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Dipartimento di Psicologia
Studi di Pavia

Università degli

24 Maggio 2011
LINGUAGGIO COME SISTEMA COMUNICATIVOLINGUISTICO : COMPONENTI
• INTENZIONALITÀ COMUNICATIVA
• ATTI LINGUISTICI
• LINGUA
• LINGUAGGIO
Competenza linguistica
Consapevolezza della realtà psicologica e
individuale che i soggetti hanno di possedere una
lingua.

Competenza comunicativa
Momento di incontro/scambio determina la qualità
della
relazione
ruolo
dell’intenzionalità
comunicativa è il presupposto allo sviluppo del
linguaggio
COMPETENZA COMUNICATIVA
Interazione sociale
Comunicazione linguistica
ed extralinguistica
Giochi d’azione comunicativa in
situazione
Atti linguistici
Costituenti
linguistici

Costituenti
non linguistici
COMPETENZA COMUNICATIVA
Si riferisce alla consapevolezza che il soggetto ha di
usare il linguaggio in modo efficace ed appropriato
nei contesti sociali.
Comunicare
non
significa
solo
parlare
correttamente, ma anche usare il linguaggio come
strumento
per
condividere
efficacemente
informazioni con gli altri (De Hylmes, 1972)
……QUINDI


Occorre considerare in che modo il bambino, a
qualsiasi cultura appartenga, diventi un soggetto
competente ed esperto sul piano della
comunicazione, al fine di stabilire efficaci reti di
relazioni con gli altri



Il linguaggio è uno dei diversi sistemi comunicativi
a disposizione del bambino per comunicare con
gli altri
Per giungere a parlare, il bambino deve prima
imparare a comunicare
LINGUAGGIO
È una forma di comunicazione la cui
acquisizione è legata all’emergere del desiderio
di interagire, in presenza di un apparato
neurologico
e
bucco-fonatorio-respiratorio
anatomicamente e funzionalmente abile, e di
uno sviluppo emotivo e cognitivo adeguato
Codice
per
rappresentare
(sviluppo
cognitivo/affettivo) e comunicare le idee
(sviluppo relazionale) attraverso un sistema
arbitrario di simboli e regole utilizzato per
trasmettere un significato
LINGUAGGIO E ACQUISIZIONE
“Il linguaggio e le altre funzioni cognitive non
sono attributi di uno spirito immateriale ma
funzioni apprese (e usate) in un determinato
ambiente socioculturale
rappresentate in
specifiche strutture del cervello” (Fabbro, 2004, 9)
“L’acquisizione del linguaggio dipende da uno
sviluppo normale e da un’adeguata esposizione
a stimoli affettivi e sociali” (Fabbro, 2004, 76)
COMUNICAZIONE
Si intende una complessa rete di scambi di
informazioni e di relazioni sociali, che si realizza
all’interno di un gruppo (natura sociale); essa
costituisce la base dell’interazione e delle relazioni
interpersonali e ne prevede la condivisione di
significati, di sistemi di segnalazione e l’accordo
sulle regole sottese ad ogni scambio (natura
culturale e convenzionale)
La comunicazione è intenzionale e mette in
relazione: il piano dell’espressione (es. gesto,
parola, sguardo) ed il piano del contenuto (es.
idea, emozioni, intenzioni.)
“l’attenzione è concentrata più sulle parole che
sulla grammatica” (Bruner 1983)
Sull’intenzionalità…
•

fa notare che pur essendo possibile formare enunciati
grammaticalmente corretti ma privi di significato, in realtà
questo avviene raramente nel bambino.

•

Bruner è interessato al modo in cui la conoscenza del mondo
nel bambino guida il suo sviluppo linguistico, concentrandosi
in modo particolare sull’intenzionalità del linguaggio.

•

Inizi degli anni ’70, attenzione agli aspetti pragmatici del linguaggio

1. Valorizzazione del contesto in cui avvengono gli scambi linguistici
e
2. Sottolineatura del valore culturale
FOCUS dell’INTERESSE sulla modalità attraverso cui

“fare delle cose con le parole”

10
Il linguaggio viene da allora in poi concepito in modo
diverso: da fenomeno prettamente intraindividuale
diviene eminentemente sociale e interindividuale.
Bruner dice che:
“Dire che i bambini sono anche sociali è una banalità. Essi sono
attrezzati per rispondere alla voce umana, all’azione e al gesto
umano” (Bruner 1983).
Fin dal primo mese di vita la co-orientazione degli sguardi è la
prima modalità con cui l’adulto stabilisce una condivisione della
realtà con il bambino, una referenza congiunta. Spesso l’adulto,
volge lo sguardo nella stessa direzione e nomina l’oggetto dello
sguardo costituendo una vera e propria protoconversazione. A sua
volta quest’attività strutturante e di sostegno (scaffolding)
promuove nel bambino la capacità di seguire gli sguardi
dell’adulto (Bruner, Scaife 1975).
L’adulto è portato a considerare attivi e intenzionali gli atti del
bambino fin dalle prime settimane di vita, anche quando ancora
non lo sono, e cosi facendo sostiene la costituzione di un sistema di
segnali dove il bambino si rende conto che i suoi atti sortiscono
11
effetti sugli altri.
Da un punto di vista evolutivo, quando tra l’adulto (caregiver) e il
bambino si crea un rapporto strutturato con suddivisione di compiti,
alternanza di turni, complementareità di ruoli, regole e convenzioni,
siamo di fronte ad un sistema comunicativo che costituisce l’ossatura
relazionale che sarà seguita anche dalle interazioni linguistiche
successive.
Bruner chiama quest’unità di comunicazione format, che definisce
come
“una struttura d’interazione standardizzata, inizialmente microcosmica
fra un adulto e un bambino, che contiene dei ruoli delimitati, che alla
fine diventano reversibili” (Bruner 1983).
Un format nasce nel momento in cui un contesto naturale viene
convenzionalizzato, ritualizzato con delle procedure ripetitive
permettendo al bambino di fare emergere dallo sfondo del flusso
fenomenico dei segnali significativi e stabili.
Le azioni di ciascuno dei due partecipanti sono contemporaneamente
risposta e stimolo successivo, in un processo di influenzamento reciproco
che permette di creare forme sempre più evolute di cooperazione.
12
Essi costituiscono il principale veicolo attraverso cui
è possibile rendere chiare le proprie intenzioni
comunicative e cogliere quelle altrui.
Di conseguenza i format sono gli strumenti
fondamentali per il passaggio dalla comunicazione
alla verbalizzazione poiché possiedono una
struttura sequenziale, una storia, implicano
l’elaborazione di una intenzione ed una attività
interpretativa.
La funzione linguistica fondamentale quindi non è
tanto una struttura sintattica innata (Chomsky) ma
la capacità cooperativa, di regolazione del lavoro
comune.
13
PER RICORDARE:
ACQUISIZIONE LINGUAGGIO


Stadio pre-linguistico (vocalizzazioni e prime parole)



Stadio della parola-frase (12-18 mesi)



Stadio delle due parole (birematiche) (18-24 mesi)



Frasi brevi (24-36 mesi)



Sviluppo grammaticale e morfologico (36-55 mesi)



Sviluppo completo (10 anni, pragmatica)
14
TAPPE NELLO SVILUPPO DEL LINGUAGGIO NEL
BAMBINO IN PRIMA INFANZIA
età di comparsa
•
•
•
•
•
•
•
•
•

Vocalizzazioni non di pianto
Babbling canonico
Babbling “variegato”
prima comprensione di parole
Produzione prime parole
Sviluppo lessicale:prime 50 parole
“esplosione” del vocabolario
Prime combinazioni di parole
Prime frasi

2- 6 mesi
6- 7 mesi
9-10 mesi
8-10 mesi
11-13 mesi
12-16 mesi
17-24 mesi
20-36 mesi
24-30 mesi
Grande variabilità individuale nelle
prime tappe di acquisizione del
linguaggio
QUANTITATIVA

Variabilit
à

Ritmo di sviluppo

QUALITATIVA
Composizione del
vocabolario

16
DA COSA DIPENDONO TALI DIFFERENZE?
Variabili socio-demografiche
o Livello di istruzione del caregiver primario (figli di madri
laureate raggiungono le 50 parole in media 2 mesi prima
di bambini le cui madri hanno un basso livello
d’istruzione), MA tale vantaggio si ha solo nelle prime fasi
di sviluppo!

Variabili di genere
o Maggiore velocità di sviluppo

nelle femmine rispetto ai maschi
(Huttenlocher et al., 1991; Maitel et al., 2000);

Ordine di nascita
o Primogenito? Più attenzioni ed energie investite?
o C’è un fratello maggiore che parla con cui il più
piccolo può interagire?
17
Differenze individuali nel ritmo di sviluppo
del linguaggio a livello quantitativo
MEDIA

MINIMO

MASSIMO

Età di comparsa
prime parole

13 MESI

8 MESI

18 MESI

Ampiezza del
vocabolario a 20
mesi

50 PAROLE

22 PAROLE

628 PAROLE

Comprensione di
parole a 8-10
mesi

30 PAROLE

NESSUNA

200

Comprensione di
parole a 17-18
mesi

215

22

398

Età di comparsa
delle prime frasi

20 MESI

14 MESI

24 MESI
18
ELEVATA VARIABILITÀ INDIVIDUALE
• In comprensione sono molto evidenti già nel
bambino di 8-10 mesi e si mantengono simili
nelle fasce di età successiva,
• In produzione la variabilità è poco evidente
nella fascia 8-10 mesi a causa del ridotto
repertorio produttivo, diventa più ampia nelle
fasce successive, soprattutto tra i 14-16 mesi
Caselli, Casadio, 1990
19
DIFFERENZE DI TIPO QUALITATIVO NELLA
COMPOSIZIONE DEL VOCABOLARIO
Tali differenze possono essere fatte risalire a
differenti strategie che i bambini utilizzano
nell’acquisizione del linguaggio, nello stile di
sviluppo del linguaggio!
Analizzando le prime 50 parole prodotte da 18
bambini americani, Katherine Nelson (1973) ha
trovato che la proporzione di nomi sul
vocabolario
complessivo
variava
considerevolmente. Ha così coniato i termini
di stile REFERENZIALE ed ESPRESSIVO.

20
STILI COMUNICATIVO-LINGUISTICI

REFERENZIALE

Vocabolario composto per la
maggioranza da nomi ( > 50%)
Sviluppo lessicale più rapido

STILE di acquisizione
del linguaggio

ESPRESSIVO

Vocabolario composto in
maggioranza da pronomi, nomi
propri e formule per regolare
l’interazione sociale
Sviluppo sintattico più rapido

21
INFLUENZA VARIABILI INDIVIDUALI SULLO STILE

REFERENZIALI

ESPRESSIVI

Sono più interessati al mondo degli
oggetti ed all’importanza di
nominarli
Più orientati verso le relazioni
sociali, utilizzano il linguaggio
soprattutto per esprimere i propri
sentimenti e bisogni, oltreché per
influenzare e controllare le altre
persone
22
DIFFERENZE INDIVIDUALI NELLO SVILUPPO
DELLA SEMANTICA
REFERENZIALE

ESPRESSIVO

• Alta proporzione di nomi nelle
prime 50 parole;
• Utilizzo di parole singole nel
primo linguaggio;
• Maggiore varietà lessicale;
• Elevato uso di aggettivi;
• Uso decontestualizzato dei nomi;
• Rapida crescita del vocabolario

•
•
•
•
•
•
•

Bassa proporzione di nomi nelle
prime 50 parole;
Utilizzo di formule nel primo
linguaggio;
Minore varietà lessicale;
Utilizzo di suoni senza significato;
Scarso uso di aggettivi;
Uso contestualizzato dei nomi;
Lenta crescita del vocabolario

23
DIFFERENZE NELLA PRAGMATICA
REFERENZIALE

ESPRESSIVO

• Orientamento verso gli oggetti;
• Uso prevalente di intenzione
dichiarativa;
• Approccio riflessivo alla soluzione
dei problemi

•
•
•

Orientato verso le persone,
Uso prevalente di intenzione
richiestiva;
Approccio impulsivo alla
soluzione dei problemi

DIFFERENZE NELLA FONOLOGIA
 Buona articolazione ed
intellegibilità;
 Orientato verso la parola;
 Pronuncia costante nell’uso della
stessa parola

 Scarsa articolazione ed
intellegibilità;
 Orientamento verso
l’intonazione;
 Pronuncia variabile nell’uso della
parola;
24
NB
Entrambi gli stili sono presenti nel normale
apprendimento del linguaggio, ma i
bambini possono differire nel grado in cui
ricorrono
all’uno
o
all’altro
rispettivamente.
Si riscontrano variazioni nella prevalenza
di uno stile sull’altro anche a seconda
della lingua considerata

25
CHE RUOLO RIVESTE IL MODO DI PARLARE
DELL’ADULTO AL BAMBINO?
I differenti STILI DI INTERAZIONE COMUNICATIVA tra
adulto-bambino influenzano i tempi e i modi in cui
si realizza il primo sviluppo comunicativo e
linguistico!!
In generale
Uno STILE DIRETTIVO correla negativamente con lo
sviluppo linguistico del bambino
Uno STILE CENTRATO SUL BAMBINO, in cui il
genitore riprende e interpreta ciò che il figlio dice,
espande e arricchisce la produzione del bambino,
promuove l’acquisizione linguistica.
26
• Le madri di b. ESPRESSIVI
tendono a coinvolgerli in giochi e routine sociali,
facendo più frequentemente riferimento alle
persone. Tendono maggiormente ad esprimere
“comandi”
che
servono
a
dirigere
il
comportamento del bambino
• Le madri di b. REFERENZIALI
tendono a fare soprattutto loro commenti sugli
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1984, Della Corte, Benedict e Klein, 1983)

27

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Zanetti

  • 1. Dipartimento di Psicologia Studi di Pavia Università degli 24 Maggio 2011
  • 2. LINGUAGGIO COME SISTEMA COMUNICATIVOLINGUISTICO : COMPONENTI • INTENZIONALITÀ COMUNICATIVA • ATTI LINGUISTICI • LINGUA • LINGUAGGIO
  • 3. Competenza linguistica Consapevolezza della realtà psicologica e individuale che i soggetti hanno di possedere una lingua. Competenza comunicativa Momento di incontro/scambio determina la qualità della relazione ruolo dell’intenzionalità comunicativa è il presupposto allo sviluppo del linguaggio
  • 4. COMPETENZA COMUNICATIVA Interazione sociale Comunicazione linguistica ed extralinguistica Giochi d’azione comunicativa in situazione Atti linguistici Costituenti linguistici Costituenti non linguistici
  • 5. COMPETENZA COMUNICATIVA Si riferisce alla consapevolezza che il soggetto ha di usare il linguaggio in modo efficace ed appropriato nei contesti sociali. Comunicare non significa solo parlare correttamente, ma anche usare il linguaggio come strumento per condividere efficacemente informazioni con gli altri (De Hylmes, 1972)
  • 6. ……QUINDI  Occorre considerare in che modo il bambino, a qualsiasi cultura appartenga, diventi un soggetto competente ed esperto sul piano della comunicazione, al fine di stabilire efficaci reti di relazioni con gli altri  Il linguaggio è uno dei diversi sistemi comunicativi a disposizione del bambino per comunicare con gli altri Per giungere a parlare, il bambino deve prima imparare a comunicare
  • 7. LINGUAGGIO È una forma di comunicazione la cui acquisizione è legata all’emergere del desiderio di interagire, in presenza di un apparato neurologico e bucco-fonatorio-respiratorio anatomicamente e funzionalmente abile, e di uno sviluppo emotivo e cognitivo adeguato Codice per rappresentare (sviluppo cognitivo/affettivo) e comunicare le idee (sviluppo relazionale) attraverso un sistema arbitrario di simboli e regole utilizzato per trasmettere un significato
  • 8. LINGUAGGIO E ACQUISIZIONE “Il linguaggio e le altre funzioni cognitive non sono attributi di uno spirito immateriale ma funzioni apprese (e usate) in un determinato ambiente socioculturale rappresentate in specifiche strutture del cervello” (Fabbro, 2004, 9) “L’acquisizione del linguaggio dipende da uno sviluppo normale e da un’adeguata esposizione a stimoli affettivi e sociali” (Fabbro, 2004, 76)
  • 9. COMUNICAZIONE Si intende una complessa rete di scambi di informazioni e di relazioni sociali, che si realizza all’interno di un gruppo (natura sociale); essa costituisce la base dell’interazione e delle relazioni interpersonali e ne prevede la condivisione di significati, di sistemi di segnalazione e l’accordo sulle regole sottese ad ogni scambio (natura culturale e convenzionale) La comunicazione è intenzionale e mette in relazione: il piano dell’espressione (es. gesto, parola, sguardo) ed il piano del contenuto (es. idea, emozioni, intenzioni.)
  • 10. “l’attenzione è concentrata più sulle parole che sulla grammatica” (Bruner 1983) Sull’intenzionalità… • fa notare che pur essendo possibile formare enunciati grammaticalmente corretti ma privi di significato, in realtà questo avviene raramente nel bambino. • Bruner è interessato al modo in cui la conoscenza del mondo nel bambino guida il suo sviluppo linguistico, concentrandosi in modo particolare sull’intenzionalità del linguaggio. • Inizi degli anni ’70, attenzione agli aspetti pragmatici del linguaggio 1. Valorizzazione del contesto in cui avvengono gli scambi linguistici e 2. Sottolineatura del valore culturale FOCUS dell’INTERESSE sulla modalità attraverso cui “fare delle cose con le parole” 10
  • 11. Il linguaggio viene da allora in poi concepito in modo diverso: da fenomeno prettamente intraindividuale diviene eminentemente sociale e interindividuale. Bruner dice che: “Dire che i bambini sono anche sociali è una banalità. Essi sono attrezzati per rispondere alla voce umana, all’azione e al gesto umano” (Bruner 1983). Fin dal primo mese di vita la co-orientazione degli sguardi è la prima modalità con cui l’adulto stabilisce una condivisione della realtà con il bambino, una referenza congiunta. Spesso l’adulto, volge lo sguardo nella stessa direzione e nomina l’oggetto dello sguardo costituendo una vera e propria protoconversazione. A sua volta quest’attività strutturante e di sostegno (scaffolding) promuove nel bambino la capacità di seguire gli sguardi dell’adulto (Bruner, Scaife 1975). L’adulto è portato a considerare attivi e intenzionali gli atti del bambino fin dalle prime settimane di vita, anche quando ancora non lo sono, e cosi facendo sostiene la costituzione di un sistema di segnali dove il bambino si rende conto che i suoi atti sortiscono 11 effetti sugli altri.
  • 12. Da un punto di vista evolutivo, quando tra l’adulto (caregiver) e il bambino si crea un rapporto strutturato con suddivisione di compiti, alternanza di turni, complementareità di ruoli, regole e convenzioni, siamo di fronte ad un sistema comunicativo che costituisce l’ossatura relazionale che sarà seguita anche dalle interazioni linguistiche successive. Bruner chiama quest’unità di comunicazione format, che definisce come “una struttura d’interazione standardizzata, inizialmente microcosmica fra un adulto e un bambino, che contiene dei ruoli delimitati, che alla fine diventano reversibili” (Bruner 1983). Un format nasce nel momento in cui un contesto naturale viene convenzionalizzato, ritualizzato con delle procedure ripetitive permettendo al bambino di fare emergere dallo sfondo del flusso fenomenico dei segnali significativi e stabili. Le azioni di ciascuno dei due partecipanti sono contemporaneamente risposta e stimolo successivo, in un processo di influenzamento reciproco che permette di creare forme sempre più evolute di cooperazione. 12
  • 13. Essi costituiscono il principale veicolo attraverso cui è possibile rendere chiare le proprie intenzioni comunicative e cogliere quelle altrui. Di conseguenza i format sono gli strumenti fondamentali per il passaggio dalla comunicazione alla verbalizzazione poiché possiedono una struttura sequenziale, una storia, implicano l’elaborazione di una intenzione ed una attività interpretativa. La funzione linguistica fondamentale quindi non è tanto una struttura sintattica innata (Chomsky) ma la capacità cooperativa, di regolazione del lavoro comune. 13
  • 14. PER RICORDARE: ACQUISIZIONE LINGUAGGIO  Stadio pre-linguistico (vocalizzazioni e prime parole)  Stadio della parola-frase (12-18 mesi)  Stadio delle due parole (birematiche) (18-24 mesi)  Frasi brevi (24-36 mesi)  Sviluppo grammaticale e morfologico (36-55 mesi)  Sviluppo completo (10 anni, pragmatica) 14
  • 15. TAPPE NELLO SVILUPPO DEL LINGUAGGIO NEL BAMBINO IN PRIMA INFANZIA età di comparsa • • • • • • • • • Vocalizzazioni non di pianto Babbling canonico Babbling “variegato” prima comprensione di parole Produzione prime parole Sviluppo lessicale:prime 50 parole “esplosione” del vocabolario Prime combinazioni di parole Prime frasi 2- 6 mesi 6- 7 mesi 9-10 mesi 8-10 mesi 11-13 mesi 12-16 mesi 17-24 mesi 20-36 mesi 24-30 mesi
  • 16. Grande variabilità individuale nelle prime tappe di acquisizione del linguaggio QUANTITATIVA Variabilit à Ritmo di sviluppo QUALITATIVA Composizione del vocabolario 16
  • 17. DA COSA DIPENDONO TALI DIFFERENZE? Variabili socio-demografiche o Livello di istruzione del caregiver primario (figli di madri laureate raggiungono le 50 parole in media 2 mesi prima di bambini le cui madri hanno un basso livello d’istruzione), MA tale vantaggio si ha solo nelle prime fasi di sviluppo! Variabili di genere o Maggiore velocità di sviluppo nelle femmine rispetto ai maschi (Huttenlocher et al., 1991; Maitel et al., 2000); Ordine di nascita o Primogenito? Più attenzioni ed energie investite? o C’è un fratello maggiore che parla con cui il più piccolo può interagire? 17
  • 18. Differenze individuali nel ritmo di sviluppo del linguaggio a livello quantitativo MEDIA MINIMO MASSIMO Età di comparsa prime parole 13 MESI 8 MESI 18 MESI Ampiezza del vocabolario a 20 mesi 50 PAROLE 22 PAROLE 628 PAROLE Comprensione di parole a 8-10 mesi 30 PAROLE NESSUNA 200 Comprensione di parole a 17-18 mesi 215 22 398 Età di comparsa delle prime frasi 20 MESI 14 MESI 24 MESI 18
  • 19. ELEVATA VARIABILITÀ INDIVIDUALE • In comprensione sono molto evidenti già nel bambino di 8-10 mesi e si mantengono simili nelle fasce di età successiva, • In produzione la variabilità è poco evidente nella fascia 8-10 mesi a causa del ridotto repertorio produttivo, diventa più ampia nelle fasce successive, soprattutto tra i 14-16 mesi Caselli, Casadio, 1990 19
  • 20. DIFFERENZE DI TIPO QUALITATIVO NELLA COMPOSIZIONE DEL VOCABOLARIO Tali differenze possono essere fatte risalire a differenti strategie che i bambini utilizzano nell’acquisizione del linguaggio, nello stile di sviluppo del linguaggio! Analizzando le prime 50 parole prodotte da 18 bambini americani, Katherine Nelson (1973) ha trovato che la proporzione di nomi sul vocabolario complessivo variava considerevolmente. Ha così coniato i termini di stile REFERENZIALE ed ESPRESSIVO. 20
  • 21. STILI COMUNICATIVO-LINGUISTICI REFERENZIALE Vocabolario composto per la maggioranza da nomi ( > 50%) Sviluppo lessicale più rapido STILE di acquisizione del linguaggio ESPRESSIVO Vocabolario composto in maggioranza da pronomi, nomi propri e formule per regolare l’interazione sociale Sviluppo sintattico più rapido 21
  • 22. INFLUENZA VARIABILI INDIVIDUALI SULLO STILE REFERENZIALI ESPRESSIVI Sono più interessati al mondo degli oggetti ed all’importanza di nominarli Più orientati verso le relazioni sociali, utilizzano il linguaggio soprattutto per esprimere i propri sentimenti e bisogni, oltreché per influenzare e controllare le altre persone 22
  • 23. DIFFERENZE INDIVIDUALI NELLO SVILUPPO DELLA SEMANTICA REFERENZIALE ESPRESSIVO • Alta proporzione di nomi nelle prime 50 parole; • Utilizzo di parole singole nel primo linguaggio; • Maggiore varietà lessicale; • Elevato uso di aggettivi; • Uso decontestualizzato dei nomi; • Rapida crescita del vocabolario • • • • • • • Bassa proporzione di nomi nelle prime 50 parole; Utilizzo di formule nel primo linguaggio; Minore varietà lessicale; Utilizzo di suoni senza significato; Scarso uso di aggettivi; Uso contestualizzato dei nomi; Lenta crescita del vocabolario 23
  • 24. DIFFERENZE NELLA PRAGMATICA REFERENZIALE ESPRESSIVO • Orientamento verso gli oggetti; • Uso prevalente di intenzione dichiarativa; • Approccio riflessivo alla soluzione dei problemi • • • Orientato verso le persone, Uso prevalente di intenzione richiestiva; Approccio impulsivo alla soluzione dei problemi DIFFERENZE NELLA FONOLOGIA  Buona articolazione ed intellegibilità;  Orientato verso la parola;  Pronuncia costante nell’uso della stessa parola  Scarsa articolazione ed intellegibilità;  Orientamento verso l’intonazione;  Pronuncia variabile nell’uso della parola; 24
  • 25. NB Entrambi gli stili sono presenti nel normale apprendimento del linguaggio, ma i bambini possono differire nel grado in cui ricorrono all’uno o all’altro rispettivamente. Si riscontrano variazioni nella prevalenza di uno stile sull’altro anche a seconda della lingua considerata 25
  • 26. CHE RUOLO RIVESTE IL MODO DI PARLARE DELL’ADULTO AL BAMBINO? I differenti STILI DI INTERAZIONE COMUNICATIVA tra adulto-bambino influenzano i tempi e i modi in cui si realizza il primo sviluppo comunicativo e linguistico!! In generale Uno STILE DIRETTIVO correla negativamente con lo sviluppo linguistico del bambino Uno STILE CENTRATO SUL BAMBINO, in cui il genitore riprende e interpreta ciò che il figlio dice, espande e arricchisce la produzione del bambino, promuove l’acquisizione linguistica. 26
  • 27. • Le madri di b. ESPRESSIVI tendono a coinvolgerli in giochi e routine sociali, facendo più frequentemente riferimento alle persone. Tendono maggiormente ad esprimere “comandi” che servono a dirigere il comportamento del bambino • Le madri di b. REFERENZIALI tendono a fare soprattutto loro commenti sugli oggetti, maggiore uso delle descrizioni. Centrano l’attenzione del bambino sull’oggetto (Furrow e Nelson, 1984, Della Corte, Benedict e Klein, 1983) 27