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1Normativa, prevenzione ed attuazione della prevenzione incendi1Il primo soccorso in azienda
I problemi collegati
alle vessazioni psicologiche
nel mondo del lavoro:
costrittività, straining, mobbing,
stalking, molestie sessuali,
bulliyng ed hazing
6
Società Editrice Universo
R O M A
Quaderni di Medicina ed Igiene del Lavoro,
Sicurezza e Prevenzione
Agostino Messineo
Quaderni di Medicina ed Igiene del Lavoro, Sicurezza e Prevenzione2
Tutti i diritti riservati
Le copie non firmate da almeno uno degli Editors saranno ritenute contraffatte
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Società Editrice Universo s.r.l.
Via G.B. Morgagni, 1 – 00161 Roma
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seu@seu-roma.it
www.seu-roma.it
Iª Edizione 2012
Editors “Quaderni di Medicina ed Igiene del Lavoro, Sicurezza e Prevenzione”
Agostino Messineo
Direttore Dipartimento di Prevenzione ASL RMH
Luigi Marsella
Professore Associato di Medicina Legale, Università di Tor Vergata, Roma
volume 6 : “I problemi collegati alle vessazioni psicologiche nel mondo del lavoro: costrit-
tività, straining, mobbing, stalking, molestie sessuali, bulliyng ed hazing”
Agostino Messineo, Direttore Dipartimento di Prevenzione ASL RMH
Tutti i diritti riservati, in particolare il diritto di duplicazione e di diffusione, nonché il diritto di
traduzione. Nessuna parte dell’opera può essere riprodotta in alcuna forma (per fotocopie,
microfilm od altri procedimenti) senza il consenso scritto dell’Editore.
3Normativa, prevenzione ed attuazione della prevenzione incendi
Presentazione della Collana
L’esigenza di affrontare in modo chiaro ed agevole le tematiche della
sicurezza, dell’Igiene del Lavoro, della Prevenzione e della Sicurezza negli
ambienti di vita e di lavoro è oggi sentita in modo particolare come del resto
la necessità di acquisire nozioni facilmente comprensibili ed interdisciplinari
su vasti aspetti che interessano le attività di prevenzione.
Studenti, RSPP, RLS, specializzandi chiedono scorrevolezza e sintesi per
meglio e più rapidamente apprendere. Eccessiva frammentazione - a volte
anche la estrema specializzazione delle competenze - possono talora indur-
re, se non si attuano politiche di lavoro integrate, a qualche sovrapposizione
di attività, forse ritardi nella efficacia delle azioni, addirittura incremento
della spesa. La collana che presentiamo, lungi dall’offrire un panorama
approfondito ed esaustivo su tutti i complessi aspetti delle tematiche
affrontate, percorre la strada della tradizione anglosassone (“secrets”) e
delle nozioni “sintetiche” fornite a precise domande,nell’intento di offrire
la massima chiarezza per i lettori. La semplicità del linguaggio e l’apporto
di varie componenti professionali su svariati temi di prevenzione, voglio-
no sollecitare ed essere nello stesso tempo una riflessione, ove possibile
interdisciplinare, sui diversi aspetti delle attività di prevenzione nell’am-
biente e nei luoghi di lavoro. Sono coinvolti in questo tentativo Medici del
Lavoro, Igienisti, Giuristi, Ingegneri, Biologi, Chimici, Fisici, che - di volta in
volta - saranno chiamati a contribuire per la disamina di aspetti di comune
e specifica competenza. Ma, essendo questo un esperimento - per di più
a qualche valenza didattica per RSPP, studenti dei Corsi di Laurea delle
Professioni sanitarie, medici in formazione e cultori della prevenzione
Quaderni di Medicina ed Igiene del Lavoro, Sicurezza e Prevenzione4
in generale - vorranno i lettori scusare le ripetizioni, spesso ineludibili in
capitoli redatti a più mani e talune scelte didattico-iconografiche o anche
errori involontari nei testi di stampa ... basterà a giustificare il tentativo,
il conforto anche di una modesta utilità del modello didattico formativo
come complemento ed integrazione di quanto già operato dalla tradizionale
educazione e formazione professionale.
La tematica delle vessazioni, incluse quelle che occorrono durante il
lavoro è oggi di rilevante attualità per l’accresciuta sensibilizzazione dei
lavoratori, per l’esigenza maggiore di etica e per l’evoluzione dei rapporti
sociali. Ad esempio, lo stalking, che può realizzarsi anche a prescindere
dall’esistenza di vincoli di lavoro, per l’allarme sociale che ha determinato,
è stato oggetto di una recente modifica al codice penale. Tutte le vessazioni,
comunque, possono essere determinate anche da condizioni stressogene
e possono a loro volta generare stress in chi le soffre. Nel presente volume
vengono affrontate le diverse situazioni disfunzionali analizzandole come
risposta a particolari problemi dell’organizzazione del lavoro e della gestione
del management aziendale .
“Mobbing” “straining” “hazing” “stalking” e “bullying” sono quindi trat-
tati in modo separato rispetto allo stress (oggetto di altra apposita pubbli-
cazione), pur essendo tutte condizioni inevitabilmente ad esso collegate.
Agostino Messineo
1Comunicazione per la prevenzione sulla sicurezza in Igiene del Lavoro1Il primo soccorso in azienda
I problemi collegati
alle vessazioni psicologiche
nel mondo del lavoro:
costrittività, straining, mobbing,
stalking, molestie sessuali, bul-
liyng, ed hazing
Agostino Messineo
Quali sono le premesse per la comparsa di gravi disfunzioni organiz-
zative nel mondo del lavoro?
L’interesse per i rischi di natura psicologica sul lavoro è progressiva-
mente aumentato negli ultimi anni, ed è stato puntualmente registrato da
parte dell’Agenzia Europea per la Salute e la Sicurezza nei Luoghi di Lavoro
(EU-OSHA) che ha evidenziato l’emersione dei rischi di natura psicosociale,
definiti come aspetti che riguardano la progettazione del lavoro e di or-
ganizzazione e gestione del lavoro, nonché i rispettivi contesti ambientali
e sociali, che potenzialmente possono arrecare danni fisici e psicologici”
(Cox, Griffith, 1995).
Le previsioni abbastanza allarmanti, fanno riferimento alle conseguenze
importanti dei cambiamenti globali in termini di trasformazioni tecniche e
organizzative nei posti di lavoro. In particolare sono 5 gli aspetti da consi-
derare per comprendere le dinamiche aziendali europee e, più in generale,
gli scenari presenti e futuri del lavoro:
•	 Sono sempre più frequenti nuove forme di contratti con correlata
quota di insicurezza del posto di lavoro: la tendenza verso l’utilizzo di
precari,dipersonaleparttime,diunaelevatissimamobilitàperrende-
re la produzione sempre più snella, ricorrendo anche all’outsourcing
e alla delocalizzazione, aumentano stress e insicurezza.
Quaderni di Medicina ed Igiene del Lavoro, Sicurezza e Prevenzione2
•	 È consistente l’invecchiamento della forza lavoro: il tempo della
pensione si allunga in tutta Europa, i processi di lavoro cambiano e
spesso le opportunità di formazione per adeguarsi ai cambiamenti
mancano, aumentando pressione mentale ed emotiva dei lavoratori
più anziani
•	 Vi è correlata intensificazione del lavoro: mantenere l’occupazione
può significare gestire un carico di lavoro sempre maggiore, con più
pressioni, maggiore competizione e meno sicurezze
•	 Èsemprepiùelevatoilcoinvolgimentoemotivosullavoro:iltemadelle
molestieedellaviolenzasullavoro,problemanonnuovo,riguardatutti
i lavoratori di tutti i settori, ed è fonte di grandi pressioni emotive.
•	 Si accentua lo scarso equilibrio tra vita privata e lavoro: la difficoltà
ad adeguare il proprio tempo con le continue pressioni e carichi di
lavoro variabili e imprevedibili genera spesso conflitti tra esigenze
professionali e vita privata.
La situazione attuale è caratterizzata da un mercato globale che impone
il massimo rendimento per le imprese e un’alta flessibilità del lavoro,
ma allo stesso tempo, per le cresciute esigenze di salute e di tutela, è
anche connotata da un assai forte richiamo ad alti standard di salute,
di prevenzione e di sicurezza sul lavoro.
Lasostenibilitàtraproduttivitàetuteladeilavoratorièvistadaalcunicome
unasfidadifficiledavincereacausadeglialticostidellasicurezza.Ilcostodella
prevenzione, stimato in oltre 60.000 miliardi di vecchie lire nei primi anni del
2000 ed una legislazione ormai ridefinita recentemente, non sono riuscite a
limitare in modo significativo l’alto numero di infortuni (tre vittime al giorno)
el’aumentodellemalattieprofessionali.Vièpoiunatendenzaall’assenteismo
semprepiùlegatoadaspettidistresssullavoro.L’AgenziaEuropeaprevedeche
nel 2020 oltre 20 milioni di lavoratori europei soffriranno di patologie legate
ai rischi psicosociali, quali disordini affettivi, dipendenze (alcool, sostanze,..),
ipertensione,disturbimetabolici,disturbimuscolo-scheletriciconripercussioni
e danni anche per il sistema azienda in termini di assenteismo, maggiore turn
over, infortuni, maggiori ritardi, maggiori costi, minore produttività.
In Italia, un’indagine ISTAT-Inail del 2008 sulla percezione dei rischi nel
proprio ambiente di lavoro documentava che il 40% dei lavoratori riteneva
di essere stato esposto a rischi che avrebbero potuto pregiudicare l’equili-
brio psicologico, in particolare l’eccessivo carico di lavoro, manifestazioni di
prepotenza e discriminazione o di minacce o violenze fisiche.
Nel Rapporto Inail del 2010 si affronta il tema di nuovi casi di malattia
definiti disturbi psichici da stress lavoro-correlato, (documentati da 500
3Comunicazione per la prevenzione sulla sicurezza in Igiene del Lavoro
denunce l’anno nell’ultimo quinquennio) e si evidenzia il fatto che le de-
nunce vanno considerate sottostimate, “sia per la difficoltà di distinguere,
in fase di denuncia e prima codifica, la specifica patologia psichica, sia in
virtù di confronti con quanto registrato al riguardo da altri organismi e
osservatori”.
OggilanormativadisicurezzaedigieneprevistadalDlgs81/2008esucces-
sive modifiche ed integrazioni, obbliga tutte le aziende, pubbliche e private,
ad una adeguata valutazione di tutti i rischi da lavoro compresi quelli di tipo
psicologico e all’adozione di misure correttive e di prevenzione, in particolare
formazione,informazioneepartecipazionedeilavoratori,atteall’eliminazione
o alla riduzione al minimo dei rischi riscontrati.
Una prima riflessione in merito riguarda la prevenzione, in ordine alla
quale le misure procedurali ed organizzative stabilite dalle stesse aziende
nel documento di Valutazione dei Rischi sono spesso disattese oppure non
del tutto attuate. L’impegno formativo e il coinvolgimento dei lavoratori
spesso non rientra nelle scelte strategiche aziendali ed è frequentemente
causa di conflittualità sul posto di lavoro.
D’altra parte gli interventi di vigilanza, in particolare sugli aspetti legati
allo stress e ai rischi di natura psicologica, sono generalmente sporadici,
conseguenti a segnalazioni del lavoratore o del suo legale (raramente del
MC – a volte delle OO.SS), effettuati su delega della AG e solo in minima
parte svolti d’iniziativa: inoltre, ad esempio per mobbing e vessazioni, sono
controlli difficili e complessi, sovente caratterizzati da inadeguata docu-
mentazione e con poche testimonianze, comportano lunghe indagini ed un
esame di documenti amministrativi e dei CC.N.L. con riguardo a questioni
che possono essere interpretate in modo non univoco.
La prevenzione è alla base della gestione di tutti i rischi, soprattutto di
natura psicosociale, e prevede innanzi tutto una grande capacità di dialogo
tra lavoratori e dirigenti, investimento in formazione e nella comunicazione,
definizionediprotocolliecodicieticidacondividereerispettare,trasparenza,
cultura di valori.
DL, RSPP ed Organi di Vigilanza devono certamente svolgere la loro fun-
zione di controllo sulla corretta attuazione delle norme di igiene e sicurezza
e sulla reale partecipazione, informazione e formazione dei lavoratori. Ma la
prevenzione richiede spesso un cambiamento del management nello stile
di leadership, nella cultura organizzativa e in particolare nelle modalità di
gestione dei conflitti.
È infatti interesse del Datore di Lavoro, impegnarsi nella prevenzione dei
conflitti e della loro escalation: la formazione del management dovrebbe
Quaderni di Medicina ed Igiene del Lavoro, Sicurezza e Prevenzione4
pertanto prevedere anche l’acquisizione di specifiche tecniche per l’analisi
e la gestione della conflittualità e dello stress in azienda. In altri termini
un manager deve essere in grado di prevenire le situazioni di disagio orga-
nizzativo e di cogliere i segnali precoci di disagio nell’azienda, riconoscere
gli indici che possono causare eventi stressogeni ed eventuali processi di
mobbing, intervenire eventualmente anche con strategie organizzative
migliorative impedendo il deterioramento delle strategie di coping verso
forme distruttive e inefficaci.
Costrittività organizzative
Cosa sono le costrittività organizzative?
L’espressione “costrittività organizzativa” si riferisce all’insieme di azioni
e decisioni relative all’organizzazione e allo svolgimento del lavoro, riguar-
danti un singolo od un gruppo, che introducono in modo ingiustificato degli
elementi di sofferenza emotiva nello svolgimento della funzione lavorativa
(P. Pappone).
Le “costrittività organizzative” riguardano gli aspetti riconducibili all’orga-
nizzazione aziendale delle attività lavorative, e in particolare a scelte aziendali
incongruenticonilnormalesvolgimentodelleattivitàprofessionali,chepossono
produrre disturbi psichici nei lavoratori.
Tali scelte per essere definite incongruenti, devono avere caratteristiche
strutturali, durature ed oggettive e, come tali, verificabili e documentabili
tramite riscontri altrettanto oggettivi e non suscettibili di discrezionalità
interpretativa.
Esempi di questo tipo di azioni sono (come da circolare Inail n. 71/2003):
•	 Marginalizzazione dall’attività lavorativa
•	 Svuotamento delle mansioni
•	 Mancata assegnazione dei compiti lavorativi, con inattività forzata
•	 Mancata assegnazione degli strumenti di lavoro
•	 Ripetuti trasferimenti ingiustificati
•	 Prolungata attribuzione di compiti dequalificanti rispetto al profilo
professionale posseduto
•	 Prolungata attribuzione di compiti esorbitanti o eccessivi anche in
relazione a eventuali condizioni di handicap psico-fisici
•	 Impedimento sistematico e strutturale all’accesso a notizie
5Comunicazione per la prevenzione sulla sicurezza in Igiene del Lavoro
•	 Inadeguatezza strutturale e sistematica delle informazioni inerenti
l’ordinaria attività di lavoro
•	 Esclusione reiterata del lavoratore rispetto ad iniziative formative,
di riqualificazione e aggiornamento professionale
•	 Esercizio esasperato ed eccessivo di forme di controllo.
Secondo alcuni autori (Pappone et al., 2004) la costrittività organizzativa
individua un ambito che possiamo considerare intermedio tra le condizioni
di stress organizzativo e le azioni di mobbing, tanto da generare la sensa-
zione di essere costretto a condizioni che non rispondono allo scopo della
funzione lavorativa.
In tal senso, altri esempi di costrittività organizzativa sono caratterizzati
da:
•	 imposizione di prescrizioni di ritmi, turni o labilità stessa delle pre-
scrizioni
•	 imprecisione delle informazioni e scarsa comprensibilità
•	 eccessiva formalizzazione
•	 ruoli scarsamente definiti
•	 elevata quantità di verifiche e controlli
•	 assegnazione di compiti non corrispondenti alle conoscenze e alle
abilità
•	 scarsa valutazione delle prestazioni
•	 scarsi compensi o incentivi
•	 insufficienza di addestramento e di formazione
•	 scarso sviluppo delle capacità professionali
Le costrittività organizzative possono limitare il benessere, aumentare
lo stress, favorire forme alterate di organizzazione del lavoro.
Molte azioni, comportamenti, disposizioni, limitano l’autonomia e la
libertà del lavoratore e sono tali da poter creare disagio se non compensate
opportunamente da benefici o strategie comportamentali (coping).
Costrittività per struttura dei compiti
Banalità o scarso significato del compito
Eccessiva complessità del compito
Rigida ed elevata separazione dei com-
piti
Rigida determinazione dei tempi
Eccessiva uniformità e ripetitività del
compito
Ripetitività di compiti molto semplici
Ripetitività di compito semplice che richie-
de attenzione
Eccezioni non note nei compitiElevata
velocità
Non accettabilità dell’interruzione
Eccessiva mutevolezza o varietà dei
compiti
Quaderni di Medicina ed Igiene del Lavoro, Sicurezza e Prevenzione6
Le costrittività organizzative si differenziano dalle azioni di vessazione e
di intimidazione fatte sul luogo di lavoro ma di natura interpersonale, cioè
non direttamente legate alla posizione lavorativa. Può appartenere al tema
delle costrittività organizzative il mobbing strategico. È chiaro che il confine
tra mobbing e costrittività è spesso molto labile, e necessita come già indi-
cato sopra, di un’analisi molto attenta del contesto organizzativo, oltre che
di dati oggettivi riscontrabili.
Mobbing e vessazioni sul lavoro1
Quale è l’origine del termine mobbing?
Il termine mobbing deriva dal verbo inglese “to mob”, che significa
assalire, affollarsi intorno a qualcuno. È un termine usato da pochissimo
tempo riguardo al contesto qui preso in esame: il luogo di lavoro.
Konrad Lorenz, un etologo, usò per primo questa parola con l’intento
di descrivere il comportamento di gruppo degli animali. Egli qualificò gli
attacchi provenienti da un gruppo di animali di piccola taglia contro un
animale di taglia più grande, come mobbing.
In seguito, Heinz Leymann, uno psicologo tedesco-svedese interessato
al comportamento dei bambini ed alla loro interazione durante l’orario
scolastico, prese in prestito il termine elaborato da Lorenz per descrivere il
comportamentodistruttivodiungruppodiscolaricontro(nellamaggiorparte
dei casi) un singolo compagno. Per la prima volta, quindi, il termine mobbing
venne utilizzato per descrivere l’interazione tra persone.
Quale è l’esatta definizione di mobbing?
Heinz Leymann, psicologo tedesco-svedese, è ritenuto il pioniere de-
gli studi sul terrore psicologico o mobbing negli ambienti di lavoro. Tra i
suoi maggiori contributi c’è il modello teorico di progressione temporale
del Mobbing a quattro fasi e il questionario LIPT, in grado di misurare la
frequenza delle azioni ostili a cui una persona è sottoposta, oltre alle con-
seguenze psicofisiche subite.
	
In collaborazione con il Dott. Flavio Pacelli, psicologo del lavoro.
7Comunicazione per la prevenzione sulla sicurezza in Igiene del Lavoro
Leymann nel 1996 definisce il mobbing una “Comunicazione ostile e
non etica perpetrata in maniera sistematica da parte di uno o più individui
generalmente contro un singolo che, a causa del mobbing è spinto in una
posizione in cui è privo di appoggio e di difesa e lì costretto per mezzo di
continue attività mobbizzanti. Queste azioni si verificano con una frequenza
piuttosto alta (definizione statistica: almeno una volta la settimana) e per
un periodo di tempo (definizione statistica: una durata di almeno sei mesi).
A causa dell’alta frequenza e della lunga durata, il mobbing crea seri disagi
psicologici, psicosomatici, sociali.
La letteratura offre anche altre definizioni, ad indicare che non c’è un
definitivo accordo in materia. Qui di seguito segnaliamo due definizioni con
i rispettivi criteri di riconoscimento del mobbing da qualsiasi altra forma di
conflitto sul luogo di lavoro.
Ad introdurre lo studio del fenomeno mobbing in Italia è stato lo psico-
logo del lavoro Harald Ege, che ha costruito un modello teorico adatto alla
realtà culturale italiana, molto diversa da quella nord europea.
Nel 2001, nel libro “Mobbing, conoscerlo per vincerlo” definisce il Mobbing
come: “una guerra sul lavoro in cui, tramite la violenza psicologica, fisica
e/o morale, una o più vittime del mobbing vengono costrette ad esaudire
la volontà di uno o più aggressori. Questa violenza si esprime attraverso
attacchi frequenti e duraturi che hanno lo scopo di danneggiare la salute,
i canali di comunicazione, il flusso di informazioni, la reputazione e/o la
professionalità della vittima. Le conseguenze psicofisiche di un tale com-
portamento aggressivo risultano inevitabili per il mobbizzato.
OccupandosiinparticolaredellavalutazioneperitaledeldannodaMobbing,in
assenzadiunalegislazionedefinitivainmateria,Egeharevisionatoilquestionario
diLeymann(LIPT-Egeprofessional)ehapropostounaproceduraconsettepara-
metriperilriconoscimentodelMobbing.NellasualungaricercaEgehacercatodi
capireedifferenziarelevarieformediviolenzaevessazionineiluoghidilavoro,in
particolarehacercatodidefinirelesfumaturedellostessoMobbingquandonon
rientravano in alcuni parametri studiati.
Ad esempio Ege introduce due ulteriori tipologie basate sulla ricerca e
l’intervento sul campo: il caso del “Sasso nello stagno” e il Quick Mobbing.
Sono due forme diverse di Mobbing che non hanno la frequenza (poche
azioni ostili e distanziate nel tempo) il primo e la durata minima il secondo
(meno di 6 mesi), per rientrare nei parametri classici del Mobbing, ma allo
stesso tempo vengono soddisfatti tutti gli altri parametri descritti nella
tabella.
Quaderni di Medicina ed Igiene del Lavoro, Sicurezza e Prevenzione8
Parametri per il riconosci-
mento del Mobbing
Requisiti
Ambiente lavorativo Il conflitto deve svolgersi sul posto di lavoro
Frequenza Le azioni ostili devono accadere almeno alcune volte al
mese (salvo caso nel “sasso nello stagno”)
Durata Il conflitto deve essere in corso da almeno 6 mesi; almeno
tre mesi nel caso del Quick Mobbing.
Tipo di azioni Le azioni subite devono appartenere ad almeno due delle
cinque categorie del “LIPT Ege” (salvo caso del “sasso
nello stagno”)
Dislivello tra gli antago-
nisti
La vittima è in una posizione di costante inferiorità
Andamento secondo fasi
successive
La vicenda ha raggiunto almeno la II fase del modello
italiano Ege a sei fasi.
Intento persecutorio Nellavicendadeveessereriscontrabileundisegnovessatorio
coerente e finalizzato, composto da scopo politico, obiettivo
conflittuale e carica emotiva e soggettiva.
Nel 2001 alcuni studiosi italiani afferenti alla Bocconi e alla Clinica del
Lavoro L. Devoto dell’Università di Milano hanno definito il mobbing come
“una forma di molestia o violenza psicologica, ripetuta in modo iterativo,
con modalità poliforme, con caratteri di intenzionalità, per un tempo de-
terminato, arbitrariamente stabilito in sei mesi ma con ampia variabilità
dipendente dalle modalità e dalla struttura di personalità dei soggetti. La
violenza morale è esercitata mediante attacchi contro la persona del lavo-
ratore, il lavoro svolto, la funzione lavorativa ricoperta e, infine, lo status
del lavoratore, da un singolo, generalmente un superiore o, più raramente,
da un gruppo di colleghi.
Nella loro ricerca, in particolare indirizzata verso le origini del Mobbing
dal punto di vista organizzativo e non più solo come una forma particolare
di conflitto interpersonale, propongono tre aspetti, che se presenti insieme,
possono permettere di riconoscere il Mobbing:
9Comunicazione per la prevenzione sulla sicurezza in Igiene del Lavoro
Parametri per il ri-
conoscimento del
Mobbing
Requisiti
Frequenza, multi-
formità e ripetitivi-
tà nel tempo delle
strategie persecu-
torie
Vengono attivate contro la persona mobbizzata almeno tre tipi
di attacchi (Leymann, 1993):
Attacchi alla vita sociale e relazionale
Attacchi allo status e all’immagine sociale
Attacchi alla dimensione professionale.
Crescente intensità
emotiva delle stra-
tegie persecutorie
Escalation dei sintomi nella vittima: sensazione di fastidio e di
allarme, insicurezza sul lavoro e convinzione di essere la causa
del problema, perdita dell’autostima, perdita della capacità di
contrastare il fenomeno, sintomi psico-fisici.
Gli schemi di ruolo La presenza di schemi di ruolo precisi che si ripropongono
sempre.
I protagonisti del mobbing sono solitamente tre:
la vittima/e o mobbizzato/a
il/i persecutore/i o mobber/s
gli spettatori (inclusi i side mobbers)
Vi è differenza tra mobbing e bullying?
Occorre anzitutto dire che nei primi anni ottanta, anche Heinz Leymann
utilizzò il suddetto termine, quando osservò dei comportamenti simili a
quelli sopra descritti nei luoghi di lavoro.
Durante le sue ricerche riguardanti le vessazioni ed i maltrattamenti negli
ambienti lavorativi, egli scelse tuttavia di usare la parola mobbing e non la
parola bullying (già usata in Inghilterra ed Australia), per definire l’oggetto dei
suoi studi, perché i connotati principali del secondo fenomeno sono aggres-
sione fisica e minaccia; mentre la violenza fisica è presente molto raramente
nel comportamento mobbizzante sul luogo di lavoro.
Inoltre quest’ultimo comportamento è praticato in maniera più sofi-
sticata ed accorta, come, per esempio, quando si attua una manovra di
isolamento sociale della vittima o vi sia il fine di allontanarlo dal posto di
lavoro. Ciò non vuol dire che i risultati di questo tipo più sottile di vessazione
siano meno efficaci.
Oggi il termine di bullying ha assunto un significato assai diverso sia in
Europa che nei paesi angolsassoni e per tale motivo si è ritenuto di doverne
discutere in un apposito e separato capitolo anticipando solo il contenuto
più marcatamente violento del “bullo” rispetto alle più subdole strategie
del mobbing.
Quaderni di Medicina ed Igiene del Lavoro, Sicurezza e Prevenzione10
E Leymann ha ritenuto opportuno classificare proprio come mobbing
i problemi interpersonali tra adulti nel campo lavorativo, tralasciando lo
studio di comportamenti pur simili, come il bullying (nei giovani assai
frequente) ed il bossing, che in realtà definirebbero solo una delle molte
facce che può avere il mobbing.
Ilmobbingnellavitalavorativacomprenderelazionierapportiostilidiretti
inmodosistematicodaunoopiùindividuicontro(nellamaggioranzadeicasi)
un singolo individuo, il quale si trova senza aiuto e difesa da questi ripetuti
attacchi e viene tenuto costantemente in una situazione di forte disagio dal
ripetersi delle “mobbing activities” ossia i comportamenti mobbizzanti.
Nella più accettata definizione psicopatologica e medico legale, i com-
portamenti ostili, per essere ritenuti “mobbizzanti” devono ripetersi fre-
quentemente (almeno una volta a settimana) nell’arco di un lungo periodo
di tempo (almeno per sei mesi); ed a causa dell’elevata frequenza e della
durata nel tempo delle “aggressioni psichiche” il maltrattamento risulta
mentalmente, socialmente e psicosomaticamente dannoso.
Pertanto Il mobbing potrebbe essere definito in italiano “vessazione”
o maltrattamenti continuativi per lo più inflitti a subordinati o persone più
deboli (molti studiosi preferiscono però al termine “vessazione” la defini-
zione “terrorismo psicologico”).
Vengono qui esplicitamente esclusi i pur frequenti conflitti temporanei
in ambito lavorativo, che sono del tutto normali, focalizzandosi invece l’at-
tenzione sul punto di rottura in cui la situazione psicologica del soggetto
inizia a presentare dei tratti inquadrabili in una patologia psichiatrica o
psicosomatica.
Ed occorre anche distinguere in definitiva la differenza tra conflitto
momentaneo e mobbing che fa perno non sul cosa viene fatto alla persona
e sul come viene fatto, ma sulla frequenza e sulla durata di qualsiasi cosa
venga fatta alla vittima.
Le prime ricerche complete svolte in Svezia hanno come quesito chia-
ve, infatti, l’interrogativo di quanto debba essere intenso e protratto nel
tempo il “mobbing” in ambito lavorativo, per causare stress o una malattia
psicosomatica.
Quali sono le cause scatenanti del mobbing ?
Le cause scatenanti il mobbing sono da ricercare nella combinazioni
tra dimensioni economico-sociali, dimensioni individuali e dimensioni
11Comunicazione per la prevenzione sulla sicurezza in Igiene del Lavoro
organizzative che insieme possono permettere l’attivazione di un processo
di mobbing.
La prospettiva più interessante per capire come si può prevenire un com-
portamento mobbizzante è leggerlo dal punto di vista sistemico, in quanto i
comportamenti attivati contro una o più vittime si sviluppano all’interno dei
luoghi di lavoro, luoghi dinamici di confronto e scontro, abitati da persone con
ambizioni e aspettative, strutturati da valori e regole sia esplicite che implicite.
Puòessereirrealisticopensarearelazionidicausaedeffettolinearitramobber
e vittima, fermarsi ad aspetti di personalità predittivi o a elementi di gruppo, in
quantoilfenomenodelmobbingrichiedeunapproccioingradodisaperleggere
tutti i livelli della complessità organizzativa.
Diverse ricerche hanno esplorato la relazione tra la presenza di mobbing
e caratteristiche organizzative dimostrando una forte correlazione tra aspetti
disfunzionali e stressogeni nell’organizzazione delle attività lavorative e dina-
miche persecutorie e di esclusione.
Più un ambiente di lavoro è stressante, mancando ad esempio in ruoli
chiari e coerenti, budget sottodimensionati rispetto agli obiettivi imposti,
o sistemi normativi e procedurali non trasparenti più è facile la presenza
di azioni mobbizzanti e viceversa.
Il mobbing è un fenomeno che stressa pesantemente le organizzazio-
ni perché ha forti ricadute negative sul clima aziendale e sull’immagine
esterna.
Per le aziende, competizione e globalizzazione sono causa spesso di nuove
acquisizioni, fusioni, delocalizzazioni, che possono impattare sull’organizzazio
ne del lavoro. Secondo Hoel e Salin (2002) le continue trasformazioni indotte
dall’ambiente esterno possono ritenersi come precursori dell’insorgenza del
mobbing, in termini di ridefinizione continua delle regole, maggiori pressioni e
patti poco chiari tra le persone nei luoghi di lavoro.
Allo stesso modo, uno stile di leadership inconsistente (laissez-faire) è
correlato positivamente con conflitti di ruolo, ambiguità di ruolo e conflitti
tra colleghi di lavoro (Aasland e Hatland, 2007).
Una recente ricerca di Caiozzo e Vaccani (2010) indica come fattori di
rischio predittivi del mobbing uno stile di leadership orientato ai compiti,
al comando autoritario e all’accentramento, un eccesso di livelli gerarchici
aziendalidefinitidall’organigrammaeunabassaformalizzazionedellepratiche
digestionedelpersonale.Unaaziendafortementegerarchizzataepiramidale
può avere maggiore dispersione/distorsione delle comunicazioni organizza-
tive, frantumazione/rallentamento dei processi decisionali, aumento della
Quaderni di Medicina ed Igiene del Lavoro, Sicurezza e Prevenzione12
percezione di distanza dal potere che combinati con gli altri fattori di rischio
rendono più facile la presenza di azioni mobbizzanti.
SecondomoltiautoritracuiBecker(1995),Kihle(1990),Leymann(1992),
Niedl (1995), l’organizzazione del lavoro sarebbe fondamentale per il mante-
nimento degli equilibri tra i lavoratori ed una buona divisione del lavoro.
Questi autori hanno descritto il mobbing come determinato da una
scadente organizzazione della produzione e/o dei metodi di lavoro e da un
management indifferente e/o incompetente.
Ciò è ancora più grave in talune situazioni ove vi è eccesso di lavoro in
senso quantitativo e l’insufficienza di lavoro in senso qualitativo .
Unaltroaspettoèfondamentaleecioèlascadentecapacitàdirisoluzione
dei conflitti da parte della amministrazione del personale (management). Il
ruolo dirigenziale è di fondamentale importanza nel mantenimento di un
sereno clima di convivenza nel luogo di lavoro mantenendo alta la qualità del
lavoro, evitando la alienazione del lavoratore nello svolgimento delle sue man-
sioni, gestendo in maniera idonea i contrasti che possono sorgere in ambiente
lavorativo.
Al contrario, la situazione precipita allorché il management diventa
parte del fenomeno e invece di risolvere il problema, prende parte atti-
vamente alle vessazioni, scegliendo una posizione di attacco nei confronti
del mobbizzato o di sostegno per i mobbers tanto da essere coinvolto in
un comportamento aggressivo di gruppo, quando, invece, dovrebbe sem-
plicemente stroncarlo.
D’altra parte anche quando il manager semplicemente ignora il liti-
gio, il conflitto ha in questo modo più tempo per approfondirsi e subire
un’escalation.
In definitiva, è scadente performance manageriale:
a)	 essere coinvolti nelle dinamiche di gruppo su base egualitaria e
quindi “riscaldarle” ulteriormente;
b)	 negare l’esistenza del conflitto.
13Comunicazione per la prevenzione sulla sicurezza in Igiene del Lavoro
Quali sono le tipologie di mobbing?
Inletteraturaèfacileriscontraremoltedefinizionietipologiedimobbing,
spesso con differenze minime nella spiegazione del fenomeno. Il mobbing
può essere classificato almeno secondo due tipologie precise:
•	 Il mobbing strategico
Il mobbing si definisce strategico quando risponde
ad un preciso disegno di esclusione di un lavoratore
attraverso una precisa e premeditata pianificazione da
parte dell’Azienda. Sono gli stessi vertici aziendali, con
l’ausilio di tutte le leve organizzative e di potere a loro
disposizione a comandare le azioni persecutorie verso
la vittima/e. È la forma di mobbing prevalente in Italia,
spesso caratterizzata da azioni svolte da Manager o su-
periori che mirano a ridicolizzare, umiliare, offendere la
vittima, soprattutto nella sfera professionale.
È presente maggiormente nelle grandi aziende, sia
pubbliche e private. L’instabilità del mercato, la dismissione di un reparto
o la pianificazione delle carriere possono diventare fattori di rischio del
mobbing strategico, in quanto sarà il modo in cui verranno gestite le risorse
umane e le strategie di riorganizzazione attuate a fare la differenza.
•	 Mobbing relazionale
Il mobbing è di tipo relazionale quando riguarda il deterioramento delle
relazioni interpersonali sul lavoro.
Può interessare sia la sfera del potere quanto dimensioni legate alla ge-
losia, diffidenza, antipatia, etc. I parametri elencati sopra lo differenziano da
quellochepuòapparireunsempliceconflittosullavoro.Ilmobbingrelazionale
può essere orizzontale, cioè localizzato tra colleghi dello stesso reparto o tra
ruoli pari, oppure verticale, che nasce dai superiori.
È maggiormente caratterizzato da critiche continue, rifiuto di comu-
nicazioni dirette, comportamenti che mirano a mettere tutto l’ambiente
lavorativo contro la vittima.
Inoltre il mobbing può essere classificato come:
•	 Mobbing discendente
È definito come mobbing discendente l’insieme di vessazioni esercitate
da parte di un superiore verso un sottoposto, sia per motivazioni di tipo
strategico che relazionale. È una tipologia molto diffusa, che facilmente
Quaderni di Medicina ed Igiene del Lavoro, Sicurezza e Prevenzione14
può estendersi anche tra i colleghi, i quali prefe-
riscono assecondare il superiore, o quantomeno
non prendere le difese della vittima, per non
inimicarsi il capo, nella speranza di fare carriera,
o semplicemente per “quieto vivere”.
•	 Mobbing orizzontale
Si definisce invece mobbing orizzontale
quello praticato da parte dei colleghi verso un
lavoratore non integrato nell’organizzazione la-
vorativa, soprattutto come reazione da parte di
una maggioranza del gruppo allo stress dell’am-
biente e delle attività lavorative: la vittima viene
dunque utilizzata come “capro espiatorio” su cui
farricaderelacolpadelladisorganizzazione,delle
inefficienze e dei fallimenti.
•	 Mobbing ascendente
Vi è poi infine il mobbing ascendente, categoria utilizzata quando le
vessazioni sono operate dai sottoposti nei confronti di un capo per dele-
gittimare il suo ruolo ed allontanarlo; anche in questo caso il motivo può
essere sia di ordine strategico che relazionale.
15Comunicazione per la prevenzione sulla sicurezza in Igiene del Lavoro
Quali sono gli effetti del Mobbing?
Gli effetti del mobbing si possono riscontrare su almeno 3 livelli.
1) Effetti sull’individuo
Sono molti i danni alla salute a cui va incontro una persona vittima di
mobbing. Si va da una lista di sintomi a disturbi più complessi, fino al suicidio.
Sono stati riscontrati sintomi di natura fisica, mentale e psicosomatica: per
esempiodisturbidell’equilibriooglisvenimenti,difficoltàdimemoriaodicon-
centrazione, disturbi del sonno, problemi delle funzioni gastriche e digestive,
tensione nervosa e irrequietezza costante, depressione, calo dell’autostima,
fobie. Inoltre si possono riscontrare cambiamenti negli stili di vita, come abu-
so di alcool, tabagismo, sostanze stupefacenti, abuso di farmaci. Per quanto
riguardaidisturbipiùgravisievidenzianoilDisturboPostTraumaticodaStress
e il Disturbo dell’Adattamento. Questi sintomi possono anche persistere per
anni dopo gli avvenimenti che li hanno originati. Altre conseguenze possono
esserel’isolamentosociale,l’insorgerediproblemifamiliariofinanziariacausa
dell’assenza o dell’allontanamento dal lavoro. Si può parlare in questo caso di
Doppio-Mobbing, quando anche la famiglia del mobbizzato, non riuscendo
più a sostenerlo, cerca di allontanarlo dal nucleo famigliare.
È possibile identificare due tipologie di costi economici da affrontare in
caso di effettivo mobbing:
Costi sanitari:
•	 visite mediche specialistiche
•	 indagini diagnostiche
•	 terapia farmacologica
•	 supporto psicologico Costi non sanitari:
•	 spese legali
•	 spese di trasporto
•	 costi per l’aumento dei contatti con altre persone
•	 costi per l’informazione
•	 comportamenti disfunzionali
•	 costi per problemi familiari
2) Effetti sull’Azienda
LaRicercaadoggihaaffrontatopiùvolteiltemadellostress,dellaviolenza
edelmobbingsullavoro,arrivandospessoacorrelarequestifenomeniagli alti
costi aziendali da sostenere in termini di:
Quaderni di Medicina ed Igiene del Lavoro, Sicurezza e Prevenzione16
-	 assenteismo;
-	 aumento dei costi a causa del turnover;
-	 minor produttività;
-	 riduzione della performance lavorativa;
-	 spese di partecipazioni alle spese previdenziali;
-	 aumento dei premi assicurativi;
-	 peggioramento del clima organizzativo.
Secondo Monateri (2000) i danni del mobbing per l’azienda, oltre ad
essere oggettivi e concreti, richiedono un grosso dispendio di energie e
risorse per affrontarli, in particolare se i metodi utilizzati sono subdoli.
Ascenzi e Bergagio (2000) affermano che un lavoratore sottoposto a
violenze psicologiche sul luogo di lavoro ha un tasso di produttività ed
efficienza inferiore del 60%. Egli, inoltre, graverà sul datore di lavoro del
180% in più.
Le ricadute organizzative possono essere riscontrate sia sul gruppo di
lavoro che sul clima organizzativo. In ambienti particolarmente stressoge-
ni, in cui si sono verificati episodi di mobbing, è facile trovare alti tassi di
nervosismo e aggressività. Per quanto riguarda i protagonisti principali, il
mobber e il mobbizzato, i cali delle prestazioni sono evidenti, il primo per il
grande investimento a perseguire il proprio obiettivo, il secondo in termini
di assenteismo e malattia.
Molto spesso l’Alta Direzione tende a sminuire questi eventi, cercando
di tenerli nascosti agli altri dipendenti, o descrivendo gli accaduti come
colpe di una singola persona, ovvero la vittima.
È necessario ricordare, in un mercato in profondo cambiamento, sempre
più legato all’E-Commerce,il tema dell’immaginesocialeedella reputazione
di una azienda. Ancora poco diffusi in Italia, ma sono già presenti siti online
che permettono di raccontare come si vive e come si sta all’interno delle
aziende, sia in termini positivi che negativi. Allo stesso tempo si sottovalu-
tano ancor di più i Forum online delle comunità professionali, luoghi virtuali
in cui è possibile diffondere notizie ed eventi senza il controllo aziendale.
3) Effetti sulla Società
In una ricerca presentata dall’Università di Verona (Romeo, 2008) si af-
frontavano i costi economici ed umani delle violenze psicologiche sul lavoro.
Partendo da una ricerca dell’European Foundation for the Improvement of
Living and Working Conditions del 2005, in cui si stimavano circa 417.975 casi
di mobbing in Italia il Prof. Romeo stimava i costi per la società intorno ai 792
milioni di euro l’anno, dove per costi si intendevano solo quelli relativi al SSN
17Comunicazione per la prevenzione sulla sicurezza in Igiene del Lavoro
(spesa dei farmaci, indagini diagnostiche, interventi di Pronto Soccorso e ai
ricoveri ospedalieri) e agli enti previdenziali (spese per l’assenza per malattie
comparse in concomitanza e/o in conseguenza della situazione di mobbing).
Il lavoro di Romeo partiva da una ricerca sperimentale su 25 casi, in cui aveva
calcolato una spesa media per singolo lavoratore (spese per la collettività) di
1.894 euro all’anno.
Senza contare i costi relativi alla perdita di lavoratori ancora produttivi,
al loro reinserimento nel mondo del lavoro e infine alle problematiche
relative al coinvolgimento dei familiari o di altre persone. Si stimava per
tali aspetti una spesa di circa 3, 96 miliardi di euro l’anno.
Rispetto a questi dati, vale la pena ricordare le stime dell’Agenzia
Europea per la Sicurezza e la Salute nei Luoghi di Lavoro (2002 – EU 15)
che calcolava in 20 miliardi di euro all’anno le spese relative allo stress sul
lavoro e ai rischi psicosociali per assenteismo, frequente avvicendamento
del personale, scarsa puntualità, problemi disciplinari, molestie, riduzione
della produttività, incidenti, errori e aumento dei costi di risarcimento o
assistenza sanitaria.
Non è mobbing se: È mobbing se:
Una singola azione pur riprovevole
Un conflitto generalizzato
Una malattia
Un fenomeno solo collettivo
Una molestia sessuale
Un problema familiare
Se esistono vittime designate
Vi è attacco ai contatti umani
Vi è isolamento sistematico
Vi è cambiamento di mansioni
Vi sono attacchi alla reputazione
Vi è violenza o minacce di violenza
Come viene attuato il mobbing?
La caratteristica di ogni comportamento mobbizzante secondo Ege è la
situazione di inferiorità della vittima, che arriva gradatamente a perdere:
1)	 La sua influenza.
2)	 Il rispetto degli altri verso di lui.
3)	 Il suo potere decisionale.
4)	 Non di rado la salute.
5)	 La fiducia in se stesso.
Quaderni di Medicina ed Igiene del Lavoro, Sicurezza e Prevenzione18
6)	 Gli amici.
7)	 L’entusiasmo sul lavoro.
8)	 Se stesso.
9)	 La sua dignità.
Al fine di determinare se un lavoratore sia una vittima di tale comporta-
mento, e, quindi, corra il rischio di subire le suddette conseguenze, Leymann
ha sviluppato attraverso le sue esperienze un questionario di 45 compor-
tamenti (chiamato L.I.P.T. - Leymann Inventory of Psycological Terro rism)
suddivisi in cinque categorie diverse (illustrate nella tabella che segue).
Naturalmente quella che segue è una elencazione esemplificativa che
dimostra, però, le innumerevoli forme del mobbing.
1) Attacchi alla possibilità
di comunicare:
il capo limita la possibilità di esprimersi della vittima
viene sempre interrotto quando parla
i colleghi limitano la sua possibilità di esprimersi
si urla o si rimprovera violentemente con lui
si fanno critiche continue sul suo lavoro
si fanno critiche continue sulla sua vita privata
è vittima di telefonate mute o di minaccia
è vittima di minacce verbali
è vittima di minacce scritte
gli si rifiuta il contatto con gesti o sguardi scostanti
gli si rifiuta il contatto con allusioni dirette
2) Attacchi alle relazioni
sociali:
non gli si parla più ·
non gli si rivolge più la parola ·
viene trasferito in un ufficio lontano dai colleghi
si proibisce ai colleghi di parlare con lui
ci si comporta come se lui non esistesse
3) Attacchi all’immagine
sociale:
si sparla alle sue spalle
si spargono voci infondate su di lui
lo si ridicolizza
lo si sospetta di essere malato di mente
si cerca di convincerlo a sottoporsi a visita psichiatrica
si prende in giro un suo handicap fisico
si imita il suo modo di parlare o di camminare per
prenderlo in giro
si attaccano le sue idee politiche o religiose
si prende in giro la sua vita privata
si prende in giro la sua nazionalità
lo si costringe a fare lavori umilianti
19Comunicazione per la prevenzione sulla sicurezza in Igiene del Lavoro
si giudica il suo lavoro in maniera sbagliata e offensiva
si mettono in dubbio le sue decisioni
gli si dicono parolacce o altre espressioni umilianti
gli si fanno offerte sessuali, verbali e non
4)Attacchiallaqualitàdella
situazione professionale e
privata:
non gli si danno dei compiti da svolgere
gli si toglie ogni tipo di attività lavorativa, in modo che
non possa più nemmeno inventarsi un lavoro
gli si danno lavori senza senso
gli si danno lavori molto al di sotto della sua qualifica-
zione professionale
gli si danno sempre nuovi compiti lavorativi
gli si danno lavori umilianti
gli si danno compiti molto al di sopra delle sue capacità
o qualificazioni per screditarlo
5) Attacchi alla salute: lo si costringe a fare lavori che nuocciono alla sua
salute
lo si minaccia di violenza fisica
gli si fa violenza leggera per dargli una lezione
gli si fa violenza fisica più pesante
gli si causano danni per svantaggiarlo
gli si creano danni fisici nella sua casa o sul posto di
lavoro
gli si mettono le mani addosso a scopo sessuale
Facendo riferimento, invece, all’esperienza di altri studiosi (Einarsen,
Hoel, Zapf, Cooper, 2003), si riportano alcune azioni negative, dirette o
indirette, a cui è esposta la vittima:
Attacchi alla persona Ad esempio, nsulti, dicerie, maldicenze, scherzi, ridicoliz-
zare, pettegolezzi, etc
Molestie Ad esempio, Posta o telefonate offensive, avance ses-
suali, etc
Attacchi al ruolo Ad esempio, controllo esasperato, mancata comunica-
zione delle informazioni necessarie allo svolgimento del
lavoro, scadenze irragionevoli, carichi di lavoro ingesti-
bili, sottrazione di compiti e responsabilità previste dal
ruolo, trasferimento o spostamento della persona senza
motivazione, etc
Quaderni di Medicina ed Igiene del Lavoro, Sicurezza e Prevenzione20
Per rilevare il mobbing occorre: Sono importanti fattori:
Verificare l’ambiente di lavoro
Verificare la frequenza delle azioni ripro-
vevoli
Stabilire la durata dei comportamenti
non etici
Verificare la tipologia delle azioni
Essere coscienti di un intento persecu-
torio
Le testimonianze dei colleghi
I documenti relativi alle attività di lavoro
Le certificazioni mediche
Le valutazioni dei RLS
Le valutazioni del MC
Quale è l’andamento tipico del mobbing?
Passando dalla descrizione dei singoli comportamenti aggressivi allo
schema dello sviluppo del mobbing nel tempo, Leymann (1990) elabora un
modello a 4 fasi per spiegare la progressiva evoluzione del mobbing.
Il modello, riportato in maniera schematica, prevede:
I Fase: Conflitto quotidiano.
Il conflitto quotidiano, di natura presente nella normale vita organizzativa,
non viene risolto. Nel tempo, può iniziare ad avere una certa frequenza ed in-
tensità, oppure nascondersi in comportamenti apparentemente normali.
È una fase in cui non c’è ancora il mobbing. Può avere una durata va-
riabile (anche molto breve).
II Fase: L’inizio del terrorismo psicologico.
La vittima subisce un processo di etichettamento, da cui è costretta a
stare sempre in una posizione di difesa.
Lo stress quotidiano produce i primi problemi di salute (disturbi psico-
somatici) e iniziano le assenze per malattia.
III Fase: Errori ed abusi da parte della Direzione del Personale.
Si crea il cosiddetto “errore fondamentale di attribuzione”: vale a dire
la tendenza sistematica ad attribuire alle caratteristiche personali del sog-
getto la causa di un determinato fenomeno, e a trascurare il peso dei fattori
contestuali. La Direzione del Personale in concerto con l’Alta Direzione, a
fronte di un problema di assenteismo e clima conflittuale in azienda, vede
nel mobbizzato la causa del problema, la persona non gestibile.
21Comunicazione per la prevenzione sulla sicurezza in Igiene del Lavoro
IV Fase: Esclusione dal mondo del lavoro.
Ilgradualepeggioramentodellasituazione,conilprogressivoisolamento
della vittima, definisce il momento di esclusione dal mondo del lavoro. È la
fase segnata dalle patologie più gravi, in cui si chiede aiuto.
H. Ege (1997) decide di rivedere e adattare il modello di Leymann al
contesto italiano, proponendo un modello a 6 fasi:
Condizione Zero
È la pre-condizione del mobbing. Si vive in una condizione di conflitto
fisiologico socialmente accettato.
Il conflitto è generalizzato, il clima organizzativo sta cambiando verso
dimensioni di ostilità e tensione.
La vittima ancora non è chiara.
Prima fase: il conflitto mirato
Si individua una vittima, vi si dirige la conflittualità generale. Il conflitto
così gestito è mirato all’esclusione della vittima. Gli attacchi sono sia di
natura professionale che di natura privata.
Seconda fase: l’inizio del Mobbing
La vittima prova un profondo disagio e un senso di malessere, per-
cepisce un inasprimento nelle relazioni con i colleghi, e si interroga sul
cambiamento.
Terza fase: primi sintomi psicosomatici
Senso di insicurezza, senso di colpa, insonnia, problemi muscolo schele-
trici, nervosi e digestivi. L’idea del lavoro diventa prevalente e ossessiva.
Quarta fase: errori e abusi da parte dell’Amministrazione del Personale
L’Amministrazione del Personale, come nella fase di Leymann, vede aumen-
tare il numero di assenze per malattia, e decide di richiamare la vittima,
che sentitosi ormai accerchiato peggiora ulteriormente.
Quinta fase: serio aggravamento della salute psicofisica della vittima
La vittima è in uno stato depressivo, è sotto cura farmacologica, ma la
causadelproblemaresta.Icontinuierroridell’Amministrazioneproduconoil
convincimento nella vittima di essere allo stesso tempo causa del problema.
In questa fase lo scivolamento verso il Disturbo Post Traumatico da Stress
o un Disturbo dell’Adattamento è facile, con il rischio di compromettere il
funzionamento psicosociale e lavorativo.
Sesta fase: esclusione della vittima dal posto di lavoro
Dimissioni volontarie, licenziamento, ricorso al pre-pensionamento. È
una fase molto drammatica, in cui possono insorgere manie ossessive, il
desiderio di vendetta sul persecutore o il suicidio.
Quaderni di Medicina ed Igiene del Lavoro, Sicurezza e Prevenzione22
Lo schema, tende a ribadire lo stesso Ege, è teorico e flessibile. Possono
capitare situazioni in cui si salti una fase o si sovrappongano due fasi, oppure
non si superi la terza fase perché la vittima ha una grande resistenza psico
fisica. Rimane comunque lo schema in letteratura più chiaro per riuscire a
ricostruire cosa succede durante un processo di mobbing.
Indicatori di disagio Comportamenti mobbing compatibili
Indice di turnover delle persone
Numero dei permessi per malattia,
esaurimenti nervosi, prepensiona-
menti
Vertenze sindacali per motivi legati
al mobbing
Trasferimenti, sospensioni o procedu-
re disciplinari
Numero di licenziamenti
Spesa per la sorveglianza, il controllo
e le ispezioni ai dipendenti
Numero di denunce per episodi di
mobbing contro persone dell’azienda
o contro l’azienda
Critiche non corrispondenti a realtà
Accuse di scarsi risultai non comprovate da
realtà
Comportamenti per emarginare, escludere,
isolare, delegittimare
Comportamenti intenzionali e ripetuti per
sminuire, ignorare, ridicolizzare idee e opinioni,
rendimento ed esperienza professionale
Chi sono i soggetti del mobbing che partecipano al conflitto?
La dinamica persecutoria coinvolge diversi attori entro un copione
relazionale “in cui la posta in gioco è rappresentata dal dominio sociale
incondizionato” (Vaccani, 2007). Il gioco corale coinvolge il mobbizzato/i,
il mobber/s (i registi e i sicari) e gli spettatori (spettatori “plaudenti” o
“side-mobbers”, spettatori “paralizzati” o indifferenti e spettatori “omertosi
indignati”).
23Comunicazione per la prevenzione sulla sicurezza in Igiene del Lavoro
Colui che subisce le azioni mobbizzanti è definito mobbizzato. È il
soggetto passivo, colui cioè che subisce i comportamenti discriminatori,
mentre il soggetto attivo, quello che pone in atto i comportamenti dannosi
è definito mobber.
Spesso si può trattare di più soggetti, i mobbers appunto, che effettuano
un vero e proprio attacco di gruppo.
Sul luogo di lavoro, sono poi presenti tantissimi soggetti, non classifi-
cabili come mobbizzati o mobbers perché non partecipano direttamente
al fenomeno, che si possono chiamare “spettatori”, e sicuramente hanno
una funzione non trascurabile nell’ambito del mobbing.
Pur non interagendo direttamente nel conflitto, possono fornire al
mobbizzato il sostegno sociale che si aspetta e far cessare le attività mob-
bizzanti, oppure possono disinteressarsi di ciò che accade o addirittura
avallare il mobbing.
In quest’ultimo caso vi sarà un effetto devastante sul mobbizzato, che si
troverà definitivamente solo contro tutti, sempre più vicino alla espulsione
dal mondo del lavoro.
Chi è il mobbizzato?
La vittima del mobbing è una persona che
mostrasintomidimalattia,siammala,siassenta
dal lavoro, si licenzia, è colpita da stress psichico
o fenomeni psicosomatici, attraversa fasi di de-
pressione o manie suicide, definisce il suo ruolo
in termini di passività . Da un lato è convinta di
nonaverecolpa,dall’altrocrededisbagliaresempretuttoemostramancanzadi
fiduciainsé,indecisioneedunsensodidisorientamentogeneraleerifiutaogni
responsabilità per la situazione o accusa distruttivamente se stessa.
Secondo Leymann vittima è colui che crede di esserlo. Si può anche
affermare che chiunque può essere la vittima; soggetti a più alto rischio di
maltrattamenti sono i lavoratori soli e isolati, come una donna in un ufficio
di soli maschi o viceversa, il lavoratore diverso, portatore di handicap, o
straniero. Chi appartienead unaminoranzasarebbepiù soggetto ad attacchi
verso la propria persona oppure il lavoratore che ha successo può essere
ideale candidato al mobbing in quanto la gelosia e l’invidia dei colleghi verso
chi eccelle in ambito lavorativo sono le principali cause di comportamenti
ostili verso costui. Infine il lavoratore nuovo che incontra difficoltà di inse-
Quaderni di Medicina ed Igiene del Lavoro, Sicurezza e Prevenzione24
rimento in un contesto lavorativo in cui gli altri soggetti formano un gruppo
ed il problema più ricorrente è farsi accettare come uno di loro.
È bene sottolineare che chiunque può trovarsi ad essere mobbizzato, e le
caratteristiche di questo soggetto variano a seconda della relazione istaurata
nel proprio contesto organizzativo. Tuttavia, nel tempo sono state delineate
due categorie cosiddette a rischio:
I “diversi” per età, sesso, religione, scolarizzazione, etnia, tendenza
sessuale, appartenenza sociale, rispetto alla maggioranza della popolazione
aziendale. Si tratta di persone facilmente isolabili, spesso singoli individui, o
comunque numericamente inferiori. Possono rientrare in questa categoria
tuttequellefigurechesonorappresentateneglistereotipiepregiudizisocial-
mente condivisi, ad esempio persone che si vestono diversamente, persone
con disabilità o stranieri.
I“devianti”sonoindividuabiliperchénonconformiallaculturaorganizzativa
dominanteinazienda.Rientranoinquestacategoriapersoneconcompetenze
e conoscenze superiori alla media, persone che hanno modalità di approccio
ai problemi differenti rispetto a
quelleconsolidatenell’organizza-
zione,portatoridiculturaevalori
contrastanti con quelli aziendali.
In una azienda con una strut-
tura fortemente piramidale, una
persona non obbediente e in
gradodirisolvereipropricompiti
inmanieraautonoma,anchecon
risultatimaggioririspettoaipropri
colleghi, può rientrare nella cate-
goria dei “devianti”.
Chi è il mobber?
Il comportamento aggressivo che si attua tramite il mobbing può es-
sere tenuto da chiunque, ma, in generale, i mobbers, tra due alternative
di comportamento, scelgono quella più aggressiva e quando si trovano in
una situazione di mobbing si impegnano affinché il conflitto si intensifichi
e prosegua.
Essi conoscono e accettano le conseguenze negative che il mobbing
comporta per la vittima; generalmente non mostrano senso di colpa anzi,
25Comunicazione per la prevenzione sulla sicurezza in Igiene del Lavoro
talvolta sono convinti di fare qualcosa di buono nell’espellere dall’ambito
lavorativo un determinato soggetto e spesso incolpano altri e sono convinti
di aver semplicemente reagito a provocazioni.
Il mobber in definitiva è colui che attiva le strategie persecutorie nei con-
fronti di una o più persone con l’intenzione di escludere dal posto di lavoro la
suavittima/e.Sipossonodistinguerealmenoduefigureprincipalicheinsieme
agiscono nel progetto persecutorio: il Regista e i Sicari.
Il primo ruolo è rappresentato da una figura che lavora più nell’ombra:
questiinbaseallatipologiadelmobbing(relazionaleostrategico)puòessereil
propriocapoounleaderinformaleolastessaorganizzazione.Ègeneralmente
in grado di muovere tutte le leve organizzative a disposizione attivando una
specifica strategia di esclusione delle vittime. Come in un dramma teatrale, i
Registidefinisconoicopionidainterpretare.SonoicosiddettiSicariametterein
scenaleazionimobbizzanti;sitrattadiverieproprigregari,imanager,idirigenti
dell’organizzazione come il direttore del personale o i colleghi dell’ufficio che
fannoproprigliobiettividelRegista.Inotticadiprevenzione,ladifferenziazione
tra registi e sicari è fondamentale, in quanto una strategia che individui e isoli
l’obiettivodelregistapuòplacareladinamicadelmobbing.Viceversa,isolando
i sicari in quanto gregari non si blocca il processo persecutorio.
Quale è il ruolo e chi sono gli spettatori?
Il ruolo degli spettatori, colleghi, superiori, addetti alla gestione del
personale, è essenziale nel sostenere tutta la dinamica del mobbing, come
nella rappresentazione teatrale lo spettatore amplifica o annulla il successo
dello spettacolo. Se l’obiettivo del mobbing è l’esclusione della vittima dal
processo lavorativo attraverso frequenti attacchi alla persona e alla sua
immagine sociale e professionale questo necessita di un pubblico che ne
testimonil’effettivorisultatofinale.Ilruolodellospettatoreèquindiunruolo
attivo,non neutrale, in cui il “non mi interessa”,“non mi riguarda” diventano
comunque comportamenti a sostegno delle azioni mobbizzanti.
Gli spettatori in definitiva sono coloro che, pur non partecipando di-
rettamente al mobbing, lo percepiscono e lo avvertono in quanto prende
vita nell’ambiente in cui essi lavorano. Attraverso il loro comportamento il
conflitto in ambito lavorativo si può dirimere od accentuare. Tutto dipende
dallaloropresadiposizioneneiconfrontidelmobbizzato.Glispettatorisem-
brano non avere nulla a che fare con il mobbing, però sono in contatto con
il mobber, si rifiutano di accettare qualsiasi responsabilità per il mobbing,
Quaderni di Medicina ed Igiene del Lavoro, Sicurezza e Prevenzione26
si vedono e si riconoscono come mediatori tra i protagonisti del conflitto.
Infine essi dimostrano una grande fiducia in sé stessi; esprimono le loro
simpatie per una parte o per l’altra, oppure reagiscono in modo opposto
non volendo assolutamente avere a che fare con nessuna delle due parti
e sovente sono le persone chiave del conflitto.
Chi sono i side-mobbers?
I “side-mobbers”, sono “spettatori plaudenti” che pur restando estranei
agli obiettivi del mobber, con il loro comportamento complice alimentano il
mobbing. Poi si possono definire tutti quegli spettatori che non condividono
il mobbing e sono i cosiddetti spettatori “paralizzati” o “omertosi indignati”,
che con il loro comportamento silenzioso alimentano il conflitto e il senso
di isolamento percepito dalla vittima/e.
Quali sono gli interventi di prevenzione del mobbing?
L’EU-OSHA è in prima linea per la prevenzione dei rischi psicosociali negli
ambienti di lavoro. Quando parliamo di rischi psicosociali si fa riferimento
sia allo stress lavoro correlato che alle violenze e vessazioni nei luoghi di
lavoro.
Le indagini mostrano che il 5% dei lavoratori in Europa hanno riferito
di essere oggetto di molestie/bullismo (2005). In alcuni paesi dell’UE ben
il 10-17% dei lavoratori ha segnalato questo problema.
La prevenzione diventa quindi la strategia principale per ridurre o eli-
minare alla fonte le possibili azioni mobbizzanti sul lavoro.
•	 Parlare di prevenzione significa distinguerla su tre livelli, rispetto allo
stato di effettivo riscontro del problema nell’organizzazione.
•	 Prevenzione primaria: riguarda la riprogettazione del lavoro, lo
27Comunicazione per la prevenzione sulla sicurezza in Igiene del Lavoro
sviluppo di sistemi idonei di comunicazione e
la revisione dei sistemi di valutazione.
•	 Prevenzione secondaria: riguarda in
particolare la formazione, sviluppando compe-
tenze individuali nella gestione dello stress e
dei conflitti.
•	 Prevenzione terziaria: riguarda sistemi
idonei di riabilitazione e ritorno al lavoro e un
aumento di provvedimenti e consulenze riser-
vate ai dipendenti oltre che ad una formazione
comportamentale cognitiva.
La prevenzione, in ottica di sicurezza sul lavoro deve perseguire i se-
guenti obiettivi:
•	 Aumentare la consapevolezza e la comprensione del problema tra
datori di lavoro, lavoratori e autorità pubbliche (come la sanità e le
agenzie di sicurezza, la polizia);
•	 Valutare correttamente i rischi nei luoghi di lavoro;
•	 Formare i dirigenti e i lavoratori a come prevenire e gestire il pro-
blema;
•	 Creare politiche interne (codici etici), sistemi di monitoraggio, ren-
dicontazione e verifica degli eventi non conformi. Trasparenza e
correttezza nelle azioni e determinazioni
Quaderni di Medicina ed Igiene del Lavoro, Sicurezza e Prevenzione28
•	 Migliorare i sistemi di comunicazione interna ed esterna
•	 Offrire sostegno alle vittime.
In primo luogo, deve essere affrontata una valutazione dei rischi per
contribuire a identificare le azioni appropriate. Una buona valutazione dei
rischi di natura psicosociale, secondo l’EU-OSHA, nasce dalla collaborazione
e la partecipazione dei lavoratori e il sostegno del personale dirigenziale,
deve prevedere sia aspetti oggettivi che aspetti soggettivi, un’attenta pia-
nificazione e un approccio graduale al problema. Una valutazione dei rischi
senza applicazione di misure gestionali non ha alcun senso ed è fonte di
ulteriori problemi.
È possibile identificare, secondo l’esperienza e la ricerca, alcuni fattori
di successo nella lotta al mobbing:
•	 L’impegno da parte del datore di lavoro e dei dipendenti nel favorire
un ambiente di lavoro privo di violenza;
•	 descrivere e condividere il tipo di azioni e comportamenti che sono
inaccettabili sul lavoro;
•	 affermare in maniera netta quali sono le sanzioni per chi attua com-
portamenti riferibili al mobbing;
•	 indicare dove e come le vittime possono trovare un aiuto;
•	 impegnarsi ad evitare qualsiasi azione di rappresaglia verso chi de-
nuncia o si definisce mobbizzato;
•	 spiegare la procedura per la presentazione di una denuncia;
•	 fornire i dettagli di consulenza e servizi di supporto e mantenere la
riservatezza.
Datori di Lavoro e i Manager sono chiamati in causa per primi nel gestire il
cambiamento culturale che impone oggi l’affrontare tematiche quali lo stress
e le violenze sul lavoro. Le ricerche dimostrano che i comportamenti dei di-
pendentiseguonolesceltedell’AltaDirezione(Grant,2000),quindisceglierela
sicurezza sul lavoro come priorità aziendale è una soluzione efficace. Secondo
Avallone (2005) sono le scelte e le decisioni organizzative adottate che pos-
sono definire le condizioni di pericolo o di rischio per il benessere psicofisico
dei lavoratori.
Qual’ è il contenzioso che riguarda il mobbing?
Rispetto alla supposta entità dei casi ed al numero delle rivendicazioni
civilistiche , relativamente in pochi casi si hanno esiti sotto il profilo penale
sia per il difficile reperimento dei testi e delle prove sia per il frequente
29Comunicazione per la prevenzione sulla sicurezza in Igiene del Lavoro
apparente rispetto di norme e regolamenti (condizioni “border line”: il
mobbing è comportamento spesso subdolo).
Certo è che in non pochi casi le “prescrizioni” ex Dlgs 758/94 redatte
per carenze che riguardano le condizioni di sicurezza ed igiene del lavoro
anche organizzative (es: prevenzione dello stress) previste dal Dlgs 81/2008
migliorano il clima e possono limitare il mobbing strategico.
Altra considerazione è che l’intervento del MC può essere influente
nell’attenuare situazioni di disfunzione gestionale che favoriscono il mob-
bing.
Ed è anche vero che la maggior parte delle soluzioni si hanno per via
amministrativa o per ricorso al giudice del lavoro o al Tribunale Civile
(demansionamento). Varie esperienze aziendali e pubbliche (comitati
antimobbing,consiglieri di parità, ecc.) sono state attuate per la riduzione
del mobbing. In molti casi è però ancora necessaria, per la piena tutela del
mobbizzato, l’assistenza da parte di un legale.
Quaderni di Medicina ed Igiene del Lavoro, Sicurezza e Prevenzione30
Lostraining:trastressemobbing
Cosa si intende per straining?
Lo Straining, si differenzia dal Mobbing, per il modo in cui è perpetrata
l’azione vessatoria.
Abbiamo ampiamente visto che, per parlare di Mobbing, è necessario
che l’azione di molestia sia caratterizzata da una serie di condotte ostili,
continue e frequenti nel tempo, che venga riscontrato un danno alla salu-
te e, infine, che questo danno possa essere messo in relazione all’azione
persecutoria svolta sul posto di lavoro.
Nello Straining, invece, viene meno il carattere della continuità delle
azioni vessatorie.
Pensiamo, per esempio, al deman-
sionamento, alla dequalificazione,
all’isolamento o alla privazione degli
strumenti di lavoro: si tratta, certa-
mente, di situazioni stressanti che
possono anche causare gravi disturbi
psicosomatici, ma non di azioni ripetute
nel tempo.
Quindi, la differenza fondamentale
tra lo Straining e il Mobbing consiste
nel fatto, che nel primo caso è presente
un’azione unica ed isolata, mentre nel
secondo è fondamentale la continuità
delle azioni vessatorie.
Per parlare di Straining, quindi, è sufficiente anche una sola azione,
purché i suoi effetti siano duraturi nel tempo, come nei casi di demansio-
namento o di trasferimento.
Durante i colloqui con vittime di soprusi e violenze psicologiche sul posto
di lavoro, Ege per primo aveva preso conoscenza che, gran parte dei soggetti
convinti di essere stati mobbizzati, in realtà avevano subito trattamenti
ingiusti e discriminanti sul posto di lavoro che però non avevano assolu-
tamente le caratteristiche del mobbing classicamente inteso ed occorreva
quindi trovare il termine adatto per definire questo tipo di molestie, spesso
isolate,non caratterizzate dai parametri temporali e di gravità del mobbing.
Un termine, la cui valenza non fosse solo descrittiva e pratica, ma anche psi-
31Comunicazione per la prevenzione sulla sicurezza in Igiene del Lavoro
cologica, e quindi in grado di spiegare dettagliatamente alcune temporanee
ma indiscusse sofferenze delle persone sottoposte a queste azioni.
Pertanto, in Psicologia del Lavoro quei conflitti organizzativi non ri-
entranti nel Mobbing ma comunque comprendenti situazioni lavorative
stressanti, ingiuste e lesive, quali per esempio la dequalificazione o isola-
mento professionale, sono definiti con il termine originale ed esclusivo di
Straining”, termine che deriva dall’inglese “to strain”, e letteralmente può
essere tradotto con il significato di “tendere”, “mettere sotto pressione”,
“stringere”. Il significato del verbo inglese “to strain”, è molto vicino a quel-
lo di un altro verbo inglese, “to stress”, ed infatti , il legame tra Straining
e stress occupazionale è evidente, poiché in una situazione di Straining,
l’aggressore o strainer, tenderà, sempre, a far cadere la propria vittima in
una condizione particolare di Stress.
Si tratta, di un tipo di stress, che potrebbe essere definito superiore
rispetto a quello connaturato alla natura stessa del lavoro e alle normali
interazioni organizzative.
Esso, infatti, è diretto nei confronti di una vittima o di un gruppo di vittime
in maniera intenzionale, e con lo scopo preciso di provocare un peggioramento
permanente della condizione lavorativa delle persone coinvolte.
Prima che venisse coniato un termine adatto non solo per indicare
e descrivere questo tipo di conflitto organizzativo, ma anche in grado di
dargli una certa valenza psicologica e giuridica, tra coloro che si ritenevano
vittime di Mobbing, erano presenti vicende lavorative che non rientravano
oggettivamente in questo fenomeno.
Stando così le cose, questi lavoratori non erano in grado di sostenere
le loro ragioni in tribunale, e quindi, non era loro riconosciuto il relativo
danno causato dalle vessazioni subite.
È, infatti, innegabile che, una persona demansionata e umiliata per un
lungo periodo di tempo, soffre a livello di autostima, di socialità e di quali-
tà della vita, riportando un danno esistenziale, oltre che professionale ed
eventualmente biologico.
Lo Straining, è dunque, una condizione psicologica posta a metà strada
tra il Mobbing e il semplice stress occupazionale.
Vediamo adesso come si può riconoscere una situazione di Straining:
I sette parametri per riconoscere lo Straining (Ege):
Quaderni di Medicina ed Igiene del Lavoro, Sicurezza e Prevenzione32
Parametri per il riconoscimento dello
Straining
Requisiti
Ambiente lavorativo Il conflitto deve svolgersi sul posto di lavoro
Frequenza Le conseguenze dell’azione ostile devono
essere costanti
Durata Il conflitto deve essere in corso da almeno
sei mesi
Tipo di azioni Le azioni subite devono appartenere ad alme-
no una delle cinque categorie del “LIPT Ege”
Dislivello tra gli antagonisti La vittima è in una posizione costante di
inferiorità
Andamento secondo fasi successive La vicendaharaggiuntoalmeno laII fase (“Con-
seguenza percepita come permanente”) del
Modello Ege di Straining a quattro fasi
Intento persecutorio Nella vicenda devono essere riscontrabili uno
scopo politico e un obiettivo discriminatorio
Lo Stalking:
cacciatori in cerca di prede
Cosa si intende per stalking?
Comportamenti, come telefonate, atti verbali o gestuali, sms, e-mail,
“visite a sorpresa”, invio di fiori, cartoline,scritti o regali, quasi sempre pos-
sono essere interpretati come segni di affetto, amicizia o apprezzamento,
ma possono anche talora trasformarsi in forme vessatorie o di persecuzione
se non graditi. Queste forme di “attenzione” in alcuni casi sono asfissianti al
punto da interferire nella libertà e violando la privacy della persona oggetto
dellestesse,intalunicasispaventandoocreandoproblemipsicologici,stress
o vere e proprie patologie in chi ne è destinatario. Stalking, che in lingua
inglese di “appostarsi”, configura di fatto la tipologia e l’atteggiamento di un
soggetto che pratica volontariamente molestie assillanti verso una “preda”
ed è quindi definibile come “stalker”.
33Comunicazione per la prevenzione sulla sicurezza in Igiene del Lavoro
Il molestatore assillante o “stalker”:
Può essere chiunque.
•	 un conoscente con cui si hanno rapporti amicali, relazioni o contatti professionali
•	 unperfettosconosciutoconcuicisièscontratiosonointercorsianchefugacirapporti
casuali
Come avviene lo stalking?
Pedinamento, vessazioni e atteggiamenti
persecutori possono palesarsi in modo occa-
sionale o sporadico oppure possono essere
insistenti e sgradevoli. In tal caso sono mani-
festazioni di un fenomeno psicologico e sociale
definito anche come “sindrome del molesta-
tore assillante”, “inseguimento ossessivo” o
anche obsessional following.
Quali sono le caratteristiche dello stal-
ker?
Lo stalker o “molestatore assillante” è colui che mette in atto le condotte
vessatorie ed ha come caratteristica comune ed assolutamente tipica una
serie complessa di atteggiamenti e comportamenti che vengono sinteti-
camente ricompresi nel termine “fare la posta” e che includono l’attesa
l’osservazione,ilseguire,controllare,raccogliereinformazionisulla“vittima”
e sui suoi movimenti o interessi.
Vi sono diverse categorie di stalkers?
Vi sarebbero due categorie di compor-
tamenti attraverso i quali si può attuare lo
stalking.Anzituttolecomunicazioniintrusive,
comportamenti che hanno lo scopo di tra-
smetteremessaggisulleproprieemozioni,sui
bisogni,sugliimpulsi,suidesideriointenzioni,
siarelativiastatiaffettiviamorosicheavissuti
di odio, rancore o vendetta.
Quaderni di Medicina ed Igiene del Lavoro, Sicurezza e Prevenzione34
Imetodidipersecuzioneadottati,sono“distorte”formedicomunicazione
che vengono messe in atto mediante strumenti tecnologici come telefono,
lettere, sms, e-mail o anche con sistemi diversi come scritte, graffiti o mu-
rales.
Altro tipo di comportamenti sono quelli di contatto-confronto costituiti
appuntodacontatti,chepossonoessereattuatisiaattraversocomportamenti
di controllo diretto, quali ad esempio pedinare o sorvegliare, che mediante
comportamentidiconfrontodiretto,qualivisitesottocasaosulpostodilavoro,
minacce o aggressioni.
In ogni caso, quasi mai si ritrovano due tipologie separate e “pure” di
stalkers, ma la gran parte delle volte si rilevano invece molestie in forme
miste in cui la prima tipologia di comportamenti precede spesso la seconda
specie di azioni.
Quali sono le caratteristiche delle molestie e degli stalkers?
Lo stalking si estrinseca mediante una vasta gamma di comportamenti
sempre però basati sulla comunicazione e/o sul contatto, ma caratterizzati
da ripetizione, insistenza e intrusività (Curci, Galeazzi, 2001).Secondo alcuni
AA. esisterebbero diverse categorie o tipologie di stalkers (ad esempio “il
risentito” che cerca vendetta per un torto o di un danno , portato a “giu-
stificare” qualsiasi comportamento inclusa la lesione dell’immagine della
persona dalla quale ritiene essere stato offeso, “il bisognoso d’affetto”,alla
ricerca di una improbabile relazione con una vittima scelta perché,ad una
superficiale valutazione, è stata ritenuta particolarmente vicina o “partner
ideale”, ed il cui rifiuto viene reinterpretato come una tacita richiesta di
aiuto per sbloccarsi o superare qualche supposta difficoltà, “il corteggiatore
incompetente” con scarsa o inesistente capacità relazionale e comporta-
menti espliciti anche aggressivi,inurbani, offensivi , volgari o scortesi che
però non persiste generalmente a lungo in atteggiamenti persecutori salvo
riproporli poi verso altri, “il respinto” che diventa stalker a seguito di un
rifiuto e non si lascia generalmente intimorire dalle reazioni della vittima
perché “la persecuzione rappresenta per lui comunque una sorta di con-
tatto o relazione rispetto alla perdita totale giudicata intollerabile. Infine il
soggetto definito “predatore” mira ad avere rapporti sessuali con la vittima
che può pedinare, inseguire o spaventare. La paura può stimolare questo
stalker che prova un senso di potere nell’organizzare le vessazioni.
35Comunicazione per la prevenzione sulla sicurezza in Igiene del Lavoro
Lo stalking incide nei luoghi di lavoro o è connesso solo agli ambienti
di vita?
Secondo le statistiche attuali degli Stati Uniti e del Dipartimento del
Lavoro, l’omicidio è la principale causa di morte per le donne sul posto di
lavoro, e una delle principali cause di morte per gli uomini. Molte di queste
morti sono il risultato di vessazioni stalking-compatibili. Gli studi hanno
scoperto che uno su sei crimini violenti in America si verifica sul posto di
lavoro, pari a circa 1 milioni di reati all’anno. Certo è che negli USA come
anche in Italia, lo stalking inteso in relazione alle vittime sul lavoro, è un
problema abbastanza nuovo per le aziende. Molti manager e supervisori
non sanno come affrontare e reagire al pericolo, mentre spesso neanche
le vittime trovano la comprensione e la protezione di cui hanno bisogno. A
fronte di tale situazione, i manager stanno finalmente iniziando a riconosce-
re la gravità del problema e la violenza sul posto di lavoro è stata classificata
come la preoccupazione numero uno dei dirigenti di 1000 aziende.
Le vittime di stalking necessitano della collaborazione del datore di
lavoro ma molte aziende rifiutano ostinatamente di pensare che i dipen-
denti possano essere in pericolo. Ed ancora, molti datori di lavoro vedono
lo stalking come un problema personale, degli ambienti di vita e non un
problema dell’Azienda in cui dovrebbero essere coinvolti. E se molti omicidi
sul lavoro sono una diretta conseguenza dello stalking, la maggior parte
delle aziende dovrebbe addestrare i loro manager per evitare le molestie
sessuali; invece la formazione viene usata molto poco solo nel contrastare
la violenza sul posto di lavoro, ed in particolare lo stalking.
Per molte vittime di stalking con la qualifica di sottoposti o impiegati,
la preoccupazione non è più se conserveranno il loro impiego o se saranno
e licenziati, ma piuttosto se saranno molestati o subiranno violenza sul
Quaderni di Medicina ed Igiene del Lavoro, Sicurezza e Prevenzione36
lavoro da uno stalker. Tra l’altro molte vittime, per l’imbarazzo e la paura,
sono riluttanti a parlare con dirigenti e colleghi su condotte stalkizzanti.
Nonostante ciò, non si dovrebbe aver paura di informare la dirigenza se
un molestatore si palesa. Si dovrebbe anzi, per quanto possibile, ottenere
quante più informazioni possibile sullo stalking condividendole con diri-
genti, collaboratori, preposti, medici competenti, RSPP ed altro personale
di sicurezza.
D’altra parte la caratterizzazione dello stalking negli ambienti di lavoro
è un pericolo reale per molte vittime di stalking: spesso però i colleghi ed i
superiori della vittima sembrano ignorarlo. Mentre è molto importate per la
vittima spiegare al proprio capo ciò che sta accadendo ed occorrerebbe ad
esempio mostrare le foto, se possibile, dando una descrizione dello stalker,
con tutte le informazioni che possono essere utili per identificare il mole-
statore. Si pensi a quale sottile tortura possa rappresentare per la vittima
l’avere un collega che esercita un controllo intrusivo su auto, movimenti,
amicizie e telefonate personali sul posto di lavoro.
Un elemento fondamentale per la lotta a questo fenomeno appare
dunque la consapevolizzazione e la formazione dell’Azienda sulle tematiche
dello stalking, elemento che costituisce la migliore garanzia di protezione
per tutti.
Quali sono le figure più aggredite dagli stalkers?
Molte persone che subiscono molestie assillanti sono donne di un’età
più frequentemente compresa tra i 18 e i 24 anni. Tuttavia, alcuni tipi di
persecuzioni, quali ad esempio quelle legate al risentimento o alla paura di
perdere la relazione che nasce dall’essere respinti, sono rivolte principal-
mente a donne tra i 35 e i 44 anni. Come già detto, i luoghi di lavoro sono
spesso occasione di rapporti tra colleghi.
Categorie sociali a rischio di stalking,
come lo sono gli appartenenti alle cosid-
dette “professioni d’aiuto”, professionisti
cioè che entrano in contatto con bisogni
profondi di aiuto dellepersone(assistenti
sociali, medici, infermieri e psicologi) che
possono facilmente divenire vittime di
proiezioni di affetti e relazioni interio-
rizzate. Anche le eccessive speranze di
37Comunicazione per la prevenzione sulla sicurezza in Igiene del Lavoro
alcuni “pazienti” possono essere tradite dalla quotidianità professionale e
lo stalking diventa una domanda di attenzione o una ricerca di vendetta per
l’attribuzione di responsabilità sulla salute o sulla vita propria o dei propri
cari. Peraltro secondo l’ISTAT in Italia le donne fatte oggetto di comporta-
menti persecutori (telefonate, lettere, pedinamenti e atti vandalici) che
rientrano nel cosiddetto ‘stalking‘, (dall’inglese “to stalk”: fare la posta),
sono 2.077 mila, 937 mila delle quali è stata vittima anche di violenza
fisica o sessuale. In Italia l’86% delle vittime dello stalking è una donna tra
i 18 ed i 24 anni (20%), tra i 35 ed i 44 (6,8%) o dai 55 anni in poi (1,2%).
Un’indagine australiana ha osservato, in un sondaggio a 6300 donne, che
è più probabile che la molestia sia commessa da un uomo e risulta inoltre
che il 2,6% delle vittime sposate o legate stabilmente riferisce non solo
che il reo risulta essere il coniuge o l’ex-partner, ma anche di aver subito
violenza da questi. La violenza fisica, spesso di natura sessuale, è un tratto
distintivo della vita della vittima.
Lo stalking è in crescita?
La risposta è affermativa. La crescita avviene specie con la posta elettro-
nica (Eurispes = 80% dei casi) e con le chat. L’analisi condotta dalla Polizia di
New York ha mostrato su un campione di casi dal 1996 al 2000 una tipologia
ricorrente di molestatore (maschio, 25 anni) e di vittima (donna, 35 anni) e
l’utilizzo primario dell’email come strumento di stalking. Gli stalker hanno
anche realizzato pagine web, inserendovi messaggi intimidatori indirizzati
alla vittima o informazioni riservate o pubblicizzando falsi servizi erotici
della vittima o messa on-line foto della vittima, relative ad una pregressa
relazione o scattate di nascosto, durante un appostamento. Si segnala a
tale proposito che alcuni eventi processuali nel nostro Paese hanno resa
nota l’attività di stalking effettuata tramite la posta elettronica interna da
parte di dirigenti nei confronti di subordinati.
Come è punibile lo stalking?
Anzitutto lo stalker può essereunapersonanormalissima. In partealcuni
possono avere turbe psichiche, essere narcisisti, paranoici, borderline, ma
spesso sono persone ‘normali’, ex partner, mariti che hanno avuto una
Quaderni di Medicina ed Igiene del Lavoro, Sicurezza e Prevenzione38
situazione triste familiare, che sono stati lasciati, e impegnano tutte le loro
energie per dare fastidio.
Lo stalking oggi ha un profilo automomo che è quello dell’art. 612-bis
CP. - (Atti persecutori). «È punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni
chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da ca-
gionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare
un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di
persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero a costringere lo
stesso ad alterare le proprie abitudini di vita. La pena è aumentata se il fatto
è commesso dal coniuge legalmente separato o divorziato o da persona che
sia stata legata da relazione affettiva alla persona offesa. La pena è aumentata
fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di donna in stato
di gravidanza o di un soggetto con disabilità, ai sensi dell’articolo 3 della legge
5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi, o da persona travisata, o con scritto
anonimo. Il delitto è punibile a querela della persona offesa e termine per la
proposizione della querela è di sei mesi. Si procede tuttavia d’ufficio se il fatto
è commesso nei confronti di un minore o di persona con disabilità, ai sensi
dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché quando il fatto è
connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio».
Fino a quando non è esposta querela per il reato di cui all’articolo 612-
bis del codice penale, la persona offesa può esporre i fatti all’autorità di
pubblica sicurezza avanzando richiesta al questore di ammonimento nei
confronti dell’autore della condotta. La richiesta è trasmessa senza ritardo
al questore.
Ed il questore, assunte se necessario informazioni dagli organi investi-
gativi e sentite le persone informate dei fatti, ove ritenga fondata l’istan-
za, ammonisce oralmente il soggetto nei cui confronti è stato richiesto il
provvedimento, invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge
e redigendo processo verbale. Copia del processo verbale è rilasciata al
richiedente dell’ammonimento e
al soggetto ammonito. Il questo-
re valuta l’eventuale adozione di
provvedimenti in materia di armi
e munizioni.
Il giudice poi può procedere ad
ulterioriazioni«Art.282-ter.-(Divieto
di avvicinamento ai luoghi frequen-
tati dalla persona offesa). - 1. Con il
39Comunicazione per la prevenzione sulla sicurezza in Igiene del Lavoro
provvedimento che dispone il divieto di avvicinamento il giudice prescrive
all’imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequen-
tati dalla persona offesa ovvero di mantenere una determinata distanza da tali
luoghi o dalla persona offesa. 2. Qualora sussistano ulteriori esigenze di tutela,
il giudice può prescrivere all’imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati
abitualmente frequentati da prossimi congiunti della persona offesa o da per-
sone con questa conviventi o comunque legate da relazione affettiva ovvero di
mantenere una determinata distanza da tali luoghi ovvero da tali persone. 3.
Il giudice può, inoltre, vietare all’imputato di comunicare, attraverso qualsiasi
mezzo, con le persone di cui ai commi 1 e 2. 4. Quando la frequentazione
dei luoghi di cui ai commi 1 e 2 sia necessaria per motivi di lavoro ovvero
per esigenze abitative, il giudice prescrive le relative modalità e può imporre
limitazioni....».Aquestoreatopossonoaggiungersiquellidi ingiurie, minaccia
e altri. Il Tribunale di Milano, con la sentenza del 15 marzo 2001, ha ricono-
sciuto il danno esistenziale di una vittima di stalking, riconoscendo quindi il
diritto al risarcimento secondo l’art. 2059 c.c.
La sentenza 16148/07 della Cassazione stabilisce che il datore di lavoro
che, a conoscenza di atti vessatori messi in atto da suoi dipendenti, non
fa nulla per impedirli, è responsabile per inadempimento contrattuale e
violazione dell’art. 2087 del Codice Civile e può essere quindi chiamato a
risarcire i danni.
Quali sono le misure di prevenzione da adottare per lo stalking?
Innanzitutto, inutile negare il problema. Spesso, dal momento che
nessuno vuole considerarsi una “vittima”, si tende a evitare di riconoscersi
in pericolo, finendo per sottovalutare il rischio e aiutando così lo stalker. Il
primo passo è allora sempre quello di riconoscere il problema e di adottare
delle precauzioni maggiori rispetto a quelle adottate dalle persone che non
hanno questo problema. Occorre informarsi sull’argomento e comprendere
i rischi reali, seguendo dei comportamenti volti a scoraggiare, quando è
possibile, gli atti di molestia assillante. Se la molestia consiste nella richiesta
di iniziare o ristabilire una relazione indesiderata, è necessario essere fermi
nel “dire di no” una sola volta e in modo chiaro. Altri sforzi di convincere
il proprio persecutore insistente, comprese improvvisate interpretazioni
psicologiche che lo/la additano come bisognoso di aiuto e di cure, saranno
lette come reazioni ai suoi comportamenti e quindi rappresenteranno dei
rinforzi, in quanto attenzioni. Anche la restituzione di un regalo non gradito,
Quaderni di Medicina ed Igiene del Lavoro, Sicurezza e Prevenzione40
una telefonata di rabbia o una risposta negativa ad una lettera sono segnali
di attenzione che rinforzano lo stalking.
Comportamenti molto efficaci per difendersi dal rischio di aggressio-
ni sono quelli prudenti in cui si esce senza seguire abitudini routinarie e
prevedibili, in orari maggiormente affollati e in luoghi non isolati, magari
adottando un cane addestrato alla difesa, un modo che si è rivelato molto
utilesiacomeconcretadifesacheperaumentarelasensazionedisicurezza.Se
le molestie sono telefoniche non cambiare numero. Anche in questo caso, le
frustrazioni aumenterebbero la motivazione allo stalking. È meglio cercare di
ottenereunasecondalinea,lasciandochelavecchialineadiventiquellasucui
ilmolestatorepuòcontinuareatelefonare,magarimentreazzeratelasoneria
e rispondete gradualmente sempre meno. Per produrre prove della molestia
alla polizia, non lasciarsi prendere dalla rabbia o dalla paura e raccogliere più
dati possibili sui fastidi subiti.
È utile mantenere sempre a portata di mano un cellulare in più per
chiamare in caso di emergenza e se si pensa di essere in pericolo o segui-
ti, non andare mai di corsa a casa o da un amico, ma recarsi dalle forze
dell’ordine.
Quali possono essere le conseguenze dello stalking?
Purtroppo spesso i comportamenti di stalking possono essere protratti a
lungo con conseguenze psicologiche negative principalmente per la vittima,
ma anche per chi lo agisce e, talvolta, per chi lo osserva.
La vittima, per quanto possa essere breve il periodo in cui viene per-
seguitata, rischia di conservare a lungo delle vere e proprie ferite. Le con-
seguenze dello stalking infatti, per chi lo subisce, sono spesso diverse e si
trascinano per molto tempo cronicizzandosi. In base al tipo di atti subiti e
alle emozioni sperimentate possono determinarsi stati d’ansia e problemi
di insonnia o incubi, ma anche flashback e veri e propri quadri di Disturbo
Post Traumatico da Stress.
Lo stalker che agisce compulsivamente tende a seguire i propri bisogni
e a negare la realtà, danneggiando progressivamente la propria salute
mentale e la qualità della propria vita sociale che si deteriorano sempre di
più, via via che la persecuzione si protrae nel tempo.
Ed ancheil pubblico degli episodi di stalkingpuò essereil ristretto pubbli-
co familiare che, identificandosi empaticamente alla vittima, può sviluppare
preoccupazioni per la persona cara o forme vicarie di paura ed ansia.
41Comunicazione per la prevenzione sulla sicurezza in Igiene del Lavoro
Molestie sessuali
Cosa sono le molestie sessuali?
Spesso affiancato al tema dello stakling è possibile trovare il tema
delle molestie sessuali. Secondo le disposizioni UE per “molestie sessuali”
si intende ogni comportamento indesiderato a connotazione sessuale o
qualsiasi altro comportamento basato sul sesso che offenda la dignità delle
donne e degli uomini nel mondo del lavoro ivi inclusi atteggiamenti male
accetti di tipo fisico, verbale o non verbale. La caratteristica essenziale sta
nel fatto che si tratta di un atto indesiderato da parte di chi lo subisce e
che spetta al singolo individuo stabilire quale comportamento egli possa
tollerare e quale sia da considerarsi offensivo. È un fenomeno che colpisce
di preferenza le donne e il molestatore non è un individuo socialmente
deviato” (Ministero dell’Interno).
Secondo una recentissima ricerca sul tema delle molestie e violenze
sessuali condotta in Europa nel 2011 su 21.516 studentesse universitarie,
in Italia almeno il 69% delle intervistate ha dichiarato di aver subito una
molestia sessuale almeno una volta nella vita. E le medie sembrano anche
alzarsi per altri paesi europei quali la Spagna (70%), la Germania (80%), il
Regno Unito (84,4%). La stessa ricerca inoltre, mostra come le differenze
al livello di paesi europei siano dovuti non tanto ad un’effettiva maggiore o
minore presenza del fenomeno quanto ad una maggiore o minore capacità
di riconoscerlo, gestirlo e governarlo.
Le molestie sessuali infatti hanno una forte connotazione “culturale”,
per cui situazioni apprezzamenti verbali, sguardi insistenti, battute allusive
possono venire decodificati come molestia a seconda dei contesti e delle
relazioni che intercorrono tra i soggetti coinvolti.
Anche le reazioni delle vittime di molestie possono variare in base ai
contesti e alle situazioni. Laddove però il soggetto molestato percepisca un
disagio, questo può variare da un continuo stato di ansia e insicurezza fino
all’insorgenza di un disagio psicologico grave, fino a fenomeni di rifiuto di
uscire e di relazionarsi con gli altri.
In generale però è possibile dire che la caratteristica distintiva di una
molestia sessuale è che si tratta di un atto indesiderato per chi lo subisce.
Spetta dunque al soggetto definire qual è il limite oltre il quale un compor-
tamento diventa offensivo o violento.
Quaderni di Medicina ed Igiene del Lavoro, Sicurezza e Prevenzione42
Molestie sessuali sul lavoro
Quando si è sul posto di lavoro, il disagio connesso alle molestie sessuali
possono manifestarsi con fenomeni di allarmismo e insicurezza della vittima
sul possono di lavoro fino a ricorrenti assenze per malattia del soggetto
vittima di molestie, il quale – non trovando altre vie d’uscita dal problema,
non può far altro che allontanarsi dal luogo in la minaccia è più presente.
Comportamenti definibili come “molestie sessuali”, possono provenire
da colleghi oppure dal datore di lavoro, possono verificarsi nei confronti
delle donne e in alcuni casi, pur se meno frequenti, anche degli uomini.
Apprezzamenti, contatti fisici più o meno apparentemente causali, am-
miccamenti, richieste esplicite o implicite di avanzamenti o miglioramenti
della propria carriera in cambio di favori sessuali sono tutti comportamenti
che possono essere definiti molestie sessuali, se il destinatario di queste
condotte le vive come violenze e/o azioni inopportune.
Le molestie sono infatti da differenziare rispetto al semplice “corteg-
giamento”, che è un comportamento che implica il consenso di tutti i
partecipanti alla relazione.
Una forma particolarmente violenta di molestia sessuale è quella che
avviene attraverso il ricatto (rispetto al proprio posto di lavoro, ruolo, fun-
zione aziendale, etc.), che fa percepire alla vittima di essere “in trappola”.
Cosa dice la Legge in tema di molestie?
Al livello giuridico, la molestia sessuale è considerata allo stesso modo
di un offesa della persona per la vittima ed esistono strumenti di tutela e
di difesa individuali (rif. n. 2087 del c.c.; art. n. 260 del c.p.; leggi n. 300/70
e n. 125/91).
Una proposta di legge approvata dal Senato definisce sia l’oggetto che il
campodiapplicazionedellemolestieestabiliscechequest’ultime,influendo
sulle decisioni che riguardano il rapporto di lavoro, sono considerate com-
portamentidiscriminatori.Dunque,“ogniattoottenutoconcomportamento
scorrettoèannullabileeogniattoderivantedaattodiscriminatoriopersesso
derivante dalla molestia è considerato nullo” (Ministero dell’Interno).
Laddove il molestatore sia il datore di lavoro la vittima ha diritto a
recedere dal contratto per giusta causa e deve essere risarcita con una
indennità proporzionata alla gravità del comportamento molesto subito.
Ogni datore di lavoro pubblico o privato è tenuto ad adottare iniziative
43Comunicazione per la prevenzione sulla sicurezza in Igiene del Lavoro
adeguate per la formazione, l’informazione, la prevenzione delle molestie
sessuali, tutelando i lavoratori dal rischio di riceverle.
Cosa dovrebbe fare un datore di lavoro davanti al rischio di mole-
stie?
Attraverso misure di prevenzione e informazione dei lavoratori il datore
di lavoro o il dirigente dovrebbe creare un clima di fiducia in cui sia possibile
parlare, discutere ed eventualmente denunciare casi di molestie. Andrebbe
altresì sottolineato che tutti i dipendenti hanno il dovere di collaborare al
mantenimento di un ambiente di lavoro in cui sia rispettata la dignità di
ognuno,mentrelaoildipendentecheabbiasubitomolestieosiasottoposto
a comportamenti indesiderati o discriminatori a sfondo sessuale ha diritto
all’interruzione dei comportamenti molesti nei suoi confronti.
Hazing: rituali e vessazioni
Che cosa si intende per Hazing?
Hazing è il termine usato per descrivere vari rituali e altre vessazioni che
comprendonomolestie,abusioumiliazioneutilizzatecomesistemadiiniziazio-
ne di una persona in un gruppo. È praticato oggi in diversi gruppi come, club,
squadre sportive, unità militari, e luoghi di lavoro anche qualificati negli Stati
Uniti e in Canada.
Si tratta di pratiche spesso vietate dalla legge che
possono consistere in pratiche degradanti sia fisiche
(vessazioni violente) che mentali.
Possono spesso essere caratterizzate anche da
immagini o atteggiamenti di nudo o di attività ses-
suali vissute come “abuso”
Esiste lo Hazing in Europa?
Lo Hazing è assimilato a termini come ‘battesimo’ (baptême francese) o
rito di passaggio per matricole (Bizutage) o una combinazione di entrambi,
come nel finlandese mopokaste (letteralmente “battesimo del ciclomoto-
Quaderni di Medicina ed Igiene del Lavoro, Sicurezza e Prevenzione44
re”). In svedese, il “nollning”, è “azzeramento”. In Spagna, la “novatada”
significa nuovo arrivato e in Portogallo “praxe”, significa “abitudine”. Spes-
so la prova più grave, è una sessione orgiastica collettiva, che può essere
chiamata la notte l’inferno, ma alcune tradizioni si impegnano a mante-
nere il terrore per un lungo periodo (un termine comune per i candidati
è l’iniziazione; termini alternativi sono newbie, rookie, soprattutto in USA
nelle squadre di atletica). Lo Hazing è stato segnalato in una vasta gamma
di contesti sociali ed è stato apparentemente usato come un metodo per
promuovere lealtà e cameratismo di gruppo attraverso la sofferenza con-
divisa con altri partecipanti
Come avviene lo Hazing e quali sono i rituali?
Lo Hazing viene praticato spesso nelle squadre sportive dei campionati
dilettanti o junior di club professionistici per avviare nuovi membri, anche
in gruppi di lavoro, soprattutto quando i candidati sono più giovani rispetto
al resto dei dipendenti o degli impiegati. Hazing può determinarsi in gruppi
selettivi di lavoratori sia in aziende private che in Pubbliche Istituzioni; le
pratiche di hazing sono più comuni (ma non limitate) alle scuole del Nord
America, Svezia, ai colleges inglesi ed alle università in generale, anche in
piccole istituzioni.
Altri gruppi che hanno rituali hazing sono i tifosi ed i fan club, gruppi
sociali, società segrete. Sebbene i rituali di hazing possano essere poco
noti, essi possono comunque essere molto diffusi, anche in piccoli gruppi
di lavoratori addetti ad attività particolari, e costituiscono quasi sempre
motivo di sofferenza per chi li subisce.
Quali tipologie di vessazioni in particolare si possono realizzare ed
in quali contesti lavorativi?
Forze Armate, corpi di vigilanza di vari paesi hanno da tempo o rituali
di hazing, con violenze e punizioni. In USA è difficile che esistano ancora
pratiche di hazing salvo per unità particolari ma i rituali sono frequenti
nei college militari o nelle istituzioni gestite come in ambito militare (es:
ospedali, strutture di aiuto ed assistenza). Le pratiche di Hazing nell’esercito
russo sono denominate “Dedovshchina”. In Italia alcune forma di hazing
sono ricondotte alle pratiche vessatorie note come “nonnismo”.
Forze di polizia, o con tradizione paramilitare (squadre della morte,
I problemi collegati alle vessazioni psicologiche nel mondo del lavoro: costrittività, straining, mobbing, stalking, molestie sessuali, bulliyng ed hazing
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I problemi collegati alle vessazioni psicologiche nel mondo del lavoro: costrittività, straining, mobbing, stalking, molestie sessuali, bulliyng ed hazing

  • 1. 1Normativa, prevenzione ed attuazione della prevenzione incendi1Il primo soccorso in azienda I problemi collegati alle vessazioni psicologiche nel mondo del lavoro: costrittività, straining, mobbing, stalking, molestie sessuali, bulliyng ed hazing 6 Società Editrice Universo R O M A Quaderni di Medicina ed Igiene del Lavoro, Sicurezza e Prevenzione Agostino Messineo
  • 2. Quaderni di Medicina ed Igiene del Lavoro, Sicurezza e Prevenzione2 Tutti i diritti riservati Le copie non firmate da almeno uno degli Editors saranno ritenute contraffatte © Copyright Società Editrice Universo s.r.l. Via G.B. Morgagni, 1 – 00161 Roma Tel.: 06.44231171 - 06.4402053/4 Fax: 06.4402033 seu@seu-roma.it www.seu-roma.it Iª Edizione 2012 Editors “Quaderni di Medicina ed Igiene del Lavoro, Sicurezza e Prevenzione” Agostino Messineo Direttore Dipartimento di Prevenzione ASL RMH Luigi Marsella Professore Associato di Medicina Legale, Università di Tor Vergata, Roma volume 6 : “I problemi collegati alle vessazioni psicologiche nel mondo del lavoro: costrit- tività, straining, mobbing, stalking, molestie sessuali, bulliyng ed hazing” Agostino Messineo, Direttore Dipartimento di Prevenzione ASL RMH Tutti i diritti riservati, in particolare il diritto di duplicazione e di diffusione, nonché il diritto di traduzione. Nessuna parte dell’opera può essere riprodotta in alcuna forma (per fotocopie, microfilm od altri procedimenti) senza il consenso scritto dell’Editore.
  • 3. 3Normativa, prevenzione ed attuazione della prevenzione incendi Presentazione della Collana L’esigenza di affrontare in modo chiaro ed agevole le tematiche della sicurezza, dell’Igiene del Lavoro, della Prevenzione e della Sicurezza negli ambienti di vita e di lavoro è oggi sentita in modo particolare come del resto la necessità di acquisire nozioni facilmente comprensibili ed interdisciplinari su vasti aspetti che interessano le attività di prevenzione. Studenti, RSPP, RLS, specializzandi chiedono scorrevolezza e sintesi per meglio e più rapidamente apprendere. Eccessiva frammentazione - a volte anche la estrema specializzazione delle competenze - possono talora indur- re, se non si attuano politiche di lavoro integrate, a qualche sovrapposizione di attività, forse ritardi nella efficacia delle azioni, addirittura incremento della spesa. La collana che presentiamo, lungi dall’offrire un panorama approfondito ed esaustivo su tutti i complessi aspetti delle tematiche affrontate, percorre la strada della tradizione anglosassone (“secrets”) e delle nozioni “sintetiche” fornite a precise domande,nell’intento di offrire la massima chiarezza per i lettori. La semplicità del linguaggio e l’apporto di varie componenti professionali su svariati temi di prevenzione, voglio- no sollecitare ed essere nello stesso tempo una riflessione, ove possibile interdisciplinare, sui diversi aspetti delle attività di prevenzione nell’am- biente e nei luoghi di lavoro. Sono coinvolti in questo tentativo Medici del Lavoro, Igienisti, Giuristi, Ingegneri, Biologi, Chimici, Fisici, che - di volta in volta - saranno chiamati a contribuire per la disamina di aspetti di comune e specifica competenza. Ma, essendo questo un esperimento - per di più a qualche valenza didattica per RSPP, studenti dei Corsi di Laurea delle Professioni sanitarie, medici in formazione e cultori della prevenzione
  • 4. Quaderni di Medicina ed Igiene del Lavoro, Sicurezza e Prevenzione4 in generale - vorranno i lettori scusare le ripetizioni, spesso ineludibili in capitoli redatti a più mani e talune scelte didattico-iconografiche o anche errori involontari nei testi di stampa ... basterà a giustificare il tentativo, il conforto anche di una modesta utilità del modello didattico formativo come complemento ed integrazione di quanto già operato dalla tradizionale educazione e formazione professionale. La tematica delle vessazioni, incluse quelle che occorrono durante il lavoro è oggi di rilevante attualità per l’accresciuta sensibilizzazione dei lavoratori, per l’esigenza maggiore di etica e per l’evoluzione dei rapporti sociali. Ad esempio, lo stalking, che può realizzarsi anche a prescindere dall’esistenza di vincoli di lavoro, per l’allarme sociale che ha determinato, è stato oggetto di una recente modifica al codice penale. Tutte le vessazioni, comunque, possono essere determinate anche da condizioni stressogene e possono a loro volta generare stress in chi le soffre. Nel presente volume vengono affrontate le diverse situazioni disfunzionali analizzandole come risposta a particolari problemi dell’organizzazione del lavoro e della gestione del management aziendale . “Mobbing” “straining” “hazing” “stalking” e “bullying” sono quindi trat- tati in modo separato rispetto allo stress (oggetto di altra apposita pubbli- cazione), pur essendo tutte condizioni inevitabilmente ad esso collegate. Agostino Messineo
  • 5. 1Comunicazione per la prevenzione sulla sicurezza in Igiene del Lavoro1Il primo soccorso in azienda I problemi collegati alle vessazioni psicologiche nel mondo del lavoro: costrittività, straining, mobbing, stalking, molestie sessuali, bul- liyng, ed hazing Agostino Messineo Quali sono le premesse per la comparsa di gravi disfunzioni organiz- zative nel mondo del lavoro? L’interesse per i rischi di natura psicologica sul lavoro è progressiva- mente aumentato negli ultimi anni, ed è stato puntualmente registrato da parte dell’Agenzia Europea per la Salute e la Sicurezza nei Luoghi di Lavoro (EU-OSHA) che ha evidenziato l’emersione dei rischi di natura psicosociale, definiti come aspetti che riguardano la progettazione del lavoro e di or- ganizzazione e gestione del lavoro, nonché i rispettivi contesti ambientali e sociali, che potenzialmente possono arrecare danni fisici e psicologici” (Cox, Griffith, 1995). Le previsioni abbastanza allarmanti, fanno riferimento alle conseguenze importanti dei cambiamenti globali in termini di trasformazioni tecniche e organizzative nei posti di lavoro. In particolare sono 5 gli aspetti da consi- derare per comprendere le dinamiche aziendali europee e, più in generale, gli scenari presenti e futuri del lavoro: • Sono sempre più frequenti nuove forme di contratti con correlata quota di insicurezza del posto di lavoro: la tendenza verso l’utilizzo di precari,dipersonaleparttime,diunaelevatissimamobilitàperrende- re la produzione sempre più snella, ricorrendo anche all’outsourcing e alla delocalizzazione, aumentano stress e insicurezza.
  • 6. Quaderni di Medicina ed Igiene del Lavoro, Sicurezza e Prevenzione2 • È consistente l’invecchiamento della forza lavoro: il tempo della pensione si allunga in tutta Europa, i processi di lavoro cambiano e spesso le opportunità di formazione per adeguarsi ai cambiamenti mancano, aumentando pressione mentale ed emotiva dei lavoratori più anziani • Vi è correlata intensificazione del lavoro: mantenere l’occupazione può significare gestire un carico di lavoro sempre maggiore, con più pressioni, maggiore competizione e meno sicurezze • Èsemprepiùelevatoilcoinvolgimentoemotivosullavoro:iltemadelle molestieedellaviolenzasullavoro,problemanonnuovo,riguardatutti i lavoratori di tutti i settori, ed è fonte di grandi pressioni emotive. • Si accentua lo scarso equilibrio tra vita privata e lavoro: la difficoltà ad adeguare il proprio tempo con le continue pressioni e carichi di lavoro variabili e imprevedibili genera spesso conflitti tra esigenze professionali e vita privata. La situazione attuale è caratterizzata da un mercato globale che impone il massimo rendimento per le imprese e un’alta flessibilità del lavoro, ma allo stesso tempo, per le cresciute esigenze di salute e di tutela, è anche connotata da un assai forte richiamo ad alti standard di salute, di prevenzione e di sicurezza sul lavoro. Lasostenibilitàtraproduttivitàetuteladeilavoratorièvistadaalcunicome unasfidadifficiledavincereacausadeglialticostidellasicurezza.Ilcostodella prevenzione, stimato in oltre 60.000 miliardi di vecchie lire nei primi anni del 2000 ed una legislazione ormai ridefinita recentemente, non sono riuscite a limitare in modo significativo l’alto numero di infortuni (tre vittime al giorno) el’aumentodellemalattieprofessionali.Vièpoiunatendenzaall’assenteismo semprepiùlegatoadaspettidistresssullavoro.L’AgenziaEuropeaprevedeche nel 2020 oltre 20 milioni di lavoratori europei soffriranno di patologie legate ai rischi psicosociali, quali disordini affettivi, dipendenze (alcool, sostanze,..), ipertensione,disturbimetabolici,disturbimuscolo-scheletriciconripercussioni e danni anche per il sistema azienda in termini di assenteismo, maggiore turn over, infortuni, maggiori ritardi, maggiori costi, minore produttività. In Italia, un’indagine ISTAT-Inail del 2008 sulla percezione dei rischi nel proprio ambiente di lavoro documentava che il 40% dei lavoratori riteneva di essere stato esposto a rischi che avrebbero potuto pregiudicare l’equili- brio psicologico, in particolare l’eccessivo carico di lavoro, manifestazioni di prepotenza e discriminazione o di minacce o violenze fisiche. Nel Rapporto Inail del 2010 si affronta il tema di nuovi casi di malattia definiti disturbi psichici da stress lavoro-correlato, (documentati da 500
  • 7. 3Comunicazione per la prevenzione sulla sicurezza in Igiene del Lavoro denunce l’anno nell’ultimo quinquennio) e si evidenzia il fatto che le de- nunce vanno considerate sottostimate, “sia per la difficoltà di distinguere, in fase di denuncia e prima codifica, la specifica patologia psichica, sia in virtù di confronti con quanto registrato al riguardo da altri organismi e osservatori”. OggilanormativadisicurezzaedigieneprevistadalDlgs81/2008esucces- sive modifiche ed integrazioni, obbliga tutte le aziende, pubbliche e private, ad una adeguata valutazione di tutti i rischi da lavoro compresi quelli di tipo psicologico e all’adozione di misure correttive e di prevenzione, in particolare formazione,informazioneepartecipazionedeilavoratori,atteall’eliminazione o alla riduzione al minimo dei rischi riscontrati. Una prima riflessione in merito riguarda la prevenzione, in ordine alla quale le misure procedurali ed organizzative stabilite dalle stesse aziende nel documento di Valutazione dei Rischi sono spesso disattese oppure non del tutto attuate. L’impegno formativo e il coinvolgimento dei lavoratori spesso non rientra nelle scelte strategiche aziendali ed è frequentemente causa di conflittualità sul posto di lavoro. D’altra parte gli interventi di vigilanza, in particolare sugli aspetti legati allo stress e ai rischi di natura psicologica, sono generalmente sporadici, conseguenti a segnalazioni del lavoratore o del suo legale (raramente del MC – a volte delle OO.SS), effettuati su delega della AG e solo in minima parte svolti d’iniziativa: inoltre, ad esempio per mobbing e vessazioni, sono controlli difficili e complessi, sovente caratterizzati da inadeguata docu- mentazione e con poche testimonianze, comportano lunghe indagini ed un esame di documenti amministrativi e dei CC.N.L. con riguardo a questioni che possono essere interpretate in modo non univoco. La prevenzione è alla base della gestione di tutti i rischi, soprattutto di natura psicosociale, e prevede innanzi tutto una grande capacità di dialogo tra lavoratori e dirigenti, investimento in formazione e nella comunicazione, definizionediprotocolliecodicieticidacondividereerispettare,trasparenza, cultura di valori. DL, RSPP ed Organi di Vigilanza devono certamente svolgere la loro fun- zione di controllo sulla corretta attuazione delle norme di igiene e sicurezza e sulla reale partecipazione, informazione e formazione dei lavoratori. Ma la prevenzione richiede spesso un cambiamento del management nello stile di leadership, nella cultura organizzativa e in particolare nelle modalità di gestione dei conflitti. È infatti interesse del Datore di Lavoro, impegnarsi nella prevenzione dei conflitti e della loro escalation: la formazione del management dovrebbe
  • 8. Quaderni di Medicina ed Igiene del Lavoro, Sicurezza e Prevenzione4 pertanto prevedere anche l’acquisizione di specifiche tecniche per l’analisi e la gestione della conflittualità e dello stress in azienda. In altri termini un manager deve essere in grado di prevenire le situazioni di disagio orga- nizzativo e di cogliere i segnali precoci di disagio nell’azienda, riconoscere gli indici che possono causare eventi stressogeni ed eventuali processi di mobbing, intervenire eventualmente anche con strategie organizzative migliorative impedendo il deterioramento delle strategie di coping verso forme distruttive e inefficaci. Costrittività organizzative Cosa sono le costrittività organizzative? L’espressione “costrittività organizzativa” si riferisce all’insieme di azioni e decisioni relative all’organizzazione e allo svolgimento del lavoro, riguar- danti un singolo od un gruppo, che introducono in modo ingiustificato degli elementi di sofferenza emotiva nello svolgimento della funzione lavorativa (P. Pappone). Le “costrittività organizzative” riguardano gli aspetti riconducibili all’orga- nizzazione aziendale delle attività lavorative, e in particolare a scelte aziendali incongruenticonilnormalesvolgimentodelleattivitàprofessionali,chepossono produrre disturbi psichici nei lavoratori. Tali scelte per essere definite incongruenti, devono avere caratteristiche strutturali, durature ed oggettive e, come tali, verificabili e documentabili tramite riscontri altrettanto oggettivi e non suscettibili di discrezionalità interpretativa. Esempi di questo tipo di azioni sono (come da circolare Inail n. 71/2003): • Marginalizzazione dall’attività lavorativa • Svuotamento delle mansioni • Mancata assegnazione dei compiti lavorativi, con inattività forzata • Mancata assegnazione degli strumenti di lavoro • Ripetuti trasferimenti ingiustificati • Prolungata attribuzione di compiti dequalificanti rispetto al profilo professionale posseduto • Prolungata attribuzione di compiti esorbitanti o eccessivi anche in relazione a eventuali condizioni di handicap psico-fisici • Impedimento sistematico e strutturale all’accesso a notizie
  • 9. 5Comunicazione per la prevenzione sulla sicurezza in Igiene del Lavoro • Inadeguatezza strutturale e sistematica delle informazioni inerenti l’ordinaria attività di lavoro • Esclusione reiterata del lavoratore rispetto ad iniziative formative, di riqualificazione e aggiornamento professionale • Esercizio esasperato ed eccessivo di forme di controllo. Secondo alcuni autori (Pappone et al., 2004) la costrittività organizzativa individua un ambito che possiamo considerare intermedio tra le condizioni di stress organizzativo e le azioni di mobbing, tanto da generare la sensa- zione di essere costretto a condizioni che non rispondono allo scopo della funzione lavorativa. In tal senso, altri esempi di costrittività organizzativa sono caratterizzati da: • imposizione di prescrizioni di ritmi, turni o labilità stessa delle pre- scrizioni • imprecisione delle informazioni e scarsa comprensibilità • eccessiva formalizzazione • ruoli scarsamente definiti • elevata quantità di verifiche e controlli • assegnazione di compiti non corrispondenti alle conoscenze e alle abilità • scarsa valutazione delle prestazioni • scarsi compensi o incentivi • insufficienza di addestramento e di formazione • scarso sviluppo delle capacità professionali Le costrittività organizzative possono limitare il benessere, aumentare lo stress, favorire forme alterate di organizzazione del lavoro. Molte azioni, comportamenti, disposizioni, limitano l’autonomia e la libertà del lavoratore e sono tali da poter creare disagio se non compensate opportunamente da benefici o strategie comportamentali (coping). Costrittività per struttura dei compiti Banalità o scarso significato del compito Eccessiva complessità del compito Rigida ed elevata separazione dei com- piti Rigida determinazione dei tempi Eccessiva uniformità e ripetitività del compito Ripetitività di compiti molto semplici Ripetitività di compito semplice che richie- de attenzione Eccezioni non note nei compitiElevata velocità Non accettabilità dell’interruzione Eccessiva mutevolezza o varietà dei compiti
  • 10. Quaderni di Medicina ed Igiene del Lavoro, Sicurezza e Prevenzione6 Le costrittività organizzative si differenziano dalle azioni di vessazione e di intimidazione fatte sul luogo di lavoro ma di natura interpersonale, cioè non direttamente legate alla posizione lavorativa. Può appartenere al tema delle costrittività organizzative il mobbing strategico. È chiaro che il confine tra mobbing e costrittività è spesso molto labile, e necessita come già indi- cato sopra, di un’analisi molto attenta del contesto organizzativo, oltre che di dati oggettivi riscontrabili. Mobbing e vessazioni sul lavoro1 Quale è l’origine del termine mobbing? Il termine mobbing deriva dal verbo inglese “to mob”, che significa assalire, affollarsi intorno a qualcuno. È un termine usato da pochissimo tempo riguardo al contesto qui preso in esame: il luogo di lavoro. Konrad Lorenz, un etologo, usò per primo questa parola con l’intento di descrivere il comportamento di gruppo degli animali. Egli qualificò gli attacchi provenienti da un gruppo di animali di piccola taglia contro un animale di taglia più grande, come mobbing. In seguito, Heinz Leymann, uno psicologo tedesco-svedese interessato al comportamento dei bambini ed alla loro interazione durante l’orario scolastico, prese in prestito il termine elaborato da Lorenz per descrivere il comportamentodistruttivodiungruppodiscolaricontro(nellamaggiorparte dei casi) un singolo compagno. Per la prima volta, quindi, il termine mobbing venne utilizzato per descrivere l’interazione tra persone. Quale è l’esatta definizione di mobbing? Heinz Leymann, psicologo tedesco-svedese, è ritenuto il pioniere de- gli studi sul terrore psicologico o mobbing negli ambienti di lavoro. Tra i suoi maggiori contributi c’è il modello teorico di progressione temporale del Mobbing a quattro fasi e il questionario LIPT, in grado di misurare la frequenza delle azioni ostili a cui una persona è sottoposta, oltre alle con- seguenze psicofisiche subite. In collaborazione con il Dott. Flavio Pacelli, psicologo del lavoro.
  • 11. 7Comunicazione per la prevenzione sulla sicurezza in Igiene del Lavoro Leymann nel 1996 definisce il mobbing una “Comunicazione ostile e non etica perpetrata in maniera sistematica da parte di uno o più individui generalmente contro un singolo che, a causa del mobbing è spinto in una posizione in cui è privo di appoggio e di difesa e lì costretto per mezzo di continue attività mobbizzanti. Queste azioni si verificano con una frequenza piuttosto alta (definizione statistica: almeno una volta la settimana) e per un periodo di tempo (definizione statistica: una durata di almeno sei mesi). A causa dell’alta frequenza e della lunga durata, il mobbing crea seri disagi psicologici, psicosomatici, sociali. La letteratura offre anche altre definizioni, ad indicare che non c’è un definitivo accordo in materia. Qui di seguito segnaliamo due definizioni con i rispettivi criteri di riconoscimento del mobbing da qualsiasi altra forma di conflitto sul luogo di lavoro. Ad introdurre lo studio del fenomeno mobbing in Italia è stato lo psico- logo del lavoro Harald Ege, che ha costruito un modello teorico adatto alla realtà culturale italiana, molto diversa da quella nord europea. Nel 2001, nel libro “Mobbing, conoscerlo per vincerlo” definisce il Mobbing come: “una guerra sul lavoro in cui, tramite la violenza psicologica, fisica e/o morale, una o più vittime del mobbing vengono costrette ad esaudire la volontà di uno o più aggressori. Questa violenza si esprime attraverso attacchi frequenti e duraturi che hanno lo scopo di danneggiare la salute, i canali di comunicazione, il flusso di informazioni, la reputazione e/o la professionalità della vittima. Le conseguenze psicofisiche di un tale com- portamento aggressivo risultano inevitabili per il mobbizzato. OccupandosiinparticolaredellavalutazioneperitaledeldannodaMobbing,in assenzadiunalegislazionedefinitivainmateria,Egeharevisionatoilquestionario diLeymann(LIPT-Egeprofessional)ehapropostounaproceduraconsettepara- metriperilriconoscimentodelMobbing.NellasualungaricercaEgehacercatodi capireedifferenziarelevarieformediviolenzaevessazionineiluoghidilavoro,in particolarehacercatodidefinirelesfumaturedellostessoMobbingquandonon rientravano in alcuni parametri studiati. Ad esempio Ege introduce due ulteriori tipologie basate sulla ricerca e l’intervento sul campo: il caso del “Sasso nello stagno” e il Quick Mobbing. Sono due forme diverse di Mobbing che non hanno la frequenza (poche azioni ostili e distanziate nel tempo) il primo e la durata minima il secondo (meno di 6 mesi), per rientrare nei parametri classici del Mobbing, ma allo stesso tempo vengono soddisfatti tutti gli altri parametri descritti nella tabella.
  • 12. Quaderni di Medicina ed Igiene del Lavoro, Sicurezza e Prevenzione8 Parametri per il riconosci- mento del Mobbing Requisiti Ambiente lavorativo Il conflitto deve svolgersi sul posto di lavoro Frequenza Le azioni ostili devono accadere almeno alcune volte al mese (salvo caso nel “sasso nello stagno”) Durata Il conflitto deve essere in corso da almeno 6 mesi; almeno tre mesi nel caso del Quick Mobbing. Tipo di azioni Le azioni subite devono appartenere ad almeno due delle cinque categorie del “LIPT Ege” (salvo caso del “sasso nello stagno”) Dislivello tra gli antago- nisti La vittima è in una posizione di costante inferiorità Andamento secondo fasi successive La vicenda ha raggiunto almeno la II fase del modello italiano Ege a sei fasi. Intento persecutorio Nellavicendadeveessereriscontrabileundisegnovessatorio coerente e finalizzato, composto da scopo politico, obiettivo conflittuale e carica emotiva e soggettiva. Nel 2001 alcuni studiosi italiani afferenti alla Bocconi e alla Clinica del Lavoro L. Devoto dell’Università di Milano hanno definito il mobbing come “una forma di molestia o violenza psicologica, ripetuta in modo iterativo, con modalità poliforme, con caratteri di intenzionalità, per un tempo de- terminato, arbitrariamente stabilito in sei mesi ma con ampia variabilità dipendente dalle modalità e dalla struttura di personalità dei soggetti. La violenza morale è esercitata mediante attacchi contro la persona del lavo- ratore, il lavoro svolto, la funzione lavorativa ricoperta e, infine, lo status del lavoratore, da un singolo, generalmente un superiore o, più raramente, da un gruppo di colleghi. Nella loro ricerca, in particolare indirizzata verso le origini del Mobbing dal punto di vista organizzativo e non più solo come una forma particolare di conflitto interpersonale, propongono tre aspetti, che se presenti insieme, possono permettere di riconoscere il Mobbing:
  • 13. 9Comunicazione per la prevenzione sulla sicurezza in Igiene del Lavoro Parametri per il ri- conoscimento del Mobbing Requisiti Frequenza, multi- formità e ripetitivi- tà nel tempo delle strategie persecu- torie Vengono attivate contro la persona mobbizzata almeno tre tipi di attacchi (Leymann, 1993): Attacchi alla vita sociale e relazionale Attacchi allo status e all’immagine sociale Attacchi alla dimensione professionale. Crescente intensità emotiva delle stra- tegie persecutorie Escalation dei sintomi nella vittima: sensazione di fastidio e di allarme, insicurezza sul lavoro e convinzione di essere la causa del problema, perdita dell’autostima, perdita della capacità di contrastare il fenomeno, sintomi psico-fisici. Gli schemi di ruolo La presenza di schemi di ruolo precisi che si ripropongono sempre. I protagonisti del mobbing sono solitamente tre: la vittima/e o mobbizzato/a il/i persecutore/i o mobber/s gli spettatori (inclusi i side mobbers) Vi è differenza tra mobbing e bullying? Occorre anzitutto dire che nei primi anni ottanta, anche Heinz Leymann utilizzò il suddetto termine, quando osservò dei comportamenti simili a quelli sopra descritti nei luoghi di lavoro. Durante le sue ricerche riguardanti le vessazioni ed i maltrattamenti negli ambienti lavorativi, egli scelse tuttavia di usare la parola mobbing e non la parola bullying (già usata in Inghilterra ed Australia), per definire l’oggetto dei suoi studi, perché i connotati principali del secondo fenomeno sono aggres- sione fisica e minaccia; mentre la violenza fisica è presente molto raramente nel comportamento mobbizzante sul luogo di lavoro. Inoltre quest’ultimo comportamento è praticato in maniera più sofi- sticata ed accorta, come, per esempio, quando si attua una manovra di isolamento sociale della vittima o vi sia il fine di allontanarlo dal posto di lavoro. Ciò non vuol dire che i risultati di questo tipo più sottile di vessazione siano meno efficaci. Oggi il termine di bullying ha assunto un significato assai diverso sia in Europa che nei paesi angolsassoni e per tale motivo si è ritenuto di doverne discutere in un apposito e separato capitolo anticipando solo il contenuto più marcatamente violento del “bullo” rispetto alle più subdole strategie del mobbing.
  • 14. Quaderni di Medicina ed Igiene del Lavoro, Sicurezza e Prevenzione10 E Leymann ha ritenuto opportuno classificare proprio come mobbing i problemi interpersonali tra adulti nel campo lavorativo, tralasciando lo studio di comportamenti pur simili, come il bullying (nei giovani assai frequente) ed il bossing, che in realtà definirebbero solo una delle molte facce che può avere il mobbing. Ilmobbingnellavitalavorativacomprenderelazionierapportiostilidiretti inmodosistematicodaunoopiùindividuicontro(nellamaggioranzadeicasi) un singolo individuo, il quale si trova senza aiuto e difesa da questi ripetuti attacchi e viene tenuto costantemente in una situazione di forte disagio dal ripetersi delle “mobbing activities” ossia i comportamenti mobbizzanti. Nella più accettata definizione psicopatologica e medico legale, i com- portamenti ostili, per essere ritenuti “mobbizzanti” devono ripetersi fre- quentemente (almeno una volta a settimana) nell’arco di un lungo periodo di tempo (almeno per sei mesi); ed a causa dell’elevata frequenza e della durata nel tempo delle “aggressioni psichiche” il maltrattamento risulta mentalmente, socialmente e psicosomaticamente dannoso. Pertanto Il mobbing potrebbe essere definito in italiano “vessazione” o maltrattamenti continuativi per lo più inflitti a subordinati o persone più deboli (molti studiosi preferiscono però al termine “vessazione” la defini- zione “terrorismo psicologico”). Vengono qui esplicitamente esclusi i pur frequenti conflitti temporanei in ambito lavorativo, che sono del tutto normali, focalizzandosi invece l’at- tenzione sul punto di rottura in cui la situazione psicologica del soggetto inizia a presentare dei tratti inquadrabili in una patologia psichiatrica o psicosomatica. Ed occorre anche distinguere in definitiva la differenza tra conflitto momentaneo e mobbing che fa perno non sul cosa viene fatto alla persona e sul come viene fatto, ma sulla frequenza e sulla durata di qualsiasi cosa venga fatta alla vittima. Le prime ricerche complete svolte in Svezia hanno come quesito chia- ve, infatti, l’interrogativo di quanto debba essere intenso e protratto nel tempo il “mobbing” in ambito lavorativo, per causare stress o una malattia psicosomatica. Quali sono le cause scatenanti del mobbing ? Le cause scatenanti il mobbing sono da ricercare nella combinazioni tra dimensioni economico-sociali, dimensioni individuali e dimensioni
  • 15. 11Comunicazione per la prevenzione sulla sicurezza in Igiene del Lavoro organizzative che insieme possono permettere l’attivazione di un processo di mobbing. La prospettiva più interessante per capire come si può prevenire un com- portamento mobbizzante è leggerlo dal punto di vista sistemico, in quanto i comportamenti attivati contro una o più vittime si sviluppano all’interno dei luoghi di lavoro, luoghi dinamici di confronto e scontro, abitati da persone con ambizioni e aspettative, strutturati da valori e regole sia esplicite che implicite. Puòessereirrealisticopensarearelazionidicausaedeffettolinearitramobber e vittima, fermarsi ad aspetti di personalità predittivi o a elementi di gruppo, in quantoilfenomenodelmobbingrichiedeunapproccioingradodisaperleggere tutti i livelli della complessità organizzativa. Diverse ricerche hanno esplorato la relazione tra la presenza di mobbing e caratteristiche organizzative dimostrando una forte correlazione tra aspetti disfunzionali e stressogeni nell’organizzazione delle attività lavorative e dina- miche persecutorie e di esclusione. Più un ambiente di lavoro è stressante, mancando ad esempio in ruoli chiari e coerenti, budget sottodimensionati rispetto agli obiettivi imposti, o sistemi normativi e procedurali non trasparenti più è facile la presenza di azioni mobbizzanti e viceversa. Il mobbing è un fenomeno che stressa pesantemente le organizzazio- ni perché ha forti ricadute negative sul clima aziendale e sull’immagine esterna. Per le aziende, competizione e globalizzazione sono causa spesso di nuove acquisizioni, fusioni, delocalizzazioni, che possono impattare sull’organizzazio ne del lavoro. Secondo Hoel e Salin (2002) le continue trasformazioni indotte dall’ambiente esterno possono ritenersi come precursori dell’insorgenza del mobbing, in termini di ridefinizione continua delle regole, maggiori pressioni e patti poco chiari tra le persone nei luoghi di lavoro. Allo stesso modo, uno stile di leadership inconsistente (laissez-faire) è correlato positivamente con conflitti di ruolo, ambiguità di ruolo e conflitti tra colleghi di lavoro (Aasland e Hatland, 2007). Una recente ricerca di Caiozzo e Vaccani (2010) indica come fattori di rischio predittivi del mobbing uno stile di leadership orientato ai compiti, al comando autoritario e all’accentramento, un eccesso di livelli gerarchici aziendalidefinitidall’organigrammaeunabassaformalizzazionedellepratiche digestionedelpersonale.Unaaziendafortementegerarchizzataepiramidale può avere maggiore dispersione/distorsione delle comunicazioni organizza- tive, frantumazione/rallentamento dei processi decisionali, aumento della
  • 16. Quaderni di Medicina ed Igiene del Lavoro, Sicurezza e Prevenzione12 percezione di distanza dal potere che combinati con gli altri fattori di rischio rendono più facile la presenza di azioni mobbizzanti. SecondomoltiautoritracuiBecker(1995),Kihle(1990),Leymann(1992), Niedl (1995), l’organizzazione del lavoro sarebbe fondamentale per il mante- nimento degli equilibri tra i lavoratori ed una buona divisione del lavoro. Questi autori hanno descritto il mobbing come determinato da una scadente organizzazione della produzione e/o dei metodi di lavoro e da un management indifferente e/o incompetente. Ciò è ancora più grave in talune situazioni ove vi è eccesso di lavoro in senso quantitativo e l’insufficienza di lavoro in senso qualitativo . Unaltroaspettoèfondamentaleecioèlascadentecapacitàdirisoluzione dei conflitti da parte della amministrazione del personale (management). Il ruolo dirigenziale è di fondamentale importanza nel mantenimento di un sereno clima di convivenza nel luogo di lavoro mantenendo alta la qualità del lavoro, evitando la alienazione del lavoratore nello svolgimento delle sue man- sioni, gestendo in maniera idonea i contrasti che possono sorgere in ambiente lavorativo. Al contrario, la situazione precipita allorché il management diventa parte del fenomeno e invece di risolvere il problema, prende parte atti- vamente alle vessazioni, scegliendo una posizione di attacco nei confronti del mobbizzato o di sostegno per i mobbers tanto da essere coinvolto in un comportamento aggressivo di gruppo, quando, invece, dovrebbe sem- plicemente stroncarlo. D’altra parte anche quando il manager semplicemente ignora il liti- gio, il conflitto ha in questo modo più tempo per approfondirsi e subire un’escalation. In definitiva, è scadente performance manageriale: a) essere coinvolti nelle dinamiche di gruppo su base egualitaria e quindi “riscaldarle” ulteriormente; b) negare l’esistenza del conflitto.
  • 17. 13Comunicazione per la prevenzione sulla sicurezza in Igiene del Lavoro Quali sono le tipologie di mobbing? Inletteraturaèfacileriscontraremoltedefinizionietipologiedimobbing, spesso con differenze minime nella spiegazione del fenomeno. Il mobbing può essere classificato almeno secondo due tipologie precise: • Il mobbing strategico Il mobbing si definisce strategico quando risponde ad un preciso disegno di esclusione di un lavoratore attraverso una precisa e premeditata pianificazione da parte dell’Azienda. Sono gli stessi vertici aziendali, con l’ausilio di tutte le leve organizzative e di potere a loro disposizione a comandare le azioni persecutorie verso la vittima/e. È la forma di mobbing prevalente in Italia, spesso caratterizzata da azioni svolte da Manager o su- periori che mirano a ridicolizzare, umiliare, offendere la vittima, soprattutto nella sfera professionale. È presente maggiormente nelle grandi aziende, sia pubbliche e private. L’instabilità del mercato, la dismissione di un reparto o la pianificazione delle carriere possono diventare fattori di rischio del mobbing strategico, in quanto sarà il modo in cui verranno gestite le risorse umane e le strategie di riorganizzazione attuate a fare la differenza. • Mobbing relazionale Il mobbing è di tipo relazionale quando riguarda il deterioramento delle relazioni interpersonali sul lavoro. Può interessare sia la sfera del potere quanto dimensioni legate alla ge- losia, diffidenza, antipatia, etc. I parametri elencati sopra lo differenziano da quellochepuòapparireunsempliceconflittosullavoro.Ilmobbingrelazionale può essere orizzontale, cioè localizzato tra colleghi dello stesso reparto o tra ruoli pari, oppure verticale, che nasce dai superiori. È maggiormente caratterizzato da critiche continue, rifiuto di comu- nicazioni dirette, comportamenti che mirano a mettere tutto l’ambiente lavorativo contro la vittima. Inoltre il mobbing può essere classificato come: • Mobbing discendente È definito come mobbing discendente l’insieme di vessazioni esercitate da parte di un superiore verso un sottoposto, sia per motivazioni di tipo strategico che relazionale. È una tipologia molto diffusa, che facilmente
  • 18. Quaderni di Medicina ed Igiene del Lavoro, Sicurezza e Prevenzione14 può estendersi anche tra i colleghi, i quali prefe- riscono assecondare il superiore, o quantomeno non prendere le difese della vittima, per non inimicarsi il capo, nella speranza di fare carriera, o semplicemente per “quieto vivere”. • Mobbing orizzontale Si definisce invece mobbing orizzontale quello praticato da parte dei colleghi verso un lavoratore non integrato nell’organizzazione la- vorativa, soprattutto come reazione da parte di una maggioranza del gruppo allo stress dell’am- biente e delle attività lavorative: la vittima viene dunque utilizzata come “capro espiatorio” su cui farricaderelacolpadelladisorganizzazione,delle inefficienze e dei fallimenti. • Mobbing ascendente Vi è poi infine il mobbing ascendente, categoria utilizzata quando le vessazioni sono operate dai sottoposti nei confronti di un capo per dele- gittimare il suo ruolo ed allontanarlo; anche in questo caso il motivo può essere sia di ordine strategico che relazionale.
  • 19. 15Comunicazione per la prevenzione sulla sicurezza in Igiene del Lavoro Quali sono gli effetti del Mobbing? Gli effetti del mobbing si possono riscontrare su almeno 3 livelli. 1) Effetti sull’individuo Sono molti i danni alla salute a cui va incontro una persona vittima di mobbing. Si va da una lista di sintomi a disturbi più complessi, fino al suicidio. Sono stati riscontrati sintomi di natura fisica, mentale e psicosomatica: per esempiodisturbidell’equilibriooglisvenimenti,difficoltàdimemoriaodicon- centrazione, disturbi del sonno, problemi delle funzioni gastriche e digestive, tensione nervosa e irrequietezza costante, depressione, calo dell’autostima, fobie. Inoltre si possono riscontrare cambiamenti negli stili di vita, come abu- so di alcool, tabagismo, sostanze stupefacenti, abuso di farmaci. Per quanto riguardaidisturbipiùgravisievidenzianoilDisturboPostTraumaticodaStress e il Disturbo dell’Adattamento. Questi sintomi possono anche persistere per anni dopo gli avvenimenti che li hanno originati. Altre conseguenze possono esserel’isolamentosociale,l’insorgerediproblemifamiliariofinanziariacausa dell’assenza o dell’allontanamento dal lavoro. Si può parlare in questo caso di Doppio-Mobbing, quando anche la famiglia del mobbizzato, non riuscendo più a sostenerlo, cerca di allontanarlo dal nucleo famigliare. È possibile identificare due tipologie di costi economici da affrontare in caso di effettivo mobbing: Costi sanitari: • visite mediche specialistiche • indagini diagnostiche • terapia farmacologica • supporto psicologico Costi non sanitari: • spese legali • spese di trasporto • costi per l’aumento dei contatti con altre persone • costi per l’informazione • comportamenti disfunzionali • costi per problemi familiari 2) Effetti sull’Azienda LaRicercaadoggihaaffrontatopiùvolteiltemadellostress,dellaviolenza edelmobbingsullavoro,arrivandospessoacorrelarequestifenomeniagli alti costi aziendali da sostenere in termini di:
  • 20. Quaderni di Medicina ed Igiene del Lavoro, Sicurezza e Prevenzione16 - assenteismo; - aumento dei costi a causa del turnover; - minor produttività; - riduzione della performance lavorativa; - spese di partecipazioni alle spese previdenziali; - aumento dei premi assicurativi; - peggioramento del clima organizzativo. Secondo Monateri (2000) i danni del mobbing per l’azienda, oltre ad essere oggettivi e concreti, richiedono un grosso dispendio di energie e risorse per affrontarli, in particolare se i metodi utilizzati sono subdoli. Ascenzi e Bergagio (2000) affermano che un lavoratore sottoposto a violenze psicologiche sul luogo di lavoro ha un tasso di produttività ed efficienza inferiore del 60%. Egli, inoltre, graverà sul datore di lavoro del 180% in più. Le ricadute organizzative possono essere riscontrate sia sul gruppo di lavoro che sul clima organizzativo. In ambienti particolarmente stressoge- ni, in cui si sono verificati episodi di mobbing, è facile trovare alti tassi di nervosismo e aggressività. Per quanto riguarda i protagonisti principali, il mobber e il mobbizzato, i cali delle prestazioni sono evidenti, il primo per il grande investimento a perseguire il proprio obiettivo, il secondo in termini di assenteismo e malattia. Molto spesso l’Alta Direzione tende a sminuire questi eventi, cercando di tenerli nascosti agli altri dipendenti, o descrivendo gli accaduti come colpe di una singola persona, ovvero la vittima. È necessario ricordare, in un mercato in profondo cambiamento, sempre più legato all’E-Commerce,il tema dell’immaginesocialeedella reputazione di una azienda. Ancora poco diffusi in Italia, ma sono già presenti siti online che permettono di raccontare come si vive e come si sta all’interno delle aziende, sia in termini positivi che negativi. Allo stesso tempo si sottovalu- tano ancor di più i Forum online delle comunità professionali, luoghi virtuali in cui è possibile diffondere notizie ed eventi senza il controllo aziendale. 3) Effetti sulla Società In una ricerca presentata dall’Università di Verona (Romeo, 2008) si af- frontavano i costi economici ed umani delle violenze psicologiche sul lavoro. Partendo da una ricerca dell’European Foundation for the Improvement of Living and Working Conditions del 2005, in cui si stimavano circa 417.975 casi di mobbing in Italia il Prof. Romeo stimava i costi per la società intorno ai 792 milioni di euro l’anno, dove per costi si intendevano solo quelli relativi al SSN
  • 21. 17Comunicazione per la prevenzione sulla sicurezza in Igiene del Lavoro (spesa dei farmaci, indagini diagnostiche, interventi di Pronto Soccorso e ai ricoveri ospedalieri) e agli enti previdenziali (spese per l’assenza per malattie comparse in concomitanza e/o in conseguenza della situazione di mobbing). Il lavoro di Romeo partiva da una ricerca sperimentale su 25 casi, in cui aveva calcolato una spesa media per singolo lavoratore (spese per la collettività) di 1.894 euro all’anno. Senza contare i costi relativi alla perdita di lavoratori ancora produttivi, al loro reinserimento nel mondo del lavoro e infine alle problematiche relative al coinvolgimento dei familiari o di altre persone. Si stimava per tali aspetti una spesa di circa 3, 96 miliardi di euro l’anno. Rispetto a questi dati, vale la pena ricordare le stime dell’Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute nei Luoghi di Lavoro (2002 – EU 15) che calcolava in 20 miliardi di euro all’anno le spese relative allo stress sul lavoro e ai rischi psicosociali per assenteismo, frequente avvicendamento del personale, scarsa puntualità, problemi disciplinari, molestie, riduzione della produttività, incidenti, errori e aumento dei costi di risarcimento o assistenza sanitaria. Non è mobbing se: È mobbing se: Una singola azione pur riprovevole Un conflitto generalizzato Una malattia Un fenomeno solo collettivo Una molestia sessuale Un problema familiare Se esistono vittime designate Vi è attacco ai contatti umani Vi è isolamento sistematico Vi è cambiamento di mansioni Vi sono attacchi alla reputazione Vi è violenza o minacce di violenza Come viene attuato il mobbing? La caratteristica di ogni comportamento mobbizzante secondo Ege è la situazione di inferiorità della vittima, che arriva gradatamente a perdere: 1) La sua influenza. 2) Il rispetto degli altri verso di lui. 3) Il suo potere decisionale. 4) Non di rado la salute. 5) La fiducia in se stesso.
  • 22. Quaderni di Medicina ed Igiene del Lavoro, Sicurezza e Prevenzione18 6) Gli amici. 7) L’entusiasmo sul lavoro. 8) Se stesso. 9) La sua dignità. Al fine di determinare se un lavoratore sia una vittima di tale comporta- mento, e, quindi, corra il rischio di subire le suddette conseguenze, Leymann ha sviluppato attraverso le sue esperienze un questionario di 45 compor- tamenti (chiamato L.I.P.T. - Leymann Inventory of Psycological Terro rism) suddivisi in cinque categorie diverse (illustrate nella tabella che segue). Naturalmente quella che segue è una elencazione esemplificativa che dimostra, però, le innumerevoli forme del mobbing. 1) Attacchi alla possibilità di comunicare: il capo limita la possibilità di esprimersi della vittima viene sempre interrotto quando parla i colleghi limitano la sua possibilità di esprimersi si urla o si rimprovera violentemente con lui si fanno critiche continue sul suo lavoro si fanno critiche continue sulla sua vita privata è vittima di telefonate mute o di minaccia è vittima di minacce verbali è vittima di minacce scritte gli si rifiuta il contatto con gesti o sguardi scostanti gli si rifiuta il contatto con allusioni dirette 2) Attacchi alle relazioni sociali: non gli si parla più · non gli si rivolge più la parola · viene trasferito in un ufficio lontano dai colleghi si proibisce ai colleghi di parlare con lui ci si comporta come se lui non esistesse 3) Attacchi all’immagine sociale: si sparla alle sue spalle si spargono voci infondate su di lui lo si ridicolizza lo si sospetta di essere malato di mente si cerca di convincerlo a sottoporsi a visita psichiatrica si prende in giro un suo handicap fisico si imita il suo modo di parlare o di camminare per prenderlo in giro si attaccano le sue idee politiche o religiose si prende in giro la sua vita privata si prende in giro la sua nazionalità lo si costringe a fare lavori umilianti
  • 23. 19Comunicazione per la prevenzione sulla sicurezza in Igiene del Lavoro si giudica il suo lavoro in maniera sbagliata e offensiva si mettono in dubbio le sue decisioni gli si dicono parolacce o altre espressioni umilianti gli si fanno offerte sessuali, verbali e non 4)Attacchiallaqualitàdella situazione professionale e privata: non gli si danno dei compiti da svolgere gli si toglie ogni tipo di attività lavorativa, in modo che non possa più nemmeno inventarsi un lavoro gli si danno lavori senza senso gli si danno lavori molto al di sotto della sua qualifica- zione professionale gli si danno sempre nuovi compiti lavorativi gli si danno lavori umilianti gli si danno compiti molto al di sopra delle sue capacità o qualificazioni per screditarlo 5) Attacchi alla salute: lo si costringe a fare lavori che nuocciono alla sua salute lo si minaccia di violenza fisica gli si fa violenza leggera per dargli una lezione gli si fa violenza fisica più pesante gli si causano danni per svantaggiarlo gli si creano danni fisici nella sua casa o sul posto di lavoro gli si mettono le mani addosso a scopo sessuale Facendo riferimento, invece, all’esperienza di altri studiosi (Einarsen, Hoel, Zapf, Cooper, 2003), si riportano alcune azioni negative, dirette o indirette, a cui è esposta la vittima: Attacchi alla persona Ad esempio, nsulti, dicerie, maldicenze, scherzi, ridicoliz- zare, pettegolezzi, etc Molestie Ad esempio, Posta o telefonate offensive, avance ses- suali, etc Attacchi al ruolo Ad esempio, controllo esasperato, mancata comunica- zione delle informazioni necessarie allo svolgimento del lavoro, scadenze irragionevoli, carichi di lavoro ingesti- bili, sottrazione di compiti e responsabilità previste dal ruolo, trasferimento o spostamento della persona senza motivazione, etc
  • 24. Quaderni di Medicina ed Igiene del Lavoro, Sicurezza e Prevenzione20 Per rilevare il mobbing occorre: Sono importanti fattori: Verificare l’ambiente di lavoro Verificare la frequenza delle azioni ripro- vevoli Stabilire la durata dei comportamenti non etici Verificare la tipologia delle azioni Essere coscienti di un intento persecu- torio Le testimonianze dei colleghi I documenti relativi alle attività di lavoro Le certificazioni mediche Le valutazioni dei RLS Le valutazioni del MC Quale è l’andamento tipico del mobbing? Passando dalla descrizione dei singoli comportamenti aggressivi allo schema dello sviluppo del mobbing nel tempo, Leymann (1990) elabora un modello a 4 fasi per spiegare la progressiva evoluzione del mobbing. Il modello, riportato in maniera schematica, prevede: I Fase: Conflitto quotidiano. Il conflitto quotidiano, di natura presente nella normale vita organizzativa, non viene risolto. Nel tempo, può iniziare ad avere una certa frequenza ed in- tensità, oppure nascondersi in comportamenti apparentemente normali. È una fase in cui non c’è ancora il mobbing. Può avere una durata va- riabile (anche molto breve). II Fase: L’inizio del terrorismo psicologico. La vittima subisce un processo di etichettamento, da cui è costretta a stare sempre in una posizione di difesa. Lo stress quotidiano produce i primi problemi di salute (disturbi psico- somatici) e iniziano le assenze per malattia. III Fase: Errori ed abusi da parte della Direzione del Personale. Si crea il cosiddetto “errore fondamentale di attribuzione”: vale a dire la tendenza sistematica ad attribuire alle caratteristiche personali del sog- getto la causa di un determinato fenomeno, e a trascurare il peso dei fattori contestuali. La Direzione del Personale in concerto con l’Alta Direzione, a fronte di un problema di assenteismo e clima conflittuale in azienda, vede nel mobbizzato la causa del problema, la persona non gestibile.
  • 25. 21Comunicazione per la prevenzione sulla sicurezza in Igiene del Lavoro IV Fase: Esclusione dal mondo del lavoro. Ilgradualepeggioramentodellasituazione,conilprogressivoisolamento della vittima, definisce il momento di esclusione dal mondo del lavoro. È la fase segnata dalle patologie più gravi, in cui si chiede aiuto. H. Ege (1997) decide di rivedere e adattare il modello di Leymann al contesto italiano, proponendo un modello a 6 fasi: Condizione Zero È la pre-condizione del mobbing. Si vive in una condizione di conflitto fisiologico socialmente accettato. Il conflitto è generalizzato, il clima organizzativo sta cambiando verso dimensioni di ostilità e tensione. La vittima ancora non è chiara. Prima fase: il conflitto mirato Si individua una vittima, vi si dirige la conflittualità generale. Il conflitto così gestito è mirato all’esclusione della vittima. Gli attacchi sono sia di natura professionale che di natura privata. Seconda fase: l’inizio del Mobbing La vittima prova un profondo disagio e un senso di malessere, per- cepisce un inasprimento nelle relazioni con i colleghi, e si interroga sul cambiamento. Terza fase: primi sintomi psicosomatici Senso di insicurezza, senso di colpa, insonnia, problemi muscolo schele- trici, nervosi e digestivi. L’idea del lavoro diventa prevalente e ossessiva. Quarta fase: errori e abusi da parte dell’Amministrazione del Personale L’Amministrazione del Personale, come nella fase di Leymann, vede aumen- tare il numero di assenze per malattia, e decide di richiamare la vittima, che sentitosi ormai accerchiato peggiora ulteriormente. Quinta fase: serio aggravamento della salute psicofisica della vittima La vittima è in uno stato depressivo, è sotto cura farmacologica, ma la causadelproblemaresta.Icontinuierroridell’Amministrazioneproduconoil convincimento nella vittima di essere allo stesso tempo causa del problema. In questa fase lo scivolamento verso il Disturbo Post Traumatico da Stress o un Disturbo dell’Adattamento è facile, con il rischio di compromettere il funzionamento psicosociale e lavorativo. Sesta fase: esclusione della vittima dal posto di lavoro Dimissioni volontarie, licenziamento, ricorso al pre-pensionamento. È una fase molto drammatica, in cui possono insorgere manie ossessive, il desiderio di vendetta sul persecutore o il suicidio.
  • 26. Quaderni di Medicina ed Igiene del Lavoro, Sicurezza e Prevenzione22 Lo schema, tende a ribadire lo stesso Ege, è teorico e flessibile. Possono capitare situazioni in cui si salti una fase o si sovrappongano due fasi, oppure non si superi la terza fase perché la vittima ha una grande resistenza psico fisica. Rimane comunque lo schema in letteratura più chiaro per riuscire a ricostruire cosa succede durante un processo di mobbing. Indicatori di disagio Comportamenti mobbing compatibili Indice di turnover delle persone Numero dei permessi per malattia, esaurimenti nervosi, prepensiona- menti Vertenze sindacali per motivi legati al mobbing Trasferimenti, sospensioni o procedu- re disciplinari Numero di licenziamenti Spesa per la sorveglianza, il controllo e le ispezioni ai dipendenti Numero di denunce per episodi di mobbing contro persone dell’azienda o contro l’azienda Critiche non corrispondenti a realtà Accuse di scarsi risultai non comprovate da realtà Comportamenti per emarginare, escludere, isolare, delegittimare Comportamenti intenzionali e ripetuti per sminuire, ignorare, ridicolizzare idee e opinioni, rendimento ed esperienza professionale Chi sono i soggetti del mobbing che partecipano al conflitto? La dinamica persecutoria coinvolge diversi attori entro un copione relazionale “in cui la posta in gioco è rappresentata dal dominio sociale incondizionato” (Vaccani, 2007). Il gioco corale coinvolge il mobbizzato/i, il mobber/s (i registi e i sicari) e gli spettatori (spettatori “plaudenti” o “side-mobbers”, spettatori “paralizzati” o indifferenti e spettatori “omertosi indignati”).
  • 27. 23Comunicazione per la prevenzione sulla sicurezza in Igiene del Lavoro Colui che subisce le azioni mobbizzanti è definito mobbizzato. È il soggetto passivo, colui cioè che subisce i comportamenti discriminatori, mentre il soggetto attivo, quello che pone in atto i comportamenti dannosi è definito mobber. Spesso si può trattare di più soggetti, i mobbers appunto, che effettuano un vero e proprio attacco di gruppo. Sul luogo di lavoro, sono poi presenti tantissimi soggetti, non classifi- cabili come mobbizzati o mobbers perché non partecipano direttamente al fenomeno, che si possono chiamare “spettatori”, e sicuramente hanno una funzione non trascurabile nell’ambito del mobbing. Pur non interagendo direttamente nel conflitto, possono fornire al mobbizzato il sostegno sociale che si aspetta e far cessare le attività mob- bizzanti, oppure possono disinteressarsi di ciò che accade o addirittura avallare il mobbing. In quest’ultimo caso vi sarà un effetto devastante sul mobbizzato, che si troverà definitivamente solo contro tutti, sempre più vicino alla espulsione dal mondo del lavoro. Chi è il mobbizzato? La vittima del mobbing è una persona che mostrasintomidimalattia,siammala,siassenta dal lavoro, si licenzia, è colpita da stress psichico o fenomeni psicosomatici, attraversa fasi di de- pressione o manie suicide, definisce il suo ruolo in termini di passività . Da un lato è convinta di nonaverecolpa,dall’altrocrededisbagliaresempretuttoemostramancanzadi fiduciainsé,indecisioneedunsensodidisorientamentogeneraleerifiutaogni responsabilità per la situazione o accusa distruttivamente se stessa. Secondo Leymann vittima è colui che crede di esserlo. Si può anche affermare che chiunque può essere la vittima; soggetti a più alto rischio di maltrattamenti sono i lavoratori soli e isolati, come una donna in un ufficio di soli maschi o viceversa, il lavoratore diverso, portatore di handicap, o straniero. Chi appartienead unaminoranzasarebbepiù soggetto ad attacchi verso la propria persona oppure il lavoratore che ha successo può essere ideale candidato al mobbing in quanto la gelosia e l’invidia dei colleghi verso chi eccelle in ambito lavorativo sono le principali cause di comportamenti ostili verso costui. Infine il lavoratore nuovo che incontra difficoltà di inse-
  • 28. Quaderni di Medicina ed Igiene del Lavoro, Sicurezza e Prevenzione24 rimento in un contesto lavorativo in cui gli altri soggetti formano un gruppo ed il problema più ricorrente è farsi accettare come uno di loro. È bene sottolineare che chiunque può trovarsi ad essere mobbizzato, e le caratteristiche di questo soggetto variano a seconda della relazione istaurata nel proprio contesto organizzativo. Tuttavia, nel tempo sono state delineate due categorie cosiddette a rischio: I “diversi” per età, sesso, religione, scolarizzazione, etnia, tendenza sessuale, appartenenza sociale, rispetto alla maggioranza della popolazione aziendale. Si tratta di persone facilmente isolabili, spesso singoli individui, o comunque numericamente inferiori. Possono rientrare in questa categoria tuttequellefigurechesonorappresentateneglistereotipiepregiudizisocial- mente condivisi, ad esempio persone che si vestono diversamente, persone con disabilità o stranieri. I“devianti”sonoindividuabiliperchénonconformiallaculturaorganizzativa dominanteinazienda.Rientranoinquestacategoriapersoneconcompetenze e conoscenze superiori alla media, persone che hanno modalità di approccio ai problemi differenti rispetto a quelleconsolidatenell’organizza- zione,portatoridiculturaevalori contrastanti con quelli aziendali. In una azienda con una strut- tura fortemente piramidale, una persona non obbediente e in gradodirisolvereipropricompiti inmanieraautonoma,anchecon risultatimaggioririspettoaipropri colleghi, può rientrare nella cate- goria dei “devianti”. Chi è il mobber? Il comportamento aggressivo che si attua tramite il mobbing può es- sere tenuto da chiunque, ma, in generale, i mobbers, tra due alternative di comportamento, scelgono quella più aggressiva e quando si trovano in una situazione di mobbing si impegnano affinché il conflitto si intensifichi e prosegua. Essi conoscono e accettano le conseguenze negative che il mobbing comporta per la vittima; generalmente non mostrano senso di colpa anzi,
  • 29. 25Comunicazione per la prevenzione sulla sicurezza in Igiene del Lavoro talvolta sono convinti di fare qualcosa di buono nell’espellere dall’ambito lavorativo un determinato soggetto e spesso incolpano altri e sono convinti di aver semplicemente reagito a provocazioni. Il mobber in definitiva è colui che attiva le strategie persecutorie nei con- fronti di una o più persone con l’intenzione di escludere dal posto di lavoro la suavittima/e.Sipossonodistinguerealmenoduefigureprincipalicheinsieme agiscono nel progetto persecutorio: il Regista e i Sicari. Il primo ruolo è rappresentato da una figura che lavora più nell’ombra: questiinbaseallatipologiadelmobbing(relazionaleostrategico)puòessereil propriocapoounleaderinformaleolastessaorganizzazione.Ègeneralmente in grado di muovere tutte le leve organizzative a disposizione attivando una specifica strategia di esclusione delle vittime. Come in un dramma teatrale, i Registidefinisconoicopionidainterpretare.SonoicosiddettiSicariametterein scenaleazionimobbizzanti;sitrattadiverieproprigregari,imanager,idirigenti dell’organizzazione come il direttore del personale o i colleghi dell’ufficio che fannoproprigliobiettividelRegista.Inotticadiprevenzione,ladifferenziazione tra registi e sicari è fondamentale, in quanto una strategia che individui e isoli l’obiettivodelregistapuòplacareladinamicadelmobbing.Viceversa,isolando i sicari in quanto gregari non si blocca il processo persecutorio. Quale è il ruolo e chi sono gli spettatori? Il ruolo degli spettatori, colleghi, superiori, addetti alla gestione del personale, è essenziale nel sostenere tutta la dinamica del mobbing, come nella rappresentazione teatrale lo spettatore amplifica o annulla il successo dello spettacolo. Se l’obiettivo del mobbing è l’esclusione della vittima dal processo lavorativo attraverso frequenti attacchi alla persona e alla sua immagine sociale e professionale questo necessita di un pubblico che ne testimonil’effettivorisultatofinale.Ilruolodellospettatoreèquindiunruolo attivo,non neutrale, in cui il “non mi interessa”,“non mi riguarda” diventano comunque comportamenti a sostegno delle azioni mobbizzanti. Gli spettatori in definitiva sono coloro che, pur non partecipando di- rettamente al mobbing, lo percepiscono e lo avvertono in quanto prende vita nell’ambiente in cui essi lavorano. Attraverso il loro comportamento il conflitto in ambito lavorativo si può dirimere od accentuare. Tutto dipende dallaloropresadiposizioneneiconfrontidelmobbizzato.Glispettatorisem- brano non avere nulla a che fare con il mobbing, però sono in contatto con il mobber, si rifiutano di accettare qualsiasi responsabilità per il mobbing,
  • 30. Quaderni di Medicina ed Igiene del Lavoro, Sicurezza e Prevenzione26 si vedono e si riconoscono come mediatori tra i protagonisti del conflitto. Infine essi dimostrano una grande fiducia in sé stessi; esprimono le loro simpatie per una parte o per l’altra, oppure reagiscono in modo opposto non volendo assolutamente avere a che fare con nessuna delle due parti e sovente sono le persone chiave del conflitto. Chi sono i side-mobbers? I “side-mobbers”, sono “spettatori plaudenti” che pur restando estranei agli obiettivi del mobber, con il loro comportamento complice alimentano il mobbing. Poi si possono definire tutti quegli spettatori che non condividono il mobbing e sono i cosiddetti spettatori “paralizzati” o “omertosi indignati”, che con il loro comportamento silenzioso alimentano il conflitto e il senso di isolamento percepito dalla vittima/e. Quali sono gli interventi di prevenzione del mobbing? L’EU-OSHA è in prima linea per la prevenzione dei rischi psicosociali negli ambienti di lavoro. Quando parliamo di rischi psicosociali si fa riferimento sia allo stress lavoro correlato che alle violenze e vessazioni nei luoghi di lavoro. Le indagini mostrano che il 5% dei lavoratori in Europa hanno riferito di essere oggetto di molestie/bullismo (2005). In alcuni paesi dell’UE ben il 10-17% dei lavoratori ha segnalato questo problema. La prevenzione diventa quindi la strategia principale per ridurre o eli- minare alla fonte le possibili azioni mobbizzanti sul lavoro. • Parlare di prevenzione significa distinguerla su tre livelli, rispetto allo stato di effettivo riscontro del problema nell’organizzazione. • Prevenzione primaria: riguarda la riprogettazione del lavoro, lo
  • 31. 27Comunicazione per la prevenzione sulla sicurezza in Igiene del Lavoro sviluppo di sistemi idonei di comunicazione e la revisione dei sistemi di valutazione. • Prevenzione secondaria: riguarda in particolare la formazione, sviluppando compe- tenze individuali nella gestione dello stress e dei conflitti. • Prevenzione terziaria: riguarda sistemi idonei di riabilitazione e ritorno al lavoro e un aumento di provvedimenti e consulenze riser- vate ai dipendenti oltre che ad una formazione comportamentale cognitiva. La prevenzione, in ottica di sicurezza sul lavoro deve perseguire i se- guenti obiettivi: • Aumentare la consapevolezza e la comprensione del problema tra datori di lavoro, lavoratori e autorità pubbliche (come la sanità e le agenzie di sicurezza, la polizia); • Valutare correttamente i rischi nei luoghi di lavoro; • Formare i dirigenti e i lavoratori a come prevenire e gestire il pro- blema; • Creare politiche interne (codici etici), sistemi di monitoraggio, ren- dicontazione e verifica degli eventi non conformi. Trasparenza e correttezza nelle azioni e determinazioni
  • 32. Quaderni di Medicina ed Igiene del Lavoro, Sicurezza e Prevenzione28 • Migliorare i sistemi di comunicazione interna ed esterna • Offrire sostegno alle vittime. In primo luogo, deve essere affrontata una valutazione dei rischi per contribuire a identificare le azioni appropriate. Una buona valutazione dei rischi di natura psicosociale, secondo l’EU-OSHA, nasce dalla collaborazione e la partecipazione dei lavoratori e il sostegno del personale dirigenziale, deve prevedere sia aspetti oggettivi che aspetti soggettivi, un’attenta pia- nificazione e un approccio graduale al problema. Una valutazione dei rischi senza applicazione di misure gestionali non ha alcun senso ed è fonte di ulteriori problemi. È possibile identificare, secondo l’esperienza e la ricerca, alcuni fattori di successo nella lotta al mobbing: • L’impegno da parte del datore di lavoro e dei dipendenti nel favorire un ambiente di lavoro privo di violenza; • descrivere e condividere il tipo di azioni e comportamenti che sono inaccettabili sul lavoro; • affermare in maniera netta quali sono le sanzioni per chi attua com- portamenti riferibili al mobbing; • indicare dove e come le vittime possono trovare un aiuto; • impegnarsi ad evitare qualsiasi azione di rappresaglia verso chi de- nuncia o si definisce mobbizzato; • spiegare la procedura per la presentazione di una denuncia; • fornire i dettagli di consulenza e servizi di supporto e mantenere la riservatezza. Datori di Lavoro e i Manager sono chiamati in causa per primi nel gestire il cambiamento culturale che impone oggi l’affrontare tematiche quali lo stress e le violenze sul lavoro. Le ricerche dimostrano che i comportamenti dei di- pendentiseguonolesceltedell’AltaDirezione(Grant,2000),quindisceglierela sicurezza sul lavoro come priorità aziendale è una soluzione efficace. Secondo Avallone (2005) sono le scelte e le decisioni organizzative adottate che pos- sono definire le condizioni di pericolo o di rischio per il benessere psicofisico dei lavoratori. Qual’ è il contenzioso che riguarda il mobbing? Rispetto alla supposta entità dei casi ed al numero delle rivendicazioni civilistiche , relativamente in pochi casi si hanno esiti sotto il profilo penale sia per il difficile reperimento dei testi e delle prove sia per il frequente
  • 33. 29Comunicazione per la prevenzione sulla sicurezza in Igiene del Lavoro apparente rispetto di norme e regolamenti (condizioni “border line”: il mobbing è comportamento spesso subdolo). Certo è che in non pochi casi le “prescrizioni” ex Dlgs 758/94 redatte per carenze che riguardano le condizioni di sicurezza ed igiene del lavoro anche organizzative (es: prevenzione dello stress) previste dal Dlgs 81/2008 migliorano il clima e possono limitare il mobbing strategico. Altra considerazione è che l’intervento del MC può essere influente nell’attenuare situazioni di disfunzione gestionale che favoriscono il mob- bing. Ed è anche vero che la maggior parte delle soluzioni si hanno per via amministrativa o per ricorso al giudice del lavoro o al Tribunale Civile (demansionamento). Varie esperienze aziendali e pubbliche (comitati antimobbing,consiglieri di parità, ecc.) sono state attuate per la riduzione del mobbing. In molti casi è però ancora necessaria, per la piena tutela del mobbizzato, l’assistenza da parte di un legale.
  • 34. Quaderni di Medicina ed Igiene del Lavoro, Sicurezza e Prevenzione30 Lostraining:trastressemobbing Cosa si intende per straining? Lo Straining, si differenzia dal Mobbing, per il modo in cui è perpetrata l’azione vessatoria. Abbiamo ampiamente visto che, per parlare di Mobbing, è necessario che l’azione di molestia sia caratterizzata da una serie di condotte ostili, continue e frequenti nel tempo, che venga riscontrato un danno alla salu- te e, infine, che questo danno possa essere messo in relazione all’azione persecutoria svolta sul posto di lavoro. Nello Straining, invece, viene meno il carattere della continuità delle azioni vessatorie. Pensiamo, per esempio, al deman- sionamento, alla dequalificazione, all’isolamento o alla privazione degli strumenti di lavoro: si tratta, certa- mente, di situazioni stressanti che possono anche causare gravi disturbi psicosomatici, ma non di azioni ripetute nel tempo. Quindi, la differenza fondamentale tra lo Straining e il Mobbing consiste nel fatto, che nel primo caso è presente un’azione unica ed isolata, mentre nel secondo è fondamentale la continuità delle azioni vessatorie. Per parlare di Straining, quindi, è sufficiente anche una sola azione, purché i suoi effetti siano duraturi nel tempo, come nei casi di demansio- namento o di trasferimento. Durante i colloqui con vittime di soprusi e violenze psicologiche sul posto di lavoro, Ege per primo aveva preso conoscenza che, gran parte dei soggetti convinti di essere stati mobbizzati, in realtà avevano subito trattamenti ingiusti e discriminanti sul posto di lavoro che però non avevano assolu- tamente le caratteristiche del mobbing classicamente inteso ed occorreva quindi trovare il termine adatto per definire questo tipo di molestie, spesso isolate,non caratterizzate dai parametri temporali e di gravità del mobbing. Un termine, la cui valenza non fosse solo descrittiva e pratica, ma anche psi-
  • 35. 31Comunicazione per la prevenzione sulla sicurezza in Igiene del Lavoro cologica, e quindi in grado di spiegare dettagliatamente alcune temporanee ma indiscusse sofferenze delle persone sottoposte a queste azioni. Pertanto, in Psicologia del Lavoro quei conflitti organizzativi non ri- entranti nel Mobbing ma comunque comprendenti situazioni lavorative stressanti, ingiuste e lesive, quali per esempio la dequalificazione o isola- mento professionale, sono definiti con il termine originale ed esclusivo di Straining”, termine che deriva dall’inglese “to strain”, e letteralmente può essere tradotto con il significato di “tendere”, “mettere sotto pressione”, “stringere”. Il significato del verbo inglese “to strain”, è molto vicino a quel- lo di un altro verbo inglese, “to stress”, ed infatti , il legame tra Straining e stress occupazionale è evidente, poiché in una situazione di Straining, l’aggressore o strainer, tenderà, sempre, a far cadere la propria vittima in una condizione particolare di Stress. Si tratta, di un tipo di stress, che potrebbe essere definito superiore rispetto a quello connaturato alla natura stessa del lavoro e alle normali interazioni organizzative. Esso, infatti, è diretto nei confronti di una vittima o di un gruppo di vittime in maniera intenzionale, e con lo scopo preciso di provocare un peggioramento permanente della condizione lavorativa delle persone coinvolte. Prima che venisse coniato un termine adatto non solo per indicare e descrivere questo tipo di conflitto organizzativo, ma anche in grado di dargli una certa valenza psicologica e giuridica, tra coloro che si ritenevano vittime di Mobbing, erano presenti vicende lavorative che non rientravano oggettivamente in questo fenomeno. Stando così le cose, questi lavoratori non erano in grado di sostenere le loro ragioni in tribunale, e quindi, non era loro riconosciuto il relativo danno causato dalle vessazioni subite. È, infatti, innegabile che, una persona demansionata e umiliata per un lungo periodo di tempo, soffre a livello di autostima, di socialità e di quali- tà della vita, riportando un danno esistenziale, oltre che professionale ed eventualmente biologico. Lo Straining, è dunque, una condizione psicologica posta a metà strada tra il Mobbing e il semplice stress occupazionale. Vediamo adesso come si può riconoscere una situazione di Straining: I sette parametri per riconoscere lo Straining (Ege):
  • 36. Quaderni di Medicina ed Igiene del Lavoro, Sicurezza e Prevenzione32 Parametri per il riconoscimento dello Straining Requisiti Ambiente lavorativo Il conflitto deve svolgersi sul posto di lavoro Frequenza Le conseguenze dell’azione ostile devono essere costanti Durata Il conflitto deve essere in corso da almeno sei mesi Tipo di azioni Le azioni subite devono appartenere ad alme- no una delle cinque categorie del “LIPT Ege” Dislivello tra gli antagonisti La vittima è in una posizione costante di inferiorità Andamento secondo fasi successive La vicendaharaggiuntoalmeno laII fase (“Con- seguenza percepita come permanente”) del Modello Ege di Straining a quattro fasi Intento persecutorio Nella vicenda devono essere riscontrabili uno scopo politico e un obiettivo discriminatorio Lo Stalking: cacciatori in cerca di prede Cosa si intende per stalking? Comportamenti, come telefonate, atti verbali o gestuali, sms, e-mail, “visite a sorpresa”, invio di fiori, cartoline,scritti o regali, quasi sempre pos- sono essere interpretati come segni di affetto, amicizia o apprezzamento, ma possono anche talora trasformarsi in forme vessatorie o di persecuzione se non graditi. Queste forme di “attenzione” in alcuni casi sono asfissianti al punto da interferire nella libertà e violando la privacy della persona oggetto dellestesse,intalunicasispaventandoocreandoproblemipsicologici,stress o vere e proprie patologie in chi ne è destinatario. Stalking, che in lingua inglese di “appostarsi”, configura di fatto la tipologia e l’atteggiamento di un soggetto che pratica volontariamente molestie assillanti verso una “preda” ed è quindi definibile come “stalker”.
  • 37. 33Comunicazione per la prevenzione sulla sicurezza in Igiene del Lavoro Il molestatore assillante o “stalker”: Può essere chiunque. • un conoscente con cui si hanno rapporti amicali, relazioni o contatti professionali • unperfettosconosciutoconcuicisièscontratiosonointercorsianchefugacirapporti casuali Come avviene lo stalking? Pedinamento, vessazioni e atteggiamenti persecutori possono palesarsi in modo occa- sionale o sporadico oppure possono essere insistenti e sgradevoli. In tal caso sono mani- festazioni di un fenomeno psicologico e sociale definito anche come “sindrome del molesta- tore assillante”, “inseguimento ossessivo” o anche obsessional following. Quali sono le caratteristiche dello stal- ker? Lo stalker o “molestatore assillante” è colui che mette in atto le condotte vessatorie ed ha come caratteristica comune ed assolutamente tipica una serie complessa di atteggiamenti e comportamenti che vengono sinteti- camente ricompresi nel termine “fare la posta” e che includono l’attesa l’osservazione,ilseguire,controllare,raccogliereinformazionisulla“vittima” e sui suoi movimenti o interessi. Vi sono diverse categorie di stalkers? Vi sarebbero due categorie di compor- tamenti attraverso i quali si può attuare lo stalking.Anzituttolecomunicazioniintrusive, comportamenti che hanno lo scopo di tra- smetteremessaggisulleproprieemozioni,sui bisogni,sugliimpulsi,suidesideriointenzioni, siarelativiastatiaffettiviamorosicheavissuti di odio, rancore o vendetta.
  • 38. Quaderni di Medicina ed Igiene del Lavoro, Sicurezza e Prevenzione34 Imetodidipersecuzioneadottati,sono“distorte”formedicomunicazione che vengono messe in atto mediante strumenti tecnologici come telefono, lettere, sms, e-mail o anche con sistemi diversi come scritte, graffiti o mu- rales. Altro tipo di comportamenti sono quelli di contatto-confronto costituiti appuntodacontatti,chepossonoessereattuatisiaattraversocomportamenti di controllo diretto, quali ad esempio pedinare o sorvegliare, che mediante comportamentidiconfrontodiretto,qualivisitesottocasaosulpostodilavoro, minacce o aggressioni. In ogni caso, quasi mai si ritrovano due tipologie separate e “pure” di stalkers, ma la gran parte delle volte si rilevano invece molestie in forme miste in cui la prima tipologia di comportamenti precede spesso la seconda specie di azioni. Quali sono le caratteristiche delle molestie e degli stalkers? Lo stalking si estrinseca mediante una vasta gamma di comportamenti sempre però basati sulla comunicazione e/o sul contatto, ma caratterizzati da ripetizione, insistenza e intrusività (Curci, Galeazzi, 2001).Secondo alcuni AA. esisterebbero diverse categorie o tipologie di stalkers (ad esempio “il risentito” che cerca vendetta per un torto o di un danno , portato a “giu- stificare” qualsiasi comportamento inclusa la lesione dell’immagine della persona dalla quale ritiene essere stato offeso, “il bisognoso d’affetto”,alla ricerca di una improbabile relazione con una vittima scelta perché,ad una superficiale valutazione, è stata ritenuta particolarmente vicina o “partner ideale”, ed il cui rifiuto viene reinterpretato come una tacita richiesta di aiuto per sbloccarsi o superare qualche supposta difficoltà, “il corteggiatore incompetente” con scarsa o inesistente capacità relazionale e comporta- menti espliciti anche aggressivi,inurbani, offensivi , volgari o scortesi che però non persiste generalmente a lungo in atteggiamenti persecutori salvo riproporli poi verso altri, “il respinto” che diventa stalker a seguito di un rifiuto e non si lascia generalmente intimorire dalle reazioni della vittima perché “la persecuzione rappresenta per lui comunque una sorta di con- tatto o relazione rispetto alla perdita totale giudicata intollerabile. Infine il soggetto definito “predatore” mira ad avere rapporti sessuali con la vittima che può pedinare, inseguire o spaventare. La paura può stimolare questo stalker che prova un senso di potere nell’organizzare le vessazioni.
  • 39. 35Comunicazione per la prevenzione sulla sicurezza in Igiene del Lavoro Lo stalking incide nei luoghi di lavoro o è connesso solo agli ambienti di vita? Secondo le statistiche attuali degli Stati Uniti e del Dipartimento del Lavoro, l’omicidio è la principale causa di morte per le donne sul posto di lavoro, e una delle principali cause di morte per gli uomini. Molte di queste morti sono il risultato di vessazioni stalking-compatibili. Gli studi hanno scoperto che uno su sei crimini violenti in America si verifica sul posto di lavoro, pari a circa 1 milioni di reati all’anno. Certo è che negli USA come anche in Italia, lo stalking inteso in relazione alle vittime sul lavoro, è un problema abbastanza nuovo per le aziende. Molti manager e supervisori non sanno come affrontare e reagire al pericolo, mentre spesso neanche le vittime trovano la comprensione e la protezione di cui hanno bisogno. A fronte di tale situazione, i manager stanno finalmente iniziando a riconosce- re la gravità del problema e la violenza sul posto di lavoro è stata classificata come la preoccupazione numero uno dei dirigenti di 1000 aziende. Le vittime di stalking necessitano della collaborazione del datore di lavoro ma molte aziende rifiutano ostinatamente di pensare che i dipen- denti possano essere in pericolo. Ed ancora, molti datori di lavoro vedono lo stalking come un problema personale, degli ambienti di vita e non un problema dell’Azienda in cui dovrebbero essere coinvolti. E se molti omicidi sul lavoro sono una diretta conseguenza dello stalking, la maggior parte delle aziende dovrebbe addestrare i loro manager per evitare le molestie sessuali; invece la formazione viene usata molto poco solo nel contrastare la violenza sul posto di lavoro, ed in particolare lo stalking. Per molte vittime di stalking con la qualifica di sottoposti o impiegati, la preoccupazione non è più se conserveranno il loro impiego o se saranno e licenziati, ma piuttosto se saranno molestati o subiranno violenza sul
  • 40. Quaderni di Medicina ed Igiene del Lavoro, Sicurezza e Prevenzione36 lavoro da uno stalker. Tra l’altro molte vittime, per l’imbarazzo e la paura, sono riluttanti a parlare con dirigenti e colleghi su condotte stalkizzanti. Nonostante ciò, non si dovrebbe aver paura di informare la dirigenza se un molestatore si palesa. Si dovrebbe anzi, per quanto possibile, ottenere quante più informazioni possibile sullo stalking condividendole con diri- genti, collaboratori, preposti, medici competenti, RSPP ed altro personale di sicurezza. D’altra parte la caratterizzazione dello stalking negli ambienti di lavoro è un pericolo reale per molte vittime di stalking: spesso però i colleghi ed i superiori della vittima sembrano ignorarlo. Mentre è molto importate per la vittima spiegare al proprio capo ciò che sta accadendo ed occorrerebbe ad esempio mostrare le foto, se possibile, dando una descrizione dello stalker, con tutte le informazioni che possono essere utili per identificare il mole- statore. Si pensi a quale sottile tortura possa rappresentare per la vittima l’avere un collega che esercita un controllo intrusivo su auto, movimenti, amicizie e telefonate personali sul posto di lavoro. Un elemento fondamentale per la lotta a questo fenomeno appare dunque la consapevolizzazione e la formazione dell’Azienda sulle tematiche dello stalking, elemento che costituisce la migliore garanzia di protezione per tutti. Quali sono le figure più aggredite dagli stalkers? Molte persone che subiscono molestie assillanti sono donne di un’età più frequentemente compresa tra i 18 e i 24 anni. Tuttavia, alcuni tipi di persecuzioni, quali ad esempio quelle legate al risentimento o alla paura di perdere la relazione che nasce dall’essere respinti, sono rivolte principal- mente a donne tra i 35 e i 44 anni. Come già detto, i luoghi di lavoro sono spesso occasione di rapporti tra colleghi. Categorie sociali a rischio di stalking, come lo sono gli appartenenti alle cosid- dette “professioni d’aiuto”, professionisti cioè che entrano in contatto con bisogni profondi di aiuto dellepersone(assistenti sociali, medici, infermieri e psicologi) che possono facilmente divenire vittime di proiezioni di affetti e relazioni interio- rizzate. Anche le eccessive speranze di
  • 41. 37Comunicazione per la prevenzione sulla sicurezza in Igiene del Lavoro alcuni “pazienti” possono essere tradite dalla quotidianità professionale e lo stalking diventa una domanda di attenzione o una ricerca di vendetta per l’attribuzione di responsabilità sulla salute o sulla vita propria o dei propri cari. Peraltro secondo l’ISTAT in Italia le donne fatte oggetto di comporta- menti persecutori (telefonate, lettere, pedinamenti e atti vandalici) che rientrano nel cosiddetto ‘stalking‘, (dall’inglese “to stalk”: fare la posta), sono 2.077 mila, 937 mila delle quali è stata vittima anche di violenza fisica o sessuale. In Italia l’86% delle vittime dello stalking è una donna tra i 18 ed i 24 anni (20%), tra i 35 ed i 44 (6,8%) o dai 55 anni in poi (1,2%). Un’indagine australiana ha osservato, in un sondaggio a 6300 donne, che è più probabile che la molestia sia commessa da un uomo e risulta inoltre che il 2,6% delle vittime sposate o legate stabilmente riferisce non solo che il reo risulta essere il coniuge o l’ex-partner, ma anche di aver subito violenza da questi. La violenza fisica, spesso di natura sessuale, è un tratto distintivo della vita della vittima. Lo stalking è in crescita? La risposta è affermativa. La crescita avviene specie con la posta elettro- nica (Eurispes = 80% dei casi) e con le chat. L’analisi condotta dalla Polizia di New York ha mostrato su un campione di casi dal 1996 al 2000 una tipologia ricorrente di molestatore (maschio, 25 anni) e di vittima (donna, 35 anni) e l’utilizzo primario dell’email come strumento di stalking. Gli stalker hanno anche realizzato pagine web, inserendovi messaggi intimidatori indirizzati alla vittima o informazioni riservate o pubblicizzando falsi servizi erotici della vittima o messa on-line foto della vittima, relative ad una pregressa relazione o scattate di nascosto, durante un appostamento. Si segnala a tale proposito che alcuni eventi processuali nel nostro Paese hanno resa nota l’attività di stalking effettuata tramite la posta elettronica interna da parte di dirigenti nei confronti di subordinati. Come è punibile lo stalking? Anzitutto lo stalker può essereunapersonanormalissima. In partealcuni possono avere turbe psichiche, essere narcisisti, paranoici, borderline, ma spesso sono persone ‘normali’, ex partner, mariti che hanno avuto una
  • 42. Quaderni di Medicina ed Igiene del Lavoro, Sicurezza e Prevenzione38 situazione triste familiare, che sono stati lasciati, e impegnano tutte le loro energie per dare fastidio. Lo stalking oggi ha un profilo automomo che è quello dell’art. 612-bis CP. - (Atti persecutori). «È punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da ca- gionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero a costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita. La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge legalmente separato o divorziato o da persona che sia stata legata da relazione affettiva alla persona offesa. La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di donna in stato di gravidanza o di un soggetto con disabilità, ai sensi dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi, o da persona travisata, o con scritto anonimo. Il delitto è punibile a querela della persona offesa e termine per la proposizione della querela è di sei mesi. Si procede tuttavia d’ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di persona con disabilità, ai sensi dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio». Fino a quando non è esposta querela per il reato di cui all’articolo 612- bis del codice penale, la persona offesa può esporre i fatti all’autorità di pubblica sicurezza avanzando richiesta al questore di ammonimento nei confronti dell’autore della condotta. La richiesta è trasmessa senza ritardo al questore. Ed il questore, assunte se necessario informazioni dagli organi investi- gativi e sentite le persone informate dei fatti, ove ritenga fondata l’istan- za, ammonisce oralmente il soggetto nei cui confronti è stato richiesto il provvedimento, invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge e redigendo processo verbale. Copia del processo verbale è rilasciata al richiedente dell’ammonimento e al soggetto ammonito. Il questo- re valuta l’eventuale adozione di provvedimenti in materia di armi e munizioni. Il giudice poi può procedere ad ulterioriazioni«Art.282-ter.-(Divieto di avvicinamento ai luoghi frequen- tati dalla persona offesa). - 1. Con il
  • 43. 39Comunicazione per la prevenzione sulla sicurezza in Igiene del Lavoro provvedimento che dispone il divieto di avvicinamento il giudice prescrive all’imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequen- tati dalla persona offesa ovvero di mantenere una determinata distanza da tali luoghi o dalla persona offesa. 2. Qualora sussistano ulteriori esigenze di tutela, il giudice può prescrivere all’imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati da prossimi congiunti della persona offesa o da per- sone con questa conviventi o comunque legate da relazione affettiva ovvero di mantenere una determinata distanza da tali luoghi ovvero da tali persone. 3. Il giudice può, inoltre, vietare all’imputato di comunicare, attraverso qualsiasi mezzo, con le persone di cui ai commi 1 e 2. 4. Quando la frequentazione dei luoghi di cui ai commi 1 e 2 sia necessaria per motivi di lavoro ovvero per esigenze abitative, il giudice prescrive le relative modalità e può imporre limitazioni....».Aquestoreatopossonoaggiungersiquellidi ingiurie, minaccia e altri. Il Tribunale di Milano, con la sentenza del 15 marzo 2001, ha ricono- sciuto il danno esistenziale di una vittima di stalking, riconoscendo quindi il diritto al risarcimento secondo l’art. 2059 c.c. La sentenza 16148/07 della Cassazione stabilisce che il datore di lavoro che, a conoscenza di atti vessatori messi in atto da suoi dipendenti, non fa nulla per impedirli, è responsabile per inadempimento contrattuale e violazione dell’art. 2087 del Codice Civile e può essere quindi chiamato a risarcire i danni. Quali sono le misure di prevenzione da adottare per lo stalking? Innanzitutto, inutile negare il problema. Spesso, dal momento che nessuno vuole considerarsi una “vittima”, si tende a evitare di riconoscersi in pericolo, finendo per sottovalutare il rischio e aiutando così lo stalker. Il primo passo è allora sempre quello di riconoscere il problema e di adottare delle precauzioni maggiori rispetto a quelle adottate dalle persone che non hanno questo problema. Occorre informarsi sull’argomento e comprendere i rischi reali, seguendo dei comportamenti volti a scoraggiare, quando è possibile, gli atti di molestia assillante. Se la molestia consiste nella richiesta di iniziare o ristabilire una relazione indesiderata, è necessario essere fermi nel “dire di no” una sola volta e in modo chiaro. Altri sforzi di convincere il proprio persecutore insistente, comprese improvvisate interpretazioni psicologiche che lo/la additano come bisognoso di aiuto e di cure, saranno lette come reazioni ai suoi comportamenti e quindi rappresenteranno dei rinforzi, in quanto attenzioni. Anche la restituzione di un regalo non gradito,
  • 44. Quaderni di Medicina ed Igiene del Lavoro, Sicurezza e Prevenzione40 una telefonata di rabbia o una risposta negativa ad una lettera sono segnali di attenzione che rinforzano lo stalking. Comportamenti molto efficaci per difendersi dal rischio di aggressio- ni sono quelli prudenti in cui si esce senza seguire abitudini routinarie e prevedibili, in orari maggiormente affollati e in luoghi non isolati, magari adottando un cane addestrato alla difesa, un modo che si è rivelato molto utilesiacomeconcretadifesacheperaumentarelasensazionedisicurezza.Se le molestie sono telefoniche non cambiare numero. Anche in questo caso, le frustrazioni aumenterebbero la motivazione allo stalking. È meglio cercare di ottenereunasecondalinea,lasciandochelavecchialineadiventiquellasucui ilmolestatorepuòcontinuareatelefonare,magarimentreazzeratelasoneria e rispondete gradualmente sempre meno. Per produrre prove della molestia alla polizia, non lasciarsi prendere dalla rabbia o dalla paura e raccogliere più dati possibili sui fastidi subiti. È utile mantenere sempre a portata di mano un cellulare in più per chiamare in caso di emergenza e se si pensa di essere in pericolo o segui- ti, non andare mai di corsa a casa o da un amico, ma recarsi dalle forze dell’ordine. Quali possono essere le conseguenze dello stalking? Purtroppo spesso i comportamenti di stalking possono essere protratti a lungo con conseguenze psicologiche negative principalmente per la vittima, ma anche per chi lo agisce e, talvolta, per chi lo osserva. La vittima, per quanto possa essere breve il periodo in cui viene per- seguitata, rischia di conservare a lungo delle vere e proprie ferite. Le con- seguenze dello stalking infatti, per chi lo subisce, sono spesso diverse e si trascinano per molto tempo cronicizzandosi. In base al tipo di atti subiti e alle emozioni sperimentate possono determinarsi stati d’ansia e problemi di insonnia o incubi, ma anche flashback e veri e propri quadri di Disturbo Post Traumatico da Stress. Lo stalker che agisce compulsivamente tende a seguire i propri bisogni e a negare la realtà, danneggiando progressivamente la propria salute mentale e la qualità della propria vita sociale che si deteriorano sempre di più, via via che la persecuzione si protrae nel tempo. Ed ancheil pubblico degli episodi di stalkingpuò essereil ristretto pubbli- co familiare che, identificandosi empaticamente alla vittima, può sviluppare preoccupazioni per la persona cara o forme vicarie di paura ed ansia.
  • 45. 41Comunicazione per la prevenzione sulla sicurezza in Igiene del Lavoro Molestie sessuali Cosa sono le molestie sessuali? Spesso affiancato al tema dello stakling è possibile trovare il tema delle molestie sessuali. Secondo le disposizioni UE per “molestie sessuali” si intende ogni comportamento indesiderato a connotazione sessuale o qualsiasi altro comportamento basato sul sesso che offenda la dignità delle donne e degli uomini nel mondo del lavoro ivi inclusi atteggiamenti male accetti di tipo fisico, verbale o non verbale. La caratteristica essenziale sta nel fatto che si tratta di un atto indesiderato da parte di chi lo subisce e che spetta al singolo individuo stabilire quale comportamento egli possa tollerare e quale sia da considerarsi offensivo. È un fenomeno che colpisce di preferenza le donne e il molestatore non è un individuo socialmente deviato” (Ministero dell’Interno). Secondo una recentissima ricerca sul tema delle molestie e violenze sessuali condotta in Europa nel 2011 su 21.516 studentesse universitarie, in Italia almeno il 69% delle intervistate ha dichiarato di aver subito una molestia sessuale almeno una volta nella vita. E le medie sembrano anche alzarsi per altri paesi europei quali la Spagna (70%), la Germania (80%), il Regno Unito (84,4%). La stessa ricerca inoltre, mostra come le differenze al livello di paesi europei siano dovuti non tanto ad un’effettiva maggiore o minore presenza del fenomeno quanto ad una maggiore o minore capacità di riconoscerlo, gestirlo e governarlo. Le molestie sessuali infatti hanno una forte connotazione “culturale”, per cui situazioni apprezzamenti verbali, sguardi insistenti, battute allusive possono venire decodificati come molestia a seconda dei contesti e delle relazioni che intercorrono tra i soggetti coinvolti. Anche le reazioni delle vittime di molestie possono variare in base ai contesti e alle situazioni. Laddove però il soggetto molestato percepisca un disagio, questo può variare da un continuo stato di ansia e insicurezza fino all’insorgenza di un disagio psicologico grave, fino a fenomeni di rifiuto di uscire e di relazionarsi con gli altri. In generale però è possibile dire che la caratteristica distintiva di una molestia sessuale è che si tratta di un atto indesiderato per chi lo subisce. Spetta dunque al soggetto definire qual è il limite oltre il quale un compor- tamento diventa offensivo o violento.
  • 46. Quaderni di Medicina ed Igiene del Lavoro, Sicurezza e Prevenzione42 Molestie sessuali sul lavoro Quando si è sul posto di lavoro, il disagio connesso alle molestie sessuali possono manifestarsi con fenomeni di allarmismo e insicurezza della vittima sul possono di lavoro fino a ricorrenti assenze per malattia del soggetto vittima di molestie, il quale – non trovando altre vie d’uscita dal problema, non può far altro che allontanarsi dal luogo in la minaccia è più presente. Comportamenti definibili come “molestie sessuali”, possono provenire da colleghi oppure dal datore di lavoro, possono verificarsi nei confronti delle donne e in alcuni casi, pur se meno frequenti, anche degli uomini. Apprezzamenti, contatti fisici più o meno apparentemente causali, am- miccamenti, richieste esplicite o implicite di avanzamenti o miglioramenti della propria carriera in cambio di favori sessuali sono tutti comportamenti che possono essere definiti molestie sessuali, se il destinatario di queste condotte le vive come violenze e/o azioni inopportune. Le molestie sono infatti da differenziare rispetto al semplice “corteg- giamento”, che è un comportamento che implica il consenso di tutti i partecipanti alla relazione. Una forma particolarmente violenta di molestia sessuale è quella che avviene attraverso il ricatto (rispetto al proprio posto di lavoro, ruolo, fun- zione aziendale, etc.), che fa percepire alla vittima di essere “in trappola”. Cosa dice la Legge in tema di molestie? Al livello giuridico, la molestia sessuale è considerata allo stesso modo di un offesa della persona per la vittima ed esistono strumenti di tutela e di difesa individuali (rif. n. 2087 del c.c.; art. n. 260 del c.p.; leggi n. 300/70 e n. 125/91). Una proposta di legge approvata dal Senato definisce sia l’oggetto che il campodiapplicazionedellemolestieestabiliscechequest’ultime,influendo sulle decisioni che riguardano il rapporto di lavoro, sono considerate com- portamentidiscriminatori.Dunque,“ogniattoottenutoconcomportamento scorrettoèannullabileeogniattoderivantedaattodiscriminatoriopersesso derivante dalla molestia è considerato nullo” (Ministero dell’Interno). Laddove il molestatore sia il datore di lavoro la vittima ha diritto a recedere dal contratto per giusta causa e deve essere risarcita con una indennità proporzionata alla gravità del comportamento molesto subito. Ogni datore di lavoro pubblico o privato è tenuto ad adottare iniziative
  • 47. 43Comunicazione per la prevenzione sulla sicurezza in Igiene del Lavoro adeguate per la formazione, l’informazione, la prevenzione delle molestie sessuali, tutelando i lavoratori dal rischio di riceverle. Cosa dovrebbe fare un datore di lavoro davanti al rischio di mole- stie? Attraverso misure di prevenzione e informazione dei lavoratori il datore di lavoro o il dirigente dovrebbe creare un clima di fiducia in cui sia possibile parlare, discutere ed eventualmente denunciare casi di molestie. Andrebbe altresì sottolineato che tutti i dipendenti hanno il dovere di collaborare al mantenimento di un ambiente di lavoro in cui sia rispettata la dignità di ognuno,mentrelaoildipendentecheabbiasubitomolestieosiasottoposto a comportamenti indesiderati o discriminatori a sfondo sessuale ha diritto all’interruzione dei comportamenti molesti nei suoi confronti. Hazing: rituali e vessazioni Che cosa si intende per Hazing? Hazing è il termine usato per descrivere vari rituali e altre vessazioni che comprendonomolestie,abusioumiliazioneutilizzatecomesistemadiiniziazio- ne di una persona in un gruppo. È praticato oggi in diversi gruppi come, club, squadre sportive, unità militari, e luoghi di lavoro anche qualificati negli Stati Uniti e in Canada. Si tratta di pratiche spesso vietate dalla legge che possono consistere in pratiche degradanti sia fisiche (vessazioni violente) che mentali. Possono spesso essere caratterizzate anche da immagini o atteggiamenti di nudo o di attività ses- suali vissute come “abuso” Esiste lo Hazing in Europa? Lo Hazing è assimilato a termini come ‘battesimo’ (baptême francese) o rito di passaggio per matricole (Bizutage) o una combinazione di entrambi, come nel finlandese mopokaste (letteralmente “battesimo del ciclomoto-
  • 48. Quaderni di Medicina ed Igiene del Lavoro, Sicurezza e Prevenzione44 re”). In svedese, il “nollning”, è “azzeramento”. In Spagna, la “novatada” significa nuovo arrivato e in Portogallo “praxe”, significa “abitudine”. Spes- so la prova più grave, è una sessione orgiastica collettiva, che può essere chiamata la notte l’inferno, ma alcune tradizioni si impegnano a mante- nere il terrore per un lungo periodo (un termine comune per i candidati è l’iniziazione; termini alternativi sono newbie, rookie, soprattutto in USA nelle squadre di atletica). Lo Hazing è stato segnalato in una vasta gamma di contesti sociali ed è stato apparentemente usato come un metodo per promuovere lealtà e cameratismo di gruppo attraverso la sofferenza con- divisa con altri partecipanti Come avviene lo Hazing e quali sono i rituali? Lo Hazing viene praticato spesso nelle squadre sportive dei campionati dilettanti o junior di club professionistici per avviare nuovi membri, anche in gruppi di lavoro, soprattutto quando i candidati sono più giovani rispetto al resto dei dipendenti o degli impiegati. Hazing può determinarsi in gruppi selettivi di lavoratori sia in aziende private che in Pubbliche Istituzioni; le pratiche di hazing sono più comuni (ma non limitate) alle scuole del Nord America, Svezia, ai colleges inglesi ed alle università in generale, anche in piccole istituzioni. Altri gruppi che hanno rituali hazing sono i tifosi ed i fan club, gruppi sociali, società segrete. Sebbene i rituali di hazing possano essere poco noti, essi possono comunque essere molto diffusi, anche in piccoli gruppi di lavoratori addetti ad attività particolari, e costituiscono quasi sempre motivo di sofferenza per chi li subisce. Quali tipologie di vessazioni in particolare si possono realizzare ed in quali contesti lavorativi? Forze Armate, corpi di vigilanza di vari paesi hanno da tempo o rituali di hazing, con violenze e punizioni. In USA è difficile che esistano ancora pratiche di hazing salvo per unità particolari ma i rituali sono frequenti nei college militari o nelle istituzioni gestite come in ambito militare (es: ospedali, strutture di aiuto ed assistenza). Le pratiche di Hazing nell’esercito russo sono denominate “Dedovshchina”. In Italia alcune forma di hazing sono ricondotte alle pratiche vessatorie note come “nonnismo”. Forze di polizia, o con tradizione paramilitare (squadre della morte,