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Il periodico di informazione sulla Sanità Integrativa
HEALTH
maggio/giugno 2015 - N°7
tutto quello che c’è da sapere su app, maternità
in italia e cellule staminali, depressione post
parto e importanza del pavimento pelvico
Evitare i rischi per la
pelle sotto al sole
Le infradito sono
dannose?
SSN o strutture private?
Intervista alla
Dott.ssa D’Agostino
Le proprietà
del Pilates
estate
sanità
benessere
Speciale maternità
Museo del Mutuo Soccorso MBA
Via di Santa Cornelia, 9 | 00060 | Formello (RM)
Aperto dal lunedì al venerdì solo su appuntamento contattando il numero +39 331 6893067
Il Museo del Mutuo Soccorso di MBA è
il "forziere della storia della mutualità
italiana".
Al suo interno sono raccolti documenti,
medaglie, gagliardetti, vessilli, statuti,
regolamenti, cartoline di un pezzo
dell'Italia che va dal 1840 fino al periodo
fascista.
Il museo ripercorre i passi salienti di questi
ultimi 150 anni di storia sociale.
Tra i reperti più rari, documenti dove risulta
socio onorario Giuseppe Garibaldi, ma
anche statuti e regolamenti ante Regio
Decreto.
è presente all'interno anche il testo
integrale, originale del Regio Decreto n.
3818 del 15 aprile 1886, stampato dalla
regia tipografia, oltre a una bandiera di
Mutua emigrata con lo scudo Sabaudo
rovesciato in segno di protesta.
Health Online
periodico bimestrale di
informazione sulla Sanità
Integrativa
Anno 2° - maggio/giugno 2015 - N°7
Direttore responsabile
Ing. Roberto Anzanello
Comitato di redazione
Alessandro Brigato
Manuela Fabbretti
Nicoletta Mele
Fabio Vitale
Redazione e produzione
Fabio Vitale
Direzione e Proprietà
HHG S.p.A.
Via di Santa Cornelia, 9
00060 - Formello (RM)
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editoriale. Articoli, notizie e
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Registrazione del Tribunale
Civile di Roma
N° 29 del 10 Marzo 2014
ImPaginazione e grafica
Giulia Riganelli
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HEALTH
La discussione su quale sia la strada migliore per garantire una
buona qualità di vita ai nostri concittadini ferve e si amplia
costantemente.
Negli anni ’90 è stato definito il quadro d’insieme legislativo,
economico e strutturale per quanto concerne il sistema
di previdenza integrativa finalizzato a garantire un equo e
sostenibile supporto pensionistico ai lavoratori, ove lo Stato
non può e non potrà più sostenere e garantire un modello
econometrico adeguato.
L’invecchiamento della popolazione, la percentuale di
soggetti pensionati rispetto a soggetti in età lavorativa, la crisi
economica sono tutti elementi che hanno determinato scelte
governative che già le prime ricerche compiute negli anni ’70
ponevano in rilievo come indispensabili (bello rileggere oggi
il volume “ I Limiti dello Sviluppo” titolo italiano pubblicato nel
1972 traduzione del volume The limits to growth, un rapporto
al Club di Roma, un’associazione di industriali, scienziati
e giornalisti che commissionò il libro agli autori, i coniugi
Meadows, JørgenRanders e William W. Behrens III).
Il sistema di previdenza integrativa è quindi stato rifondato sulla
base del modello a “Tre Pilastri” ove la previdenza obbligatoria
(minima e fornita dallo stato come primo pilastro), si unisce alla
previdenza complementare (collettiva ed aziendale basata
sui Fondi Pensione quale secondo pilastro) ed, eventualmente,
alla previdenza individuale (costituita generalmente da
prodotti gestiti da organizzazioni private quale terzo pilastro)
per consentire al futuro pensionato di mantenere inalterato il
proprio tenore di vita.
Già negli anni ’90 i primi studi econometrici determinavano
che le stesse ragioni che avrebbero mandato in crisi il sistema
previdenziale pensionistico avrebbero causato anche
l’insostenibilità economica del sistema pubblico di assistenza
sanitaria.
Anche in questo caso si è provveduto ad avviare la
razionalizzazione legislativa, economica ed organizzativa del
sistema che, seppur non ancora completamente compiuta,
allinea in via esclusivamente logica i due modelli.
Infatti di fianco ad un’assistenza sanitaria minima garantita
dallo Stato sono stati creati i Fondi Sanitari ed hanno ripreso
vigore le Società di Mutuo Soccorso integrabili poi a scelta del
cittadino con i sistemi di assistenza sanitaria privata.
Anche nel caso dell’assistenza sanitaria è quindi stato creato
un modello, ormai in via di definizione conclusiva, a tre pilastri.
Unalogicasicuramentediimportantiprospettivecheconsente,
una volta corretti alcuni evidenti elementi inappropriati, sia in
termini pensionistici che in termini sanitari di sostenere le fasce
più deboli della popolazione con un sistema garantito dallo
Stato, di fornire ai lavoratori sistemi di integrazione appropriati
e di offrire alle fasce della popolazione a maggiore reddito
ulteriori possibili strumenti integrativi.
Leggiamo però in diversi articoli giornalistici ed ascoltiamo in
alcuniconvegnichec’èchiipotizzasiaunagestioneprivatistica
dei sistemi integrativi di assistenza sanitaria sia un’integrazione
completa dei sistemi di previdenza complementare con quelli
stessi di assistenza sanitaria integrativa.
Probabilmente gli importanti valori economici in gioco
determinano grande interesse ove invece risulta chiaro che
non ci può essere fraintendimento tra i sistemi di protezione
garantiti da Fondi Sanitari e Società di Mutuo Soccorso che
garantiscono modelli basati sulla mutualità ed i modelli di
offerta commerciale forniti da società private che, di fatto,
pur basandosi tecnicamente sulle logiche della mutualità,
forniscono sistemi gestiti in una logica imprenditoriale.
La differenza sostanziale è che nel primo caso l’attività viene
svolta nell’interesse degli associati mentre nel secondo caso
c’è “un imprenditore” che opera principalmente in base ai
propri interessi economici.
Per sostenere questa tesi, poi, qualcuno si è anche avventurato
nel sostenere che Previdenza Integrativa e Previdenza
Sanitaria, essendo comunque “previdenza”, potrebbero
essere gestiti da un unico soggetto giuridico.
Sostanzialmente un illogico matematico, economico, giuridico
e sociale ove per determinare l’insussistenza della proposta
è sufficiente ragionare sul fatto che un sistema previdenziale
è basato sulla capacità finanziaria di sostenere in un futuro
l’erogazione di denaro ai fini di integrazione pensionistica ed
un sistema di assistenza sanitaria integrativa è fondato sulla
capacità finanziaria di sostenere oggi l’erogazione di denaro
ai fini di supportare le spese sanitarie di un cittadino.
Un illogico che contempla un grande rischio che è quello
di vanificare la capacità di erogare rimborsi sanitari se
mancassero risorse economiche per erogare i trattamenti
pensionistici integrativi o, viceversa, di rendere difficile
l’erogazione di trattamenti pensionistici integrativi se le risorse
economiche fossero necessarie per sostenere le spese dirette
all’integrazione sanitaria.
La logica sociale, la matematica, le ipotesi finanziarie ed
il quadro giuridico di riferimento sono tutti elementi che
determinano ad un’analisi approfondita l’impercorribilità
di questa strada ed è proprio per questo che è opportuno
esplicitare fin da subito l’inopportunità dell’argomento al fine
di evitare, nell’interesse di tutti i cittadini, quello che sarebbe
solo un errore evidente.
Anche perché noi di Health On Line sosteniamo sempre e
sempre sosterremo la coerenza del sistema nell’interesse del
cittadino ove i supporti sociali devono e dovranno essere
garantiti dallo stato nel limite delle possibilità economiche della
nazione, i sistemi integrativi debbono e dovranno essere forniti
dagli enti associativi al caso preposti (Fondi Pensione, Fondi
Sanitari e Società di Mutuo Soccorso) e gli imprenditori privati (
Compagnie Assicurative, Società di Gestione Finanziaria etc.)
possono e potranno offrire possibili ulteriori soluzioni integrative
ma restando soggetti privati senza alimentare il grande
equivoco.
A cura di Roberto Anzanello
editoriale
“Previdenza integrativa ed assistenza sanitaria
integrativa: il grande equivoco”
ommari
16
26
34
I benefici
del PILATES
La maternità
in italia
Donna e salute:
l’importanza del pavimento
pelvico dopo il parto
8
22
12
30
18
Sole e abbronzatura, come evitare i rischi
per la pelle: intervista alla dermatologa
Patrizia Teofoli
speciale maternità
Le Flip Flops, alias “infradito”,
sono dannose per la salute?
Intervista alla Dottoressa Giorgini chirurgo
ortopedico italo-americano della mano e del piede
Genitori non si nasce, si diventa.
La depressione post parto: sintomi,
cause e soluzioni.
Ne abbiamo parlato con la
psicoterapeuta Marinella Cozzolino
Sistema Sanitario Nazionale e le
strutture ospedaliere private.
Intervista alla Dott.ssa Sonia D’Agostino,
Direttore Generale delle cliniche Paideia
e Mater Dei di Roma
24
Tecnologia e salute: Sei in dolce attesa
o desideri avere un bambino?
Ci sono le app a portata di ma…mma!
ommari
44
Malattia dell’ansia:
disturbi sempre più frequenti
37
50
40
48
La vaccinazione per
la prevenzione contro la meningite
Riceviamo
e pubblichiamo
Elisir di
lunga vita
Scienza e tecnologia. Progetti made in Italy: i primi
prototipi di Robot indossabili per
gli amputati transfemorali e le prospettive della
tecnologia robotica
54
Le ricette
della salute
Crea un rituale notturno
rasserenante.
Spegni il computer e la tv,
non rispondere al telefono
per un’ora prima di andare a
dormire. Dedicati ad attività
rilassanti. Fai un bagno
caldo, leggi una rivista
o un romanzo, preparati
del the decaffeinato o
del latte e biscotti.
“Huffington Post
Ellen G. Goldman”
Non fare esercizio la sera.
Faticare aiuta il sonno,
ma un allenamento
troppo pesante la
sera tardi rischia di
tenerti sveglio. Tuttavia
una camminata
piacevole dopo
cena può essere la
giusta soluzione per
rilassare corpo e mente.
“Huffington Post
Ellen G. Goldman”
Limitare l’utilizzo del sale, in quanto
aumenta la pressione arteriosa,
sia durante la cottura che prima del
consumo, sostituendolo con erbe
aromatiche e spezie.
“www.ilritrattodellasalute.org”
Fatti il letto ogni
mattina. Un
letto ben fatto
è molto più
invitante di un
mucchio confuso di
lenzuola e coperte.
“Huffington Post
Ellen G. Goldman”
Health tips
Sapevi che...
Controllare il consumo di
bevande alcoliche, non più
di 2-3 bicchieri di vino
al giorno per gli uomini
e 1-2 per le donne (solo
durante i pasti)
“www.ilritrattodellasalute.org”
Le ciliegie hanno proprietà
depurative, disintossicanti,
diuretiche e antireumatiche:
ricche di vitamina C ed A, aumentano
le difese immunitarie.
I carciofi sono fra
i cibi più efficaci
per disintossicare
l’organismo e
ripulirlo anche dal
colesterolo!
Le barbabietole svolgono un’azione
decongestionante e aiutano il
fegato a eliminare le tossine.
Le fragole sono ricche
di enzimi capaci di
attivare il metabolismo
dei grassi facilitando
così il dimagrimento.
8
Sole e abbronzatura, come
evitare i rischi per la pelle:
intervista alla dermatologa
Patrizia Teofoli
a cura di
Nicoletta Mele
“Abbronzatissima, sotto i raggi del sole…” è stato uno dei
tormentoni dell’estate del 2002 ed è una canzone che
ritorna nelle menti degli italiani quando arriva il caldo e
l’inevitabile desiderio di godersi un po’ di relax sotto il sole
e in riva al mare.
Anche quest’anno la bella stagione è alle porte e
dobbiamo preparare la nostra pelle all’esposizione dei
raggi solari per evitare ustioni, invecchiamento e il rischio di
tumori cutanei.
Ma siamo abbastanza informati
su come prendere e “sfoggiare”
una bella abbronzatura senza
correre dei rischi per la nostra
pelle?
Da uno studio realizzato da Ipsos
per La Roche-Posay è emerso
che l’81% degli italiani considera
l’abbronzatura un elemento sexy
(contro il 72% di media), il 91 % si protegge poco e solo il 51%
pensa che ci sia un legame tra lo sviluppo di tumori della
pelle e le scottature durante l’infanzia o l’adolescenza,
mentre la media degli altri paesi sale al 75%.
La prima raccomandazione degli specialistici è quella
di non esagerare con l’uso delle lampade abbronzanti e
con l’esposizione prolungata in orari sbagliati perché nel
tempo potrebbe insorgere, sia per cause genetiche che
per fototipo della pelle, un tumore cutaneo.
Il melanoma costituisce circa il 5% dazienti, in Italia si registrano
ogni anno dai 6 ai 15 nuovi casi di melanoma ogni 100.000
abitanti, con un’incidenza crescente da Sud a Nord di tutti
i tumori maligni della pelle, che rappresentano la forma
principale di cancro nella popolazione di razza bianca.
Ogni anno vengono diagnosticati circa 130.000 casi di
melanoma nel mondo e circa 37.000 persone muoiono a
causa del melanoma secondo i
dati di uno studio epidemiologico
italiano che ha preso in esame
1.472 persone.
Il rischio di sviluppare un tumore
è spesso ereditario quindi le
persone che sanno di avere
avuto dei casi in famiglia e che
presentano una cute molto
chiara (tipo I e II) dovrebbero
sottoporsi ad una visita
dermatologica almeno una volta l’anno. Ma anche i raggi
UV sono un fattore di rischio da non sottovalutare.
L’esposizione solare è tradizionalmente considerata
come la più importante fonte di radiazioni UV per l’uomo
e viene classificata come “cancerogeno” dall’Agenzia
Internazionale per la Ricerca sul Cancro.
9
Per saperne di più abbiamo intervistato la dottoressa
Patrizia Teofoli, Dirigente I livello Istituto Dermopatico
dell’Immacolata, IRCCS-Roma, la quale ha spiegato gli
effetti benefici e quelli “negativi” del sole, ma soprattutto
ha suggerito quali sono le abitudini da adottare prima di
esporci ai raggi solari.
“L’esposizione ai raggi ultravioletti – ha detto la Teofoli
– induce importanti e positivi effetti biologici inclusi la
sintesi di vitamina D, la sintesi di molecole con proprietà
immunomodulanti d’importanza terapeutica per chi è
affetto da alcune dermatiti (psoriasi, dermatite atopica,..)
ed inoltre aumenta i livelli di serotonina, un mediatore
sintetizzato nel sistema nervoso, responsabile del tono
dell’umore. Ciò spiegherebbe l’effetto positivo del sole sul
tono dell’umore ed il fatto che spesso i disturbi depressivi
e del ritmo del sonno siano frequentemente stagionali
poiché legati alle variazioni di luce solare”.
Dottoressa, qual è il giusto atteggiamento da adottare per
godersi il sole senza correre dei rischi? E quali sono i suoi
consigli?
“La modalità di esposizione solare è molto importante in
quanto le ustioni solari, non solo durante l’infanzia ma anche
in età adulta, costituiscono un fattore di rischio importante
per l’insorgenza del melanoma. Quindi, le esposizioni
solari brevi ma intense sembrerebbero essere un fattore
di rischio significativo come, secondo alcuni studi,anche
un’esposizione solare a basse dosi e prolungata nel tempo
che riguardano alcune categorie di lavoratori.
E’ ormai documentato che circa l’80% dei danni da
esposizione solare si verificano prima dei venti anni di
età, soprattutto nelle pelli più chiare, pertanto è sempre
buona regola, per in ogni fascia di età, seguire discipline
di fotoprotezione che suggeriscono l’uso di schermi solari
fin dalla prima infanzia preferendo quelli a largo spettro nei
confronti dei raggi UVA ed UVB con fattore di protezione di
almeno SPF 30 (anche nei giorni nuvolosi).
Questo perché la fotoprotezione previene i danni da UV
e riduce il rischio di tumori cutanei. Gli schermi solari fisici e
chimici funzionano assorbendo, riflettendo e diffondendo le
radiazioni solari. Inoltre, è importante anche assumere per via
orale, da 2 a 4 settimane prima e durante l’esposizione solare,
delle formulazioni arricchite con antiossidanti (vitamina E,
vitamina C, acido ferulico, ed altri principi attivi di origine
vegetale) che neutralizzano i radicali liberi responsabili
dello stress ossidativo responsabile del danno cellulare e
costituiscono anche una difesa per il nostro organismo.
E’ molto importante, ai fini di evitare i danni indotti dai raggi
UV, tener conto dell’intensità della luce solare (UV-index)
e della propria capacità di produrre melanina perché
quando compare un eritema è segno dell’inizio di un
danno biologico.
Alla luce di quanto detto, i miei consigli sono: un uso
corretto degli schermi solari che dovrebbero essere a largo
spettro per i raggi UVA ed UVB con fattore di protezione
almeno SPF 30, anche nei giorni nuvolosi, da applicare 20-
30 minuti prima dell’esposizione solare e da riapplicare ogni
2 ore, soprattutto dopo attività sportiva o bagno anche se
i prodotti utilizzati sono quelli resistenti all’acqua.
Le radiazioni sono più intense dalle 10 alle ore 16.00 con
un picco tra le 11 e le 14 momento in cui si dovrebbero
preferibilmente indossare indumenti protettivi a tessitura
compatta (indumenti a tessitura larga od indumenti
bagnati schermano solo in parte i raggi UV) ed occhiali
solari capaci di schermare i raggi UV, questo perchè, è
importante ricordare che ci si “scotta” anche nelle giornate
nuvolose e che gli scogli, la neve e la sabbia riflettono 85-
90% dei raggi ultravioletti”.
Gli schermi solari garantiscono una protezione sicura? E
come dovrebbero essere utilizzati?
“Sono sicuri ma la protezione non è mai assoluta. E’
importante usarli 20 minuti prima dell’esposizione solare”.
Quali sono i soggetti più a rischio?
“Il fototipo chiaro”.
Usare schermi solari a
largo spettro per i raggi
UVA ed UVB con fattore
di protezione almeno
SPF 30, anche nei giorni
nuvolosi
Applicare i solari
20-30 minuti prima
dell’esposizione solare e
riapplicarli ogni 2 ore
Evitare di esporsi dalle
10 alle ore 16.00 ed
indossare indumenti
protettivi a tessitura
compatta durante il
picco massimo dalle 11
alle 14.
Indossare sempre
occhiali solari capaci
di schermare i raggi UV;
gli scogli, la neve e la
sabbia riflettono 85-90%
dei raggi ultravioletti
le buone regole
da seguire
10
E per i bambini valgono le stesse regole?
“Per i piccoli, soprattutto al di sotto dei 6 anni, occorre
aumentare il fattore di protezione ed io consiglio SPF 50 anche
per le varie attività all’esterno che svolgono quotidianamente
i bambini”.
E per chi assume dei farmaci a cosa deve fare attenzione?
“Consiglio di prendere il sole con molta cautela soprattutto
se utilizzano delle creme a base di prodotti naturali che
possono creare dei danni seri alla pelle, come invece
non è indicata l’esposizione ai raggi solari per coloro che
assumono alcuni farmaci antibiotici e antinfiammatori.
Ma non per tutti, ad esempio la penicillina non è
fotosensibile. In generale, però bisogna sempre prestare
molta attenzione e rivolgersi ad uno specialista prima di
prendere il sole”.
Quanto è importante un’adeguata prevenzione per
evitare il rischio di sviluppare tumori cutanei come il
melanoma?
“E’ fondamentale. L’aumentata incidenza dei carcinomi
cutanei e la correlazione tra carcinogenesi cutanea ed
esposizione solare induce ad una corretta esposizione
solare. La luce solare è costituita in parte da radiazioni
ultraviolette in grado di raggiungere la pelle e si distinguono
in UVA e UVB. Queste radiazioni sono responsabili
della pigmentazione cutanea, e quindi del fenomeno
“abbronzatura”.
Gli UVB penetrano in modo minore nella cute ma
inducono maggiori effetti biologici come l’eritema solare
e la pigmentazione immediata e sono maggiormente
implicati nell’induzione dei tumori della pelle. I raggi UVA,
a maggiore lunghezza d’onda, invece, sono in grado di
penetrare più profondamente nella cute, determinano
la pigmentazione cutanea ritardata che compare
diverse ore dopo l’esposizione solare e contribuiscono
all’invecchiamento cutaneo ma anche in parte alla
carcinogenesi cutanea.
Nel caso del melanoma il ruolo degli UV è più complessa,
ma il rapporto tra sole, nevi melanocitari e melanoma
nasce da numerose osservazioni in cui si è evidenziato che
l’esposizione solare nell’infanzia induce la comparsa di nevi
melanocitari, inclusi i nevi clinicamente atipici, soprattutto
nelle aree maggiormente esposte al sole e che il numero
di “nei” sia benigni che atipici è correlato al rischio di
incidenza del melanoma.
I raggi ultravioletti, infatti, sono in grado di danneggiare
il patrimonio genetico della cellula modificandone il
comportamento, attivando oncogeni o inattivando
geni soppressori che prevengono la trasformazione
tumorale delle cellule anche se ormai è dimostrato che
nell’induzione del melanoma è fondamentale l’interazione
tra esposizione solare e fattori genetici.
Nei numerosi studi effettuati è emerso che l’incidenza e
la gravità del melanoma è maggiore nei soggetti di pelle
chiara, con minore potenzialità nel produrre melanina
e quindi minore capacità di abbronzarsi (meccanismo
naturale di difesa dai raggi solari) soprattutto nei paesi
più vicini all’equatore dove è maggiore l’intensità delle
radiazioni ultraviolette a cui è esposta la cute”.
Invece un’abbronzatura ottenuta artificialmente per mezzo
di lettini e cabine solari protegge la pelle da scottature
prima dell’esposizione solare?
“In generale il lettino solare è sconsigliato, ma non
bisogna demonizzarlo l’importante è tenere sotto controllo
l’abitudine. Un uso prolungato di questi strumenti potrebbe
portare a dei danni per la salute. Non sono in grado di
proteggere la pelle da scottature prima dell’esposizione
solare perché hanno un fattore di protezione molto basso”.
Ancheinquestocasolaprevenzioneassumeun’importanza
fondamentale, quindi cerchiamo di goderci il sole nel
miglior modo possibile evitando di esporci nelle ore di
punta e per un tempo prolungato e ricordate di munirvi di
creme solari adatte alla vostra pelle!
11
A.NA.PRO.M.Associazione Nazionale Promotori Mutualistici
A.NA.PRO.M. è un’associazione professionale che tutela e
promuove gli interessi professionali, morali
ed economici dei Promotori Mutualistici.
Grazie ad un Team di professionisti esperti nel settore svolge
una vera attività di Formazione ed informazione a tutti gli iscritti
e provvede, inoltre, allo studio ed
alla collaborazione, anche con altri enti o associazioni,
per la risoluzione di problemi di ordine tecnico, economico,
finanziario, amministrativo, fiscale, sociale, giuridico e
legislativo, riguardanti l’esercizio.
A.NA.PRO.M. inoltre diffonde tra il pubblico una migliore
coscienza e conoscenza del mondo delle Società di
Mutuo Soccorso anche attraverso gli organi di informazione e
promuove servizi ed attività di assistenza agli iscritti.
“La promozione della salute
è il processo che mette in grado le persone
di aumentare il controllo sulla propria salute e
migliorarla.”
Carta di Ottawa - Ontario 1986
www.anaprom.it
12
Le Flip Flops, alias “infradito”,
sono dannose per la salute?
Intervista alla Dottoressa Giorgini
chirurgo ortopedico italo-americano
della mano e del piede
a cura di
Alessia Elem
L’estate è ormai alle porte e con il primo caldo gli stivali
lasciano il posto ad un accessorio economico, versatile e
comodo: le flip flops, meglio conosciute come infradito.
Fino a qualche anno fa erano considerate delle ciabatte
da mare o da indossare nelle occasioni informali, oggi
invece stanno diventando sempre più un vero e proprio
accessorio trendy che non conosce tempo e luogo per
essere sfoggiato.
In commercio si trovano le più svariate tipologie di flip flops,
da quelle in plastica a quelle rigorosamente in pelle e
cuoio, con strass, pietre e lustrini da poter indossare anche
nelle migliori occasioni.
Lo sanno bene modelle e star di Hollywood, come Heidi
Klum e Jennifer Lopez che non perdono occasione per
abbinare le flip flops anche con abiti da sera e nelle
occasioni più impensabili.
Moda a parte, ortopedici e traumatologi inglesi però
frenano l’entusiasmo e avvertono che un uso continuo
delle infradito, indipendentemente dal materiale di cui
si compone, potrebbe essere dannoso per la salute
causando fascite plantare, infiammazioni del tendine
d’achille oppure l’insorgere di vesciche, ispessimento della
cute e crepe dei talloni.
Secondo un rapporto della sanità inglese le infradito,
essendo una “scarpa” senza tacco, sono responsabili dei
problemi di oltre 200.000 pazienti l’anno.
Per saperne di più abbiamo intervistato la Dottoressa Tara
Louise Giorgini, Chirurgo Ortopedico italo-americano
Specialista in chirurgia della mano e del piede.
13
14
Chi è
I 3 pilastri della sanità
Struttura e servizi
Winsalute nasce dalla volontà di avviare un Service Provider indipendente sul
mercato dell’assistenza sanitaria integrativa, che potesse offrire i propri servizi nei
rami malattia e infortuni a tutti i clienti del Gruppo e a terzi nell’attività di gestione
di tutti gli adempimenti amministrativi e liquidativi.
Attualmente si attesta come un punto di riferimento nel panorama dei Servizi di
Assistenza volti al settore della Sanità Integrativa, gestisce oltre 280.000 sinistri
annui garantendo 1.440.000 assistenze annue.
GestioneCentrale salute Network
- 2 call center
- Servizio SMS
- Servizio CHAT
- Network senza eguali in Italia
- Scanner professionali
Winsalute S.p.A.
+39 06 90198081 (dall’estero)
www.winsalute.it
info@winsalute.it
800 598 291
Numero Verde
800 511 311
15
Dottoressa Giorgini, è vero che le infradito possono causare
dei problemi anche gravi per la salute dei piedi e della
schiena?
“Se usate quotidianamente posso dare origine ad una serie
di problemi ortopedici, come appunto fasciste plantare,
infiammazione dei tendini, mal di schiena, ma anche
di circolazione sanguigna. E non solo. Nell’immaginario
collettivo si pensa che queste ciabatte aiutino a prevenire
l’alluce valgo, ovvero la deformità del primo dito del piede
che determina una deviazione
in senso laterale della falange
verso quello che è l’esterno del
piede, ma non è così. La parte
della ciabatta che divide il primo
dal secondo dito del piede infatti
spinge sul tendine peggiorando
la deformità e favorendo proprio
la formazione dell’alluce valgo.
Inoltre, sono dannose per la
schiena perché alterano il
processo del passo”.
L’apparenza inganna, le flip flops
sembrano comode ma in realtà
non lo sono. L’assenza del tacco, quindi non è sinonimo di
comodità?
“No, infradito a parte, qualunque scarpa con la suola piatta
senza arco plantare non garantisce alcun supporto al
calcagno e questo potrebbe dare origine al piede piatto.
Inoltre, l’assenza di lacci e sostegni nella parte posteriore
del tallone costringono il piede ad un maggiore sforzo
nella deambulazione per non perdere la scarpa e questo
comporta una modifica della postura fino ad arrivare
ad infiammare muscoli e tendini di piede e polpaccio.
La fatica nel trattenere la ciabatta porta alla tensione
dell’arco plantare facendo così assumere al piede una
posizione sbagliata e l’insorgere del problema del dito a
martello”.
Quali sono i suoi consigli? C’è un modo per non rinunciare
ad indossarle senza correre dei rischi?
Nell’immaginario collettivo si
pensa che queste ciabatte
aiutino a prevenire l’alluce
valgo, in realtà la parte della
ciabatta che divide il primo dal
secondo dito del piede spinge
sul tendine che accentua la
deformità peggiorando la
situazione
“Per chi proprio non riesce a rinunciare alle infradito
consiglio di utilizzarle il meno possibile e alternarle con altri
tipi di scarpe che abbiano determinate caratteristiche:
aperte per far respirare il piede, con un sostegno nella
parte posteriore e dei lacci che tengano fermo il piede
durante il processo del passo.
Le scarpe devono avere un plantare anatomico e un
tacco di almeno 4-5 cm che aiuta nella postura per una
migliore distribuzione del peso corporeo tra il tallone e
l’avampiede.
Per evitare i problemi di cui
abbiamo parlato è preferibile
camminare a piedi nudi piuttosto
che con ciabatte senza plantare
e con la suola piatta.
Le flip flops sono nate per
accompagnarci al mare e quindi il
mio consiglio è quello di indossarle
in questa occasione ma lasciarle
sotto l’ombrellone per fare lunghe
passeggiate sulla sabbia, vero
toccasana per la salute dei nostri
piedi”.
Lei indossa le infradito?
“Ammetto che sono molto graziose, ma il mio utilizzo è
limitato solo per la piscina e il mare perché quando mi
capita di indossarle per un tempo prolungato avverto
dolore al tendine e alle gambe”.
Cari lettori cosa ne pensate?
E’arrivatoilcaldoeanchequest’annoèscoppiatalainfradito-
mania ma cerchiamo di indossare le simpatiche ciabattine
il meno possibile perché, oltre a non essere comode come
invece si presentano, potrebbero anche essere la causa di
cadute, distorsioni e dell’insorgere di infezioni causate dalle
ferite da sfregamento tra alluce e indice.
Una raccomandazione è d’obbligo: ricordate sempre di
cambiare le flip flops con una scarpa che avvolge bene i
piedi prima di mettervi al volante di un’automobile!
16
I benefici
del pilates
a cura di
Francesca Raio
Nove ore di lavoro, circa due di auto, pasti solitamente
frettolosi e poco, a volte quasi nullo, il tempo da dedicare
ad una sana attività fisica.
La quotidianità di una persona è mediamente scandita
da una notevole sedentarietà che spesso “stressa” il fisico
appesantendolo con dolori ossei e muscolari.
Negli ultimi anni sono nate, o meglio, si sono sviluppate
alcune discipline il cui obiettivo è quello di trattare e
prevenire questa tipologia di
dolori, ponendo una particolare
attenzione non soltanto all’aspetto
fisico, ma anche alla cura di quello
psicologico: un vero e proprio
balsamo per una vita frenetica.
Lo yoga, il tai-chi, ma soprattutto
il pilates hanno trovato il loro
successo proprio in questo
concetto di equilibrio corpo-mente, superando l’idea di
una momentanea moda diffusa tra personaggi dello star-
system e divenendo pratiche di vita quotidiana.
Queste discipline, sebbene accomunate dall’ispirazione
alle filosofie orientali, sono in realtà molto diverse tra di loro.
In particolare lo yoga risulta essere il più legato agli schemi
della meditazione, della spiritualità e della cura della mente.
Si potrebbe invece sostenere che il pilates capovolge questo
concetto ponendo al centro della propria attenzione il
corpo e la sua salute, con conseguenti benefici interiori.
Differenti piani di azioni che si pongono come obiettivo
ultimo “lo star bene con se stessi”.
Il pilates venne ideato da Joseph Pilates nella prima metà
del ‘900. Uomo di salute gracile e cagionevole, utilizzò
la propria esperienza personale e la forza scaturita dalle
sue menomazioni fisiche per
concentrare tutti i suoi studi e le
sue ricerche sul perfezionamento
di una tecnica che permettesse la
riabilitazione del corpo martoriato
dalle ferite di guerra, avvalendosi
contestualmente di attrezzature
ideate e progettate da lui stesso e
propedeutiche a questo scopo.
Il successo di questo sport, generalmente definito come
una ginnastica dolce, è stato progressivo ed inarrestabile e
con un forte impatto sia sul sesso maschile che femminile.
In completa antitesi con il body building, incentrato sulla
forza e resistenza fisica, il pilates viene considerato come
un’attività anaerobica, ovvero da integrare ad altre attività
compensative sotto questo punto di vista.
Innumerevoli sono i benefici per il corpo e la mente della
17
persona, riconosciuti ufficialmente anche dalla comunità
scientifica.
Gli stessi sei concetti fondamentali su cui questa disciplina
si fonda – Concentrazione, Controllo, Baricentro, Fluidità,
Precisione e Respirazione – pongono l’accento sulla
perfetta armonia psico-fisica che questa è in grado di
creare nella persona, svolgendo una vera e propria
funzione “disintossicante” sia per il corpo che per la mente.
Tutta l’attività fisica proposta è volta alla ricerca di
una fluidità del respiro e dei movimenti, mai bruschi, al
rafforzamento della cosiddetta “Power House”, ovvero
quella zona del corpo compresa tra l’addome e gli
adduttori, ed è studiata in modo tale che il risultato finale
non sia un aumento della massa muscolare, ma soltanto un
allungamento ed un rinvigorimento della struttura muscolo-
scheletrica. Proprio per questo i risultati estetici del pilates
non sono di fatto immediati, ma evidenti nel lungo termine.
A fronte di numerosi benefici annoverabili tra i risultati di
questa pratica sportiva, quali riabilitazione, prevenzione
dei dolori posturali, tonificazione e perfino la lotta agli
inestetismi della cellulite grazie alla stimolazione della
circolazione sanguigna, non sono indicate particolari
controindicazioni nello svolgimento della stessa, se non
una normale attenzione in caso di dolori pre-esistenti o
per le donne in gravidanza, sebbene alcuni studi abbiano
dimostrato effetti particolarmente positivi su un corpo in
stato interessante.
Notevole rilevanza invece dovrebbe essere posta
sull’effetto “psicoterapeutico” del pilates, non solo con lo
scarico dello stress psicologico.
La presa di coscienza del proprio corpo, la fluidità dei
movimenti ed un ritrovato equilibrio fisico aiutano infatti
la persona ad acquisire anche una maggiore autostima
dovuta ad una ritrovata, o addirittura nuova, percezione
del proprio sé.
Un famoso proverbio recitava “Prevenire è meglio che
curare”. Probabilmente chi lo ha scritto era un assiduo
praticante di pilates!
1. Concentrazione
2. Controllo
3. Baricentro
4. Fluidità
5. Precisione
6. Respirazione
I concetti fondamentali
del pilates
18
Sistema Sanitario Nazionale e le
strutture ospedaliere private.
Intervista alla Dott.ssa Sonia D’Agostino,
Direttore Generale delle cliniche
Paideia e Mater Dei di Roma
a cura di
Nicoletta Mele
18
Il Sistema Sanitario Nazionale sta diventando sempre meno
efficiente e non più in grado di garantire il diritto alla salute
a tutta la popolazione.
L’aumento dei ticket e le lunghe liste d’attesa, sia per le
visite specialistiche che per gli interventi chirurgici, stanno
portando sempre di più, anche se con enormi sacrifici a
causa della crisi economica, circa 12 milioni di italiani a
rivolgersi a strutture private per la tutela della propria
salute. (dati Censis).
Secondo l’indagine conoscitiva sulla sostenibilità
economica del Sistema Sanitario Nazionale, condotta dalle
commissioni Bilancio e Affari Sociali della Camera, la spesa
privata tra farmaceutica, diagnostica e
assistenza è pari a 30 miliardi l’anno.
A conferma di questa tendenza anche
una recente ricerca da parte del Censis,
secondo la quale sempre più italiani
pagano di tasca propria i servizi sanitari
che il pubblico non garantisce più: nel
2013 la spesa sanitaria privata è infatti
aumentata del 3% rispetto al 2007.
Il 41% degli italiani dichiara che la sanità
pubblica copre solo le prestazioni
essenziali per il resto bisogna mettere
le mani ai propri portafogli, per il 14% la
copertura pubblica è insufficiente per
sé e la propria famiglia, mentre il 45% la
ritiene adeguata per le prestazioni di cui
ha bisogno.
Uno dei fattori che determina
l’emigrazione verso il privato è stato
l’aumento del ticket e secondo quanto hanno rilevato gli
esperti del Censis, il 50% degli italiani ritiene che il ticket
sulle prestazioni sanitarie sia una tassa iniqua, il 19,5% pensa
che sia inutile e il 30% lo considera invece necessario per
limitare l’acquisto di farmaci. Il 56% dei cittadini sostiene
che è troppo alto il ticket pagato su alcune prestazioni
sanitarie, soprattutto per le visite ortopediche (53%),
l’ecografia dell’addome (52%), le visite ginecologiche
(49%) e la colonscopia (45%).
La crisi economica però sta condizionando la scelta da
parte delle famiglie sulle prestazioni sanitarie da sostenere
di tasca propria a stretto giro, perché necessarie, e quelle
che invece possono essere rinviate.
Secondo il Censis, dal 2005 al 2012 è diminuito di oltre un
milione di visite il ricorso al dentista a pagamento ma sono
aumentati gli italiani, il 43%, che pagano per intero le visite
specialistiche, ed è aumentata del +74% la spesa destinata
a pagare gli esami del sangue per intero e del 19%per gli
accertamenti diagnostici.
Con la spesa sanitaria aumenta anche il numero delle
persone che si rivolgono alle strutture private perché i
tempi di attesa per accedere alle prestazioni sono troppo
lunghi come dichiarato dal 61% intervistato.
Altre motivazioni sono, per il 33% la possibilità di scegliere il
medico di fiducia e per il 18,2% vige la teoria che “se paghi
vieni trattato meglio”.
La fuga verso il privato riguarda
soprattutto l’odontoiatria (90%), le visite
ginecologiche (57%) e le prestazioni
di riabilitazione (36%). Ma il 69%
delle persone che hanno effettuato
prestazioni sanitarie private reputa alto il
prezzo pagato e il 73% ritiene elevato il
costo dell’intramoenia.
Sulla base dei dati della Direzione
generale del sistema informativo e
statistico del Ministero della Salute, che
nel 2011 ha elaborato una mappatura
delle strutture private (accreditate e
non), è emerso che sul territorio nazionale
sono presenti 600 cliniche private.
Circa la metà di queste strutture, 266
su 589, si trova in quattro regioni, cioè
Lombardia (72), Lazio (65), Campania
(65) e Sicilia (64). Delle 600 cliniche sono
64 quelle non accreditate col SSN e di queste, nel Lazio se
ne contano 29. Altre 12 strutture “svincolate” dal servizio
pubblico sono presenti in Lombardia.
Per il resto, nelle altre regioni, le Case di cura private sono
quasi tutte accreditate. In Campania solo 5 strutture su 65
non sono legate al Ssn. In Sicilia, invece, le 64 case di cura
private sono tutte accreditate.
In Italia il 25% delle prestazioni ospedaliere è coperto
dall’ospedalità privata, che pesa soltanto sul 15% della
spesa sanitaria.
Proprio per delineare un quadro più dettagliato,
Healthonline ha intervistato la Dottoressa Sonia D’Agostino,
da 15 anni Direttore Generale delle cliniche Paideia e
Mater Dei, due centri di eccellenza e punti di riferimento
per la sanità privata.
19
Dottoressa D’Agostino, le strutture sanitarie private
rappresentano una risorsa importante per il Paese in grado
di garantire un servizio sanitario capace di dare ai cittadini
delle prestazioni di alta qualità?
“Dipende ovviamente dal tipo di struttura,
dall’organizzazione che si è data, dagli standard di
assistenza e di sicurezza, e dagli investimenti in tecnologia
e sviluppo. Ci siamo resi conto già a suo tempo che il
concetto di “Casa di Cura” era qualcosa di superato, in
quanto l’esigenza della clientela è quella di trovare punti
di riferimento per risolvere in tempi rapidi le problematiche
sanitarie, da una visita specialistica a un esame diagnostico,
a un ricovero d’urgenza.
Ecco perchè si è sentita l’esigenza di attivare servizi 24 ore
su 24 con una reperibilità del personale medico di tutte le
specialità, infermieristico, di radiologia e di laboratorio in
modo da essere in grado, anche di notte e nei giorni festivi,
di poter far fronte a qualunque tipo di urgenza.
Abbiamo superato anche lo scetticismo relativo al fatto
che la clinica fosse vista come una struttura “alberghiera”
non sempre in grado di garantire sicurezza.
Abbiamo quindi attivato ben 9 posti di terapia intensiva,
tra Paideia e Mater Dei, attrezzate con apparecchiature
d’avanguardia, carrelli salvavita in tutti i reparti, dotati di
defibrillatore, e tutti i presidi necessari per intervenire in
caso di urgenza.
C’è addirittura un codice, il “444”, che segnala, tramite dei
pulsanti presenti in tutti i reparti delle strutture, il verificarsi di
un’emergenza sanitaria. Una volta attivata la segnalazione,
in tempi rapidissimi interviene il personale sanitario con
specifica formazione, munito di carrello salvavita dotato di
tutti i presidi necessari per la rianimazione del paziente.
Ma resta inteso che le apparecchiature e l’organizzazione
da sole non bastano senza un’attenta selezione e una
continua formazione del personale”.
Sono circa 12 milioni gli italiani che non soddisfatti del
Sistema Sanitario Nazionale si sono rivolte a strutture private.
Quali sono i vostri numeri?
“Oggi il paziente è più informato e più esigente e cerca un
servizio all’altezza delle proprie aspettative.
La domanda di prestazioni sanitarie private è in crescita.
E’ in atto un cambio culturale che sta portando ad una
maggiore richiesta di coperture sanitarie integrative,
polizze e sussidi. Lo prova anche il fatto che un numero
sempre crescente di aziende offre coperture sanitarie
come benefit ai propri collaboratori.
Non è un caso quindi che nel 2014 Mater Dei e Paideia
abbiano effettuato ben 297.000 prestazioni ambulatoriali.
Questo è un dato rilevante, un traguardo prestigioso, se
pensiamo che le cliniche sono interamente private e non
convenzionate.
E’ il risultato di un grande lavoro di squadra e di una visione
strategica lungimirante”.
Uno dei servizi centrali e caratterizzanti delle vostre strutture
è il check up, è così?
“E’ vero, infatti da anni la nostra mission è “la cultura del
benessere”. Una struttura sanitaria, secondo noi, non deve
limitarsi a curare malati. La scienza ha regalato anni alla
vita e il nostro compito è di aiutare le persone a vivere
questi anni il più possibile in salute. Per questo lavoriamo
molto per la prevenzione.
Nel 2014 abbiamo effettuato oltre 3500 check up. Siamo
oramai anche un riferimento di tante aziende, curando la
salute di intere popolazioni aziendali.
La particolarità della nostra organizzazione, oltre alla
personalizzazione del servizio, l’esperienza acquisita negli
anni e la puntualità che consente di svolgere l’intero check
up in una mattinata, sta anche dall’attivazione di una serie
di percorsi di prevenzione primaria che accompagnano il
paziente, sotto forma di tutoraggio.
20
Ci siamo resi conto che il paziente a volte disattende le
indicazioni che gli vengono date e l’anno successivo
lo stesso paziente ritorna con le proprie problematiche
invariate, se non addirittura peggiorate. Si è deciso quindi,
di studiare dei percorsi ad hoc che prevedono ad esempio
corsi per smettere di fumare con un metodo innovativo,
corsi per imparare a gestire lo stress e gli stati d’ansia.
Inoltre, sempre più importanza ha acquisito la figura del
nutrizionista, perchè noi siamo quello che mangiamo.
Anche in questo seguiamo la nostra mission, “la cultura del
benessere”.
Se dovesse menzionarne una, qual è la caratteristica
principale che caratterizza le vostre cliniche?
“L’organizzazione ospedaliera e la personalizzazione
dell’approccio al paziente e alle sue necessità.
Paideia e Mater Dei ci sono sempre, anche per una
semplice consulenza telefonica.
Inoltre i punti di forza sono rappresentati dai nostri centri
d’eccellenza.
In Paideia c’è il centro di senologia che, con oltre 12000
prestazioni l’anno, rappresenta un riferimento nel centro-
sud Italia per la prevenzione e diagnosi delle patologie
della mammella, e il centro di gastroenterologia ed
endoscopia digestiva all’avanguardia.
La Mater Dei ospita tra le proprie eccellenze il Centro
Cuore, con servizio di guardia cardiologica e rianimazione,
diagnostica, emodinamica e cardiochirurgia e l’ostetricia,
reparto storico e modernissimo, riferimento principale della
maternità privata a Roma.
In entrambe le cliniche sono presenti il Trauma Center e la
SportClinique, struttura dedicata alla salute dello sportivo.
In questo ambito, importante per le nostre cliniche, Paideia
è il riferimento della S.S. Lazio, oltre a essere responsabile
del servizio sanitario allo Stadio Olimpico, così come la
Mater Dei della Virtus Roma di Basket”.
Assistenza al paziente a 360 gradi. Avete attivato anche i
servizi a domicilio?
“Si certamente, anche per dare una continuità assistenziale
e terapeutica a domicilio ove necessario.
Pensate inoltre, ad esempio, a quanto può essere
complicato in una città come Roma, magari di notte,
reperire un medico per una visita specialistica. Il nostro
servizio domiciliare h24 risponde anche a questa
esigenza: personale medico e infermieristico qualificato
e certificato, in tempi rapidi, a casa del paziente. Oggi
anche le compagnie assicurative e mutualistiche si stanno
accorgendo dell’importanza di questi servizi”.
La spesa familiare destinata alla sanità e all’assistenza sta
risentendo della crisi economica già da un paio di anni.
Tra il 2007 e il 2013 la spesa sanitaria pubblica è rimasta
praticamente invariata (+0,6% in termini reali) a causa dei
tagli, è aumentata, al contrario, la spesa di tasca propria
delle famiglie (out of pocket): +9,2% tra il 2007 e il 2012, per
poi ridursi però del 5,7% nel 2013 a 26,9 miliardi di euro. Questo
è quanto è emerso dal Rapporto “Welfare, Italia. Laboratorio
per le nuove politiche sociali” di Censis e Unipol del 2014.
Secondo le stime è aumenta la domanda di cura e di
assistenza, ma, dopo 6 anni, è diminuita la spesa sanitaria
privata familiare del -5,7% e il valore pro-capite si è ridotto
da 491 a 458 euro all’anno.
Le famiglie italiane hanno dovuto rinunciare a 6,9 milioni di
prestazioni mediche private ed è diminuito anche il numero
delle badanti che lavorano nelle case degli anziani che ne
hanno bisogno.
E’ questa la situazione che sta attraversando il nostro
Paese: le famiglie non sono più in grado di sostenere con le
proprie risorse i tagli del welfare pubblico.
In questo scenario entra in gioco la Sanità Integrativa.
Secondo il Censis, infatti, sono 6 milioni gli italiani che hanno
aderito a un fondo sanitario integrativo. Considerando
anche i loro familiari, si sale a circa 11 milioni di assistiti.
I numeri sono però ancora bassi se paragonati all’Europa
e agli Stati Uniti.
Dottoressa D’Agostino, le famiglie italiane, negli ultimi
due anni hanno rinunciato a quasi 7 milioni di prestazioni
mediche private. Cosa ne pensa?
“Il numero dei clienti privati, solventi, sta diminuendo
sempre di più, ma c’è dall’altra parte una percentuale
elevata di persone e di aziende che si rivolgono a società
di mutuo soccorso, a fondi sanitari e assicurazioni per
stipulare dei piani assistenziali ed avere accesso a servizi
sanitari d’eccellenza, con ampie garanzie di copertura.
Per quanto riguarda nello specifico Paideia e Mater Dei
posso dire che siamo attualmente in una fase di crescita
e di sviluppo”.
Secondo lei, realtà come le Società di Mutuo
Soccorso possono essere una valida alternativa
volta a garantire prestazioni sanitarie di alta qualità
a prezzi vantaggiosi? Qual è il vostro rapporto con
queste realtà di assistenza?
“Il nostro è un rapporto di partnership e penso che le
mutue avranno un grandissimo futuro, innanzitutto
perché le aziende hanno a cuore la salute dei
lavoratori e sono attente alle loro esigenze, secondo,
le società di mutuo soccorso riescono ad essere
competitive sul mercato offrendo sussidi vantaggiosi
e terzo punto, a mio parere molto importante e
che le contraddistingue nel panorama della Sanità
Integrativa, è che queste realtà assistenziali sono
molto sensibili al mantenimento della salute degli
associati perché considerati un vero e proprio
patrimonio da tutelare”.
Le società di mutuo soccorso sono associazioni nate
nell’Ottocento per provvedere al bisogno delle mancanze
dello stato sociale e aiutare i lavoratori in caso di incidenti
sul lavoro, malattia o perdita del posto.
Oggi, viste le difficoltà in cui verte il settore sanitario, le
società di mutuo soccorso stanno pian piano diventando
una valida alternativa, attraverso la stipula di convenzioni
con enti sanitari pubblici e privati a costi vantaggiosi,
proprio per integrare i servizi che il Servizio sanitario riesce
a garantire.
Anche il Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, proprio in
occasionedellapresentazionedelRapporto“Welfare,Italia.
Laboratorio per le nuove politiche sociali” ha dichiarato
che “Con la Sanità Integrativa non siamo all’anno zero e
siamo determinati a costruire questo pilastro importante
nella riorganizzazione del sistema sanitario. Dopo i costi
standard e il Patto per la salute già realizzati, il prossimo
importante passo da fare è quello di organizzare la Sanità
Integrativa, in modo tale da creare una complementarietà
anche per quanto riguarda il settore pubblico”.
Direzione
operativa ed
organizzazione
Back Office
Consulenza mirata
per costituzione
o restyling
societario
Assistenza soci
dedicata ad hoc
con numero verde e
personale dedicato
Health Service
Provider con 1560
strutture sanitarie
sul territorio
Marketing
e strategie di
comunicazione
ai soci
Organizzazione
di convegni
nazionali
di settore
Formazione
personale interno
ed incaricati
al contatto
con i soci
Social Media
Strategist per una
comunicazione
al passo con i tempi
Consulenza
per compliance
e policy interna
Consulenza
giuridica
e fiscale
Operation
per la gestione dei
regolamenti
applicativi
Assistenza,
realizzazione
piattaforme,
siti web ed
aree intranet
Dati, studi
e ricerche
sul mondo
della Sanità
Integrativa
Ansi, Associazione Nazionale Sanità Integrativa,
nasce dalla volontà di alcuni primari fondi sanitari
di creare non solo un’associazione di categoria
“indipendente”,maancheuninterlocutorequalificato
che si renda portavoce attivo tra Istituzioni, Sistema
Sanitario Nazionale e Fondi Sanitari Integrativi.
ANSI vuole diventare il soggetto capace di
tutelare, aggregare e sostenere le diverse forme
mutualistiche operanti in Italia, che garantiscono
la salute di circa ¼ della popolazione italiana.
“Auspichiamoilbenessereelasalutepertuttii
cittadini,comedirittofondamentaledell’uomo
epatrimoniosocialedellacollettività”
www.sanitaintegrativa.org
segreteria@sanitaintegrativa.com
22
Speciale
maternità
22
23
In questo numero
Health Online ha il piacere di
dedicare un approfondimento
non-stop al mondo della
maternità.
Uno spazio curato da
Nicoletta Mele,
ricco di curiosità ed
informazioni utili per tutte
quelle coppie che stanno
attraversando questo delicato
momento della vita
24
Tecnologia e salute:
Sei in dolce attesa o
desideri avere un bambino?
Ci sono le app a portata di ma…mma!
Per le mamme super tecnologiche e per quelle che stanno
prendendo confidenza con i nuovi e sempre più innovativi
dispositivi, sono arrivate delle app per smartphone che
aiutano a seguire la gravidanza, lo svezzamento e tutto ciò
che può riguardare i loro piccoli.
Basta un click e in tempo reale sarà possibile avere a
disposizione dei risultati. Ma quali sono e come funzionano?
Scopriamo in questo articolo il variegato e divertente
mondo della tecnologia a portata di mamma!
Ce ne sono di diversi tipi: da quelle che hanno il compito
di facilitare le future mamme nel programmare una
gravidanza (offrono la possibilità di monitorare il periodo
fertile) e ricordare gli impegni che questa comporta, è il
caso di iMamma (per dispositivi Apple), adatta per le
scadenze delle visite mediche, con tanto di “salvataggio”
di esame ed ecografie per avere sempre tutto a portata
di mano ed è anche in grado di suggerire la giusta
alimentazione da seguire, oppure Save the mom, che ha
sempre come scopo quello di ricordare gli appuntamenti
con in più un sistema di condivisione con altri componenti
della famiglia per scambiarsi informazioni.
A disposizione per le future mamme ci sono anche
applicazioni che consentono di monitorare le contrazioni,
come iContrazioni, in grado, appunto, di registrare
l’andamento delle contrazioni e individuare la fase del
travaglio con la possibilità di inviare il report al ginecologo
che sta seguendo la gravidanza.
Per chi invece vuole sentire il battito fetale c’è Baby
Voice, è un’ app per iPhone che permette alle mamme
di ascoltare il battito cardiaco del bambino tramite il
microfono dell’iPhone o iPad.
Ma non è tutto perché una volta diventate mamme c’è
un nuovo mondo da esplorare e conoscere insieme al
bambino. E allora come comportarsi quando il piccolo
piange? E quando dorme in un’altra stanza? E ancora,
quando arriva il momento dello svezzamento quali sono
le “regole” da seguire? Anche in questi casi la tecnologia
non si è fatta attendere e sono arrivate delle applicazioni
facili e specifiche per ogni momento.
EasyBabyBReastfeed è l’app per le mamme che
desiderano avere informazioni sull’alimentazione del bebè,
forniscono delle indicazioni per l’allattamento al seno,
artificiale o misto.
Per il periodo dello svezzamento c’è sia iMeal, un’app
che aiuta le mamme con consigli e ricette settimanali
affinché i piccoli possano seguire una dieta corretta, c’è
iMum che rispetto alla pretendente ha anche una sezione
25
con i consigli della Tata e un
grafico con le curve di crescita
per controllare se il proprio figlio
mangia a sufficienza.
Mammissima, invece, è l’app
gratuita ideata da Coop Italia che
offre numerosi consigli per nutrire,
crescere ed educare i figli: ricette,
controllo del peso per prevenire
l’obesità infantile e i consigli di
personale esperto in tematiche
pedagogiche tutto in un’unica
applicazione.
Per avere un quadro preciso del
lavoro notturno delle mamme c’è
iWokeUp che fornisce un tracciato
sull’andamento notturno del
bambino: dal numero di poppate,
al cambio di pannolino, il tutto
registrato con tanto di orari.
Sleep Pillow Sounds invece è stata pensata per i piccoli
che piangono sempre e impediscono alle mamme di
dormire e grazie ai diversi suoni rilassanti aiutano le mamme
a calmare il proprio bambino.
E se il piccolo dorme nella stanza accanto? C’è Baby
monitor & Alarm, un’app che ha mandato in pensione il
vecchio interfono!
Dopo il parto oltre a badare al nuovo arrivato è importante
per le mamme anche trovare un po’ di tempo da dedicare
per il proprio benessere fisico.
Nessun problema ci pensa iMamma Workout, che
consente alla neo mamma di ritrovare una perfetta forma
fisica grazie a degli esercizi da eseguire quando il bambino
dorme, suddivisi in tre livelli d’allenamento tenuti sotto
controllo da un’agenda che monitorizza l’andamento
giornaliero.
E gli esperti cosa ne pensano di queste applicazioni che
si moltiplicano e appassionano sempre di più le mamme
2.0? Abbiamo chiesto il parere autorevole della dottoressa
Novella Russo, ginecologa presso la Clinica Valle Giulia di
Roma, che ha spiegato:
“Le nuove app stanno invadendo il mercato degli
smartphone e non utilizzarle vuol dire essere out dalle
novità delle nuove tecnologie.
Parliamo di applicazioni studiate per coprire tutti i fabbisogni
dei vari momenti della vita della donna ed effettivamente
possono essere di grande utilità.
L’importante è riuscire a servirsene bene ed impiegarle
nella giusta situazione, dunque, con cognizione di causa.
Ed è proprio qui che vengo al punto principale: sarebbe
molto importante e proficuo che anche i medici le
conoscessero e le illustrassero alle donne che decidono
di utilizzarle.
L’utilità delle app è insita nella capacità dell’utente, nel
nostro caso la donna, di poterne beneficiare con la giusta
comprensione di quanto avviene e con la possibilità di
dare la giusta importanza alle situazioni che si discostano
da quanto previsto dal sistema. Sì, perché vi è il rischio
che si possano ingigantire alcune situazioni e sminuire il
significato di altre.
Ecco dunque dove subentra il ruolo del medico che deve
facilitare e fare da interprete dei fenomeni registrati.
In quest’ottica, ben vengano le app che aiutano a portare il
calendario di determinati eventi o che fanno cultura perché
potranno restare da supporto all’operato del medico.
Tuttavia, resta fondamentale il ruolo del medico
nell’indirizzare la donna verso una giusta scelta e
nell’interpretare determinati fenomeni.
In barba alla tecnologia, il rapporto umano medico-
paziente non potrà mai essere sostituito da alcuna app
o robot. Il cosiddetto intuito clinico non potrà mai essere
superato dalla tecnologia e gli strumenti di cui ci serviamo
al massimo possono confortare una diagnosi o indirizzare
ad un orientamento terapeutico”.
26
La maternità
in Italia
Il momento della maternità è un mix di emozioni che per
circa i 9 mesi di gestazione rende le donne particolarmente
radiose, ci sono “future mamme” che per la gioia di
aspettare un bambino decidono di condividere l’evento
con il mondo che le circonda. E le celebrità italiane e
internazionali lo sanno bene tant’è che alcune si fanno
immortalare con scatti professionali che fanno il giro del
pianeta, come ha fatto di recente una delle più belle voci
al livello mondiale, Alicia Keys, altre invece, preferiscono
mostrare le immagini del loro pancione sui social network.
C’è anche chi annuncia la notizia
del lieto evento attraverso i media,
come ha fatto di recente Silvia
Toffanin, compagna di Piersilvio
Berlusconi che in diretta tv ha
rivelato di aspettare il secondo figlio.
Diverse sono le vip italiane che sono
diventate, e che diventeranno,
mamme nel 2015: secondo bebè
per il calciatore Federico Balzaretti e
l’etoile dell’Opera di Parigi, Eleonora
Abbagnato, per il cantautore Eros
Ramazzati e Marica Pellegrini, la
conduttrice Michelle Hunziker e
Tommaso Trussardi, primo figlio
invece per la showgirl Elisabetta Canalis e Brian Perri, per
l’attrice Laura Chiatti e l’attore Marco Bocci e per Michela
di Biase moglie del politico Dario Franceschini.
Qual è il quadro completo sulla maternità italiana?
Secondo i dati dell’Istat, sono circa 500 mila le donne che
ogni anno in Italia diventano mamme, con un’età media al
primo parto di 31,5 anni e una media di 1,29 di figli: nel 2013
sono nati 514.308 bambini, quasi 20 mila in meno rispetto
all’anno precedente.
Oggisemprepiùspessosidiventamammeperlaprimavolta
in età adulta. La conferma è arrivata dagli ultimi dati Istat
secondo i quali, diventare mamme a 40 anni rappresenta
oggi il12% del totale delle partorienti, passando dal 2010 al
2013, da 34.770 a 39.835.
Le donne che hanno partorito un bambino a 45 anni o più,
invece, nel 2013 sono state 2.983. In dolce attesa, all’età di
43 anni, è il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin che ha
da poco dato alla luce due gemelli. Secondo gravidanza,
all’età di 41 anni per l’attrice Luisa Ranieri, moglie di Luca
Zingaretti; anche la showgirl Barbara Chiappini è in attesa
del secondo figlio a 40 anni.
La maggior parte delle mamme definite “primipare
attempate” si trova nel nord ovest d’Italia, con una
percentuale pari al 27% e nel centro con il 26%.
È invece diminuito il numero di baby mamme che mettono
al mondo il primo figlio appena maggiorenni: nel 2013 sotto
i 19 anni sono state 8.085, un calo del 17% rispetto a tre
anni prima (1.732 in meno). Le madri con meno di 18 anni,
invece, sono state 1.922.
In generale le mamme giovanissime vivono soprattutto
nel sud e nelle isole (60,4%), mentre nel nord-ovest sono il
16,6%, nel nord-est il 10,3% e nel centro il 12,7%.
Secondo l’ultimo rapporto Cedap, “Certificato di assistenza
al parto”, con un ritardo temporale di qualche anno rispetto
alla data di uscita (l’edizione 2015 riporta i dati del 2011),
è emerso che le donne per partorire scelgono l’ospedale
pubblico, lo preferiscono quasi 9 su 10 tant’è che circa
l’88% dei parti è avvenuto negli Istituti di cura pubblici ed
equiparati, l’11,9% nelle case di cura private (accreditate
o non accreditate) e solo lo 0,1% altrove. Naturalmente
nelle Regioni in cui è rilevante
la presenza di strutture private
accreditate rispetto alle pubbliche,
le percentuali sono sostanzialmente
diverse. Il 61,8% dei parti si svolge in
strutture dove avvengono almeno
1.000 parti annui. Tali strutture, in
numero di 191, rappresentano il
33,7% dei punti nascita totali. Il 9,5%
dei parti ha luogo invece in strutture
che accolgono meno di 500 parti
annui.
L’Italia al livello europeo si
conferma il Paese con il più alto
ricorso al taglio cesareo: il 36,7% del totale con una
maggiore prevalenza del Mezzogiorno rispetto alle altre
regioni italiane.
Si stima che un’elevata propensione all’uso del taglio
cesareo avviene nelle case di cura accreditate in cui si
registra tale procedura in circa il 56,9% dei parti contro il
33,9% negli ospedali pubblici.
Il parto cesareo è più frequente nelle donne con
cittadinanza italiana rispetto alle donne straniere: si ricorre
al taglio cesareo nel 28,2% dei parti di madri straniere e nel
38,6% nei parti di madri italiane.
Sempre secondo le ultime rilevazioni Istat, oggi le donne
sono molto attente alla salute durante la gravidanza
tant’è che il quasi il 75% smette di fumare nel periodo di
gestazione, quasi il 10% in più rispetto alla precedente
rilevazione.
27
Positivisonoanchegliultimidatisull’allattamento,
rispetto al 2005 sono aumentate le donne che
allattano al seno. In otto anni la percentuale è
passata dall’81,1% all’85,5%.
Quando si parla di maternità, è importante
anche affrontare il tema sulla conservazione
del sangue del cordone ombelicale. Negli
ultimi anni in Italia, nonostante la legislazione
vigente impedisca la creazione di bio-banche
autologhe private sul territorio nazionale,
ma riconosce il diritto alle madri della
conservazione autologa (utilizzo privato) presso
banche di crioconservazione estere, la scelta di
conservare le cellule staminali è un fenomeno
di discussione in quanto sono sempre di più
le mamme interessate e che al momento del
parto decidono di aderire per un eventuale,
futura cura dei propri figli.
Tra i personaggi del mondo dello spettacolo, la conduttrice
Federica Panicucci, moglie di Dj Fargetta, è stata una
delle prime mamme in Italia ad aver scelto, alla nascita
della primogenita Sofia nel 2005, di conservare le cellule
staminali del cordone ombelicale in una banca estera.
Anche altre colleghe, come Ambra Angiolini, Jastine
Mattera e l’etoile dell’Opera di Parigi Eleonora Abbagnato,
hanno deciso di fare un regalo ai propri figli.
Eleonora Abbagnato è diventata di nuovo mamma di un
bel maschietto che con il marito, il calciatore Federico
Balzaretti, ha deciso di chiamare Gabriel.
Come aveva già fatto con la primogenita Julia,
anche questa volta si è affidata a Stemway Biotech
per la conservazione delle cellule staminali. “È molto
importante non sprecare questo prezioso patrimonio
biologico in occasione della nascita di un figlio. Credo
sia un’opportunità terapeuta in più che viene messa a
disposizione di tutti noi”. Queste le parole dell’Etoile di
Parigi in un’intervista rilasciata alla rivista Vanity Fair.
La multinazionale Stemway Biotech,è una knowledgement
company europea con sede in Inghilterra e che opera
in Italia dal 2007, attraverso la quale gli assistiti possono
avere accesso ad una particolare e innovativa forma di
prevenzione a condizioni di favore.
Abbiamo intervistato il dottor Paolo Rubini vice presidente
Stemway Biotech, il quale ha spiegato qual è oggi
l’andamento in Italia sulla conservazione delle cellule
staminali.
“In Italia oggi il settore della conservazione autologa delle
cellule staminali soffre della mancanza di un’adeguata
e corretta informazione - ha spiegato Rubini - La legge
italiana ha posto un monopolio pubblico sulla materia,
diversamente da quasi tutti i Ministeri della salute dei
principali Paesi europei, rendendo possibile solo la
conservazione dei campioni donati. In questo caso il
donatore non potrà in futuro averne disponibilità in caso
di bisogno ma potrà solo sperare di trovare un campione
compatibile tra quelli conservati, che sono solo il 9% di
quelli donati. Quindi, chi afferma che donando si ha il 98%
di probabilità di ritrovare il proprio campione, fornisce una
informazione falsa. Nonostante tutti questi ostacoli, ogni
anno più di 22.000 fortunate mamme che hanno avuto la
possibilità di essere correttamente informate, decidono di
conservare le cellule staminali dei propri figli”.
Dottor Rubini, qual è la differenza tra donazione e
conservazione?
“La donazione è l’azione con la quale, in occasione della
nascita del proprio figlio, i genitori decidono di cedere le
cellule staminali del neonato ad una banca pubblica che
le destinerà solo in ridottissima parte alla conservazione per
fini di trapianto, destinandole invece ad altri utilizzi per il
ben il 91% dei casi (dati Ministero Salute).
Con la conservazione, invece, si ha la certezza di poter
contare su un proprio patrimonio genetico da poter
utilizzare, in futuro, per esigenze terapeutiche, disponibile
immediatamente e senza le certezze e le attese della
ricerca dei campioni da donatori richiede (normalmente 6
mesi, sempre che la richiesta vada a buon fine)”.
Perchè il sangue del cordone ombelicale e le cellule
presenti nel tessuto cordonale sono importanti? E che tipo
di cellule staminali sono quelle del cordone ombelicale?
“Il sangue cordonale è quello contenuto nel cordone
ombelicale e che nel 95% delle gravidanze viene scartato
dopo il parto. Quindi, chi lo conserva per la propria
famiglia non toglie di certo nulla a nessuno. Questo
sangue è importante perché contiene moltissime cellule
staminali utilizzabili per scopi terapeutici. Non c’è nessun
ostacolo di natura morale o etica alla loro conservazione,
al loro impiego terapeutico. Nel 2006, per la prima
volta, anche la Chiesa Cattolica ha preso ufficialmente
posizione riconoscendo la validità scientifica e morale
della conservazione ed utilizzo delle staminali cordonali.
Nel tessuto cordonale sono invece presenti delle diverse
cellule staminali denominate mesenchimali, che hanno
un crescente utilizzo terapeutico in numerose patologie,
stiamo parlando del presente della medicina e non del
futuro!”
Perchè conservare per uso familiare le cellule staminali
ricavate dal cordone ombelicale? Quali sono i vantaggi?
“Perchè è un’opportunità unica nella vita di un individuo,
potendo scegliere di preservare le proprie cellule staminali
28
ad uno stadio che precede l’eventuale e malaugurata
insorgenza di malattie. È del tutto evidente il vantaggio di
poter disporre delle proprie cellule staminali nel caso ci si
trovi ad affrontare una terapia che preveda un trapianto
di cellule staminali. Evitare la ricerca affannosa di un
donatore, cosa che purtroppo non sempre si conclude
positivamente, nonché ogni rischio di rigetto o di infezione
sono argomenti che da soli giustificano ampiamente
questa scelta, oltre che aggredire le malattie con almeno
6 mesi di anticipo”.
Le cellule staminali sono molto importanti per la cura di
quali di gravi malattie?
“Oggi i beneficiari di un trapianto di cellule staminali sono
soprattutto i soggetti colpiti da alcune forme tumorali, in
particolare i linfomi o le leucemie. Inoltre le cellule staminali
sono utilizzate nella terapia dell’infarto miocardico e nel
trattamento di pazienti che necessitano di trapianto di
midollo. Numerose altre applicazioni terapeutiche sono
in una fase sperimentale avanzatissima, ma, allo stato
attuale, non sarebbe deontologico diffondere certezze sui
tempi entro i quali queste ricerche sperimentali diverranno
normali applicazioni terapeutiche.
La comunità scientifica ritiene, comunque, molto probabile
che le cellule staminali potranno essere usate per la
cura di malattie quali: ricostruzione del midollo spinale
danneggiato a seguito di un trauma, cura di malattie
neurodegenerative (morbi di Parkinson e di Alzheimer),
cura di malattie muscolo-scheletriche, cura di malattie
degenerative della retina, della cornea, dell’apparato
uditivo, cura di malattie metaboliche (per esempio il
diabete) e ricostruzione ossea.
In ogni caso, piuttosto che basarci sulle ridottissime
informazioni fornite del Ministero della Salute italiano,
suggerirei di leggere i dati di Eurostemcell, Termis (Tissue
Engineering international & Regenerative Medicine),
ISSCR (Internatinal Society forStemCellsResearch) E IPLASS
(International Placenta Stem Cells Society)”.
Occorre che il parto abbia luogo in prossimità del centro di
conservazione prescelto?
“Assolutamente no. Si può partorire in qualsiasi ospedale
o clinica e procedere poi all’esportazione del campione
nella banca estera prescelta. La normativa nazionale,
infatti, consente la conservazione presso laboratori esteri
autorizzati dai rispettivi Ministeri della Salute, accreditati e
dotati di procedure di trattamento conformi agli standard
internazionali di qualità e sicurezza e controllati dai
medesimi Ministeri: chi sostiene il contrario mente sapendo
di mentire!”
Servono particolari autorizzazioni?
“Sì. Per esportare il sangue del cordone ombelicale è
necessario richiedere una semplice autorizzazione alla
Direzione Sanitaria dell’ospedale dove avverrà il parto.
StemWay BIOTECH Ltd fornisce ai propri clienti tutta
l’assistenza e le istruzioni necessarie ad ottenerla in tempi
brevi, supportando i propri clienti e le Strutture Sanitarie
interessate dal parto in ogni eventuale esigenza”.
Come avviene il prelievo? Si corrono dei rischi?
“La procedura di raccolta del sangue presente nel cordone
ombelicale prevede che, dopo il parto e successivamente
al taglio dello stesso, venga inserito un ago per il prelievo
del sangue che viene trasferito nella apposita sacca
contenuta all’interno del Kit.
Contestualmente, una piccola porzione del cordone
ombelicale viene prelevata ed inserita in un apposito
contenitore sterile. La raccolta può venire effettuata da
qualsiasiprofessionistadelsettoresanitariopreventivamente
informato. Non si corrono dei rischi perché il prelievo è
un’operazione molto semplice, rapida e indolore che non
comporta alcun rischio né per la madre né per il bambino”.
Esistono casi in cui non è possibile effettuare il prelievo?
“In caso di complicanze durante il parto, il personale
medico deve sospendere qualsiasi procedura che non sia
finalizzata ad assicurare la salute e la sicurezza della madre
e del bambino. Ciò potrebbe comprensibilmente impedire
la raccolta del campione, ma la nostra esperienza ci
conforta nell’affermare che si tratta di casi rarissimi”.
È possibile raccogliere il campione anche in caso di parto
cesareo?
“Certamente. La raccolta del sangue presente nel cordone
ombelicale e del tessuto cordonale può essere effettuata
sia in occasione del parto fisiologico, sia in presenza di
parto per taglio cesareo e non comporta rischi nè per la
madre nè per il bambino”.
Non c’è nessun ostacolo
di natura morale o etica
alla loro conservazione, al loro
impiego terapeutico. Anche la
Chiesa Cattolica nel 2006 ne
ha riconosciuto la validità
scientifica e morale
29
Nel caso delle cellule staminali, quanto sangue è necessario
prelevare?
“La sacca sterile contenuta nel kit di prelievo va riempita
il più possibile in quanto maggiore è la quantità di sangue
raccolto e maggiore sarà il numero delle cellule prelevate.
StemWay BIOTECH Ltd, per proprie regole di condotta
etica e morale, non processa campioni di sangue inferiori
ai 20 ml. in quanto, allo stato delle attuali conoscenze
tecniche e scientifiche, il numero di cellule staminali
presenti potrebbe non essere in grado di assicurare una
efficace terapia. In ogni caso, qualora i genitori volessero
procedere alla conservazione anche di quantità di sangue
inferiori a 20 ml., StemWay BIOTECH Ltd potrà procedere
solamente a fronte di esplicita e formale autorizzazione da
parte dei genitori”.
E nel caso di parti gemellari?
“Bisognerà utilizzare due KIT di raccolta, da richiedere
prima possibile a StemWay BIOTECH Ltd.
ed avvalersi delle condizioni economiche
di favore previste”.
Come avviene il trasporto dall’ospedale al
laboratorio prescelto? E in quanto tempo il
sangue deve arrivare in laboratorio?
“Il campione di sangue deve essere
trasportato nell’apposito KIT che viene
fornito da StemWay BIOTECH Ltd. Il KIT di
trasporto è conforme alla procedura IATA
PI 650, che è lo standard internazionale
per la spedizione e il trasporto di campioni
diagnostici.
La lavorazione del campione può essere
effettuata entro 72 ore dal parto ma i
migliori risultati si ottengono con processi
di separazione cellulare effettuati entro
le prime 48 ore. StemWay BIOTECH Ltd
effettua l’80% delle lavorazioni dei propri
campioni di sangue entro le prime 24 ore”.
Per quanto tempo possono essere conservate le cellule e
perchè?
“Ad oggi ha senso conservare le cellule per i primi 25
anni, ma vi sono chiare ricerche scientifiche ed empiriche
che un campione correttamente conservato è idoneo
all’utilizzo anche dopo 25 anni, questo però solo se le
cellule sono state preventivamente separate dal sangue
come facciamo noi.
Sono stati eseguiti numerosi studi per determinarne la
vitalità dopo prolungati periodi di conservazione e i risultati
danno una sicurezza di vitalità per almeno 25 anni.
In futuro sarà probabilmente possibile avere maggiori
informazioni sulla efficacia del congelamento anche
per tempi più lunghi ma, ad oggi, non riteniamo serio e
corretto proporre e far pagare ai nostri clienti periodi di
conservazione superiori a 25 anni”.
Perchè affidarsi a StemWay BIOTECH Ltd?
“Perchè StemWay BIOTECH Ltd non è una società che offre
esclusivamente i servizi di crio-conservazione delle cellule
staminali ma anche una completa informativa su tutti gli
aspetti scientifici e medici del settore.
Inoltre, i laboratori dove vengono conservate le cellule
staminali sono tra i più moderni in Europa, con le più rigide
certificazioni in materia di standard di qualità.
Altra particolarità della società è quella di suddividere i
singoli campioni in due sacche, al fine di eliminare il rischio
di una perdita totale del campione.
Inoltre, i protocolli di separazione e di crio-conservazione
delle cellule, parte qualificante del processo di stoccaggio,
sono tra i più efficaci esistenti ed utilizzati e testati su più di
100.000 campioni.
Perché sebbene StemWay BIOTECH Ltd sia una società
Inglese, tutta la documentazione viene fornita ai diversi clienti
nella propria lingua ed il contratto di servizio viene sottoposto
alla normativa della nazione di residenza del cliente”.
Come aderire al servizio di StemWay BIOTECH Ltd? E qual
è il costo?
“Una volta deciso di aderire al servizio di StemWay BIOTECH
Ltd, i futuri genitori devono richiedere il KIT
predisposto dalla Società, effettuando il
pagamento dell’acconto di Euro 290.
Nei giorni successivi al pagamento,
riceveranno il KIT nel quale saranno
contenute anche tutte le istruzioni per
ottenere l’autorizzazione all’esportazione
del sangue del cordone ombelicale, la
documentazione necessaria, nonchè le
istruzioni per effettuare la raccolta da
parte del personale medico.
Noi consigliamo di richiedere il KIT prima
possibile e di informare e concordare con
la Struttura Sanitaria prescelta per il parto
le modalità di prelevamento.
Al momento del ricovero, bisognerà
ricordarsi di portare con sé il KIT e di
consegnarlo alla persona incaricata del
prelievo. A prelievo avvenuto, si dovrà
contattareilnumeroditelefonoindicatonel
KIT e seguire le istruzioni precedentemente
concordate per il ritiro da parte dei nostri
addetti. In questa fase, così come in ogni altro momento,
i genitori potranno contattare il CUSTOMER CARE di
StemWay BIOTECH Ltd per ogni supporto o comunicazione.
Giunto nei laboratori il campione di sangue verrà trattato
con le più moderne tecnologie. La nostra società separa le
cellule staminali dal sangue ed effettua i test virali anche
sul sangue materno: non tutte le altre società operano in
questo rigoroso modo.
I nostri servizi prevedono tutti la Crio-conservazione delle
cellule staminali e la Consulenza Medica per 25 anni.
Vorrei ricordare che il cliente pagherà l’importo previsto
solo in caso di successo della conservazione del campione,
mentre nulla sarà dovuto, oltre all’acconto previsto, in caso
di conservazione non possibile.”
Per ulteriori informazioni il sito internet è:
http://stemwaybiotech.com
In sostanza, la conservazione del sangue del cordone
ombelicale è un atto d’amore e un regalo inestimabile che
una mamma può fare nei confronti dei figli e della propria
famiglia. Oggi sono tante le malattie che si possono curare
con le cellule staminali e in futuro saranno ancora di più
grazie ai progressi della scienza che fanno ben sperare.
30
Genitori non si nasce, si diventa.
La depressione post parto: sintomi,
cause e soluzioni.
Ne abbiamo parlato con la psicoterapeuta
Marinella Cozzolino
Per nove mesi la donna vive una serie di emozioni e sbalzi
ormonali che caratterizzano l’attesa.
La curiosità di vedere “in faccia” per la prima volta il
proprio bambino è sicuramente l’aspettativa maggiore.
Molte sono le domande che le future mamme si pongono:
andrà tutto bene? Sarò in grado di accudire mio figlio nel
modo giusto? Ecco, quest’ultima domanda, dove il ruolo
genitorialevienemessoindiscussione,èquellapiùricorrente
nelle menti di chi aspetta il primo figlio e se la donna non
venisse rassicurata, supportata e seguita soprattutto nella
fase iniziale, rischierebbe di incorrere in una malattia che
non deve essere sottovalutata: la depressione post partum.
Secondo i dati del Ministero della Salute, la depressione
post partum è una patologia che colpisce l’8-12% delle
neomamme, generalmente alla nascita del primo figlio,
esordendo tra la 6ª e la 12ª settimana dopo la nascita, ma,
se riconosciuta, può risolversi in tempi brevi.
In Italia si può stimare che su 576.659 nascite all’anno almeno
46.000 donne possono soffrire di DPP (dati ISTAT 2008).
La DPP rappresenta un problema importante di salute
pubblica se si considerano la sofferenza soggettiva
della donna e dei suoi familiari, nonché le limitazioni e i
costi diretti e indiretti dovuti alla compromissione del suo
funzionamento personale, sociale e lavorativo.
Il disturbo interferisce anche con le capacità della donna
nell’instaurare un primo rapporto con il suo bambino.
Il 67% delle madri depresse, infatti, ha difficoltà di interazione
e attaccamento. L’interscambio è stato riconosciuto come
essenziale per un’efficace relazione madre-bambino,
capace di prevenire le conseguenze a lungo termine sullo
sviluppo cognitivo, sociale ed emotivo del bambino.
Questa patologia si differenzia sia dal maternity blues o
baby blues che è un periodo transitorio molto frequente,
un momento fisiologico dalla durata di circa 2 settimane
post parto, che colpisce circa il 70% delle neomamme,
che dalla psicosi post parto, che invece è la fase più acuta
della depressione e colpisce 1 caso ogni 1000 nascite.
Anche il baby blues si presenta con sintomi della
depressione, quali ad esempio l’instabilità o sbalzi
emotivi, facilità al pianto, mancanza di energie, senso di
inadeguatezza e pensieri pessimistici, dubbi e timori circa
31
la capacita di prendersi cura del bambino, sentimenti
ambivalenti verso il bambino, senso di colpa, ansia, sentirsi
prive di valore, disturbi del sonno e dell’alimentazione,
ma non permangono nelle menti delle mamme per tutto
l’arco della giornata come invece avviene con la psicosi
puerperale.
Le donne che ne soffrono presentano stati di grande
confusione e agitazione, gravi alterazioni dell’umore e del
comportamento, spesso allucinazioni e deliri.
Ad oggi, le cause della depressione post partum non sono
ancora molto chiare, ma esistono dei fattori di rischio che
possono far insorgere la malattia e sono: ormonali, (di tipo
sessuale e tiroideo), biologici, psicologici (una personalità
con bassa autostima o perfezionista), sociali (giovane età,
inesperienza e mancanza di aiuto e sostegno), o anche
dovuti alla presenza di persone nel nucleo familiare che
hanno sofferto di depressione, solitudine, conflitti con il
partner, abuso di sostanze, condizioni socio economiche
sfavorevoli e ansia durante la gravidanza.
Numerose ricerche hanno dimostrato che le donne in
gravidanza possono soffrire di disturbi dell’umore: si stima
che ne soffra almeno il 16 % delle puerpere italiane e che
circa il 40% delle donne che presentano depressione nel
post parto era già depressa durante la gravidanza.
Ma il 90% delle pazienti che vengono sostenute
preventivamente, rispondono con successo alle terapie.
Le cure possono consistere nella psicoterapia e nella
partecipazione a terapie di gruppo con donne che
manifestano gli stessi sintomi.
Puòcapitare,però,cheladepressionevengadiagnosticata
in ritardo a causa di una sbagliata interpretazione dei
sintomi, oppure dalla vergogna da parte della neomamma
a parlare del problema o addirittura il non ammettere di
stare male. Il ritardo del trattamento della malattia può
dare delle conseguenze quali un recupero incompleto, un
aumento delle conflittualità familiari o una compromissione
della relazione con il bambino.
La depressione post partum, quindi, a seconda della forma
nella quale si presenta, necessita di trattamenti psicologici
adeguati e specifici. Il primo passo è quello di ammettere
a se stesse che potrebbe essersi presentato il problema ed
è quindi indispensabile confrontarsi con le altre mamme,
con amici o familiari e rivolgersi, quanto prima, ad uno
specialista per trovare una soluzione.
Abbiamo intervistato la dottoressa Marinella Cozzolino,
psicologa e psicoterapeuta la quale ha spiegato che:
“Un paio di giorni di calo del tono dell’umore è normale,
anzi direi necessario, perché è come un’autoterapia per la
donna:laneomammahabisognodiesternareisuoipensieri,
le sue emozioni, che siano gioie e dolori, e condividerli con
chi le sta accanto. È quando i pensieri vengono coperti,
repressi e diventano sempre più negativi che si può parlare
di un problema depressivo che deve essere affrontato in
tempo per non permettergli di degenerare”.
Il fenomeno è in crescita. Si stima che circa il 70% delle
donne soffra di una leggera forma di depressione e invece
oltre il 10% di una psicosi post parto.
Perché spesso le donne, dopo un periodo di attesa, anziché
sentirsi felici per la nascita del proprio bambino, si sentono
improvvisamente tristi con una gran voglia di piangere?
“Le motivazioni sono tantissime, innanzitutto durante i 9
mesi di attesa si parla solo dell’aspetto bello dell’arrivo di
un bambino e molto poco invece di quanto possa essere
più o meno doloroso il parto, l’allattamento e di tutte
quelle variabili alle quali andrà incontro, all’improvviso, la
neomamma con la nascita del bambino.
Non dimentichiamo che, con l’arrivo del primo figlio, c’è
anche l’acquisizione di un ruolo: avviene il passaggio da
figlio a genitore.
Il bambino ha quindi una missione ed ecco che al momento
del parto vengono fuori quegli aspetti negativi non
affrontati prima. L’arrivo di un figlio cambia la vita perché il
bambino non concede più quella libertà e spensieratezza
alle quali la donna era abituata e così in lui si vede un limite
e inizia a venire fuori un forte senso di responsabilità.
“Un paio di giorni di
calo del tono dell’umore
è normale, anzi direi
necessario, perché è come
un’autoterapia per la
donna”
32
Dal momento in cui la donna partorisce diventa consapevole
del fatto che deve fare attenzione al bambino con compiti
ben precisi soprattutto nei primi mesi di vita, in cui sarà
completamente assorbita da tutti gli impegni tipici dell’infanzia
quali, ad esempio, visite, vaccini, poppate e quant’altro.
Insomma, una serie di responsabilità forti che investono la
mamma all’improvviso e che, in una situazione di normalità,
sono affrontate con tranquillità, ma quando si verificano
delle condizioni avverse la
situazione può diventare
complicata.
Ad esempio non tutti i figli
purtroppo sono desiderati, in
questo caso entrano in gioco
altri fattori che devono essere
affrontati, poi ci sono partner
assenti, mamme e suocere
insopportabili, in queste
condizioni la donna si sente
confusa e prevalentemente
sola e il legame con il bambino
diventa difficile, portando la mamma a pensare che la
maternità non era facile come l’aveva immaginata”.
Quali sono i rimedi più efficaci?
“Il rimedio numero uno è il partner che deve essere
innanzitutto comprensivo, deve contenere le ansie della
moglie e soprattutto deve essere capace di ascoltarla
e non farla sentire inadeguata perché è la mamma che
deve dare la forza al bambino, forza che acquisisce grazie
al supporto e sostegno del proprio compagno.
Se la neomamma ha delle insicurezze non deve cadere
nella trappola dell’inadeguatezza.
La prima cosa da seguire è l’istinto, in un secondo momento
è consigliato affidarsi ad una figura di riferimento al di
fuori del nucleo familiare, io
suggerisco sempre il pediatra,
un professionista vicino alle
idee della mamma.
Quindi per evitare di sentire
troppe voci che potrebbero
insinuare nella donna il dubbio
di sbagliare, io consiglio di
scegliere un pediatra che
sappia guidare la neomamma
nel nuovo percorso.
Un altro elemento importante
che alimenta la depressione
è la solitudine, i figli tendono a portare all’isolamento,
soprattutto se si è abituati ad una vita sociale molto attiva:
in questo caso la donna deve essere consapevole che la
vita rispetto a qualche mese prima è cambiata ma perché
il bambino non diventi colpevole del cambiamento
è opportuno che la mamma mantenga, nel limite del
possibile, le relazioni sociali a cui era abituata”.
33
Quanto è importante che la neo mamma sia messa in
condizione di aprirsi e parlare?
“È fondamentale perché è un segno di grande fiducia che
viene dato alla neomamma che si sente libera di parlare
senza correre il rischio di essere additata come incapace
e infantile.
È quindi importante instaurare un buon rapporto soprattutto
con il partner, facendolo sentire
parte integrante della nuova vita
e coinvolgerlo nel rapporto con il
bambino, io consiglio di trovare
delle strategie comuni e una
suddivisione dei compiti e se la
mamma non è perfetta agli occhi
del compagno, pazienza, lui non
può che esserne contento”.
Un ritardo diagnostico di un
disturbo dell’umore, dall’ansia
alla depressione, può avere
importanti ripercussioni sulla
donna e sul nascituro?
“Sì perché è scientificamente provato il bambino, sin da
quando è feto e fino ai 18 mesi, assorbe tutte le emozioni
della madre e quindi è importante che la donna sia serena
per trasmettere tranquillità al figlio”.
La tempestività quindi è fondamentale per guarire?
“Certo, ovviamente le persone non hanno molta
dimestichezza con la psicologia perché è più difficile
individuare il sanguinamento dell’anima rispetto a
quello che sono invece le malattie fisiche, non è facile
capire i sentimenti, le paure e la
vulnerabilità psicologica delle
nuove mamme.
Spesso si pensa che è solo un
momento ed invece è importante
non sottovalutare nessun sintomo
e capire quando la donna tende
a chiudersi, quando non ha forza
a sufficienza per andare avanti
nell’arco della giornata, quando
ha poca gioia e scarso entusiasmo,
ecco, questi sono dei campanelli
d’allarme importanti che devono
far capire che la neomamma sta
vivendo un problema che deve essere risolto prima che
porti a delle conseguenze difficili da gestire.
L’importante è non lasciare sola la donna e permetterle di
aprirsi senza giudicarla e senza minimizzare quello che sta
provando in quel momento”.
34
Donna e salute:
l’importanza del pavimento
pelvico dopo il parto
Il pavimento pelvico o perineo è un’entità funzionale del
corpo femminile che comprende tutte quelle strutture
anatomiche, quali muscoli, legamenti e fasce connettivali,
che cooperano in sinergia tra loro per svolgere alcune
specifiche funzioni.
Dal punto di vista anatomico, il pavimento pelvico è
composto da: il pelvi (sacro, coccige, ileo, ischio e pube),
il supporto muscolare, le strutture fasciali pelviche e le
strutture di sostengo della vagina e dell’utero.
Quindi, è la zona che chiude il bacino verso il basso e
svolge l’importante funzione di sostenere gli organi pelvici
come l’utero e la vescica.
Purtroppo, la nostra cultura ancora carica di tabù sulla
zona genitale, è responsabile di una specie di vuoto nel
nostro schema corporeo per cui questa parte è quasi
come se non esistesse.
Poiché diversi fattori socio-culturali e di conseguenza,
comportamentali, hanno allontanato la donna da questa
parte del suo corpo, una fase importante del trattamento
riabilitativo è quella della rieducazione attraverso la quale
la donna può prendere coscienza del proprio corpo,
imparare ad ascoltarlo e a prendersene cura in maniera
costante.
L’informazione sulle funzioni e sull’importanza di questa
parte del corpo femminile è stata per anni ignorata
e poco diffusa, ma oggi finalmente si è raggiunta la
consapevolezza di quanto è importante per la salute della
donna il benessere di questo organo dato da una giusta
tonicità e abilità di movimento che influisce notevolmente
sul suo buon funzionamento.
Una scarsa dimestichezza con il proprio pavimento pelvico
significa, infatti, la progressiva e inevitabile perdita di
tonicità, sensibilità e controllo dello stesso.
La grande maggioranza delle donne riscopre,
generalmente, questa parte quando si verificano i seguenti
casi: nel momento del parto quando un perineo non
adeguatamente preparato viene sottoposto a episiotomia
o subisce fastidiose lacerazioni, o nel post-parto, quando
molte neo-mamme si trovano a fare i conti con i fastidiosi
problemi di incontinenza che, se non trattati, potrebbero
35
La riabilitazione perineale
rappresenta un metodo efficace
e di prima istanza nel recupero,
prevenzione e trattamento
di incontinenza, prolasso,
dispareunia.
é consigliabile per ogni donna
eseguire un ciclo riabilitativo
perineale a distanza di 6/8
settimane dal parto
diventare molto seri in terza età.
E allora, come agire e come evitare, o limitare, questi
inconvenienti?
Il primo passo è quello di rivolgersi ad un esperto, solitamente
la figura è quella di un’ostetrica specializzata, per seguire
un trattamento di riabilitazione.
La fase più importante del programma di riabilitazione
perineale è la presa di coscienza delle molteplici
competenze di questa parte del corpo, è un passaggio
fondamentale senza il quale non è possibile riabilitare
i muscoli, in cui riveste un ruolo importante il rapporto
ostetrica-paziente.
La gravidanza ed in particolare il parto espletato per via
vaginale possono comportare modificazioni peggiorative
a carico delle strutture statiche e dinamiche del pavimento
pelvico, creando i presupposti per la comparsa di
molteplici disturbi legati al perineo (incontinenza, prolasso,
dispareunia).
Le tecniche di riabilitazione perineale rappresentano un
metodo di trattamento efficace e di prima istanza nel
recupero, prevenzione e trattamento di questi sintomi.
A prescindere dal tipo e modalità di parto ogni donna
dovrebbe eseguire un ciclo riabilitativo perineale a
distanza di 6/8 settimane dal parto.
La riabilitazione consiste in una vera è propria fisioterapia
che ha come obiettivo primario il miglioramento delle
“performances” perineali.
Le tecniche riabilitative sono rappresentate principalmente
dalla Chinesiterapia Pelvi–Perineale (CPP), il biofeedback
(BFB) e la stimolazione elettrica funzionale (SEF).
I vantaggi della riabilitazione perineale sono dati anche
dalla semplicità dell’esecuzione e dall’assenza di effetti
collaterali.
Il raggiungimento di buoni risultati dipende sia dalla durata
che dall’efficacia del trattamento e da elementi legati al
tipo ed entità del disturbo del paziente.
È possibile anche continuare il trattamento con un lavoro
“fai da te” in quanto si tratta di semplici esercizi che
aiuteranno a mantenere la tonicità del muscolo perineale
nel tempo.
La zona perineale è strettamente legata alla sessualità che
influisce molto sul giusto funzionamento di questo organo.
Già da anni è stato dimostrato che un buon muscolo
migliora la percezione e quindi la qualità della sessualità.
La riabilitazione perineale rappresenta ormai un importante
approccio anche ad altre disfunzioni uro-ginecologiche
tra le quali vanno sicuramente segnalate l’incontinenza
fecale e la stipsi.
È stato definito “il muscolo più nascosto” e il “muscolo della
felicità”, quindi riabilitare il pavimento pelvico significa
semplicemente restituire un’abilità, un potere che si
presume perduto ma che si può riattivare per la salute e il
miglioramento della qualità di vita della donna.
Offrire l’opportunità di avere una maggiore consapevolezza
di questi muscoli che, se tonificati possono migliorare il loro
benessere e quindi la qualità della vita femminile, permette
al corpo e alla donna di ritrovare un potere ed un sapere
prezioso per la sua salute, perché è intimamente legato
alla sua femminilità.
Coopsalute è una cooperativa che
nasce dalla volontà di costituire
un unico punto di incontro tra la
domanda e l’offerta di prestazioni e
servizi socio- sanitari-assistenziali.
Peculiarità di Coopsalute è infatti
quella di stipulare accordi e
convenzioni con società di Mutuo
Soccorso, Casse di Assistenza, Fondi
Sanitari e Compagnie di Assicurazione
da un lato e Cooperative, Società
di Servizi e liberi professionisti
dall’altro.
Essere Cooperativa significa agire
insieme per il benessere dell’
individuo e il miglioramento della
qualità della vita, in un’ottica
solidaristica e mutualistica.
Il primo network italiano dedicato all'assistenza domiciliare e a tutti quei
servizi pensati e costruiti intorno alle esigenze dell'utente.
Coopsalute Soc. Coop. info@coopsalute.org www.coopsalute.org
Nello scenario socio-economico
attuale, riveste un ruolo sempre più
di rilievo l’assistenza domiciliare,
rivolta ad anziani, disabili, malati e a
chiunque si trovi a vivere particolari
condizioni di fragilità.
Per agevolare il paziente e la sua
famiglia in termini di confort e
privacy, è importante che tale
prestazione sia svolta nel rispetto
e nel mantenimento delle massime
condizioni qualitative e con assoluta
professionalità.
Coopsalute assicura tali peculiarità,
mediante un’accurata selezione su
tutto il territorio nazionale degli
erogatori di tali prestazioni, per
poter poi formulare pacchetti di
prestazioni e servizi ad hoc, da offrire
ai suoi convenzionati.
Monitorandocostantementeilmercato
e i suoi mutamenti e i cambiamenti dei
bisogni della collettività, Coopsalute,
plasmandosi attorno ad essi, riesce a
fornireprestazionisempreinnovative
e attuali garantendo anche il costante
supporto della sua Centrale Salute
H24.
Coopsalute, convenzionata tra
l’altro con oltre 20 Fondi Sanitari,
casse di Assistenza e Società di
Mutuo Soccorso, fruitori dei suoi
servizi, intende proseguire la sua
crescita, divenendo il principale
punto di riferimento per tutti gli
attori dello scenario socio-sanitario-
assistenziale, il “regista” attraverso
il quale le parti si incontrano, nel
soddisfacimento di bisogni condivisi.
800 598 635
Centrale Cooperativa
(riservato agli Assistiti)
06 90198069
info e ufficio convenzioni
aderente A
aderente B
aderente C
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ade
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aderente A
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L'assistito si affida a
Coopsalute per la propria
esigenza sanitaria.
Coopsalute si occupa di
reperire, all'interno del suo
network, le prestazioni richieste.
L'assistito usufruisce del
servizio adatto alle proprie
necessità.
37
a cura di
Manuela Fabbretti La vaccinazione per la
prevenzione contro la
meningite
La meningite è un’infiammazione delle membrane (le
meningi) che avvolgono il cervello e il midollo spinale.
La malattia è generalmente di origine infettiva e può essere
virale, batterica o causata da funghi.
La forma virale, detta anche meningite asettica, è quella
più comune: di solito non ha conseguenze gravi e si risolve
nell’arco di 7-10 giorni.
Il termine meningite asettica si riferisce genericamente a
tutti i casi di meningite in cui nessuna infezione batterica
può essere dimostrata. È generalmente dovuta a virus ma
può essere anche il risultato di infezioni batteriche che
sono già state parzialmente trattate, con scomparsa dei
batteri dalle meningi, o da infezione presente in uno spazio
adiacente alle meningi (sinusite ad esempio).
La forma batterica invece è più rara ma estremamente più
seria, e può avere conseguenze fatali.
La sepsi ad esempio, infiammazione sistemica causata
dalla presenza dell’organismo nel sangue, può essere una
conseguenza molto grave della meningite.
La sua severità (a secondo del patogeno) può andare da
una modesta febbricola che si risolve spontaneamente, sino
a quadri con shock settici che possono evolvere in esito fatale.
In Italia dal 1994 è attivo un sistema di sorveglianza
nazionale dedicato alle meningiti batteriche che negli
anni successivi si è ampliato a includere tutte le malattie
invasive da meningococco, pneumococco ed emofilo (i
batteri più frequentemente responsabili di sepsi).
La sorveglianza è coordinata dall’Istituto Superiore di Sanità
ed è estesa a tutto il territorio nazionale.
Il quadro clinico di una meningite acuta è costituito dai
seguenti sintomi:
- irrigidimento della parte posteriore del collo (rigidità nucale)
- febbre alta
- mal di testa
- vomito o nausea
- alterazione del livello di coscienza
- convulsioni.
La sintomatologia varia in base all’agente di causa, alla
velocità di insorgenza e allo stato del paziente: a volte, nei
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Health Online - 7

  • 1. Il periodico di informazione sulla Sanità Integrativa HEALTH maggio/giugno 2015 - N°7 tutto quello che c’è da sapere su app, maternità in italia e cellule staminali, depressione post parto e importanza del pavimento pelvico Evitare i rischi per la pelle sotto al sole Le infradito sono dannose? SSN o strutture private? Intervista alla Dott.ssa D’Agostino Le proprietà del Pilates estate sanità benessere Speciale maternità
  • 2. Museo del Mutuo Soccorso MBA Via di Santa Cornelia, 9 | 00060 | Formello (RM) Aperto dal lunedì al venerdì solo su appuntamento contattando il numero +39 331 6893067 Il Museo del Mutuo Soccorso di MBA è il "forziere della storia della mutualità italiana". Al suo interno sono raccolti documenti, medaglie, gagliardetti, vessilli, statuti, regolamenti, cartoline di un pezzo dell'Italia che va dal 1840 fino al periodo fascista. Il museo ripercorre i passi salienti di questi ultimi 150 anni di storia sociale. Tra i reperti più rari, documenti dove risulta socio onorario Giuseppe Garibaldi, ma anche statuti e regolamenti ante Regio Decreto. è presente all'interno anche il testo integrale, originale del Regio Decreto n. 3818 del 15 aprile 1886, stampato dalla regia tipografia, oltre a una bandiera di Mutua emigrata con lo scudo Sabaudo rovesciato in segno di protesta.
  • 3. Health Online periodico bimestrale di informazione sulla Sanità Integrativa Anno 2° - maggio/giugno 2015 - N°7 Direttore responsabile Ing. Roberto Anzanello Comitato di redazione Alessandro Brigato Manuela Fabbretti Nicoletta Mele Fabio Vitale Redazione e produzione Fabio Vitale Direzione e Proprietà HHG S.p.A. Via di Santa Cornelia, 9 00060 - Formello (RM) info@healthonline.it Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte può essere riprodotta in alcun modo senza permesso scritto del direttore editoriale. Articoli, notizie e recensioni firmati o siglati esprimono soltanto l’opinione dell’autore e comportano di conseguenza esclusivamente la sua responsabilità diretta. Registrazione del Tribunale Civile di Roma N° 29 del 10 Marzo 2014 ImPaginazione e grafica Giulia Riganelli Tiratura 86.432 copie Visita anche il sito www.healthonline.it potrai scaricare la versione digitale di questo numero e di quelli precedenti! E se non vuoi perderti neanche una delle prossime uscite contattaci via email a info@healthonline.it e richiedi l’abbonamento gratuito alla rivista, sarà nostra premura inviarti via web ogni uscita! HEALTH
  • 4. La discussione su quale sia la strada migliore per garantire una buona qualità di vita ai nostri concittadini ferve e si amplia costantemente. Negli anni ’90 è stato definito il quadro d’insieme legislativo, economico e strutturale per quanto concerne il sistema di previdenza integrativa finalizzato a garantire un equo e sostenibile supporto pensionistico ai lavoratori, ove lo Stato non può e non potrà più sostenere e garantire un modello econometrico adeguato. L’invecchiamento della popolazione, la percentuale di soggetti pensionati rispetto a soggetti in età lavorativa, la crisi economica sono tutti elementi che hanno determinato scelte governative che già le prime ricerche compiute negli anni ’70 ponevano in rilievo come indispensabili (bello rileggere oggi il volume “ I Limiti dello Sviluppo” titolo italiano pubblicato nel 1972 traduzione del volume The limits to growth, un rapporto al Club di Roma, un’associazione di industriali, scienziati e giornalisti che commissionò il libro agli autori, i coniugi Meadows, JørgenRanders e William W. Behrens III). Il sistema di previdenza integrativa è quindi stato rifondato sulla base del modello a “Tre Pilastri” ove la previdenza obbligatoria (minima e fornita dallo stato come primo pilastro), si unisce alla previdenza complementare (collettiva ed aziendale basata sui Fondi Pensione quale secondo pilastro) ed, eventualmente, alla previdenza individuale (costituita generalmente da prodotti gestiti da organizzazioni private quale terzo pilastro) per consentire al futuro pensionato di mantenere inalterato il proprio tenore di vita. Già negli anni ’90 i primi studi econometrici determinavano che le stesse ragioni che avrebbero mandato in crisi il sistema previdenziale pensionistico avrebbero causato anche l’insostenibilità economica del sistema pubblico di assistenza sanitaria. Anche in questo caso si è provveduto ad avviare la razionalizzazione legislativa, economica ed organizzativa del sistema che, seppur non ancora completamente compiuta, allinea in via esclusivamente logica i due modelli. Infatti di fianco ad un’assistenza sanitaria minima garantita dallo Stato sono stati creati i Fondi Sanitari ed hanno ripreso vigore le Società di Mutuo Soccorso integrabili poi a scelta del cittadino con i sistemi di assistenza sanitaria privata. Anche nel caso dell’assistenza sanitaria è quindi stato creato un modello, ormai in via di definizione conclusiva, a tre pilastri. Unalogicasicuramentediimportantiprospettivecheconsente, una volta corretti alcuni evidenti elementi inappropriati, sia in termini pensionistici che in termini sanitari di sostenere le fasce più deboli della popolazione con un sistema garantito dallo Stato, di fornire ai lavoratori sistemi di integrazione appropriati e di offrire alle fasce della popolazione a maggiore reddito ulteriori possibili strumenti integrativi. Leggiamo però in diversi articoli giornalistici ed ascoltiamo in alcuniconvegnichec’èchiipotizzasiaunagestioneprivatistica dei sistemi integrativi di assistenza sanitaria sia un’integrazione completa dei sistemi di previdenza complementare con quelli stessi di assistenza sanitaria integrativa. Probabilmente gli importanti valori economici in gioco determinano grande interesse ove invece risulta chiaro che non ci può essere fraintendimento tra i sistemi di protezione garantiti da Fondi Sanitari e Società di Mutuo Soccorso che garantiscono modelli basati sulla mutualità ed i modelli di offerta commerciale forniti da società private che, di fatto, pur basandosi tecnicamente sulle logiche della mutualità, forniscono sistemi gestiti in una logica imprenditoriale. La differenza sostanziale è che nel primo caso l’attività viene svolta nell’interesse degli associati mentre nel secondo caso c’è “un imprenditore” che opera principalmente in base ai propri interessi economici. Per sostenere questa tesi, poi, qualcuno si è anche avventurato nel sostenere che Previdenza Integrativa e Previdenza Sanitaria, essendo comunque “previdenza”, potrebbero essere gestiti da un unico soggetto giuridico. Sostanzialmente un illogico matematico, economico, giuridico e sociale ove per determinare l’insussistenza della proposta è sufficiente ragionare sul fatto che un sistema previdenziale è basato sulla capacità finanziaria di sostenere in un futuro l’erogazione di denaro ai fini di integrazione pensionistica ed un sistema di assistenza sanitaria integrativa è fondato sulla capacità finanziaria di sostenere oggi l’erogazione di denaro ai fini di supportare le spese sanitarie di un cittadino. Un illogico che contempla un grande rischio che è quello di vanificare la capacità di erogare rimborsi sanitari se mancassero risorse economiche per erogare i trattamenti pensionistici integrativi o, viceversa, di rendere difficile l’erogazione di trattamenti pensionistici integrativi se le risorse economiche fossero necessarie per sostenere le spese dirette all’integrazione sanitaria. La logica sociale, la matematica, le ipotesi finanziarie ed il quadro giuridico di riferimento sono tutti elementi che determinano ad un’analisi approfondita l’impercorribilità di questa strada ed è proprio per questo che è opportuno esplicitare fin da subito l’inopportunità dell’argomento al fine di evitare, nell’interesse di tutti i cittadini, quello che sarebbe solo un errore evidente. Anche perché noi di Health On Line sosteniamo sempre e sempre sosterremo la coerenza del sistema nell’interesse del cittadino ove i supporti sociali devono e dovranno essere garantiti dallo stato nel limite delle possibilità economiche della nazione, i sistemi integrativi debbono e dovranno essere forniti dagli enti associativi al caso preposti (Fondi Pensione, Fondi Sanitari e Società di Mutuo Soccorso) e gli imprenditori privati ( Compagnie Assicurative, Società di Gestione Finanziaria etc.) possono e potranno offrire possibili ulteriori soluzioni integrative ma restando soggetti privati senza alimentare il grande equivoco. A cura di Roberto Anzanello editoriale “Previdenza integrativa ed assistenza sanitaria integrativa: il grande equivoco”
  • 5. ommari 16 26 34 I benefici del PILATES La maternità in italia Donna e salute: l’importanza del pavimento pelvico dopo il parto 8 22 12 30 18 Sole e abbronzatura, come evitare i rischi per la pelle: intervista alla dermatologa Patrizia Teofoli speciale maternità Le Flip Flops, alias “infradito”, sono dannose per la salute? Intervista alla Dottoressa Giorgini chirurgo ortopedico italo-americano della mano e del piede Genitori non si nasce, si diventa. La depressione post parto: sintomi, cause e soluzioni. Ne abbiamo parlato con la psicoterapeuta Marinella Cozzolino Sistema Sanitario Nazionale e le strutture ospedaliere private. Intervista alla Dott.ssa Sonia D’Agostino, Direttore Generale delle cliniche Paideia e Mater Dei di Roma 24 Tecnologia e salute: Sei in dolce attesa o desideri avere un bambino? Ci sono le app a portata di ma…mma!
  • 6. ommari 44 Malattia dell’ansia: disturbi sempre più frequenti 37 50 40 48 La vaccinazione per la prevenzione contro la meningite Riceviamo e pubblichiamo Elisir di lunga vita Scienza e tecnologia. Progetti made in Italy: i primi prototipi di Robot indossabili per gli amputati transfemorali e le prospettive della tecnologia robotica 54 Le ricette della salute
  • 7. Crea un rituale notturno rasserenante. Spegni il computer e la tv, non rispondere al telefono per un’ora prima di andare a dormire. Dedicati ad attività rilassanti. Fai un bagno caldo, leggi una rivista o un romanzo, preparati del the decaffeinato o del latte e biscotti. “Huffington Post Ellen G. Goldman” Non fare esercizio la sera. Faticare aiuta il sonno, ma un allenamento troppo pesante la sera tardi rischia di tenerti sveglio. Tuttavia una camminata piacevole dopo cena può essere la giusta soluzione per rilassare corpo e mente. “Huffington Post Ellen G. Goldman” Limitare l’utilizzo del sale, in quanto aumenta la pressione arteriosa, sia durante la cottura che prima del consumo, sostituendolo con erbe aromatiche e spezie. “www.ilritrattodellasalute.org” Fatti il letto ogni mattina. Un letto ben fatto è molto più invitante di un mucchio confuso di lenzuola e coperte. “Huffington Post Ellen G. Goldman” Health tips Sapevi che... Controllare il consumo di bevande alcoliche, non più di 2-3 bicchieri di vino al giorno per gli uomini e 1-2 per le donne (solo durante i pasti) “www.ilritrattodellasalute.org” Le ciliegie hanno proprietà depurative, disintossicanti, diuretiche e antireumatiche: ricche di vitamina C ed A, aumentano le difese immunitarie. I carciofi sono fra i cibi più efficaci per disintossicare l’organismo e ripulirlo anche dal colesterolo! Le barbabietole svolgono un’azione decongestionante e aiutano il fegato a eliminare le tossine. Le fragole sono ricche di enzimi capaci di attivare il metabolismo dei grassi facilitando così il dimagrimento.
  • 8. 8 Sole e abbronzatura, come evitare i rischi per la pelle: intervista alla dermatologa Patrizia Teofoli a cura di Nicoletta Mele “Abbronzatissima, sotto i raggi del sole…” è stato uno dei tormentoni dell’estate del 2002 ed è una canzone che ritorna nelle menti degli italiani quando arriva il caldo e l’inevitabile desiderio di godersi un po’ di relax sotto il sole e in riva al mare. Anche quest’anno la bella stagione è alle porte e dobbiamo preparare la nostra pelle all’esposizione dei raggi solari per evitare ustioni, invecchiamento e il rischio di tumori cutanei. Ma siamo abbastanza informati su come prendere e “sfoggiare” una bella abbronzatura senza correre dei rischi per la nostra pelle? Da uno studio realizzato da Ipsos per La Roche-Posay è emerso che l’81% degli italiani considera l’abbronzatura un elemento sexy (contro il 72% di media), il 91 % si protegge poco e solo il 51% pensa che ci sia un legame tra lo sviluppo di tumori della pelle e le scottature durante l’infanzia o l’adolescenza, mentre la media degli altri paesi sale al 75%. La prima raccomandazione degli specialistici è quella di non esagerare con l’uso delle lampade abbronzanti e con l’esposizione prolungata in orari sbagliati perché nel tempo potrebbe insorgere, sia per cause genetiche che per fototipo della pelle, un tumore cutaneo. Il melanoma costituisce circa il 5% dazienti, in Italia si registrano ogni anno dai 6 ai 15 nuovi casi di melanoma ogni 100.000 abitanti, con un’incidenza crescente da Sud a Nord di tutti i tumori maligni della pelle, che rappresentano la forma principale di cancro nella popolazione di razza bianca. Ogni anno vengono diagnosticati circa 130.000 casi di melanoma nel mondo e circa 37.000 persone muoiono a causa del melanoma secondo i dati di uno studio epidemiologico italiano che ha preso in esame 1.472 persone. Il rischio di sviluppare un tumore è spesso ereditario quindi le persone che sanno di avere avuto dei casi in famiglia e che presentano una cute molto chiara (tipo I e II) dovrebbero sottoporsi ad una visita dermatologica almeno una volta l’anno. Ma anche i raggi UV sono un fattore di rischio da non sottovalutare. L’esposizione solare è tradizionalmente considerata come la più importante fonte di radiazioni UV per l’uomo e viene classificata come “cancerogeno” dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro.
  • 9. 9 Per saperne di più abbiamo intervistato la dottoressa Patrizia Teofoli, Dirigente I livello Istituto Dermopatico dell’Immacolata, IRCCS-Roma, la quale ha spiegato gli effetti benefici e quelli “negativi” del sole, ma soprattutto ha suggerito quali sono le abitudini da adottare prima di esporci ai raggi solari. “L’esposizione ai raggi ultravioletti – ha detto la Teofoli – induce importanti e positivi effetti biologici inclusi la sintesi di vitamina D, la sintesi di molecole con proprietà immunomodulanti d’importanza terapeutica per chi è affetto da alcune dermatiti (psoriasi, dermatite atopica,..) ed inoltre aumenta i livelli di serotonina, un mediatore sintetizzato nel sistema nervoso, responsabile del tono dell’umore. Ciò spiegherebbe l’effetto positivo del sole sul tono dell’umore ed il fatto che spesso i disturbi depressivi e del ritmo del sonno siano frequentemente stagionali poiché legati alle variazioni di luce solare”. Dottoressa, qual è il giusto atteggiamento da adottare per godersi il sole senza correre dei rischi? E quali sono i suoi consigli? “La modalità di esposizione solare è molto importante in quanto le ustioni solari, non solo durante l’infanzia ma anche in età adulta, costituiscono un fattore di rischio importante per l’insorgenza del melanoma. Quindi, le esposizioni solari brevi ma intense sembrerebbero essere un fattore di rischio significativo come, secondo alcuni studi,anche un’esposizione solare a basse dosi e prolungata nel tempo che riguardano alcune categorie di lavoratori. E’ ormai documentato che circa l’80% dei danni da esposizione solare si verificano prima dei venti anni di età, soprattutto nelle pelli più chiare, pertanto è sempre buona regola, per in ogni fascia di età, seguire discipline di fotoprotezione che suggeriscono l’uso di schermi solari fin dalla prima infanzia preferendo quelli a largo spettro nei confronti dei raggi UVA ed UVB con fattore di protezione di almeno SPF 30 (anche nei giorni nuvolosi). Questo perché la fotoprotezione previene i danni da UV e riduce il rischio di tumori cutanei. Gli schermi solari fisici e chimici funzionano assorbendo, riflettendo e diffondendo le radiazioni solari. Inoltre, è importante anche assumere per via orale, da 2 a 4 settimane prima e durante l’esposizione solare, delle formulazioni arricchite con antiossidanti (vitamina E, vitamina C, acido ferulico, ed altri principi attivi di origine vegetale) che neutralizzano i radicali liberi responsabili dello stress ossidativo responsabile del danno cellulare e costituiscono anche una difesa per il nostro organismo. E’ molto importante, ai fini di evitare i danni indotti dai raggi UV, tener conto dell’intensità della luce solare (UV-index) e della propria capacità di produrre melanina perché quando compare un eritema è segno dell’inizio di un danno biologico. Alla luce di quanto detto, i miei consigli sono: un uso corretto degli schermi solari che dovrebbero essere a largo spettro per i raggi UVA ed UVB con fattore di protezione almeno SPF 30, anche nei giorni nuvolosi, da applicare 20- 30 minuti prima dell’esposizione solare e da riapplicare ogni 2 ore, soprattutto dopo attività sportiva o bagno anche se i prodotti utilizzati sono quelli resistenti all’acqua. Le radiazioni sono più intense dalle 10 alle ore 16.00 con un picco tra le 11 e le 14 momento in cui si dovrebbero preferibilmente indossare indumenti protettivi a tessitura compatta (indumenti a tessitura larga od indumenti bagnati schermano solo in parte i raggi UV) ed occhiali solari capaci di schermare i raggi UV, questo perchè, è importante ricordare che ci si “scotta” anche nelle giornate nuvolose e che gli scogli, la neve e la sabbia riflettono 85- 90% dei raggi ultravioletti”. Gli schermi solari garantiscono una protezione sicura? E come dovrebbero essere utilizzati? “Sono sicuri ma la protezione non è mai assoluta. E’ importante usarli 20 minuti prima dell’esposizione solare”. Quali sono i soggetti più a rischio? “Il fototipo chiaro”. Usare schermi solari a largo spettro per i raggi UVA ed UVB con fattore di protezione almeno SPF 30, anche nei giorni nuvolosi Applicare i solari 20-30 minuti prima dell’esposizione solare e riapplicarli ogni 2 ore Evitare di esporsi dalle 10 alle ore 16.00 ed indossare indumenti protettivi a tessitura compatta durante il picco massimo dalle 11 alle 14. Indossare sempre occhiali solari capaci di schermare i raggi UV; gli scogli, la neve e la sabbia riflettono 85-90% dei raggi ultravioletti le buone regole da seguire
  • 10. 10 E per i bambini valgono le stesse regole? “Per i piccoli, soprattutto al di sotto dei 6 anni, occorre aumentare il fattore di protezione ed io consiglio SPF 50 anche per le varie attività all’esterno che svolgono quotidianamente i bambini”. E per chi assume dei farmaci a cosa deve fare attenzione? “Consiglio di prendere il sole con molta cautela soprattutto se utilizzano delle creme a base di prodotti naturali che possono creare dei danni seri alla pelle, come invece non è indicata l’esposizione ai raggi solari per coloro che assumono alcuni farmaci antibiotici e antinfiammatori. Ma non per tutti, ad esempio la penicillina non è fotosensibile. In generale, però bisogna sempre prestare molta attenzione e rivolgersi ad uno specialista prima di prendere il sole”. Quanto è importante un’adeguata prevenzione per evitare il rischio di sviluppare tumori cutanei come il melanoma? “E’ fondamentale. L’aumentata incidenza dei carcinomi cutanei e la correlazione tra carcinogenesi cutanea ed esposizione solare induce ad una corretta esposizione solare. La luce solare è costituita in parte da radiazioni ultraviolette in grado di raggiungere la pelle e si distinguono in UVA e UVB. Queste radiazioni sono responsabili della pigmentazione cutanea, e quindi del fenomeno “abbronzatura”. Gli UVB penetrano in modo minore nella cute ma inducono maggiori effetti biologici come l’eritema solare e la pigmentazione immediata e sono maggiormente implicati nell’induzione dei tumori della pelle. I raggi UVA, a maggiore lunghezza d’onda, invece, sono in grado di penetrare più profondamente nella cute, determinano la pigmentazione cutanea ritardata che compare diverse ore dopo l’esposizione solare e contribuiscono all’invecchiamento cutaneo ma anche in parte alla carcinogenesi cutanea. Nel caso del melanoma il ruolo degli UV è più complessa, ma il rapporto tra sole, nevi melanocitari e melanoma nasce da numerose osservazioni in cui si è evidenziato che l’esposizione solare nell’infanzia induce la comparsa di nevi melanocitari, inclusi i nevi clinicamente atipici, soprattutto nelle aree maggiormente esposte al sole e che il numero di “nei” sia benigni che atipici è correlato al rischio di incidenza del melanoma. I raggi ultravioletti, infatti, sono in grado di danneggiare il patrimonio genetico della cellula modificandone il comportamento, attivando oncogeni o inattivando geni soppressori che prevengono la trasformazione tumorale delle cellule anche se ormai è dimostrato che nell’induzione del melanoma è fondamentale l’interazione tra esposizione solare e fattori genetici. Nei numerosi studi effettuati è emerso che l’incidenza e la gravità del melanoma è maggiore nei soggetti di pelle chiara, con minore potenzialità nel produrre melanina e quindi minore capacità di abbronzarsi (meccanismo naturale di difesa dai raggi solari) soprattutto nei paesi più vicini all’equatore dove è maggiore l’intensità delle radiazioni ultraviolette a cui è esposta la cute”. Invece un’abbronzatura ottenuta artificialmente per mezzo di lettini e cabine solari protegge la pelle da scottature prima dell’esposizione solare? “In generale il lettino solare è sconsigliato, ma non bisogna demonizzarlo l’importante è tenere sotto controllo l’abitudine. Un uso prolungato di questi strumenti potrebbe portare a dei danni per la salute. Non sono in grado di proteggere la pelle da scottature prima dell’esposizione solare perché hanno un fattore di protezione molto basso”. Ancheinquestocasolaprevenzioneassumeun’importanza fondamentale, quindi cerchiamo di goderci il sole nel miglior modo possibile evitando di esporci nelle ore di punta e per un tempo prolungato e ricordate di munirvi di creme solari adatte alla vostra pelle!
  • 11. 11 A.NA.PRO.M.Associazione Nazionale Promotori Mutualistici A.NA.PRO.M. è un’associazione professionale che tutela e promuove gli interessi professionali, morali ed economici dei Promotori Mutualistici. Grazie ad un Team di professionisti esperti nel settore svolge una vera attività di Formazione ed informazione a tutti gli iscritti e provvede, inoltre, allo studio ed alla collaborazione, anche con altri enti o associazioni, per la risoluzione di problemi di ordine tecnico, economico, finanziario, amministrativo, fiscale, sociale, giuridico e legislativo, riguardanti l’esercizio. A.NA.PRO.M. inoltre diffonde tra il pubblico una migliore coscienza e conoscenza del mondo delle Società di Mutuo Soccorso anche attraverso gli organi di informazione e promuove servizi ed attività di assistenza agli iscritti. “La promozione della salute è il processo che mette in grado le persone di aumentare il controllo sulla propria salute e migliorarla.” Carta di Ottawa - Ontario 1986 www.anaprom.it
  • 12. 12 Le Flip Flops, alias “infradito”, sono dannose per la salute? Intervista alla Dottoressa Giorgini chirurgo ortopedico italo-americano della mano e del piede a cura di Alessia Elem L’estate è ormai alle porte e con il primo caldo gli stivali lasciano il posto ad un accessorio economico, versatile e comodo: le flip flops, meglio conosciute come infradito. Fino a qualche anno fa erano considerate delle ciabatte da mare o da indossare nelle occasioni informali, oggi invece stanno diventando sempre più un vero e proprio accessorio trendy che non conosce tempo e luogo per essere sfoggiato. In commercio si trovano le più svariate tipologie di flip flops, da quelle in plastica a quelle rigorosamente in pelle e cuoio, con strass, pietre e lustrini da poter indossare anche nelle migliori occasioni. Lo sanno bene modelle e star di Hollywood, come Heidi Klum e Jennifer Lopez che non perdono occasione per abbinare le flip flops anche con abiti da sera e nelle occasioni più impensabili. Moda a parte, ortopedici e traumatologi inglesi però frenano l’entusiasmo e avvertono che un uso continuo delle infradito, indipendentemente dal materiale di cui si compone, potrebbe essere dannoso per la salute causando fascite plantare, infiammazioni del tendine d’achille oppure l’insorgere di vesciche, ispessimento della cute e crepe dei talloni. Secondo un rapporto della sanità inglese le infradito, essendo una “scarpa” senza tacco, sono responsabili dei problemi di oltre 200.000 pazienti l’anno. Per saperne di più abbiamo intervistato la Dottoressa Tara Louise Giorgini, Chirurgo Ortopedico italo-americano Specialista in chirurgia della mano e del piede.
  • 13. 13
  • 14. 14 Chi è I 3 pilastri della sanità Struttura e servizi Winsalute nasce dalla volontà di avviare un Service Provider indipendente sul mercato dell’assistenza sanitaria integrativa, che potesse offrire i propri servizi nei rami malattia e infortuni a tutti i clienti del Gruppo e a terzi nell’attività di gestione di tutti gli adempimenti amministrativi e liquidativi. Attualmente si attesta come un punto di riferimento nel panorama dei Servizi di Assistenza volti al settore della Sanità Integrativa, gestisce oltre 280.000 sinistri annui garantendo 1.440.000 assistenze annue. GestioneCentrale salute Network - 2 call center - Servizio SMS - Servizio CHAT - Network senza eguali in Italia - Scanner professionali Winsalute S.p.A. +39 06 90198081 (dall’estero) www.winsalute.it info@winsalute.it 800 598 291 Numero Verde 800 511 311
  • 15. 15 Dottoressa Giorgini, è vero che le infradito possono causare dei problemi anche gravi per la salute dei piedi e della schiena? “Se usate quotidianamente posso dare origine ad una serie di problemi ortopedici, come appunto fasciste plantare, infiammazione dei tendini, mal di schiena, ma anche di circolazione sanguigna. E non solo. Nell’immaginario collettivo si pensa che queste ciabatte aiutino a prevenire l’alluce valgo, ovvero la deformità del primo dito del piede che determina una deviazione in senso laterale della falange verso quello che è l’esterno del piede, ma non è così. La parte della ciabatta che divide il primo dal secondo dito del piede infatti spinge sul tendine peggiorando la deformità e favorendo proprio la formazione dell’alluce valgo. Inoltre, sono dannose per la schiena perché alterano il processo del passo”. L’apparenza inganna, le flip flops sembrano comode ma in realtà non lo sono. L’assenza del tacco, quindi non è sinonimo di comodità? “No, infradito a parte, qualunque scarpa con la suola piatta senza arco plantare non garantisce alcun supporto al calcagno e questo potrebbe dare origine al piede piatto. Inoltre, l’assenza di lacci e sostegni nella parte posteriore del tallone costringono il piede ad un maggiore sforzo nella deambulazione per non perdere la scarpa e questo comporta una modifica della postura fino ad arrivare ad infiammare muscoli e tendini di piede e polpaccio. La fatica nel trattenere la ciabatta porta alla tensione dell’arco plantare facendo così assumere al piede una posizione sbagliata e l’insorgere del problema del dito a martello”. Quali sono i suoi consigli? C’è un modo per non rinunciare ad indossarle senza correre dei rischi? Nell’immaginario collettivo si pensa che queste ciabatte aiutino a prevenire l’alluce valgo, in realtà la parte della ciabatta che divide il primo dal secondo dito del piede spinge sul tendine che accentua la deformità peggiorando la situazione “Per chi proprio non riesce a rinunciare alle infradito consiglio di utilizzarle il meno possibile e alternarle con altri tipi di scarpe che abbiano determinate caratteristiche: aperte per far respirare il piede, con un sostegno nella parte posteriore e dei lacci che tengano fermo il piede durante il processo del passo. Le scarpe devono avere un plantare anatomico e un tacco di almeno 4-5 cm che aiuta nella postura per una migliore distribuzione del peso corporeo tra il tallone e l’avampiede. Per evitare i problemi di cui abbiamo parlato è preferibile camminare a piedi nudi piuttosto che con ciabatte senza plantare e con la suola piatta. Le flip flops sono nate per accompagnarci al mare e quindi il mio consiglio è quello di indossarle in questa occasione ma lasciarle sotto l’ombrellone per fare lunghe passeggiate sulla sabbia, vero toccasana per la salute dei nostri piedi”. Lei indossa le infradito? “Ammetto che sono molto graziose, ma il mio utilizzo è limitato solo per la piscina e il mare perché quando mi capita di indossarle per un tempo prolungato avverto dolore al tendine e alle gambe”. Cari lettori cosa ne pensate? E’arrivatoilcaldoeanchequest’annoèscoppiatalainfradito- mania ma cerchiamo di indossare le simpatiche ciabattine il meno possibile perché, oltre a non essere comode come invece si presentano, potrebbero anche essere la causa di cadute, distorsioni e dell’insorgere di infezioni causate dalle ferite da sfregamento tra alluce e indice. Una raccomandazione è d’obbligo: ricordate sempre di cambiare le flip flops con una scarpa che avvolge bene i piedi prima di mettervi al volante di un’automobile!
  • 16. 16 I benefici del pilates a cura di Francesca Raio Nove ore di lavoro, circa due di auto, pasti solitamente frettolosi e poco, a volte quasi nullo, il tempo da dedicare ad una sana attività fisica. La quotidianità di una persona è mediamente scandita da una notevole sedentarietà che spesso “stressa” il fisico appesantendolo con dolori ossei e muscolari. Negli ultimi anni sono nate, o meglio, si sono sviluppate alcune discipline il cui obiettivo è quello di trattare e prevenire questa tipologia di dolori, ponendo una particolare attenzione non soltanto all’aspetto fisico, ma anche alla cura di quello psicologico: un vero e proprio balsamo per una vita frenetica. Lo yoga, il tai-chi, ma soprattutto il pilates hanno trovato il loro successo proprio in questo concetto di equilibrio corpo-mente, superando l’idea di una momentanea moda diffusa tra personaggi dello star- system e divenendo pratiche di vita quotidiana. Queste discipline, sebbene accomunate dall’ispirazione alle filosofie orientali, sono in realtà molto diverse tra di loro. In particolare lo yoga risulta essere il più legato agli schemi della meditazione, della spiritualità e della cura della mente. Si potrebbe invece sostenere che il pilates capovolge questo concetto ponendo al centro della propria attenzione il corpo e la sua salute, con conseguenti benefici interiori. Differenti piani di azioni che si pongono come obiettivo ultimo “lo star bene con se stessi”. Il pilates venne ideato da Joseph Pilates nella prima metà del ‘900. Uomo di salute gracile e cagionevole, utilizzò la propria esperienza personale e la forza scaturita dalle sue menomazioni fisiche per concentrare tutti i suoi studi e le sue ricerche sul perfezionamento di una tecnica che permettesse la riabilitazione del corpo martoriato dalle ferite di guerra, avvalendosi contestualmente di attrezzature ideate e progettate da lui stesso e propedeutiche a questo scopo. Il successo di questo sport, generalmente definito come una ginnastica dolce, è stato progressivo ed inarrestabile e con un forte impatto sia sul sesso maschile che femminile. In completa antitesi con il body building, incentrato sulla forza e resistenza fisica, il pilates viene considerato come un’attività anaerobica, ovvero da integrare ad altre attività compensative sotto questo punto di vista. Innumerevoli sono i benefici per il corpo e la mente della
  • 17. 17 persona, riconosciuti ufficialmente anche dalla comunità scientifica. Gli stessi sei concetti fondamentali su cui questa disciplina si fonda – Concentrazione, Controllo, Baricentro, Fluidità, Precisione e Respirazione – pongono l’accento sulla perfetta armonia psico-fisica che questa è in grado di creare nella persona, svolgendo una vera e propria funzione “disintossicante” sia per il corpo che per la mente. Tutta l’attività fisica proposta è volta alla ricerca di una fluidità del respiro e dei movimenti, mai bruschi, al rafforzamento della cosiddetta “Power House”, ovvero quella zona del corpo compresa tra l’addome e gli adduttori, ed è studiata in modo tale che il risultato finale non sia un aumento della massa muscolare, ma soltanto un allungamento ed un rinvigorimento della struttura muscolo- scheletrica. Proprio per questo i risultati estetici del pilates non sono di fatto immediati, ma evidenti nel lungo termine. A fronte di numerosi benefici annoverabili tra i risultati di questa pratica sportiva, quali riabilitazione, prevenzione dei dolori posturali, tonificazione e perfino la lotta agli inestetismi della cellulite grazie alla stimolazione della circolazione sanguigna, non sono indicate particolari controindicazioni nello svolgimento della stessa, se non una normale attenzione in caso di dolori pre-esistenti o per le donne in gravidanza, sebbene alcuni studi abbiano dimostrato effetti particolarmente positivi su un corpo in stato interessante. Notevole rilevanza invece dovrebbe essere posta sull’effetto “psicoterapeutico” del pilates, non solo con lo scarico dello stress psicologico. La presa di coscienza del proprio corpo, la fluidità dei movimenti ed un ritrovato equilibrio fisico aiutano infatti la persona ad acquisire anche una maggiore autostima dovuta ad una ritrovata, o addirittura nuova, percezione del proprio sé. Un famoso proverbio recitava “Prevenire è meglio che curare”. Probabilmente chi lo ha scritto era un assiduo praticante di pilates! 1. Concentrazione 2. Controllo 3. Baricentro 4. Fluidità 5. Precisione 6. Respirazione I concetti fondamentali del pilates
  • 18. 18 Sistema Sanitario Nazionale e le strutture ospedaliere private. Intervista alla Dott.ssa Sonia D’Agostino, Direttore Generale delle cliniche Paideia e Mater Dei di Roma a cura di Nicoletta Mele 18 Il Sistema Sanitario Nazionale sta diventando sempre meno efficiente e non più in grado di garantire il diritto alla salute a tutta la popolazione. L’aumento dei ticket e le lunghe liste d’attesa, sia per le visite specialistiche che per gli interventi chirurgici, stanno portando sempre di più, anche se con enormi sacrifici a causa della crisi economica, circa 12 milioni di italiani a rivolgersi a strutture private per la tutela della propria salute. (dati Censis). Secondo l’indagine conoscitiva sulla sostenibilità economica del Sistema Sanitario Nazionale, condotta dalle commissioni Bilancio e Affari Sociali della Camera, la spesa privata tra farmaceutica, diagnostica e assistenza è pari a 30 miliardi l’anno. A conferma di questa tendenza anche una recente ricerca da parte del Censis, secondo la quale sempre più italiani pagano di tasca propria i servizi sanitari che il pubblico non garantisce più: nel 2013 la spesa sanitaria privata è infatti aumentata del 3% rispetto al 2007. Il 41% degli italiani dichiara che la sanità pubblica copre solo le prestazioni essenziali per il resto bisogna mettere le mani ai propri portafogli, per il 14% la copertura pubblica è insufficiente per sé e la propria famiglia, mentre il 45% la ritiene adeguata per le prestazioni di cui ha bisogno. Uno dei fattori che determina l’emigrazione verso il privato è stato l’aumento del ticket e secondo quanto hanno rilevato gli esperti del Censis, il 50% degli italiani ritiene che il ticket sulle prestazioni sanitarie sia una tassa iniqua, il 19,5% pensa che sia inutile e il 30% lo considera invece necessario per limitare l’acquisto di farmaci. Il 56% dei cittadini sostiene che è troppo alto il ticket pagato su alcune prestazioni sanitarie, soprattutto per le visite ortopediche (53%), l’ecografia dell’addome (52%), le visite ginecologiche (49%) e la colonscopia (45%). La crisi economica però sta condizionando la scelta da parte delle famiglie sulle prestazioni sanitarie da sostenere di tasca propria a stretto giro, perché necessarie, e quelle che invece possono essere rinviate. Secondo il Censis, dal 2005 al 2012 è diminuito di oltre un milione di visite il ricorso al dentista a pagamento ma sono aumentati gli italiani, il 43%, che pagano per intero le visite specialistiche, ed è aumentata del +74% la spesa destinata a pagare gli esami del sangue per intero e del 19%per gli accertamenti diagnostici. Con la spesa sanitaria aumenta anche il numero delle persone che si rivolgono alle strutture private perché i tempi di attesa per accedere alle prestazioni sono troppo lunghi come dichiarato dal 61% intervistato. Altre motivazioni sono, per il 33% la possibilità di scegliere il medico di fiducia e per il 18,2% vige la teoria che “se paghi vieni trattato meglio”. La fuga verso il privato riguarda soprattutto l’odontoiatria (90%), le visite ginecologiche (57%) e le prestazioni di riabilitazione (36%). Ma il 69% delle persone che hanno effettuato prestazioni sanitarie private reputa alto il prezzo pagato e il 73% ritiene elevato il costo dell’intramoenia. Sulla base dei dati della Direzione generale del sistema informativo e statistico del Ministero della Salute, che nel 2011 ha elaborato una mappatura delle strutture private (accreditate e non), è emerso che sul territorio nazionale sono presenti 600 cliniche private. Circa la metà di queste strutture, 266 su 589, si trova in quattro regioni, cioè Lombardia (72), Lazio (65), Campania (65) e Sicilia (64). Delle 600 cliniche sono 64 quelle non accreditate col SSN e di queste, nel Lazio se ne contano 29. Altre 12 strutture “svincolate” dal servizio pubblico sono presenti in Lombardia. Per il resto, nelle altre regioni, le Case di cura private sono quasi tutte accreditate. In Campania solo 5 strutture su 65 non sono legate al Ssn. In Sicilia, invece, le 64 case di cura private sono tutte accreditate. In Italia il 25% delle prestazioni ospedaliere è coperto dall’ospedalità privata, che pesa soltanto sul 15% della spesa sanitaria. Proprio per delineare un quadro più dettagliato, Healthonline ha intervistato la Dottoressa Sonia D’Agostino, da 15 anni Direttore Generale delle cliniche Paideia e Mater Dei, due centri di eccellenza e punti di riferimento per la sanità privata.
  • 19. 19 Dottoressa D’Agostino, le strutture sanitarie private rappresentano una risorsa importante per il Paese in grado di garantire un servizio sanitario capace di dare ai cittadini delle prestazioni di alta qualità? “Dipende ovviamente dal tipo di struttura, dall’organizzazione che si è data, dagli standard di assistenza e di sicurezza, e dagli investimenti in tecnologia e sviluppo. Ci siamo resi conto già a suo tempo che il concetto di “Casa di Cura” era qualcosa di superato, in quanto l’esigenza della clientela è quella di trovare punti di riferimento per risolvere in tempi rapidi le problematiche sanitarie, da una visita specialistica a un esame diagnostico, a un ricovero d’urgenza. Ecco perchè si è sentita l’esigenza di attivare servizi 24 ore su 24 con una reperibilità del personale medico di tutte le specialità, infermieristico, di radiologia e di laboratorio in modo da essere in grado, anche di notte e nei giorni festivi, di poter far fronte a qualunque tipo di urgenza. Abbiamo superato anche lo scetticismo relativo al fatto che la clinica fosse vista come una struttura “alberghiera” non sempre in grado di garantire sicurezza. Abbiamo quindi attivato ben 9 posti di terapia intensiva, tra Paideia e Mater Dei, attrezzate con apparecchiature d’avanguardia, carrelli salvavita in tutti i reparti, dotati di defibrillatore, e tutti i presidi necessari per intervenire in caso di urgenza. C’è addirittura un codice, il “444”, che segnala, tramite dei pulsanti presenti in tutti i reparti delle strutture, il verificarsi di un’emergenza sanitaria. Una volta attivata la segnalazione, in tempi rapidissimi interviene il personale sanitario con specifica formazione, munito di carrello salvavita dotato di tutti i presidi necessari per la rianimazione del paziente. Ma resta inteso che le apparecchiature e l’organizzazione da sole non bastano senza un’attenta selezione e una continua formazione del personale”. Sono circa 12 milioni gli italiani che non soddisfatti del Sistema Sanitario Nazionale si sono rivolte a strutture private. Quali sono i vostri numeri? “Oggi il paziente è più informato e più esigente e cerca un servizio all’altezza delle proprie aspettative. La domanda di prestazioni sanitarie private è in crescita. E’ in atto un cambio culturale che sta portando ad una maggiore richiesta di coperture sanitarie integrative, polizze e sussidi. Lo prova anche il fatto che un numero sempre crescente di aziende offre coperture sanitarie come benefit ai propri collaboratori. Non è un caso quindi che nel 2014 Mater Dei e Paideia abbiano effettuato ben 297.000 prestazioni ambulatoriali. Questo è un dato rilevante, un traguardo prestigioso, se pensiamo che le cliniche sono interamente private e non convenzionate. E’ il risultato di un grande lavoro di squadra e di una visione strategica lungimirante”. Uno dei servizi centrali e caratterizzanti delle vostre strutture è il check up, è così? “E’ vero, infatti da anni la nostra mission è “la cultura del benessere”. Una struttura sanitaria, secondo noi, non deve limitarsi a curare malati. La scienza ha regalato anni alla vita e il nostro compito è di aiutare le persone a vivere questi anni il più possibile in salute. Per questo lavoriamo molto per la prevenzione. Nel 2014 abbiamo effettuato oltre 3500 check up. Siamo oramai anche un riferimento di tante aziende, curando la salute di intere popolazioni aziendali. La particolarità della nostra organizzazione, oltre alla personalizzazione del servizio, l’esperienza acquisita negli anni e la puntualità che consente di svolgere l’intero check up in una mattinata, sta anche dall’attivazione di una serie di percorsi di prevenzione primaria che accompagnano il paziente, sotto forma di tutoraggio.
  • 20. 20 Ci siamo resi conto che il paziente a volte disattende le indicazioni che gli vengono date e l’anno successivo lo stesso paziente ritorna con le proprie problematiche invariate, se non addirittura peggiorate. Si è deciso quindi, di studiare dei percorsi ad hoc che prevedono ad esempio corsi per smettere di fumare con un metodo innovativo, corsi per imparare a gestire lo stress e gli stati d’ansia. Inoltre, sempre più importanza ha acquisito la figura del nutrizionista, perchè noi siamo quello che mangiamo. Anche in questo seguiamo la nostra mission, “la cultura del benessere”. Se dovesse menzionarne una, qual è la caratteristica principale che caratterizza le vostre cliniche? “L’organizzazione ospedaliera e la personalizzazione dell’approccio al paziente e alle sue necessità. Paideia e Mater Dei ci sono sempre, anche per una semplice consulenza telefonica. Inoltre i punti di forza sono rappresentati dai nostri centri d’eccellenza. In Paideia c’è il centro di senologia che, con oltre 12000 prestazioni l’anno, rappresenta un riferimento nel centro- sud Italia per la prevenzione e diagnosi delle patologie della mammella, e il centro di gastroenterologia ed endoscopia digestiva all’avanguardia. La Mater Dei ospita tra le proprie eccellenze il Centro Cuore, con servizio di guardia cardiologica e rianimazione, diagnostica, emodinamica e cardiochirurgia e l’ostetricia, reparto storico e modernissimo, riferimento principale della maternità privata a Roma. In entrambe le cliniche sono presenti il Trauma Center e la SportClinique, struttura dedicata alla salute dello sportivo. In questo ambito, importante per le nostre cliniche, Paideia è il riferimento della S.S. Lazio, oltre a essere responsabile del servizio sanitario allo Stadio Olimpico, così come la Mater Dei della Virtus Roma di Basket”. Assistenza al paziente a 360 gradi. Avete attivato anche i servizi a domicilio? “Si certamente, anche per dare una continuità assistenziale e terapeutica a domicilio ove necessario. Pensate inoltre, ad esempio, a quanto può essere complicato in una città come Roma, magari di notte, reperire un medico per una visita specialistica. Il nostro servizio domiciliare h24 risponde anche a questa esigenza: personale medico e infermieristico qualificato e certificato, in tempi rapidi, a casa del paziente. Oggi anche le compagnie assicurative e mutualistiche si stanno accorgendo dell’importanza di questi servizi”. La spesa familiare destinata alla sanità e all’assistenza sta risentendo della crisi economica già da un paio di anni. Tra il 2007 e il 2013 la spesa sanitaria pubblica è rimasta praticamente invariata (+0,6% in termini reali) a causa dei tagli, è aumentata, al contrario, la spesa di tasca propria delle famiglie (out of pocket): +9,2% tra il 2007 e il 2012, per poi ridursi però del 5,7% nel 2013 a 26,9 miliardi di euro. Questo è quanto è emerso dal Rapporto “Welfare, Italia. Laboratorio per le nuove politiche sociali” di Censis e Unipol del 2014. Secondo le stime è aumenta la domanda di cura e di assistenza, ma, dopo 6 anni, è diminuita la spesa sanitaria privata familiare del -5,7% e il valore pro-capite si è ridotto da 491 a 458 euro all’anno. Le famiglie italiane hanno dovuto rinunciare a 6,9 milioni di prestazioni mediche private ed è diminuito anche il numero delle badanti che lavorano nelle case degli anziani che ne hanno bisogno. E’ questa la situazione che sta attraversando il nostro Paese: le famiglie non sono più in grado di sostenere con le proprie risorse i tagli del welfare pubblico. In questo scenario entra in gioco la Sanità Integrativa. Secondo il Censis, infatti, sono 6 milioni gli italiani che hanno aderito a un fondo sanitario integrativo. Considerando anche i loro familiari, si sale a circa 11 milioni di assistiti.
  • 21. I numeri sono però ancora bassi se paragonati all’Europa e agli Stati Uniti. Dottoressa D’Agostino, le famiglie italiane, negli ultimi due anni hanno rinunciato a quasi 7 milioni di prestazioni mediche private. Cosa ne pensa? “Il numero dei clienti privati, solventi, sta diminuendo sempre di più, ma c’è dall’altra parte una percentuale elevata di persone e di aziende che si rivolgono a società di mutuo soccorso, a fondi sanitari e assicurazioni per stipulare dei piani assistenziali ed avere accesso a servizi sanitari d’eccellenza, con ampie garanzie di copertura. Per quanto riguarda nello specifico Paideia e Mater Dei posso dire che siamo attualmente in una fase di crescita e di sviluppo”. Secondo lei, realtà come le Società di Mutuo Soccorso possono essere una valida alternativa volta a garantire prestazioni sanitarie di alta qualità a prezzi vantaggiosi? Qual è il vostro rapporto con queste realtà di assistenza? “Il nostro è un rapporto di partnership e penso che le mutue avranno un grandissimo futuro, innanzitutto perché le aziende hanno a cuore la salute dei lavoratori e sono attente alle loro esigenze, secondo, le società di mutuo soccorso riescono ad essere competitive sul mercato offrendo sussidi vantaggiosi e terzo punto, a mio parere molto importante e che le contraddistingue nel panorama della Sanità Integrativa, è che queste realtà assistenziali sono molto sensibili al mantenimento della salute degli associati perché considerati un vero e proprio patrimonio da tutelare”. Le società di mutuo soccorso sono associazioni nate nell’Ottocento per provvedere al bisogno delle mancanze dello stato sociale e aiutare i lavoratori in caso di incidenti sul lavoro, malattia o perdita del posto. Oggi, viste le difficoltà in cui verte il settore sanitario, le società di mutuo soccorso stanno pian piano diventando una valida alternativa, attraverso la stipula di convenzioni con enti sanitari pubblici e privati a costi vantaggiosi, proprio per integrare i servizi che il Servizio sanitario riesce a garantire. Anche il Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, proprio in occasionedellapresentazionedelRapporto“Welfare,Italia. Laboratorio per le nuove politiche sociali” ha dichiarato che “Con la Sanità Integrativa non siamo all’anno zero e siamo determinati a costruire questo pilastro importante nella riorganizzazione del sistema sanitario. Dopo i costi standard e il Patto per la salute già realizzati, il prossimo importante passo da fare è quello di organizzare la Sanità Integrativa, in modo tale da creare una complementarietà anche per quanto riguarda il settore pubblico”. Direzione operativa ed organizzazione Back Office Consulenza mirata per costituzione o restyling societario Assistenza soci dedicata ad hoc con numero verde e personale dedicato Health Service Provider con 1560 strutture sanitarie sul territorio Marketing e strategie di comunicazione ai soci Organizzazione di convegni nazionali di settore Formazione personale interno ed incaricati al contatto con i soci Social Media Strategist per una comunicazione al passo con i tempi Consulenza per compliance e policy interna Consulenza giuridica e fiscale Operation per la gestione dei regolamenti applicativi Assistenza, realizzazione piattaforme, siti web ed aree intranet Dati, studi e ricerche sul mondo della Sanità Integrativa Ansi, Associazione Nazionale Sanità Integrativa, nasce dalla volontà di alcuni primari fondi sanitari di creare non solo un’associazione di categoria “indipendente”,maancheuninterlocutorequalificato che si renda portavoce attivo tra Istituzioni, Sistema Sanitario Nazionale e Fondi Sanitari Integrativi. ANSI vuole diventare il soggetto capace di tutelare, aggregare e sostenere le diverse forme mutualistiche operanti in Italia, che garantiscono la salute di circa ¼ della popolazione italiana. “Auspichiamoilbenessereelasalutepertuttii cittadini,comedirittofondamentaledell’uomo epatrimoniosocialedellacollettività” www.sanitaintegrativa.org segreteria@sanitaintegrativa.com
  • 23. 23 In questo numero Health Online ha il piacere di dedicare un approfondimento non-stop al mondo della maternità. Uno spazio curato da Nicoletta Mele, ricco di curiosità ed informazioni utili per tutte quelle coppie che stanno attraversando questo delicato momento della vita
  • 24. 24 Tecnologia e salute: Sei in dolce attesa o desideri avere un bambino? Ci sono le app a portata di ma…mma! Per le mamme super tecnologiche e per quelle che stanno prendendo confidenza con i nuovi e sempre più innovativi dispositivi, sono arrivate delle app per smartphone che aiutano a seguire la gravidanza, lo svezzamento e tutto ciò che può riguardare i loro piccoli. Basta un click e in tempo reale sarà possibile avere a disposizione dei risultati. Ma quali sono e come funzionano? Scopriamo in questo articolo il variegato e divertente mondo della tecnologia a portata di mamma! Ce ne sono di diversi tipi: da quelle che hanno il compito di facilitare le future mamme nel programmare una gravidanza (offrono la possibilità di monitorare il periodo fertile) e ricordare gli impegni che questa comporta, è il caso di iMamma (per dispositivi Apple), adatta per le scadenze delle visite mediche, con tanto di “salvataggio” di esame ed ecografie per avere sempre tutto a portata di mano ed è anche in grado di suggerire la giusta alimentazione da seguire, oppure Save the mom, che ha sempre come scopo quello di ricordare gli appuntamenti con in più un sistema di condivisione con altri componenti della famiglia per scambiarsi informazioni. A disposizione per le future mamme ci sono anche applicazioni che consentono di monitorare le contrazioni, come iContrazioni, in grado, appunto, di registrare l’andamento delle contrazioni e individuare la fase del travaglio con la possibilità di inviare il report al ginecologo che sta seguendo la gravidanza. Per chi invece vuole sentire il battito fetale c’è Baby Voice, è un’ app per iPhone che permette alle mamme di ascoltare il battito cardiaco del bambino tramite il microfono dell’iPhone o iPad. Ma non è tutto perché una volta diventate mamme c’è un nuovo mondo da esplorare e conoscere insieme al bambino. E allora come comportarsi quando il piccolo piange? E quando dorme in un’altra stanza? E ancora, quando arriva il momento dello svezzamento quali sono le “regole” da seguire? Anche in questi casi la tecnologia non si è fatta attendere e sono arrivate delle applicazioni facili e specifiche per ogni momento. EasyBabyBReastfeed è l’app per le mamme che desiderano avere informazioni sull’alimentazione del bebè, forniscono delle indicazioni per l’allattamento al seno, artificiale o misto. Per il periodo dello svezzamento c’è sia iMeal, un’app che aiuta le mamme con consigli e ricette settimanali affinché i piccoli possano seguire una dieta corretta, c’è iMum che rispetto alla pretendente ha anche una sezione
  • 25. 25 con i consigli della Tata e un grafico con le curve di crescita per controllare se il proprio figlio mangia a sufficienza. Mammissima, invece, è l’app gratuita ideata da Coop Italia che offre numerosi consigli per nutrire, crescere ed educare i figli: ricette, controllo del peso per prevenire l’obesità infantile e i consigli di personale esperto in tematiche pedagogiche tutto in un’unica applicazione. Per avere un quadro preciso del lavoro notturno delle mamme c’è iWokeUp che fornisce un tracciato sull’andamento notturno del bambino: dal numero di poppate, al cambio di pannolino, il tutto registrato con tanto di orari. Sleep Pillow Sounds invece è stata pensata per i piccoli che piangono sempre e impediscono alle mamme di dormire e grazie ai diversi suoni rilassanti aiutano le mamme a calmare il proprio bambino. E se il piccolo dorme nella stanza accanto? C’è Baby monitor & Alarm, un’app che ha mandato in pensione il vecchio interfono! Dopo il parto oltre a badare al nuovo arrivato è importante per le mamme anche trovare un po’ di tempo da dedicare per il proprio benessere fisico. Nessun problema ci pensa iMamma Workout, che consente alla neo mamma di ritrovare una perfetta forma fisica grazie a degli esercizi da eseguire quando il bambino dorme, suddivisi in tre livelli d’allenamento tenuti sotto controllo da un’agenda che monitorizza l’andamento giornaliero. E gli esperti cosa ne pensano di queste applicazioni che si moltiplicano e appassionano sempre di più le mamme 2.0? Abbiamo chiesto il parere autorevole della dottoressa Novella Russo, ginecologa presso la Clinica Valle Giulia di Roma, che ha spiegato: “Le nuove app stanno invadendo il mercato degli smartphone e non utilizzarle vuol dire essere out dalle novità delle nuove tecnologie. Parliamo di applicazioni studiate per coprire tutti i fabbisogni dei vari momenti della vita della donna ed effettivamente possono essere di grande utilità. L’importante è riuscire a servirsene bene ed impiegarle nella giusta situazione, dunque, con cognizione di causa. Ed è proprio qui che vengo al punto principale: sarebbe molto importante e proficuo che anche i medici le conoscessero e le illustrassero alle donne che decidono di utilizzarle. L’utilità delle app è insita nella capacità dell’utente, nel nostro caso la donna, di poterne beneficiare con la giusta comprensione di quanto avviene e con la possibilità di dare la giusta importanza alle situazioni che si discostano da quanto previsto dal sistema. Sì, perché vi è il rischio che si possano ingigantire alcune situazioni e sminuire il significato di altre. Ecco dunque dove subentra il ruolo del medico che deve facilitare e fare da interprete dei fenomeni registrati. In quest’ottica, ben vengano le app che aiutano a portare il calendario di determinati eventi o che fanno cultura perché potranno restare da supporto all’operato del medico. Tuttavia, resta fondamentale il ruolo del medico nell’indirizzare la donna verso una giusta scelta e nell’interpretare determinati fenomeni. In barba alla tecnologia, il rapporto umano medico- paziente non potrà mai essere sostituito da alcuna app o robot. Il cosiddetto intuito clinico non potrà mai essere superato dalla tecnologia e gli strumenti di cui ci serviamo al massimo possono confortare una diagnosi o indirizzare ad un orientamento terapeutico”.
  • 26. 26 La maternità in Italia Il momento della maternità è un mix di emozioni che per circa i 9 mesi di gestazione rende le donne particolarmente radiose, ci sono “future mamme” che per la gioia di aspettare un bambino decidono di condividere l’evento con il mondo che le circonda. E le celebrità italiane e internazionali lo sanno bene tant’è che alcune si fanno immortalare con scatti professionali che fanno il giro del pianeta, come ha fatto di recente una delle più belle voci al livello mondiale, Alicia Keys, altre invece, preferiscono mostrare le immagini del loro pancione sui social network. C’è anche chi annuncia la notizia del lieto evento attraverso i media, come ha fatto di recente Silvia Toffanin, compagna di Piersilvio Berlusconi che in diretta tv ha rivelato di aspettare il secondo figlio. Diverse sono le vip italiane che sono diventate, e che diventeranno, mamme nel 2015: secondo bebè per il calciatore Federico Balzaretti e l’etoile dell’Opera di Parigi, Eleonora Abbagnato, per il cantautore Eros Ramazzati e Marica Pellegrini, la conduttrice Michelle Hunziker e Tommaso Trussardi, primo figlio invece per la showgirl Elisabetta Canalis e Brian Perri, per l’attrice Laura Chiatti e l’attore Marco Bocci e per Michela di Biase moglie del politico Dario Franceschini. Qual è il quadro completo sulla maternità italiana? Secondo i dati dell’Istat, sono circa 500 mila le donne che ogni anno in Italia diventano mamme, con un’età media al primo parto di 31,5 anni e una media di 1,29 di figli: nel 2013 sono nati 514.308 bambini, quasi 20 mila in meno rispetto all’anno precedente. Oggisemprepiùspessosidiventamammeperlaprimavolta in età adulta. La conferma è arrivata dagli ultimi dati Istat secondo i quali, diventare mamme a 40 anni rappresenta oggi il12% del totale delle partorienti, passando dal 2010 al 2013, da 34.770 a 39.835. Le donne che hanno partorito un bambino a 45 anni o più, invece, nel 2013 sono state 2.983. In dolce attesa, all’età di 43 anni, è il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin che ha da poco dato alla luce due gemelli. Secondo gravidanza, all’età di 41 anni per l’attrice Luisa Ranieri, moglie di Luca Zingaretti; anche la showgirl Barbara Chiappini è in attesa del secondo figlio a 40 anni. La maggior parte delle mamme definite “primipare attempate” si trova nel nord ovest d’Italia, con una percentuale pari al 27% e nel centro con il 26%. È invece diminuito il numero di baby mamme che mettono al mondo il primo figlio appena maggiorenni: nel 2013 sotto i 19 anni sono state 8.085, un calo del 17% rispetto a tre anni prima (1.732 in meno). Le madri con meno di 18 anni, invece, sono state 1.922. In generale le mamme giovanissime vivono soprattutto nel sud e nelle isole (60,4%), mentre nel nord-ovest sono il 16,6%, nel nord-est il 10,3% e nel centro il 12,7%. Secondo l’ultimo rapporto Cedap, “Certificato di assistenza al parto”, con un ritardo temporale di qualche anno rispetto alla data di uscita (l’edizione 2015 riporta i dati del 2011), è emerso che le donne per partorire scelgono l’ospedale pubblico, lo preferiscono quasi 9 su 10 tant’è che circa l’88% dei parti è avvenuto negli Istituti di cura pubblici ed equiparati, l’11,9% nelle case di cura private (accreditate o non accreditate) e solo lo 0,1% altrove. Naturalmente nelle Regioni in cui è rilevante la presenza di strutture private accreditate rispetto alle pubbliche, le percentuali sono sostanzialmente diverse. Il 61,8% dei parti si svolge in strutture dove avvengono almeno 1.000 parti annui. Tali strutture, in numero di 191, rappresentano il 33,7% dei punti nascita totali. Il 9,5% dei parti ha luogo invece in strutture che accolgono meno di 500 parti annui. L’Italia al livello europeo si conferma il Paese con il più alto ricorso al taglio cesareo: il 36,7% del totale con una maggiore prevalenza del Mezzogiorno rispetto alle altre regioni italiane. Si stima che un’elevata propensione all’uso del taglio cesareo avviene nelle case di cura accreditate in cui si registra tale procedura in circa il 56,9% dei parti contro il 33,9% negli ospedali pubblici. Il parto cesareo è più frequente nelle donne con cittadinanza italiana rispetto alle donne straniere: si ricorre al taglio cesareo nel 28,2% dei parti di madri straniere e nel 38,6% nei parti di madri italiane. Sempre secondo le ultime rilevazioni Istat, oggi le donne sono molto attente alla salute durante la gravidanza tant’è che il quasi il 75% smette di fumare nel periodo di gestazione, quasi il 10% in più rispetto alla precedente rilevazione.
  • 27. 27 Positivisonoanchegliultimidatisull’allattamento, rispetto al 2005 sono aumentate le donne che allattano al seno. In otto anni la percentuale è passata dall’81,1% all’85,5%. Quando si parla di maternità, è importante anche affrontare il tema sulla conservazione del sangue del cordone ombelicale. Negli ultimi anni in Italia, nonostante la legislazione vigente impedisca la creazione di bio-banche autologhe private sul territorio nazionale, ma riconosce il diritto alle madri della conservazione autologa (utilizzo privato) presso banche di crioconservazione estere, la scelta di conservare le cellule staminali è un fenomeno di discussione in quanto sono sempre di più le mamme interessate e che al momento del parto decidono di aderire per un eventuale, futura cura dei propri figli. Tra i personaggi del mondo dello spettacolo, la conduttrice Federica Panicucci, moglie di Dj Fargetta, è stata una delle prime mamme in Italia ad aver scelto, alla nascita della primogenita Sofia nel 2005, di conservare le cellule staminali del cordone ombelicale in una banca estera. Anche altre colleghe, come Ambra Angiolini, Jastine Mattera e l’etoile dell’Opera di Parigi Eleonora Abbagnato, hanno deciso di fare un regalo ai propri figli. Eleonora Abbagnato è diventata di nuovo mamma di un bel maschietto che con il marito, il calciatore Federico Balzaretti, ha deciso di chiamare Gabriel. Come aveva già fatto con la primogenita Julia, anche questa volta si è affidata a Stemway Biotech per la conservazione delle cellule staminali. “È molto importante non sprecare questo prezioso patrimonio biologico in occasione della nascita di un figlio. Credo sia un’opportunità terapeuta in più che viene messa a disposizione di tutti noi”. Queste le parole dell’Etoile di Parigi in un’intervista rilasciata alla rivista Vanity Fair. La multinazionale Stemway Biotech,è una knowledgement company europea con sede in Inghilterra e che opera in Italia dal 2007, attraverso la quale gli assistiti possono avere accesso ad una particolare e innovativa forma di prevenzione a condizioni di favore. Abbiamo intervistato il dottor Paolo Rubini vice presidente Stemway Biotech, il quale ha spiegato qual è oggi l’andamento in Italia sulla conservazione delle cellule staminali. “In Italia oggi il settore della conservazione autologa delle cellule staminali soffre della mancanza di un’adeguata e corretta informazione - ha spiegato Rubini - La legge italiana ha posto un monopolio pubblico sulla materia, diversamente da quasi tutti i Ministeri della salute dei principali Paesi europei, rendendo possibile solo la conservazione dei campioni donati. In questo caso il donatore non potrà in futuro averne disponibilità in caso di bisogno ma potrà solo sperare di trovare un campione compatibile tra quelli conservati, che sono solo il 9% di quelli donati. Quindi, chi afferma che donando si ha il 98% di probabilità di ritrovare il proprio campione, fornisce una informazione falsa. Nonostante tutti questi ostacoli, ogni anno più di 22.000 fortunate mamme che hanno avuto la possibilità di essere correttamente informate, decidono di conservare le cellule staminali dei propri figli”. Dottor Rubini, qual è la differenza tra donazione e conservazione? “La donazione è l’azione con la quale, in occasione della nascita del proprio figlio, i genitori decidono di cedere le cellule staminali del neonato ad una banca pubblica che le destinerà solo in ridottissima parte alla conservazione per fini di trapianto, destinandole invece ad altri utilizzi per il ben il 91% dei casi (dati Ministero Salute). Con la conservazione, invece, si ha la certezza di poter contare su un proprio patrimonio genetico da poter utilizzare, in futuro, per esigenze terapeutiche, disponibile immediatamente e senza le certezze e le attese della ricerca dei campioni da donatori richiede (normalmente 6 mesi, sempre che la richiesta vada a buon fine)”. Perchè il sangue del cordone ombelicale e le cellule presenti nel tessuto cordonale sono importanti? E che tipo di cellule staminali sono quelle del cordone ombelicale? “Il sangue cordonale è quello contenuto nel cordone ombelicale e che nel 95% delle gravidanze viene scartato dopo il parto. Quindi, chi lo conserva per la propria famiglia non toglie di certo nulla a nessuno. Questo sangue è importante perché contiene moltissime cellule staminali utilizzabili per scopi terapeutici. Non c’è nessun ostacolo di natura morale o etica alla loro conservazione, al loro impiego terapeutico. Nel 2006, per la prima volta, anche la Chiesa Cattolica ha preso ufficialmente posizione riconoscendo la validità scientifica e morale della conservazione ed utilizzo delle staminali cordonali. Nel tessuto cordonale sono invece presenti delle diverse cellule staminali denominate mesenchimali, che hanno un crescente utilizzo terapeutico in numerose patologie, stiamo parlando del presente della medicina e non del futuro!” Perchè conservare per uso familiare le cellule staminali ricavate dal cordone ombelicale? Quali sono i vantaggi? “Perchè è un’opportunità unica nella vita di un individuo, potendo scegliere di preservare le proprie cellule staminali
  • 28. 28 ad uno stadio che precede l’eventuale e malaugurata insorgenza di malattie. È del tutto evidente il vantaggio di poter disporre delle proprie cellule staminali nel caso ci si trovi ad affrontare una terapia che preveda un trapianto di cellule staminali. Evitare la ricerca affannosa di un donatore, cosa che purtroppo non sempre si conclude positivamente, nonché ogni rischio di rigetto o di infezione sono argomenti che da soli giustificano ampiamente questa scelta, oltre che aggredire le malattie con almeno 6 mesi di anticipo”. Le cellule staminali sono molto importanti per la cura di quali di gravi malattie? “Oggi i beneficiari di un trapianto di cellule staminali sono soprattutto i soggetti colpiti da alcune forme tumorali, in particolare i linfomi o le leucemie. Inoltre le cellule staminali sono utilizzate nella terapia dell’infarto miocardico e nel trattamento di pazienti che necessitano di trapianto di midollo. Numerose altre applicazioni terapeutiche sono in una fase sperimentale avanzatissima, ma, allo stato attuale, non sarebbe deontologico diffondere certezze sui tempi entro i quali queste ricerche sperimentali diverranno normali applicazioni terapeutiche. La comunità scientifica ritiene, comunque, molto probabile che le cellule staminali potranno essere usate per la cura di malattie quali: ricostruzione del midollo spinale danneggiato a seguito di un trauma, cura di malattie neurodegenerative (morbi di Parkinson e di Alzheimer), cura di malattie muscolo-scheletriche, cura di malattie degenerative della retina, della cornea, dell’apparato uditivo, cura di malattie metaboliche (per esempio il diabete) e ricostruzione ossea. In ogni caso, piuttosto che basarci sulle ridottissime informazioni fornite del Ministero della Salute italiano, suggerirei di leggere i dati di Eurostemcell, Termis (Tissue Engineering international & Regenerative Medicine), ISSCR (Internatinal Society forStemCellsResearch) E IPLASS (International Placenta Stem Cells Society)”. Occorre che il parto abbia luogo in prossimità del centro di conservazione prescelto? “Assolutamente no. Si può partorire in qualsiasi ospedale o clinica e procedere poi all’esportazione del campione nella banca estera prescelta. La normativa nazionale, infatti, consente la conservazione presso laboratori esteri autorizzati dai rispettivi Ministeri della Salute, accreditati e dotati di procedure di trattamento conformi agli standard internazionali di qualità e sicurezza e controllati dai medesimi Ministeri: chi sostiene il contrario mente sapendo di mentire!” Servono particolari autorizzazioni? “Sì. Per esportare il sangue del cordone ombelicale è necessario richiedere una semplice autorizzazione alla Direzione Sanitaria dell’ospedale dove avverrà il parto. StemWay BIOTECH Ltd fornisce ai propri clienti tutta l’assistenza e le istruzioni necessarie ad ottenerla in tempi brevi, supportando i propri clienti e le Strutture Sanitarie interessate dal parto in ogni eventuale esigenza”. Come avviene il prelievo? Si corrono dei rischi? “La procedura di raccolta del sangue presente nel cordone ombelicale prevede che, dopo il parto e successivamente al taglio dello stesso, venga inserito un ago per il prelievo del sangue che viene trasferito nella apposita sacca contenuta all’interno del Kit. Contestualmente, una piccola porzione del cordone ombelicale viene prelevata ed inserita in un apposito contenitore sterile. La raccolta può venire effettuata da qualsiasiprofessionistadelsettoresanitariopreventivamente informato. Non si corrono dei rischi perché il prelievo è un’operazione molto semplice, rapida e indolore che non comporta alcun rischio né per la madre né per il bambino”. Esistono casi in cui non è possibile effettuare il prelievo? “In caso di complicanze durante il parto, il personale medico deve sospendere qualsiasi procedura che non sia finalizzata ad assicurare la salute e la sicurezza della madre e del bambino. Ciò potrebbe comprensibilmente impedire la raccolta del campione, ma la nostra esperienza ci conforta nell’affermare che si tratta di casi rarissimi”. È possibile raccogliere il campione anche in caso di parto cesareo? “Certamente. La raccolta del sangue presente nel cordone ombelicale e del tessuto cordonale può essere effettuata sia in occasione del parto fisiologico, sia in presenza di parto per taglio cesareo e non comporta rischi nè per la madre nè per il bambino”. Non c’è nessun ostacolo di natura morale o etica alla loro conservazione, al loro impiego terapeutico. Anche la Chiesa Cattolica nel 2006 ne ha riconosciuto la validità scientifica e morale
  • 29. 29 Nel caso delle cellule staminali, quanto sangue è necessario prelevare? “La sacca sterile contenuta nel kit di prelievo va riempita il più possibile in quanto maggiore è la quantità di sangue raccolto e maggiore sarà il numero delle cellule prelevate. StemWay BIOTECH Ltd, per proprie regole di condotta etica e morale, non processa campioni di sangue inferiori ai 20 ml. in quanto, allo stato delle attuali conoscenze tecniche e scientifiche, il numero di cellule staminali presenti potrebbe non essere in grado di assicurare una efficace terapia. In ogni caso, qualora i genitori volessero procedere alla conservazione anche di quantità di sangue inferiori a 20 ml., StemWay BIOTECH Ltd potrà procedere solamente a fronte di esplicita e formale autorizzazione da parte dei genitori”. E nel caso di parti gemellari? “Bisognerà utilizzare due KIT di raccolta, da richiedere prima possibile a StemWay BIOTECH Ltd. ed avvalersi delle condizioni economiche di favore previste”. Come avviene il trasporto dall’ospedale al laboratorio prescelto? E in quanto tempo il sangue deve arrivare in laboratorio? “Il campione di sangue deve essere trasportato nell’apposito KIT che viene fornito da StemWay BIOTECH Ltd. Il KIT di trasporto è conforme alla procedura IATA PI 650, che è lo standard internazionale per la spedizione e il trasporto di campioni diagnostici. La lavorazione del campione può essere effettuata entro 72 ore dal parto ma i migliori risultati si ottengono con processi di separazione cellulare effettuati entro le prime 48 ore. StemWay BIOTECH Ltd effettua l’80% delle lavorazioni dei propri campioni di sangue entro le prime 24 ore”. Per quanto tempo possono essere conservate le cellule e perchè? “Ad oggi ha senso conservare le cellule per i primi 25 anni, ma vi sono chiare ricerche scientifiche ed empiriche che un campione correttamente conservato è idoneo all’utilizzo anche dopo 25 anni, questo però solo se le cellule sono state preventivamente separate dal sangue come facciamo noi. Sono stati eseguiti numerosi studi per determinarne la vitalità dopo prolungati periodi di conservazione e i risultati danno una sicurezza di vitalità per almeno 25 anni. In futuro sarà probabilmente possibile avere maggiori informazioni sulla efficacia del congelamento anche per tempi più lunghi ma, ad oggi, non riteniamo serio e corretto proporre e far pagare ai nostri clienti periodi di conservazione superiori a 25 anni”. Perchè affidarsi a StemWay BIOTECH Ltd? “Perchè StemWay BIOTECH Ltd non è una società che offre esclusivamente i servizi di crio-conservazione delle cellule staminali ma anche una completa informativa su tutti gli aspetti scientifici e medici del settore. Inoltre, i laboratori dove vengono conservate le cellule staminali sono tra i più moderni in Europa, con le più rigide certificazioni in materia di standard di qualità. Altra particolarità della società è quella di suddividere i singoli campioni in due sacche, al fine di eliminare il rischio di una perdita totale del campione. Inoltre, i protocolli di separazione e di crio-conservazione delle cellule, parte qualificante del processo di stoccaggio, sono tra i più efficaci esistenti ed utilizzati e testati su più di 100.000 campioni. Perché sebbene StemWay BIOTECH Ltd sia una società Inglese, tutta la documentazione viene fornita ai diversi clienti nella propria lingua ed il contratto di servizio viene sottoposto alla normativa della nazione di residenza del cliente”. Come aderire al servizio di StemWay BIOTECH Ltd? E qual è il costo? “Una volta deciso di aderire al servizio di StemWay BIOTECH Ltd, i futuri genitori devono richiedere il KIT predisposto dalla Società, effettuando il pagamento dell’acconto di Euro 290. Nei giorni successivi al pagamento, riceveranno il KIT nel quale saranno contenute anche tutte le istruzioni per ottenere l’autorizzazione all’esportazione del sangue del cordone ombelicale, la documentazione necessaria, nonchè le istruzioni per effettuare la raccolta da parte del personale medico. Noi consigliamo di richiedere il KIT prima possibile e di informare e concordare con la Struttura Sanitaria prescelta per il parto le modalità di prelevamento. Al momento del ricovero, bisognerà ricordarsi di portare con sé il KIT e di consegnarlo alla persona incaricata del prelievo. A prelievo avvenuto, si dovrà contattareilnumeroditelefonoindicatonel KIT e seguire le istruzioni precedentemente concordate per il ritiro da parte dei nostri addetti. In questa fase, così come in ogni altro momento, i genitori potranno contattare il CUSTOMER CARE di StemWay BIOTECH Ltd per ogni supporto o comunicazione. Giunto nei laboratori il campione di sangue verrà trattato con le più moderne tecnologie. La nostra società separa le cellule staminali dal sangue ed effettua i test virali anche sul sangue materno: non tutte le altre società operano in questo rigoroso modo. I nostri servizi prevedono tutti la Crio-conservazione delle cellule staminali e la Consulenza Medica per 25 anni. Vorrei ricordare che il cliente pagherà l’importo previsto solo in caso di successo della conservazione del campione, mentre nulla sarà dovuto, oltre all’acconto previsto, in caso di conservazione non possibile.” Per ulteriori informazioni il sito internet è: http://stemwaybiotech.com In sostanza, la conservazione del sangue del cordone ombelicale è un atto d’amore e un regalo inestimabile che una mamma può fare nei confronti dei figli e della propria famiglia. Oggi sono tante le malattie che si possono curare con le cellule staminali e in futuro saranno ancora di più grazie ai progressi della scienza che fanno ben sperare.
  • 30. 30 Genitori non si nasce, si diventa. La depressione post parto: sintomi, cause e soluzioni. Ne abbiamo parlato con la psicoterapeuta Marinella Cozzolino Per nove mesi la donna vive una serie di emozioni e sbalzi ormonali che caratterizzano l’attesa. La curiosità di vedere “in faccia” per la prima volta il proprio bambino è sicuramente l’aspettativa maggiore. Molte sono le domande che le future mamme si pongono: andrà tutto bene? Sarò in grado di accudire mio figlio nel modo giusto? Ecco, quest’ultima domanda, dove il ruolo genitorialevienemessoindiscussione,èquellapiùricorrente nelle menti di chi aspetta il primo figlio e se la donna non venisse rassicurata, supportata e seguita soprattutto nella fase iniziale, rischierebbe di incorrere in una malattia che non deve essere sottovalutata: la depressione post partum. Secondo i dati del Ministero della Salute, la depressione post partum è una patologia che colpisce l’8-12% delle neomamme, generalmente alla nascita del primo figlio, esordendo tra la 6ª e la 12ª settimana dopo la nascita, ma, se riconosciuta, può risolversi in tempi brevi. In Italia si può stimare che su 576.659 nascite all’anno almeno 46.000 donne possono soffrire di DPP (dati ISTAT 2008). La DPP rappresenta un problema importante di salute pubblica se si considerano la sofferenza soggettiva della donna e dei suoi familiari, nonché le limitazioni e i costi diretti e indiretti dovuti alla compromissione del suo funzionamento personale, sociale e lavorativo. Il disturbo interferisce anche con le capacità della donna nell’instaurare un primo rapporto con il suo bambino. Il 67% delle madri depresse, infatti, ha difficoltà di interazione e attaccamento. L’interscambio è stato riconosciuto come essenziale per un’efficace relazione madre-bambino, capace di prevenire le conseguenze a lungo termine sullo sviluppo cognitivo, sociale ed emotivo del bambino. Questa patologia si differenzia sia dal maternity blues o baby blues che è un periodo transitorio molto frequente, un momento fisiologico dalla durata di circa 2 settimane post parto, che colpisce circa il 70% delle neomamme, che dalla psicosi post parto, che invece è la fase più acuta della depressione e colpisce 1 caso ogni 1000 nascite. Anche il baby blues si presenta con sintomi della depressione, quali ad esempio l’instabilità o sbalzi emotivi, facilità al pianto, mancanza di energie, senso di inadeguatezza e pensieri pessimistici, dubbi e timori circa
  • 31. 31 la capacita di prendersi cura del bambino, sentimenti ambivalenti verso il bambino, senso di colpa, ansia, sentirsi prive di valore, disturbi del sonno e dell’alimentazione, ma non permangono nelle menti delle mamme per tutto l’arco della giornata come invece avviene con la psicosi puerperale. Le donne che ne soffrono presentano stati di grande confusione e agitazione, gravi alterazioni dell’umore e del comportamento, spesso allucinazioni e deliri. Ad oggi, le cause della depressione post partum non sono ancora molto chiare, ma esistono dei fattori di rischio che possono far insorgere la malattia e sono: ormonali, (di tipo sessuale e tiroideo), biologici, psicologici (una personalità con bassa autostima o perfezionista), sociali (giovane età, inesperienza e mancanza di aiuto e sostegno), o anche dovuti alla presenza di persone nel nucleo familiare che hanno sofferto di depressione, solitudine, conflitti con il partner, abuso di sostanze, condizioni socio economiche sfavorevoli e ansia durante la gravidanza. Numerose ricerche hanno dimostrato che le donne in gravidanza possono soffrire di disturbi dell’umore: si stima che ne soffra almeno il 16 % delle puerpere italiane e che circa il 40% delle donne che presentano depressione nel post parto era già depressa durante la gravidanza. Ma il 90% delle pazienti che vengono sostenute preventivamente, rispondono con successo alle terapie. Le cure possono consistere nella psicoterapia e nella partecipazione a terapie di gruppo con donne che manifestano gli stessi sintomi. Puòcapitare,però,cheladepressionevengadiagnosticata in ritardo a causa di una sbagliata interpretazione dei sintomi, oppure dalla vergogna da parte della neomamma a parlare del problema o addirittura il non ammettere di stare male. Il ritardo del trattamento della malattia può dare delle conseguenze quali un recupero incompleto, un aumento delle conflittualità familiari o una compromissione della relazione con il bambino. La depressione post partum, quindi, a seconda della forma nella quale si presenta, necessita di trattamenti psicologici adeguati e specifici. Il primo passo è quello di ammettere a se stesse che potrebbe essersi presentato il problema ed è quindi indispensabile confrontarsi con le altre mamme, con amici o familiari e rivolgersi, quanto prima, ad uno specialista per trovare una soluzione. Abbiamo intervistato la dottoressa Marinella Cozzolino, psicologa e psicoterapeuta la quale ha spiegato che: “Un paio di giorni di calo del tono dell’umore è normale, anzi direi necessario, perché è come un’autoterapia per la donna:laneomammahabisognodiesternareisuoipensieri, le sue emozioni, che siano gioie e dolori, e condividerli con chi le sta accanto. È quando i pensieri vengono coperti, repressi e diventano sempre più negativi che si può parlare di un problema depressivo che deve essere affrontato in tempo per non permettergli di degenerare”. Il fenomeno è in crescita. Si stima che circa il 70% delle donne soffra di una leggera forma di depressione e invece oltre il 10% di una psicosi post parto. Perché spesso le donne, dopo un periodo di attesa, anziché sentirsi felici per la nascita del proprio bambino, si sentono improvvisamente tristi con una gran voglia di piangere? “Le motivazioni sono tantissime, innanzitutto durante i 9 mesi di attesa si parla solo dell’aspetto bello dell’arrivo di un bambino e molto poco invece di quanto possa essere più o meno doloroso il parto, l’allattamento e di tutte quelle variabili alle quali andrà incontro, all’improvviso, la neomamma con la nascita del bambino. Non dimentichiamo che, con l’arrivo del primo figlio, c’è anche l’acquisizione di un ruolo: avviene il passaggio da figlio a genitore. Il bambino ha quindi una missione ed ecco che al momento del parto vengono fuori quegli aspetti negativi non affrontati prima. L’arrivo di un figlio cambia la vita perché il bambino non concede più quella libertà e spensieratezza alle quali la donna era abituata e così in lui si vede un limite e inizia a venire fuori un forte senso di responsabilità. “Un paio di giorni di calo del tono dell’umore è normale, anzi direi necessario, perché è come un’autoterapia per la donna”
  • 32. 32 Dal momento in cui la donna partorisce diventa consapevole del fatto che deve fare attenzione al bambino con compiti ben precisi soprattutto nei primi mesi di vita, in cui sarà completamente assorbita da tutti gli impegni tipici dell’infanzia quali, ad esempio, visite, vaccini, poppate e quant’altro. Insomma, una serie di responsabilità forti che investono la mamma all’improvviso e che, in una situazione di normalità, sono affrontate con tranquillità, ma quando si verificano delle condizioni avverse la situazione può diventare complicata. Ad esempio non tutti i figli purtroppo sono desiderati, in questo caso entrano in gioco altri fattori che devono essere affrontati, poi ci sono partner assenti, mamme e suocere insopportabili, in queste condizioni la donna si sente confusa e prevalentemente sola e il legame con il bambino diventa difficile, portando la mamma a pensare che la maternità non era facile come l’aveva immaginata”. Quali sono i rimedi più efficaci? “Il rimedio numero uno è il partner che deve essere innanzitutto comprensivo, deve contenere le ansie della moglie e soprattutto deve essere capace di ascoltarla e non farla sentire inadeguata perché è la mamma che deve dare la forza al bambino, forza che acquisisce grazie al supporto e sostegno del proprio compagno. Se la neomamma ha delle insicurezze non deve cadere nella trappola dell’inadeguatezza. La prima cosa da seguire è l’istinto, in un secondo momento è consigliato affidarsi ad una figura di riferimento al di fuori del nucleo familiare, io suggerisco sempre il pediatra, un professionista vicino alle idee della mamma. Quindi per evitare di sentire troppe voci che potrebbero insinuare nella donna il dubbio di sbagliare, io consiglio di scegliere un pediatra che sappia guidare la neomamma nel nuovo percorso. Un altro elemento importante che alimenta la depressione è la solitudine, i figli tendono a portare all’isolamento, soprattutto se si è abituati ad una vita sociale molto attiva: in questo caso la donna deve essere consapevole che la vita rispetto a qualche mese prima è cambiata ma perché il bambino non diventi colpevole del cambiamento è opportuno che la mamma mantenga, nel limite del possibile, le relazioni sociali a cui era abituata”.
  • 33. 33 Quanto è importante che la neo mamma sia messa in condizione di aprirsi e parlare? “È fondamentale perché è un segno di grande fiducia che viene dato alla neomamma che si sente libera di parlare senza correre il rischio di essere additata come incapace e infantile. È quindi importante instaurare un buon rapporto soprattutto con il partner, facendolo sentire parte integrante della nuova vita e coinvolgerlo nel rapporto con il bambino, io consiglio di trovare delle strategie comuni e una suddivisione dei compiti e se la mamma non è perfetta agli occhi del compagno, pazienza, lui non può che esserne contento”. Un ritardo diagnostico di un disturbo dell’umore, dall’ansia alla depressione, può avere importanti ripercussioni sulla donna e sul nascituro? “Sì perché è scientificamente provato il bambino, sin da quando è feto e fino ai 18 mesi, assorbe tutte le emozioni della madre e quindi è importante che la donna sia serena per trasmettere tranquillità al figlio”. La tempestività quindi è fondamentale per guarire? “Certo, ovviamente le persone non hanno molta dimestichezza con la psicologia perché è più difficile individuare il sanguinamento dell’anima rispetto a quello che sono invece le malattie fisiche, non è facile capire i sentimenti, le paure e la vulnerabilità psicologica delle nuove mamme. Spesso si pensa che è solo un momento ed invece è importante non sottovalutare nessun sintomo e capire quando la donna tende a chiudersi, quando non ha forza a sufficienza per andare avanti nell’arco della giornata, quando ha poca gioia e scarso entusiasmo, ecco, questi sono dei campanelli d’allarme importanti che devono far capire che la neomamma sta vivendo un problema che deve essere risolto prima che porti a delle conseguenze difficili da gestire. L’importante è non lasciare sola la donna e permetterle di aprirsi senza giudicarla e senza minimizzare quello che sta provando in quel momento”.
  • 34. 34 Donna e salute: l’importanza del pavimento pelvico dopo il parto Il pavimento pelvico o perineo è un’entità funzionale del corpo femminile che comprende tutte quelle strutture anatomiche, quali muscoli, legamenti e fasce connettivali, che cooperano in sinergia tra loro per svolgere alcune specifiche funzioni. Dal punto di vista anatomico, il pavimento pelvico è composto da: il pelvi (sacro, coccige, ileo, ischio e pube), il supporto muscolare, le strutture fasciali pelviche e le strutture di sostengo della vagina e dell’utero. Quindi, è la zona che chiude il bacino verso il basso e svolge l’importante funzione di sostenere gli organi pelvici come l’utero e la vescica. Purtroppo, la nostra cultura ancora carica di tabù sulla zona genitale, è responsabile di una specie di vuoto nel nostro schema corporeo per cui questa parte è quasi come se non esistesse. Poiché diversi fattori socio-culturali e di conseguenza, comportamentali, hanno allontanato la donna da questa parte del suo corpo, una fase importante del trattamento riabilitativo è quella della rieducazione attraverso la quale la donna può prendere coscienza del proprio corpo, imparare ad ascoltarlo e a prendersene cura in maniera costante. L’informazione sulle funzioni e sull’importanza di questa parte del corpo femminile è stata per anni ignorata e poco diffusa, ma oggi finalmente si è raggiunta la consapevolezza di quanto è importante per la salute della donna il benessere di questo organo dato da una giusta tonicità e abilità di movimento che influisce notevolmente sul suo buon funzionamento. Una scarsa dimestichezza con il proprio pavimento pelvico significa, infatti, la progressiva e inevitabile perdita di tonicità, sensibilità e controllo dello stesso. La grande maggioranza delle donne riscopre, generalmente, questa parte quando si verificano i seguenti casi: nel momento del parto quando un perineo non adeguatamente preparato viene sottoposto a episiotomia o subisce fastidiose lacerazioni, o nel post-parto, quando molte neo-mamme si trovano a fare i conti con i fastidiosi problemi di incontinenza che, se non trattati, potrebbero
  • 35. 35 La riabilitazione perineale rappresenta un metodo efficace e di prima istanza nel recupero, prevenzione e trattamento di incontinenza, prolasso, dispareunia. é consigliabile per ogni donna eseguire un ciclo riabilitativo perineale a distanza di 6/8 settimane dal parto diventare molto seri in terza età. E allora, come agire e come evitare, o limitare, questi inconvenienti? Il primo passo è quello di rivolgersi ad un esperto, solitamente la figura è quella di un’ostetrica specializzata, per seguire un trattamento di riabilitazione. La fase più importante del programma di riabilitazione perineale è la presa di coscienza delle molteplici competenze di questa parte del corpo, è un passaggio fondamentale senza il quale non è possibile riabilitare i muscoli, in cui riveste un ruolo importante il rapporto ostetrica-paziente. La gravidanza ed in particolare il parto espletato per via vaginale possono comportare modificazioni peggiorative a carico delle strutture statiche e dinamiche del pavimento pelvico, creando i presupposti per la comparsa di molteplici disturbi legati al perineo (incontinenza, prolasso, dispareunia). Le tecniche di riabilitazione perineale rappresentano un metodo di trattamento efficace e di prima istanza nel recupero, prevenzione e trattamento di questi sintomi. A prescindere dal tipo e modalità di parto ogni donna dovrebbe eseguire un ciclo riabilitativo perineale a distanza di 6/8 settimane dal parto. La riabilitazione consiste in una vera è propria fisioterapia che ha come obiettivo primario il miglioramento delle “performances” perineali. Le tecniche riabilitative sono rappresentate principalmente dalla Chinesiterapia Pelvi–Perineale (CPP), il biofeedback (BFB) e la stimolazione elettrica funzionale (SEF). I vantaggi della riabilitazione perineale sono dati anche dalla semplicità dell’esecuzione e dall’assenza di effetti collaterali. Il raggiungimento di buoni risultati dipende sia dalla durata che dall’efficacia del trattamento e da elementi legati al tipo ed entità del disturbo del paziente. È possibile anche continuare il trattamento con un lavoro “fai da te” in quanto si tratta di semplici esercizi che aiuteranno a mantenere la tonicità del muscolo perineale nel tempo. La zona perineale è strettamente legata alla sessualità che influisce molto sul giusto funzionamento di questo organo. Già da anni è stato dimostrato che un buon muscolo migliora la percezione e quindi la qualità della sessualità. La riabilitazione perineale rappresenta ormai un importante approccio anche ad altre disfunzioni uro-ginecologiche tra le quali vanno sicuramente segnalate l’incontinenza fecale e la stipsi. È stato definito “il muscolo più nascosto” e il “muscolo della felicità”, quindi riabilitare il pavimento pelvico significa semplicemente restituire un’abilità, un potere che si presume perduto ma che si può riattivare per la salute e il miglioramento della qualità di vita della donna. Offrire l’opportunità di avere una maggiore consapevolezza di questi muscoli che, se tonificati possono migliorare il loro benessere e quindi la qualità della vita femminile, permette al corpo e alla donna di ritrovare un potere ed un sapere prezioso per la sua salute, perché è intimamente legato alla sua femminilità.
  • 36. Coopsalute è una cooperativa che nasce dalla volontà di costituire un unico punto di incontro tra la domanda e l’offerta di prestazioni e servizi socio- sanitari-assistenziali. Peculiarità di Coopsalute è infatti quella di stipulare accordi e convenzioni con società di Mutuo Soccorso, Casse di Assistenza, Fondi Sanitari e Compagnie di Assicurazione da un lato e Cooperative, Società di Servizi e liberi professionisti dall’altro. Essere Cooperativa significa agire insieme per il benessere dell’ individuo e il miglioramento della qualità della vita, in un’ottica solidaristica e mutualistica. Il primo network italiano dedicato all'assistenza domiciliare e a tutti quei servizi pensati e costruiti intorno alle esigenze dell'utente. Coopsalute Soc. Coop. info@coopsalute.org www.coopsalute.org Nello scenario socio-economico attuale, riveste un ruolo sempre più di rilievo l’assistenza domiciliare, rivolta ad anziani, disabili, malati e a chiunque si trovi a vivere particolari condizioni di fragilità. Per agevolare il paziente e la sua famiglia in termini di confort e privacy, è importante che tale prestazione sia svolta nel rispetto e nel mantenimento delle massime condizioni qualitative e con assoluta professionalità. Coopsalute assicura tali peculiarità, mediante un’accurata selezione su tutto il territorio nazionale degli erogatori di tali prestazioni, per poter poi formulare pacchetti di prestazioni e servizi ad hoc, da offrire ai suoi convenzionati. Monitorandocostantementeilmercato e i suoi mutamenti e i cambiamenti dei bisogni della collettività, Coopsalute, plasmandosi attorno ad essi, riesce a fornireprestazionisempreinnovative e attuali garantendo anche il costante supporto della sua Centrale Salute H24. Coopsalute, convenzionata tra l’altro con oltre 20 Fondi Sanitari, casse di Assistenza e Società di Mutuo Soccorso, fruitori dei suoi servizi, intende proseguire la sua crescita, divenendo il principale punto di riferimento per tutti gli attori dello scenario socio-sanitario- assistenziale, il “regista” attraverso il quale le parti si incontrano, nel soddisfacimento di bisogni condivisi. 800 598 635 Centrale Cooperativa (riservato agli Assistiti) 06 90198069 info e ufficio convenzioni aderente A aderente B aderente C aderente D ade ade ade ade aderente A aderente B aderente C aderente D aderente A aderente B aderente C aderente D L'assistito si affida a Coopsalute per la propria esigenza sanitaria. Coopsalute si occupa di reperire, all'interno del suo network, le prestazioni richieste. L'assistito usufruisce del servizio adatto alle proprie necessità.
  • 37. 37 a cura di Manuela Fabbretti La vaccinazione per la prevenzione contro la meningite La meningite è un’infiammazione delle membrane (le meningi) che avvolgono il cervello e il midollo spinale. La malattia è generalmente di origine infettiva e può essere virale, batterica o causata da funghi. La forma virale, detta anche meningite asettica, è quella più comune: di solito non ha conseguenze gravi e si risolve nell’arco di 7-10 giorni. Il termine meningite asettica si riferisce genericamente a tutti i casi di meningite in cui nessuna infezione batterica può essere dimostrata. È generalmente dovuta a virus ma può essere anche il risultato di infezioni batteriche che sono già state parzialmente trattate, con scomparsa dei batteri dalle meningi, o da infezione presente in uno spazio adiacente alle meningi (sinusite ad esempio). La forma batterica invece è più rara ma estremamente più seria, e può avere conseguenze fatali. La sepsi ad esempio, infiammazione sistemica causata dalla presenza dell’organismo nel sangue, può essere una conseguenza molto grave della meningite. La sua severità (a secondo del patogeno) può andare da una modesta febbricola che si risolve spontaneamente, sino a quadri con shock settici che possono evolvere in esito fatale. In Italia dal 1994 è attivo un sistema di sorveglianza nazionale dedicato alle meningiti batteriche che negli anni successivi si è ampliato a includere tutte le malattie invasive da meningococco, pneumococco ed emofilo (i batteri più frequentemente responsabili di sepsi). La sorveglianza è coordinata dall’Istituto Superiore di Sanità ed è estesa a tutto il territorio nazionale. Il quadro clinico di una meningite acuta è costituito dai seguenti sintomi: - irrigidimento della parte posteriore del collo (rigidità nucale) - febbre alta - mal di testa - vomito o nausea - alterazione del livello di coscienza - convulsioni. La sintomatologia varia in base all’agente di causa, alla velocità di insorgenza e allo stato del paziente: a volte, nei