2. LINGUAGGIO COME SISTEMA COMUNICATIVO-
LINGUISTICO : COMPONENTI
• INTENZIONALITÀ COMUNICATIVA
• ATTI LINGUISTICI
• LINGUA
• LINGUAGGIO
3. Competenza linguistica
Consapevolezza della realtà psicologica e
individuale che i soggetti hanno di possedere una
lingua.
Competenza comunicativa
Momento di incontro/scambio determina la qualità
della relazione ruolo dell’intenzionalità
comunicativa è il presupposto allo sviluppo del
linguaggio
5. COMPETENZA COMUNICATIVA
Si riferisce alla consapevolezza che il soggetto ha di
usare il linguaggio in modo efficace ed appropriato
nei contesti sociali.
Comunicare non significa solo parlare
correttamente, ma anche usare il linguaggio come
strumento per condividere efficacemente
informazioni con gli altri (De Hylmes, 1972)
6. ……QUINDI
Occorre considerare in che modo il bambino, a
qualsiasi cultura appartenga, diventi un soggetto
competente ed esperto sul piano della
comunicazione, al fine di stabilire efficaci reti di
relazioni con gli altri
Il linguaggio è uno dei diversi sistemi comunicativi
a disposizione del bambino per comunicare con
gli altri
Per giungere a parlare, il bambino deve prima
imparare a comunicare
7. LINGUAGGIO
È una forma di comunicazione la cui
acquisizione è legata all’emergere del desiderio
di interagire, in presenza di un apparato
neurologico e bucco-fonatorio-respiratorio
anatomicamente e funzionalmente abile, e di
uno sviluppo emotivo e cognitivo adeguato
Codice per rappresentare (sviluppo
cognitivo/affettivo) e comunicare le idee
(sviluppo relazionale) attraverso un sistema
arbitrario di simboli e regole utilizzato per
trasmettere un significato
8. “Il linguaggio e le altre funzioni cognitive non
sono attributi di uno spirito immateriale ma
funzioni apprese (e usate) in un determinato
ambiente socioculturale rappresentate in
specifiche strutture del cervello” (Fabbro, 2004, 9)
“L’acquisizione del linguaggio dipende da uno
sviluppo normale e da un’adeguata esposizione
a stimoli affettivi e sociali” (Fabbro, 2004, 76)
LINGUAGGIO E ACQUISIZIONE
9. COMUNICAZIONE
Si intende una complessa rete di scambi di
informazioni e di relazioni sociali, che si realizza
all’interno di un gruppo (natura sociale); essa
costituisce la base dell’interazione e delle relazioni
interpersonali e ne prevede la condivisione di
significati, di sistemi di segnalazione e l’accordo
sulle regole sottese ad ogni scambio (natura
culturale e convenzionale)
La comunicazione è intenzionale e mette in
relazione: il piano dell’espressione (es. gesto,
parola, sguardo) ed il piano del contenuto (es.
idea, emozioni, intenzioni.)
10. 10
“l’attenzione è concentrata più sulle parole che
sulla grammatica” (Bruner 1983)
Sull’intenzionalità…
• fa notare che pur essendo possibile formare enunciati
grammaticalmente corretti ma privi di significato, in realtà
questo avviene raramente nel bambino.
• Bruner è interessato al modo in cui la conoscenza del mondo
nel bambino guida il suo sviluppo linguistico, concentrandosi
in modo particolare sull’intenzionalità del linguaggio.
• Inizi degli anni ’70, attenzione agli aspetti pragmatici del linguaggio
1. Valorizzazione del contesto in cui avvengono gli scambi linguistici
e
2. Sottolineatura del valore culturale
FOCUS dell’INTERESSE sulla modalità attraverso cui
“fare delle cose con le parole”
11. 11
Il linguaggio viene da allora in poi concepito in modo
diverso: da fenomeno prettamente intraindividuale
diviene eminentemente sociale e interindividuale.
Bruner dice che:
“Dire che i bambini sono anche sociali è una banalità. Essi sono
attrezzati per rispondere alla voce umana, all’azione e al gesto
umano” (Bruner 1983).
Fin dal primo mese di vita la co-orientazione degli sguardi è la
prima modalità con cui l’adulto stabilisce una condivisione della
realtà con il bambino, una referenza congiunta. Spesso l’adulto,
volge lo sguardo nella stessa direzione e nomina l’oggetto dello
sguardo costituendo una vera e propria protoconversazione. A sua
volta quest’attività strutturante e di sostegno (scaffolding)
promuove nel bambino la capacità di seguire gli sguardi
dell’adulto (Bruner, Scaife 1975).
L’adulto è portato a considerare attivi e intenzionali gli atti del
bambino fin dalle prime settimane di vita, anche quando ancora
non lo sono, e cosi facendo sostiene la costituzione di un sistema di
segnali dove il bambino si rende conto che i suoi atti sortiscono
effetti sugli altri.
12. 12
Da un punto di vista evolutivo, quando tra l’adulto (caregiver) e il
bambino si crea un rapporto strutturato con suddivisione di compiti,
alternanza di turni, complementareità di ruoli, regole e convenzioni,
siamo di fronte ad un sistema comunicativo che costituisce l’ossatura
relazionale che sarà seguita anche dalle interazioni linguistiche
successive.
Bruner chiama quest’unità di comunicazione format, che definisce
come
“una struttura d’interazione standardizzata, inizialmente microcosmica
fra un adulto e un bambino, che contiene dei ruoli delimitati, che alla
fine diventano reversibili” (Bruner 1983).
Un format nasce nel momento in cui un contesto naturale viene
convenzionalizzato, ritualizzato con delle procedure ripetitive
permettendo al bambino di fare emergere dallo sfondo del flusso
fenomenico dei segnali significativi e stabili.
Le azioni di ciascuno dei due partecipanti sono contemporaneamente
risposta e stimolo successivo, in un processo di influenzamento reciproco
che permette di creare forme sempre più evolute di cooperazione.
13. 13
Essi costituiscono il principale veicolo attraverso cui
è possibile rendere chiare le proprie intenzioni
comunicative e cogliere quelle altrui.
Di conseguenza i format sono gli strumenti
fondamentali per il passaggio dalla comunicazione
alla verbalizzazione poiché possiedono una
struttura sequenziale, una storia, implicano
l’elaborazione di una intenzione ed una attività
interpretativa.
La funzione linguistica fondamentale quindi non è
tanto una struttura sintattica innata (Chomsky) ma
la capacità cooperativa, di regolazione del lavoro
comune.
14. 14
PER RICORDARE:
ACQUISIZIONE LINGUAGGIO
Stadio pre-linguistico (vocalizzazioni e prime parole)
Stadio della parola-frase (12-18 mesi)
Stadio delle due parole (birematiche) (18-24 mesi)
Frasi brevi (24-36 mesi)
Sviluppo grammaticale e morfologico (36-55 mesi)
Sviluppo completo (10 anni, pragmatica)
15. TAPPE NELLO SVILUPPO DEL LINGUAGGIO NEL
BAMBINO IN PRIMA INFANZIA
età di comparsa
• Vocalizzazioni non di pianto 2- 6 mesi
• Babbling canonico 6- 7 mesi
• Babbling “variegato” 9-10 mesi
• prima comprensione di parole 8-10 mesi
• Produzione prime parole 11-13 mesi
• Sviluppo lessicale:prime 50 parole 12-16 mesi
• “esplosione” del vocabolario 17-24 mesi
• Prime combinazioni di parole 20-36 mesi
• Prime frasi 24-30 mesi
16. Grande variabilità individuale nelle
prime tappe di acquisizione del
linguaggio
QUANTITATIVA
Ritmo di sviluppo
QUALITATIVA
Composizione del
vocabolario
16
Variabilit
à
17. DA COSA DIPENDONO TALI DIFFERENZE?
Variabili socio-demografiche
o Livello di istruzione del caregiver primario (figli di madri
laureate raggiungono le 50 parole in media 2 mesi prima
di bambini le cui madri hanno un basso livello
d’istruzione), MA tale vantaggio si ha solo nelle prime fasi
di sviluppo!
Variabili di genere
o Maggiore velocità di sviluppo nelle femmine rispetto ai maschi
(Huttenlocher et al., 1991; Maitel et al., 2000);
Ordine di nascita
o Primogenito? Più attenzioni ed energie investite?
o C’è un fratello maggiore che parla con cui il più
piccolo può interagire?
17
18. Differenze individuali nel ritmo di sviluppo
del linguaggio a livello quantitativo
MEDIA MINIMO MASSIMO
Età di comparsa
prime parole
13 MESI 8 MESI 18 MESI
Ampiezza del
vocabolario a 20
mesi
50 PAROLE 22 PAROLE 628 PAROLE
Comprensione di
parole a 8-10
mesi
30 PAROLE NESSUNA 200
Comprensione di
parole a 17-18
mesi
215 22 398
Età di comparsa
delle prime frasi
20 MESI 14 MESI 24 MESI
18
19. ELEVATA VARIABILITÀ INDIVIDUALE
19
• In comprensione sono molto evidenti già nel
bambino di 8-10 mesi e si mantengono simili
nelle fasce di età successiva,
• In produzione la variabilità è poco evidente
nella fascia 8-10 mesi a causa del ridotto
repertorio produttivo, diventa più ampia nelle
fasce successive, soprattutto tra i 14-16 mesi
Caselli, Casadio, 1990
20. DIFFERENZE DI TIPO QUALITATIVO NELLA
COMPOSIZIONE DEL VOCABOLARIO
Tali differenze possono essere fatte risalire a
differenti strategie che i bambini utilizzano
nell’acquisizione del linguaggio, nello stile di
sviluppo del linguaggio!
Analizzando le prime 50 parole prodotte da 18
bambini americani, Katherine Nelson (1973) ha
trovato che la proporzione di nomi sul
vocabolario complessivo variava
considerevolmente. Ha così coniato i termini
di stile REFERENZIALE ed ESPRESSIVO.
20
21. 21
STILE di acquisizione
del linguaggio
REFERENZIALE
ESPRESSIVO
Vocabolario composto per la
maggioranza da nomi ( > 50%)
Sviluppo lessicale più rapido
Vocabolario composto in
maggioranza da pronomi, nomi
propri e formule per regolare
l’interazione sociale
Sviluppo sintattico più rapido
STILI COMUNICATIVO-LINGUISTICI
22. INFLUENZA VARIABILI INDIVIDUALI SULLO STILE
REFERENZIALIREFERENZIALI Sono più interessati al mondo degli
oggetti ed all’importanza di
nominarli
ESPRESSIVIESPRESSIVI Più orientati verso le relazioni
sociali, utilizzano il linguaggio
soprattutto per esprimere i propri
sentimenti e bisogni, oltreché per
influenzare e controllare le altre
persone
22
23. DIFFERENZE INDIVIDUALI NELLO SVILUPPO
DELLA SEMANTICA
REFERENZIALEREFERENZIALE
• Alta proporzione di nomi nelle
prime 50 parole;
• Utilizzo di parole singole nel
primo linguaggio;
• Maggiore varietà lessicale;
• Elevato uso di aggettivi;
• Uso decontestualizzato dei nomi;
• Rapida crescita del vocabolario
ESPRESSIVOESPRESSIVO
• Bassa proporzione di nomi nelle
prime 50 parole;
• Utilizzo di formule nel primo
linguaggio;
• Minore varietà lessicale;
• Utilizzo di suoni senza significato;
• Scarso uso di aggettivi;
• Uso contestualizzato dei nomi;
• Lenta crescita del vocabolario
23
24. DIFFERENZE NELLA PRAGMATICA
REFERENZIALEREFERENZIALE
• Orientamento verso gli oggetti;
• Uso prevalente di intenzione
dichiarativa;
• Approccio riflessivo alla soluzione
dei problemi
ESPRESSIVOESPRESSIVO
• Orientato verso le persone,
• Uso prevalente di intenzione
richiestiva;
• Approccio impulsivo alla
soluzione dei problemi
24
DIFFERENZE NELLA FONOLOGIADIFFERENZE NELLA FONOLOGIA
Buona articolazione ed
intellegibilità;
Orientato verso la parola;
Pronuncia costante nell’uso della
stessa parola
Scarsa articolazione ed
intellegibilità;
Orientamento verso
l’intonazione;
Pronuncia variabile nell’uso della
parola;
25. 25
NB
Entrambi gli stili sono presenti nel normale
apprendimento del linguaggio, ma i
bambini possono differire nel grado in cui
ricorrono all’uno o all’altro
rispettivamente.
Si riscontrano variazioni nella prevalenza
di uno stile sull’altro anche a seconda
della lingua considerata
26. CHE RUOLO RIVESTE IL MODO DI PARLARE
DELL’ADULTO AL BAMBINO?
I differenti STILI DI INTERAZIONE COMUNICATIVA tra
adulto-bambino influenzano i tempi e i modi in cui
si realizza il primo sviluppo comunicativo e
linguistico!!
In generale
Uno STILE DIRETTIVO correla negativamente con lo
sviluppo linguistico del bambino
Uno STILE CENTRATO SUL BAMBINO, in cui il
genitore riprende e interpreta ciò che il figlio dice,
espande e arricchisce la produzione del bambino,
promuove l’acquisizione linguistica.
26
27. • Le madri di b. ESPRESSIVI
tendono a coinvolgerli in giochi e routine sociali,
facendo più frequentemente riferimento alle
persone. Tendono maggiormente ad esprimere
“comandi” che servono a dirigere il
comportamento del bambino
• Le madri di b. REFERENZIALI
tendono a fare soprattutto loro commenti sugli
oggetti, maggiore uso delle descrizioni. Centrano
l’attenzione del bambino sull’oggetto (Furrow e Nelson,
1984, Della Corte, Benedict e Klein, 1983)
27