelle settentrionali, grazie all’applicazione di
tecniche, macchinari e concimi di nuova concezione. Al meridione il progresso agricolo
manca perché, accanto alle difficoltà specifiche, bisogna considerare il carattere strutturale:
il contadino è proprietario, o non lo è proprio, di quote troppo esigue, gli conviene
emigrare.
Anche la crescita del secondario è complessa, in quanto se da una parte il protezionismo
ha favorito settori “storici” quali il tessile e il lanificio, ha danneggiato la meccanica; inoltre
manca un retroterra tecnico-scientifico adeguato, non certo supportato dall’Istruzione che
pone “la condizione di non occuparsi delle applicazioni di elettrochimica” confinando lo
studio nel campo delle astrazioni. Infatti la crescita si articola in prevalenza nell’Italia
settentrionale dove ha già radici solide.
IV. 1907-1914: i meccanismi instabili della crescita
Quadro storico. Col 1907 la legislazione sociale compie passi in avanti con la disciplina del
lavoro settimanale, festivo e in risaia, ma questo non attenua i conflitti sul campo del
lavoro. Nel 1909, mentre si rafforza il movimento nazionalista, la politica estera italiana
accentua la sua ambiguità, giocata tra l’alleanza con gli imperi centrali e dagli accordi con
Francia, Inghilterra e Russia. Nel 1911, primo cinquantenario del Regno, viene approvata
la legge sull’istruzione elementare. Nell’ottobre dello stesso anno inizia la guerra con
l’Impero turco, trovando numerosi consensi nelle diverse forze politiche; la pace di
Losanna dell’anno successivo pone termine al conflitto riconoscendo all’Italia la sovranità
sulla Tripoltania e sulla Cirenaica. Il 30 Giugno 1912 la nuova legge Giolitti estende il
diritto di voto a tutti i cittadini maschi, compresi gli analfabeti che abbiano compiuto il
trentesimo anno d’età. Nel quadro della crisi economica mondiale e italiana, il 1913 è
l’anno della più forte emigrazione nella storia del paese. Il 28 giugno 1914 a Sarajevo un
nazionalista serbo-bosniaco uccide l’arciduca Francesco Ferdinando, erede ala trono
austroungarico: questa è la scintilla che fa scoppiare la prima guerra mondiale. La
dichiarazione di guerra del 28 luglio fatta dall’Austria contro al Serbia fa scattare il sistema
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delle alleanze: Francia, Inghilterra e Russia, alle quali si aggiungerà il Giappone, formano
la triplice Intesa, l’Italia rimane legata a Germania e Austria nella Triplice Alleanza, anche
se si proclama neutrale, dichiarando di non essere obbligata a intervenire data la natura
difensiva della Triplice Alleanza.
I limiti del processo di industrializzazione. L’economia della penisola è oramai entrata in
una fase di trasformazione strutturale, in presenza di una generale lievitazione dei prezzi
contrastata da una notevole stabilità monetaria. Il numero di occupati e delle unità
produttive è in continuo aumento, anche se ad un ritmo inferiore degli anni precedenti, in
tutti i settori del secondario, ne è indice l’incremento della dotazione di macchinari e della
rete ferroviaria e stradale, e la produzione agricola, dove vengono impiegati sempre di più
concimi chimici e nuovi macchinari. Il processo di trasformazione è però molto
complesso dato emergono specifiche difficoltà nei diversi settori industriali e l’agricoltura
è ancora arretrata. Anche la situazione monetaria e creditizia ha dei sintomi di difficoltà:
iniziano a diminuire gli investimenti in impianti e macchinari, i risparmi aumentano in
modo contenuto e aumenta il costo del denaro allo sconto, in più si modifica la natura
degli investimenti stessi riducendosi quelli in abitazioni e opere pubbliche e aumentando
quelli fissi. Gli impieghi azionari inoltre sono ispirati a maggior cautela, dopo la crisi del
1907. La bilancia dei pagamenti resta in attivo decrescente, ma grazie alle rimesse degli
emigranti. Il cambio della lira si mantiene sostanzialmente alla pari con franco e sterlina.
Sul mercato del lavoro è evidente un eccesso di offerta: ciò porta ad un aumento del
flusso migratorio, soprattutto dalle aree meridionali.
Complessivamente si può dire che l’economia reale, solo in parte toccata dalle crisi
finanziarie del 1907 e del 19013, manifesta un andamento caratterizzato da crescita
rallentata, da squilibri settoriale e territoriali, da malessere sociali.
Difficoltà nel governo dell’economia. La crisi del 1907 ha una dimensione internazionale,
riguardando tutti i paesi impegnati sul piano industriale e colpendo maggiormente quelli
che su questo si stanno inoltrando, come l’Italia. primo effetto della crisi è la forte
depressione dei titoli azionari in borsa. Vengono quindi a trovarsi in difficoltà innanzitutto
le imprese che si finanziano attraverso le banche, e in secondo luogo le banche stesse - in
particolare la Società Bancaria Italiana - impegnate nel finanziamento industriale. Si cerca
di far fronte alla crisi con una manovra classica che prevedere un aumento della
circolazione, per non indebolire il flusso degli investimenti, in contemporanea con un
aumento del tasso di sconto. La manovra è possibile per la presenza dell’organismo
centralitario della Banca d’Italia; ne segue la legge del 1907 che fissa nuovi limiti alla
circolazione e introduce lo sconto a saggio di favore, il regime delle anticipazioni e
l’aumento delle riserve presso gli istituti: tutto ciò è consentito dall’attivo della bilancia dei
pagamenti.
Quanto al sostegno delle attività economiche, gli interventi relativi all’agricoltura, settore
ancora portante dell’intera economia, sono di modesta entità e riguardano la tutela
boschiva (1910), la bonifica idraulica montana (1912), il credito agrario e fondiario e la
tutela della produzione agrumaria. Riguardo all’industria si può solo ricordare
l’intensificarsi degli effetti della nazionalizzazione delle ferrovie, con commesse alle
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relative imprese, in una perdurante situazione di scarsa funzionalità del servizio
ferroviario. Devono comunque segnalarsi leggi a tutela del lavoro femminile e minorile e
l’istituzione dell’Ispettorato del lavoro (1911).
L’espansione rallentata e contrastata di una economia che si inserisce nel processo di
industrializzazione in notevole ritardo e con forti squilibri a livello territoriale, porta alla
formazione dell’Istituto cotoniero avvenuta nel 1908, con l’obiettivo di adeguare l’offerta
alle possibilità di sbocco sul mercato interno ed estero, e del trust siderurgico nel 1911,
per far fronte alle difficoltà con le banche, a cui sono legati, nel finanziamento di attività
deboli tecnologicamente, con costi molto alti e pressate da una terribile concorrenza,
soprattutto tedesca. Le imprese maggiori cercano allora una maggiore efficienza interna e
quindi tendono a riorganizzarsi.
Altra grave crisi nel 1913, quando si aggiungono ai problemi precedenti il forte squilibrio
della bilancia dei pagamento (1912), l’aumento della circolazione monetaria, il rialzo dei
cambi e una nuova riduzione dei valori azionari. Ne segue una nuova crisi edilizia che
comporta un aumento della disoccupazione. Il sistema però può ora contare sull’autorità
della Banca d’Italia e sulla flessibilità del mercato del lavoro che scarica all’estero, con
l’emigrazione, l’offerta esuberante.
Squilibri e problemi non risolti alla vigilia della guerra. Una prima ragione del
rallentamento che si verifica a partire dal 1907 è formato dalla situazione monetaria e
finanziaria: la maggior cautela con cui le banche operano non può ovviare né al punto
critico dell’insufficiente disponibilità di mezzi finanziari, né alla concorrenza che il privato
muove al pubblico. Altro fattore è l’andamento della domanda, sia all’interno che
all’esterno, dato la ripresa delle economie internazionali è più vigorosa di quella italiana e
crea una fortissima concorrenza. Altro fattore interno di mancato progresso riguarda
l’offerta, segnata dal “mancato accumulamento secolare di lavoro e capitale” per
aumentare la fertilità della terra e la grande diversità delle agricolture che rendono di
difficile attuazione una efficacie politica agraria nazionale. Anche nell’apparato industriale
è evidente il retroterra della ricerca scientifica e dell’istruzione, generale e professionale,
che sia aggiunge ad una organizzazione che non riesce a formare un tessuto organico.
Dalle condizioni dell’agricoltura a quelle dell’industria appare sempre più accentuato il
divario regionale, sottolineando il dualismo tra nord e sud. Il divario poi con gli altri paesi
è molto elevato. In conclusione si può affermare che nel 1914 l’equilibrio agricolo-
commeciale ha esaurito il suo ruolo di modello di crescita e lo ha ceduto a una situazione
complessa che non ha ancora trovato, a quella data, un altro equilibrio alternativo valido.
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