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GENERI NARRATIVI NELLO SVILUPPO DELLA COMPETENZA
NARRATIVA NEL BAMBINO
A.Narrazioni di azioni abituali (SCRIPT) .
Resoconti sistematici della sequenza di azioni ed eventi che definiscono abitualmente una situazione.
Corrispondono a schemi mentali o modelli di come è fatto il mondo e di ciò che ci si può aspettare da
esso.
Caratteristiche:
• Gli eventi costitutivi sono riportati nel loro corretto ordine cronologico.
• II tempo verbale usato è il presente.
• Viene usato l'impersonale o il soggetto generico.
• Resoconti più o meno complessi in funzione della quantità di dettagli e del riferimento solo agli aspetti principali o
anche a quelli secondari.
Funzione: spiegare l'organizzazione di specifiche situazioni sociali, abituali e generali; deve essere chiaro e
informativo.
ESEMPI
Andrea: "Si riempiono gli alberi di ciliegie. Si comprano nei negozi. Prima le raccolgono e dopo le
vendono."
Madre bambina di 4 anni: "Quando si scrivono le letterine. Si mettono le letterine nella cassetta della
posta e il signore le va a prendere, le pòrta sugli aerei e le mandano dove vuoi tu."
Bambino di 3 anni: "Beh si mangia e poi si va da qualche parte."
Bambino di 5 anni: "Va bene. Allora per primo andiamo nei ristoranti di sera e noi, ehm, noi e noi andiamo e
aspettiamo per un po', e poi arriva il cameriere e ci da quella piccola cosa dove ci sono i piatti, e poi aspettiamo
per un po', una mezz'ora o un po' di minuti o qualcosa del genere, e ehm, poi arriva la nostra pizza o qualcosa
d'altro, e, ehm ... Poi la mangiamo e ehm, poi quando abbiamo finito di mangiare l'insalata che ordiniamo,
dobbiamo mangiare la nostra pizza quando è pronta, perché ci danno l'insalata prima che la pizza sia pronta.
Così poi quando abbiamo finito tutta la pizza e tutta la nostra insalata, ce ne andiamo."
Maria: "A me mi è successa un'altra cosa: una volta io sono andata sotto per andare a giocare un po' coi
pattini. Un micino stava camminando, aveva paura che io stavo andando veloce coi pattini, poi mi ha graffiato.
Ma io non volevo passargli sopra: io volevo girare!"
B. Narrazioni di esperienze personali
Si basano sul ricordo di episodi singolari e specifici di cui si è avuta esperienza personale in un
determinato momento.
Caratteristiche:
• Gli eventi costitutivi non sono necessariamente riportati nel loro corretto ordine cronologico, ma viene messo
in evidenza l'evento cruciale che si vuole narrare.
• II tempo verbale usato è il passato.
• Vengono usati nomi o pronomi personali.
• Contengono i seguenti elementi:
- introduzione (lo sai che?),
- riassunto (l'altro giorno sono andato dal dottore per prendere una ricetta),
- sfondo = informazioni di carattere generale (bisogna sempre attendere molto tempo in sala d'aspetto),
- eventi salienti (mentre il dottore scriveva la ricetta è crollata la sedia su cui stava seduto),
- valutazione del narratore sull'accaduto (è stato molto buffo),
- risoluzione (si è alzato e mi ha consegnato la ricetta con aria solenne),
- talvolta la coda che collega l'episodio passato al presente (conservo ancora la ricetta)
• Funzione: serve a trasmettere informazioni sul mondo sociale. Svolge un ruolo rilevante nello sviluppo
dell'intimità in una relazione interpersonale.
C. Racconto di storie di fantasia
E' un'attività/abilità complessa. Le storie fantastiche vengono raccontate in situazioni formali in cui il
narratore deve dimostrare la propria abilità al pubblico senza affidarsi al contributo conversazionale
dell'interlocutore.
In esse viene fatto uso di un linguaggio altamente decontestualizzato, cioè che non fa riferimento ad
esperienze personali e dirette né si appoggia ad oggetti e azioni concrete.
La struttura narrativa delle storie tradizionali è un prodotto culturale; l'acquisizione di tale struttura è
quindi una manifestazione del modo in cui la cultura interviene nel plasmare e indirizzare lo sviluppo
concettuale dei singoli.
La capacità di raccontare storie fantastiche implica il possesso di svariate conoscenze e abilità:
• la capacità di riferirsi a luoghi, personaggi e tempi che non hanno relazione con la situazione attuale,
• la capacità di rappresentarsi mentalmente eventi diversi;
• la conoscenza dell'interazione sociale;
• il tenere in considerazione il punto di vista dell'ascoltatore;
• la conoscenza della struttura tipica delle storie;
• la capacità di collegare eventi principali con eventi secondari.
Caratteristiche strutturali: garantiscono la coerenza del racconto
L'organizzazione delle storie risponde a regole convenzionali e condivise (per questo vengono chiamate
"grammatiche") che identificano alcuni elementi fondamentali, costituenti una struttura invariante e vincolante
nello scandire l'evolversi degli eventi narrati.
Nella nostra cultura questi elementi sono presenti sia nelle storie tradizionalicheinquelleinventate.Essisono:
• inizio formale (“c’era una volta”) e introduzione della situazione e dei personaggi;
• evento iniziale semplice o complesso che spinge il protagonista a prefiggersi il raggiungimento di uno scopo;
• tentativi dei personaggi di impedimenti e/o gli aiuti esterni;
• risoluzione del problema o raggiungimento di uno scopo;
• conseguenze e conclusione, che spesso è formale (“e vissero tutti felici e contenti").
Caratteristiche linguistiche: garantiscono la coesione del racconto
Scelte linguistiche appropriate permettono di
• esplicitare i legami tra le frasi, ad es., attraverso l’uso dei tempi verbali
• compiere un efficace riferimento ai personaggi attraverso l’uso di nomi, pronomi o altre forme nominali
• esplicitare i nessi causali e temporali attraverso i connettivi pertinenti.
Funzione: svolgono una grande importanza nelle culture orali, in cui vengono utilizzate per trasmettere
conoscenze, valori e insegnamenti morali propri di una specifica cultura. Nella nostra cultura non sono molto
frequenti. Di solito vengono raccontate storie tradizioni; esse descrivono e rappresentano in maniera
esemplare le relazioni tra le persone, gli affetti, i conflitti e le norme che contribuiscono a definire il
destino di ciascuno. I bambini conoscono il mondo delle persone anche attraverso le storie.
ESEMPI:
Massimo: “C'era una volta un bambino, e un cane, e una rana che un giorno il bambino si metto a letto col
cane, la ra... la rana subito scappò.
Poi a un cerio punto il bambino risvegliò e il cane vedò dentro... la bottiglia e non vedò più la rana.
Poi a un certo punto si vestò e il cane si mettò la bottiglia dentro.... dentro... la testa del suo cane e poi e poi
andavano a cercarlo (…).”
Fabiana: “(…) e poi all'albergo c'è un'altra barca grossa grossa e favano a scambio poi quella lì co tutti
quelli personaggi cadevano in acqua e 'na balena la mangiammo, inghiottò la barca e mangiò anche la barca e
la nave e la moto fa scontro co' robot e morono, felici e contenti e la storia è finita.”
Sviluppo delle storie di fantasia
• I bambini di 4 anni sono in grado di rievocare una storia che hanno sentito raccontare,
rispettandone sostanzialmente l'intreccio narrativo (Mandler, 1983), ma non sono ancora capaci di dare a
una storia di fantasia la fisionomia che le è propria.
• Le prime storie raccontate dai bambini contengono semplicemente una serie di azioni messe in
sequenza e collegate tra loro da relazioni temporali e sono state definite come sequenze
descrittive (Peterson e Mc Cabe, 1983) o cronache (Orsolini, 1992). ► es.1
• In alcuni casi, storie raccontate da bambini di 4 anni, possono contenere anche un evento iniziale seguito
da una conseguenza o una reazione del protagonista, ma difficilmente questi episodi incompleti vengono
portati a conclusione. ► es.2
• Uno studio attraverso l'uso di un libro illustrato privo di parti scritte (Frog, where are you?) ha
evidenziato come pochi bambini di 3 anni (17%) introducevano qualche elemento dell'evento iniziale, e
ancor meno (10%) delle conclusioni. Tra i 4-5 anni la descrizione dell'evento iniziale cresceva
fino a comparire nelle storie narrate dai due terzi di bambini, mentre i riferimenti alla ricerca e alla
conclusione erano contenuti in circa la metà delle storie. Solo a 9 anni le storie raccontate dai
bambini avevano le caratteristiche canoniche, anche se ancora un terzo non si riferiva esplicitamente
al ritrovamento.Pochissimi bambini di 4 anni e solo un terzo di quelli di 5 facevano riferimento
agli scopi che guidano le azioni del personaggio principale (trovare la rana e portarla a casa).
• Intorno ai 5 anni compaiono l'introduzione dei personaggi nel contesto, i tentativi di risolvere la
situazione problematica, la conclusione risultante dalle azioni del protagonista che risolve la
situazione. ► es.3
• In età prescolare le storie inventate dai bambini difficilmente contengono riferimenti agli scopi
dei personaggi, alle loro motivazioni e reazioni emotive. Tali riferimenti sono presenti solo
quando, verso gli otto anni, i bambini sono in grado di raccontare storie più complesse, articolate
in più episodi.
• Anche quando le loro storie non sono ben formate, i bambini sanno utilizzare alcuni dei "mezzi
formali" che distinguono una storia di fantasia, come ad esempio l'introduzione (c'era una
volta) o le conclusioni (e vissero a lungo felici e contenti) e l'uso del tempo passato, che spesso
diventa addirittura passato remoto, tempo verbale utilizzato da gran parte dei bambini solo
in queste circostanze. L'uso ritualizzato di tali espedienti linguistici risulta talvolta incongruente,
e proprio per questo si può comprendere che per i bambini svolgono solamente un ruolo formale. ► es.4
• Fino ai 4 anni i bambini tendono a riferirsi ai personaggi e agli oggetti prevalentemente con dei
pronomi o aggettivi dimostrativi (questo, quello) o con la ripetizione del nome che gli hanno
attribuito quando lo hanno introdotto la prima volta. A 5 anni aumenta considerevolmente l'uso
dell'omissione del soggetto per riferirsi al personaggio principale e quello dei pronomi. ► es.5
• L'attività simbolica è sempre un tentativo di andare al di laticiò che mentalmente, affettivamente,
conoscitivamente, già si possiede, di esprimere idee nuove avventurandosi fuori dai
sentieri del già conosciuto e sentito, dell'ovvietà e dell'abitudine. I simboli ci permettono
di pensare la realtà diversa da come è.
• Il racconto, attraverso la combinazione di azioni e personaggi, genera una sequenza
narrativa che, pur caratterizzata da marche di tempo e di luogo, avviene in un tempo e in un luogo
che non c'è. Il racconto è fiction, simula il mondo, ma è solo un mondo, una realtà possibile.
• Il racconto di storie rappresenta un contesto nel quale il bambino può ampliare il lessico,
acquisire nuove conoscenze sul mondo, ma anche imparare a collegare, strutturare ed organizzare
tutte le informazioni che già possiede con quelle in arrivo così da arricchire le sue competenze
linguistiche, sociali e cognitive.
• L'adulto con le sue abilità, nozioni ed aspettative nei confronti del bambino svolge il ruolo di
mediare la realtà fisica e sociale. Nella interazione tra adulto e bambino, la condivisione della
attività di lettura è ottenuta prevalentemente attraverso il comportamento dell'adulto il quale
adatta e modifica fa propria partecipazione in funzione dell'età del bambino, di ciò che ci si
aspetta da lui e in relazione alle risposte che da il bambino stesso.
esempio 1
“... e arriva sera e dormono e arriva il giorno e escono e se fanno una passeggiata e poi rivanno a casa, vanno a casa
e riviene sera e ridormono, poi riviene giorno, riviene giorno e vanno a fa' a spesa... e poi vanno lì a casa e riviene
notte e viene a mattina e poi i figli li portano a scuola...
esempio 2
“Le galline stavano anda' a spasso... a cerca qualcuno che iaiuta, entra lì a 'na casa fa 'Bum Bum' 'chi è?' ... e non
c'era nessuno poi è galline ricamminaveno va da n'artra casa e dice 'Bum Bum' 'chi è?' ...'Sono una nonnina'... c'è la
madre co' le galline... finita”
esempio 3
“una volta che che che due annaveno a passo e trovaveno una buca e cadevano dentro e poi dicevano 'Aia me so fatta
male a gamba aia aia me so fatta male a gamba e poi so arrivati i dottori hanno pottati all'oppedale a mamma a f iia e
papa e poi e poi ianno fatto e punture e poi so guariti e so armati a casa... e poi n'attro giorno s'erano rifa..., avono
trovato una buca e so rima..., e poi so ricaduti dentro e poi dice 'aia aia me so fatta male a quell'atta gamba e poi
continua il dottore e fii e a mamma e papa e poi e poi javono fatto una puntura tre punture a mamma e a fija e papa
e pi so guariti e so nnati a casa
esempio 4
“e poi all'albergo c'è un'altra barca grossa grossa e favano a scambio poi quella lì co tutti personaggi cadevano in
acqua e na balena la mangiammo, inghiotto la barca e mangia anche la barca e la nave e la moto fa scontro co' robot
e morono, felici e contenti e la storia è finita.”
“C'era una volta un bambino, e un cane, e una rana che che un giorno il bambino sì metto a letto col cane, la va... la
rana subito scappò. Poi a un certo punto il bambino risvegliò e il cane vedo dentro... la bottiglia e non vedo più
la rana.
Poi a un certo punto si vesto e il cane sì metto la bottiglia dentro-dentro... la testa del suo cane e poi e poi
andavano a cercarlo (...).”
esempio5
“questi uhm questo cane e questo bambino stanno a vedere questa rana che sta dentro l'acqua (...).”
“Cera una volta il bambino qui (indica il bambino) stava vicino alla ranocchia, la ranocchia stava dentro al
vaso, poi il cane stava vedendo la ranocchia, sì stava affecciando dentro, dentro al barattolo, poi il
bambino restava a vedere la ranocchia. Poi il bambino stava a dormire. Il bambino aveva visto non c'era più
la ranocchia (...),”
“(...) poi il treno andava a ammacca' tutte le macchine poi dopo il treno dopo le case cadevano el treno l'aveva
buttate giù il treno era forte, un altro treno era forte e tutti i treni erano forti (...).”
Evoluzione della competenza narrativa del bambino
•In uno studio “naturalistico” Magee e Sutton-Smith (1983) hanno individuato questa sequenza:
o II dialogo con un libro illustrato. L'adulto svolge una funzione di scaffolding descrivendo
le figure e chiedendo al bambino di individuare nelle illustrazioni i vari personaggi (“questo chi
è?”). La strategia chiave è il feedback positivo da parte dell'adulto che ripete quanto detto dal
bambino. Il modello comunicativo è quello di un dialogo con alternanza di turni tra i due
partecipanti.
o Inversione di ruolo. Il bambino fa domande circa la storia indicando le figure. Il
bambino inizia ad assumere il ruolo del narratore
o Ascolto di storie e raccolti. A un certo punto l'adulto ritiene di poter iniziare a raccontare
storie senza l'ausilio di illustrazioni. Se il bambino si dimostra pronto si delinea una nuova fase:
l'adulto passa dal dialogo al monologo. Il bambino diventa un ascoltatore passivo ma interessato che
riduce al minimo i suoi interventi. Inversione di ruoli.
o Il bambino contribuisce al raccordo. Soprattutto rispetto a storie conosciute, sentite
raccontate più volte, il piccolo contribuisce alla narrazione nominando o anticipando gli eventi,
ridendo, dando risposte emotive. Questo stadio è caratterizzato dal rientro del bambino nel
processo della narrazione come partecipante attivo.
o II racconto di figure. I bambini cominciano a raccontare una storia leggendo le figure
di un libro conosciuto. Se debitamente aiutato, il bambino in questa fase può cominciare a
offrire spunti originali, ad aggiungere o modificare una linea narrativa. E molto importante in
questa fase accettare l'originalità e promuovere le forme di narrazione "ulteriore" da parte del
bambino.
o Le prime narrazioni. Il bambino ha in mente una storia ma spesso non possiede l'abilità linguistica
di narrarla: spunti narrarla sono però frammisti alla narrazione condotta dall'adulto.
o Narrazioni personali. I racconti dei bambini basati sulla loro esperienza personale precedono
spesso i racconti in senso stretto. Tali racconti personali mischiano realtà e finzione, avvenimenti
realmente accaduti e avvenimenti solo immaginar»
o Storie narrate insieme. Questa fase inizia solitamente con aggiunte da parte del bambino a una
storia conosciuta, letta più volte assieme. Se l'adulto incoraggia questi contributi ben presto il
bambino assume il controllo dell'andamento della storia. L'adulto svolge una funzione di
incoraggiamento chiedendo al bambino: "e dopo cosa succede?". Il bambino può così procedere
nella narrazione senza che questo comporti la necessità di conoscere in anticipo come si svolgerà
la storia.
o Racconto di storie. Una volta che il bambino ha assunto un ruolo attivo e creativo nella
narrazione egli diventa a pieno titolo narratore. A questo punto è importante che l'adulto si
faccia ascoltatore interessato e attento.
ANDAMENTI EVOLUTIVI
Narrazioni personali
In uno studio del 1991 su più di 1000 narrazioni prodotte dai 3 anni ai 9 (McCabe e Peterson,
1991) è stata descrittala la seguente evoluzione:
3/4 anni: liste di azioni temporalmente disorganizzate
5 anni: sequenze coerenti prive di conclusione
6/7 anni: buone narrazioni con informazioni su dove, quando e come un episodio era accaduto
Script
2 anni: script agito nel gioco di finzione
3 anni: script parlato sulle routine più familiari (riportati correttamente ruoti oggetti, luoghi, azioni etc.)
Età scolare: esplicitati i legami causali e temporali, informazioni opzionali, conclusione
Storie di fantasia:
4 anni: sequenze descrittive o cronache: elenchi di azioni, episodi incompleti, presenza di intreccio
5 anni: personaggi e contesto, tentativi di risoluzione, conclusione
7/8 anni: storie coerenti, articolate in più episodi, arricchite dai riferimenti a scopi, intenzioni, stati d'animo
dei protagonisti
Tuttavia, il quadro che emerge dai diversi studi è tutt'altro che omogeneo e non è possibile
individuare un percorso normativo: nello sviluppo della competenza narrativa vi è una forte variabilità
individuale dovuta
1) al genere narrativo
2) alla familiarità con il compito ( ad es. conoscenza della storia narrata)
3) al grado di familiarità e di condivisione del contesto tra i bambini
4) alte abilità linguistiche possedute
Vi sono altri fattori che influenzano la capacità dei bambini di raccontare storie.
a)ll contesto culturale di appartenenza (basso reddito , racconti più fattuali)
b) stile interattivo materno: domande non difettive ed espansioni informative facilitano le narrazioni
c)la semplice esposizione ai racconto di storie sostiene la competenza
d) il suggerimento di argomenti o le domande su temi specifici invece ostacolano la produzione dei
bambini
Strategie efficaci messe in atto dall’adulto
- rispecchiamenti
- espansioni
- richieste di indovinare (cosa succede e perché)
- domande su motivazioni-azioni svolte dai personaggi
- incoraggiamenti

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Griglia competenza narrativa bambino

  • 1. GENERI NARRATIVI NELLO SVILUPPO DELLA COMPETENZA NARRATIVA NEL BAMBINO A.Narrazioni di azioni abituali (SCRIPT) . Resoconti sistematici della sequenza di azioni ed eventi che definiscono abitualmente una situazione. Corrispondono a schemi mentali o modelli di come è fatto il mondo e di ciò che ci si può aspettare da esso. Caratteristiche: • Gli eventi costitutivi sono riportati nel loro corretto ordine cronologico. • II tempo verbale usato è il presente. • Viene usato l'impersonale o il soggetto generico. • Resoconti più o meno complessi in funzione della quantità di dettagli e del riferimento solo agli aspetti principali o anche a quelli secondari. Funzione: spiegare l'organizzazione di specifiche situazioni sociali, abituali e generali; deve essere chiaro e informativo. ESEMPI Andrea: "Si riempiono gli alberi di ciliegie. Si comprano nei negozi. Prima le raccolgono e dopo le vendono." Madre bambina di 4 anni: "Quando si scrivono le letterine. Si mettono le letterine nella cassetta della posta e il signore le va a prendere, le pòrta sugli aerei e le mandano dove vuoi tu." Bambino di 3 anni: "Beh si mangia e poi si va da qualche parte." Bambino di 5 anni: "Va bene. Allora per primo andiamo nei ristoranti di sera e noi, ehm, noi e noi andiamo e aspettiamo per un po', e poi arriva il cameriere e ci da quella piccola cosa dove ci sono i piatti, e poi aspettiamo per un po', una mezz'ora o un po' di minuti o qualcosa del genere, e ehm, poi arriva la nostra pizza o qualcosa d'altro, e, ehm ... Poi la mangiamo e ehm, poi quando abbiamo finito di mangiare l'insalata che ordiniamo, dobbiamo mangiare la nostra pizza quando è pronta, perché ci danno l'insalata prima che la pizza sia pronta. Così poi quando abbiamo finito tutta la pizza e tutta la nostra insalata, ce ne andiamo." Maria: "A me mi è successa un'altra cosa: una volta io sono andata sotto per andare a giocare un po' coi pattini. Un micino stava camminando, aveva paura che io stavo andando veloce coi pattini, poi mi ha graffiato. Ma io non volevo passargli sopra: io volevo girare!"
  • 2. B. Narrazioni di esperienze personali Si basano sul ricordo di episodi singolari e specifici di cui si è avuta esperienza personale in un determinato momento. Caratteristiche: • Gli eventi costitutivi non sono necessariamente riportati nel loro corretto ordine cronologico, ma viene messo in evidenza l'evento cruciale che si vuole narrare. • II tempo verbale usato è il passato. • Vengono usati nomi o pronomi personali. • Contengono i seguenti elementi: - introduzione (lo sai che?), - riassunto (l'altro giorno sono andato dal dottore per prendere una ricetta), - sfondo = informazioni di carattere generale (bisogna sempre attendere molto tempo in sala d'aspetto), - eventi salienti (mentre il dottore scriveva la ricetta è crollata la sedia su cui stava seduto), - valutazione del narratore sull'accaduto (è stato molto buffo), - risoluzione (si è alzato e mi ha consegnato la ricetta con aria solenne), - talvolta la coda che collega l'episodio passato al presente (conservo ancora la ricetta) • Funzione: serve a trasmettere informazioni sul mondo sociale. Svolge un ruolo rilevante nello sviluppo dell'intimità in una relazione interpersonale.
  • 3. C. Racconto di storie di fantasia E' un'attività/abilità complessa. Le storie fantastiche vengono raccontate in situazioni formali in cui il narratore deve dimostrare la propria abilità al pubblico senza affidarsi al contributo conversazionale dell'interlocutore. In esse viene fatto uso di un linguaggio altamente decontestualizzato, cioè che non fa riferimento ad esperienze personali e dirette né si appoggia ad oggetti e azioni concrete. La struttura narrativa delle storie tradizionali è un prodotto culturale; l'acquisizione di tale struttura è quindi una manifestazione del modo in cui la cultura interviene nel plasmare e indirizzare lo sviluppo concettuale dei singoli. La capacità di raccontare storie fantastiche implica il possesso di svariate conoscenze e abilità: • la capacità di riferirsi a luoghi, personaggi e tempi che non hanno relazione con la situazione attuale, • la capacità di rappresentarsi mentalmente eventi diversi; • la conoscenza dell'interazione sociale; • il tenere in considerazione il punto di vista dell'ascoltatore; • la conoscenza della struttura tipica delle storie; • la capacità di collegare eventi principali con eventi secondari. Caratteristiche strutturali: garantiscono la coerenza del racconto L'organizzazione delle storie risponde a regole convenzionali e condivise (per questo vengono chiamate "grammatiche") che identificano alcuni elementi fondamentali, costituenti una struttura invariante e vincolante nello scandire l'evolversi degli eventi narrati. Nella nostra cultura questi elementi sono presenti sia nelle storie tradizionalicheinquelleinventate.Essisono: • inizio formale (“c’era una volta”) e introduzione della situazione e dei personaggi; • evento iniziale semplice o complesso che spinge il protagonista a prefiggersi il raggiungimento di uno scopo; • tentativi dei personaggi di impedimenti e/o gli aiuti esterni; • risoluzione del problema o raggiungimento di uno scopo; • conseguenze e conclusione, che spesso è formale (“e vissero tutti felici e contenti"). Caratteristiche linguistiche: garantiscono la coesione del racconto Scelte linguistiche appropriate permettono di • esplicitare i legami tra le frasi, ad es., attraverso l’uso dei tempi verbali • compiere un efficace riferimento ai personaggi attraverso l’uso di nomi, pronomi o altre forme nominali • esplicitare i nessi causali e temporali attraverso i connettivi pertinenti. Funzione: svolgono una grande importanza nelle culture orali, in cui vengono utilizzate per trasmettere conoscenze, valori e insegnamenti morali propri di una specifica cultura. Nella nostra cultura non sono molto frequenti. Di solito vengono raccontate storie tradizioni; esse descrivono e rappresentano in maniera esemplare le relazioni tra le persone, gli affetti, i conflitti e le norme che contribuiscono a definire il destino di ciascuno. I bambini conoscono il mondo delle persone anche attraverso le storie.
  • 4. ESEMPI: Massimo: “C'era una volta un bambino, e un cane, e una rana che un giorno il bambino si metto a letto col cane, la ra... la rana subito scappò. Poi a un cerio punto il bambino risvegliò e il cane vedò dentro... la bottiglia e non vedò più la rana. Poi a un certo punto si vestò e il cane si mettò la bottiglia dentro.... dentro... la testa del suo cane e poi e poi andavano a cercarlo (…).” Fabiana: “(…) e poi all'albergo c'è un'altra barca grossa grossa e favano a scambio poi quella lì co tutti quelli personaggi cadevano in acqua e 'na balena la mangiammo, inghiottò la barca e mangiò anche la barca e la nave e la moto fa scontro co' robot e morono, felici e contenti e la storia è finita.” Sviluppo delle storie di fantasia • I bambini di 4 anni sono in grado di rievocare una storia che hanno sentito raccontare, rispettandone sostanzialmente l'intreccio narrativo (Mandler, 1983), ma non sono ancora capaci di dare a una storia di fantasia la fisionomia che le è propria. • Le prime storie raccontate dai bambini contengono semplicemente una serie di azioni messe in sequenza e collegate tra loro da relazioni temporali e sono state definite come sequenze descrittive (Peterson e Mc Cabe, 1983) o cronache (Orsolini, 1992). ► es.1 • In alcuni casi, storie raccontate da bambini di 4 anni, possono contenere anche un evento iniziale seguito da una conseguenza o una reazione del protagonista, ma difficilmente questi episodi incompleti vengono portati a conclusione. ► es.2 • Uno studio attraverso l'uso di un libro illustrato privo di parti scritte (Frog, where are you?) ha evidenziato come pochi bambini di 3 anni (17%) introducevano qualche elemento dell'evento iniziale, e ancor meno (10%) delle conclusioni. Tra i 4-5 anni la descrizione dell'evento iniziale cresceva fino a comparire nelle storie narrate dai due terzi di bambini, mentre i riferimenti alla ricerca e alla conclusione erano contenuti in circa la metà delle storie. Solo a 9 anni le storie raccontate dai bambini avevano le caratteristiche canoniche, anche se ancora un terzo non si riferiva esplicitamente al ritrovamento.Pochissimi bambini di 4 anni e solo un terzo di quelli di 5 facevano riferimento agli scopi che guidano le azioni del personaggio principale (trovare la rana e portarla a casa). • Intorno ai 5 anni compaiono l'introduzione dei personaggi nel contesto, i tentativi di risolvere la situazione problematica, la conclusione risultante dalle azioni del protagonista che risolve la situazione. ► es.3 • In età prescolare le storie inventate dai bambini difficilmente contengono riferimenti agli scopi dei personaggi, alle loro motivazioni e reazioni emotive. Tali riferimenti sono presenti solo quando, verso gli otto anni, i bambini sono in grado di raccontare storie più complesse, articolate in più episodi. • Anche quando le loro storie non sono ben formate, i bambini sanno utilizzare alcuni dei "mezzi formali" che distinguono una storia di fantasia, come ad esempio l'introduzione (c'era una volta) o le conclusioni (e vissero a lungo felici e contenti) e l'uso del tempo passato, che spesso
  • 5. diventa addirittura passato remoto, tempo verbale utilizzato da gran parte dei bambini solo in queste circostanze. L'uso ritualizzato di tali espedienti linguistici risulta talvolta incongruente, e proprio per questo si può comprendere che per i bambini svolgono solamente un ruolo formale. ► es.4 • Fino ai 4 anni i bambini tendono a riferirsi ai personaggi e agli oggetti prevalentemente con dei pronomi o aggettivi dimostrativi (questo, quello) o con la ripetizione del nome che gli hanno attribuito quando lo hanno introdotto la prima volta. A 5 anni aumenta considerevolmente l'uso dell'omissione del soggetto per riferirsi al personaggio principale e quello dei pronomi. ► es.5 • L'attività simbolica è sempre un tentativo di andare al di laticiò che mentalmente, affettivamente, conoscitivamente, già si possiede, di esprimere idee nuove avventurandosi fuori dai sentieri del già conosciuto e sentito, dell'ovvietà e dell'abitudine. I simboli ci permettono di pensare la realtà diversa da come è. • Il racconto, attraverso la combinazione di azioni e personaggi, genera una sequenza narrativa che, pur caratterizzata da marche di tempo e di luogo, avviene in un tempo e in un luogo che non c'è. Il racconto è fiction, simula il mondo, ma è solo un mondo, una realtà possibile. • Il racconto di storie rappresenta un contesto nel quale il bambino può ampliare il lessico, acquisire nuove conoscenze sul mondo, ma anche imparare a collegare, strutturare ed organizzare tutte le informazioni che già possiede con quelle in arrivo così da arricchire le sue competenze linguistiche, sociali e cognitive. • L'adulto con le sue abilità, nozioni ed aspettative nei confronti del bambino svolge il ruolo di mediare la realtà fisica e sociale. Nella interazione tra adulto e bambino, la condivisione della attività di lettura è ottenuta prevalentemente attraverso il comportamento dell'adulto il quale adatta e modifica fa propria partecipazione in funzione dell'età del bambino, di ciò che ci si aspetta da lui e in relazione alle risposte che da il bambino stesso. esempio 1 “... e arriva sera e dormono e arriva il giorno e escono e se fanno una passeggiata e poi rivanno a casa, vanno a casa e riviene sera e ridormono, poi riviene giorno, riviene giorno e vanno a fa' a spesa... e poi vanno lì a casa e riviene notte e viene a mattina e poi i figli li portano a scuola... esempio 2 “Le galline stavano anda' a spasso... a cerca qualcuno che iaiuta, entra lì a 'na casa fa 'Bum Bum' 'chi è?' ... e non c'era nessuno poi è galline ricamminaveno va da n'artra casa e dice 'Bum Bum' 'chi è?' ...'Sono una nonnina'... c'è la madre co' le galline... finita” esempio 3 “una volta che che che due annaveno a passo e trovaveno una buca e cadevano dentro e poi dicevano 'Aia me so fatta male a gamba aia aia me so fatta male a gamba e poi so arrivati i dottori hanno pottati all'oppedale a mamma a f iia e papa e poi e poi ianno fatto e punture e poi so guariti e so armati a casa... e poi n'attro giorno s'erano rifa..., avono trovato una buca e so rima..., e poi so ricaduti dentro e poi dice 'aia aia me so fatta male a quell'atta gamba e poi continua il dottore e fii e a mamma e papa e poi e poi javono fatto una puntura tre punture a mamma e a fija e papa e pi so guariti e so nnati a casa esempio 4 “e poi all'albergo c'è un'altra barca grossa grossa e favano a scambio poi quella lì co tutti personaggi cadevano in acqua e na balena la mangiammo, inghiotto la barca e mangia anche la barca e la nave e la moto fa scontro co' robot e morono, felici e contenti e la storia è finita.” “C'era una volta un bambino, e un cane, e una rana che che un giorno il bambino sì metto a letto col cane, la va... la rana subito scappò. Poi a un certo punto il bambino risvegliò e il cane vedo dentro... la bottiglia e non vedo più
  • 6. la rana. Poi a un certo punto si vesto e il cane sì metto la bottiglia dentro-dentro... la testa del suo cane e poi e poi andavano a cercarlo (...).” esempio5 “questi uhm questo cane e questo bambino stanno a vedere questa rana che sta dentro l'acqua (...).” “Cera una volta il bambino qui (indica il bambino) stava vicino alla ranocchia, la ranocchia stava dentro al vaso, poi il cane stava vedendo la ranocchia, sì stava affecciando dentro, dentro al barattolo, poi il bambino restava a vedere la ranocchia. Poi il bambino stava a dormire. Il bambino aveva visto non c'era più la ranocchia (...),” “(...) poi il treno andava a ammacca' tutte le macchine poi dopo il treno dopo le case cadevano el treno l'aveva buttate giù il treno era forte, un altro treno era forte e tutti i treni erano forti (...).” Evoluzione della competenza narrativa del bambino •In uno studio “naturalistico” Magee e Sutton-Smith (1983) hanno individuato questa sequenza: o II dialogo con un libro illustrato. L'adulto svolge una funzione di scaffolding descrivendo le figure e chiedendo al bambino di individuare nelle illustrazioni i vari personaggi (“questo chi è?”). La strategia chiave è il feedback positivo da parte dell'adulto che ripete quanto detto dal bambino. Il modello comunicativo è quello di un dialogo con alternanza di turni tra i due partecipanti. o Inversione di ruolo. Il bambino fa domande circa la storia indicando le figure. Il bambino inizia ad assumere il ruolo del narratore o Ascolto di storie e raccolti. A un certo punto l'adulto ritiene di poter iniziare a raccontare storie senza l'ausilio di illustrazioni. Se il bambino si dimostra pronto si delinea una nuova fase: l'adulto passa dal dialogo al monologo. Il bambino diventa un ascoltatore passivo ma interessato che riduce al minimo i suoi interventi. Inversione di ruoli. o Il bambino contribuisce al raccordo. Soprattutto rispetto a storie conosciute, sentite raccontate più volte, il piccolo contribuisce alla narrazione nominando o anticipando gli eventi, ridendo, dando risposte emotive. Questo stadio è caratterizzato dal rientro del bambino nel processo della narrazione come partecipante attivo. o II racconto di figure. I bambini cominciano a raccontare una storia leggendo le figure di un libro conosciuto. Se debitamente aiutato, il bambino in questa fase può cominciare a offrire spunti originali, ad aggiungere o modificare una linea narrativa. E molto importante in questa fase accettare l'originalità e promuovere le forme di narrazione "ulteriore" da parte del bambino. o Le prime narrazioni. Il bambino ha in mente una storia ma spesso non possiede l'abilità linguistica di narrarla: spunti narrarla sono però frammisti alla narrazione condotta dall'adulto.
  • 7. o Narrazioni personali. I racconti dei bambini basati sulla loro esperienza personale precedono spesso i racconti in senso stretto. Tali racconti personali mischiano realtà e finzione, avvenimenti realmente accaduti e avvenimenti solo immaginar» o Storie narrate insieme. Questa fase inizia solitamente con aggiunte da parte del bambino a una storia conosciuta, letta più volte assieme. Se l'adulto incoraggia questi contributi ben presto il bambino assume il controllo dell'andamento della storia. L'adulto svolge una funzione di incoraggiamento chiedendo al bambino: "e dopo cosa succede?". Il bambino può così procedere nella narrazione senza che questo comporti la necessità di conoscere in anticipo come si svolgerà la storia. o Racconto di storie. Una volta che il bambino ha assunto un ruolo attivo e creativo nella narrazione egli diventa a pieno titolo narratore. A questo punto è importante che l'adulto si faccia ascoltatore interessato e attento. ANDAMENTI EVOLUTIVI Narrazioni personali In uno studio del 1991 su più di 1000 narrazioni prodotte dai 3 anni ai 9 (McCabe e Peterson, 1991) è stata descrittala la seguente evoluzione: 3/4 anni: liste di azioni temporalmente disorganizzate 5 anni: sequenze coerenti prive di conclusione 6/7 anni: buone narrazioni con informazioni su dove, quando e come un episodio era accaduto Script 2 anni: script agito nel gioco di finzione 3 anni: script parlato sulle routine più familiari (riportati correttamente ruoti oggetti, luoghi, azioni etc.) Età scolare: esplicitati i legami causali e temporali, informazioni opzionali, conclusione Storie di fantasia: 4 anni: sequenze descrittive o cronache: elenchi di azioni, episodi incompleti, presenza di intreccio 5 anni: personaggi e contesto, tentativi di risoluzione, conclusione 7/8 anni: storie coerenti, articolate in più episodi, arricchite dai riferimenti a scopi, intenzioni, stati d'animo dei protagonisti Tuttavia, il quadro che emerge dai diversi studi è tutt'altro che omogeneo e non è possibile individuare un percorso normativo: nello sviluppo della competenza narrativa vi è una forte variabilità individuale dovuta 1) al genere narrativo 2) alla familiarità con il compito ( ad es. conoscenza della storia narrata) 3) al grado di familiarità e di condivisione del contesto tra i bambini 4) alte abilità linguistiche possedute Vi sono altri fattori che influenzano la capacità dei bambini di raccontare storie.
  • 8. a)ll contesto culturale di appartenenza (basso reddito , racconti più fattuali) b) stile interattivo materno: domande non difettive ed espansioni informative facilitano le narrazioni c)la semplice esposizione ai racconto di storie sostiene la competenza d) il suggerimento di argomenti o le domande su temi specifici invece ostacolano la produzione dei bambini Strategie efficaci messe in atto dall’adulto - rispecchiamenti - espansioni - richieste di indovinare (cosa succede e perché) - domande su motivazioni-azioni svolte dai personaggi - incoraggiamenti