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Spedizione in A.P. - 45% art. 2 Comma 20/b legge 662/96 - Filiale di Firenze - Settimanale - € 1,50 Fondato il 15 dicembre 1969 Nuova serie - Anno XXXVII - N. 18 - 9 maggio 2013
OPPONIAMOCI
AL GOVERNO LETTA-BERLUSCONICHE AFFOSSA IL CAMBIAMENTO DEMOCRATICO BORGHESE E UFFICIALIZZERÀ
IL REGIME NEOFASCISTA, PRESIDENZIALISTA E FEDERALISTA
LOTTIAMO PER CAMBIARE L’ITALIA
COL SOCIALISMO E COL POTERE DEL PROLETARIATO
IMPOSTO DA NAPOLITANO CHE HA RIAPERTO LE PORTE AL NEODUCE BERLUSCONI, COME
VITTORIO EMANUELE III LE APRÌ A MUSSOLINI
Abbraccio governativo tra PD e PDL
al servizio del capitalismo,
contro il cambiamento e i lavoratori
SOLO IL SOCIALISMO PUÒ CAMBIARE L’ITALIA E DARE
IL POTERE AL PROLETARIATO
Documento dell’Ufficio politico del PMLI
Comunicato dell’Ufficio stampa del PMLI
ASSURDA SPARATORIA
A PALAZZO CHIGI
PAG. 16
PAG. 2
PAGG. 8-13
PAG. 2
IL 25 APRILE E’ VIVOIl M5S, come il PDL, ha disertato le celebrazioni della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo. L’inciucio governativo tra PD e PDL
raggiunto nel giorno stesso dello storico evento offende la Resistenza. Fischiati Grasso, Fassino e Burlando. A Niscemi contro il Muos
LE COMPAGNE NAPOLETANE DIRETTE DA VALENTINA IN PRIMA LINEA. A PRATO IL PMLI IN UN
FRONTE UNITO ANTIFASCISTA. A CATANIA L’ANPI INVITA IL PARTITO ALLA TESTA DEL CORTEO.
A MILANO IL PMLI PORTA IN PIAZZA IL RITRATTO DI STALIN. URBAN INTERVISTATO
DALLA “NUOVA PROVINCIA DI BIELLA”.
A VARESE I MARXISTI-LENINISTI ANIMANO
IL CORTEO CON CORI E CANTI
PARTIGIANI. A FUCECCHIO I
MARXISTI-LENINISTI INVITATI
A PRANZO DALL’ANPI
↖ Modena, 25 Aprile 2013. Manifestazione per il 68° Anniversario della Libera-
zione. Il compagno Federico Picerni, Responsabile del lavoro giovanile del CC del
PMLI, tiene ben alte le bandiere dei Maestri e del Partito (foto Il Bolscevico)
Arzano (Napoli), 25 Aprile 2013. La compagna Valentina durante l’apprezzato
intervento all’assemblea svoltasi a conclusione del corteo
2 il bolscevico / governo letta N. 18 - 9 maggio 2013
IMPOSTO DA NAPOLITANO CHE HA RIAPERTO LE PORTE AL NEODUCE BERLUSCONI, COME VITTORIO EMANUELE III LE APRÌ A MUSSOLINI
Abbraccio governativo tra PD e PDL
al servizio del capitalismo,
contro il cambiamento e i lavoratoriSOLO IL SOCIALISMO PUÒ CAMBIARE L’ITALIA E DARE IL POTERE AL PROLETARIATO
Dopo due mesi dalle elezioni
la classe dominante borghese in
camicia nera è riuscita a forma-
re un governo, superando lo stal-
lo creato dai risultati elettorali e
soffocando la domanda di cambia-
mento che essi comunque espri-
mevano. E lo ha fatto attraver-
so la soluzione che ha voluto fin
dall’inizio, che volevano i merca-
ti finanziari, la massoneria inter-
nazionale dei capitalisti e dei suoi
adepti - di cui Enrico Letta è un
esponente come il suo predecesso-
re Monti - l’Unione europea impe-
rialista, la Confindustria, il Vatica-
no, il nuovo Vittorio Emanuele III,
Napolitano, e il nuovo Mussolini,
Berlusconi: l’abbraccio governa-
tivo tra il principale partito della
“sinistra” borghese e il nuovo par-
tito fascista del neoduce diArcore,
nel tentativo di salvare il capitali-
smo italiano dalla bancarotta sca-
ricando la crisi sui lavoratori e le
masse popolari, e rafforzare il re-
gime neofascista approvando in-
sieme la controriforma presiden-
zialista della Costituzione.
Un governo di cui Berlusco-
ni ha in mano le chiavi e può far
cadere quando vuole, presieduto
da un ex democristiano mai stato
ostile, anzi imparentato con il suo
consigliere Gianni Letta, in ogni
caso saldamente presidiato alla vi-
cepresidenza dal suo primo gerar-
ca, Alfano. E con i ministeri più
importanti e di peso da lui diret-
tamente controllati, a cominciare
da quello dell’Interno affidato allo
stesso Alfano: un ministero chia-
ve per controllare partiti avversa-
ri e magistrati troppo zelanti e per
reprimere il dissenso e le lotte so-
ciali. E magari, visto che controlla
anche i servizi segreti, per imba-
stire provocazioni per accusare di
“fomentare la violenza” chi si op-
pone al governo dell’inciucio.
Non per nulla, lui che solo po-
chi mesi fa veniva dato per finito
dalla rimbambita e complice “si-
nistra” borghese, che ora lo riabi-
lita e lo riporta al governo, ostenta
arie da “statista” e parla e si com-
porta come fosse lui il vero capo
dell’esecutivo, che considera non
senza ragione una sua diretta crea-
tura. E già si propone come futu-
ro presidente della Convenzione
che dovrà stendere la controrifor-
ma della giustizia e quella presi-
denzialista della Costituzione: una
nuova Bicamerale golpista, già
propostagli da Bersani, e che ora
fa parte integrante degli accordi
stretti con Letta.
Ruolo decisivo
del presidenzialista
Napolitano
A riaprirgli le porte del gover-
no, prima imponendo lo stop ai
suoi processi e poi spingendo il
PD nelle sue braccia, è stato il rin-
negato Napolitano, così come il Re
Vittorio Emanuele III aprì le por-
te alla dittatura fascista di Musso-
lini. Per tutta la durata della crisi,
e fino al giuramento del governo,
infatti, il rinnegato del comunismo
inquilino del Quirinale ha avuto in
mente un’unica soluzione: il go-
verno delle “larghe intese” tra
PD, PDL e Scelta civica, isolan-
do le “ali estreme” di SEL e del
Comunicato dell’Ufficio stampa del PMLI
ASSURDA
SPARATORIA
A PALAZZO CHIGIIl PMLI condanna senza in-
dugio la sparatoria di Palazzo
Chigi ed esprime la propria soli-
darietà ai due carabinieri grave-
mente feriti, alla passante e alle
loro famiglie.
Di questo assurdo gesto com-
messo da un disoccupato cala-
brese sono responsabili il capita-
lismo e i suoi governanti che non
hanno a cuore le necessità delle
masse popolari, e che spingono
ad azioni disperate chi non vede
prospettive per il suo futuro.
È anche possibile che dietro
la sparatoria ci sia lo zampino
di forze occulte istituzionali per
giustificare l’inciucio governati-
vo tra PD e PDL imposto da Na-
politano, nuovo Vittorio Ema-
nuele III.
Comunque la via per risolve-
re radicalmente i problemi del-
le masse non è quella del ribel-
lismo individuale, bensì quella
della lotta di classe, della conqui-
sta del socialismo e del potere da
parte del proletariato, dell’oppo-
sizione al governo Letta-Berlu-
sconi al servizio del capitalismo,
che affosserà il cambiamento de-
mocratico borghese e che uffi-
cializzerà il regime neofascista e
presidenzialista.
L’Ufficio stampa del PMLI
29 aprile 2013
Movimento 5 Stelle, come aveva
già auspicato Monti. Un obiettivo
che ha fatto suo e perseguito con
ostinazione e piglio presidenziali-
sta, arrogandosi poteri di arbitrag-
gio e di indirizzo che la Costitu-
zione non gli consentiva, ma che
egli ha usato come se si fosse già
in una repubblica presidenziale. È
solo una curiosa coincidenza che
lo stesso giorno del suo discorso di
insediamento siano stati distrutti i
file con le intercettazioni secretate
delle sue telefonate con Mancino?
Tanto aveva voluto questo go-
verno che Napolitano non aveva
offerto nessuna sponda al tentati-
vo di Bersani di cercare un accor-
do di governo coi grillini, facendo
invece asse con la maggioranza in-
ciucista del PD (dalemiani, ex DC,
veltroniani, renziani) per costrin-
gere Bersani a invertire la rotta e
spingerlo all’accordo col neodu-
ce. Cosa che alla fine si è realiz-
zata immediatamente dopo la sua
rielezione a capo dello Stato, che
è costata al PD una drammatica
spaccatura e frantumazione, il si-
luramento di due candidati di peso
come Marini e Prodi, la cadu-
ta della segreteria Bersani e la ri-
volta della base del partito insorta
contro il ribaltamento della linea e
l’inciucio con il PDL.
Nel suo discorso di insedia-
mento davanti al parlamento, sot-
tolineato in ogni suo passaggio
dagli applausi ostentatamente pla-
teali di Berlusconi, che come un
boss mafioso si atteggiava a vero
vincitore di tutta l’operazione
Quirinale, Napolitano non aveva
esitato ad usare il ricatto delle sue
dimissioni e delle urne anticipate
per ricompattare il gregge sbanda-
to del PD e spingerlo in bocca al
lupo di Arcore, sedando ogni resi-
duo dissenso o resistenza: “Se mi
troverò di nuovo dinanzi a sordità
come quelle contro cui ho cozza-
to nel passato, non esiterò a trarne
le conseguenze dinanzi al paese.
Non si può più, in nessun campo,
sottrarsi al dovere della proposta,
alla ricerca della soluzione prati-
cabile, alla decisione netta e tem-
pestiva per le riforme di cui hanno
bisogno improrogabile per soprav-
vivere e progredire la democrazia
e la società italiana”, era stata la
sua fosca minaccia.
Rivolta a chi? Non certo al neo-
duce, il quale fin dall’inizio aveva
recitato la parte del “responsabile”
di fronte all’emergenza del paese
proponendo le “larghe intese” col
PD, oppure il ritorno immedia-
to alle urne. Non per nulla avreb-
be poi dichiarato raggiante e con
studiata enfasi di aver sentito “un
discorso straordinario, il miglio-
re che ho sentito in parlamento in
vent’anni di politica”. Mentre con
la coda tra le gambe Bersani si li-
mitava a commentare che “Napo-
litano ha detto quello che doveva
dire”. È logico perciò dedurre che
l’oggetto della rampogna di Napo-
litano era solo il PD, che difatti il
giorno dopo correva a portargli al
Quirinale la resa totale e incondi-
zionata della Direzione nazionale,
aprendo al strada al governo Let-
ta-Berlusconi.
Al servizio
del capitalismo
e del
presidenzialismo
Al di là dello specchietto per al-
lodole dei “volti nuovi”, del “rin-
giovanimento” della compagine e
della “forte presenza femminile”, il
governo Letta-Berlusconi, per na-
tura politica, composizione e pro-
gramma, è un governo neofascista,
antioperaio e antipopolare al servi-
zio del capitalismo, nato in perfetta
continuità con i precedenti governi
Monti e Berlusconi, per affossare
le speranze democratico borghesi
di cambiamento espresse dal voto
e sancire ufficialmente il regime
neofascista e presidenzialista.
Della sua natura politica, ossia
la genesi che ha prodotto questo
nuovo mostro nato dal vergognoso
connubio tra la “sinistra” borghese
rinnegata, liberale e democristia-
na, e il nuovo partito fascista del
neoduce di Arcore, abbiamo già
detto sopra. Per quanto riguarda la
composizione è un riflesso perfet-
to di questo connubio: a comincia-
re dallo stesso Enrico Letta, nipote
dell’eminenza grigia di Berlusco-
ni, Gianni Letta; membro come
Monti di tutte le tre logge masso-
niche internazionali, Bilderberg,
Trilateral e Aspen, il che spiega
anche il famoso biglietto con cui si
metteva “a disposizione” che pas-
sò a Monti quando presentò il suo
governo in parlamento; animato-
re da anni del think-tank trasver-
sale e inciucista “VeDrò” tra i cui
dirigenti c’è anche la neoministra
berlusconiana alle Politiche agri-
cole, Nunzia De Girolamo, moglie
del suo braccio destro Francesco
Boccia, quello che ha minacciato
di espulsione dal PD i parlamen-
tari che non votassero al fiducia al
governo.
Il marchio di fabbrica
del neoduce
Ma al di là delle biografie dei
rispettivi titolari, che del resto co-
minciamo a pubblicare a parte, ba-
sterà dire che tra i ministeri più
importanti, quelli con i portafogli
più ricchi, o anche senza ma po-
liticamente più di peso, gli uomi-
ni e le donne del neoduce fanno
la parte del leone: Interni (Alfano,
che ha anche la vicepresidenza del
Consiglio), Infrastrutture (il cielli-
no Lupi), Salute (Lorenzin), Poli-
tiche agricole (De Girolamo), Ri-
forme (l’ex “saggio” nominato da
Napolitano, Quagliariello). A cui
vanno aggiunti i montiani, ormai
diventati loro satelliti, a cui sono
stati dati la Giustizia (alla basto-
natrice di operai Cancellieri, e, c’è
da giurarci, futura bastonatrice di
magistrati per conto di Berlusconi,
incredibilmente lodata anche da
Roberto Saviano), la Difesa (col
ciellino ex PDL e altro ex “sag-
gio” di Napolitano, Mario Mauro),
gli Affari europei (Moavero) e la
Semplificazione (all’UDC D’Alia,
noto per essere stato estensore del
ddl-bavaglio per Internet).
Poi ci sono i cosiddetti “tecni-
ci”, come l’ex direttore di Banki-
talia Saccomanni (Economia),
lanciato a suo tempo da Berlusco-
ni per la successione a Draghi, che
garantisce la continuità della poli-
tica di “rigore” della UE e di Mon-
ti; il lettiano ex presidente Istat
Giovannini (Lavoro) e la lettiana
Carrozza all’Istruzione. Anche la
liberista e filoimperialista Boni-
no agli Esteri non può certo esse-
re ascritta alla “sinistra”, sia pure
di regime.
A quest’ultima, come benser-
vito per aver donato il sangue, re-
stano solo le briciole. Il PD infatti
si spartisce col manuale Cencel-
li solo ministeri senza portafoglio
e di secondo piano: ai dalemiani
vanno i Beni culturali (Bray) e la
Coesione territoriale (Trigilia); ai
bersaniani lo Sviluppo economico
(Zanonato), lo Sport (Idem) e l’In-
tegrazione (Kyenge); al renziano
e federalista Delrio va il ministe-
ro degliAffari regionali, all’ex DC
Franceschini i Rapporti col parla-
mento, e al “giovane turco” Orlan-
do va il ministero dell’Ambiente.
Per ironia della storia tra tutti i 21
ministri la stragrande maggioran-
za sono di provenienza DC, in tut-
te le sue varie sfumature, dalla “si-
nistra” fino a CL. Di provenienza
dal PCI revisionista c’è solo l’ex
neopodestà federalista di Padova,
Zanonato. Alla fine della loro in-
terminabile “espiazione” i tradito-
ri e i rinnegati del comunismo si
ritrovano con un pugno di mosche
in mano, mentre i democristiani
sono sempre sulla breccia!
Governo politico
per cambiare
la Costituzione
Quanto al programma, così
come Letta lo ha esposto in parla-
mento, e su cui torneremo più spe-
cificamente in un prossimo artico-
lo, a un primo sguardo balzano in
evidenza due cose: la prima è che
sembra calato di peso da quello
elettorale di Berlusconi, pieno di
promesse mirabolanti di riduzioni
fiscali, interventi per l’occupazio-
ne, i giovani, le famiglie in diffi-
coltà, ecc., senza indicare peraltro
dove verranno reperite le risorse
necessarie. Si presume come al so-
lito da altri tagli alla spesa, come
sanità, pensioni, scuola, servizi so-
ciali, Regioni e Comuni, dato che
non si fa cenno di tagli alle spese
militari, alle grandi opere inutili e
devastanti come Tav e ponte sul-
lo Stretto, e men che meno a uno
straccio di patrimoniale. Di certo
c’è solo la sospensione della rata
Imu di giugno, in attesa di una sua
“rimodulazione”, affinché il neo-
duce possa cantar vittoria e mo-
strare ai suoi elettori che mantiene
le promesse.
La seconda è che questo è tut-
t’altro che un governo “di scopo”,
creato per fare solo due o tre cose
essenziali, come la legge eletto-
rale e i provvedimenti più urgen-
ti per l’economia e l’occupazione,
e poi tornare il più rapidamente
possibile alle urne, come era sta-
to spacciato dal PD per giustifi-
care l’inciucio: questo è un go-
verno politico, come del resto
hanno sottolineato gli stessi Na-
politano, Berlusconi e Letta, nato
per durare nel tempo, almeno nel-
le intenzioni, e per ridisegnare ra-
dicalmente in senso presidenziali-
sta l’“architettura costituzionale”,
tanto che il premier ha assegnato
alla Convenzione che dovrà occu-
parsene (e che Berlusconi vuole
presiedere) un orizzonte tempora-
le di 18 mesi.
Non a caso Alfano ha salutato
il discorso di Letta come “musi-
ca per le nostre orecchie”. E non
ci sarebbe neanche bisogno di ag-
giungere che non si parlerà più di
conflitto di interessi, né di leg-
gi contro la corruzione, né tanto
meno di ineleggibilità di chi de-
tiene concessioni statali, come il
padrone di Mediaset, per esempio.
Anzi, questo governo nasce per
arrivare alla “pacificazione nazio-
nale”, o più specificamente alla
“pacificazione giudiziaria” (per
l’imputato Berlusconi, s’intende),
come ha svelato e chiesto sfaccia-
tamente il capogruppo dei deputati
PDL, Brunetta.
Non dare tregua
al governo
Letta-Berlusconi
A questo governo non va dato
perciò il minimo credito né la mi-
nima tregua. E neanche un’opposi-
zione “responsabile e costruttiva”,
come hanno annunciato sia Ven-
dola che il M5S, perché ciò rap-
presenta solo una sua opportuni-
stica copertura parlamentare, che
servirà solo a concedergli tregua e
tempo per attuare i suoi obiettivi
antioperai, neofascisti e presiden-
zialisti. L’opposizione al gover-
no Letta-Berlusconi non può che
essere un’opposizione di classe,
di massa fuori dal Palazzo, nelle
fabbriche, nelle scuole, nelle uni-
versità e nelle piazze. Un’oppo-
sizione dura, totale e di lotta, per
farlo cadere il più presto possibi-
le e riaprire la strada al vero cam-
biamento che vuol dire abbattere
il capitalismo, rovesciare dal pote-
re la classe dominante borghese e
conquistare una nuova società go-
vernata finalmente dal proletaria-
to, il socialismo. Altrimenti, come
anche questa vicenda dimostra in
maniera lampante, il capitalismo
riuscirà sempre a rimpiazzare ogni
suo governo caduto con un altro al
suo servizio, e non sarà possibile
cambiare veramente l’Italia e dare
il potere al proletariato.
N. 18 - 9 maggio 2013 governo letta / il bolscevico 3
LETTA, ESPONENTE DELL’IMPERIALISMO
ITALIANO E EUROPEO,
AMICO DELL’IMPERIALISMO AMERICANOGrande mediatore e tessitore di
rapporti al di là degli schieramen-
ti, europeista convinto da sempre,
membro di superlobby internazio-
nali come la Trilateral Commis-
sion, l’Aspen e il gruppo Bilder-
berg. Insomma, un democristiano
doc coltivato fin dalla culla per
divenire un esponente di spicco
dell’imperialismo italiano ed eu-
ropeo, nonché amico dell’impe-
rialismo americano: questo, nella
sostanza, è il nuovo premier Enri-
co Letta.
Ben lo sapeva Napolitano quan-
do, nel presentare il premier inca-
ricato, ne metteva in risalto, alla
faccia della giovane età, il ricco
curriculum interno e internaziona-
le quasi a garantire e rassicurare la
classe dominante borghese, l’alta
finanza italiana e internazionale, la
Ue imperialista, che Letta si collo-
ca in piena continuità con i gover-
ni precedenti Monti e Berlusconi.
E non sarà certamente un caso che
la prima cosa che ha promesso ap-
pena ottenuta la fiducia è di visita-
re “in un unico viaggio Bruxelles,
Berlino e Parigi per dare subito il
segno che il nostro è un governo
europeo ed europeista”.
Europeista
e democristiano
di lungo corso
Nato a Pisa il 20 agosto 1966,
figlio di Giorgio Letta, docente di
matematica all’Università di Pisa.
Sposato in seconde nozze con
la giornalista del Corriere della
Sera, Gianna Fregonara, della cui
carriera si vanta niente di meno
che l’attuale direttore responsa-
bile de “Il Giornale” della fami-
glia Berlusconi, Alessandro Sal-
lusti, che l’ebbe come dipendente
quando era capo cronaca di Mila-
no del Corriere. Tre figli e tifoso
del Milan di cui ha fondato il club
a Montecitorio.
La sua formazione è all’inse-
gna dell’Europa come si può rico-
struire direttamente dalla biogra-
fia con cui si presenta sul suo sito:
“Ha alle spalle un percorso umano
e formativo all’insegna dell’Euro-
pa – si legge -, dall’infanzia a Stra-
sburgo, dove frequenta la scuola
dell’obbligo, alla laurea in Dirit-
to internazionale all’Università di
Pisa. Sempre a Pisa consegue il
dottorato di ricerca in Diritto delle
comunità europee alla Scuola Su-
periore S. Anna”. Letta ha fra l’al-
tro svolto attività di insegnamento
e di ricerca presso la stessa Scuola
S. Anna di Pisa e l’Haute Ècole de
Commerce di Parigi.
Ufficialmente entra in politica
a 25 anni quando diventa presiden-
te dei giovani del Partito popolare
europeo. In realtà già a 14 anni si
iscrive al Movimento degli stu-
denti dell’Azione cattolica. Il suo
percorso democristiano è segnato
fin da quando lo zio, Gianni Let-
ta, eminenza grigia di Berlusconi,
ma allora direttore del Tempo, lo
carica sulla sua Mini Morris e lo
conduce a dodici anni in via Fani,
nel luogo dove il 16 marzo 1978 è
stato rapito il presidente democri-
stiano Aldo Moro e uccisa la sua
scorta.
Mentre si laurea accetta di fare
il segretario di un giovane pisano,
Simone Guerrini, che è diventato
il leader dei giovani democristiani.
Guerrini lo fa diventare presidente
dei giovani popolari europei e lo
catapulta a Bruxelles.
Conosce Beniamino Andreat-
ta nel 1990 e diventa ricercatore
dell’Arel, l’Agenzia di ricerche e
legislazione (il think tank fondato
nel 1976) di cui è segretario gene-
rale dal 1993. Diventa il consiglie-
re di Andreatta che lo porta con sé
a capo della segreteria al ministe-
ro degli Esteri nel governo Ciam-
pi. Lo stesso Ciampi, nel 1996, lo
chiamerà al ministero del Tesoro
come segretario generale nel co-
mitato per l’Euro.
La carriera politica
e governativa
Nel 1997 Franco Marini lo no-
mina, con Dario Franceschini, vi-
cesegretario del PPI. Diventa il
ministro più giovane della Repub-
blica - superando il primato di An-
dreotti, e battuto solo recentemen-
te dalla Melandri -, con la nomina
a ministro per le politiche comu-
nitarie del governo D’Alema I nel
1998. Il primo a congratularsi è
proprio lo zio Gianni che si com-
muove al telefono.
Nel 2000 è ministro dell’In-
dustria, Commercio e Artigiana-
to nel secondo governo D’Alema
succedendo proprio a Bersani. In-
carico che conserva con il gover-
no Amato, per il quale è anche mi-
nistro del Commercio con l’estero
fino al 2001. Nel 2001 diventa de-
putato per la prima volta e s’iscri-
ve alla Margherita di cui diventa il
responsabile nazionale per l’eco-
nomia.
Nel giugno 2004 rassegna le
dimissioni dalla Camera e viene
eletto deputato europeo nella lista
Uniti nell’Ulivo. Iscritto al grup-
po parlamentare dell’Alleanza dei
Liberali e Democratici per l’Eu-
ropa, è stato membro della Com-
missione per i problemi economi-
ci e monetari; della Commissione
temporanea sulle sfide e i mezzi fi-
nanziari dell’Unione allargata nel
periodo 2007-2013; della Delega-
zione per le relazioni con i paesi
del Maghreb e l’Unione del Ma-
ghreb arabo (compresa la Libia).
Nella XV legislatura è di nuovo
deputato italiano e tra il 17 maggio
2006 e l’8 maggio 2008 è sottose-
gretario di Stato alla presidenza
del Consiglio dei ministri nel go-
verno Prodi.
Nel 2007 si candida alla se-
greteria nel neonato PD batten-
dosi alle primarie contro Veltroni
e la Bindi e piazzandosi terzo con
l’11% dei consensi. Nel 2008 vie-
ne chiamato da Veltroni a far parte
del governo ombra del PD in quali-
tà di responsabile del welfare. Nel
2009, in occasione del congresso
del PD, decide di appoggiare Ber-
sani e la mozione che lo sostiene.
Il 9 novembre 2009 – dopo le pri-
marie che eleggono Bersani segre-
tario nazionale – viene nominato
dall’Assemblea nazionale vicese-
gretario unico del PD.
Nel gennaio 2012 Letta viene
accusato da Luigi Lusi, ex tesorie-
re della Margherita e inquisito per
aver sottratto ingenti somme di de-
naro dalle casse del partito, di es-
sere uno dei destinatari di tali sol-
di.
Nell’aprile 2013, dopo le di-
missioni dell’intera segreteria del
PD a seguito del fallimento del-
l’elezione di Marini e Prodi alla
presidenza della Repubblica, Let-
ta è diventato ufficialmente il reg-
gente del PD, fino al prossimo
congresso.
Abile tessitore
trasversale
e inciucista
Fin da quando diventa il pupil-
lo di Andreatta, Letta ha accesso
ai salotti buoni della finanza, del-
l’industria, della politica e della
cultura.
Quando va al ministero dell’In-
dustria, oltre a mandare in porto la
privatizzazione del gas, tesse fitti
rapporti con imprenditori, mana-
ger, politici e grandi commis. Una
rete che Letta coltiva accurata-
mente attraverso l’Arel ma anche
dando vita a strumenti trasversali
ai vari schieramenti come VeDrò,
il centro studi fondato nel 2005
insieme a Marco Meloni e che si
svolge ogni anno d’agosto, a par-
lamento chiuso, vicino a Trento, a
Dro, riunendo per tre giorni espo-
nenti trenta-quarantenni di PD e
PDL (e non solo), giornalisti, im-
prenditori, attori, qualche studen-
te per discutere di politica ed eco-
nomia.
Anno dopo anno si calcola che
siano almeno in 4.000 gli affezio-
nati all’evento che seppur in sordi-
na macina rapporti, amicizie e ra-
gnatele politiche e finanziarie. Fra
questi, guarda caso, è ospite fisso
anche Giulio Napolitano, figlio del
presidente della Repubblica. Ed è
lì che probabilmente Letta ha ap-
prezzato la berlusconiana Nunzia
De Girolamo, che oggi ha nomi-
nato ministro delle Politiche agri-
cole, nota anche per essere sposata
con il suo braccio destro, France-
sco Boccia, colui che ha minac-
ciato di espulsione dal PD i parla-
mentari che non avessero votato la
Letta e Alfano se la ridono dopo che il governo ha ricevuto il voto di fiducia
parlamentare
Quando Letta negava qualsiasi governo con BerlusconiIl governo si regge su un patto
politico chiaro: il Pd si è assunto
la responsabilità di stare in una
maggioranza con chi ci ha ridotto
così, a patto che l’interlocutore
non fosse Berlusconi (3-7-12).
L’ipotesi di una grande coali-
zione col Pdl dopo le elezioni è
molto lontana. E la lontananza è
data dal ritorno in campo di Sil-
vio Berlusconi, che rende questa
ipotesi poco credibile (22-8-12).
Quella di una Grande Coalizione
col Pdl è una prospettiva com-
pletamente affossata dal ritorno
di Berlusconi, responsabile della
situazione molto negativa nella
quale il Paese si è ritrovato (23-
8-12). Nella prossima legislatura
non possiamo governare con un
patto politico con Berlusconi. Ha
distrutto il lavoro di Alfano per
rendere il Pdl un normale partito
conservatore europeo e l’ha fatto
tornare alla logica di Arcore, per
noi inaccettabile (3-10-12). La
prospettiva di un Berlusconi-5 la
vendetta è una idea repellente
rispetto alla buona politica (1-12-
12). Tra Pd e Monti ci sarà dialo-
go e competizione leale. Il nostro
avversario comune è Berlusconi
(23-12-12). Se dovesse esserci
necessità di governare con un
alleato, non potremmo rivolgerci
né a Berlusconi né a Grillo: il ra-
gionamento andrà fatto con colo-
ro con cui condividiamo la scelta
europeista e dunque con Monti e
le forze di centro (28-12-12). Ri-
sponderemo colpo su colpo alle
parole vergognose sul presidente
Napolitano pronunciate da Silvio
Berlusconi (31-12-12). Alle bugie
di Berlusconi risponderemo col-
po su colpo. Bisognerebbe aprire
una commissione parlamentare
d’inchiesta su di lui (2-1-13).
Il disastro e la vergogna. Berlu-
sconi, con lo spettacolo, cerca di
far dimenticare entrambi al Pae-
se. Lui è il nostro vero avversario.
E dobbiamo battere il suo popu-
lismo. Confidiamo nella memoria
degli italiani che sanno che, dopo
tre anni di governo Berlusconi, le
famiglie e le imprese si trovavano
a pagare i mutui cinque volte tan-
to rispetto a tedeschi e francesi
(12-1-13). Berlusconi non torna,
perché i danni che ha fatto al
Paese sono tanti e gli italiani non
hanno una memoria così fallace
(14-1-13). L’Italia è stata distrutta
da Berlusconi, che sta cercando
ancora una volta di rendere que-
sta campagna elettorale ansioge-
na ai limiti della guerra civile (15-
1-13). C’è stato un periodo in cui
andando all’estero a noi italiani ci
deridevano per il ‘bunga bunga’
piuttosto che apprezzarci per i
tanti cervelli costretti a emigra-
re (25-1-13). Berlusconi è come
Sylvester Stallone o Jean-Claude
Van Damme nel film I mercenari,
come quei personaggi che ritor-
nano e a 65 anni fanno le cose
che facevano quando ne avevano
a 25: patetico e bollito (30-1-13).
La proposta di rimborsare
l’Imu finanziando l’operazione
con la tassazione dei capitali ita-
liani in Svizzera non è credibile:
perché la fa Berlusconi, perché è
basata su premesse che non ten-
gono conto della verità, perché
non si poggia sulla possibilità di
realizzarla dal punto di vista della
solidità politica. Berlusconi è l’uo-
mo che ha fatto quasi fallire l’Italia
e che ora si ripropone, rovescian-
do la verità e facendo promesse
irrealizzabili, contando sul fatto
che gli italiani ogni tanto hanno la
memoria corta. L’alternativa è tra
noi e Berlusconi (4-2-13). I voti a
Berlusconi? Era assurdo pen-
sare che non ci fosse chi voleva
votare per chi difende l’evasione
fiscale, visto che in Italia c’è il 20
per cento di evasione fiscale e gli
evasori fiscali votano (8-2-13).
Abbiamo chiaro da tempo che
l’errore fatto negli anni 90 e quan-
do abbiamo governato è stato di
non riuscire a fare una buona leg-
ge sul conflitto di interessi e la ri-
forma del sistema radiotelevisivo.
E anche se i buoi sono scappati
dalla stalla, in questa legislatura
bisogna rimediare a tutti i costi: il
Pd obbligherà Berlusconi a scio-
gliere i suoi conflitti di interesse
se si vuole ricandidare. Il suo ruo-
lo di tycoon mediatico è emerso
in tutta la sua pesantezza anche
in questa campagna elettorale.
Sarebbe cambiata la storia
del Paese se la legge si fosse
fatta prima, perché Berlusconi ha
usato in modo sempre scorretto il
suo potere (21-2-13). Nel dire no
a un governo con Berlusconi non
dobbiamo avere alcuna ambigui-
tà, mentre dobbiamo sfidare Grillo
senza rincorrerlo (6-3-13). Grande
coalizione? Fossimo in Germania
e ci fosse la Merkel sarebbe la so-
luzione perfetta. Purtroppo siamo
in Italia e c’è Berlusconi, la vedo
complicata (8-3-13). L’agenda del
Pdl ha un solo punto: la difesa di
Berlusconi (9-3-13). Non tenti la
destra di rovesciare le cose e usa-
re il monito di Napolitano a coper-
ture delle proprie ingiustificabili
manifestazioni sulle scalinate del
Tribunale di Milano. Pensi il Pdl in-
vece a riflettere sulle argomenta-
fiducia al governo.
Un altro centro di rapporti tra-
sversali è l’Intergruppo per la
sussidiarietà che Letta anima a
Montecitorio insieme all’amico
Maurizio Lupi (PDL), ora nomi-
nato ministro alle Infrastrutture
e ai trasporti, organizzando mee-
ting, riunioni, seminari. Molti di
quelli che partecipano a VeDrò poi
si ritrovano nell’Intergruppo. Infi-
ne c’è anche l’associazione “360”,
nata quando Letta sfidò Veltroni e
la Bindi nel 2007 con le primarie
e la cui anima è Monica Nardi, la
responsabile della comunicazione
nonché consigliera per il program-
ma di governo.
In onore della sua trasversalità,
nell’estate del 2011, Letta ha par-
tecipato anche al Meeting di Rimi-
ni di Comunione e liberazione.
Membro
delle superlobby
internazionali
Ma le sue frequentazioni van-
no ben al di là dell’Italia. Egli ap-
partiene, infatti, come il suo pre-
decessore Monti, alle tre logge
massoniche internazionali Bilder-
berg, Trilateral e Aspen. Le più
potenti superlobby internaziona-
li, vere e proprie centrali occulte
di tipo massonico, chiuse, ristret-
te, riservate, in cui banchieri, po-
litici e industriali tracciano le li-
nee guida comuni e le strategie
per salvaguardare il sistema ca-
pitalistico e farlo prosperare a li-
vello planetario. Letta è vicepre-
sidente dell’Aspen Institute Italia
dal 2004. Membro del comitato
europeo della Commissione Tri-
laterale e nel 2012 ha partecipato
su invito alla riunione del Gruppo
Bilderberg presso Chantilly, Virgi-
nia, Usa.
Sarà per la comune frequenta-
zione che Letta si è sentito così vi-
cino a Monti da spingersi a man-
dargli in aula durante la seduta
della fiducia, uno storico e ver-
gognoso “pizzino” intercettato
dai teleobiettivi, in cui l’attuale
presidente del Consiglio si mette-
va a disposizione: “Dimmi forme
e modi con cui posso esserti utile
dall’esterno… Per ora mi sembra
tutto un miracolo! E allora i mira-
coli esistono!”.
E al miracolo deve aver pensa-
to anche Berlusconi che improv-
visamente da perdente, si è vi-
sto, grazie a Napolitano e a Letta,
proiettato sul carro dei vincitori.
Letta in particolare si è dovuto ri-
mangiare in un sol boccone tutto
ciò che aveva sostenuto solo fino a
qualche giorno prima, quando ne-
gava decisamente la possibilità di
un inciucio governativo fra PD e
PDL. Ma l’ambizione del giovane
e rampante democristiano e la de-
vozione verso l’imperialismo ita-
liano ed europeo è così tanta da far
superare ogni vergogna.
La classe dominante borghese,
l’alta finanza, l’imperialismo eu-
ropeo e americano con Letta pos-
sono davvero dormire sonni tran-
quilli. La classe operaia e le masse
popolari, decisamente no.
zioni del Presidente e a rispettare
i principi costituzionali di autono-
mia dei poteri (12-3-13).
Berlusconi oggi propone un
governo della concordia. Ma con
quale coraggio e con quale coe-
renza lo fa, dal momento che nel-
l’unico caso in cui sostenevamo lo
stesso governo per fronteggiare la
crisi più grave del dopoguerra ha
tolto la spina prima del tempo solo
per i suoi interessi, perché voleva
andare a fare la campagna eletto-
rale? (20-3-13). Pensare che dopo
20 anni di guerra civile in Italia, na-
sca un governo Bersani-Berlusco-
ni non ha senso. Il governissimo
come è stato fatto in Germania qui
non è attuabile (8-4-13).
Dichiarazioni di Enrico Let-
ta espresse nelle date indica-
te a conclusione di ciascuna
citazione e pubblicate da Il
Fatto Quotidiano del 26 apri-
le 2013 sotto il titolo: “Ha di-
strutto l’Italia, mai al governo
con Berlusconi”.
4il bolscevico / governo letta N. 18 - 9 maggio 2013
ATLANTISTA DI FERRO,
ANTICOMUNISTA E IPERLIBERISTAEmma Bonino nasce a Bra
(Cuneo) nel 1948. Icona del co-
siddetto “radicalismo liberale” sia
a livello nazionale che internazio-
nale. Secondogenita di una fami-
glia borghese e cattolica (il padre
era proprietario di una fattoria
prima di diventare un commer-
ciante di legname, la madre era
una cattolica praticante), conse-
gue la maturità classica al liceo
“Gandino” di Bra nel 1967 e poi la
laurea, nel 1972, in Lingue e let-
terature moderne alla prestigiosa
Università privata della “Bocconi”
con una tesi sulla figura di Mal-
com X.
La sua nomina a ministro degli
Esteri del primo governo Letta è
stata sponsorizzata direttamente
dal nuovo Vittorio Emanuele III
Napolitano con cui la Bonino col-
tiva una grande amicizia fin dal
1994 quando, grazie alla “disce-
sa in campo” di Berlusconi e alla
conquista di Palazzo Chigi, l’allo-
ra parlamentare di Forza Italia fu
nominata commissario europeo
proprio al posto di Napolitano
che a sua volta fu poi eletto al
Quirinale. Non a caso Napolita-
no, alla vigilia della formazione
del nuovo governo, aveva chiesto
al comune amico Riccardo Nen-
cini, segretario nazionale del PSI,
di “salutare Emma e dille che la
chiamo presto”.
Femminista piccolo
borghese, interventista,
filo-sionista e
anticlericale pentita
Agli inizi degli anni ’70 entra in
politica sposando le tesi del fem-
minismo piccolo-borghese e fon-
da il “Centro d’Informazione sulla
Sterilizzazione e sull’Aborto”.
Nel 1976 inizia la sua lunga
carriera politica fra i signori del
palazzo. Viene eletta per la prima
volta alla Camera a soli 28 anni
tra le file del Partito Radicale.
Sarà rieletta per 8 volte al Parla-
mento nazionale e per 3 volte, a
partire dal 1979, è anche parla-
mentare europea.
Appena varcata la soglia del
Palazzo inizia il suo progressivo
autosmascheramento e da an-
ticlericale militante, laica e “sfe-
gatata pacifista non-violenta” si
trasforma ben presto in convin-
ta sostenitrice dell’imperialismo
guerrafondaio, calza l’elmetto
della Nato, si schiera apertamen-
te coi sionisti israeliani e si ricon-
cilia facendo “mea culpa” perfino
con le alte sfere Vaticano.
Nel 1978 cavalca la dilagante
protesta popolare contro l’allora
presidente della Repubblica, il
DC di destra Giovanni Leone, co-
stretto a dimettersi in quanto pe-
santemente coinvolto nello scan-
dalo Lockheed e il traffico d’armi.
Ma poi si pente e il 3 novembre
1998, sotto l’egida dell’allora pre-
sidente della Repubblica Scalfaro
e del futuro Vittorio Emanuele III
Giorgio Napolitano (in veste di
mediatore), accompagnata dal
suo padrino politico Pannella,
rende omaggio a Leone in occa-
sione del suo 90° compleanno,
gli chiede pubblicamente scusa
e si rimangia tutti gli attacchi e le
critiche mosse nei suoi confronti
e si prostra ai piedi degli alleati
imperialisti americani sposando
in pieno “la prepotenza e l’arro-
ganza degli yankee”.
Anche il fervore delle battaglie
per il divorzio e l’aborto e lotte per
i diritti civili sbandierati per tutti gli
anni ’70 ben presto si attenuano
fino a diventare di facciata sve-
lando il suo vero volto filo-cleri-
cale e anticomunista viscerale.
Nel 1981 promuove un ap-
pello contro la fame nel mondo
contribuendo a fondare l’asso-
ciazione “Food and Disarmament
International”, di cui di lì a poco
diverrà segretario. L’iniziativa ri-
scuote grandi simpatie da parte
del Vaticano e segna il preludio
di una “sorprendente” riconci-
liazione con le gerarchie eccle-
siastiche ufficializzato nel 1986
con l’incontro amichevole con
il papa nero Wojtyla e prosegui-
ta nel tempo con la Bonino che
nel 1987 manifesta in prima fila
a favore di Solidarnosc contro
Jaruzelski “e la sua dittatura co-
munista”, in piena sintonia col
filo-papalino Lech Walesa.
Anticomunista
berlusconiana riciclata
dal PD
Negli anni successivi non
perde occasione per attaccare
l’esperienza e la storia del movi-
mento comunista internazionale
scagliandosi con particolare li-
vore contro la figura e l’opera dei
cinque Maestri da Marx a Mao
senza distinzioni di sorta. Agli
inizi del 2000 sulla scia del “libro
nero del comunismo” presenta un
libercolo, finanziato dagli Usa, di
tale Michael Breen, contro la Co-
rea del Nord, nella cui prefazione,
peggio di un becchino, elenca i
presunti milioni di morti causati
dal comunismo.
In un’intervista a “Il Messag-
gero” del 17 aprile 2004 arriva
addirittura a paragonare il comu-
nismo al nazismo e al terrorismo
affermando che “il terrorismo è
una minaccia come lo sono stati
il nazismo o lo stalinismo. E che
quindi non è, a dispetto di certi
luoghi comuni di sinistra, il pro-
dotto della povertà o dell’unila-
teralismo USA”. Per non parlare
delle vere e proprie campagne
stampa contro la Cina rea di aver
attaccato e isolato sul Tibet il Da-
lai Lama fin dai tempi di Mao.
Il suo livore anticomunista
è tale che nel 1994 il neoduce
Berlusconi la fa eleggere in parla-
mento candidandola in Veneto tra
le file di Forza Italia appena fon-
data da Dell’Utri e Previti. Sempre
nel 1994, a pochi mesi dalle stra-
gi politico-mafiose di Capaci, via
D’Amelio, Roma, Firenze e Mila-
no, Emma Bonino prende parte a
un vergognoso comizio organiz-
zato a Palermo in combutta con
Berlusconi e Tiziana Parenti, du-
rante il quale critica aspramente
i giudici e le indagini sull’intreccio
mafia e politica.
L’idillio col neoduce, che nel
1999 arriva addirittura a candi-
darla al Quirinale, dura fino a tutto
il 2005. E mentre Berlusconi vara
le vergognose leggi ad personam,
smantella la sanità e la scuola
pubbliche, vara la controriforma
pensionistica e deregolamenta il
“mercato del lavoro”, lei lo copre
e lo difende a spada tratta affer-
mando fra l’altro che: “Con Berlu-
sconi abbiamo iniziato un lavoro
molto serio, apprezziamo ciò che
sta facendo come premier”.
Guerrafondaia al servizio
dell’imperialismo
Nel gennaio 1995 Berlusconi
la nomina Commissario europeo
insieme a Monti e le assegna i
portafogli della politica dei consu-
matori, della politica della pesca
e dell’Ufficio Europeo per l’Aiuto
Umanitario d’Urgenza (European
Community Humanitarian Office,
noto anche come ECHO).
Pochi giorni dopo, al ritorno
dalla sua prima missione nella
ex Jugoslavia, sul “Corriere del-
la Sera” scrive: “può sembrare
paradossale, certamente amaro
se ‘da convinta nonviolenta qua-
le sono da sempre’ mi ritrovo a
condividere, se non addirittura a
invocare, l’uso della forza da par-
te della comunità internazionale
per mettere fine ai crimini contro
l’umanità che vengono impune-
mente perpetrati in un angolo
d’Europa chiamato Bosnia”. Pre-
ludio all’aggressione imperialista
contro la ex-Jugoslavia scatena-
ta nel 1999 dall’Unione europea e
dalla Nato con alla testa il gover-
no del rinnegato D’Alema.
Da Commissario europeo la
Bonino si è sempre schierata a
favore degli Ogm senza etichet-
tatura. E nel ’98 è stata ospite
per almeno due volte del club
Bilderberg che per la sua segre-
tezza è stato più volte accusato
di essere una sorta di superlog-
gia massonica mondiale coperta
e frequentata esclusivamente
da un ristretto gruppo di politici,
banchieri, industriali, accademici
e giornalisti.
Sempre da commissario eu-
ropeo si schiera a favore del-
l’aggressione imperialista all’Af-
ghanistan e all’Iraq: “Io credo
che non ci fosse alternativa per
sconvolgere la rete terroristica: se
mandiamo il messaggio che do-
po le torri di New York possono
bombardare, senza colpo ferire,
anche il Colosseo e la Torre Eiffel,
non ci dà sicurezza”. E per giunta
si oppone anche alla sospensio-
ne dei bombardamenti in Afgha-
nistan per far passare il corridoio
umanitario degli aiuti destinati
alla popolazione e vittime civili
della guerra con l’assurda moti-
vazione che ciò “servirebbe solo
ai talebani per riorganizzarsi”.
Per non parlare dello scandalo
delle frequenze Tv che la Bonino
ha contribuito a negare per die-
ci anni a “Europa7” per favorire
“Rete4” e Berlusconi che le oc-
cupava abusivamente chiedendo
al Consiglio dei ministri l’attuazio-
ne di tutte le sentenze della Corte
di giustizia europea tranne una:
quella che dà ragione a Europa7
e torto al gruppo Mediaset.
Nel 2004 viene rieletta al par-
lamento europeo e si iscrive al
gruppo liberale “Alleanza dei
Democratici e Liberali per l’Euro-
pa”, occupando il ruolo di capo
delegazione della missione degli
osservatori dell’Ue per le elezioni
parlamentari e provinciali borghe-
si dell’Afghanistan che vedrà la
vittoria del filo-Usa Karzai.
Da falsa pacifista qual è, nel
2007, durante il sequestro del
giornalista di Repubblica Daniele
Mastrogiacomo da parte dei Ta-
lebani in Afghanistan, arrivò ad
accusare Gino Strada, che si offrì
come mediatore, di fare il doppio
gioco.
La giravolta piddina
Nel 2006, dopo 12 anni di mi-
litanza berlusconiana, la Bonino
viene scaricata da Berlusconi
che le preferisce il nuovo alleato
Casini e l’appoggio del Vaticano;
ma lei non si dà per vinta e pur
di rimanere attaccata alla poltro-
na cambia casacca e si ricicla
tra le file del PD che ovviamente
le costruisce ponti d’oro e la fa
eleggere deputata, poi senatrice,
europarlamentare, commissario
europeo e ministro per gli Affari
europei e del Commercio inter-
nazionale (nel Governo Prodi).
Dopo la caduta del governo di
“centro-sinistra” nel 2008 è elet-
ta senatrice del PD e nominata
vicepresidente del Senato. Due
anni dopo, il PD la candida alla
presidenza della Regione Lazio
(contro la Polverini) perché, chio-
sa Bersani: “È una donna fuori
dagli stereotipi. È una fuoriclas-
se”. Una candidatura sostenuta
non solo dai radicali e dal PD ma
anche dall’IdV di Di Pietro, dai
Verdi, da SEL di Vendola e dalla
Federazione della sinistra (PRC,
PdCI, Socialismo 2000).
Iperliberista
contro i No Tav
La sua formazione e la sua
storia politica e personale con-
fermano che la Bonino è una so-
stenitrice sfegatata del “sistema
americano” sia in campo econo-
mico, che sociale e politico. È a
favore del presidenzialismo e del
bipartitismo. Nel corso degli anni,
lei e i radicali sono stati i promo-
tori di referendum ultraliberisti
sponsorizzati dalla Confindustria
e finalizzati alla piena liberalizza-
zione del “mercato del lavoro”,
alla soppressione dei diritti eco-
nomici, sindacali e normativi dei
lavoratori e delle privatizzazioni,
come l’abolizione dell’articolo
18 dello “Statuto dei lavoratori”,
del Servizio sanitario nazionale in
favore della piena privatizzazione
della sanità, l’abolizione dei pa-
tronati e del sistema di iscrizio-
ne ai sindacati definiti in blocco
“barbari, oscurantisti e retrogra-
di”, la liberalizzazione del lavoro
a domicilio e dei contratti a ter-
mine. E ancora la battaglia per
la cosiddetta “giustizia giusta” di
craxiana memoria, mutuata dal
“Piano di rinascita democratica”
della P2, prevede l’abolizione
dell’obbligatorietà dell’azione pe-
nale, l’inasprimento delle norme
sulla responsabilità civile dei giu-
dici e la netta separazione delle
carriere dei magistrati. Fino alla
proposta di legge per modificare
l’art. 1 della Costituzione toglien-
do il riferimento al “lavoro” e le
“Norme per la liberalizzazione del
mercato dell’energia, per la razio-
nalizzazione dell’approvvigiona-
mento, per il risparmio energeti-
co”, che hanno dato il via libera ai
rigassificatori.
Si è sempre schierata a favore
della Tav e durante le lotte delle
popolazioni in Valsusa ha attac-
cato il movimento definendolo
“Una rumorosa minoranza che si
spaccia per alfiere della demo-
crazia diretta ma in realtà con la
violenza tiene in ostaggio la gran-
de maggioranza della popolazio-
ne della Valle e un intero Paese,
che rischia di essere sempre di
più emarginato dalle grandi vie di
comunicazione europee. Non ce
lo possiamo permettere”.
Nel 2010 fece da sponda
all’editto di Berlusconi contro
“Annozero” e Santoro: il voto ra-
dicale in Vigilanza fu decisivo per
chiudere i programmi e abolire
l’informazione Tv alla vigilia delle
elezioni.
Per non dire del voto contra-
rio all’arresto di Cosentino con la
motivazione, a dir poco ridicola,
fornita dalla stessa Bonino: “sia-
mo contro l’immunità parlamen-
tare, però esiste”.
Più recentemente, la falsa pa-
ladina dei diritti civili, si è schiera-
ta anche pubblicamente contro i
matrimoni gay.
Emma Bonino
La composizione del governo Letta
Presidente del Consiglio
Enrico LETTA (PD)
Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio
Filippo PATRONI GRIFFI (giurista)
(segretario del Consiglio dei Ministri)
Vicepresidente e Ministro dell’Interno
Angelino ALFANO (PDL)
Ministri con portafoglio
Affari Esteri
Ministro: Emma BONINO (Radicali italiani)
Interno
Ministro: Angelino ALFANO (PDL)
Giustizia
Ministro: Annamaria CANCELLIERI (prefetto)
Difesa
Ministro: Mario MAURO (Scelta civica)
Economia e Finanze
Ministro: Fabrizio SACCOMANNI (direttore di Bankitalia)
Sviluppo Economico
Ministro: Flavio ZANONATO (PD)
Infrastrutture e Trasporti
Ministro: Maurizio LUPI (PDL)
Politiche Agricole, Alimentari e Forestali
Ministro: Nunzia DE GIROLAMO (PDL)
Ambiente, Tutela del Territorio e del Mare
Ministro: Andrea ORLANDO (PD)
Lavoro e Politiche sociali
Ministro: Enrico GIOVANNINI (presidente ISTAT)
Istruzione, Università e Ricerca
Ministro: Maria Chiara CARROZZA (PD)
Beni, Attività Culturali e turismo
Ministro: Massimo BRAY (PD)
Salute
Ministro: Beatrice LORENZIN (PDL)
Ministri senza portafoglio
Riforme costituzionali
Gaetano QUAGLIARIELLO (PDL)
Affari regionali e autonomie
Graziano DELRIO (PD)
Affari europei
Enzo MOAVERO MILANESI (Scelta civica)
Coesione territoriale
Carlo TRIGILIA (Università di Firenze)
Rapporti con il Parlamento e coordinamento attività di Governo
Dario FRANCESCHINI (PD)
Pari opportunità, sport e politiche giovanili
Josefa IDEM (PD)
Integrazione
Cécile KYENGE (PD)
Pubblica amministrazione e semplificazione
Giampiero D’ALIA (UDC)
N. 18 - 9 maggio 2013 governo letta / il bolscevico 5
ANNAMARIA CANCELLIERI,
DA MANGANELLATRICE DEGLI
OPERAI A MANGANELLATRICE
DEI MAGISTRATIAnnamaria Cancellieri, mini-
stro della giustizia del governo
Letta ed uscente ministro degli
interni del governo Monti, na-
sce a Roma nel 1943. Si laurea
in Scienze politiche alla Sapienza
nel 1972. Giornalista pubblicista,
giovanissima inizia una folgoran-
te carriera presso la presidenza del
Consiglio.
La giovane carrierista provie-
ne da una famiglia italo-libica.
Non certo una famiglia operaia.
Il nonno partecipa alla guerra di
aggressione all’Impero Ottomano
del 1911 e dopo la conquista della
Libia viene nominato “commissa-
rio ai beni sequestrati ai berberi”.
La Cancellieri non si vergogna e
ne fa quasi un vanto di tale nausea-
bondo titolo ricevuto dal suo avo.
Il padre della Cancellieri sempre
in Libia è impegnato per tutta la
vita nell’affare della costruzione
di centrali elettriche.
La famiglia Cancellieri, come
altri sfruttatori dei beni del popolo
libico, viene giustamente caccia-
ta dalla Libia da Gheddafi dopo la
conquista del potere nel ’70.
Dopo una ventennale carriera
dirigenziale nello Stato borghese,
la Cancellieri nel 1993 è nomina-
ta prefetto, carica che ricopre a Vi-
cenza, Bergamo, Brescia, Catania
e Genova. Da prefetto a Genova
nel 2007, pronunciò queste fami-
gerate parole: “Emergenza ma-
fia? Non ci risulta”. In corso nel
capoluogo ligure vi erano inchie-
ste della magistratura e numero-
si arresti di uomini connessi alla
’ndrangheta.
La prefetta che non si accorge,
o fa finta di non accorgersi, del-
l’esistenza della mafia è nominata
dall’ex governatore siciliano Lom-
bardo (MPA,), successivamen-
te indagato per mafia, a presiede-
re nel 2009 la commissione per il
piano rifiuti, settore in mano alla
mafia nell’isola. In quella veste
la Cancellieri concorre a determi-
nare i cumuli di spazzatura anco-
ra presenti nelle metropoli sicilia-
ne. Nel novembre di quell’anno
Lombardo la nomina commissario
straordinario del Teatro Bellini di
Catania. Alla fine del 2009 viene
indagata dalla Procura etnea per
abuso d’ufficio. Il Pubblico mini-
stero Alessandro La Rosa le con-
testa consulenze “inutili e costose
per i bilanci del teatro”.
Da commissario straordina-
rio a Bologna nel febbraio 2010,
dopo lo scandalo del “Cinziaga-
te” che coinvolse il sindaco Del-
bono (PD), si contraddistingue per
la politica antipopolare dal pugno
di ferro. Nell’ottobre del 2011, di-
venta commissario prefettizio a
Parma, dopo che Vignali, “centro-
destra”, si era appena dimesso in
seguito agli arresti per corruzione
di funzionari comunali e assesso-
ri. A Parma bypassando la volontà
popolare la Cancellieri si impegna
in una trattativa con Iren con l’ob-
biettivo di riaprire il cantiere del-
l’inceneritore dietro una cospicua
transazione finanziaria.
Dal 16 novembre 2011 al 28
aprile 2013, la Cancellieri è mi-
nistro dell’Interno nel governo
Monti. In coerenza con il suo pi-
glio fascista e antifemminile di-
chiarerà: “Io l’8 marzo lo aboli-
rei”, rivelando un odio profondo
verso lo spirito di classe della
Giornata delle Donne. La Cancel-
lieri dimostra di odiare tutto quan-
to proviene dalla classe operaia,
in primis le proteste per il lavoro
e usa il pugno di ferro poliziesco
contro le lotte operaie che viene
usato dalla ministra in diverse oc-
casioni: contro gli operai dell’Al-
coa e contro gli operai dell’Ikea,
ad esempio, contribuendo a far al-
zare la tensione che poi scoppie-
rà in una vera e propria battaglia
in Sardegna quando nel novembre
del 2012 le “forze dell’ordine” ca-
ricarono i minatori del Sulcis che
risposero costringendo alla fuga
gli allora ministri Fabrizio Barca
e Corrado Passera.
E ricordiamo ancora le manga-
nellate che massacrano gli studen-
ti il 14 novembre 2012 a Roma,
quando i lacrimogeni furono pre-
sumibilmente lanciati dal tetto del
ministero della Giustizia in via
Arenula sui giovani in fuga dalle
cariche.
La repressione della ministra
Cancellieri ha colpito duramente
anche le lotte di massa della Val-
susa, con continue cariche e scon-
tri, ricordiamo quelli di luglio e
novembre 2012, nonché decine
di arresti. Lo stesso dicasi della
gestione della protesta contro il
MUOS in Sicilia, dove gli attivisti
sono stati caricati violentemente a
più riprese negli ultimi mesi.
È innegabile che con l’arri-
vo della Cancellieri al governo la
repressione antioperaia e antipo-
polare delle “forze dell’ordine”
diventa sistematica, capillare e
frequente.
Nel corso del suo mandato la
ministra mostra un altro lato della
sua concezione fascista del ruolo
delle “forze dell’ordine”: la dife-
sa ad oltranza dei comportamen-
ti criminali e degli abusi da parte
della polizia. Quando la Cassa-
zione conferma nel 2012 le pene
ai poliziotti per la morte del gio-
vane Federico Aldrovandi, la mi-
nistra commenta: “Se ci sono sta-
ti, come sembrerebbe, degli abusi
gravi, è giusto che vengano colpi-
ti”. L’uso del condizionale di fron-
te all’accertamento di un’inaudita
e ingiustificata violenza, confer-
mata peraltro in via definitiva dal-
la Cassazione, che aveva prodot-
to non “degli abusi gravi”, bensì
la morte del giovane, suona come
una vera e propria provocazione o
presa di distanza tanto da suscita-
re l’indignata reazione dei genitori
del ragazzo.
Come la sua collega Fornero,
dall’alto della sua rendita milio-
naria la Cancellieri non ha per-
so occasione di attaccare verbal-
mente i lavoratori, i disoccupati
e i precari. Così quando affermò:
“Noi italiani siamo fermi al po-
sto fisso nella stessa città di fian-
co a mamma e papà”. Ma come la
Fornero che ha la figlia col sede-
re ben saldo su una poltrona uni-
versitaria, anche la Cancellieri ha
un figlio, Piergiorgio Peluso, dai
contratti di lusso. A 42 anni era
direttore generale di Fonsai (Fon-
diaria Assicurazioni), con centi-
naia di migliaia di euro di stipen-
dio. Uscito con 3,6 milioni di euro
di liquidazione dalla Fonsai, il fi-
glio della ministra diventa alto di-
rigente Telecom. Di mezzo c’è un
enorme conflitto di interessi. Nel
2003 il ministero dell’interno e
Telecom siglavano un accordo per
l’utilizzo dei braccialetti elettro-
nici per i detenuti ai domiciliari.
Il contratto di 81 milioni scadeva
a fine 2011. Nonostante le criti-
che della Corte dei Conti su tale
intesa “antieconomica ed ineffica-
ce”, nel 2012 la ministra rinnova
il contratto con Telecom per altri
7 anni. Poco dopo al figlio viene
affidato il settore “amministra-
zione, finanza e controllo” di Te-
lecom, con un contratto di circa
600mila euro l’anno. Alla faccia
del conflitto d’interessi.
Il 18 aprile 2013 è candidata
alla presidenza della Repubblica
da parte di Scelta Civica di Mon-
ti. Il 19 aprile 2013 alla quarta vo-
tazione raggiunge 78 voti, sui 69
iniziali di Scelta Civica.
Risulta non sgradita alla “sini-
stra” borghese, tanto che lo stes-
so Roberto Saviano ha chiesto
pubblicamente la riconferma del-
la manganellatrice fascista agli in-
terni. Ed è molto gradita a destra,
al punto che Giuliano Ferrara la
adora.
Il 27 aprile 2013 viene nomina-
ta ministro della Giustizia del go-
verno Letta con l’imperativo: da
manganellatrice di operai a man-
ganellatrice di magistrati.
L’assatanato nemico dei lavoratori, nonché capogruppo PdL alla Camera, Re-
nato Brunetta, manifesta grande fiducia in Enrico Letta
I governi dalla Liberazione a oggi
Legisla-
tura
Presidenti del
Consiglio
Partiti al governo Data della
costituzione
Data delle
dimissioni
Durata
(giorni)
giorni
di crisi
Parri Dc Pci Psi Pli DI P.Az 20.06.45 24.11.45 157 16
De Gasperi 1 Dc Pci Psi Pli DI P.Az 10.12.45 01.07.46 203 12
De Gasperi 2 Dc Pci Psi Pri 13.07.46 20.01.47 191 13
De Gasperi 3 Dc Pci Psi 02.02.47 13.05.47 100 18
De Gasperi 4 Dc Pli Psli Pri 31.05.47 12.05.48 347 11
I
De Gasperi 5 Dc Pli Psli Pri 23.05.48 12.01.50 599 15
De Gasperi 6 Dc Psli Pri 27.01.50 16.07.51 535 10
De Gasperi 7 Dc Pri 26.07.51 29.06.53 704 17
II
De Gasperi 8 Dc 16.07.53 28.07.53 12 20
Pella Dc 17.08.53 05.01.54 141 13
Fanfani 1 Dc 18.01.54 30.01.54 12 11
Scelba Dc Psdi Pli 10.02.54 22.06.55 497 14
Segni 1 Dc Psdi Pli 06.07.55 06.05.57 670 13
Zoli Dc 19.05.57 19.06.58 396 12
III
Fanfani 2 Dc Psdi 01.07.58 26.01.59 209 20
Segni 2 Dc 15.02.59 24.02.60 374 30
Tambroni Dc 25.03.60 19.07.60 116 7
Fanfani 3 Dc 26.07.60 02.02.62 556 19
Fanfani 4 Dc Psdi Pri 21.02.62 16.05.63 449 36
IV
Leone 1 Dc 21.06.63 05.11.63 137 29
Moro 1 Dc Psi Psdi Pri 04.12.63 26.06.64 205 26
Moro 2 Dc Psi Psdi Pri 22.07.64 21.01.66 548 33
Moro 3 Dc Psi Psdi Pri 23.02.66 05.06.68 833 19
V
Leone 2 Dc 24.06.68 19.11.68 148 23
Rumor 1 Dc Psu Pri 12.12.68 05.07.69 205 31
Rumor 2 Dc 05.08.69 07.02.70 186 48
Rumor 3 Dc Psi Psdi Pri 27.03.70 06.07.70 101 31
Colombo Dc Psi Psdi Pri 06.08.70 15.01.72 527 33
Andreotti 1 Dc 17.02.72 26.02.72 9 121
VI
Andreotti 2 Dc Psdi Pli 26.06.72 12.06.73 351 25
Rumor 4 Dc Psi Psdi Pri 07.07.73 02.03.74 238 12
Rumor 5 Dc Psi Psdi 14.03.74 03.10.74 203 51
Moro 4 Dc Pri 23.11.74 07.01.76 410 36
VII
Moro 5 Dc 12.02.76 30.04.76 78 90
Andreotti 3 Dc 29.07.76 16.01.78 536 54
Andreotti 4 Dc 11.03.78 31.01.79 326 48
Andreotti 5 Dc Pri Psdi 20.03.79 31.03 79 11 126
VIII
Cossiga 1 Dc Psdi Pli 04.08.79 19.03.80 228 16
Cossiga 2 Dc Psi Pri 04.04.80 27.09.80 176 21
Forlani Dc Psi Psdi Pri 18.10.80 26.05.81 220 33
Spadolini 1 Dc Psi Psdi Pri Pli 28.06.81 07.08.82 405 16
Spadolini 2 Dc Psi Psdi Pri Pli 23.08.82 13.11.82 82 18
Fanfani 5 Dc Psi Psdi Pli 01.12.82 29.04.83 149 97
IX
Craxi 1 Dc Psi Psdi Pri Pli 04.08.83 27.06.86 1058 35
Craxi 2 Dc Psi Psdi Pri Pli 01.08.86 03.03.87 214 45
Fanfani 6 Dc “Indipendenti” 18.04.87 28.04.87 11 91
X
Goria Dc Psi Psdi Pri Pli 29.07.87 11.03.88 227 33
De Mita Dc Psi Psdi Pri Pli 13.04.88 19.05.89 372 65
Andreotti 6 Dc Psi Psdi Pri Pli 23.07.89 28.03.91 613 23
Andreotti 7 Dc Psi Psdi Pli 17.04.91 02.02.92(1) 288 152(1)
XI
Amato Dc Psi Psdi Pli 04.07.92 21.04.93 291 8
Ciampi Dc Psi Psdi Pli 13.05.93 09.05.94(2) 375 (2)
XII
Berlusconi Forza Italia An Lega Nord Ccd Udc 10.05.94 22.12.94 227 25
Dini
Govemo dei “tecnici” votato da Ppi Pds Lega Nord Verdi
Rete Patto Segni Ad Si Svp Pri
17.01.95 11.01.96(3) 359 (3)
XIII
Prodi Ppi Pds Verdi Lista Dini Svp Ud Psd’Az. 17.05.96 9.10.98 875 11
D’Alema
Ds Ppi Verdi Rin. Italiano Udr Pdci Sdi Italia dei Valori
Psd’Az Svp Uv La Rete
21.10.98 18.12.99 423 4
D’Alema 2
Ds Ppi Verdi Rin. Italiano Udeur Pdci I Democratici Svp
Uv Psd’Az
22.12.99 19.04.00 119 9
Amato 2
Ds Ppi Verdi Rin. Italiano Udeur Sdi Pdci I Democratici
Svp Uv Psd’Az
26.04.00 31.05.01 400 7
XIV
Berlusconi 2 Forza Italia An Lega Nord Biancofiore Nuovo Psi 10.06.01 23.4.05 (4) 1443 (4)
Berlusconi 3 Forza Italia, An, Lega Nord, UDC, Nuovo Psi, Pri 28.4.05 02.05.06 390 (5)
XV Prodi 2
DS, Margherita, PRC, PdCI, IdV, Federazione dei Verdi,
Socialisti Democratici Italiani, Radicali, UDEUR,
Socialisti Italiani, Democratici Cristiani Uniti, Lega per
l'autonomia, Sinistra Democratica, Liberal Democratici
per il Rinnovamento, Movimento Repubblicani Europei
17.05.06 24.01.08 634 (6)
XVI
Berlusconi 4
PDL, Lega Nord, Movimento per le Autonomie (Fino
al 10 luglio 2010), PDL, Lega Nord, Movimento per le
Autonomie, FLI (Fino al 14 dicembre 2010) PDL, Lega
Nord, Iniziativa Responsabile, Coesione Nazionale,
Indipendenti (Fino al 6 settembre 2011) PDL, Lega Nord,
Iniziativa Responsabile, Coesione Nazionale, Forza del
Sud, Indipendenti
08.05.08 12.11.11 1.256 6
Monti
PdL, PD, UDC, IdV, FLI, ApI, Radicali Italiani, MpA,
Fareitalia, PID, Forza del Sud, Noi Sud, PLI, SVP, PRI,
Liberal Democratici, Io Sud, AdC, PSI, Union Valdotaine,
Alleanza Autonomista e Progressista, Movimento
Associativo Italiani all’Estero
18.11.11 21.12.2012 399 61
XVII Letta
PD, PDL, Scelta Civica, UDC, Radicali, Centro
democratico, Gruppo misto (tra cui “Minoranze
linguistiche” e “Sud Tiroler volkspartei”), Movimento
italiani all’estero, Grandi autonomie e libertà (Grande
Sud, MPA), Gruppo per le autonomie (Union Valdôtaine,
Partito autonomista trentino tirolese, Unione per il
Trentino, PSI)
27.04.2013 - - -
(1) Formalmente il governo Andreotti 7 non ha rassegnato le dimissioni ma è “morto” con la X legislatura e nella colonna “durata della
crisi” abbiamo conteggiato i giorni intercorsi tra lo scioglimento anticipato delle Camere e l’insediamento del governo Amato.
(2) Le dimissioni del governo Ciampi, presentate il 13 gennaio 1994, sono state respinte dal presidente della Repubblica Scalfaro, che
ha sciolto il parlamento mentre l’esecutivo Ciampi è rimasto in carica.
(3) L’11 gennaio 1996 il governo Dini si è dimesso, ma dopo il tentativo fallito da Maccanico di formare il governo, il presidente Scalfaro
ha sciolto anticipatamente le Camere e quindi Dini è rimasto in carica fino alla costituzione del governo Prodi.
(4) In questo caso non è la data delle dimissioni perché ci fu un cosiddetto rimpasto e Berlusconi è succeduto a se stesso, per lo stesso
motivo non c’è durata della crisi
(5) 22 giorni dopo le elezioni politiche vinte dal “centro-sinistra” consegna le dimissioni dell’esecutivo al presidente della Repubblica
Carlo Azeglio Ciampi
(6) Durata crisi zero giorni perché le dimissioni coincidono con la fine anticipata della legislatura
6 il bolscevico / governo letta N. 18 - 9 maggio 2013
LA DIREZIONE NAZIONALE ROVESCIA LA LINEA DELLA CAMPAGNA ELETTORALE ACCETTANDO L’ALLEANZA CON IL NEODUCE BERLUSCONI
Il PD si consegna a NapolitanoSolo 14 astenuti e 7 contrari
LA BASE DEL PARTITO IN RIVOLTA CONTRO
IL GOVERNO INSIEME A BERLUSCONI
Il 23 aprile, quale degno epi-
logo della vergognosa vicenda
dell’elezione del presidente della
Repubblica, che lo ha visto fran-
tumarsi per le faide interne per poi
cadere ai piedi di Napolitano e di
Berlusconi, lo stato maggiore del
Partito democratico ha riunito la
Direzione nazionale per ratificare
il ribaltamento della linea politica
della campagna elettorale e dare
via libera al governo delle “lar-
ghe intese” con il PDL. Linea che
proclamava il “cambiamento” e
di voler chiudere per sempre l’era
Berlusconi, come sancito solenne-
mente nel documento fatto firma-
re ai partecipanti alle primarie per
scegliere il candidato premier del
“centro-sinistra”, facendo pure pa-
gare loro due euro a testa, e che era
stata ribadita nel programma elet-
torale e dalle due precedenti Dire-
zioni tenute dopo le elezioni.
Lo stesso Bersani aveva rifiu-
tato a parole il governo col neodu-
ce in tutte le occasioni possibili,
la più celebre delle quali, appena
dieci giorni prima, era stata quel-
la alla manifestazione “contro la
povertà, per un governo del cam-
biamento”: quando, della serie
le ultime parole famose, a chi gli
gridava dalla platea di non cedere
sul governissimo con Berlusconi,
aveva risposto: “Ma cosa vuoi che
ceda... come si può credibilmente
pensare che io con Gasparri, Bru-
netta ecc...”?
La Direzione, trasmessa in
streaming dalla sede centrale di
Largo del Nazareno assediata dal-
le telecamere e dai militanti del PD
che mostravano cartelli con scritto
“mai con Berlusconi”, è durata ap-
pena un paio d’ore, giusto il tem-
po di ascoltare il discorso con cui
Bersani ha ufficializzato le sue di-
missioni e chiesto di approvare un
ordine del giorno col quale il PD si
affidava totalmente a Napolitano
per formare un governissimo col
DUE FACCE
DELLA CLASSE
DOMINANTE
BORGHESE
Nella prima foto lo zio Gian-
ni, che l’ha politicamente tenu-
to a battesimo, dà un buffetto di
incoraggiamento al nipote Enri-
co. Come a dire, con te stiamo
tranquilli: la classe dominante
borghese e il regime neofascista
sono in buone mani.
La seconda è stata scatta-
ta nel 2006 a Palazzo Chigi du-
rante il passaggio delle consegne
tra il governo del neoduce Ber-
lusconi e quello di “centro-sini-
stra” Prodi. Sulla sinistra Gianni
Letta, potentissimo e ascoltatis-
simo braccio destro del nuovo
Mussolini, e sulla destra, al fian-
co dell’altro democristiano Ro-
mano Prodi, Enrico Letta, che
Andreatta e lo stesso Prodi pre-
pararono fin da giovanissimo,
quando divenne anche presiden-
te dei Giovani democristiani eu-
ropei, a ricoprire responsabilità
ai massimi gradi degli incarichi
politico-istituzionali.
neoduce. Cosa che è stata sbriga-
ta in tutta fretta, dopo uno strimin-
zito “dibattito” che più che altro è
stato un veloce giro di dichiarazio-
ni di voto su un documento che dà
mandato al vicesegretario Letta e
ai capigruppo di Camera e Sena-
to, di “assicurare pieno sostegno al
tentativo del Presidente della Re-
pubblica di giungere alla forma-
zione del governo, raccogliendo
la sollecitazione ai partiti a eserci-
tare la loro responsabilità, secon-
do le linee illustrate nel discorso
di insediamento al Parlamento, e
mettendo a disposizione la propria
forza politica e le personalità utili
a questo fine”.
Nessuna opposizione
al diktat
di Napolitano
Il documento era atteso impa-
zientemente dal Quirinale per po-
ter dare l’incarico per la forma-
zione del governo, che poi è stato
assegnato allo stesso vicesegreta-
rio del PD che glielo ha portato su
un piatto d’argento. Non per nul-
la il giorno precedente in parla-
mento, il nuovo Vittorio Emanue-
le III aveva fustigato severamente
il vertice piddino, pur senza nomi-
narlo direttamente, ammonendolo
a fare i conti coi risultati elettora-
li, “piacciano oppur no”, e quindi,
“qualunque patto si sia stretto con
i propri elettori”, a “non sottrarsi
al dovere della proposta, alla ri-
cerca della soluzione praticabile”.
Cioè l’abbraccio con il partito del
neoduce: pena, nel caso recalci-
trasse dall’ingoiare il rospo delle
“larghe intese”, le proprie dimis-
sioni e il rinvio alle urne con gli
esiti disastrosi che al PD si pro-
spetterebbero.
Ma tali minacce si sono rive-
late alla luce dei fatti perfino su-
perflue, visto che nessuno ha osa-
to mettersi seriamente di traverso
al diktat di Napolitano e alla linea
trionfante dell’inciucio a tutti i co-
sti col PDL, e la paventata resa dei
conti, se mai ci sarà, è stata rinvia-
ta al congresso, che non potrà te-
Roma, 23 aprile 2013. Due momenti delle contestazioni al PD quando ormai era chiaro che avrebbe appoggiato la rielezione di Napolitano. La prima in piazza Mon-
tecitorio e la seconda davanti alla sede centrale del partito
nersi prima di luglio, ma molto più
probabilmente ad ottobre. Più in là
di qualche isolato mugugno e di
tentativo di mettere dei “paletti” al
nascente governo, subito del resto
zittiti dalla platea, non si è anda-
ti. Tanto che alla fine, su 197 pre-
senti i voti contrari al documen-
to sono stati solo 7, quasi tutti di
area prodiana, e 14 astensioni, tra
cui Civati e la Puppato, che suc-
cessivamente si sono rimangiati il
dissenso e almeno la seconda vo-
terà la fiducia al governo Letta.
Più qualcuno dei “giovani turchi”
(così viene definito dalla stampa
il gruppo di giovani opportuni-
sti e carrieristi di “sinistra” inter-
no al PD), come Orfini e Orlando.
Fassina, che già aveva votato per
Marini, ha votato invece il docu-
mento, forse pensando a quel po-
sto di ministro di cui i giornali già
vagheggiavano, ma che poi gli è
stato soffiato dal suo compare di
corrente Orlando, molto più gradi-
to agli uomini del neoduce fin da
quando, come responsabile Giu-
stizia del PD, trattava già con loro
sulle leggi per mettere il bavaglio
ai magistrati.
Renzi nuovo leader
di fatto del PD
Intanto, all’esterno della sede,
il Berlusconi piddino, Renzi, che
per un giorno era stato addirittu-
ra in predicato di diventare il pre-
mier incaricato, salvo poi essere
scartato dall’originale per ragio-
ni si dice di gelosia anagrafica, si
pavoneggiava e sparava dichiara-
zioni davanti a microfoni e teleca-
mere come fosse già il nuovo lea-
der di fatto del PD, l’unico capace
di riunire tutte le sue frantumate e
litigiose tribù, che ora guardano a
lui affinché salvi il partito che cor-
re il rischio di sparire insieme alle
loro amate poltrone e carriere po-
litiche.
Non a caso D’Alema aveva già
ricucito per tempo i rapporti con
lui andandolo a incontrare a Firen-
ze, e perfino i “giovani turchi”, ap-
pena caduto Bersani, si sono spo-
stati su di lui, al punto che Orfini
aveva avanzato la sua candidatu-
ra a premier incaricato. Perfino il
governatore della Toscana, Ros-
si, suo antico “avversario”, che
ora sostiene a spada tratta il go-
verno di “emergenza” con Berlu-
sconi, si è arreso alla stella ascen-
dente di Renzi, mettendosi come
lui a invocare il presidenzialismo
e nominando Napolitano “il no-
stro De Gaulle”. Tra Renzi e Let-
ta, poi, c’è pieno accordo, e anzi i
due se la intendono a meraviglia
nello scambiarsi i ruoli di attori
principali della nuova fase politi-
ca che si è aperta con la fine della
stagione bersaniana: “Con Letta ci
siamo capiti al volo. Se andavo a
Palazzo Chigi il segretario sareb-
be stato lui”, ha buttato lì il neopo-
destà fiorentino, lasciando inten-
dere che vale anche il viceversa.
Ma non vuole bruciarsi anzitem-
po: intanto è lanciatissimo verso
la presidenza dell’Anci, l’associa-
zione di tutti i neopodestà d’Ita-
lia, e lascia che sia qualcun altro,
come per esempio Epifani, a pren-
dersi per i momento la patata bol-
lente della “reggenza” di un par-
tito col vertice nel caos e la base
in rivolta.
E mentre nel fortino del Naza-
reno andava in scena questa disgu-
stosa farsa, in molte città d’Italia,
dal Piemonte alla Sicilia, e sul-
la rete attraverso i blog e i social
network, militanti ed elettori del
PD continuavano le manifestazio-
ni e le iniziative di protesta contro
l’inciucio romano iniziate fin dalla
sera del 17 aprile, appena appreso
della candidatura di Marini al Qui-
rinale che rivelava la chiara inten-
zione del vertice del PD di anda-
re al governo delle “larghe intese”
con Berlusconi. Proteste che ave-
vano raggiunto un livello di ten-
sione altissimo con l’assedio della
folla a Montecitorio blindato dal-
la polizia la sera della rielezione di
Napolitano.
Scollamento record
tra il vertice
e la base del PD
Autoconvocazioni, occupazio-
ni di sedi e federazioni, assemblee
permanenti, con l’esposizione di
striscioni con accuse inequivoca-
bili come “vergognatevi”, “no al-
l’inciucio”, “basta con i giochi
di palazzo”, “adesso basta, non
vi votiamo più”, promosse anche
da movimenti appositamente co-
stituiti come “Occupypd” e “Re-
setpd”, si moltiplicavano un po’
dappertutto. Come a Torino, dove
la sede provinciale è stata trasfor-
mata in una “sala della pallacor-
da” a imitazione della storica pro-
testa del “terzo Stato” che diede
il via alla rivoluzione francese, e
dove 250 tesserati chiedevano di
“resettare” i vertici del PD. Ma-
nifestazioni simili si svolgevano
a Napoli, Bologna, Cagliari, Vi-
terbo, Teramo (che ha il primato
di sedi provinciali occupate), ecc.
Mobilitazioni anche a Bari e in al-
tre città della Puglia. proteste e oc-
cupazioni di sedi anche in tutte le
province della Sicilia. Palermo è
stata tra le prime città che ha vi-
sto l’occupazione fisica della sede
cittadina del PD, insieme a Prato,
Firenze e Lucca.
Molta però è anche la confusio-
ne che regna nella base dei mili-
tanti e degli elettori di sinistra del
PD accanto alla rabbia e alla pro-
testa. Li accomuna senz’altro il ri-
fiuto corale del tradimento dell’in-
ciucio col partito del neoduce; ma
come si capisce dalle loro dichia-
razioni e prese di posizione, molti
di loro credono ancora e sperano
che il loro partito in mano a rin-
negati del comunismo, riformisti,
liberali e democristiani sia recu-
perabile in qualche modo alla si-
nistra. Quasi nessuno di loro si è
reso conto del ruolo presidenziali-
sta decisivo giocato da Napolitano
nel portare il PD in ginocchio da
Berlusconi, e continuano a pensa-
re al nuovo Vittorio Emanuele III
come a un garante della democra-
zia e della Costituzione. Altri ri-
schiano di affidarsi come “salva-
tore” del partito al Berlusconi che
hanno già in casa senza rendersene
bene conto: l’ambizioso presiden-
zialista Matteo Renzi. E tutti alla
fine rischiano di farsi convincere
ad accettare il governo Letta come
una medicina amara ma inevitabi-
le, una parentesi breve nell’attesa
di un illusorio cambiamento di li-
nea e di direzione che venga dalle
assise congressuali.
Auguriamoci che questa vicen-
da serva invece a convincerli che,
come sostiene il PMLI, non si può
farla finita con l’ingiustizia socia-
le e il presidenzialismo neofasci-
sta imperante se non si abbatte il
capitalismo che li genera e sostie-
ne. E che solo il socialismo può
davvero cambiare l’Italia e dare il
potere al proletariato.
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casalinghe, studenti, immigrati senza lavoro, con lavoro precario o a salario operaio
N. 18 - 9 maggio 2013 interni / il bolscevico 7
Davanti alla scuola superiore Sant’Anna di Pisa
LA POLIZIA CARICA GLI STUDENTI
CHE CONTESTANO AMATO E PROFUMO
“Ma che competizione, che
meritocrazia! I nostri diritti non
li portate via!”, questo lo slogan
che ha animato la protesta di de-
cine e decine di studentesse e stu-
denti borsisti, ex borsisti, pendola-
ri e fuori sede che il 23 aprile si
sono riuniti in un presidio contro
il convegno dal titolo “Uguaglian-
za dei meritevoli”, che si teneva
alla Scuola superiore Sant’Anna
di studi universitari e di perfezio-
namento di Pisa, un “centro d’ec-
cellenza” nonché influente lobby
accademica borghese che ha sfor-
nato, tra gli altri, il capo del go-
verno Enrico Letta, l’ex premier
Giuliano Amato (che ne è l’attua-
le presidente), la neo ministra del-
l’Istruzione Maria Chiara Carroz-
za e l’ex capo dello Stato Ciampi.
Al convegno partecipavano lo
stesso Amato e l’allora ministro
dell’Istruzione Profumo.
Gli studenti volevano far sen-
tire la propria voce contro il pro-
getto di decreto Profumo che ina-
sprisce i requisiti economici e di
merito per accedere alle borse di
studio e ne taglia gli importi, pro-
muovendo, come scrivono gli stu-
denti in un volantino, “un’ugua-
glianza d’elite: chi può permettersi
Pisa, 23 Aprile 2013. La contestazione degli studenti contro Francesco Profumo,
ministro dell’istruzione uscente del governo Monti e Giuliano Amato, in conve-
gno alla scuola di S. Anna
Se hai vent’anni
lotta per cambiare
davvero l’Italia“Se hai vent’anni vattene
dall’Italia”: questo l’eloquente
titolo dell’articolo pubblicato
lo scorso 8 aprile dal direttore
responsabile del giornale onli-
ne “fanpage.it”, Francesco
Piccinini. Un articolo pieno di
qualunquismo e disfattismo
nel quale l’autore, rivolgendo-
si ad un ipotetico 20enne, lo
esorta: “Vattene perché se hai
vissuto i tuoi primi 20 anni in
questa nazione non hai visto
niente dei cambiamenti del
mondo. Sei rimasto indietro.
Hai vissuto 20 anni di dibat-
tito pubblico schiacciati sullo
scontro pro o contro Berlu-
sconi”. E ancora: “Ti direi di
andartene perché hai vissuto
20 anni con le stesse metro
(...) Lascia questo paese, me-
ticciati. Scopri la bellezza di
altri corpi e di altri odori. (...)
Vattene per imparare che non
è vero che una laurea ti forma.
(...) Vattene perché non devi
leggere i giornali che aprono
con le violenze per una partita
di calcio”.
“Parti – conclude – lasciaci
qui, come i dannati di un in-
ferno da noi stessi generato”.
Insomma Piccinini vuole get-
tare i giovani nello sconforto
e nel disimpegno, facendo
sembrare che i problemi che
affliggono loro come il resto
delle masse popolari italia-
ne cadano dal cielo, siano
irrisolvibili o addirittura colpa
“nostra” e non vadano ricer-
cati nel sistema capitalista in
crisi e nel massacro sociale
imbastito dai suoi governi per
salvare i profitti del grande ca-
pitale. Per stroncare qualsiasi
proposito di lotta arriva per-
sino a sputare sulla memoria
dei giovani martiri antimperia-
listi e antimafiosi: “Dimentica
Genova. Lì hanno ucciso una
generazione, non farti fermare
anche tu. Non ascoltare quel-
la canzone ‘poteva come tanti
scegliere e partire, invece lui
decise di restare’ è bellissima
ma viene da un’altra epoca.
Ho amato Peppino (Impastato
ndr) e la Sicilia ma ho anche
imparato che le catene non
coincidono con questo sen-
timento”. Non una parola sui
giovani, in primo luogo operai,
studenti, precari, disoccupati,
che lottano quotidianamente
e coraggiosamente per il la-
voro, per la scuola e l’univer-
sità pubbliche, per cambiare
l’Italia. Ma nemmeno sui tanti
giovani che sono costretti al-
l’emigrazione non per “sete di
avventura” ma per trovare un
lavoro.
Questa è del resto l’espres-
sione tipica di un intellettuale
piccolo-borghese che ha pau-
ra della lotta di classe e cerca
di sopirla sottraendole le forze
più fresche e vitali e mitizzan-
do una inesistente “eldora-
do” da rincorrere all’estero.
Tanto che, in chiusura, l’ar-
ticolo vagheggia un “senso
di comunità” interclassista,
perché “essere una collettivi-
tà è la condivisione costante
e silenziosa delle regole che
consentono a tutti di andare
avanti”.
Ai giovani e non solo, noi
proponiamo invece di ispirar-
si allo spirito di sacrificio e di
lotta degli eroici partigiani che
hanno reso possibile la vitto-
riosa Resistenza antifascista e
impegnarsi per cambiare dav-
vero l’Italia lottando contro il
capitalismo, per il socialismo,
per conquistarsi un domani
senza sfruttamento, disoccu-
pazione e povertà.
Pensionati e lavoratori al Sud
sono i più tartassati dall’Irpef“Su stipendi e pensioni il peso
delle addizionali comunali e re-
gionali Irpef si fa sentire soprat-
tutto al Sud”. A dirlo è la CGIA
di Mestre che, per l’anno in corso,
ha preso in esame quattro tipolo-
gie di contribuenti: un pensionato
con un reddito di 16mila euro (pari
a un assegno mensile netto di mil-
le euro); un operaio con un reddito
di 20mila euro (con un salario di
poco superiore 1.200 euro); un im-
piegato con un reddito di 36mila
euro (pari a uno stipendio di 2mila
euro); un quadro dirigente con
un reddito di 59mila euro (pari a
una retribuzione di 3mila euro al
mese).
Nel caso dell’impiegato, spiega
la CGIA, il peso fiscale delle addi-
zionali Irpef nelle regioni “più tar-
tassate” supera la soglia dei mil-
le euro.
In Calabria il costo annuo si at-
testa a 1.020 euro (+305 euro ri-
spetto al 2010). In Molise il ver-
samento si ferma a 1.016 euro
(+250 euro rispetto al 2010), men-
tre nel Lazio si stabilizza a 947
euro (+254 euro rispetto a tre anni
fa). Mentre il dato medio naziona-
le è di 820 euro. Se si considera
invece il quadro con qualifica di-
rigenziale, quello che lavora in
Calabria deve versare 1.668 euro
(+500 euro rispetto al 2010). Se-
gue sempre il Molise con 1.663
euro (+ 410 euro) e al terzo posto
dei “più tartassati” dalle addizio-
nali Irpef c’è il dirigente campa-
no con 1.577 euro (+436 euro).
Il versamento medio nazionale
si ferma a 1.374 euro. “In questo
momento” sottolinea il segretario
della CGIA, Giuseppe Bortolussi
“l’Irpef è più pesante per i contri-
buenti del Mezzogiorno soprattut-
to per la cattiva situazione in cui
versano moltissime regioni del
Sud in materia di sanità. Le Re-
gioni in disavanzo sanitario sono
state obbligate a elevare l’aliquota
base, pari allo 0,9% fino al 2010,
di 0,5 punti percentuali, raggiun-
gendo così quota 1,4%. Dal 2010
poi quelle in disavanzo sanitario
che non avevano rispettato i piani
di rientro sono state costrette a in-
nalzare ulteriormente l’aliquota di
altri 0,3 punti percentuali, arrivan-
do a toccare la soglia dell’1,7%”.
“Oltre a questo” aggiunge Borto-
lussi “col decreto Salva- Italia il
governo Monti ha sancito l’ele-
vazione dell’aliquota base dallo
0,9% all’1,23%. Di conseguen-
za, le Regioni in disavanzo sani-
tario hanno dovuto portare l’ali-
quota all’1,73% e quelle che non
avevano rispettato i piani di rien-
tro addirittura al valore massimo
di 2,03%”.
Nel 2011 le Regioni in disavan-
zo sanitario erano Abruzzo, Cala-
bria, Campania, Lazio, Molise,
Piemonte, Puglia e Sicilia. Men-
tre le Regioni che sono state co-
strette a elevare l’aliquota Irpef
fino al valore massimo del 2,03%
sono state la Calabria, la Campa-
nia e il Molise. Per l’addizionale
comunale Irpef, invece, nel 2009 e
nel 2010 era in atto il blocco, vale
a dire l’impossibilità per i Comu-
ni di aumentare la tassa. Solo nel
2011 e poi definitivamente nel
2012 è stata nuovamente concessa
Il PMLI produce un gros-
so sforzo per far giungere
alle masse la sua voce
anticapitalista, antiregime
neofascista e per l’Italia
unita, rossa e socialista.
I militanti e i simpatizzan-
ti attivi del Partito stanno
dando il massimo sul pia-
no economico. Di più non
possono dare.
Il PMLI fa quindi appel-
lo ai sinceri fautori del so-
cialismo per aiutarlo eco-
nomicamente, anche con
piccoli contributi finanziari.
Nel supremo interesse del
proletariato e della causa
del socialismo.
Più euro riceveremo più volantini potremo diffondere contro il go-
verno della grande finanza, della UE e della macelleria sociale gui-
dato da Monti.
Aiutateci anche economicamente per combattere le illusioni elet-
torali, parlamentari, riformiste e governative e per creare una co-
scienza, una mentalità, una mobilitazione e una lotta rivoluzionarie di
massa capaci di abbattere il capitalismo e il potere della borghesia
e di istituire il socialismo e il potere del proletariato. Grazie di cuore
per tutto quello che potrete fare.
Consegnate i contributi nelle nostre Sedi o ai nostri militanti op-
pure inviateli al conto corrente postale n. 85842383, specificando la
causale “Donazione”, intestato a:
PMLI - via Gioberti, 101 - 50121 FIRENZE
di pagarsi gli studi può permettersi
di essere considerato meritevole”.
Una protesta tanto più coraggiosa
e importante dato che Amato era
dato come papabile capo del go-
verno. A riprova di quanto gli af-
faristi che lucrano sull’università
pubblica e i politicanti borghesi
tengano in considerazione le ri-
chieste degli studenti, ad attender-
li c’erano le “forze dell’ordine”
in tenuta antisommossa, che non
hanno esitato a caricare più vol-
te gli studenti per impedire loro
di disturbare il “prestigioso” con-
vegno. “L’unica risposta che san-
no dare è la polizia”, ha detto uno
studente ferito alla testa.
Le cariche non hanno fatto che
ingrossare il presidio. Centinaia di
studenti hanno raggiunto un altro
ingresso, trovandolo barricato dal-
l’interno. Hanno quindi sfilato da-
vanti alle altre facoltà, raccoglien-
do altri studenti e puntando sulla
sede del DSU, l’azienda del diritto
allo studio, per occuparla.
Con altezzoso piglio borghe-
se, Amato ha snobbato gli studenti
tacciandoli di essere “disinforma-
ti”, come per ammonirli di non di-
sturbare “gli esperti” che ne sanno
più di loro. Più falsamente conci-
liante Profumo che si è dichiara-
to disponibile ad un incontro “ma
senza urlare”, cioè abbandonando
la protesta. Anche perché lui per
primo non si è certo premurato di
chiedere il parere degli studen-
ti prima di demolire il diritto allo
studio.
Come scrivono i collettivi auto-
nomi di “Infoaut”, la contestazio-
ne del 23 aprile “è solo una tappa
di un percorso che vedrà gli stu-
denti e le studentesse, giorno dopo
giorno, riappropriarsi di quanto i
ministri di turno, i dirigenti delle
aziende per il diritto allo studio,
i baroni dell’università e i rettori,
vorrebbero sottrarre. Possono rin-
chiudersi nelle loro stanze, sbar-
rare porte e cancelli, schierare le
forze dell’ordine, alzare scudi e
manganelli, ma nessun ostacolo
potrà fermare studenti e studentes-
se che hanno deciso di lottare per
il proprio futuro e per una vita di-
gnitosa”.
la possibilità di aumentare le ali-
quote, fino ad un massima dello
0,8%. Cosa che molti sindaci han-
no fatto per bilanciare la penuria
di risorse.
8 il bolscevico / 25 Aprile N. 18 - 9 maggio 2013
IL 25 APRILE E’ VIVOIl M5S, come il PDL, ha disertato le celebrazioni della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo. L’inciucio governativo tra PD e PDL
raggiunto nel giorno stesso dello storico evento offende la Resistenza. Fischiati Grasso, Fassino e Burlando. A Niscemi contro il Muos
LE COMPAGNE NAPOLETANE DIRETTE DA VALENTINA IN PRIMA LINEA. A PRATO IL PMLI IN UN FRONTE UNITO ANTIFASCISTA.
A CATANIA L’ANPI INVITA IL PARTITO ALLA TESTA DEL CORTEO. A MILANO IL PMLI PORTA IN PIAZZA IL RITRATTO DI STALIN.
URBAN INTERVISTATO DALLA “NUOVA PROVINCIA DI BIELLA”. A VARESE I MARXISTI-LENINISTI ANIMANO IL CORTEO CON
CORI E CANTI PARTIGIANI. A FUCECCHIO I MARXISTI-LENINISTI INVITATI A PRANZO DALL’ANPI
MILANO
Decine di migliaia in piazza. Fischiati e
contestati gli esponenti del PD per tutto il cor-
teo. Ruolo determinante del PMLI nel corteo.
Spicca il manifesto di Stalin
BOLDRINI CONTESTATA DAI LAVORATO-
RI LICENZIATI DEL SAN RAFFAELE
Milano. 25 Aprile 2013. Piazza Duomo (foto Il Bolscevico)
Milano, 25 Aprile 2013. Parte della combattiva Delegazione lombarda del PMLI. A sinistra col megafono, il compagno
Angelo Urgo, Segretario del Comitato lombardo del Partito (foto Il Bolscevico)
Redazione di Milano
Decine di migliaia i manife-
stanti che sono scesi in piazza a
Milano, città Medaglia d’Oro alla
Resistenza, nel pomeriggio del
25 Aprile per celebrare il 68° An-
niversario della Liberazione del-
l’Italia dal nazifascismo. Al tradi-
zionale concentramento in Porta
Venezia sono giunti antifascisti di
tutte le età, da quelli che avevano
vissuto e combattuto il fascismo
fino agli studenti medi che si bat-
tono contro l’attuale regime neo-
fascista.
Anche quest’anno il colore
prevalente del corteo, che ha
sfilato per le vie del centro rag-
giungendo piazza Duomo, è sta-
to il rosso. Il corteo ha visto la
presenza con le loro insegne di
sezioni dell’Anpi e dei deportati
dell’Aned (Associazione naziona-
le ex deportati), questi ultimi coi
cartelli neri coi nomi dei lager na-
zisti. C’erano intere famiglie con
bambini, delegazioni dei sindaca-
ti confederali e non, dei partiti, dei
comitati migranti, dei centri so-
ciali, e di associazioni cattoliche
e umanitarie, come Emergency.
E poi nutrite delegazioni delle as-
sociazioni per i diritti dei migranti,
dei movimenti NO TAV, NO EXPO
e NO Dal Molin. Tantissimi i gio-
vani tra studenti medi ed univer-
sitari, organizzati dal Coordina-
mento dei Collettivi, e lavoratori
precari e disoccupati associati
in comitati di lotta contro la pre-
carietà lavorativa. Ci sono anche
i lavoratori in lotta per la difesa
del posto di lavoro, come quel-
li dell’Ospedale San Raffaele di
Segrate (Milano) presso cui sono
previsti 244 licenziamenti.
Non mancano le contestazio-
ni ai rappresentanti del PD, che
sfilano a metà corteo dietro le
loro bandiere coperti di fischi e
di “vergogna” lungo tutto il per-
corso.
Anche quest’anno l’avanguar-
dia antifascista dell’intero corteo
l’ha rappresentato indubbiamen-
te il PMLI presente con una com-
battiva Delegazione lombarda
con uno schieramento di rosse
bandiere del Partito e di cartelli
con i manifesti del PMLI sul 25
Aprile abbinati a quello realiz-
zato dal Comitato lombardo per
la messa fuorilegge dei gruppi
nazifascisti con l’applicazione
della legge 645 del 1952, ed al
manifesto del Partito per il 60°
Anniversario della scomparsa di
Stalin, con la raffigurazione del
grande Maestro del proletariato
internazionale, portato in bella
mostra sul cartello centrale della
Delegazione.
Al concentramento i marxisti-
leninisti hanno diffuso centinaia
di copie di un volantino riportante
estratti dall’editoriale de Il Bol-
scevico sul 25 Aprile, ricevendo
spesso approvazione a seguito
della lettura dell’inequivocabile
titolo. Diffuse anche copie de Il
Bolscevico n. 16 abbinate al nu-
mero 12 che riportava il discorso
del compagno Angelo Urgo, Se-
gretario del Comitato lombardo
del PMLI, ed alcuni passi salienti
di interventi pronunciati da altri
compagni lombardi alla Comme-
morazione di Stalin svoltasi nella
Sede milanese del Partito il 10
marzo scorso.
“Il 25 Aprile non si tocca, ono-
re e gloria ai partigiani” risuonava
dal megafono del PMLI cogliendo
l’approvazione dei presenti che
hanno rilanciato altri nostri slogan
come quelli per l’applicazione del-
le norme di attuazione della XII di-
sposizione transitoria e finale del-
la Costituzione anche affinché si
contrasti la proliferazione assistita
dei gruppi squadristici nazifascisti
attuata dalla giunta provinciale
milanese del berlusconiano Gui-
do Podestà (“I nazifascisti e chi
li protegge, non vanno tollerati
ma messi fuorilegge” e “L’apo-
logia di fascismo è un reato, è
incostituzionale non va tollera-
to”), contro il revisionismo storico
neofascista e la riabilitazione dei
repubblichini (“No al revisionismo
della storia, antifascista sempre
la nostra memoria”, “I repubbli-
chini di Mussolini, sian sempre
ricordati come degli assassini”),
contro l’interventismo nostrano
(“L’Italia dall’Afghanistan si deve
ritirare fuori dai confini nemmeno
un militare”, “Le spese inutili/sono
da tagliare / missioni di guerra/da
cancellare”), in appoggio ai diritti
dei migranti. Non potevano certo
mancare quelli contro il regime
neofascista e il nascente governo
di unità capitalista e neofascista
Letta-Berlusconi: “Occorre un
nuovo 25 Aprile, questo regime
deve finire!”.
La delegazione del PMLI - gui-
data dal compagno Urgo, per la
qualità politica delle parole d’or-
dine scandite e per le canzoni
partigiane e comuniste proposte
(“Bella Ciao”, “Fischia il Vento”,
“L’Internazionale”…), ha attirato
presso di sè sempre più manife-
stanti di ogni età suscitando ap-
plausi e saluti a pugni alzati da
chi sostava ai bordi del corteo.
Saluti a pugno chiuso e di-
chiarazioni di approvazione e di
stima anche per aver portato in
piazza il manifesto di Stalin at-
torno al quale molti hanno voluto
essere fotografati posando coi
nostri compagni, mentre le spo-
radiche provocazioni anticomuni-
ste contro il grande Maestro non
hanno avuto seguito ed in alcuni
casi hanno suscitato, al contrario,
la difesa della sua figura da parte
di manifestanti. Le poche e sterili
provocazioni sono state spazzate
via dai nostri compagni al grido:
“Viva il compagno Giuseppe Sta-
lin, terrore dei borghesi, terrore
dei fascisti, terrore di tutti i falsi
comunisti!”.
In Piazza Duomo si sono svol-
ti i comizi conclusivi, il principale
quello della presidente della Ca-
mera Laura Boldrini. Ella si è la-
sciata andare a un’apologia della
Costituzione del ’48 non certo
per denunciare le controriforme
che ne hanno ribaltato lo spirito
democratico-borghese e l’hanno
di fatto cancellata, ma per affer-
mare che essa sarebbe ancora
operativa a garanzia dei diritti
fondamentali, come quello al lavo-
ro o addirittura dell’emancipazione
femminile. Sulle fandonie del suo
presunto “diritto al lavoro garan-
tito dalla Costituzione” la Boldrini
è stata duramente contestata dai
lavoratori in lotta del San Raffae-
le e da molti che rilevavano che
nulla veniva detto per il ripristino
dell’art. 18 dello Statuto dei La-
voratori e per l’abrogazione delle
leggi Fornero, 30 e Treu. Ancora
la Boldrini ha esaltato la “gran-
dezza” dell’art. 11 della Costitu-
zione senza dire una parola sulla
sua continua flagrante violazione
come ancora avviene con la guer-
ra di occupazione in Afghanistan.
Chiacchiere al vento a proposito
della sua dichiarata indignazione
per la negata cittadinanza ai lavo-
BIELLA
Il neopodestà di Biella contestato
dagli antifascisti alle celebrazioni organizza-
te dal Comune. Al mattino una delegazione
del PMLI depone una corona di fiori rossi al
monumento partigiano. Urban intervistato da
“La Nuova Provincia di Biella”
25 Aprile 2013. L’omaggio dell’Organizzazione di Biella del PMLI al monu-
mento partigiano di piazza Martiri della Libertà. Sulla destra col pugno alzato,
il compagno Gabriele Urban. Responsabile del Partito per il Piemonte (foto Il
Bolscevico)
San Donato (Biella). Veduta della manifestazione organizzata dall’ANPI (foto
Il Bolscevico)
Dal corrispondente
dell’Organizzazione di Biella
del PMLI
Il 68° Anniversario della Li-
berazione dal nazi-fascismo è
stato celebrato in provincia di
Biella con tante iniziative pubbli-
che molto partecipate che hanno
inequivocabilmente mostrato che
i sentimenti di attaccamento ai
valori ispiratori della Resistenza
e dell’antifascismo sono più vivi
che mai nel cuore delle masse
popolari biellesi che forse più
di altri hanno dato, in numero di
partigiani e staffette partigiane
trucidati dai nazifascisti, alla Li-
berazione tanto che la città di
Biella, Medaglia d’oro al valor
militare, venne liberata un giorno
prima rispetto al resto del Paese,
esattamente il 24 aprile 1945.
La prima iniziativa è stata quel-
la istituzionale organizzata dal
Comune di Biella con un corteo
partito dal monumento ai caduti
di tutte le guerre vicino ai “Giardini
Zumaglini” e arrivato all’ingresso
del Palazzo di Città dov’è presen-
te una targa commemorativa dei
giorni di lotta dell’Aprile 1945. Nel
suo discorso ufficiale il sindaco di
Biella, Dino Gentile, eletto anche
coi voti della Fiamma tricolore e
del movimento “La Destra”, non
è proprio riuscito a trattenersi nel
dire che vanno anche rispettati e
ricordati “quei soldati che, in buo-
na fede, hanno combattuto per la
parte sbagliata” e, visto che c’era,
ha brevemente parlato degli esuli
istriani e chiosato sulle falsità del-
la vicenda delle foibe, al termine
della seconda guerra mondiale,
cercando di fare passare per vere
le menzogne raccontate dagli
storici revisionisti secondo i quali
sarebbero stati gettati nelle foibe
ratori migranti e ai loro figli.
La presidente della Camera
ha voluto imbellettare l’attuale
regime neofascista in via di
completamento e il suo nascente
“democratico” governo.
Occorre comprendere che
tenere alta la bandiera della Re-
sistenza oggi significa combat-
tere contro il capitalismo e il suo
governo e lottare per conquistare
il socialismo, che è la società che
avevano in mente anche gli anti-
fascisti e i combattenti partigiani
più avanzati e coscienti. Affinché
questa mèta storica torni ad es-
sere patrimonio ideale di milioni
di lavoratori, antifascisti e masse
popolari, occorre un PMLI ancor
più forte e radicato che la difen-
da, la propagandi e la porti avanti
ogni giorno nella lotta di classe!
Viva il 25 Aprile!
Viva le partigiane e i parti-
giani!
Liberiamoci dal governo Let-
ta-Berlusconi e dal regime neo-
fascista!
Teniamo alta la bandiera della
Resistenza combattendo il capi-
talismo e il suo governo, per il
socialismo!
Il bolscevico n°18-2013
Il bolscevico n°18-2013
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Il bolscevico n°18-2013

  • 1. Spedizione in A.P. - 45% art. 2 Comma 20/b legge 662/96 - Filiale di Firenze - Settimanale - € 1,50 Fondato il 15 dicembre 1969 Nuova serie - Anno XXXVII - N. 18 - 9 maggio 2013 OPPONIAMOCI AL GOVERNO LETTA-BERLUSCONICHE AFFOSSA IL CAMBIAMENTO DEMOCRATICO BORGHESE E UFFICIALIZZERÀ IL REGIME NEOFASCISTA, PRESIDENZIALISTA E FEDERALISTA LOTTIAMO PER CAMBIARE L’ITALIA COL SOCIALISMO E COL POTERE DEL PROLETARIATO IMPOSTO DA NAPOLITANO CHE HA RIAPERTO LE PORTE AL NEODUCE BERLUSCONI, COME VITTORIO EMANUELE III LE APRÌ A MUSSOLINI Abbraccio governativo tra PD e PDL al servizio del capitalismo, contro il cambiamento e i lavoratori SOLO IL SOCIALISMO PUÒ CAMBIARE L’ITALIA E DARE IL POTERE AL PROLETARIATO Documento dell’Ufficio politico del PMLI Comunicato dell’Ufficio stampa del PMLI ASSURDA SPARATORIA A PALAZZO CHIGI PAG. 16 PAG. 2 PAGG. 8-13 PAG. 2 IL 25 APRILE E’ VIVOIl M5S, come il PDL, ha disertato le celebrazioni della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo. L’inciucio governativo tra PD e PDL raggiunto nel giorno stesso dello storico evento offende la Resistenza. Fischiati Grasso, Fassino e Burlando. A Niscemi contro il Muos LE COMPAGNE NAPOLETANE DIRETTE DA VALENTINA IN PRIMA LINEA. A PRATO IL PMLI IN UN FRONTE UNITO ANTIFASCISTA. A CATANIA L’ANPI INVITA IL PARTITO ALLA TESTA DEL CORTEO. A MILANO IL PMLI PORTA IN PIAZZA IL RITRATTO DI STALIN. URBAN INTERVISTATO DALLA “NUOVA PROVINCIA DI BIELLA”. A VARESE I MARXISTI-LENINISTI ANIMANO IL CORTEO CON CORI E CANTI PARTIGIANI. A FUCECCHIO I MARXISTI-LENINISTI INVITATI A PRANZO DALL’ANPI ↖ Modena, 25 Aprile 2013. Manifestazione per il 68° Anniversario della Libera- zione. Il compagno Federico Picerni, Responsabile del lavoro giovanile del CC del PMLI, tiene ben alte le bandiere dei Maestri e del Partito (foto Il Bolscevico) Arzano (Napoli), 25 Aprile 2013. La compagna Valentina durante l’apprezzato intervento all’assemblea svoltasi a conclusione del corteo
  • 2. 2 il bolscevico / governo letta N. 18 - 9 maggio 2013 IMPOSTO DA NAPOLITANO CHE HA RIAPERTO LE PORTE AL NEODUCE BERLUSCONI, COME VITTORIO EMANUELE III LE APRÌ A MUSSOLINI Abbraccio governativo tra PD e PDL al servizio del capitalismo, contro il cambiamento e i lavoratoriSOLO IL SOCIALISMO PUÒ CAMBIARE L’ITALIA E DARE IL POTERE AL PROLETARIATO Dopo due mesi dalle elezioni la classe dominante borghese in camicia nera è riuscita a forma- re un governo, superando lo stal- lo creato dai risultati elettorali e soffocando la domanda di cambia- mento che essi comunque espri- mevano. E lo ha fatto attraver- so la soluzione che ha voluto fin dall’inizio, che volevano i merca- ti finanziari, la massoneria inter- nazionale dei capitalisti e dei suoi adepti - di cui Enrico Letta è un esponente come il suo predecesso- re Monti - l’Unione europea impe- rialista, la Confindustria, il Vatica- no, il nuovo Vittorio Emanuele III, Napolitano, e il nuovo Mussolini, Berlusconi: l’abbraccio governa- tivo tra il principale partito della “sinistra” borghese e il nuovo par- tito fascista del neoduce diArcore, nel tentativo di salvare il capitali- smo italiano dalla bancarotta sca- ricando la crisi sui lavoratori e le masse popolari, e rafforzare il re- gime neofascista approvando in- sieme la controriforma presiden- zialista della Costituzione. Un governo di cui Berlusco- ni ha in mano le chiavi e può far cadere quando vuole, presieduto da un ex democristiano mai stato ostile, anzi imparentato con il suo consigliere Gianni Letta, in ogni caso saldamente presidiato alla vi- cepresidenza dal suo primo gerar- ca, Alfano. E con i ministeri più importanti e di peso da lui diret- tamente controllati, a cominciare da quello dell’Interno affidato allo stesso Alfano: un ministero chia- ve per controllare partiti avversa- ri e magistrati troppo zelanti e per reprimere il dissenso e le lotte so- ciali. E magari, visto che controlla anche i servizi segreti, per imba- stire provocazioni per accusare di “fomentare la violenza” chi si op- pone al governo dell’inciucio. Non per nulla, lui che solo po- chi mesi fa veniva dato per finito dalla rimbambita e complice “si- nistra” borghese, che ora lo riabi- lita e lo riporta al governo, ostenta arie da “statista” e parla e si com- porta come fosse lui il vero capo dell’esecutivo, che considera non senza ragione una sua diretta crea- tura. E già si propone come futu- ro presidente della Convenzione che dovrà stendere la controrifor- ma della giustizia e quella presi- denzialista della Costituzione: una nuova Bicamerale golpista, già propostagli da Bersani, e che ora fa parte integrante degli accordi stretti con Letta. Ruolo decisivo del presidenzialista Napolitano A riaprirgli le porte del gover- no, prima imponendo lo stop ai suoi processi e poi spingendo il PD nelle sue braccia, è stato il rin- negato Napolitano, così come il Re Vittorio Emanuele III aprì le por- te alla dittatura fascista di Musso- lini. Per tutta la durata della crisi, e fino al giuramento del governo, infatti, il rinnegato del comunismo inquilino del Quirinale ha avuto in mente un’unica soluzione: il go- verno delle “larghe intese” tra PD, PDL e Scelta civica, isolan- do le “ali estreme” di SEL e del Comunicato dell’Ufficio stampa del PMLI ASSURDA SPARATORIA A PALAZZO CHIGIIl PMLI condanna senza in- dugio la sparatoria di Palazzo Chigi ed esprime la propria soli- darietà ai due carabinieri grave- mente feriti, alla passante e alle loro famiglie. Di questo assurdo gesto com- messo da un disoccupato cala- brese sono responsabili il capita- lismo e i suoi governanti che non hanno a cuore le necessità delle masse popolari, e che spingono ad azioni disperate chi non vede prospettive per il suo futuro. È anche possibile che dietro la sparatoria ci sia lo zampino di forze occulte istituzionali per giustificare l’inciucio governati- vo tra PD e PDL imposto da Na- politano, nuovo Vittorio Ema- nuele III. Comunque la via per risolve- re radicalmente i problemi del- le masse non è quella del ribel- lismo individuale, bensì quella della lotta di classe, della conqui- sta del socialismo e del potere da parte del proletariato, dell’oppo- sizione al governo Letta-Berlu- sconi al servizio del capitalismo, che affosserà il cambiamento de- mocratico borghese e che uffi- cializzerà il regime neofascista e presidenzialista. L’Ufficio stampa del PMLI 29 aprile 2013 Movimento 5 Stelle, come aveva già auspicato Monti. Un obiettivo che ha fatto suo e perseguito con ostinazione e piglio presidenziali- sta, arrogandosi poteri di arbitrag- gio e di indirizzo che la Costitu- zione non gli consentiva, ma che egli ha usato come se si fosse già in una repubblica presidenziale. È solo una curiosa coincidenza che lo stesso giorno del suo discorso di insediamento siano stati distrutti i file con le intercettazioni secretate delle sue telefonate con Mancino? Tanto aveva voluto questo go- verno che Napolitano non aveva offerto nessuna sponda al tentati- vo di Bersani di cercare un accor- do di governo coi grillini, facendo invece asse con la maggioranza in- ciucista del PD (dalemiani, ex DC, veltroniani, renziani) per costrin- gere Bersani a invertire la rotta e spingerlo all’accordo col neodu- ce. Cosa che alla fine si è realiz- zata immediatamente dopo la sua rielezione a capo dello Stato, che è costata al PD una drammatica spaccatura e frantumazione, il si- luramento di due candidati di peso come Marini e Prodi, la cadu- ta della segreteria Bersani e la ri- volta della base del partito insorta contro il ribaltamento della linea e l’inciucio con il PDL. Nel suo discorso di insedia- mento davanti al parlamento, sot- tolineato in ogni suo passaggio dagli applausi ostentatamente pla- teali di Berlusconi, che come un boss mafioso si atteggiava a vero vincitore di tutta l’operazione Quirinale, Napolitano non aveva esitato ad usare il ricatto delle sue dimissioni e delle urne anticipate per ricompattare il gregge sbanda- to del PD e spingerlo in bocca al lupo di Arcore, sedando ogni resi- duo dissenso o resistenza: “Se mi troverò di nuovo dinanzi a sordità come quelle contro cui ho cozza- to nel passato, non esiterò a trarne le conseguenze dinanzi al paese. Non si può più, in nessun campo, sottrarsi al dovere della proposta, alla ricerca della soluzione prati- cabile, alla decisione netta e tem- pestiva per le riforme di cui hanno bisogno improrogabile per soprav- vivere e progredire la democrazia e la società italiana”, era stata la sua fosca minaccia. Rivolta a chi? Non certo al neo- duce, il quale fin dall’inizio aveva recitato la parte del “responsabile” di fronte all’emergenza del paese proponendo le “larghe intese” col PD, oppure il ritorno immedia- to alle urne. Non per nulla avreb- be poi dichiarato raggiante e con studiata enfasi di aver sentito “un discorso straordinario, il miglio- re che ho sentito in parlamento in vent’anni di politica”. Mentre con la coda tra le gambe Bersani si li- mitava a commentare che “Napo- litano ha detto quello che doveva dire”. È logico perciò dedurre che l’oggetto della rampogna di Napo- litano era solo il PD, che difatti il giorno dopo correva a portargli al Quirinale la resa totale e incondi- zionata della Direzione nazionale, aprendo al strada al governo Let- ta-Berlusconi. Al servizio del capitalismo e del presidenzialismo Al di là dello specchietto per al- lodole dei “volti nuovi”, del “rin- giovanimento” della compagine e della “forte presenza femminile”, il governo Letta-Berlusconi, per na- tura politica, composizione e pro- gramma, è un governo neofascista, antioperaio e antipopolare al servi- zio del capitalismo, nato in perfetta continuità con i precedenti governi Monti e Berlusconi, per affossare le speranze democratico borghesi di cambiamento espresse dal voto e sancire ufficialmente il regime neofascista e presidenzialista. Della sua natura politica, ossia la genesi che ha prodotto questo nuovo mostro nato dal vergognoso connubio tra la “sinistra” borghese rinnegata, liberale e democristia- na, e il nuovo partito fascista del neoduce di Arcore, abbiamo già detto sopra. Per quanto riguarda la composizione è un riflesso perfet- to di questo connubio: a comincia- re dallo stesso Enrico Letta, nipote dell’eminenza grigia di Berlusco- ni, Gianni Letta; membro come Monti di tutte le tre logge masso- niche internazionali, Bilderberg, Trilateral e Aspen, il che spiega anche il famoso biglietto con cui si metteva “a disposizione” che pas- sò a Monti quando presentò il suo governo in parlamento; animato- re da anni del think-tank trasver- sale e inciucista “VeDrò” tra i cui dirigenti c’è anche la neoministra berlusconiana alle Politiche agri- cole, Nunzia De Girolamo, moglie del suo braccio destro Francesco Boccia, quello che ha minacciato di espulsione dal PD i parlamen- tari che non votassero al fiducia al governo. Il marchio di fabbrica del neoduce Ma al di là delle biografie dei rispettivi titolari, che del resto co- minciamo a pubblicare a parte, ba- sterà dire che tra i ministeri più importanti, quelli con i portafogli più ricchi, o anche senza ma po- liticamente più di peso, gli uomi- ni e le donne del neoduce fanno la parte del leone: Interni (Alfano, che ha anche la vicepresidenza del Consiglio), Infrastrutture (il cielli- no Lupi), Salute (Lorenzin), Poli- tiche agricole (De Girolamo), Ri- forme (l’ex “saggio” nominato da Napolitano, Quagliariello). A cui vanno aggiunti i montiani, ormai diventati loro satelliti, a cui sono stati dati la Giustizia (alla basto- natrice di operai Cancellieri, e, c’è da giurarci, futura bastonatrice di magistrati per conto di Berlusconi, incredibilmente lodata anche da Roberto Saviano), la Difesa (col ciellino ex PDL e altro ex “sag- gio” di Napolitano, Mario Mauro), gli Affari europei (Moavero) e la Semplificazione (all’UDC D’Alia, noto per essere stato estensore del ddl-bavaglio per Internet). Poi ci sono i cosiddetti “tecni- ci”, come l’ex direttore di Banki- talia Saccomanni (Economia), lanciato a suo tempo da Berlusco- ni per la successione a Draghi, che garantisce la continuità della poli- tica di “rigore” della UE e di Mon- ti; il lettiano ex presidente Istat Giovannini (Lavoro) e la lettiana Carrozza all’Istruzione. Anche la liberista e filoimperialista Boni- no agli Esteri non può certo esse- re ascritta alla “sinistra”, sia pure di regime. A quest’ultima, come benser- vito per aver donato il sangue, re- stano solo le briciole. Il PD infatti si spartisce col manuale Cencel- li solo ministeri senza portafoglio e di secondo piano: ai dalemiani vanno i Beni culturali (Bray) e la Coesione territoriale (Trigilia); ai bersaniani lo Sviluppo economico (Zanonato), lo Sport (Idem) e l’In- tegrazione (Kyenge); al renziano e federalista Delrio va il ministe- ro degliAffari regionali, all’ex DC Franceschini i Rapporti col parla- mento, e al “giovane turco” Orlan- do va il ministero dell’Ambiente. Per ironia della storia tra tutti i 21 ministri la stragrande maggioran- za sono di provenienza DC, in tut- te le sue varie sfumature, dalla “si- nistra” fino a CL. Di provenienza dal PCI revisionista c’è solo l’ex neopodestà federalista di Padova, Zanonato. Alla fine della loro in- terminabile “espiazione” i tradito- ri e i rinnegati del comunismo si ritrovano con un pugno di mosche in mano, mentre i democristiani sono sempre sulla breccia! Governo politico per cambiare la Costituzione Quanto al programma, così come Letta lo ha esposto in parla- mento, e su cui torneremo più spe- cificamente in un prossimo artico- lo, a un primo sguardo balzano in evidenza due cose: la prima è che sembra calato di peso da quello elettorale di Berlusconi, pieno di promesse mirabolanti di riduzioni fiscali, interventi per l’occupazio- ne, i giovani, le famiglie in diffi- coltà, ecc., senza indicare peraltro dove verranno reperite le risorse necessarie. Si presume come al so- lito da altri tagli alla spesa, come sanità, pensioni, scuola, servizi so- ciali, Regioni e Comuni, dato che non si fa cenno di tagli alle spese militari, alle grandi opere inutili e devastanti come Tav e ponte sul- lo Stretto, e men che meno a uno straccio di patrimoniale. Di certo c’è solo la sospensione della rata Imu di giugno, in attesa di una sua “rimodulazione”, affinché il neo- duce possa cantar vittoria e mo- strare ai suoi elettori che mantiene le promesse. La seconda è che questo è tut- t’altro che un governo “di scopo”, creato per fare solo due o tre cose essenziali, come la legge eletto- rale e i provvedimenti più urgen- ti per l’economia e l’occupazione, e poi tornare il più rapidamente possibile alle urne, come era sta- to spacciato dal PD per giustifi- care l’inciucio: questo è un go- verno politico, come del resto hanno sottolineato gli stessi Na- politano, Berlusconi e Letta, nato per durare nel tempo, almeno nel- le intenzioni, e per ridisegnare ra- dicalmente in senso presidenziali- sta l’“architettura costituzionale”, tanto che il premier ha assegnato alla Convenzione che dovrà occu- parsene (e che Berlusconi vuole presiedere) un orizzonte tempora- le di 18 mesi. Non a caso Alfano ha salutato il discorso di Letta come “musi- ca per le nostre orecchie”. E non ci sarebbe neanche bisogno di ag- giungere che non si parlerà più di conflitto di interessi, né di leg- gi contro la corruzione, né tanto meno di ineleggibilità di chi de- tiene concessioni statali, come il padrone di Mediaset, per esempio. Anzi, questo governo nasce per arrivare alla “pacificazione nazio- nale”, o più specificamente alla “pacificazione giudiziaria” (per l’imputato Berlusconi, s’intende), come ha svelato e chiesto sfaccia- tamente il capogruppo dei deputati PDL, Brunetta. Non dare tregua al governo Letta-Berlusconi A questo governo non va dato perciò il minimo credito né la mi- nima tregua. E neanche un’opposi- zione “responsabile e costruttiva”, come hanno annunciato sia Ven- dola che il M5S, perché ciò rap- presenta solo una sua opportuni- stica copertura parlamentare, che servirà solo a concedergli tregua e tempo per attuare i suoi obiettivi antioperai, neofascisti e presiden- zialisti. L’opposizione al gover- no Letta-Berlusconi non può che essere un’opposizione di classe, di massa fuori dal Palazzo, nelle fabbriche, nelle scuole, nelle uni- versità e nelle piazze. Un’oppo- sizione dura, totale e di lotta, per farlo cadere il più presto possibi- le e riaprire la strada al vero cam- biamento che vuol dire abbattere il capitalismo, rovesciare dal pote- re la classe dominante borghese e conquistare una nuova società go- vernata finalmente dal proletaria- to, il socialismo. Altrimenti, come anche questa vicenda dimostra in maniera lampante, il capitalismo riuscirà sempre a rimpiazzare ogni suo governo caduto con un altro al suo servizio, e non sarà possibile cambiare veramente l’Italia e dare il potere al proletariato.
  • 3. N. 18 - 9 maggio 2013 governo letta / il bolscevico 3 LETTA, ESPONENTE DELL’IMPERIALISMO ITALIANO E EUROPEO, AMICO DELL’IMPERIALISMO AMERICANOGrande mediatore e tessitore di rapporti al di là degli schieramen- ti, europeista convinto da sempre, membro di superlobby internazio- nali come la Trilateral Commis- sion, l’Aspen e il gruppo Bilder- berg. Insomma, un democristiano doc coltivato fin dalla culla per divenire un esponente di spicco dell’imperialismo italiano ed eu- ropeo, nonché amico dell’impe- rialismo americano: questo, nella sostanza, è il nuovo premier Enri- co Letta. Ben lo sapeva Napolitano quan- do, nel presentare il premier inca- ricato, ne metteva in risalto, alla faccia della giovane età, il ricco curriculum interno e internaziona- le quasi a garantire e rassicurare la classe dominante borghese, l’alta finanza italiana e internazionale, la Ue imperialista, che Letta si collo- ca in piena continuità con i gover- ni precedenti Monti e Berlusconi. E non sarà certamente un caso che la prima cosa che ha promesso ap- pena ottenuta la fiducia è di visita- re “in un unico viaggio Bruxelles, Berlino e Parigi per dare subito il segno che il nostro è un governo europeo ed europeista”. Europeista e democristiano di lungo corso Nato a Pisa il 20 agosto 1966, figlio di Giorgio Letta, docente di matematica all’Università di Pisa. Sposato in seconde nozze con la giornalista del Corriere della Sera, Gianna Fregonara, della cui carriera si vanta niente di meno che l’attuale direttore responsa- bile de “Il Giornale” della fami- glia Berlusconi, Alessandro Sal- lusti, che l’ebbe come dipendente quando era capo cronaca di Mila- no del Corriere. Tre figli e tifoso del Milan di cui ha fondato il club a Montecitorio. La sua formazione è all’inse- gna dell’Europa come si può rico- struire direttamente dalla biogra- fia con cui si presenta sul suo sito: “Ha alle spalle un percorso umano e formativo all’insegna dell’Euro- pa – si legge -, dall’infanzia a Stra- sburgo, dove frequenta la scuola dell’obbligo, alla laurea in Dirit- to internazionale all’Università di Pisa. Sempre a Pisa consegue il dottorato di ricerca in Diritto delle comunità europee alla Scuola Su- periore S. Anna”. Letta ha fra l’al- tro svolto attività di insegnamento e di ricerca presso la stessa Scuola S. Anna di Pisa e l’Haute Ècole de Commerce di Parigi. Ufficialmente entra in politica a 25 anni quando diventa presiden- te dei giovani del Partito popolare europeo. In realtà già a 14 anni si iscrive al Movimento degli stu- denti dell’Azione cattolica. Il suo percorso democristiano è segnato fin da quando lo zio, Gianni Let- ta, eminenza grigia di Berlusconi, ma allora direttore del Tempo, lo carica sulla sua Mini Morris e lo conduce a dodici anni in via Fani, nel luogo dove il 16 marzo 1978 è stato rapito il presidente democri- stiano Aldo Moro e uccisa la sua scorta. Mentre si laurea accetta di fare il segretario di un giovane pisano, Simone Guerrini, che è diventato il leader dei giovani democristiani. Guerrini lo fa diventare presidente dei giovani popolari europei e lo catapulta a Bruxelles. Conosce Beniamino Andreat- ta nel 1990 e diventa ricercatore dell’Arel, l’Agenzia di ricerche e legislazione (il think tank fondato nel 1976) di cui è segretario gene- rale dal 1993. Diventa il consiglie- re di Andreatta che lo porta con sé a capo della segreteria al ministe- ro degli Esteri nel governo Ciam- pi. Lo stesso Ciampi, nel 1996, lo chiamerà al ministero del Tesoro come segretario generale nel co- mitato per l’Euro. La carriera politica e governativa Nel 1997 Franco Marini lo no- mina, con Dario Franceschini, vi- cesegretario del PPI. Diventa il ministro più giovane della Repub- blica - superando il primato di An- dreotti, e battuto solo recentemen- te dalla Melandri -, con la nomina a ministro per le politiche comu- nitarie del governo D’Alema I nel 1998. Il primo a congratularsi è proprio lo zio Gianni che si com- muove al telefono. Nel 2000 è ministro dell’In- dustria, Commercio e Artigiana- to nel secondo governo D’Alema succedendo proprio a Bersani. In- carico che conserva con il gover- no Amato, per il quale è anche mi- nistro del Commercio con l’estero fino al 2001. Nel 2001 diventa de- putato per la prima volta e s’iscri- ve alla Margherita di cui diventa il responsabile nazionale per l’eco- nomia. Nel giugno 2004 rassegna le dimissioni dalla Camera e viene eletto deputato europeo nella lista Uniti nell’Ulivo. Iscritto al grup- po parlamentare dell’Alleanza dei Liberali e Democratici per l’Eu- ropa, è stato membro della Com- missione per i problemi economi- ci e monetari; della Commissione temporanea sulle sfide e i mezzi fi- nanziari dell’Unione allargata nel periodo 2007-2013; della Delega- zione per le relazioni con i paesi del Maghreb e l’Unione del Ma- ghreb arabo (compresa la Libia). Nella XV legislatura è di nuovo deputato italiano e tra il 17 maggio 2006 e l’8 maggio 2008 è sottose- gretario di Stato alla presidenza del Consiglio dei ministri nel go- verno Prodi. Nel 2007 si candida alla se- greteria nel neonato PD batten- dosi alle primarie contro Veltroni e la Bindi e piazzandosi terzo con l’11% dei consensi. Nel 2008 vie- ne chiamato da Veltroni a far parte del governo ombra del PD in quali- tà di responsabile del welfare. Nel 2009, in occasione del congresso del PD, decide di appoggiare Ber- sani e la mozione che lo sostiene. Il 9 novembre 2009 – dopo le pri- marie che eleggono Bersani segre- tario nazionale – viene nominato dall’Assemblea nazionale vicese- gretario unico del PD. Nel gennaio 2012 Letta viene accusato da Luigi Lusi, ex tesorie- re della Margherita e inquisito per aver sottratto ingenti somme di de- naro dalle casse del partito, di es- sere uno dei destinatari di tali sol- di. Nell’aprile 2013, dopo le di- missioni dell’intera segreteria del PD a seguito del fallimento del- l’elezione di Marini e Prodi alla presidenza della Repubblica, Let- ta è diventato ufficialmente il reg- gente del PD, fino al prossimo congresso. Abile tessitore trasversale e inciucista Fin da quando diventa il pupil- lo di Andreatta, Letta ha accesso ai salotti buoni della finanza, del- l’industria, della politica e della cultura. Quando va al ministero dell’In- dustria, oltre a mandare in porto la privatizzazione del gas, tesse fitti rapporti con imprenditori, mana- ger, politici e grandi commis. Una rete che Letta coltiva accurata- mente attraverso l’Arel ma anche dando vita a strumenti trasversali ai vari schieramenti come VeDrò, il centro studi fondato nel 2005 insieme a Marco Meloni e che si svolge ogni anno d’agosto, a par- lamento chiuso, vicino a Trento, a Dro, riunendo per tre giorni espo- nenti trenta-quarantenni di PD e PDL (e non solo), giornalisti, im- prenditori, attori, qualche studen- te per discutere di politica ed eco- nomia. Anno dopo anno si calcola che siano almeno in 4.000 gli affezio- nati all’evento che seppur in sordi- na macina rapporti, amicizie e ra- gnatele politiche e finanziarie. Fra questi, guarda caso, è ospite fisso anche Giulio Napolitano, figlio del presidente della Repubblica. Ed è lì che probabilmente Letta ha ap- prezzato la berlusconiana Nunzia De Girolamo, che oggi ha nomi- nato ministro delle Politiche agri- cole, nota anche per essere sposata con il suo braccio destro, France- sco Boccia, colui che ha minac- ciato di espulsione dal PD i parla- mentari che non avessero votato la Letta e Alfano se la ridono dopo che il governo ha ricevuto il voto di fiducia parlamentare Quando Letta negava qualsiasi governo con BerlusconiIl governo si regge su un patto politico chiaro: il Pd si è assunto la responsabilità di stare in una maggioranza con chi ci ha ridotto così, a patto che l’interlocutore non fosse Berlusconi (3-7-12). L’ipotesi di una grande coali- zione col Pdl dopo le elezioni è molto lontana. E la lontananza è data dal ritorno in campo di Sil- vio Berlusconi, che rende questa ipotesi poco credibile (22-8-12). Quella di una Grande Coalizione col Pdl è una prospettiva com- pletamente affossata dal ritorno di Berlusconi, responsabile della situazione molto negativa nella quale il Paese si è ritrovato (23- 8-12). Nella prossima legislatura non possiamo governare con un patto politico con Berlusconi. Ha distrutto il lavoro di Alfano per rendere il Pdl un normale partito conservatore europeo e l’ha fatto tornare alla logica di Arcore, per noi inaccettabile (3-10-12). La prospettiva di un Berlusconi-5 la vendetta è una idea repellente rispetto alla buona politica (1-12- 12). Tra Pd e Monti ci sarà dialo- go e competizione leale. Il nostro avversario comune è Berlusconi (23-12-12). Se dovesse esserci necessità di governare con un alleato, non potremmo rivolgerci né a Berlusconi né a Grillo: il ra- gionamento andrà fatto con colo- ro con cui condividiamo la scelta europeista e dunque con Monti e le forze di centro (28-12-12). Ri- sponderemo colpo su colpo alle parole vergognose sul presidente Napolitano pronunciate da Silvio Berlusconi (31-12-12). Alle bugie di Berlusconi risponderemo col- po su colpo. Bisognerebbe aprire una commissione parlamentare d’inchiesta su di lui (2-1-13). Il disastro e la vergogna. Berlu- sconi, con lo spettacolo, cerca di far dimenticare entrambi al Pae- se. Lui è il nostro vero avversario. E dobbiamo battere il suo popu- lismo. Confidiamo nella memoria degli italiani che sanno che, dopo tre anni di governo Berlusconi, le famiglie e le imprese si trovavano a pagare i mutui cinque volte tan- to rispetto a tedeschi e francesi (12-1-13). Berlusconi non torna, perché i danni che ha fatto al Paese sono tanti e gli italiani non hanno una memoria così fallace (14-1-13). L’Italia è stata distrutta da Berlusconi, che sta cercando ancora una volta di rendere que- sta campagna elettorale ansioge- na ai limiti della guerra civile (15- 1-13). C’è stato un periodo in cui andando all’estero a noi italiani ci deridevano per il ‘bunga bunga’ piuttosto che apprezzarci per i tanti cervelli costretti a emigra- re (25-1-13). Berlusconi è come Sylvester Stallone o Jean-Claude Van Damme nel film I mercenari, come quei personaggi che ritor- nano e a 65 anni fanno le cose che facevano quando ne avevano a 25: patetico e bollito (30-1-13). La proposta di rimborsare l’Imu finanziando l’operazione con la tassazione dei capitali ita- liani in Svizzera non è credibile: perché la fa Berlusconi, perché è basata su premesse che non ten- gono conto della verità, perché non si poggia sulla possibilità di realizzarla dal punto di vista della solidità politica. Berlusconi è l’uo- mo che ha fatto quasi fallire l’Italia e che ora si ripropone, rovescian- do la verità e facendo promesse irrealizzabili, contando sul fatto che gli italiani ogni tanto hanno la memoria corta. L’alternativa è tra noi e Berlusconi (4-2-13). I voti a Berlusconi? Era assurdo pen- sare che non ci fosse chi voleva votare per chi difende l’evasione fiscale, visto che in Italia c’è il 20 per cento di evasione fiscale e gli evasori fiscali votano (8-2-13). Abbiamo chiaro da tempo che l’errore fatto negli anni 90 e quan- do abbiamo governato è stato di non riuscire a fare una buona leg- ge sul conflitto di interessi e la ri- forma del sistema radiotelevisivo. E anche se i buoi sono scappati dalla stalla, in questa legislatura bisogna rimediare a tutti i costi: il Pd obbligherà Berlusconi a scio- gliere i suoi conflitti di interesse se si vuole ricandidare. Il suo ruo- lo di tycoon mediatico è emerso in tutta la sua pesantezza anche in questa campagna elettorale. Sarebbe cambiata la storia del Paese se la legge si fosse fatta prima, perché Berlusconi ha usato in modo sempre scorretto il suo potere (21-2-13). Nel dire no a un governo con Berlusconi non dobbiamo avere alcuna ambigui- tà, mentre dobbiamo sfidare Grillo senza rincorrerlo (6-3-13). Grande coalizione? Fossimo in Germania e ci fosse la Merkel sarebbe la so- luzione perfetta. Purtroppo siamo in Italia e c’è Berlusconi, la vedo complicata (8-3-13). L’agenda del Pdl ha un solo punto: la difesa di Berlusconi (9-3-13). Non tenti la destra di rovesciare le cose e usa- re il monito di Napolitano a coper- ture delle proprie ingiustificabili manifestazioni sulle scalinate del Tribunale di Milano. Pensi il Pdl in- vece a riflettere sulle argomenta- fiducia al governo. Un altro centro di rapporti tra- sversali è l’Intergruppo per la sussidiarietà che Letta anima a Montecitorio insieme all’amico Maurizio Lupi (PDL), ora nomi- nato ministro alle Infrastrutture e ai trasporti, organizzando mee- ting, riunioni, seminari. Molti di quelli che partecipano a VeDrò poi si ritrovano nell’Intergruppo. Infi- ne c’è anche l’associazione “360”, nata quando Letta sfidò Veltroni e la Bindi nel 2007 con le primarie e la cui anima è Monica Nardi, la responsabile della comunicazione nonché consigliera per il program- ma di governo. In onore della sua trasversalità, nell’estate del 2011, Letta ha par- tecipato anche al Meeting di Rimi- ni di Comunione e liberazione. Membro delle superlobby internazionali Ma le sue frequentazioni van- no ben al di là dell’Italia. Egli ap- partiene, infatti, come il suo pre- decessore Monti, alle tre logge massoniche internazionali Bilder- berg, Trilateral e Aspen. Le più potenti superlobby internaziona- li, vere e proprie centrali occulte di tipo massonico, chiuse, ristret- te, riservate, in cui banchieri, po- litici e industriali tracciano le li- nee guida comuni e le strategie per salvaguardare il sistema ca- pitalistico e farlo prosperare a li- vello planetario. Letta è vicepre- sidente dell’Aspen Institute Italia dal 2004. Membro del comitato europeo della Commissione Tri- laterale e nel 2012 ha partecipato su invito alla riunione del Gruppo Bilderberg presso Chantilly, Virgi- nia, Usa. Sarà per la comune frequenta- zione che Letta si è sentito così vi- cino a Monti da spingersi a man- dargli in aula durante la seduta della fiducia, uno storico e ver- gognoso “pizzino” intercettato dai teleobiettivi, in cui l’attuale presidente del Consiglio si mette- va a disposizione: “Dimmi forme e modi con cui posso esserti utile dall’esterno… Per ora mi sembra tutto un miracolo! E allora i mira- coli esistono!”. E al miracolo deve aver pensa- to anche Berlusconi che improv- visamente da perdente, si è vi- sto, grazie a Napolitano e a Letta, proiettato sul carro dei vincitori. Letta in particolare si è dovuto ri- mangiare in un sol boccone tutto ciò che aveva sostenuto solo fino a qualche giorno prima, quando ne- gava decisamente la possibilità di un inciucio governativo fra PD e PDL. Ma l’ambizione del giovane e rampante democristiano e la de- vozione verso l’imperialismo ita- liano ed europeo è così tanta da far superare ogni vergogna. La classe dominante borghese, l’alta finanza, l’imperialismo eu- ropeo e americano con Letta pos- sono davvero dormire sonni tran- quilli. La classe operaia e le masse popolari, decisamente no. zioni del Presidente e a rispettare i principi costituzionali di autono- mia dei poteri (12-3-13). Berlusconi oggi propone un governo della concordia. Ma con quale coraggio e con quale coe- renza lo fa, dal momento che nel- l’unico caso in cui sostenevamo lo stesso governo per fronteggiare la crisi più grave del dopoguerra ha tolto la spina prima del tempo solo per i suoi interessi, perché voleva andare a fare la campagna eletto- rale? (20-3-13). Pensare che dopo 20 anni di guerra civile in Italia, na- sca un governo Bersani-Berlusco- ni non ha senso. Il governissimo come è stato fatto in Germania qui non è attuabile (8-4-13). Dichiarazioni di Enrico Let- ta espresse nelle date indica- te a conclusione di ciascuna citazione e pubblicate da Il Fatto Quotidiano del 26 apri- le 2013 sotto il titolo: “Ha di- strutto l’Italia, mai al governo con Berlusconi”.
  • 4. 4il bolscevico / governo letta N. 18 - 9 maggio 2013 ATLANTISTA DI FERRO, ANTICOMUNISTA E IPERLIBERISTAEmma Bonino nasce a Bra (Cuneo) nel 1948. Icona del co- siddetto “radicalismo liberale” sia a livello nazionale che internazio- nale. Secondogenita di una fami- glia borghese e cattolica (il padre era proprietario di una fattoria prima di diventare un commer- ciante di legname, la madre era una cattolica praticante), conse- gue la maturità classica al liceo “Gandino” di Bra nel 1967 e poi la laurea, nel 1972, in Lingue e let- terature moderne alla prestigiosa Università privata della “Bocconi” con una tesi sulla figura di Mal- com X. La sua nomina a ministro degli Esteri del primo governo Letta è stata sponsorizzata direttamente dal nuovo Vittorio Emanuele III Napolitano con cui la Bonino col- tiva una grande amicizia fin dal 1994 quando, grazie alla “disce- sa in campo” di Berlusconi e alla conquista di Palazzo Chigi, l’allo- ra parlamentare di Forza Italia fu nominata commissario europeo proprio al posto di Napolitano che a sua volta fu poi eletto al Quirinale. Non a caso Napolita- no, alla vigilia della formazione del nuovo governo, aveva chiesto al comune amico Riccardo Nen- cini, segretario nazionale del PSI, di “salutare Emma e dille che la chiamo presto”. Femminista piccolo borghese, interventista, filo-sionista e anticlericale pentita Agli inizi degli anni ’70 entra in politica sposando le tesi del fem- minismo piccolo-borghese e fon- da il “Centro d’Informazione sulla Sterilizzazione e sull’Aborto”. Nel 1976 inizia la sua lunga carriera politica fra i signori del palazzo. Viene eletta per la prima volta alla Camera a soli 28 anni tra le file del Partito Radicale. Sarà rieletta per 8 volte al Parla- mento nazionale e per 3 volte, a partire dal 1979, è anche parla- mentare europea. Appena varcata la soglia del Palazzo inizia il suo progressivo autosmascheramento e da an- ticlericale militante, laica e “sfe- gatata pacifista non-violenta” si trasforma ben presto in convin- ta sostenitrice dell’imperialismo guerrafondaio, calza l’elmetto della Nato, si schiera apertamen- te coi sionisti israeliani e si ricon- cilia facendo “mea culpa” perfino con le alte sfere Vaticano. Nel 1978 cavalca la dilagante protesta popolare contro l’allora presidente della Repubblica, il DC di destra Giovanni Leone, co- stretto a dimettersi in quanto pe- santemente coinvolto nello scan- dalo Lockheed e il traffico d’armi. Ma poi si pente e il 3 novembre 1998, sotto l’egida dell’allora pre- sidente della Repubblica Scalfaro e del futuro Vittorio Emanuele III Giorgio Napolitano (in veste di mediatore), accompagnata dal suo padrino politico Pannella, rende omaggio a Leone in occa- sione del suo 90° compleanno, gli chiede pubblicamente scusa e si rimangia tutti gli attacchi e le critiche mosse nei suoi confronti e si prostra ai piedi degli alleati imperialisti americani sposando in pieno “la prepotenza e l’arro- ganza degli yankee”. Anche il fervore delle battaglie per il divorzio e l’aborto e lotte per i diritti civili sbandierati per tutti gli anni ’70 ben presto si attenuano fino a diventare di facciata sve- lando il suo vero volto filo-cleri- cale e anticomunista viscerale. Nel 1981 promuove un ap- pello contro la fame nel mondo contribuendo a fondare l’asso- ciazione “Food and Disarmament International”, di cui di lì a poco diverrà segretario. L’iniziativa ri- scuote grandi simpatie da parte del Vaticano e segna il preludio di una “sorprendente” riconci- liazione con le gerarchie eccle- siastiche ufficializzato nel 1986 con l’incontro amichevole con il papa nero Wojtyla e prosegui- ta nel tempo con la Bonino che nel 1987 manifesta in prima fila a favore di Solidarnosc contro Jaruzelski “e la sua dittatura co- munista”, in piena sintonia col filo-papalino Lech Walesa. Anticomunista berlusconiana riciclata dal PD Negli anni successivi non perde occasione per attaccare l’esperienza e la storia del movi- mento comunista internazionale scagliandosi con particolare li- vore contro la figura e l’opera dei cinque Maestri da Marx a Mao senza distinzioni di sorta. Agli inizi del 2000 sulla scia del “libro nero del comunismo” presenta un libercolo, finanziato dagli Usa, di tale Michael Breen, contro la Co- rea del Nord, nella cui prefazione, peggio di un becchino, elenca i presunti milioni di morti causati dal comunismo. In un’intervista a “Il Messag- gero” del 17 aprile 2004 arriva addirittura a paragonare il comu- nismo al nazismo e al terrorismo affermando che “il terrorismo è una minaccia come lo sono stati il nazismo o lo stalinismo. E che quindi non è, a dispetto di certi luoghi comuni di sinistra, il pro- dotto della povertà o dell’unila- teralismo USA”. Per non parlare delle vere e proprie campagne stampa contro la Cina rea di aver attaccato e isolato sul Tibet il Da- lai Lama fin dai tempi di Mao. Il suo livore anticomunista è tale che nel 1994 il neoduce Berlusconi la fa eleggere in parla- mento candidandola in Veneto tra le file di Forza Italia appena fon- data da Dell’Utri e Previti. Sempre nel 1994, a pochi mesi dalle stra- gi politico-mafiose di Capaci, via D’Amelio, Roma, Firenze e Mila- no, Emma Bonino prende parte a un vergognoso comizio organiz- zato a Palermo in combutta con Berlusconi e Tiziana Parenti, du- rante il quale critica aspramente i giudici e le indagini sull’intreccio mafia e politica. L’idillio col neoduce, che nel 1999 arriva addirittura a candi- darla al Quirinale, dura fino a tutto il 2005. E mentre Berlusconi vara le vergognose leggi ad personam, smantella la sanità e la scuola pubbliche, vara la controriforma pensionistica e deregolamenta il “mercato del lavoro”, lei lo copre e lo difende a spada tratta affer- mando fra l’altro che: “Con Berlu- sconi abbiamo iniziato un lavoro molto serio, apprezziamo ciò che sta facendo come premier”. Guerrafondaia al servizio dell’imperialismo Nel gennaio 1995 Berlusconi la nomina Commissario europeo insieme a Monti e le assegna i portafogli della politica dei consu- matori, della politica della pesca e dell’Ufficio Europeo per l’Aiuto Umanitario d’Urgenza (European Community Humanitarian Office, noto anche come ECHO). Pochi giorni dopo, al ritorno dalla sua prima missione nella ex Jugoslavia, sul “Corriere del- la Sera” scrive: “può sembrare paradossale, certamente amaro se ‘da convinta nonviolenta qua- le sono da sempre’ mi ritrovo a condividere, se non addirittura a invocare, l’uso della forza da par- te della comunità internazionale per mettere fine ai crimini contro l’umanità che vengono impune- mente perpetrati in un angolo d’Europa chiamato Bosnia”. Pre- ludio all’aggressione imperialista contro la ex-Jugoslavia scatena- ta nel 1999 dall’Unione europea e dalla Nato con alla testa il gover- no del rinnegato D’Alema. Da Commissario europeo la Bonino si è sempre schierata a favore degli Ogm senza etichet- tatura. E nel ’98 è stata ospite per almeno due volte del club Bilderberg che per la sua segre- tezza è stato più volte accusato di essere una sorta di superlog- gia massonica mondiale coperta e frequentata esclusivamente da un ristretto gruppo di politici, banchieri, industriali, accademici e giornalisti. Sempre da commissario eu- ropeo si schiera a favore del- l’aggressione imperialista all’Af- ghanistan e all’Iraq: “Io credo che non ci fosse alternativa per sconvolgere la rete terroristica: se mandiamo il messaggio che do- po le torri di New York possono bombardare, senza colpo ferire, anche il Colosseo e la Torre Eiffel, non ci dà sicurezza”. E per giunta si oppone anche alla sospensio- ne dei bombardamenti in Afgha- nistan per far passare il corridoio umanitario degli aiuti destinati alla popolazione e vittime civili della guerra con l’assurda moti- vazione che ciò “servirebbe solo ai talebani per riorganizzarsi”. Per non parlare dello scandalo delle frequenze Tv che la Bonino ha contribuito a negare per die- ci anni a “Europa7” per favorire “Rete4” e Berlusconi che le oc- cupava abusivamente chiedendo al Consiglio dei ministri l’attuazio- ne di tutte le sentenze della Corte di giustizia europea tranne una: quella che dà ragione a Europa7 e torto al gruppo Mediaset. Nel 2004 viene rieletta al par- lamento europeo e si iscrive al gruppo liberale “Alleanza dei Democratici e Liberali per l’Euro- pa”, occupando il ruolo di capo delegazione della missione degli osservatori dell’Ue per le elezioni parlamentari e provinciali borghe- si dell’Afghanistan che vedrà la vittoria del filo-Usa Karzai. Da falsa pacifista qual è, nel 2007, durante il sequestro del giornalista di Repubblica Daniele Mastrogiacomo da parte dei Ta- lebani in Afghanistan, arrivò ad accusare Gino Strada, che si offrì come mediatore, di fare il doppio gioco. La giravolta piddina Nel 2006, dopo 12 anni di mi- litanza berlusconiana, la Bonino viene scaricata da Berlusconi che le preferisce il nuovo alleato Casini e l’appoggio del Vaticano; ma lei non si dà per vinta e pur di rimanere attaccata alla poltro- na cambia casacca e si ricicla tra le file del PD che ovviamente le costruisce ponti d’oro e la fa eleggere deputata, poi senatrice, europarlamentare, commissario europeo e ministro per gli Affari europei e del Commercio inter- nazionale (nel Governo Prodi). Dopo la caduta del governo di “centro-sinistra” nel 2008 è elet- ta senatrice del PD e nominata vicepresidente del Senato. Due anni dopo, il PD la candida alla presidenza della Regione Lazio (contro la Polverini) perché, chio- sa Bersani: “È una donna fuori dagli stereotipi. È una fuoriclas- se”. Una candidatura sostenuta non solo dai radicali e dal PD ma anche dall’IdV di Di Pietro, dai Verdi, da SEL di Vendola e dalla Federazione della sinistra (PRC, PdCI, Socialismo 2000). Iperliberista contro i No Tav La sua formazione e la sua storia politica e personale con- fermano che la Bonino è una so- stenitrice sfegatata del “sistema americano” sia in campo econo- mico, che sociale e politico. È a favore del presidenzialismo e del bipartitismo. Nel corso degli anni, lei e i radicali sono stati i promo- tori di referendum ultraliberisti sponsorizzati dalla Confindustria e finalizzati alla piena liberalizza- zione del “mercato del lavoro”, alla soppressione dei diritti eco- nomici, sindacali e normativi dei lavoratori e delle privatizzazioni, come l’abolizione dell’articolo 18 dello “Statuto dei lavoratori”, del Servizio sanitario nazionale in favore della piena privatizzazione della sanità, l’abolizione dei pa- tronati e del sistema di iscrizio- ne ai sindacati definiti in blocco “barbari, oscurantisti e retrogra- di”, la liberalizzazione del lavoro a domicilio e dei contratti a ter- mine. E ancora la battaglia per la cosiddetta “giustizia giusta” di craxiana memoria, mutuata dal “Piano di rinascita democratica” della P2, prevede l’abolizione dell’obbligatorietà dell’azione pe- nale, l’inasprimento delle norme sulla responsabilità civile dei giu- dici e la netta separazione delle carriere dei magistrati. Fino alla proposta di legge per modificare l’art. 1 della Costituzione toglien- do il riferimento al “lavoro” e le “Norme per la liberalizzazione del mercato dell’energia, per la razio- nalizzazione dell’approvvigiona- mento, per il risparmio energeti- co”, che hanno dato il via libera ai rigassificatori. Si è sempre schierata a favore della Tav e durante le lotte delle popolazioni in Valsusa ha attac- cato il movimento definendolo “Una rumorosa minoranza che si spaccia per alfiere della demo- crazia diretta ma in realtà con la violenza tiene in ostaggio la gran- de maggioranza della popolazio- ne della Valle e un intero Paese, che rischia di essere sempre di più emarginato dalle grandi vie di comunicazione europee. Non ce lo possiamo permettere”. Nel 2010 fece da sponda all’editto di Berlusconi contro “Annozero” e Santoro: il voto ra- dicale in Vigilanza fu decisivo per chiudere i programmi e abolire l’informazione Tv alla vigilia delle elezioni. Per non dire del voto contra- rio all’arresto di Cosentino con la motivazione, a dir poco ridicola, fornita dalla stessa Bonino: “sia- mo contro l’immunità parlamen- tare, però esiste”. Più recentemente, la falsa pa- ladina dei diritti civili, si è schiera- ta anche pubblicamente contro i matrimoni gay. Emma Bonino La composizione del governo Letta Presidente del Consiglio Enrico LETTA (PD) Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio Filippo PATRONI GRIFFI (giurista) (segretario del Consiglio dei Ministri) Vicepresidente e Ministro dell’Interno Angelino ALFANO (PDL) Ministri con portafoglio Affari Esteri Ministro: Emma BONINO (Radicali italiani) Interno Ministro: Angelino ALFANO (PDL) Giustizia Ministro: Annamaria CANCELLIERI (prefetto) Difesa Ministro: Mario MAURO (Scelta civica) Economia e Finanze Ministro: Fabrizio SACCOMANNI (direttore di Bankitalia) Sviluppo Economico Ministro: Flavio ZANONATO (PD) Infrastrutture e Trasporti Ministro: Maurizio LUPI (PDL) Politiche Agricole, Alimentari e Forestali Ministro: Nunzia DE GIROLAMO (PDL) Ambiente, Tutela del Territorio e del Mare Ministro: Andrea ORLANDO (PD) Lavoro e Politiche sociali Ministro: Enrico GIOVANNINI (presidente ISTAT) Istruzione, Università e Ricerca Ministro: Maria Chiara CARROZZA (PD) Beni, Attività Culturali e turismo Ministro: Massimo BRAY (PD) Salute Ministro: Beatrice LORENZIN (PDL) Ministri senza portafoglio Riforme costituzionali Gaetano QUAGLIARIELLO (PDL) Affari regionali e autonomie Graziano DELRIO (PD) Affari europei Enzo MOAVERO MILANESI (Scelta civica) Coesione territoriale Carlo TRIGILIA (Università di Firenze) Rapporti con il Parlamento e coordinamento attività di Governo Dario FRANCESCHINI (PD) Pari opportunità, sport e politiche giovanili Josefa IDEM (PD) Integrazione Cécile KYENGE (PD) Pubblica amministrazione e semplificazione Giampiero D’ALIA (UDC)
  • 5. N. 18 - 9 maggio 2013 governo letta / il bolscevico 5 ANNAMARIA CANCELLIERI, DA MANGANELLATRICE DEGLI OPERAI A MANGANELLATRICE DEI MAGISTRATIAnnamaria Cancellieri, mini- stro della giustizia del governo Letta ed uscente ministro degli interni del governo Monti, na- sce a Roma nel 1943. Si laurea in Scienze politiche alla Sapienza nel 1972. Giornalista pubblicista, giovanissima inizia una folgoran- te carriera presso la presidenza del Consiglio. La giovane carrierista provie- ne da una famiglia italo-libica. Non certo una famiglia operaia. Il nonno partecipa alla guerra di aggressione all’Impero Ottomano del 1911 e dopo la conquista della Libia viene nominato “commissa- rio ai beni sequestrati ai berberi”. La Cancellieri non si vergogna e ne fa quasi un vanto di tale nausea- bondo titolo ricevuto dal suo avo. Il padre della Cancellieri sempre in Libia è impegnato per tutta la vita nell’affare della costruzione di centrali elettriche. La famiglia Cancellieri, come altri sfruttatori dei beni del popolo libico, viene giustamente caccia- ta dalla Libia da Gheddafi dopo la conquista del potere nel ’70. Dopo una ventennale carriera dirigenziale nello Stato borghese, la Cancellieri nel 1993 è nomina- ta prefetto, carica che ricopre a Vi- cenza, Bergamo, Brescia, Catania e Genova. Da prefetto a Genova nel 2007, pronunciò queste fami- gerate parole: “Emergenza ma- fia? Non ci risulta”. In corso nel capoluogo ligure vi erano inchie- ste della magistratura e numero- si arresti di uomini connessi alla ’ndrangheta. La prefetta che non si accorge, o fa finta di non accorgersi, del- l’esistenza della mafia è nominata dall’ex governatore siciliano Lom- bardo (MPA,), successivamen- te indagato per mafia, a presiede- re nel 2009 la commissione per il piano rifiuti, settore in mano alla mafia nell’isola. In quella veste la Cancellieri concorre a determi- nare i cumuli di spazzatura anco- ra presenti nelle metropoli sicilia- ne. Nel novembre di quell’anno Lombardo la nomina commissario straordinario del Teatro Bellini di Catania. Alla fine del 2009 viene indagata dalla Procura etnea per abuso d’ufficio. Il Pubblico mini- stero Alessandro La Rosa le con- testa consulenze “inutili e costose per i bilanci del teatro”. Da commissario straordina- rio a Bologna nel febbraio 2010, dopo lo scandalo del “Cinziaga- te” che coinvolse il sindaco Del- bono (PD), si contraddistingue per la politica antipopolare dal pugno di ferro. Nell’ottobre del 2011, di- venta commissario prefettizio a Parma, dopo che Vignali, “centro- destra”, si era appena dimesso in seguito agli arresti per corruzione di funzionari comunali e assesso- ri. A Parma bypassando la volontà popolare la Cancellieri si impegna in una trattativa con Iren con l’ob- biettivo di riaprire il cantiere del- l’inceneritore dietro una cospicua transazione finanziaria. Dal 16 novembre 2011 al 28 aprile 2013, la Cancellieri è mi- nistro dell’Interno nel governo Monti. In coerenza con il suo pi- glio fascista e antifemminile di- chiarerà: “Io l’8 marzo lo aboli- rei”, rivelando un odio profondo verso lo spirito di classe della Giornata delle Donne. La Cancel- lieri dimostra di odiare tutto quan- to proviene dalla classe operaia, in primis le proteste per il lavoro e usa il pugno di ferro poliziesco contro le lotte operaie che viene usato dalla ministra in diverse oc- casioni: contro gli operai dell’Al- coa e contro gli operai dell’Ikea, ad esempio, contribuendo a far al- zare la tensione che poi scoppie- rà in una vera e propria battaglia in Sardegna quando nel novembre del 2012 le “forze dell’ordine” ca- ricarono i minatori del Sulcis che risposero costringendo alla fuga gli allora ministri Fabrizio Barca e Corrado Passera. E ricordiamo ancora le manga- nellate che massacrano gli studen- ti il 14 novembre 2012 a Roma, quando i lacrimogeni furono pre- sumibilmente lanciati dal tetto del ministero della Giustizia in via Arenula sui giovani in fuga dalle cariche. La repressione della ministra Cancellieri ha colpito duramente anche le lotte di massa della Val- susa, con continue cariche e scon- tri, ricordiamo quelli di luglio e novembre 2012, nonché decine di arresti. Lo stesso dicasi della gestione della protesta contro il MUOS in Sicilia, dove gli attivisti sono stati caricati violentemente a più riprese negli ultimi mesi. È innegabile che con l’arri- vo della Cancellieri al governo la repressione antioperaia e antipo- polare delle “forze dell’ordine” diventa sistematica, capillare e frequente. Nel corso del suo mandato la ministra mostra un altro lato della sua concezione fascista del ruolo delle “forze dell’ordine”: la dife- sa ad oltranza dei comportamen- ti criminali e degli abusi da parte della polizia. Quando la Cassa- zione conferma nel 2012 le pene ai poliziotti per la morte del gio- vane Federico Aldrovandi, la mi- nistra commenta: “Se ci sono sta- ti, come sembrerebbe, degli abusi gravi, è giusto che vengano colpi- ti”. L’uso del condizionale di fron- te all’accertamento di un’inaudita e ingiustificata violenza, confer- mata peraltro in via definitiva dal- la Cassazione, che aveva prodot- to non “degli abusi gravi”, bensì la morte del giovane, suona come una vera e propria provocazione o presa di distanza tanto da suscita- re l’indignata reazione dei genitori del ragazzo. Come la sua collega Fornero, dall’alto della sua rendita milio- naria la Cancellieri non ha per- so occasione di attaccare verbal- mente i lavoratori, i disoccupati e i precari. Così quando affermò: “Noi italiani siamo fermi al po- sto fisso nella stessa città di fian- co a mamma e papà”. Ma come la Fornero che ha la figlia col sede- re ben saldo su una poltrona uni- versitaria, anche la Cancellieri ha un figlio, Piergiorgio Peluso, dai contratti di lusso. A 42 anni era direttore generale di Fonsai (Fon- diaria Assicurazioni), con centi- naia di migliaia di euro di stipen- dio. Uscito con 3,6 milioni di euro di liquidazione dalla Fonsai, il fi- glio della ministra diventa alto di- rigente Telecom. Di mezzo c’è un enorme conflitto di interessi. Nel 2003 il ministero dell’interno e Telecom siglavano un accordo per l’utilizzo dei braccialetti elettro- nici per i detenuti ai domiciliari. Il contratto di 81 milioni scadeva a fine 2011. Nonostante le criti- che della Corte dei Conti su tale intesa “antieconomica ed ineffica- ce”, nel 2012 la ministra rinnova il contratto con Telecom per altri 7 anni. Poco dopo al figlio viene affidato il settore “amministra- zione, finanza e controllo” di Te- lecom, con un contratto di circa 600mila euro l’anno. Alla faccia del conflitto d’interessi. Il 18 aprile 2013 è candidata alla presidenza della Repubblica da parte di Scelta Civica di Mon- ti. Il 19 aprile 2013 alla quarta vo- tazione raggiunge 78 voti, sui 69 iniziali di Scelta Civica. Risulta non sgradita alla “sini- stra” borghese, tanto che lo stes- so Roberto Saviano ha chiesto pubblicamente la riconferma del- la manganellatrice fascista agli in- terni. Ed è molto gradita a destra, al punto che Giuliano Ferrara la adora. Il 27 aprile 2013 viene nomina- ta ministro della Giustizia del go- verno Letta con l’imperativo: da manganellatrice di operai a man- ganellatrice di magistrati. L’assatanato nemico dei lavoratori, nonché capogruppo PdL alla Camera, Re- nato Brunetta, manifesta grande fiducia in Enrico Letta I governi dalla Liberazione a oggi Legisla- tura Presidenti del Consiglio Partiti al governo Data della costituzione Data delle dimissioni Durata (giorni) giorni di crisi Parri Dc Pci Psi Pli DI P.Az 20.06.45 24.11.45 157 16 De Gasperi 1 Dc Pci Psi Pli DI P.Az 10.12.45 01.07.46 203 12 De Gasperi 2 Dc Pci Psi Pri 13.07.46 20.01.47 191 13 De Gasperi 3 Dc Pci Psi 02.02.47 13.05.47 100 18 De Gasperi 4 Dc Pli Psli Pri 31.05.47 12.05.48 347 11 I De Gasperi 5 Dc Pli Psli Pri 23.05.48 12.01.50 599 15 De Gasperi 6 Dc Psli Pri 27.01.50 16.07.51 535 10 De Gasperi 7 Dc Pri 26.07.51 29.06.53 704 17 II De Gasperi 8 Dc 16.07.53 28.07.53 12 20 Pella Dc 17.08.53 05.01.54 141 13 Fanfani 1 Dc 18.01.54 30.01.54 12 11 Scelba Dc Psdi Pli 10.02.54 22.06.55 497 14 Segni 1 Dc Psdi Pli 06.07.55 06.05.57 670 13 Zoli Dc 19.05.57 19.06.58 396 12 III Fanfani 2 Dc Psdi 01.07.58 26.01.59 209 20 Segni 2 Dc 15.02.59 24.02.60 374 30 Tambroni Dc 25.03.60 19.07.60 116 7 Fanfani 3 Dc 26.07.60 02.02.62 556 19 Fanfani 4 Dc Psdi Pri 21.02.62 16.05.63 449 36 IV Leone 1 Dc 21.06.63 05.11.63 137 29 Moro 1 Dc Psi Psdi Pri 04.12.63 26.06.64 205 26 Moro 2 Dc Psi Psdi Pri 22.07.64 21.01.66 548 33 Moro 3 Dc Psi Psdi Pri 23.02.66 05.06.68 833 19 V Leone 2 Dc 24.06.68 19.11.68 148 23 Rumor 1 Dc Psu Pri 12.12.68 05.07.69 205 31 Rumor 2 Dc 05.08.69 07.02.70 186 48 Rumor 3 Dc Psi Psdi Pri 27.03.70 06.07.70 101 31 Colombo Dc Psi Psdi Pri 06.08.70 15.01.72 527 33 Andreotti 1 Dc 17.02.72 26.02.72 9 121 VI Andreotti 2 Dc Psdi Pli 26.06.72 12.06.73 351 25 Rumor 4 Dc Psi Psdi Pri 07.07.73 02.03.74 238 12 Rumor 5 Dc Psi Psdi 14.03.74 03.10.74 203 51 Moro 4 Dc Pri 23.11.74 07.01.76 410 36 VII Moro 5 Dc 12.02.76 30.04.76 78 90 Andreotti 3 Dc 29.07.76 16.01.78 536 54 Andreotti 4 Dc 11.03.78 31.01.79 326 48 Andreotti 5 Dc Pri Psdi 20.03.79 31.03 79 11 126 VIII Cossiga 1 Dc Psdi Pli 04.08.79 19.03.80 228 16 Cossiga 2 Dc Psi Pri 04.04.80 27.09.80 176 21 Forlani Dc Psi Psdi Pri 18.10.80 26.05.81 220 33 Spadolini 1 Dc Psi Psdi Pri Pli 28.06.81 07.08.82 405 16 Spadolini 2 Dc Psi Psdi Pri Pli 23.08.82 13.11.82 82 18 Fanfani 5 Dc Psi Psdi Pli 01.12.82 29.04.83 149 97 IX Craxi 1 Dc Psi Psdi Pri Pli 04.08.83 27.06.86 1058 35 Craxi 2 Dc Psi Psdi Pri Pli 01.08.86 03.03.87 214 45 Fanfani 6 Dc “Indipendenti” 18.04.87 28.04.87 11 91 X Goria Dc Psi Psdi Pri Pli 29.07.87 11.03.88 227 33 De Mita Dc Psi Psdi Pri Pli 13.04.88 19.05.89 372 65 Andreotti 6 Dc Psi Psdi Pri Pli 23.07.89 28.03.91 613 23 Andreotti 7 Dc Psi Psdi Pli 17.04.91 02.02.92(1) 288 152(1) XI Amato Dc Psi Psdi Pli 04.07.92 21.04.93 291 8 Ciampi Dc Psi Psdi Pli 13.05.93 09.05.94(2) 375 (2) XII Berlusconi Forza Italia An Lega Nord Ccd Udc 10.05.94 22.12.94 227 25 Dini Govemo dei “tecnici” votato da Ppi Pds Lega Nord Verdi Rete Patto Segni Ad Si Svp Pri 17.01.95 11.01.96(3) 359 (3) XIII Prodi Ppi Pds Verdi Lista Dini Svp Ud Psd’Az. 17.05.96 9.10.98 875 11 D’Alema Ds Ppi Verdi Rin. Italiano Udr Pdci Sdi Italia dei Valori Psd’Az Svp Uv La Rete 21.10.98 18.12.99 423 4 D’Alema 2 Ds Ppi Verdi Rin. Italiano Udeur Pdci I Democratici Svp Uv Psd’Az 22.12.99 19.04.00 119 9 Amato 2 Ds Ppi Verdi Rin. Italiano Udeur Sdi Pdci I Democratici Svp Uv Psd’Az 26.04.00 31.05.01 400 7 XIV Berlusconi 2 Forza Italia An Lega Nord Biancofiore Nuovo Psi 10.06.01 23.4.05 (4) 1443 (4) Berlusconi 3 Forza Italia, An, Lega Nord, UDC, Nuovo Psi, Pri 28.4.05 02.05.06 390 (5) XV Prodi 2 DS, Margherita, PRC, PdCI, IdV, Federazione dei Verdi, Socialisti Democratici Italiani, Radicali, UDEUR, Socialisti Italiani, Democratici Cristiani Uniti, Lega per l'autonomia, Sinistra Democratica, Liberal Democratici per il Rinnovamento, Movimento Repubblicani Europei 17.05.06 24.01.08 634 (6) XVI Berlusconi 4 PDL, Lega Nord, Movimento per le Autonomie (Fino al 10 luglio 2010), PDL, Lega Nord, Movimento per le Autonomie, FLI (Fino al 14 dicembre 2010) PDL, Lega Nord, Iniziativa Responsabile, Coesione Nazionale, Indipendenti (Fino al 6 settembre 2011) PDL, Lega Nord, Iniziativa Responsabile, Coesione Nazionale, Forza del Sud, Indipendenti 08.05.08 12.11.11 1.256 6 Monti PdL, PD, UDC, IdV, FLI, ApI, Radicali Italiani, MpA, Fareitalia, PID, Forza del Sud, Noi Sud, PLI, SVP, PRI, Liberal Democratici, Io Sud, AdC, PSI, Union Valdotaine, Alleanza Autonomista e Progressista, Movimento Associativo Italiani all’Estero 18.11.11 21.12.2012 399 61 XVII Letta PD, PDL, Scelta Civica, UDC, Radicali, Centro democratico, Gruppo misto (tra cui “Minoranze linguistiche” e “Sud Tiroler volkspartei”), Movimento italiani all’estero, Grandi autonomie e libertà (Grande Sud, MPA), Gruppo per le autonomie (Union Valdôtaine, Partito autonomista trentino tirolese, Unione per il Trentino, PSI) 27.04.2013 - - - (1) Formalmente il governo Andreotti 7 non ha rassegnato le dimissioni ma è “morto” con la X legislatura e nella colonna “durata della crisi” abbiamo conteggiato i giorni intercorsi tra lo scioglimento anticipato delle Camere e l’insediamento del governo Amato. (2) Le dimissioni del governo Ciampi, presentate il 13 gennaio 1994, sono state respinte dal presidente della Repubblica Scalfaro, che ha sciolto il parlamento mentre l’esecutivo Ciampi è rimasto in carica. (3) L’11 gennaio 1996 il governo Dini si è dimesso, ma dopo il tentativo fallito da Maccanico di formare il governo, il presidente Scalfaro ha sciolto anticipatamente le Camere e quindi Dini è rimasto in carica fino alla costituzione del governo Prodi. (4) In questo caso non è la data delle dimissioni perché ci fu un cosiddetto rimpasto e Berlusconi è succeduto a se stesso, per lo stesso motivo non c’è durata della crisi (5) 22 giorni dopo le elezioni politiche vinte dal “centro-sinistra” consegna le dimissioni dell’esecutivo al presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi (6) Durata crisi zero giorni perché le dimissioni coincidono con la fine anticipata della legislatura
  • 6. 6 il bolscevico / governo letta N. 18 - 9 maggio 2013 LA DIREZIONE NAZIONALE ROVESCIA LA LINEA DELLA CAMPAGNA ELETTORALE ACCETTANDO L’ALLEANZA CON IL NEODUCE BERLUSCONI Il PD si consegna a NapolitanoSolo 14 astenuti e 7 contrari LA BASE DEL PARTITO IN RIVOLTA CONTRO IL GOVERNO INSIEME A BERLUSCONI Il 23 aprile, quale degno epi- logo della vergognosa vicenda dell’elezione del presidente della Repubblica, che lo ha visto fran- tumarsi per le faide interne per poi cadere ai piedi di Napolitano e di Berlusconi, lo stato maggiore del Partito democratico ha riunito la Direzione nazionale per ratificare il ribaltamento della linea politica della campagna elettorale e dare via libera al governo delle “lar- ghe intese” con il PDL. Linea che proclamava il “cambiamento” e di voler chiudere per sempre l’era Berlusconi, come sancito solenne- mente nel documento fatto firma- re ai partecipanti alle primarie per scegliere il candidato premier del “centro-sinistra”, facendo pure pa- gare loro due euro a testa, e che era stata ribadita nel programma elet- torale e dalle due precedenti Dire- zioni tenute dopo le elezioni. Lo stesso Bersani aveva rifiu- tato a parole il governo col neodu- ce in tutte le occasioni possibili, la più celebre delle quali, appena dieci giorni prima, era stata quel- la alla manifestazione “contro la povertà, per un governo del cam- biamento”: quando, della serie le ultime parole famose, a chi gli gridava dalla platea di non cedere sul governissimo con Berlusconi, aveva risposto: “Ma cosa vuoi che ceda... come si può credibilmente pensare che io con Gasparri, Bru- netta ecc...”? La Direzione, trasmessa in streaming dalla sede centrale di Largo del Nazareno assediata dal- le telecamere e dai militanti del PD che mostravano cartelli con scritto “mai con Berlusconi”, è durata ap- pena un paio d’ore, giusto il tem- po di ascoltare il discorso con cui Bersani ha ufficializzato le sue di- missioni e chiesto di approvare un ordine del giorno col quale il PD si affidava totalmente a Napolitano per formare un governissimo col DUE FACCE DELLA CLASSE DOMINANTE BORGHESE Nella prima foto lo zio Gian- ni, che l’ha politicamente tenu- to a battesimo, dà un buffetto di incoraggiamento al nipote Enri- co. Come a dire, con te stiamo tranquilli: la classe dominante borghese e il regime neofascista sono in buone mani. La seconda è stata scatta- ta nel 2006 a Palazzo Chigi du- rante il passaggio delle consegne tra il governo del neoduce Ber- lusconi e quello di “centro-sini- stra” Prodi. Sulla sinistra Gianni Letta, potentissimo e ascoltatis- simo braccio destro del nuovo Mussolini, e sulla destra, al fian- co dell’altro democristiano Ro- mano Prodi, Enrico Letta, che Andreatta e lo stesso Prodi pre- pararono fin da giovanissimo, quando divenne anche presiden- te dei Giovani democristiani eu- ropei, a ricoprire responsabilità ai massimi gradi degli incarichi politico-istituzionali. neoduce. Cosa che è stata sbriga- ta in tutta fretta, dopo uno strimin- zito “dibattito” che più che altro è stato un veloce giro di dichiarazio- ni di voto su un documento che dà mandato al vicesegretario Letta e ai capigruppo di Camera e Sena- to, di “assicurare pieno sostegno al tentativo del Presidente della Re- pubblica di giungere alla forma- zione del governo, raccogliendo la sollecitazione ai partiti a eserci- tare la loro responsabilità, secon- do le linee illustrate nel discorso di insediamento al Parlamento, e mettendo a disposizione la propria forza politica e le personalità utili a questo fine”. Nessuna opposizione al diktat di Napolitano Il documento era atteso impa- zientemente dal Quirinale per po- ter dare l’incarico per la forma- zione del governo, che poi è stato assegnato allo stesso vicesegreta- rio del PD che glielo ha portato su un piatto d’argento. Non per nul- la il giorno precedente in parla- mento, il nuovo Vittorio Emanue- le III aveva fustigato severamente il vertice piddino, pur senza nomi- narlo direttamente, ammonendolo a fare i conti coi risultati elettora- li, “piacciano oppur no”, e quindi, “qualunque patto si sia stretto con i propri elettori”, a “non sottrarsi al dovere della proposta, alla ri- cerca della soluzione praticabile”. Cioè l’abbraccio con il partito del neoduce: pena, nel caso recalci- trasse dall’ingoiare il rospo delle “larghe intese”, le proprie dimis- sioni e il rinvio alle urne con gli esiti disastrosi che al PD si pro- spetterebbero. Ma tali minacce si sono rive- late alla luce dei fatti perfino su- perflue, visto che nessuno ha osa- to mettersi seriamente di traverso al diktat di Napolitano e alla linea trionfante dell’inciucio a tutti i co- sti col PDL, e la paventata resa dei conti, se mai ci sarà, è stata rinvia- ta al congresso, che non potrà te- Roma, 23 aprile 2013. Due momenti delle contestazioni al PD quando ormai era chiaro che avrebbe appoggiato la rielezione di Napolitano. La prima in piazza Mon- tecitorio e la seconda davanti alla sede centrale del partito nersi prima di luglio, ma molto più probabilmente ad ottobre. Più in là di qualche isolato mugugno e di tentativo di mettere dei “paletti” al nascente governo, subito del resto zittiti dalla platea, non si è anda- ti. Tanto che alla fine, su 197 pre- senti i voti contrari al documen- to sono stati solo 7, quasi tutti di area prodiana, e 14 astensioni, tra cui Civati e la Puppato, che suc- cessivamente si sono rimangiati il dissenso e almeno la seconda vo- terà la fiducia al governo Letta. Più qualcuno dei “giovani turchi” (così viene definito dalla stampa il gruppo di giovani opportuni- sti e carrieristi di “sinistra” inter- no al PD), come Orfini e Orlando. Fassina, che già aveva votato per Marini, ha votato invece il docu- mento, forse pensando a quel po- sto di ministro di cui i giornali già vagheggiavano, ma che poi gli è stato soffiato dal suo compare di corrente Orlando, molto più gradi- to agli uomini del neoduce fin da quando, come responsabile Giu- stizia del PD, trattava già con loro sulle leggi per mettere il bavaglio ai magistrati. Renzi nuovo leader di fatto del PD Intanto, all’esterno della sede, il Berlusconi piddino, Renzi, che per un giorno era stato addirittu- ra in predicato di diventare il pre- mier incaricato, salvo poi essere scartato dall’originale per ragio- ni si dice di gelosia anagrafica, si pavoneggiava e sparava dichiara- zioni davanti a microfoni e teleca- mere come fosse già il nuovo lea- der di fatto del PD, l’unico capace di riunire tutte le sue frantumate e litigiose tribù, che ora guardano a lui affinché salvi il partito che cor- re il rischio di sparire insieme alle loro amate poltrone e carriere po- litiche. Non a caso D’Alema aveva già ricucito per tempo i rapporti con lui andandolo a incontrare a Firen- ze, e perfino i “giovani turchi”, ap- pena caduto Bersani, si sono spo- stati su di lui, al punto che Orfini aveva avanzato la sua candidatu- ra a premier incaricato. Perfino il governatore della Toscana, Ros- si, suo antico “avversario”, che ora sostiene a spada tratta il go- verno di “emergenza” con Berlu- sconi, si è arreso alla stella ascen- dente di Renzi, mettendosi come lui a invocare il presidenzialismo e nominando Napolitano “il no- stro De Gaulle”. Tra Renzi e Let- ta, poi, c’è pieno accordo, e anzi i due se la intendono a meraviglia nello scambiarsi i ruoli di attori principali della nuova fase politi- ca che si è aperta con la fine della stagione bersaniana: “Con Letta ci siamo capiti al volo. Se andavo a Palazzo Chigi il segretario sareb- be stato lui”, ha buttato lì il neopo- destà fiorentino, lasciando inten- dere che vale anche il viceversa. Ma non vuole bruciarsi anzitem- po: intanto è lanciatissimo verso la presidenza dell’Anci, l’associa- zione di tutti i neopodestà d’Ita- lia, e lascia che sia qualcun altro, come per esempio Epifani, a pren- dersi per i momento la patata bol- lente della “reggenza” di un par- tito col vertice nel caos e la base in rivolta. E mentre nel fortino del Naza- reno andava in scena questa disgu- stosa farsa, in molte città d’Italia, dal Piemonte alla Sicilia, e sul- la rete attraverso i blog e i social network, militanti ed elettori del PD continuavano le manifestazio- ni e le iniziative di protesta contro l’inciucio romano iniziate fin dalla sera del 17 aprile, appena appreso della candidatura di Marini al Qui- rinale che rivelava la chiara inten- zione del vertice del PD di anda- re al governo delle “larghe intese” con Berlusconi. Proteste che ave- vano raggiunto un livello di ten- sione altissimo con l’assedio della folla a Montecitorio blindato dal- la polizia la sera della rielezione di Napolitano. Scollamento record tra il vertice e la base del PD Autoconvocazioni, occupazio- ni di sedi e federazioni, assemblee permanenti, con l’esposizione di striscioni con accuse inequivoca- bili come “vergognatevi”, “no al- l’inciucio”, “basta con i giochi di palazzo”, “adesso basta, non vi votiamo più”, promosse anche da movimenti appositamente co- stituiti come “Occupypd” e “Re- setpd”, si moltiplicavano un po’ dappertutto. Come a Torino, dove la sede provinciale è stata trasfor- mata in una “sala della pallacor- da” a imitazione della storica pro- testa del “terzo Stato” che diede il via alla rivoluzione francese, e dove 250 tesserati chiedevano di “resettare” i vertici del PD. Ma- nifestazioni simili si svolgevano a Napoli, Bologna, Cagliari, Vi- terbo, Teramo (che ha il primato di sedi provinciali occupate), ecc. Mobilitazioni anche a Bari e in al- tre città della Puglia. proteste e oc- cupazioni di sedi anche in tutte le province della Sicilia. Palermo è stata tra le prime città che ha vi- sto l’occupazione fisica della sede cittadina del PD, insieme a Prato, Firenze e Lucca. Molta però è anche la confusio- ne che regna nella base dei mili- tanti e degli elettori di sinistra del PD accanto alla rabbia e alla pro- testa. Li accomuna senz’altro il ri- fiuto corale del tradimento dell’in- ciucio col partito del neoduce; ma come si capisce dalle loro dichia- razioni e prese di posizione, molti di loro credono ancora e sperano che il loro partito in mano a rin- negati del comunismo, riformisti, liberali e democristiani sia recu- perabile in qualche modo alla si- nistra. Quasi nessuno di loro si è reso conto del ruolo presidenziali- sta decisivo giocato da Napolitano nel portare il PD in ginocchio da Berlusconi, e continuano a pensa- re al nuovo Vittorio Emanuele III come a un garante della democra- zia e della Costituzione. Altri ri- schiano di affidarsi come “salva- tore” del partito al Berlusconi che hanno già in casa senza rendersene bene conto: l’ambizioso presiden- zialista Matteo Renzi. E tutti alla fine rischiano di farsi convincere ad accettare il governo Letta come una medicina amara ma inevitabi- le, una parentesi breve nell’attesa di un illusorio cambiamento di li- nea e di direzione che venga dalle assise congressuali. Auguriamoci che questa vicen- da serva invece a convincerli che, come sostiene il PMLI, non si può farla finita con l’ingiustizia socia- le e il presidenzialismo neofasci- sta imperante se non si abbatte il capitalismo che li genera e sostie- ne. E che solo il socialismo può davvero cambiare l’Italia e dare il potere al proletariato. Come abbonarsi a Per sottoscrivere l’abbonamento annuale al “Bolscevico” occorre versare l’importo tramite bollettino di conto corrente postale n. 29675501 intestato a: Editoriale Il Girasole - C.P. 477 - 50100 Firenze Tariffe annue: ORDINARIO € 60,00 - SOSTENITORE € 100,00 ESTERO € 100,00 - PREZZO POLITICO* € 30,00 Chi ha diritto al prezzo politico può fare un abbonamento semestrale € 15,00 oppure quadrimestrale €10,00 *per disoccupati, cassintegrati, lavoratori precari, pensionati sociali, operai, casalinghe, studenti, immigrati senza lavoro, con lavoro precario o a salario operaio
  • 7. N. 18 - 9 maggio 2013 interni / il bolscevico 7 Davanti alla scuola superiore Sant’Anna di Pisa LA POLIZIA CARICA GLI STUDENTI CHE CONTESTANO AMATO E PROFUMO “Ma che competizione, che meritocrazia! I nostri diritti non li portate via!”, questo lo slogan che ha animato la protesta di de- cine e decine di studentesse e stu- denti borsisti, ex borsisti, pendola- ri e fuori sede che il 23 aprile si sono riuniti in un presidio contro il convegno dal titolo “Uguaglian- za dei meritevoli”, che si teneva alla Scuola superiore Sant’Anna di studi universitari e di perfezio- namento di Pisa, un “centro d’ec- cellenza” nonché influente lobby accademica borghese che ha sfor- nato, tra gli altri, il capo del go- verno Enrico Letta, l’ex premier Giuliano Amato (che ne è l’attua- le presidente), la neo ministra del- l’Istruzione Maria Chiara Carroz- za e l’ex capo dello Stato Ciampi. Al convegno partecipavano lo stesso Amato e l’allora ministro dell’Istruzione Profumo. Gli studenti volevano far sen- tire la propria voce contro il pro- getto di decreto Profumo che ina- sprisce i requisiti economici e di merito per accedere alle borse di studio e ne taglia gli importi, pro- muovendo, come scrivono gli stu- denti in un volantino, “un’ugua- glianza d’elite: chi può permettersi Pisa, 23 Aprile 2013. La contestazione degli studenti contro Francesco Profumo, ministro dell’istruzione uscente del governo Monti e Giuliano Amato, in conve- gno alla scuola di S. Anna Se hai vent’anni lotta per cambiare davvero l’Italia“Se hai vent’anni vattene dall’Italia”: questo l’eloquente titolo dell’articolo pubblicato lo scorso 8 aprile dal direttore responsabile del giornale onli- ne “fanpage.it”, Francesco Piccinini. Un articolo pieno di qualunquismo e disfattismo nel quale l’autore, rivolgendo- si ad un ipotetico 20enne, lo esorta: “Vattene perché se hai vissuto i tuoi primi 20 anni in questa nazione non hai visto niente dei cambiamenti del mondo. Sei rimasto indietro. Hai vissuto 20 anni di dibat- tito pubblico schiacciati sullo scontro pro o contro Berlu- sconi”. E ancora: “Ti direi di andartene perché hai vissuto 20 anni con le stesse metro (...) Lascia questo paese, me- ticciati. Scopri la bellezza di altri corpi e di altri odori. (...) Vattene per imparare che non è vero che una laurea ti forma. (...) Vattene perché non devi leggere i giornali che aprono con le violenze per una partita di calcio”. “Parti – conclude – lasciaci qui, come i dannati di un in- ferno da noi stessi generato”. Insomma Piccinini vuole get- tare i giovani nello sconforto e nel disimpegno, facendo sembrare che i problemi che affliggono loro come il resto delle masse popolari italia- ne cadano dal cielo, siano irrisolvibili o addirittura colpa “nostra” e non vadano ricer- cati nel sistema capitalista in crisi e nel massacro sociale imbastito dai suoi governi per salvare i profitti del grande ca- pitale. Per stroncare qualsiasi proposito di lotta arriva per- sino a sputare sulla memoria dei giovani martiri antimperia- listi e antimafiosi: “Dimentica Genova. Lì hanno ucciso una generazione, non farti fermare anche tu. Non ascoltare quel- la canzone ‘poteva come tanti scegliere e partire, invece lui decise di restare’ è bellissima ma viene da un’altra epoca. Ho amato Peppino (Impastato ndr) e la Sicilia ma ho anche imparato che le catene non coincidono con questo sen- timento”. Non una parola sui giovani, in primo luogo operai, studenti, precari, disoccupati, che lottano quotidianamente e coraggiosamente per il la- voro, per la scuola e l’univer- sità pubbliche, per cambiare l’Italia. Ma nemmeno sui tanti giovani che sono costretti al- l’emigrazione non per “sete di avventura” ma per trovare un lavoro. Questa è del resto l’espres- sione tipica di un intellettuale piccolo-borghese che ha pau- ra della lotta di classe e cerca di sopirla sottraendole le forze più fresche e vitali e mitizzan- do una inesistente “eldora- do” da rincorrere all’estero. Tanto che, in chiusura, l’ar- ticolo vagheggia un “senso di comunità” interclassista, perché “essere una collettivi- tà è la condivisione costante e silenziosa delle regole che consentono a tutti di andare avanti”. Ai giovani e non solo, noi proponiamo invece di ispirar- si allo spirito di sacrificio e di lotta degli eroici partigiani che hanno reso possibile la vitto- riosa Resistenza antifascista e impegnarsi per cambiare dav- vero l’Italia lottando contro il capitalismo, per il socialismo, per conquistarsi un domani senza sfruttamento, disoccu- pazione e povertà. Pensionati e lavoratori al Sud sono i più tartassati dall’Irpef“Su stipendi e pensioni il peso delle addizionali comunali e re- gionali Irpef si fa sentire soprat- tutto al Sud”. A dirlo è la CGIA di Mestre che, per l’anno in corso, ha preso in esame quattro tipolo- gie di contribuenti: un pensionato con un reddito di 16mila euro (pari a un assegno mensile netto di mil- le euro); un operaio con un reddito di 20mila euro (con un salario di poco superiore 1.200 euro); un im- piegato con un reddito di 36mila euro (pari a uno stipendio di 2mila euro); un quadro dirigente con un reddito di 59mila euro (pari a una retribuzione di 3mila euro al mese). Nel caso dell’impiegato, spiega la CGIA, il peso fiscale delle addi- zionali Irpef nelle regioni “più tar- tassate” supera la soglia dei mil- le euro. In Calabria il costo annuo si at- testa a 1.020 euro (+305 euro ri- spetto al 2010). In Molise il ver- samento si ferma a 1.016 euro (+250 euro rispetto al 2010), men- tre nel Lazio si stabilizza a 947 euro (+254 euro rispetto a tre anni fa). Mentre il dato medio naziona- le è di 820 euro. Se si considera invece il quadro con qualifica di- rigenziale, quello che lavora in Calabria deve versare 1.668 euro (+500 euro rispetto al 2010). Se- gue sempre il Molise con 1.663 euro (+ 410 euro) e al terzo posto dei “più tartassati” dalle addizio- nali Irpef c’è il dirigente campa- no con 1.577 euro (+436 euro). Il versamento medio nazionale si ferma a 1.374 euro. “In questo momento” sottolinea il segretario della CGIA, Giuseppe Bortolussi “l’Irpef è più pesante per i contri- buenti del Mezzogiorno soprattut- to per la cattiva situazione in cui versano moltissime regioni del Sud in materia di sanità. Le Re- gioni in disavanzo sanitario sono state obbligate a elevare l’aliquota base, pari allo 0,9% fino al 2010, di 0,5 punti percentuali, raggiun- gendo così quota 1,4%. Dal 2010 poi quelle in disavanzo sanitario che non avevano rispettato i piani di rientro sono state costrette a in- nalzare ulteriormente l’aliquota di altri 0,3 punti percentuali, arrivan- do a toccare la soglia dell’1,7%”. “Oltre a questo” aggiunge Borto- lussi “col decreto Salva- Italia il governo Monti ha sancito l’ele- vazione dell’aliquota base dallo 0,9% all’1,23%. Di conseguen- za, le Regioni in disavanzo sani- tario hanno dovuto portare l’ali- quota all’1,73% e quelle che non avevano rispettato i piani di rien- tro addirittura al valore massimo di 2,03%”. Nel 2011 le Regioni in disavan- zo sanitario erano Abruzzo, Cala- bria, Campania, Lazio, Molise, Piemonte, Puglia e Sicilia. Men- tre le Regioni che sono state co- strette a elevare l’aliquota Irpef fino al valore massimo del 2,03% sono state la Calabria, la Campa- nia e il Molise. Per l’addizionale comunale Irpef, invece, nel 2009 e nel 2010 era in atto il blocco, vale a dire l’impossibilità per i Comu- ni di aumentare la tassa. Solo nel 2011 e poi definitivamente nel 2012 è stata nuovamente concessa Il PMLI produce un gros- so sforzo per far giungere alle masse la sua voce anticapitalista, antiregime neofascista e per l’Italia unita, rossa e socialista. I militanti e i simpatizzan- ti attivi del Partito stanno dando il massimo sul pia- no economico. Di più non possono dare. Il PMLI fa quindi appel- lo ai sinceri fautori del so- cialismo per aiutarlo eco- nomicamente, anche con piccoli contributi finanziari. Nel supremo interesse del proletariato e della causa del socialismo. Più euro riceveremo più volantini potremo diffondere contro il go- verno della grande finanza, della UE e della macelleria sociale gui- dato da Monti. Aiutateci anche economicamente per combattere le illusioni elet- torali, parlamentari, riformiste e governative e per creare una co- scienza, una mentalità, una mobilitazione e una lotta rivoluzionarie di massa capaci di abbattere il capitalismo e il potere della borghesia e di istituire il socialismo e il potere del proletariato. Grazie di cuore per tutto quello che potrete fare. Consegnate i contributi nelle nostre Sedi o ai nostri militanti op- pure inviateli al conto corrente postale n. 85842383, specificando la causale “Donazione”, intestato a: PMLI - via Gioberti, 101 - 50121 FIRENZE di pagarsi gli studi può permettersi di essere considerato meritevole”. Una protesta tanto più coraggiosa e importante dato che Amato era dato come papabile capo del go- verno. A riprova di quanto gli af- faristi che lucrano sull’università pubblica e i politicanti borghesi tengano in considerazione le ri- chieste degli studenti, ad attender- li c’erano le “forze dell’ordine” in tenuta antisommossa, che non hanno esitato a caricare più vol- te gli studenti per impedire loro di disturbare il “prestigioso” con- vegno. “L’unica risposta che san- no dare è la polizia”, ha detto uno studente ferito alla testa. Le cariche non hanno fatto che ingrossare il presidio. Centinaia di studenti hanno raggiunto un altro ingresso, trovandolo barricato dal- l’interno. Hanno quindi sfilato da- vanti alle altre facoltà, raccoglien- do altri studenti e puntando sulla sede del DSU, l’azienda del diritto allo studio, per occuparla. Con altezzoso piglio borghe- se, Amato ha snobbato gli studenti tacciandoli di essere “disinforma- ti”, come per ammonirli di non di- sturbare “gli esperti” che ne sanno più di loro. Più falsamente conci- liante Profumo che si è dichiara- to disponibile ad un incontro “ma senza urlare”, cioè abbandonando la protesta. Anche perché lui per primo non si è certo premurato di chiedere il parere degli studen- ti prima di demolire il diritto allo studio. Come scrivono i collettivi auto- nomi di “Infoaut”, la contestazio- ne del 23 aprile “è solo una tappa di un percorso che vedrà gli stu- denti e le studentesse, giorno dopo giorno, riappropriarsi di quanto i ministri di turno, i dirigenti delle aziende per il diritto allo studio, i baroni dell’università e i rettori, vorrebbero sottrarre. Possono rin- chiudersi nelle loro stanze, sbar- rare porte e cancelli, schierare le forze dell’ordine, alzare scudi e manganelli, ma nessun ostacolo potrà fermare studenti e studentes- se che hanno deciso di lottare per il proprio futuro e per una vita di- gnitosa”. la possibilità di aumentare le ali- quote, fino ad un massima dello 0,8%. Cosa che molti sindaci han- no fatto per bilanciare la penuria di risorse.
  • 8. 8 il bolscevico / 25 Aprile N. 18 - 9 maggio 2013 IL 25 APRILE E’ VIVOIl M5S, come il PDL, ha disertato le celebrazioni della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo. L’inciucio governativo tra PD e PDL raggiunto nel giorno stesso dello storico evento offende la Resistenza. Fischiati Grasso, Fassino e Burlando. A Niscemi contro il Muos LE COMPAGNE NAPOLETANE DIRETTE DA VALENTINA IN PRIMA LINEA. A PRATO IL PMLI IN UN FRONTE UNITO ANTIFASCISTA. A CATANIA L’ANPI INVITA IL PARTITO ALLA TESTA DEL CORTEO. A MILANO IL PMLI PORTA IN PIAZZA IL RITRATTO DI STALIN. URBAN INTERVISTATO DALLA “NUOVA PROVINCIA DI BIELLA”. A VARESE I MARXISTI-LENINISTI ANIMANO IL CORTEO CON CORI E CANTI PARTIGIANI. A FUCECCHIO I MARXISTI-LENINISTI INVITATI A PRANZO DALL’ANPI MILANO Decine di migliaia in piazza. Fischiati e contestati gli esponenti del PD per tutto il cor- teo. Ruolo determinante del PMLI nel corteo. Spicca il manifesto di Stalin BOLDRINI CONTESTATA DAI LAVORATO- RI LICENZIATI DEL SAN RAFFAELE Milano. 25 Aprile 2013. Piazza Duomo (foto Il Bolscevico) Milano, 25 Aprile 2013. Parte della combattiva Delegazione lombarda del PMLI. A sinistra col megafono, il compagno Angelo Urgo, Segretario del Comitato lombardo del Partito (foto Il Bolscevico) Redazione di Milano Decine di migliaia i manife- stanti che sono scesi in piazza a Milano, città Medaglia d’Oro alla Resistenza, nel pomeriggio del 25 Aprile per celebrare il 68° An- niversario della Liberazione del- l’Italia dal nazifascismo. Al tradi- zionale concentramento in Porta Venezia sono giunti antifascisti di tutte le età, da quelli che avevano vissuto e combattuto il fascismo fino agli studenti medi che si bat- tono contro l’attuale regime neo- fascista. Anche quest’anno il colore prevalente del corteo, che ha sfilato per le vie del centro rag- giungendo piazza Duomo, è sta- to il rosso. Il corteo ha visto la presenza con le loro insegne di sezioni dell’Anpi e dei deportati dell’Aned (Associazione naziona- le ex deportati), questi ultimi coi cartelli neri coi nomi dei lager na- zisti. C’erano intere famiglie con bambini, delegazioni dei sindaca- ti confederali e non, dei partiti, dei comitati migranti, dei centri so- ciali, e di associazioni cattoliche e umanitarie, come Emergency. E poi nutrite delegazioni delle as- sociazioni per i diritti dei migranti, dei movimenti NO TAV, NO EXPO e NO Dal Molin. Tantissimi i gio- vani tra studenti medi ed univer- sitari, organizzati dal Coordina- mento dei Collettivi, e lavoratori precari e disoccupati associati in comitati di lotta contro la pre- carietà lavorativa. Ci sono anche i lavoratori in lotta per la difesa del posto di lavoro, come quel- li dell’Ospedale San Raffaele di Segrate (Milano) presso cui sono previsti 244 licenziamenti. Non mancano le contestazio- ni ai rappresentanti del PD, che sfilano a metà corteo dietro le loro bandiere coperti di fischi e di “vergogna” lungo tutto il per- corso. Anche quest’anno l’avanguar- dia antifascista dell’intero corteo l’ha rappresentato indubbiamen- te il PMLI presente con una com- battiva Delegazione lombarda con uno schieramento di rosse bandiere del Partito e di cartelli con i manifesti del PMLI sul 25 Aprile abbinati a quello realiz- zato dal Comitato lombardo per la messa fuorilegge dei gruppi nazifascisti con l’applicazione della legge 645 del 1952, ed al manifesto del Partito per il 60° Anniversario della scomparsa di Stalin, con la raffigurazione del grande Maestro del proletariato internazionale, portato in bella mostra sul cartello centrale della Delegazione. Al concentramento i marxisti- leninisti hanno diffuso centinaia di copie di un volantino riportante estratti dall’editoriale de Il Bol- scevico sul 25 Aprile, ricevendo spesso approvazione a seguito della lettura dell’inequivocabile titolo. Diffuse anche copie de Il Bolscevico n. 16 abbinate al nu- mero 12 che riportava il discorso del compagno Angelo Urgo, Se- gretario del Comitato lombardo del PMLI, ed alcuni passi salienti di interventi pronunciati da altri compagni lombardi alla Comme- morazione di Stalin svoltasi nella Sede milanese del Partito il 10 marzo scorso. “Il 25 Aprile non si tocca, ono- re e gloria ai partigiani” risuonava dal megafono del PMLI cogliendo l’approvazione dei presenti che hanno rilanciato altri nostri slogan come quelli per l’applicazione del- le norme di attuazione della XII di- sposizione transitoria e finale del- la Costituzione anche affinché si contrasti la proliferazione assistita dei gruppi squadristici nazifascisti attuata dalla giunta provinciale milanese del berlusconiano Gui- do Podestà (“I nazifascisti e chi li protegge, non vanno tollerati ma messi fuorilegge” e “L’apo- logia di fascismo è un reato, è incostituzionale non va tollera- to”), contro il revisionismo storico neofascista e la riabilitazione dei repubblichini (“No al revisionismo della storia, antifascista sempre la nostra memoria”, “I repubbli- chini di Mussolini, sian sempre ricordati come degli assassini”), contro l’interventismo nostrano (“L’Italia dall’Afghanistan si deve ritirare fuori dai confini nemmeno un militare”, “Le spese inutili/sono da tagliare / missioni di guerra/da cancellare”), in appoggio ai diritti dei migranti. Non potevano certo mancare quelli contro il regime neofascista e il nascente governo di unità capitalista e neofascista Letta-Berlusconi: “Occorre un nuovo 25 Aprile, questo regime deve finire!”. La delegazione del PMLI - gui- data dal compagno Urgo, per la qualità politica delle parole d’or- dine scandite e per le canzoni partigiane e comuniste proposte (“Bella Ciao”, “Fischia il Vento”, “L’Internazionale”…), ha attirato presso di sè sempre più manife- stanti di ogni età suscitando ap- plausi e saluti a pugni alzati da chi sostava ai bordi del corteo. Saluti a pugno chiuso e di- chiarazioni di approvazione e di stima anche per aver portato in piazza il manifesto di Stalin at- torno al quale molti hanno voluto essere fotografati posando coi nostri compagni, mentre le spo- radiche provocazioni anticomuni- ste contro il grande Maestro non hanno avuto seguito ed in alcuni casi hanno suscitato, al contrario, la difesa della sua figura da parte di manifestanti. Le poche e sterili provocazioni sono state spazzate via dai nostri compagni al grido: “Viva il compagno Giuseppe Sta- lin, terrore dei borghesi, terrore dei fascisti, terrore di tutti i falsi comunisti!”. In Piazza Duomo si sono svol- ti i comizi conclusivi, il principale quello della presidente della Ca- mera Laura Boldrini. Ella si è la- sciata andare a un’apologia della Costituzione del ’48 non certo per denunciare le controriforme che ne hanno ribaltato lo spirito democratico-borghese e l’hanno di fatto cancellata, ma per affer- mare che essa sarebbe ancora operativa a garanzia dei diritti fondamentali, come quello al lavo- ro o addirittura dell’emancipazione femminile. Sulle fandonie del suo presunto “diritto al lavoro garan- tito dalla Costituzione” la Boldrini è stata duramente contestata dai lavoratori in lotta del San Raffae- le e da molti che rilevavano che nulla veniva detto per il ripristino dell’art. 18 dello Statuto dei La- voratori e per l’abrogazione delle leggi Fornero, 30 e Treu. Ancora la Boldrini ha esaltato la “gran- dezza” dell’art. 11 della Costitu- zione senza dire una parola sulla sua continua flagrante violazione come ancora avviene con la guer- ra di occupazione in Afghanistan. Chiacchiere al vento a proposito della sua dichiarata indignazione per la negata cittadinanza ai lavo- BIELLA Il neopodestà di Biella contestato dagli antifascisti alle celebrazioni organizza- te dal Comune. Al mattino una delegazione del PMLI depone una corona di fiori rossi al monumento partigiano. Urban intervistato da “La Nuova Provincia di Biella” 25 Aprile 2013. L’omaggio dell’Organizzazione di Biella del PMLI al monu- mento partigiano di piazza Martiri della Libertà. Sulla destra col pugno alzato, il compagno Gabriele Urban. Responsabile del Partito per il Piemonte (foto Il Bolscevico) San Donato (Biella). Veduta della manifestazione organizzata dall’ANPI (foto Il Bolscevico) Dal corrispondente dell’Organizzazione di Biella del PMLI Il 68° Anniversario della Li- berazione dal nazi-fascismo è stato celebrato in provincia di Biella con tante iniziative pubbli- che molto partecipate che hanno inequivocabilmente mostrato che i sentimenti di attaccamento ai valori ispiratori della Resistenza e dell’antifascismo sono più vivi che mai nel cuore delle masse popolari biellesi che forse più di altri hanno dato, in numero di partigiani e staffette partigiane trucidati dai nazifascisti, alla Li- berazione tanto che la città di Biella, Medaglia d’oro al valor militare, venne liberata un giorno prima rispetto al resto del Paese, esattamente il 24 aprile 1945. La prima iniziativa è stata quel- la istituzionale organizzata dal Comune di Biella con un corteo partito dal monumento ai caduti di tutte le guerre vicino ai “Giardini Zumaglini” e arrivato all’ingresso del Palazzo di Città dov’è presen- te una targa commemorativa dei giorni di lotta dell’Aprile 1945. Nel suo discorso ufficiale il sindaco di Biella, Dino Gentile, eletto anche coi voti della Fiamma tricolore e del movimento “La Destra”, non è proprio riuscito a trattenersi nel dire che vanno anche rispettati e ricordati “quei soldati che, in buo- na fede, hanno combattuto per la parte sbagliata” e, visto che c’era, ha brevemente parlato degli esuli istriani e chiosato sulle falsità del- la vicenda delle foibe, al termine della seconda guerra mondiale, cercando di fare passare per vere le menzogne raccontate dagli storici revisionisti secondo i quali sarebbero stati gettati nelle foibe ratori migranti e ai loro figli. La presidente della Camera ha voluto imbellettare l’attuale regime neofascista in via di completamento e il suo nascente “democratico” governo. Occorre comprendere che tenere alta la bandiera della Re- sistenza oggi significa combat- tere contro il capitalismo e il suo governo e lottare per conquistare il socialismo, che è la società che avevano in mente anche gli anti- fascisti e i combattenti partigiani più avanzati e coscienti. Affinché questa mèta storica torni ad es- sere patrimonio ideale di milioni di lavoratori, antifascisti e masse popolari, occorre un PMLI ancor più forte e radicato che la difen- da, la propagandi e la porti avanti ogni giorno nella lotta di classe! Viva il 25 Aprile! Viva le partigiane e i parti- giani! Liberiamoci dal governo Let- ta-Berlusconi e dal regime neo- fascista! Teniamo alta la bandiera della Resistenza combattendo il capi- talismo e il suo governo, per il socialismo!