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KAIZEN è una espressione giapponese che significa
MIGLIORAMENTO CONTINUO
LE LINEE GUIDA DEL MIGLIORAMENTO:
Abbandonare le idee tradizionali
(preconcette)
Pensare a come fare piuttosto ai motivi
per cui una cosa non può essere fatta
Non accampare scuse, cominciare a
mettere in discussione le prassi correnti
Non cercare la perfezione prima di intraprendere qualcosa di nuovo
Fare e Correggere gli errori man mano che si fanno
Usare il buon senso per il miglioramento continuo
Chiedersi 5 volte perchè e cercare le cause di fondo
Cercare il buon senso di 10 persone invece che la conoscenza profonda
di una sola
Le idee di miglioramento continuo sono infinite (non smettere mai)
KAIZEN è una espressione giapponese che significa MIGLIORAMENTO
CONTINUO. Dal 1950 il mondo industriale giapponese ha “prodotto”,
partendo dagli insegnamenti di scienziati del management, quali il dr.
Deming, una serie impressionante di tecniche e metodi per il
miglioramento continuo. Kaizen è uno di questi, ma anche TQM e più
recentemente 6 Sigma si iscrivono in questo filone che possiamo chiamare
genericamente come QUALITA’.
Il punto di partenza – quali problemi vogliamo risolvere
E’ normale che quando le condizioni lavorative e professionali diventano
insoddisfacenti, le persone propongano qualche forma di miglioramento.
Alcune volte questi miglioramenti non possono essere realizzati, magari perchè
il capo non ne vuole sapere, o comunque per il fatto che per metterli in pratica
c’è bisogno di qualche approvazione dall’alto.
Qual’è il clima ideale per il fiorire di idee di miglioramento? Dei capi che
incoraggino i propri collaboratori a sviluppare idee di miglioramento e che
sappiano apprezzare e riconoscere l’impegno che le persone profondono nel
cercare di migliorare.
Ma, c’è sempre un ma sospeso nell’aria nelle organizzazioni, la vita non è
facile. I capi hanno la pessima abitudine di fare domande e/o obiezioni
“assurde” come “se non è guasto perchè lo dovremmo sostituire (riferendosi a
un pezzo o a un macchinario)”, oppure “la procedura è ok per me, perchè
dovremmo cambiarla”.
Ci si trova dunque in una posizione scomoda; se realizzate il cambiamento, il
capo vi darà addosso, ma se non lo fate la condizione lavorativa e professionale
rimarrà insoddisfacente.
I capi in genere non sono disposti a dare una chance, per molte o nessuna
ragione; comunque sia ci si trova bloccati. I capi, malgrado incoraggino le
persone a proporre miglioramenti, poi trovano sempre una serie di “buone
ragioni” per lasciare le cose come stanno.
Tutti conosciamo bene queste “buone ragioni”:
Il capo è troppo preso da altre cose per analizzare le proposte di
miglioramento
La proposta è una buona idea, ma i tempi non sono maturi
Non è previsto nel budget
La teoria è una cosa, ma la pratica è tutta un’altra cosa
Non c’è altro di cui occuparsi, secondo te?
Penso che non sia coerente con le politiche del corporate (della proprietà,
della capo gruppo)
È fuori dal nostro business (dal nostro ambito), ci penserà qualcun altro
Sei così insodisfatto del tuo lavoro?
Si sa già come finirà, anche se non lo facciamo veramente
Puoi pensare qualcosa di meglio di questo?
Molte volte la risposta dei capi è una combinazione di una o più di queste
buone ragioni; prima di dare addosso ai capi pensiamo a che cosa fate voi
quando un vostro collaboratore viene a proporvi un qualche miglioramento!
In una organizzazione inefficiente tutti tendono ad avere la loro lista privata di
“buone ragioni” per non cambiare.
La lista si allunga all’infinito, questo accade ogni giorno nelle organizzazioni. I
capi cioè scoraggiano i collaboratori e questi ultimi diventano ben presto
scettici sulle reali possibilità di miglioramento e smettono di essere propositivi.
L’organizzazione a sua volta si siede sulla abitudini correnti.
Qualche volta i capi, consapevoli di questo immobilismo, per realizzare un salto
di qualità comprano una nuova macchina, cambiano il layout produttivo,
qualcuno addirittura ingaggia un branco di consulenti per dare una spinta
decisa. Cambiano ogni cosa tranne il loro atteggiamento. Questo è il punto. Il
cambiamento e il miglioramento devono iniziare dall’alto, dai capi; la prima
cosa da cambiare è il loro atteggiamento nei confronti dei loro collaboratori.
In tutti gli approcci figli della QUALITA’ (Kaizen, TQM, eccetera) la priorità
numero 1 è l’impegno e la determinazione dei capi nel miglioramento.
Questa è una fotografia, magari non brillante ma di sicuro precisa della realtà di
molte aziende. Tutti gli approcci al miglioramento continuo partono dalla
constatazione che questa è la realtà che si vuole cambiare.
LE LINEE GUIDA DEL MIGLIORAMENTO
Quali sono le linee guida, quali i punti principali dell’agenda del
“miglioramento continuo”, i precetti da seguire. Prendendo a riferimento il
Kaizen troviamo:
Abbandonare le idee tradizionali (preconcette)
Pensare a come fare piuttosto ai motivi per cui una cosa non può essere
fatta
Non accampare scuse, cominciare a mettere in discussione le prassi
correnti
Non cercare la perfezione prima di intraprendere qualcosa di nuovo
Fare e Correggere gli errori man mano che si fanno
Usare il buon senso per il miglioramento continuo
Chiedersi 5 volte perchè e cercare le cause di fondo
Cercare il buon senso di 10 persone invece che la conoscenza profonda di
una sola
Le idee di miglioramento continuo sono infinite (non smettere mai)
Nessuno mette in discussione che questi punti debbano stare nell’agenda di tutti
coloro che cercano il miglioramento. Ma tra il dire e il fare di solito c’è di
mezzo il mare. E il mare in questione si chiama COME.
E’ probabile che leggendo fino a qui vi siate detti “certo, è tutto vero, tutto
giusto, ma poi come.. come si fa a convincere, come si decide quale è
meglio, come, come…”
Per colmare questo vuoto ci serve un mare di conoscenza, non basta il buon
senso. Non è vero che il buon senso è sempre sufficiente.
Ci accorgiamo tutti i giorni che per tradurre in realtà i suggerimenti di buon
senso e applicare le tecniche previste, ci servono strumenti più potenti in grado
di farci capire più a fondo e più precisamente:
quali sono le idee tradizionali da abbandonare. Infatti non tutte le idee
tradizionali sono da abbandonare, solo quelle che generano immobilismo
nell’organizzazione.
Quali sono le prassi correnti da mettere in discussione
Quali sono le cause di fondo che generano condizioni lavorative e
professionali insoddisfacenti
Quali sono le azioni che rimuovono queste cause di fondo
Come mettere d’accordo il buon senso di tante persone, diverse tra loro,
ognuna con il suo personale buon senso
Come realizzare i cambiamenti (cioè passare da una fase di enunciazione
di problemi e soluzioni a una fase di attuazione pratica) senza
compromettere il normale andamenrto dell’organizzazione.
Come pianificare e controllare tutto questo lavoro
Dove li troviamo tutti questi strumenti? Nell’arsenale della TOC -Theory of
Constraints, si chiamano Thinking Processes Tools , si possono imparare; per
imparare la meccanica dei TP tools servono 2 giornate di formazione, per
imparare a utilizzarli al meglio non basta tutta una vita.
E’ come per la bicicletta, vi possono spiegare quali sono i componenti di una
bicicletta (telaio, ruote, manubrio, cambio, freni), vi possono spiegare come ci
fa a andare (euqilibrio, pedalare, frenare, piede a terra, mani sempre sul
manubrio, ecc.), ci vuole poco tempo. Ma questo non è sufficiente per dire “so
andare in bicicletta”, dovete andarci molte e molte volte, con diverse condizioni
di terreno e atmosferiche, distanza e compagni diversi. E dopo anni di bicicletta
avrete ancora molto da imparare. Così è per la TOC.

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NUOVE REGOLE PER I TIROCINI DAL 13/02/2017
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RIDUZIONE DEL TASSO INAIL PER IL 2017 La richiesta scade il 28 Febbraio
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ASSUNZIONE DI DISABILI: NUOVI OBBLIGHI DAL 1° GENNAIO 2017
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CANONE RAI 2017: LA DICHIARAZIONE SOSTITUTIVA PER CHIEDERNE L’ESONERO
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I VOUCHER PER IL LAVORO ACCESSORIO E LE RECENTI FAQ DEL MINISTERO DEL LAVORO
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NASpI per gli stagionali del settore turismo e stabilimenti termali
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NUOVE REGOLE PER I BUONI LAVORO
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BONUS CULTURA: 500 EURO AI DICIOTTENNI
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UNIONI CIVILI E CONVIVENZE DI FATTO: INCIDENZA SUL RAPPORTO DI LAVORO
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KAIZEN E' UNA ESPRESSIONE GIAPPONESE CHE SIGNIFICA MIGLIORAMENTO CONTINUO - CONSULENZA LAVORO LECCE

  • 1. KAIZEN è una espressione giapponese che significa MIGLIORAMENTO CONTINUO LE LINEE GUIDA DEL MIGLIORAMENTO: Abbandonare le idee tradizionali (preconcette) Pensare a come fare piuttosto ai motivi per cui una cosa non può essere fatta Non accampare scuse, cominciare a mettere in discussione le prassi correnti Non cercare la perfezione prima di intraprendere qualcosa di nuovo Fare e Correggere gli errori man mano che si fanno Usare il buon senso per il miglioramento continuo Chiedersi 5 volte perchè e cercare le cause di fondo Cercare il buon senso di 10 persone invece che la conoscenza profonda di una sola Le idee di miglioramento continuo sono infinite (non smettere mai) KAIZEN è una espressione giapponese che significa MIGLIORAMENTO CONTINUO. Dal 1950 il mondo industriale giapponese ha “prodotto”, partendo dagli insegnamenti di scienziati del management, quali il dr. Deming, una serie impressionante di tecniche e metodi per il miglioramento continuo. Kaizen è uno di questi, ma anche TQM e più recentemente 6 Sigma si iscrivono in questo filone che possiamo chiamare genericamente come QUALITA’. Il punto di partenza – quali problemi vogliamo risolvere E’ normale che quando le condizioni lavorative e professionali diventano insoddisfacenti, le persone propongano qualche forma di miglioramento. Alcune volte questi miglioramenti non possono essere realizzati, magari perchè
  • 2. il capo non ne vuole sapere, o comunque per il fatto che per metterli in pratica c’è bisogno di qualche approvazione dall’alto. Qual’è il clima ideale per il fiorire di idee di miglioramento? Dei capi che incoraggino i propri collaboratori a sviluppare idee di miglioramento e che sappiano apprezzare e riconoscere l’impegno che le persone profondono nel cercare di migliorare. Ma, c’è sempre un ma sospeso nell’aria nelle organizzazioni, la vita non è facile. I capi hanno la pessima abitudine di fare domande e/o obiezioni “assurde” come “se non è guasto perchè lo dovremmo sostituire (riferendosi a un pezzo o a un macchinario)”, oppure “la procedura è ok per me, perchè dovremmo cambiarla”. Ci si trova dunque in una posizione scomoda; se realizzate il cambiamento, il capo vi darà addosso, ma se non lo fate la condizione lavorativa e professionale rimarrà insoddisfacente. I capi in genere non sono disposti a dare una chance, per molte o nessuna ragione; comunque sia ci si trova bloccati. I capi, malgrado incoraggino le persone a proporre miglioramenti, poi trovano sempre una serie di “buone ragioni” per lasciare le cose come stanno. Tutti conosciamo bene queste “buone ragioni”: Il capo è troppo preso da altre cose per analizzare le proposte di miglioramento La proposta è una buona idea, ma i tempi non sono maturi Non è previsto nel budget La teoria è una cosa, ma la pratica è tutta un’altra cosa Non c’è altro di cui occuparsi, secondo te? Penso che non sia coerente con le politiche del corporate (della proprietà, della capo gruppo) È fuori dal nostro business (dal nostro ambito), ci penserà qualcun altro
  • 3. Sei così insodisfatto del tuo lavoro? Si sa già come finirà, anche se non lo facciamo veramente Puoi pensare qualcosa di meglio di questo? Molte volte la risposta dei capi è una combinazione di una o più di queste buone ragioni; prima di dare addosso ai capi pensiamo a che cosa fate voi quando un vostro collaboratore viene a proporvi un qualche miglioramento! In una organizzazione inefficiente tutti tendono ad avere la loro lista privata di “buone ragioni” per non cambiare. La lista si allunga all’infinito, questo accade ogni giorno nelle organizzazioni. I capi cioè scoraggiano i collaboratori e questi ultimi diventano ben presto scettici sulle reali possibilità di miglioramento e smettono di essere propositivi. L’organizzazione a sua volta si siede sulla abitudini correnti. Qualche volta i capi, consapevoli di questo immobilismo, per realizzare un salto di qualità comprano una nuova macchina, cambiano il layout produttivo, qualcuno addirittura ingaggia un branco di consulenti per dare una spinta decisa. Cambiano ogni cosa tranne il loro atteggiamento. Questo è il punto. Il cambiamento e il miglioramento devono iniziare dall’alto, dai capi; la prima cosa da cambiare è il loro atteggiamento nei confronti dei loro collaboratori. In tutti gli approcci figli della QUALITA’ (Kaizen, TQM, eccetera) la priorità numero 1 è l’impegno e la determinazione dei capi nel miglioramento. Questa è una fotografia, magari non brillante ma di sicuro precisa della realtà di molte aziende. Tutti gli approcci al miglioramento continuo partono dalla constatazione che questa è la realtà che si vuole cambiare. LE LINEE GUIDA DEL MIGLIORAMENTO Quali sono le linee guida, quali i punti principali dell’agenda del “miglioramento continuo”, i precetti da seguire. Prendendo a riferimento il Kaizen troviamo: Abbandonare le idee tradizionali (preconcette)
  • 4. Pensare a come fare piuttosto ai motivi per cui una cosa non può essere fatta Non accampare scuse, cominciare a mettere in discussione le prassi correnti Non cercare la perfezione prima di intraprendere qualcosa di nuovo Fare e Correggere gli errori man mano che si fanno Usare il buon senso per il miglioramento continuo Chiedersi 5 volte perchè e cercare le cause di fondo Cercare il buon senso di 10 persone invece che la conoscenza profonda di una sola Le idee di miglioramento continuo sono infinite (non smettere mai) Nessuno mette in discussione che questi punti debbano stare nell’agenda di tutti coloro che cercano il miglioramento. Ma tra il dire e il fare di solito c’è di mezzo il mare. E il mare in questione si chiama COME. E’ probabile che leggendo fino a qui vi siate detti “certo, è tutto vero, tutto giusto, ma poi come.. come si fa a convincere, come si decide quale è meglio, come, come…” Per colmare questo vuoto ci serve un mare di conoscenza, non basta il buon senso. Non è vero che il buon senso è sempre sufficiente. Ci accorgiamo tutti i giorni che per tradurre in realtà i suggerimenti di buon senso e applicare le tecniche previste, ci servono strumenti più potenti in grado di farci capire più a fondo e più precisamente: quali sono le idee tradizionali da abbandonare. Infatti non tutte le idee tradizionali sono da abbandonare, solo quelle che generano immobilismo nell’organizzazione. Quali sono le prassi correnti da mettere in discussione Quali sono le cause di fondo che generano condizioni lavorative e professionali insoddisfacenti Quali sono le azioni che rimuovono queste cause di fondo
  • 5. Come mettere d’accordo il buon senso di tante persone, diverse tra loro, ognuna con il suo personale buon senso Come realizzare i cambiamenti (cioè passare da una fase di enunciazione di problemi e soluzioni a una fase di attuazione pratica) senza compromettere il normale andamenrto dell’organizzazione. Come pianificare e controllare tutto questo lavoro Dove li troviamo tutti questi strumenti? Nell’arsenale della TOC -Theory of Constraints, si chiamano Thinking Processes Tools , si possono imparare; per imparare la meccanica dei TP tools servono 2 giornate di formazione, per imparare a utilizzarli al meglio non basta tutta una vita. E’ come per la bicicletta, vi possono spiegare quali sono i componenti di una bicicletta (telaio, ruote, manubrio, cambio, freni), vi possono spiegare come ci fa a andare (euqilibrio, pedalare, frenare, piede a terra, mani sempre sul manubrio, ecc.), ci vuole poco tempo. Ma questo non è sufficiente per dire “so andare in bicicletta”, dovete andarci molte e molte volte, con diverse condizioni di terreno e atmosferiche, distanza e compagni diversi. E dopo anni di bicicletta avrete ancora molto da imparare. Così è per la TOC.