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ACCADEMIA GIROLAMO ANGERIANO
ARIANO IRPINO
CENTRO LATINITATIS
ARIANO IRPINO
GIOVANNI ORSOGNA
Diacono
P. NICOLA FLAMMIA,
L’UOMO, IL SACERDOTE,
LO STORICO, IL CRITICO.
Celebrazioni del centenario della morte
1917-2017
Quaderni n. 2 Edizioni Parco Giuridico-Letterario
P. S. MANCINI, LAURA BEATRICE OLIVA
F. De Sanctis – Maria Teresa Arenaprima
Biografia dell’Anima
P. NICOLA FLAMMIA
Figura 1Ariano di Puglia ai tempi di P. Flammia
“Nati non siamo a viver come bruti
Ma per seguir virtute e conoscenza”
Dante Alighieri, Divina Commedia
“Ben disposto verso il prossimo, ha difficoltà relazionale, per una
certa chiusura in se stesso, una certa insicurezza e pigrizia.
Buona intelligenza, la logica e l’attitudine alla riflessione.
Buone le capacità d’intraprendenza.
Vulnerabile su piano erotico che non è disgiunto però dall’affettività”
Nel pieno dell’energie intellettuali, ma fiaccato da una malattia
portata avanti con rassegnazione, anche se in età di 74 anni, il 26
novembre 1917, ritornava alla casa del Padre, Nicola Flammia,
sacerdote calasanziano delle Scuole Pie, nella sua casa sita nel
rione Calvario.
Oggi la sua stele custodisce i resti del benefattore e padre della
patria di Ariano, P. Nicola nella chiesa di S. Maria della Ferma, nel
cimitero di Ariano Irpino.
Foto tomba
“Carneade” Chi era costui?! Uomo dal gran cuore, battagliere, ha
sempre tenuto accesa la “Flammia o fiamma” dell’umanità
connessa alla ricerca della verità, della giustizia, un uomo che
nell’esercizio del suo sacerdozio, ha attuato il moto del Santo
calasanziano S. Pompilio Maria Pirroti “dotto e santo”. Lo
studioso e il ricercatore storico ha sempre armonizzato la scienza
dell’educazione applicando i migliori metodi educativi e
pedagogici.
Da una modesta famiglia di Ariano, venuta dalla vicina Frigento,
Giuseppe, di professione bracciale e la madre Giuseppa
Guardabascio casalinga, viene alla luce Nicola Maria, il 26 aprile
1843, battezzato il… nella Chiesa di S. Biagio.
La provenienza da una famiglia del popolo, gli consente di vivere
una infanzia di sacrifici, dotato di una viva intelligenza, viene
avviato nei primi studi nel seminario di Ariano per poi passare al
Collegio Calasanziano di Alatri.
Consacrato sacerdote gli viene assegnato il compito di rettore ed
insegnante presso le scuole superiori del Collegio di Alatri (Fr).
La lontananza dalla città natale, il non impegolarsi nelle questioni
cittadine, gli consente di essere obiettivo e non influenzabile dalla
politica locale e dalle beghe provinciali del paese arianese.
Notizie autobiografiche lo stesso P. Flammia le rende note nei suoi
scritti e pubblicazioni .
L’esordio avviene nel 1864 con la pubblicazione di un interessante
saggio storico: La Storia e la Religione, dedicato al Vescovo di
Ariano Mons. Aguilar, nell’opera si rivela acuto critico e con una è
particolare sintesi ne traccia la storia umana dall’inizio fino alla
sua epoca, secondo una rilettura manzoniana della Provvidenza.
La regia del progetto di Dio per il riscatto materiale e spirituale
dell’umanità
Nel contempo è presente nelle diatribe culturali, pastorali e
letterarie con la sua vasta produzione giornalistica nella città
romana e successivamente con la migliore stampa periodica, e
giornali del tempo. La sua prosa asciutta, sferzante, ironica è
ordinata dai canoni del suo temperamento. I temi trattati spaziano
dalla religione, la passione per la ricerca storica-etnografica,
interviene con orazioni, panegirici, saggi, scritti e bozzetti che si
rivelano aggiornati ed anche ironici.
La pubblicazione dei 4 volumi “Studio sulla vita e le opere di P. P.
Parzanese, (1910), frutto di anni di ricerche e di studi, ha avuto il
merito di dare una organicità e una sistematicità sotto l’aspetto
della genesi cronologica del corpus poetico, letterario delle opere
del Parzanese. Un’opera che è stata poco studiata ed apprezzata
dalla critica letteraria e dagli stessi studiosi arianesi e italiani.
Resta il miglior commento e ricostruzione di tutto il percorso
parzanesiano che andrebbe riscoperto per la sua profondità ed
originalità, preziosi sono i commenti del Flammia. Si può parlare
di una scuola di Parzanese, e tra i discepoli più coraggiosi si
annovera proprio il nostro Flammia.
Figura 2Cattedrale di Ariano, interno prima del sisma del 1962
La genesi e composizione della Storia di Ariano, di cui lo stesso
Flammia ne riconosce i limiti, ha dato onore e continuità alla
storia della Città del Notaio Scipione De Augustinis, degli stessi
Fratelli Tommaso Vitale e Francesco Antonio; di entrambi il pro-
nipote Mons. Emerico Pisapia, ne affida il necrologio di cui si
pubblica in appendice.
Nella temperie delle opinioni storiografiche della provincia e della
regione, la Storia di Ariano del Flammia, è considerata
all’avanguardia. Lo stesso Flammia ne anticipava una edizione
aggiornata, ma che purtroppo non se ne trova traccia.
Dopo 32 anni di lontananza ritorna nella sua città natale dove
risiede inizialmente nel Collegio degli Scolopi di Ariano,
ufficialmente ricopre l’ufficio di Cappellano della Chiesa degli
Angeli Custodi, di fronte alla chiesa agostiniana di S. Agostino,
oggi Piazza Ferrara.
L’attivismo del nostro storico arianese non si ferma alla cultura,
ma si immedesima nella collaborazione giornalistica con articoli
ed interventi sul piano storico, letterario e pedagogico dei migliori
giornali della Campania e della Puglia e della Basilicata.
La devozione mariana è stata sempre coltivata dal Nostro, sono
splendidi le orazioni, i panegirici e le novene composte. Non vi si
nota prolissità ma sintesi e temperamento: l’obiettivo è stato
quello di armonizzare fede popolare, saggezza e zelo evangelico.
La pastorale del Flammia è stata sempre in perfetta armonia e
comunione con i Superiori e il Vescovo, i nostri pastori hanno
sempre riconosciuto in Flammia lo zelo e la saggezza del
sacerdote.
P. Nicola Flammia si è speso anche nella politica amministrativa
della città in qualità di consigliere comunale, e prezioso è stato il
suo apporto per il benessere della comunità arianese.
In conclusione vorrei ricordare la corrispondenza fino agli ultimi
mesi prima della morte: Sulla Rivista Storica del Sannio,
nell’aprile del 1917 vengono pubblicati gli studi sul Metodo di
Francesco De Sanctis, il ricordo dei P. S. Mancini nel primo
centenario della nascita 1917. Leggendo questi studi e saggi si
scopre un leone imbattibile, ma anche fragile per l’età e l’incontro
con la morte.
Si raccontano anche alcuni aneddoti sulla sua vita: è ricordato dal
Prof. Stanislao Scapati, che P. Nicola veniva soprannominato
Padre cartone, quest’ultimo affetto da sordità, aveva inventato un
espediente per sentire, le cartine delle sigarette, che messe
nell’orecchio come una membrana vibravano ed egli riusciva a
sentire.
Auspici
E’ un debito della Città di Ariano è della Diocesi di Ariano Irpino-
Lacedonia, che venga riproposta, studiata e se possibile imitata
l’avventura di vita di P. Nicola Flammia. Celebrare significa anche
prendere quello che di buono hanno sognato e realizzato i nostri
padri, questo studio è solo una bozza di lavoro, mettere a
disposizione della popolazione e degli educatori, quanto ha
pubblicato il nostro P. Nicola. Egli figlio di “bracciale”, contadino e
da una madre cristiana e laboriosissima, una famiglia che non si è
mai scoraggiata nelle vicende della sofferenza, ha gioito con le
altre famiglie e ha pregato, lottato un quell’”Ospedale da campo”
che è la città e la società moderna.
Figura 3 Castello di Ariano, veduta dal Palazzo Anzani, 1910, Piano dei Preti e Albero di Parzanese sul castello
Ringraziamenti
Un particolare ringraziamento al nostro carissimo P. Sergio
Melillo, Vescovo di Ariano Irpino - Lacedonia, per aver creduto e
sostenuto il convegno. Al Sindaco e alla Città di Ariano Irpino, per
aver dato il patrocinio gratuito.
Alla Direzione e personale dell’Ufficio Beni Ecclesiastici per la
gentilezza avuta nelle consultazioni dell’Archivio Diocesano –
Fondo Minelli.
Alla Direzione e personale delle Biblioteche Provinciali di
Avellino, Benevento e Foggia.
Al Dottor Emerico Maria Mazza per la consultazione di testi della
Biblioteca “Felice Mazza”.
Alla Direzione e personale dell’Archivio Storico del Comune di
Ariano Irpino, della Biblioteca Civica “P. S. Mancini; alla
Direzione dell’Ufficio Stato Civile del Comune di Ariano Irpino.
Alla Famiglia Riccio-Altavilla-Maraia, eredi della tipografia Riccio
e Figli per aver fornito preziose notizie storiche e documenti.
I PADRI SCOLOPI
E’ un Ordine religioso fondato nel XVII secolo da San Giuseppe
Calasanzio (1557-1648) e dedicato ad evangelizzare mediante
l’educazione dei bambini e specialmente poveri. I padri e si
consacrano ad esso con un quarto voto speciale.
San Giuseppe Calasanzio, dichiarato dal Papa Pio XII nel 1948
“Patrono Universale di tutte le scuole popolari cristiane del
mondo”, ha il merito di aver aperto nel 1597 “la prima scuola
pubblica popolare gratuita in Europa” (Von Pastor). Proclamò il
diritto all’educazione di tutti i bambini e lottò per questo, motivo
per cui fu perseguitato. Ma ebbe molto successo nel suo proposito
poiché rispose alle sfide e ai bisogni del suo tempo.
Nel 1617 si fondò la Congregazione Paolina dei Chierici Regolari
Poveri della Madre di Dio delle Scuole Pie (il nome di “Paolina”
viene da Papa Paolo V che l’approvò). Si estese presto in tutta
Italia e in Europa Centrale. Oggi è diffusa in 4 continenti (Europa,
Asia, Africa e America). Siamo oltre 1.300 religiosi.
Per oltre quattro secoli, noi Scolopi abbiamo sempre sostenuto,
con altri, l’educazione ed attualmente, come pure nel passato, ci
sta a cuore la formazione dei bambini, specialmente dei meno
abbienti e ci stanno a cuore i sogni e le preoccupazioni della
gioventù. Questa missione non la portiamo avanti da soli, ma la
condividiamo con oltre centomila laici e con le congregazioni
religiose femminili e maschili che formano la grande Famiglia
Calasanziana.
Tra i santi irpini delle Scuole Pie è ricordato e venerato S.
Pompilio Maria Pirrotti delle Scuole Pie (1710-1766), canonizzato
nel 1934.
Ariano ha ospitato un collegio e scuola di formazione della
gioventù, voluto ed incoraggiate dai vescovi di Ariano.
Figura 4Ariano Irpino, chiesa di S. Maria della Ferma, cappella del cimitero dove riposa P. Nicola Flammia
PROF. NICOLA FLAMMIA
***
UNA GITA IN ARIANO
***
Quadro Storico- topografico - statistico
della città e dei Contorni
ARIANO
Tipografia Tricolle Riccio e Figlio
Via P. P. Parzanese
1914
AL CORTESE LETTORE
&&&
Pubblico questo lavoretto storico intorno alla città di Ariano,
fatto da un mio amico per passatempo e per memoria della sua
dimora in città nel mese di agosto dell'anno passato. Egli non vuole
essere nominato, ed affida a me l'incarico di dare alla luce il suo
scritto.
Io appago il suo desiderio, perché mi pare utile assai non solo a
noi, ma anche ai forestieri che volessero un prontuario delle notizie
cittadine.
Dopo tutto rendo un omaggio di riconoscenza ad un pezzo
grosso del Ministero dei Lavori Pubblici e un attestato di gratitudine
ad un vecchio amico, ad antico condiscepolo.
Il lavoro è diviso in cinque giornate quante egli ne passò meco in
dolcissima compagnia.
Ariano, agosto 1913
Prof. Flammia
Giornata prima
______
Dalla stazione di Cerreto a piazza del
Duomo
Arrivai alla stazione di Ariano col diretto delle 15.
Messo il capo fuori dello sportello scorsi ubito il
mio caro amico, che chiamerò il mio Cicerone all'uso
nostro romano. Saltai dal predellino, e mi trovai fra le
sue braccia. ci facemmo le solite cortesie tra risa e
carezze, e poi indicatami una carrozzella vi salimmo noi
due soli.
- Oh - diss'io - finalmente sono arrivato dopo, lo
sbattimento e il tru, tru, di tante ore. Vedi come sono
affumicato? Non ti sembro un Vulcano?
- Ma che? Sei bello, azzimato come un parigino.
Eppure così vecchio!...
Ci mettemmo in viaggio.
- Piano, io voglio veder tutto, osservar tutto, e tu
devi rispondere a tutte le mie domande, se vuoi
l'approvazione a pieni voti con lode.
- Sono pronto come un testimone innanzi al
giudice.
- Veggo una chiesa, non pare finita eh?
-Sissignore. E' la chiesa fatta costruire dal vescovo
D'Agostino qualche anno fa, 1900, per comodità dei
fedeli; ma per dabbenaggine dell'ingegnere, come sei
tu...
- Eh? piano colla lingua... Noli me tangere...
III. Allora la contea fu elevata a ducato. Quando
avvenne la - Dunque per colpa dell'ingegnere non si
badò che sotto filtrava l'acqua. Così si è aperta come un
cocomero. Il vescovo voleva farci un'abitazione pel
cappellano, un locale per le scuole rurali da tenersi
dalle monache.
Così ha speso 40 mila lire... e non ha fatto niente. Ci si
dice la messa nei giorni festivi.
Vedemmo appresso alcuni caseggiati, poi
voltammo a destra per la salita.
- Come si chiama questa contrada?
- Cerreto, e così si chiama anche la stazione, che è
posta a 400 metri sul livello del mare. Qua convengono
da molti paesi i viaggiatori e trovano vitto e ricovero in
queste osterie.
- Ma per venirci si soffre uno strazio! quanti
tunnel ho attraversato nel vostro territorio?
circa 22 milioni, quando la mano d'opera costava poco.
Ora giudica tu che sei ingegnere. La linea
ferroviaria attraversa il territorio di Ariano per 18
chilometri. Ci sono due stazioni Ariano e Pianerottolo
verso Foggia sulla sponda del fiume Cervaro.
La linea nell'interno del tunnel vedi? sale,
sale sino sotto la strada nazionale a 570 m. . Poi
discende sempre fino a Foggia. Qui in mezzo è
lo spartiacque d'Italia, perchè di qua le acque si
versano nel Miscano, poi nell'Ufita, poi nel
Calore poi nel Volturno e finalmente nel Tirreno.
Di là si versano nel Cervaro e al mare Adriatico.
Come vedi sulle carte la linea fu fastidiosa
assai. Da Benevento si dovette accostare qua ad
Ariano, forare tutti questi colli. Fortuna che sono
in marna gialla o turchina. Per accedere alla
stazione si costruì questo tronco della
Nazionale. Misura metri 3501, e costò la bellezza
di 85 mila lire. Ora è dichiarato strada
provinciale, colla spesa di 2600 lire per la
manutenzione.
Ci trovammo sulla strada Nazionale.
- Ahh... che vista!... che aria!!
Girammo a destra.
- Ecco un caseggiato moderno.
- Che cosa è?...
-Il casino dell'avvocato Mazza come luogo di
villeggiatura.
Più innanzi altro caseggiato a sinistra. Una
taverna.
a destra una chiesuola. I martiri. Guardando alla
destra di essa vidi un sentiero stretto tra due siepi.
- Di là mi disse l'amico, si scendeva una volta a
Cerreto, donde si saliva a Camporeale per la strada
mulattiera prima che fosse costruita da Carlo I d'Angiò
la strada nazionale che da Napoli, Monteforte, Avellino
andasse a Foggia. La strada rotabile passava da
Benevento a Troia per il Vuccolo di Troia, Via Traiana,
- E perché Carlo non la tenne?
- Perchè Benevento era del Papa, e non poteva
passare sul territorio straniero. Questa fatta da lui, o
meglio iniziata, fu rifatta da Filippo II. e finalmente
ridotta ampia da Carlo III.
E perchè ci sono tante pendenze, mentre si
potevano evitare con tracciati più comodi?
- Perché sia per risparmio di spesa, sia per i
maledetti intoppi d'interessi privati venne ordine di
tenersi al possibile sul tracciato della mulattiera.
Questa strada era la provvidenza degli Arianesi, perchè
nel corso della giornata vi passavano un centinaio di
traini e carrozze. Ci era un movimento, traffico enorme,
si facevano guadagni. Lungo la stradale dentro e fuori di
Ariano ci erano circa 30 taverne, che servivano di
ricovero alle vetture; ma...
-Perché... ma?...
- Ma ci era il pericolo di truppe di passaggio e tu
hai letto la storia dei tempi della repubblica
partenopea. Passaggi di repubblicani, prima, sanfedisti
poi col cardinale Ruffo, Russi, Tedeschi, Francesi,
Spagnoli, Turchi; poi passaggio di truppe borboniche,
briganti, passaggi di comitive infette che seminavano la
peste, assedii, assassinii. So io quanti furti, quanti
uccisi? Vedi questa taverna? Era della famiglia Passeri,
osserva l'arma del Cardinale Passeri.
Più in su vidi un bel casino...
- E' questo?
- Era della famiglia Forte. Quà pernottò nel 1700
Ferdinando IV colla regina Carolina e le due figlie,
quando andarono a Vienna per i matrimoni.
- E perchè non salirono in città?
- Per dispetto!
- Oh!
- Ecco il fatto. Nel 1732 la notte di S. Andrea (29-
30 novembre) avvenne una fortissima scossa di
terremoto. Fu uno spavento, un terrore. Case o
diroccate o cadenti, infelici seppelliti tra le rovine,
gemiti, pianti, i pubblici edifizi, le chiese quasi distrutti.
A lenire in parte i danni ed incoraggiare i cittadini a
rifare le case il re accordò l'esenzione dei pubblici
tributi, largì somme, mandò cibi, vestimenta, aiuti di
ogni sorta. Ma passati 5 anni si compilarono i nuovi
ruoli, perché i creditori del comune, gli esattori non
volevano prolungata l'esenzione a danno loro. Fu
nominato Carlo Passeri, fratello o nipote del Cardinale
Passeri con tutta la famiglia era ben voluto da Carlo che
passando nel 1735 per Ariano, dovendo recarsi a
Palermo per l'incoronazione, andò a stare nel palazzo
de' Passeri, che anche oggi si chiama Passero alla
catena, nella piazzetta di S. Francesco di Paola. Ma
come accadde in questi frangenti il popolo sobillato
incolpò lui in questa ripresa dei tributi, e lo trucidò
barbaramente. Il figlio Ferdinando non volle salire in
città e appena fermossi qua a pernottare colla famiglia e
il seguito.
Vedi quell'antro? E'un tunnel di forse 70 metri
fatto scavare dal cardinale Diomede Carafa, alla metà
del secolo XVI, per portare l'acqua al casino. Allora
questi territori erano suoi. Carafa era nipote del famoso
Paolo III.
- Avere avuto molti cardinali?
- Tre Arianesi. Carafa, Passeri, Pirelli, cinque
Arcivescovi. Otto vescovi, prelati illustri, scrittori.
- E tu non sarai cardinale?
- - E' troppo presto. Debbo fare ancora altri atti
eroici.
- Ah burlone!
Fatti alcuni passi ci trovammo ad un trivio. Di
fronte esiste un caseggiato in parte elegante a casina di
villeggiatura. E' della famiglie De Furia.
- E questa altra strada dove mena?
- A Montecalvo. Eccolo Montecalvo, guarda a
settentrione.
- Ma veggo vicino alcuni cipressi?
- E' il cimitero della città. Vuoi vederlo?
- Si... Fatti un 70 metri vidi una facciata barocca.
Entrai. due casotti laterali, in mezzo una lurida
chiesuola, banchine, tumoli sparsi alla rinfusa. Mi ritirai
sconvolto.
- Che te ne pare? - mi disse il mio Cicerone.
- Umiliante, - senza segni di religione, camere
mortuarie meschine e prive di attrezzi, tombe in
disordine, circuito assurdo, planimetria bizzarra dove
in piano, dove in pendio. Manca un locale decoroso pel
custode.
Ci rimettemmo in cammino. Passata la taverna e
la chiesuola di S. Antonio vidi a sinistra un fabbricato.
- E' il mulino, pastificio, panificio - disse l'amico.
Fu cominciato a costruire circa 30 anni fa da alcuni
proprietari, riuniti in società per impiantarvi un mulino
a vapore, una fabbrica di paste, un panificio.
Le vicende bancarie hanno fatto passare l'opificio
per molte mani, cagionando la rovina di tanti
speculatori. Ora la proprietà è della duchessa di Melito,
la tengono in affitto per 7 mila lire annue alcuni
proprietari, e tolta la caldaia a vapore, la forza motrice è
data dalla corrente elettrica, che viene da Luogosano
pagando 500 lire al mese, anche per l'altro mulino.
Vi si macina il frumento, si fabbrica pasta, ma
manca lo smercio coi paesi lontani, perché da per tutto
hanno fatto molini a vapore e pastifici, si cuoce il pane
per il consumo pubblico.
Ma vedi più sopra? Altro molino a gas povero,
altro pastificio. Vedi quel fumaiolo dentro la città? altro
molino messo in moto anche dalla forza elettrica. Così
si fanno la concorrenza a danno vicendevole.
- E questa bella fontana pubblica in travertino?
- E' una delle fontane fatte costruire da Carlo III.
per i bisogni dei viandanti. Ne abbiamo quattro nel
nostro territorio, due all'estremità dell'abitato.
Dall'altra parte alla Maddalena la facciata è più bella,
con una stupenda iscrizione. Una volta dava acqua
abbondante per due cannelle, ora per la maledetta
incuria degli amministratori si va spendendo con danno
degli abitanti del rione che non hanno acqua a
sufficienza.
- E questo steccato a che serve?
- E' il macello. Vuoi vederlo?
- Sì - entrammo. Girai, vidi locali mal disposti,
quelli al pian terreno in basso non compiuti. Vi è il
mattatorio dei suini, dei bovini, degli ovini, due piccole
stalle, una camera per i registri, per le indagini
veterinarie.
- che te ne pare? Questo macello mezzo fatto ci è
costato L.35mila lire, e altre 35 mila ce ne vogliono per
completarlo.
- Secondo il mio parere il disegno è malamente
disposto. Potevate fare un mattatorio più modesto,
poichè voi altri siete al di sotto di Foggia, Benevento,
Salerno che pure lo hanno semplice.
Non ho innanzi il disegno per vedere che facciata
ci farete, ma non pare che verrà in tuono estetico molto
indicato. Doveva essere un locale a sé, invece lo avete
attaccato a quelle case dei privati, i riparti sono disposti
a casaccio. Non mi pare che voi altri avete una buona
idea di architettura edilizia.
- Veggo questi somari carichi di barili. Donde
salgono?
- Prendono l'acqua ad una fonte sotto la strada.
La fontana dicesi La Tetta, forse perchè un tempo era
difesa da un tetto. Ora quantunque sia la migliore e dia
acqua in buona quantità, un 40 ettolitri in 24 ore,
rimaneva trascurata. L'acqua si sperde nelle ore
notturne. Ci vorrebbero conserve interne, perchè la
penuria dell'acqua è per noi scabrosa, la paghiamo cent.
10 ogni 25 litri.
Salendo ancora gittai lo sguardo nel fondo di un
abisso.
- Oh, dissi all'amico.
Luogo è in Ariano detto Malebolge?
- Cos'è questa valle d'abisso?
- E'il burrone della Madonna dell'Arco, così
chiamata da una bella chiesa che vi era vicino sotto il
colle, ed ora totalmente distrutta. Questo burrone è di
origine recente, e' nato per inerzia degli Arianesi. Sino a
100 anni fa era tutto ripieno, la strada passava al sicuro.
Presso la croce vi era sin dal 1587 una fontana pubblica
ora distrutta; uno spianato ampio dava comodo di
giocare a palla. Lo scolo delle acque piovane scorrenti
dalla città cominciò a rodere l'arenaria. Le frane si
succedevano alle frane, nessuno provvedeva. Così 45
anni fa, quando il pericolo era urgente si deliberarono
questi muraglioni di sostegno, e sono stati alzati negli
ultimi anni con la spesa di 850mila lire! La strada non è
sicura, perché una parte posa sull'abisso, isolata ai due
lati, le acque rodono il fondo e le frane continuano il
lavoro di dissolvimento.
Prima che cominciassero i lavori vidi che
staccavano la terra dal colle soprastante, e la gittavano
in fondo al fosso. Protestai con qualche articolo
consigliando di assodarla laggiù invece di farla
trascinare dalle acque. Ma fu voce dispersa al vento. Si
volle ingrandire l'abisso senza motivo, ed ora con lo
spauracchio di una rovina completa.
- Male, male, amico mio. colle frane non si
scherza. quando è rovinato questo piccolo passo col
ponte donde passerete? Come terrete sicure le case che
veggo di sopra? quale stabilità tiene il muraglione colle
radici dell'arena?
Entrammo in città. Restai un po' meravigliato nel
vedere casucce meschine...
- E questo è Ariano?
- Oh no. Questo rione è chiamato Le Pagliare,
perchè quando fu costruita e poi rifatta la strada
Nazionale i carrettieri crescevano di numero. Dove
riparare i veicoli? Costruirono i pagliari che poi
tramutarono in case basse, meschine, e così sono
rimaste ancora, Vedi quanti traini ai lati?
- Arrivammo finalmente innanzi ad una chiesa.
- E questa?
- Ha una bella porta, ci è anche una scritta.
Più innanzi cominciai a vedere botteghe,
venditori, carrozzieri; il via vai si faceva più accentuato
passava qualche automobile.
Imboccammo per una salita.
- Attendo ora, mi disse sottovoce il mio Cicerone.
Qua ci era fino alla fine dell'800 una porta della città.
Ce ne erano sette, ora distrutte tutte, perchè non ci
sono più mura.
Nel 1256 questa porta era ben guardata. Ariano
era inespugnabile per le sue mura e per il castello.
Dentro la città si era chiuso il delegato pontificio nipote
di Innocenzo IV, che era in guerra con Manfredi. Costui
sfogava la sua ferocia sui paesi circonvicini e sui poveri
viaggiatori, e studiava tutti i modi per impadronirsi di
Ariano, onde avere aperto il passo per Napoli. Federico
Lancia lo zio, di animo scelleratissimo, gli consigliò di
prendere la città a tradimento. Vennero qua alcuni
soldati saraceni da Lucera spacciandosi disertori e
vomitando le possibili contumelie e bugie contro
Manfredi. Ad essi seguirono altri, poi altri ancora.
quando si credettero forti a un dato segno attaccarono
la scolta, s'impadronirono della porta e fecero entrare i
venuti da Lucera. Essendo di notte i cittadini furono
svegliati alle campane che suonavano a martello.
Accorsero i soldati, ma dato il numero dei traditori
bene armati cominciò una strage e forse da mucchi di
cadaveri prese il nome questa strada di Carnale, se non
si vuole credere ad altri che ne fanno derivare il nome
dalla vendita della carne degli animali macellati.
I Saraceni divenuti padroni del luogo
saccheggiarono la cattedrale, le case dei cittadini,
uccidendo uomini, donne e bambini.
Non rispettarono le misere donne che
oltraggiarono vergognosamente, assalirono il
monastero e ridussero la città in un cumulo di rovine.
Ariano rimase quasi deserto per molti anni,
perchè tutti erano fuggiti. Il papa alzò addoloratissimo
la voce contro Manfredi per tanto eccidio. Dio volle
intanto che dieci anni dopo costui subisse il tradimento
dei suoi pugliesi e rimanesse ucciso.
"In cò del ponte presso a Benevento"
Dante - Purg., c. III.
a vista della città di Ariano. Quando Carlo d'Angiò ebbe
riordinate le cose del nuovo regno venne in Ariano, vide
lo scempio, compassionò i derelitti, e subito ordinò
ristauri, esenzioni dai tributi; fece venire operai di fuori,
rialzò la cattedrale donandola di due Spine della
Corona di G. Cristo, di rendite per il clero, rifece il
castello diroccato in più punti, e così Ariano, mercé sua,
poté risorgere come il leggendario Lazzaro a vita
novella.
- Ma, come va che questa targa in marmo dice -
Via del Riscatto - 3 Agosto 1585?
- Ti spiego subito la cosa. Tu sai bene ka storia del
medioevo e quanto danno arrecasse il feudalesimo,
importatoci dai Longobardi. Ariano nato verso il sec.
VIII si andò ampliando, fu prima possedimento dei
Lomgobardi, poi dei Normanni, appresso gli Svevi, in
seguito degli Angioini, Aragonesi, Spagnoli, Francesi e
Tedeschi. Ebbe prima i conti. Gerardo è il primo
ricordato nel secolo decimo. Con la sconfitta totale
degli Svevi la contea di Ariano fu data da Carlo d'Angiò
ad Ermengao Sabrano, provenzale, venuto insieme con
lui e da questi al figlio S. Elziario,
Colla morte di Roberto d'Angiò salì al trono la
lincenziosa nipote Giovanna I. Successero le lotte tra
Carlo Durazzo e Luigi d'Angiò. La contea dopo quei
rivolgimenti passò a Nicola Sabrano. Dopo Ladislao e
Giovanna II la contea passò agli Sforza nel 1416. Nella
lotta tra gli Aragonesi ed Angioini Ariano fu
saccheggiata. Compiuto il partito angioino, Alfonso
d'Aragona donò la contea ad Enrico di Guevara, venuto
dalla Spagna. Pietro Guevara, Gran Siniscalco, non si sa
perché, entrò nella famosa congiura dei baroni, 1486, e
ne portò pelato il mento e il cozzo.
Dopo di lui Ariano passò ad Alberico Carafa padre
del vescovo-cardinale Diomede, nipote di Paolo
spartizione del reame di Napoli 1504 tra Spagnoli e
Francesi Ariano si trovò casualmente ad essere il pomo
della discordia, perchè nei patti sottoscritti dai due
sovrani la Campania doveva toccare ai Francesi, le
Puglie agli Spagnoli. Ariano a chi doveva toccare? Chi la
faceva pugliesem come lo dicono ora, chi lo metteva
nella Campania. Ricorda che allora, 1503, successe la
disfida di Barletta, poi la cacciata dei Francesi. Carlo V
imperatore diè il ducato di Ariano a D. Fernando
Gonzaga. Seguirono vendite, riscatti. Per debiti il
ducato passò a molti padroni. Gli Arianesi che per
secoli avevano sofferto le angarie di due padroni, il
sovrano del regno ed il feudale, con tutti i guai che
sarebbe una storia a narrarsi, decisero di ricomprarsi e
diventare città regia, cioè sottoposta solo al solo re. A
furia di sacrifici raccolsero 76mila ducati (297.500 lire)
e credevano di respirare. Ma fecero male i loro conti,
perchè il fisco rivendette il ducato. I nostri padri
reclamarono. viaggi a Madrid, suppliche al Vicerè,
viaggi a Vienna, quando gli Spagnoli ci vendettero agli
Austriaci; insomma una sequela di cause, spese da non
finire.
Il dotto gentiluomo Felice Mazza, conoscitore
espertissimo dei fasti arianesi nel comporre nel 188
l'Anagrafe di Ariano volle ricordare questo riscatto nel
dare il nome alle strade della città.
- A h h...
- Ah?
"Usciti fuor dal pelago alla riva"
gli Arianesi dovrebbero con maledizione ricordare i
secoli medioevali di schiavitù, di oppressione, di
miserie ed insegnare ai figli qual tesoro sia la libertà
moderna in confronto dell'abbiezione passata.
- Hai mille volte ragione.
***
(Continua)
T R I D U O
in onore del
BEATO POMPILIO MARIA PIRROTTI
D. S. P.
COMPOSTO
dall'annesso
P. NICOLA FLAMMIA
ARIANO
Tip. Economico Sociale – G. Marino
1892
ORAZIONE
Composta dal B. Pompilio per ottenere grazie dalla
Beatissima Vergine
Santissima Vergine e Madre di Dio Maria, io. N. vengo a voi,
benché indegnissimo vostro servo, animato dalla vostra
ammirabile pietà e dal desiderio di volervi servire.
Vi eleggo oggi per mia particolare Signora, Avvocata e
Madre; propongo di volervi sempre amare e servire e di far
quanto posso, affinché siate anche dagli altri amata e servita.
Vi supplico o Madre di dio e Madre mia pietosissima, che mi
riceviate per vostro figliuolo, per essere in perpetuo assistito in
tutti i miei pensieri, parole ed ope.re, in tutti i momenti della
vita; acciocché sia inteso alla maggior gloria ed onore di Dio .
Madre mia Maria, vi raccomando l'anima mia nel punto
della morte mia.
_______________________
**********************************************************
PRIMO GIORNO
1° Punto
Consideriamo, o Cristiani, quale beneficio Dio ci abbia
fatto dandoci un esemplare vi virtù eminenti e di perfezione
cristiana nel suo diletto figlio Pompilio. Se la vita dei santi è per
noi scuola di amore verso Dio e verso il prossimo, è sprone a
correre sulle orme loro la via della santità, è conforto nelle
miserie della vita terrena, è consolazione allo spirito che li vede
gloriosi e trionfanti in cielo, oh come belle ed edificante è per
noi la vita di questo Beato!
Imitiamo adunque le sue eroiche virtù, l'amore intenso per
a salute di noi stessi, ed otterremo con sicurezza il suo valido
patrocinio.
Pater, Ave, Gloria.
II.
Sin dalla prima fanciullezza Pompilio mostrò a chiari
segni che la sua volontà era quella di farsi santo.
Bastava vederlo tra i fanciulli sostenere le parti di maestro
e catechista, radunarli innanzi alle immagini di Maria
Santissima in Montecalvo, e, prendendosi una espressione
estatica nella piccola persona, parlava della sua Mamma bella
come un esperto predicatore. Non mai dalla sua bocca uscì
parola disonesta, non mai fece atto o cenno che significasse
offesa o scherzo anche lecito.
Tutto dedito allo studio e alla preghiera il suo tempo scorreva in
casa o in chiesa. Giovinetto di appena 14 anni pervenne a
comporre un corso di spirituali esercizi nei quali si specchia
tutta la sua anima innocente, risoluto di fuggire il peccato a
consacrarsi al Signore.
Pater, Ave, Gloria.
III.
Quantunque da pietosi genitori venisse guardato con
gelosissima cura, pure comprese Pompilio che il mondo era
pieno di pericoli, e mal vi poteva guardare l'innocenza dello
spirito e la purità della fede. Invocando il divino soccorso con
gemiti e lagrime domandava a Dio di farlo certo della
vocazione che egli dovesse abbracciare. Dio misericordioso,
che sempre ascolta la preghiera dei figli suoi, mandò, nella
persona di uno scolopio predicatore, il suo angelo a Pompilio;
affinché gli annunziasse averlo destinato a far parte della
famiglia del Calasanzio. Conosciuta così la volontà del Signore,
da atleta vigoroso il santo giovinetto non perde tempo, fugge
dalla casa paterna, e tutto solo si reca a Benevento a chiedere
genuflesso d'essere vestito dell'abito delle Scuole Pie.
Pater, Ave, Gloria.
Preghiera
O Beato Pompilio, insegnate alla gioventù che se vuole salvarsi
deve fuggire il mondo o le sue, insidie; insegnare insieme ai
genitori qual cura debbono avere della prole, perché cresca pietosa
e divota, frequenti i sacramenti, fugga le conversazioni
peccaminose, i compagni libertini e miscredenti, i libri empi e
immorali.
Per l'amore che vivendo portaste ai giovanetti vi preghiamo
di essere protettore della gioventù, severo consigliere ai genitori
trascurati nei loro doveri verso i figli. Scenda per opera vostra la
benedizione sulle famiglie cristiane, ed i pargoli crescano onesti e
timorati di Dio.
SECONDO GIORNO
I primi anni passati da Pompilio in Religione furono una
continua preparazione all'apostolato a cui si sentiva chiamato da
Dio. Sottopose il suo corpo a lunghi ed ostinati digiuni sino a
rimanere per più giorni senza toccar cibo di sorta. Si privò di
riposo gettandosi per brevissimo tempo della notte sulle tavole
nude o sui gradini degli altari, lo afflisse circondandosi di duro
cilicio, vestendosi di ruvidissimo saio, incedendo fino all'ultimo
giorno di sua vita a piedi nudi e a capo scoperto. Lunghe le
orazioni e spesso le notti intere passate a gemere in pianto o a
combattere col demonio, che visibilmente gli compariva per
tentarlo.
Pater, Ave, Gloria.
II.
Alla mortificazione eroica della carne aggiunse quella più
necessaria dello spirito. Dal primo giorno che si vide religioso,
rinnegò la volontà sua, osservò la povertà più estrema facendosi
mancare sin gli abiti più necessari. Attese a fiaccare l'orgoglio
colla più bassa umiltà chiamandosi da per tutto servo vilissimo,
peccatore indegno, a soffrire persecuzioni di maligni
calunniatori che lo fecero cacciare da Napoli, perché a sé tirava
coll'attrattiva della cristiana carità peccatori e penitenti, a girare
continuamente in luoghi diversi e lontani come un soggetto
fastidioso e malvagio, imitando il suo amato Fondatore colla
pazienza nelle persecuzioni. In mezzo a tutte queste virtù che
spandevano olezzo di fiori celestiali fece sempre risplendere il
giglio verginale offerto a Maria negli anni giovanili e
conservato puro per tutta la vita.
Pater, Ave e Gloria.
Preghiera
Oh Beato Pompilio! Come si copre di rossore la nostra fronte
se paragoniamo la vita nostra così amante dei comodi alla vostra
tormentata in tante maniere. Noi non solo vogliamo rassegnarci
alle privazioni del nostro stato; ma ci andiamo avvoltolando nel
fango dei più licenziosi passatempi; non solo non teniamo a freno
le passioni che si ribellano allo spirito, ma siamo così stolti da
eccitarle vieppiù coi discorsi e colle pratiche maliziose; non solo
lasciamo le divozioni più facili, ma ci facciamo un vanto di
comparire increduli e fuggire la chiesa.
Otteneteci dunque da Dio una sincera conversione, un
distacco dal mondo, una pietà fervorosa, operativa che ci rende
cristiani esemplari e degni del santo Paradiso.
TERZO GIORNO
**
All'aspro governo che Pompilio faceva del suo corpo coi
digiuni, coi flagelli, coi cilizi, alla guerra continua, implacabile
contro le passioni dell'orgoglio e della carne, all'avvilimento
profondo di tutto sé stesso Dio corrispose coi doni meravigliosi che
concede solamente agli spiriti eletti.
Pompilio divenne l'arbitro della natura; esso moltiplicò più volte il
pane agli affamati, il frumento, la farina, le fave nella terribile
carestia al popolo di Campi, esso fece prodigiosamente versare per
mesi il vino da uno stesso vaso, aumentò il cibo in sua casa a vista
di tutti gl' invitati; col solo segno di croce fece sorgere vivi i
colombi che gli erano stati messi a mensa, esso decantando l'amore
di Mamma bella e dell'amante Gesù ogni giorno guariva infermi,
consolava afflitti, colla divozione ardentissima al Sacro Cuore di
Gesù.
II.
Dio concesse a Pompilio la scrutazione dei cuori: leggeva
egli nella coscienza come in uno specchio, e a molti palesò
peccati e azioni che avean sempre gelosamente nascoste;
vedeva a distanza quello che si faceva, interveniva colla celerità
del pensiere; sicché bastava nelle angustie, nelle malattie, nei
pericoli invocare Pompilio, ed egli compariva apportatore di
salute ed aiuto. Immensi furono i prodigi da lui operati
specialmente in bene dei poveri, ai quali aveva consacrato la
vita. Per questa carità immensa anche ora alla distanza di un
secolo e mezzo Montecalvo, Lugo, Anzano, Ortona, Chieti,
Lanciano, Francavilla, Ancona, Manfredonia, Napoli, e Campi
ricordano i prodigi senza numero che dispensa tuttavia
Pompilio a quanti lo invocano con fede sincera. Se a
Montecalvo parla con Maria ad alta voce e ne ha risposta dal
quadro, a Napoli dice il Rosario coi teschi nel cimitero di
Caravaggio. Se Lanciano ricorda che da Pompilio fu salva dal
terremoto, Campi si gloria di essere stato il paese prediletto del
santo benefattore.
Pater, Ave, Gloria.
III.
Nell'apostolato continuo lungo e fecondo di conversioni; nella
conoscenza intera dei bisogni sociali e delle domestiche
afflizioni Pompilio divenne il protettore particolare delle madri.
Ora rendeva facile il parto a quelle che lo invocavano; ora
prometteva sicura prole anche a donne che per l'età ne avevano
perduta la speranza, ora risuscitava i bambini. L sua vita spesa a
totale benefizio del prossimo attesta la carità vivissima del suo
petto. Fidente nell'amore al Cuore di Gesù consumavasi come
cera al fuoco ed altro non bramava che sciogliersi dai lacci del
corpo e congiungersi al suo amante. Divenuto ricco di meriti e
degno di sedere tra i santi fu avvertito dal Signore dell'ora della
morte. Sicuro Pompilio di questo avviso vide con serenità
avvicinarsi l'ora estrema. Confortato dai sacramenti, benedisse i
confratelli, il popolo di Campi, gli amici, e reclinando il capo,
adagiato su una rozza cassa, sul tramonto del sole del 15 luglio
tra le lagrime di tutti rese lo spirito a Dio.
Pater, Ave, Gloria.
Preghiera
* * *
Oh! Beato Pompilio! Voi fortunato che avete potuto
testimoniare l'eroismo della vostra santità con tanti miracoli in vita
e dopo morte. Oh qual confronto tra la potenza vostra sugli
elementi, sui morbi sulla morte e la debolezza nostra! Ma se per i
nostri peccati non potremo mai salire a tanto onore otteneteci
almeno la grazia d'essere aiutati da voi quando vi invochiamo;
insegnateci quella vivissima divozione a Mamma bella ed
all'amante Gesù , che vi fece così potente vivo e così operatore
di miracoli dopo la morto; ispirateci la mortificazione del
corpo, l'umiltà dello spirito e l'amore sincero per il prossimo,
onde camminando per la via del perfetto cristiano possiamo
dopo la nostra morte essere ammessi come voi a godere la vista
di Dio in paradiso. Così sia.
N O V E N A
DELLA
IMMACOLATA CONCEZIONE
COMPOSTA
DAL
P. NICOLA FLAMMIA
D. S. P.
foto
ARIANO
STABILIMENTO TIPOGRAFICO
Della Società per Costruzioni ed Industria
1890
ALLA MAGGIOR GLORIA
DI MARIA SANTISSIMA
CONCEPITA SENZA MACCHIA
L'ULTIMO DEI SUOI DIVOTI
QUESTO TRIBUTO DI PREGHIERE
U. C.
In nomine Patri,
et Fili, et Spiritus Sancti. Amen
Veni Sancte Spiritus.
Reple tuorum corda fidelium, et tui
amoris in eis ignem accende.
Emitte Spiritum tuum et creabuntur.
Et renovavit faciem terrae.
Oremus
Deus, qui cordis fidelium Sancti Spiritu illustratione docuisti:
da vobis eodem Spiritu recta sapere, et de eius semper
consolatione gaudere. Per Christum Dominum Nostrum. Amen
ANTIFONA
Cantori
Tota pulchra es Maria.
Et macula originalis non est in te.
Tu gloria Jerusalem.
Tu honorificentia populi nostri.
O Maria.
Virgo prudentissima.
Ora pro nobis.
Coro
Tota pulchra es Maria
Et macula originalis non est in te
Tu letitia Israel
Tu advocata peccatorum
O Maria
Mater clementissima
Intercede pro nobis ad Dominum
Iesum Christum.
In Conceptione tua, Virgo, Immaculata fuisti.
Ora pro nobis Patrem, eius Filium peperisti.
Oremus
Deus, qui per Immaculatam Virginis Conceptionem
dignun Filio tuo abitaculum praeparasti: quaesumus, ut qui ex
morte eiusdem Fili tui praevisa eam ab omni labe praeservasti,
nos quoque mundos eius intercessione ad te pervenire concedas.
Per eundem Christum Dominum nostrum. Amen
Tantum ergo Sacramentum-
Panem de caelo prestitisti eis
Omne delectamentum in se habentem.
Oremus
Deus, qui nobis sub Sacramento mirabili passionis tuae
memoriam reliquisti: tribue quaesumus, ita nos Corporis et
Sanguinis tui sacra mysteria venerari, ut redemptionis tuae
fructum in nobis iugeter sentiamus. Qui vivis et regnas in
saecula saeculorum. Amen,
&&&&&&&
PRIMO GIORNO
1. Consideriamo, o Cristiani, il primo funesto effetto del
peccato originale, che è l'ignoranza dell'intelletto dell'uomo.
Dio Onnipotente lo aveva creato con mente vasta e luminosa
non soggetta ad errore od inganno. Ma, appena fu inviato dalla
colpa di origine, si trovò come un vile animale confuso nella
ragione e ottenebrato nel senno. Noi infelici! Senza un lume
soprannaturale non arriveremmo a conoscere né il nostro
principio né il nostro fine. Ad ottenere per tanto il lume
necessario per ben conoscere noi stessi e valutare le nostre
azioni invochiamo il soccorso della Vergine Immacolata.
Pater, Ave, Gloria.
2. Consideriamo intanto la felicità di Maria, che preservata
dall'originale peccato, conseguì da Dio nel primo istante della
sua Concezione il dono della Sapienza, per mezzo della quale
conobbe perfettamente se stessa ed il merito di ogni sua azione,
l'ultimo suo fine e i mezzi per conseguirlo. Con filiale ossequio
benediciamo Dio che vi arricchì di tanto dono, o Vergine
Immacolata, e per mezzo vostro domandiamo la grazia di
apprendere la scienza della salute.
Pater, Ave, Gloria.
3. Consideriamo, o Cristiani, come nel santo Battesimo
abbiamo conseguito il dono della fede, che, qual lume
chiarissimo, sgombrando dalla nostra mente le tenebre
dell'ignoranza ci fa conoscere Dio come nostro creatore, e ci
discopre i mezzi per andare a lui fonte della nostra felicità.
Eppure, qual pregio abbiamo noi fatto di tanto benefizio? Quali
di noi può assicurarsi di camminare rettamente per la via del
Signore? Se abbiamo forse per lo passato negletto un tanto bene
domandiamo la vostra intercessione, o Vergine Immacolata, per
ottenere che nell'avvenire operiamo secondo le promesse fatte
nel santo battesimo a Dio.
Pater, Ave, Gloria.
Preghiera
Vergine Immacolata, voi che foste arricchita dall'Eterno
Padre del dono della Sapienza nella vostra Concezione, per
quella gloria che godete in cielo come Regina degli Angeli e
dei Santi, impetrate a noi vostri figli una viva cognizione
delle nostre colpe, un vivo dolore per aborrirle come offese di
Dio, e false che per l'avvenire niuno di noi perda mai di mira
il suo ultimo fine e l'acquisto dell'eterna felcità nel paradiso.
SECONDO GIORNO
1. Consideriamo o Cristiani, il secondo effetto funesto del
peccato originale, che è la malizia della volontà. Dio creando
l'uomo nel terrestre paradiso lo arricchiva del dono mirabile di
una retta volontà; mediante la quale egli avrebbe dovuto sempre
amare il vero bene e quello sempre cercare. Però appena che fu
colpito dal peccato nell'anima, la volontà si deviò tutta nei beni
sensibili e perniciosi, dimenticò Dio Sommo Bene per cercare
le soddisfazioni del senso. Caduti in tanta miseria che ci dirà
una mano per sollevarci ai beni soprannaturali? Voi sola, o
Vergine Immacolata, siete dopo Dio la nostra salute, e a voi
fiduciosi domandiamo soccorso.
Pater, Ave, Gloria.
Consideriamo, o Cristiani, come Dio nel santo battesimo
infuse in noi l'abito della carità per tenerci sempre uniti
all'amoroso suo seno.Eppure quante volte abbiamo dimenticato
Dio per le creature? Quante volte abbiamo rizzato idoli di
fantasia nel nostro cuore, e li abbiamo pazzamente adorati? Per
tanto eccesso, o Vergine Immacolata, otteneteci la grazia di non
separarci mai più dal sommo bene, che è Dio.
Pater, Ave. Gloria.
2. Al riflesso della nostra malizia, oh! Come bella apparisce la
volontà di Maria, preservata dal peccato originale! Unita al
sommo Bene sin dal primo istante di sua concezione non lo
lasciò mai più! Dio divenne l'oggetto dei suoi desideri, dei suoi
sospiri, dei suoi voti, Dio volle sempre colla mente e col cuore,
e per tutto il tempo che Ella visse andò sempre gridando:
Vedeste, o creature il sommo bene dell'anima mia? Num vidisti
quem diligit anima mea?
Pater, Ave, Gloria.
Preghiera
Vergine Immacolata, per quella eccelsa prerogativa che tra i
nati d'Adamo vi fece essere concepita senza colpa, per quelle
preghiere che ora s'innalzano a voi per tutto il mondo cristiano,
otteneteci dal Signore l'ardente carità che ne infiammi il cuore
gloria ad amar Lui sommo nostro bene, dispregiare i sensuali e
peccaminosi, ed aspirare a possederlo svelato nella gloria del
Paradiso.
TERZO GIORNO
1. Consideriamo, o Cristiani, il terzo e funesto effetto del
peccato originale, che è il divagamento della fantasia. Dio
autore dell'uomo gli fece questo dono, perché servisse di aiuto
alla contemplazione delle celesti bellezze, come la mistica scala
che toccava il cielo. Ma appena fu colpito dal peccato la
fantasia divenne un nemico insidioso; per essa noi miserabili
proviamo distrazione delle cose sante, per essa le illusioni dei
sogni e sin la perdita della stessa ragione. Così mentre doveva
servire per levarci sino al cielo con deplorabile iattura ci fa
cadere nell'inferno.
Pater. Ave. Gloria.
2. Maria uscita immune dal peccato di origine non ebbe a
patire tanto guasto nella sua fantasia. Frenata da una mente
sapientissima, da una volontà rettissima non patì mai
distribuzione nella preghiera, disturbo nei sogni, pericolo di
fantasmi. L'anima di Maria poteva per mezzo della fantasia
rappresentarsi in ogni momento la maestà del Creatore, la
bellezza del creato, la felicità del sommo bene. Per tanto dono,
o Vergine Immacolata otteneteci la grazia che sia noi ristorato
l'edifizio della primitiva creazione.
Pater. Ave. Gloria.
3. Alla grandezza del benefizio corrispose la somma
diligenza di Maria. Pose essa un freno severissimo ai sensi
esteriori per i quali la morte s'introduce nell'anima, e non
permise giammai che immagine di creatura occupasse il posto
dovuto alla bellezza del Creatore, a differenza dell'Eva
primitiva che si era fatta sedurre dal fascino di una divinità
ingannevole. Noi infelici! Che quasi contenti di di portare un
nemico in noi stessi, andiamo in cerca di tutte le immagini che
turbano lo spirito, allettano ai mondani piaceri, distruggono la
fede, e lieti della nostra ruina arriviamo sino a dimenticare la
somma bellezza del nostro Dio.
Pater. Ave. Gloria.
Preghiera
Vergine Immacolata, noi siamo confusi a tanta cecità del
nostro spirito, a tanta negligenza nel custodire i nostri sensi delle
immagini peccaminose. Impetrate specialmente all'incauta
gioventù, la santa costanza nel bene, la fuga dalle pericolose
conversazioni, dagli spettacoli lascivi, dai libri empi e osceni,
l'aborrimento delle soddisfazioni carnali che fanno l'anim e il
corpo privi per sempre della gloria del paradiso.
QUARTO GIORNO
1. Consideriamo, o Cristiani, il quarto funesto effetto del
peccato originale, che è la ribellione della concupiscenza. Dio
dopo che ebbe creato colle sue mani il primo giudicò opportuno
accoppiarlo con una donna che fosse la sua compagna della vita
temporale e la madre di tutti i discendenti. Questa doppia uscita
dalle mani sapientissime dell'Eterno offriva le prerogative più
lusinghiere, e sembrava essere sulla terra rappresentante della
bellezza divina.
Pater. Ave. Gloria.
2. I nostri progenitori formati da Dio, da lui congiunti e
benedetti, furono arricchiti di tutti i doni di natura e di grazia.
Nelle loro persone la carne non congiurava contro lo spirito, il
corpo e l'anima sembravano una armoniosa lira che tutta
risonava a lode del Creatore. Ma dopo la colpa originale essi
ben presto si accorsero che erano nudi, subito la carne si ribellò
allo spirito, la passione alla ragione trascinandola agli eccessi
più sozzi e perniciosi. Onde fortemente a nome del genere
umano querelavasi l'Apostolo delle genti gridando: Veggo
un'altra legge nelle mie membra che si oppone alla legge della
mia mente, e mi fa schiavo della legge del peccato che sta
nascosta nelle mie membra.
Gloria. Ave. Gloria.
3, Dalla rovina prodotta in noi per il peccato originale,
dalla ribellione della carne allo spirito fu sempre esente la
Vergine Maria. Non essendo stata nemmeno per un istante
invasa dal peccato la sua carne benedetta non fu giammai
avvelenata così la sua sant'anima fu sempre immune da ogni
neo di colpa anche veniale, il corpo fu sempre soggetto allo
spirito, le passioni alla ragione e lo spirito a Dio.
Gloria. Ave. Gloria.
Preghiera
Vergine Immacolata, dall'alto dei cieli, volgete un'occhiata
pietosa ai figli vostri. Contemplate la nostra condizione miseranda,
vedete la guerra che soffriamo dalle passioni della carne, e come
furiosa questa pugna contro lo spirito, contro la virtù, contro le
leggi del Signore. Oh! Maria, per l'alto pregio che aveste sempre
esente impetrate a noi la forza di vincere la guerra del senso, e il
Sangue preziosissimo di Gesù sia salutare lavacro delle colpe
passate farmaco possente per non ricadere in peccato e perdere il
paradiso.
QUINTO GIORNO
1. Consideriamo, o Cristiano, il quinto funesto effetto del
peccato originale, che è la schiavitù del demonio. Quando i nostri
progenitori furono collocati nel paradiso di tutte le delizie, collo
spettacolo di beni immensi, coll'aspettativa d'una vita sempiterna e
beata in seno a Dio, destinati essi e i loro discendenti a riempire le
sedie lasciate vuote dagli spiriti ribelli tutto l'inferno arse di sdegno,
e tosto si pose all'opera per trascinare seco nell'abisso questa nuova
creatura, oggetto amoroso delle compiacenze divine.
Gloria. Ave. Gloria.
2. Sotto forma di carezzevole serpente Satana si presenta alla
donna, come fortezza più facile ad essere espugnata. La incanta
con fallaci promesse, la trascina alla disubbidienza col farle
spiccare il frutto proibito; e quando per mezzo suo vide sedotto
e prevaricatore anche Adamo scese all'inferno gridando
“Vittoria, Vittoria”. Questa parola risonando orrenda nei cupi
abissi annunziava che l'uomo era divenuto schiavo del diavolo,
che sarebbe precipitato esso pure all'inferno, e vivendo sulla
terra sarebbe stato avvinto nei lacci di Satanasso.
Gloria. Ave. Gloria.
3. Alla schiavitù del demonio non fu soggetta Maria. Allorché si
pronunziava sulla misera Eva la sentenza di castigo a Dio
faceva sapere che una Donna, perché concepita senza macchia,
avrebbe col suo vergine piede schiacciato il capo del serpente
seduttore. Voi siete, o Maria Immacolata, questa donna
predestinata, voi sola dominante sull'inferno, e il vostro nome
atterrisce e fuga i demoni. Vi benedicono dunque i nostri cuori,
e le labbra nostre vi acclamino sempre. - Dominatrice
dell'inferno, vincitrice di Satanasso.
Gloria. Ave. Gloria.
Preghiera
Vergine Immacolata, per la potenza che avete contro lo
spirito delle tenebre liberateci dalle loro insidie. Voi vedete
quanto deboli siano le nostre forze in una lotta così
disuguale, e come ogni ora andiamo cedendo col pericolo di
essere sconfitti. Venite dunque in nostro soccorso; ma
specialmente nell'ora della morte accorrete a difesa
dell'anima nostra. Fate che pronunziando in quel terribile
assalto i nomi potentissimi di Gesù e di Maria fugga
spaventato il demonio, e lo spirito guidato dagli angeli salga
alla gloria del paradiso.
SESTO GIORNO
1. Consideriamo, o Cristiani, il sesto funesto effetto del peccato
originale, che è la morte del corpo. Dio creando l'uomo a sua
immagine e somiglianza lo aveva creato felice; ma per invidia
del diavolo entrò nel mondo la morte. Grande invero doveva
essere il nostro stato se non fosse venuta la morte. Ma, oh
miseria degli uomini! Insieme alla morte temporale venne
anche la morte eterna. Eppure mentre tremiamo per la morte del
corpo ci curiamo assai poco di quella dell'anima.
Pater. Ave. Gloria.
2. Dio avendo creato il primo uomo libero di meritare o
demeritare colla scelta delle sue azioni, senza ledere in nessun
modo il suo libero arbitrio, lo allettò al bene colla vista della
felicità eterna, lo allontanò dal male collo spavento della morte.
Ma caduto colla colpa l'uomo disgraziato non solo vide
chiudersi le porte del paradiso; ma presto conobbe lo sterminio
che faceva la morte. Così invece di somigliarsi agli angeli si
trovò accuminato ai bruti per la sua corruzione.
Gloria. Ave. Gloria.
3. La Verginella Maria, concepita senza neo di colpa, non
doveva soggiacere come gli altri figli di Adamo al severo
castigo della morte, ma dovea rappresentare sulla terra lo stato
dell'innocente prodigio della sua sapienza non permise che il
corpo santissimo di Maria fosse preda del tempo e della
corruzione; ma avendola assopita nei gaudi del suo amore
levolla in cielo in animo e corpo, e la volle assisa vicino al suo
Figliuolo qual Regina degli Angeli e dei Santi. Oh gloria di
Maria! Noi vi benediciamo, o Vergine senza macchia, e l'eco
della nostra esultanza risuoni in terra e in cielo.
Gloria. Ave. Gloria.
Preghiera
Vergine Immacolata, per la memoria del vostro beato
passaggio da questa terra, per la gloria di cui foste adorna
nell'empireo cielo, per la potenza che godete come Regina del cielo
della terra volgete il vostro materno sguardo sopra di noi vostri
figli; e giacché è impossibile scampare alla morte temporale fate
almeno che questa non ci tolga impreparati, che ci sia dato tempo
di convertirci di cuore al Signore, coll'aiuto di Giuseppe vostro
sposo; e l'anima ricevuta nelle vostre braccia sia ammessa a godere
la vostra presenza nel paradiso.
Gloria. Ave. Gloria.
Consideriamo, o Cristiano,
FLAMMIA NICOLA
Discite a me, quis mitis sum et humilis corde.
L'EVANGELISTA
Eccellenza Reverendissima, Venerando
Colleghi.
La maggior parte di voi convenuti stamane a questa funebre
cerimonia, levando gli occhi al tumulo, all'effigie che lo sovrasta, all'altare,
alla cattedra vescovile messi a gramaglia, sarà tornata con pensiero a quei
giorni, nei quali il tempio era in festa, sacerdoti plaudenti, e un novello
Pastore, missus a Deo, sedeva là con sembiante amabile, come padre in
mezzo ai suoi figli, dettando quei salutare avvisi che scendono sempre
ricchi di sapienza, da quella cattedra di dottrina cristiana. Avrà ricordato le
belle speranze che il nostro popolo, sempre pio nutriva per l'incremento del
culto ecclesiastico, per la sana educazione della gioventù, parte più eletta
della nostra patria famiglia. Avrà ricordato le parole soavi, il carattere mite,
l'umiltà de cuore del novello Pontefice, che i tempi difficili per il ministero
ecclesiastico, veniva a reggere la chiesa di Ariano. Avrà ricordato i lieti
auspicii del clero de del popolo, e poi fa scomparire, quasi tutto sacrato ai
consigli evangelici. Quindi il giovane Salvatore Maria primeggia negli
esercizi di divozione nella preghiera, nella obbedienza cieca, incontrastata
alla voce del superiore, nell'assoluto distacco dai bene mondani, nella
purezza completa della carne.
Questa provvida condotta egli veniva esponendo in seguito dando al
pubblico un aureo libretto, piccolo di mole, ma voluminoso di consigli,
tracciando all'anima cristiana la via per raggiungere la perfezione. Aveva
compreso il buon Nisio che l'essenza della perfezione con consiste nei
gusti esteriori, nello struggere in tenerezze, nell'estasi e rapimenti, nelle
visoni e rivelazioni, nello spirito profetico, nella solitudine romitica dei
deserti, ma nell'amare Dio di tutto cuore ed il prossimo come noi
medesimi. A questo concetto egli veniva tratto dallo stupore dell'Aquinate,
dalla lettura delle epistola dell'Apostolo delle genti, dall'assoluta sentenza
de diletto discepolo che aveva già affermato: Deus Charitas est, et qui
mannet in charitate in Deo manet, et Deus in eo (Sor. 1,4)”.
Però quest'amore non doveva essere una solitudine misteriosa dello
spirito un aborrimento di qualsivoglia azione esterna, chiudere affetto,
mente e cuore, idea e intelligenza, scienza e raziocinio nel muto e
incompreso abitacolo del proprio io. No: Signori, egli comprese che la
carità perfetta, l'amore che leva l'anima al suo fattore, e la rende ricca di
virtù è a carità operosa, e si era proposto di unire la preghiera all'azione, la
contemplazione all'opera, memore del consiglio dell'Evangelista Figlioli
miei, non diligamus verbo neque lingua, se opere et veritate.E quando con
S. Gregorio si andava facendo il quesito. Si amor operari renuit, amor non
est; vedeva chiaro che la sua vita, come religioso e scolopi portava seco
un'attività continua, un lavoro perenne, coscienzioso per santificare sé e
santificare altri.
Signori, è questo il perno principale intorno a cui si aggira la mistica
vita, contemplativa, magistrale, apostolica del Nisio.
Non perdiamo di mira il suo proposito. “La carità operosa, congiunta
alla mitezza di un tratto affabile, paterno, ad una umiltà sincera di un cuore
che ama, ama sempre, ama tutti, e per far servire questa forza potentissima,
per educare sé alla perfezione, per convertire traviati nel tribunale della
penitenza, per mansuefare le passioni bollenti dei giovani, per riuscire
degno seguace del Liguori. Amar sempre, trattar tutti con carità cristiana,
trasfondere in altri la soavità di una coscienza, pura incontaminata, piegare
le menti pervicaci, ribelli alla religione del Cr0cifisso, versare nelle
coscienze straziate dai delitti il balsamo della conciliazione, elevare le
anima a Dio. “Ecco il merito principale del Nisio: ecco la virtù nutrice
delle altre, ecco la sua bandiera, ecco la sua scuola per otto interi lustri,
frate, maestro, superiore, Vescovo, rettore delle anime, apostolo.
Infatti essendo ben presto erudito in questo aringo, eccolo giovine di
appena 25 anni scelto dai superiori a maestro dei Novizi, carica che non
sua affidarsi negli Ordini religiosi se non a quei membri che si veggono
più ricchi di virtù e più scrupolosi osservanti delle regole. Ma il Nisio
ancora giovine era maturo alla perfezione religiosa, e me lo dicono i Padri
che lo ebbero a Maestro, nel cuore di quali seppe infondere così tenaci
principi di obbedienza, di studio, di amore alle regole, che essi, fatti ora in
età senile, si giovano per la vita di ammonimenti.
Il P. Nisio, piegando il capo al volere dei superiori, credeva che lo
avrebbero lasciato libero di esercitarsi nelle più austere virtù, nel chiuso
asilo del noviziato, mostrando esempio parlante ai giovani operai. Quella
famiglia corrispondeva perfettamente al suo ideale di perfezione religiosa e
di santificazione del prossimo. Le letture coi suoi giovani, in consigli nel
segreto della coscienza, le reminiscenze dei fratelli morti in odore di
santità, la missione immensa e malagevole di creare soldati agguerriti che
portassero nei collegi e nella città la pietà cristiana colla erudizione della
mete erano continui stimoli al suo cuore a perfezionarsi, a correggere, a
lasciare lungo il cammino, quanto fosse d'ingombro nel bagaglio dell'amor
proprio, per correre sempre al fonte immenso di ogni bene, per additare il
lume eterno, ai giovani novizi, come l'aquila ai suoi aquilotti.
Ed egli, il pio religioso, credeva che lo avrebbero lasciato lavorare
tutta la vita nel formare le piante giovinette. Ma Dio, per bocca dei suoi
superiori lo trasse da quell'asilo di quiete a lavorare in campo più vasto,
affidando a lui trentenne il governo del Collegio giovine e rigoglioso di
Chieti, a quei dì famoso per numero di alunni, e copia di Professori
religiosi e secolari, colti nelle lettere umane, versati nelle scienze
filosofiche e matematiche,: e a capo di questo Liceo fiorente, di questa
semi università, creata nel cuore degli Abruzzi dal Governo, ecco scelto il
P. Nisio coll'ardua carica di Rettore.
Io so per esperienza, o Signori, che i nostri moderatori usano le
indagini più severe e scrupolose per la scelta dei Padri che devono
presiedere ai Collegi, e ciò per doppia ragione; perché noi, a differenza
degli Ordini Religiosi cumuliamo insieme la missione d'illuminare la
mente al vero, educare il cuore al bene - Ad erundiendam spiritu
intelligentiae ad pietate iuventutem. Trattasi di fare sviluppare in modo
armonico le due potenze, onde ne esca il cittadino istruito e credente,
trattasi di far sentire il lenocinio delle bellezze estetiche a salire al sommo
Fattore, trattasi di condurre la mente alla scoperta del vero, tenendo fisso
sempre l'occhio al sommo vero, eterno, e voi tutti comprendete come,
oggidì specialmente, sia oltremodo difficile contenere il pensiero umano
nei suoi limiti di credibilità religiosa, unire in saldo connubio la scienza e
la fede.
Ebbene, il P. Nisio veniva scelto suo malgrado a rendere uno dei
primi Collegi dell'Ordine nostro, presentarsi giovine e di niuna fama in
mezzo a dotti confratelli, apparire lui mite, quieto, quasi pauroso in mezzo
ad una gioventù viva, fervida, agitata e agitante; anelante a novità,
inconscia dell'avvenire, smaniosa di pensare, parlare, agire nel turbine
delle novità politiche.
E P. Nisio resse per 8 anni quella scolaresca laboriosa eterogenea,
quella famiglia religiosa colla bontà del suo carattere, colla mitezza, colla
benevolenza paterna; sicché anche oggi quei convittori, quelli scolari
dispersi per l'Italia tramutati in mille forme politiche, religiose, occupanti
cariche elevate nello stato, nelle magistrature, nell'esercito parlano con
vera passione di figliuoli del buon P. Nisio, come sogliono chiamarlo, e in
mezzo al naufragio di tanti principi religiosi richiamano anelanti quei
tempi nei quali lo spirito giovanile perdeva le sue furie al cospetto del P.
Rettore, così quieto, così carezzevole, che parlava sempre di dio, che si
aggirava per le scuole, per le camerate, dispensando avvisi, sorrisi,
donativi, e nelle reminiscenze di Chieti troneggia simpatica la figura di
quel frate mingherlino, pacifico – mitis et umilis corde.
E Nisio governava colla preghiera, e in quei tempi calamitosi e
laboriosissimi,per lui componeva opere ascetiche, persuaso che tutta la sua
abilità derivava dal Crocifisso, tutta la sua scienza dalla Croce, tutta la sua
dottrina dal Vangelo.
Che l'opera del P. Nisio fosse lodevole per l'Ordine e vantaggiosa per
la sua gioventù voi potete arguirlo da questo o Signori, che i Padri raunati
nei Comizi Provinciali proposero al superiore Generale dell'ordine la scelta
del P. Nisio a reggere la Provincia di Napoli, in tempi che erano i più
calamitosi per i religiosi tutti, e per gli Scolopi Napolitani in specie, e P.
Perrando, annuendo al desiderio dei congregati, eleggeva Nisio,
quantunque esso supplicasse ripetute volte e facesse pregare, perché si
levasse dagli omeri suoi un peso creduto insopportabile Bastare la mala
prova fatta in Chieti, conoscersi appieno la sua inettitudine, i tempi
richiedere spiriti forti, tempre gagliarde, animi battaglieri, lui essere buono
a nulla, al più sagrestano alla chiesa di S. Carlo all'Arena, quello il suo
posto, là scontare i peccati del mal governo di Chieti.
Ma la sua umiltà dovette cedere al volere supremo; perocchè lo
stesso Pontefice Pio IX, informato del fatto, mandò suo ordine santissimo,
al quale P. Nisio piegò il capo, e si pose all'opera; e vi resse per un
quadriennio in mezzo a cure angosciose per lo divagarsi dei religiosi, per
la chiusura di tante case fiorenti, per i colpi mortali che il nuovo Governo
dava alle scuole Calasanziane, per l'orgoglio dei municipi, che ignoranti o
atei si arrogavano essi il mandato di apprestare la sana istruzione alla
gioventù.
Signori, incomincia in questo intervallo di tempo l'apostolato di Nisio
nella popolosa Partenope e paesi limitrofi. Posto al governo della chiesa di
S. Carlo All'Arena la trasforma ben presto in officio di provvidenza. Nisio
si dà tutto alla carità operosa. Consigliere ai dubbiosi, conforto ai
pericolanti, guida ai traviati, il suo trono è il confessionale, quella la sua
cattedra di maestro, la sua casa di sacerdote, là inchiodato l lunghe ore,
pazientissimo, ilare attende le smarrite pecorelle per condurle all'ovile di
Cristo.
L'immagine di S. Alfonso lo eccita ad imitarlo, proprio là in quella
Napoli, teatro meraviglioso del Santo Dottore, proprio nel confessionale,
scuola profonda e larghissima di vizi umani e virtù ignorate, di aberrazioni
infelici e salutari conversioni, di gemiti elevantisi dalla coscienze inquinate
e delle anime convertite, là apprende i primi passi della vergine che cede
incauta alle lusinghe del senso, le fantasmagorie dell'adolescente che
indulge con mano puerile ai primi moti del senso, la rapacità lupina del
ladro, l'ipocrisia giudaica del calunniatore, la brutalità del padre di
famiglia, il lusso vizioso e l'intemperanza della madre, dimentica della
prole; là insomma convengono, come l'inferno dantesco, tutti i vizi e tutti i
viziosi ; e la coscienza esplicandosi intera e sincera, mentre aspetta il
ministro di pace la parola del perdono, mostra a quali degradazioni
conduce il peccato, la dimenticanza dei cristiani precetti; a quale abisso in
colpa tragga l'anima fatta per il cielo.
E Nisio si esercita in questo difficile aringo colla preghiera, colla
mansuetudine, coll'affabilità, colla scorta dei dottori, dei mistici scrittori, e
là medita di agguagliare il suo confratello Pompilio, e apprende da lui: la
divozione ai Cuori di Gesù e di Maria essere il vero balsamo per le
coscienze esulcerate. Ed eccolo, amabile, qual padre che attendo d tanto
tempo il figliuolo, ricevere il traviato peccatore e per fargli animo e sperare
ampio perdono dal Dio offeso, eccolo a presentargli a baciare le immagino
soavi, carezzevoli di Gesù e Maria: e poi stendere le braccia al misero
colpevole, ascoltarne gli errori, eccitarlo a penitenza, aprirgli le porte del
paradiso e ridonare alle coscienze tumultuanti nel dubbio, nella
disperazione, negli affanni la pace di Cristo. Pax Christi in cordibus
vestris.
Il campo vastissimo in cui ha lavorato P. Nisio per 26 anni continui è
stato il confessionale, e tutta Napoli parla oggi, e predica i benefizi
spirituali dell'Esimio Direttore dello spirito. Quante famiglie
riacquistarono la pace per la sua affabile intromissione! Quante fanciulle
si sottrassero a tempo al laccio infernale per il suo consiglio sagace!
Quanti miscredenti si ebbero la grazia della fece, ammirando solamente un
uomo che tutto spendeva il suo tempo, le sue sostanze, le sue ore, i suoi
pensieri, l'anima sua per versare una stilla di fede nell'intelletto chiuso al
vero bene.
Oh chiesa di S. Carlo all'Arena! Dì tu a questi ministri del santuario
quanto bene spirituale ha fatto Nisio ai tuoi convenuti, quante lagrime
deterse, quante ferite sanate! E tu che vedevi entrare nella tua soglia i
peccatori, irrequieti, agitati, spaventati, mostranti le sembiante esterrefatto
l'intero strazio e il tremito delle membra e i compressi singhiozzi e gli
alterati sospiri e le lagrime celate fra le palme delle mani, dopo il santo
colloquio al confessionale di Nisio li rivedevi ridenti in volto, levar gli
occhi al cielo, come se sentissero allora di esserne in possesso e benedire
Gesù autore della confessione, di questo santissimo lavacro delle
coscienze, e benedire il P. Nisio che aveva saputo così bene e così presto
sanar le piaghe del cuore, infondervi coraggio per una corretta vita e dire
colle labbra “Ora sì che mi sento guarito”.
Che tutta Napoli ammirasse il delicato magistero del Nisio
nell'indirizzo delle coscienze non v'è chi nol sappia. Gente di ogni età, di
ogni condizione, di ogni gradazione del sentimento religioso. Lui
confessore dei poverelli in chiesa e ne tuguri morenti, lui confessore degli
operai, lui confessore del ceto alto, aristocratico, lui confessore dei
convitti, degli educandi, del clero, delle Spose di Cristo; a lui si dirigono
dallo stesso Arcivescovo le coscienze più scabrose, e Nisio accoglie come
suoi figli.
Nella molteplicità di questo esercito di penitenti varia per indole, grado,
pietà e sesso pensate voi, quanti casi complicati, quante nebbie di
coscienza. Quanti camuffarsi del manto di austera perfezione ed essere
dentro lupi rapaci! Quanti levarsi repentini a voli estetici di una
immaginazione esaltata; quanti credersi dotati da Dio da spirito profetico,
di doni soprannaturali, di allucinazioni isteriche, e mettere la sapienza di
Nisio alla prova durissima di scernere i veri santi dai falsi, gli angeli buoni
dagli angeli rei, conoscere a menadito abdito cordis, e non farsi accecare
dal plauso del giudicare la santità vera.
Signori, qui sta la vera gloria dell'Estinto; saper confessare; cioè di
un peccatore farne un convertito, di un reo un santo, di un perduto un
membro del paradiso. Questa fu la gloria di S. Alfonso, e questa pure è
stata scuola del P. Nisio per un quarto di secolo. Che se il luogo e il tempo
non mi obbligassero a correre al fine noi impareremmo dal suo sacerdotale
ministero una storia dell'umanità peccatrice.
Ora immaginate se un sacerdote resosi famoso per tutta Napoli per
pietà e dottrina potesse rimanere ignorato a quel santo pastore che fu il
Riario Sforza, e non volesse porre a governo di una diocesi di così bene
aveva governato collegi e chiese. Ed eccolo proporre il Provinciale P.
Nisio al Pontefice Pio IX, ed encomiarne la scelta a pregare ce di lui
appunto venisse arricchita la città di Ariano, rimasta vedova per la rinunzia
del Vescovo Aguilar, e il Pontefice annuire col suo oracolo, e designar
Nisio Vescovo, e accompagnare la nomina al nostro Generale P. Casanovus
con parole lusinghiere per l'eletto e benevoli per l'Ordine nostro, a cui
voleva dare un novello attestato di benemerenza, in gratitudine della sana
educazione degli Scolopi in Volterra.
Ma se gli Scolopi, i Napoletani, il Cardinale Riario-Sforza, la Città
nostra accolsero con plauso la lieta novella non fu così per il P. Nisio. Egli
si spaventò come di una inopinata sciagura, nella sua umiltà non vide
onori, plauso, sorrisi, ammirazioni, inchini, baciamani, non vide la
soddisfazione di sedere tra i successori degli Apostoli, non vide il fumo
che sovente annebbia tante menti, ma vide la tremenda responsabilità.
Egli s'imbatté nell'ammonizione severa che l'Apostolo Paolo fa a Timoteo,
in persona di tutti i Vescovi, gli si svelò ampiamente innanzi allo spirito il
precetto di Reggere Ecclesiam Dei. E quale chiesa, o Signori? Quella che
Cristo si acquistò collo spargimento del suo sangue, collo strazio di sua
vita - quam acquisivit sanguine suo – Comprese il Nisio che se la chiesa
era così diretta al Nazareno, se gli costava prezzo tanto esorbitante,
sarebbe stato austero giudice per colui che l'avesse impalmata per fini
bassi e mondani. Egli che sentiva ancora il bruciore di tante piaghe
apertesi nel suo cuore al governo dei religiosi non riuscì a trovare pace, ad
accettare in dignità onorifica, e genuflesso al suo scrittoio scrisse a Roma,
supplicando il Pontefice e il Generale che fosse liberato da tanto pondo.
Mite e umile pianse la sua sventura, addusse la malferma salute,
l'incapacità di governare, l'età declinante.
Ma il Papa ripeté il comando, e il Generale avvisollo che
l'accettazione all'Episcopato più che illustrazione la persona recava fregio
all'Ordine del Calasanzio, e Nisio piegando il capo rispose: “Ubbidisco.”
Signori, se questo fatto io andassi a narrarlo ad altro clero, in mezzo
ad altra città potrei passare per romantico e mendace, ma voi l'avete
conosciuto quell'uomo tutto umiltà, ritiro, mansuetudine. Voi sapete che la
Diocesi nostra lo tenne per pochi giorni, voi sapete come una violenta
oftalmia, minacciandolo nel vedere, lo costringesse a cercare clima più
mite, cure di medici più famosi, sapete come il responso dei periti si
risolvesse per la necessaria dimora in Napoli, e Nisio reiterando le
suppliche addusse le testimonianze dei medici. Sapete come il nostro
Capitolo spedisse suoi rappresentanti a pregarlo di un ritorno anche
temporaneo; ma il Nisio rispose: - Si caecus caeco ducatum praestat – che
cosa avverrà? che ambo in foveam cadunt. Come poss'io governare una
Diocesi senza lume degli occhi? E perché assumere una responsabilità
tremenda io che ho tanto pianto e pregato in salute vigorosa? E qual
Pastore sarei io, se non esercitassi nessuna delle funzioni che sono inerenti
al mio uffizio? Si vede che Dio non mi vuole, ed io non voglio oppormi
alla volontà del Signore” e con una Pastorale commovente prendeva
commiato dal suo gregge che non aveva nemmeno conosciuto, dalla città
che non aveva nemmeno bene girata, ed augurando alla Chiesa Arianese
un Pontefice che tutte possedesse le virtù dell'apostolato, prometteva di
nutrire dilezione imperitura per questo popolo che lo aveva accolto con
tanta gioia; e così, col titolo di Vescovo di Amorio in partibus, ha speso
quasi 13 anni evangelizzando, cresimando, aggirandosi tra i colerosi nel
'84, dovunque la sua opera spirituale, corporale fosse invocata,
accompagnando i consigli paterni colle oblazioni per lenire la povertà
pudibonda, per dare un pane sul desco della famiglia miserabile, ed oggi,
che Monsignor Nisio non è più, quanti mendici attendono invano
l'elemosina! Quanti penitenti l'assoluzione! Quanti traviati il consiglio!
Dio ha voluto rapirlo quasi istantaneamente, perché a lui non facessero
forza le preghiere, i voti di tanti figliuoli spirituali. E il Vescovo Nisio
ricco di meriti si è addormentato nel Signore nel giorno faustissimo del
Rosario!!
Questa circostanza, fratelli miei, non devesi passare inosservata.
Nisio ad esempio del Liguori, ad esempio del Neri, del Sales, del
Bernardino da Siena, del nostro Pirrotta ha sempre nutrito la più fervida
devozione per Maria. Come il Pirrotta soleva chiamarla “Mamma bella”
soleva diffondere nelle case di Napoli la venerazione del Pirrotta, trattando
della divozione alla Madonna, negli intervalli di tempo, seduto al
confessionale recitava il Rosario, impegnato a promuovere il culto, come
si rileva dalla corrispondenza col Direttore del Santuario di Pompei, coi
sodalizi di Francia e d'Italia, colle confraternite di Napoli. Gesù e Maria
erano le sue giaculatorie, i suoi umori, le sue cure; se conversava
v'introduceva la divozione alla Madonna: e per riuscirgli accetto ottenerne
favori bastava mostrarsi fervoroso amante di Maria.
Ed ecco visibilmente la Vergine prediligere l'anima santa del compianto
Vesscovo. Fu nella nascita della festa di Maria che il Nisio giovinetto vestì
l'abito del Calasanzio, e votossi alla Vergine, come un secolo prima il
Pirrotta fu nella solennità del Rosario del 1875 che vestiva l'abito
episcopale nella medesima chiesa di S. Carlo all'Arena; è stato pure nel
giorno del Rosario che egli, freddo cadavere, si è posato nella chiesa dove
per tanti anni ha pregato pace e riposo alle anime dei suoi confratelli, dei
suoi figli, dei suoi colleghi. E così si è spenta la vita operosa del Vescovo
Nisio, a 64 anni per insulto apopletico, il 7 corrente mese, lasciando una
memoria dolorosa in quanti lo hanno conosciuto e trattato, una memoria
santa nell'Ordine Calasanziano, una ricordanza pietosa nella Diocesi
nostra, un esempio di anima perfetta nella carità alla Chiesa di Cristo.
Ecce quomodo moritur iustus! Compianto, benedetto! Ma la sua vita
è passato pure tra triboli e le spine, ed ha dovuto portare pesantissima la
cura croce, benché così mite ed umile. Il Nisio ha patito contradizioni? E
chi ne va esente tra i figli di Adamo? Ma se malevoli e invidiosi si sono
sollevati contro di lui egli incapace di concepire né anco un pensiero di
odio o rancore ha sofferto e perdonato.
Egli ha avuto la corona pungentissima di spine intorno al suo cuore
per l'ambascia degli scrupoli, e quante volte benché afflitto dai digiuni,
dalle penitenze, divenuto arido lo spirito e chiuso all'affetto divino il cuore,
si è creduto reietto dal Signore, come si credeva il Sales, la Vergine del
Carmelo.
Quante volte mentre apriva agli altri le porte del cielo
coll'assoluzione sacramentale tremava in se medesimo che nessun frutto di
esse ricavare da tanti lavori, e la patria dei beati esser chiusa per sempre
per lui!
Signori, questo martirio è il più tremendo, e chi ha letto le vite dei
santi potrà dirmi quale dovesse essere lo strazio atroce nello spirito del
Nisio. Ma al lungo agone doveva succedere la vittoria, e Dio rifulgeva
colla sua grazia nel cuore del figlio suo, e il sorriso dell'Immacolata Maria
fugava le tenebre del dubbio. Quella Madre da lui tanto amata, tanto
benedetta, che per mezzo suo ha veduto popolarsi gli altari di pietosi e i
santuari di voti, poteva non accorrere al capezzale del figlio morente e
tergendone il sudore di morte prenderne l'anima tra i celesti comprensori??
Ecce quomodo moritur iustus! E noi infelice, gonfio il cuore di
lagrime che cosa ci andiamo ripetendo in questo momento? - Beato lui! È
vissuto da santo, è morto da santo! Se in paradiso non ci entra lui, che vi
ha mandato tanto pentiti, chi dunque oserebbe salvarsi?
Via, fratelli miei e cari colleghi in G. Cristo, confortiamoci nel nostro
dolore, e vogliate esser cortesi di accettare una mia preghiera prima che
dalle vostre labbra si sollevi a Dio la prece espiatoria, che invochi la requie
eterna all'anima eletta del compianto Pastore. Venite spesso in questa
sagrestia e mirate l'effigie dell'Estinto, posate lo sguardo su quel libro che
ei tiene aperto nella mano sinistra, e v'indica di leggerlo, comprenderlo,
praticarlo. Quel libro ha solo due pagine. Il Cuore di Gesù e di Maria. E' la
più ricca eredità che il nostro Vescovo ci ha lasciata. Guardiamolo con
attenzione quel libro e guardiamo a lui. Egli ci dirà che quel libro basta a
formare i santi, che quel libro è così chiaro, così amabile, così facile che vi
possono e vi devono leggere sempre tutti gli ecclesiastici. Non tutti
potremo essere dottori, non tutti predicatori, non tutti apostoli, ma tutti
possiamo amare Gesù e Maria. Quel libro ci dirà che siamo il sale mistico
della società, che attende sempre da noi guida alla perfezione cristiana,
quel libro ci dirà che siamo lucerne splendide, poste ad ardere nel luogo
eminente del santuario, e da noi deve uscire luce di probità, di dottrina, di
fede, di carità operosa, quel libro ci dirà che possiamo anche noi come il
Nisio elevarci alle serene regioni delle celesti contemplazioni, all'amore
purissimo di Dio e del prossimo, quel libro ci dirà che solo esso è stato la
scuola dei santi dotti o ignoranti; e se noi promettiamo di porre in pratica il
consiglio venerando che ci lascia in retaggio l'illustre Estinto v'assicuro, o
venerati confratelli che l'anima mite ed amabile del Pastore Nisio
s'impegnerà presso Dio ad intercedere per la santa missione del Clero
Arianese.
FLAMMIA NICOLA
Articoli pubblicati sul Corriere Regionale
I. BIBLIOGRAFIA
OPERE DI P. NICOLA FLAMMIA
Libri di Lettura per la 1^ e 2 elementare.
La Religione della storia. Triduo di preghiere per il
Beato Pompilio Pirrotti.
Meditazioni giornaliere: due edizioni
La Religione della politica. Articoli appars sull'Ateneo
religioso di Torino.
Panegirico della Madonna della Consolazione.
Elogio funebre di Monsignor Salvatore Nisio, Vescovo
di Ariano.
Elogio funebre di Clementina Del Giacomo.
Una gita in Ariano, biografia di Gennaro Moscatelli,
l'Irpinia, Parzanese, De Sanctis , - sul Corriete
Regionale.
Articoli storici, letterari- bozzetti sullo stesso giornale.
Equotutico - Via Traiana - Sulla Gazzetta di Benevento.
Considerazioni sul metodo di F. De Sanctis - lettere
nove in ...
La Pubblica istruzione - mali e rimedi sulla Gazzetta di
Benevento, lettere quattordici.
Il Basso Clero a proposito della Conferenza del De Sanctis
sul D. Abbondio del Manzoni.
Conferenze sulla vita del Papato. (pubblicate prima del
1893).
Il pensiero di Dante. Nuovo metodo per ispiegare la Divina
Commedia.
Tre tavole topografiche dei tre regni danteschi, ad uso dei
licei.
La Francesca da Rimini. Il Conte Ugolino. Saggi critici in
confronto con quelli del De Sanctis.
La metodica e la Pedometrica ad uso dei Presidi e Direttori
delle Scuole Primarie e Secondarie.
Sunto Storico della Letteratura Italiana in relazione colla
politica, ad uso dei licei.
Corografia di Ariano per le scuole elementari
(di prossima pubblicazione n. 16-21) 1893.
P. NICOLA FLAMMIA GIORNALISTA-
PUBBLICISTA
1. LA SORTE DEI PICCOLI COMUNI
Da IL CORRIERE REGIONALE, Ariano, 1890, A. III.
n. 13, 23 marzo 1890, 1 p.
Io non so, se voi lettori miei, avete mai assistito alla
spogliazione che si fa di una chiesa di villaggio o di
campagna dopo la festa del Santo Patrono. Avrete
visto come nel giorno solenne vi Š stato il concorso
numeroso di curiosi e di devoti, la chiesa adorante con
lusso, la canonica vestita a nozze, musi, i cantori,
piovani salmodianti, spari, processioni. Poi, fatta la
festa, viene uno e si porta gli arazzi, un altro le belle
palme, un altro i preziosi arredi sacri; un altro i
candelieri dorati. chi si porta le panche, che i ricchi
vasellami, quale incassa incassa i calici, i quadri, i
turiboli, i voti, i voti e la chiesa rimane lercia, misera
colle panche zoppicanti, colle tovaglie ragnate, coi
candelieri sciancati, colle tende scolorati: si e no il
prete ed i fedeli si affacceranno una volta la settimana
per farvi una funzione, e poi tutti abbandonano il
tempio che otto giorni fa era il richiamo di tanti
dilettanti.
Quasi ad un dipresso sta accadendo ai piccoli
comuni. Suonano anche a stormo dal cadente
campanile della chiesuola comunale. la promessa di
libert…, eguaglianza, glorie cittadine, libert…
comunale le promesse di libertà… comunali ma poi?
Viene un decreto e toglie il Sindaco elettivo, viene una
ministeriale e toglie le guardie, viene un ministro e
leva la scelta dei maestri. Chi distrugge un simulacro
nel ginnasio, chi abbatte una pretura, chi rimuove la
stazione dei carabinieri, che leva l'agenzia, chi un
ufficio, chi un privilegio sui beni comunali, chi
cancella il diritto di pascolo, che quello di legnare.
In questo modo il piccolo Comune non ritiene che il
solo nome altisonante, pomposo, comune d'Italia,
provvisto di chiodi, cioè tasse. Tasse di decimi, tasse
comunali, tasse focatico, tasse sui bestiami, tasse sulle
rivendite, tasse da per tutto. E perchè? per legge di
eguaglianza. Pagano tasse Avellino, Ariano, Napoli,
dunque devono pagarle anche Chianche e
Chianchetelle, Sirignano, Villamaina, comunelli
microscopici di 600 anime.
I disgraziati piccoli comuni mancano, per natura del
luogo, per restrizione numerica, di tanti vantaggi:
mancano di telegrafo, di una vicina stazione
ferroviari: cosicchè‚ se vogliono andare ad Avellino da
Accadia devono impiegare due giorni. Mancano
di scuole secondarie, di succursali bancarie, di casse
agrarie, di monti frumentarii. Molti mancano dei caffè,
della posta, del macello, di un notaio, di un
procuratore consulente, di un mercato, di un
flebotomo dentista. Insomma è una spogliazione: e la
chiesa di campagna lasciata nuda, fredda, lacera,
povera, avvilita.
Gli abitanti dei piccoli Comuni pagano i ginnasii che
non hanno; i licei , le scuole tecniche, le professionali,
le normali, le università… che non hanno. Pagano il
comando della Pubblica Sicurezza, dei carabinieri,
delle ferrovie, delle intendenze, delle ricevitorie che
non hanno. Pagano le preture, l, i tribunali, le corti alte
e basse che non hanno. Pagano la tassa di sangue nei
soldati, i comandi militari, gli ospedali, le biblioteche,
i musei che non hanno. Pagano tutto, poverini, ed essi
non toccano niente.
Qual' è la sorte dei disgraziati abitanti (...)
Infelicissima.
Se due mattacchioni si graffiano il muso o litigano
per il possesso di una gallina devono mettersi in via
fra le gambe, lasciare la casa colla neve, coll'acqua e
rompersi il collo da Trevico ad Ariano per far sentire
le loro ragioni al Tribunale, alla Sotto Prefettura.
Sventura poi se devono viaggiar donne, vecchi!!
Se un padre provvisto di qualche bene di fortuna ha,
in medie, due figli da educare deve vederseli partire
dal tetto avito all'et… di 10 anni o prima, quando cioŠ
fatta la 3^ elementare non ci è più— scuola per essi.
Bisogna tenerli agli studi per lo meno 15 anni continui
colla spesa minima di 800 lire annue. Cosicchè se i
figli tornano al villaggio con una laurea, ci torneranno
vecchi, dopo di aver sciupato ventimila lire al povero
padre.
E fosse questo il solo guaio.
Ce n'è un altro. I giovani vissuti met… della loro vita
fuori del paesello, imbevuti di altri ideali; educati ad
altra scuola di sociali godimenti, colle abitudini
contratte nei centri popolosi sentono tutto il peso della
solitudine, del vuoto, maledicono al paese, alla sorte
loro, e... fanno i bauli per emigrare in sempiterno.
Se un padre non ha mezzi per dare ai figliuoli una
professione liberale, per educare i maschi e femmine
quando anche fossero d'ingegno svegliato deve
contentarsi a scegliere o perderli per sempre o
mandali a cavare cicoria.
Quelli che restano, se sono un pò pingui a denaro, se
hanno un pò di istruzione diventano i tirannelli del
Comune, e dicono e mandano secondo che
arvinchiano. Nel municipio sono aritri assoluti, nella
relazioni sciali tanti D. Rodrighi, e cosìsi
compensano della mancanza di tanti comodi che
largiscono ai citadini i grossi Comuni.
Se ci sono i titolati, i ricchi baroni, duchi, quelli
vanno in agosto solo per un mese nel villaggio, per
farsi incensure, per isfogare la vanit… personale, per
misurare il grano, imbottare il vino, poi? compiuta
l'opera si corre in fretta a Napoli per tornare si e no
l'anno venturo.
Ecco la sorte dei piccoli comuni.
Ma la parte ridicola la fanno poi i giornalisti, i
conferenzieri, gli economisti, qualche volta anche i
legislatori; perchè vogliono che l'agricoltura si
migliori, che la terra produca il decuplo, che il
bestiame si allevato così e cosi, che si faccia uso delle
macchine così così, che s'irrighino i terreni, si coltivino
gli incolti, si aprano soli, si vestano i dorsi dei monti,
si faccia questo, si faccia quest'altro.
Strombazzano le solite frasi arcadiche che l'Italia e il
paradiso di Europa, che noi possiamo essere ricchi più
della Francia, degl'Inglesi; che l'agricoltura, il
commercio, i prodotti, Dio mio! quante belle cose
possiamo fare e avere se le campagne fossero meglio
trattate.
E chi di questi famosi apostoli, di questi chiassosi
tribuni si azzarda a lasciare la bella Napoli, la gaia
Roma per andare a coltivare le campagne che sono
attorno ai piccoli Comuni?
Nessuno!!
Prof. N. Flammia
2. PER IL NOSTRO CONCORSO SUL NUOVO
PROGETTO DI LEGGE PER L'ISTRUZION
ELEMENTARE.
Da IL CORRIERE REGIONALE, Ariano, 1890, A. III.
n. 14, 30 marzo 1890, 1 p.
Rispondiamo brevemente per debito di cortesia ai
tre soli maestri che ci hanno inviato i loro scritti, in
risposta al Concorso da noi bandito nel n. 9 del
Corriere. Diciamo brevemente, perchè, visto che
nessuno si occupa dell'istruzione, sarebbe tempo e
fatica sprecata avvilire, in articolo che non saranno
letti, un argomento coì vitale.
Il maestro Giuzzo quasi ci faceva un rimprovero che
noi nell'invito ai maestri li tacciavamo di pecore mute.
Eppure ha visto col fatto che dei quattrocento
insegnanti elementari della provincia nessuno ha
creduto sporcare la sua penna intorno d’ una
quistione così santa. Noti il Giuzzo questo nessuno e
ne argomenti quale sia la premura, la passione, lo zelo
di difendere, oppugnare, criticare, dilucidare un tema
che e tutto loro. Noti il Giuzzi che i tre manoscritti non
appartengono alla provincia uno e su, mentre ci è ma
tre ci è venuto da Foggia, il terzo da Taverna di
Catanzaro. E i maestri Irpini?? Eppure sui giornali di
Avellino, Ariano, Benevento, Foggia, sui periodici
elementari sono assidui a scrivere, anzi anzi la loro
abilit… letteraria si sfoga in poesie, bozzetti amorosi,
necrologie di amici e amiche, senza che alcune volte si
arrivi a capire se - l'anima col corpo moria fanno, in
corrispondenza che trattano di serate balli, nascite,
elezioni di sindaci, di guardie campestri, di funerali,
di recuperata salute ecc. .
Questa indifferenza dunque Š un brutto segno
parchè sembra che della scuola elementare non
abbiano altro in pensiero che due soli ideali, liberarsi
dal controllo dei municipi, e assicurarsi il buono
stipendio alla fine del mese. A questo si riducono le
fili dei maestri, i lamenti, i ricorsi, le contese coi
municipi le farragini de' voluminosi scritti, relazioni
che ingombrano gli scaffale dei Provveditori e del
Ministero alla Minerva.
Bisognerebbe leggere qualche cosa l…dentro,
averegli sfoghi dei capi-sezione, capi-divisioni,
membri delle giunte, delle commissioni, relatori, e
certe volte e se n'esce di l…, come dall'ospedale degli
incurabili di Napoli, atterrito, confuso, smemorato;
bisognerebbe aver vissuto anni coi maestri elementari
di ogni qualit…, ceto, et… e poi darsi ragione di certi
fenomeni che sembrano assurdità…, e sono verità…
vive.
Lo stesso Giuzzo alla fine del suo articolo
prometteva altri scritti se il primo non moriva nel
cestino noi, per cortesia, per la promessa fatta,
abbiamo stampato sino alla virgola il mandato che ne
è avvenuto? che è passato un mese, e non si è fatto
vivo nessuno piè- nemmeno lui.
Il Corriere Regionale nella persona del sottoscritto
era pronto, come lo è tuttavia, a trattare ampiamente,
intus ed incute la questione degl'insegnanti elementari
e della scuola popolare in Italia sarebbe stato tanto di
guadagnato per i maestri, per i padri di famiglia, per i
municipi, per i consiglieri provinciali, per i deputati;
ma vista la misera figura che si è fatta per scrivere?
Giuzzo desiderava che noi dicessimo (...) che i
pochissimi l'hanno detta prima, e così non facciamo la
scostumatezza di prendere noi dal piatto la prima
porzione. Ora che tre soli maestri si sono serviti sopra
un cinquecento invitati conviene a noi metterci in
corpo il lasciato dagli altri tutti?
Non si può trattare isolatamente il nuovo progetto
Boselli senza richiamarci almeno di volo a tutta la
macchina della scuola elementare.
Se ci è un ministero dove si sia perduta addirittura
la testa e appunto quello che dice di educare la testa,
tanta Š la confusione che regna dal 1860 ad oggi nelle
innovazioni, regolamenti, circolari, programmi che
piovono ogni giorno come la gragnuola, tanto che alla
Minerva non sarebbe possibile contare nemmeno
quanti regolamenti, leggi e leggine sono uscita di l….
Alla stupefacente fecondità del ministero bisogna
aggiungere il solletico dei Direttori, Assessori,
Delegati scolastici e poi si faccia ognuno un criterio
da s…
Si crea ogni giorno, si modifica ogni giorno, non si
aspetta che un regolamento dia i suoi frutti che subito
si cancella per inculcarne un altro.
Intanto l'istruzione va zoppicando, l'educazione non
esiste nemmeno di nome, i maestri strillano, i
municipi peggio. Il Ministero credendo di contentar
tutti i manipoli una circolare, un decreto reale, e lo
manda colle raccomandazioni che Berterelli fa della
pillola di catramina. I maestri la leggono, veggono che
non vale niente, e fanno come le rane di Esopo al re
travicello.
Si vede, si tocca che la famosa scuola elementare
nata per la generazione nuova dell'Italia Una, tenuta a
battesimo da fracasso promesso non d… quei frutti
che se ne aspettano il ministero che fa? An... dice fra s‚
- nelle scuole i ragazzi imparano poco, un rimedio io,
cambio questi libri, e metto gli altri. Fatta la prova è
peggio gli scontenti crescono la scuola non frutta - E'
vero - dice un altro maestro, rimedio subito. Raduno i
maestri alle conferenze regionali ed ecco fatto - Il male
non cessa - Per bacco, riflette l'altro ministro, qui ci
vuole un regolamento pe le lezioni di cose - Gi…, gi…,
gridano i soliti trombettieri - metodo intuitivo si ca
pisce - Si applica il decreto e il male cresce - Ho capito,
soggiunge un altro ministro, ci vuole la ginnastica -
Sicuro, fiato alle trombe, sonata che mente sana
rafforza i... muscoli - Così bene - Peggio di prima -
Voglio mettere un poco di lavori manuali, dice un
altro ministro - Benone, gridano i banditori - e il
ministero d… alla nazione il vergognoso spettacolo di
mandare a N…s in Svezia per vedere come i ragazzi
fanno ... i giocherelli poi seccato esso stesso di aver
fatta una corbelleria mette negli scaffali lavori e
lavoranti - Peggio, bisogna levare quell'istruzione
religiosa, riflette un altro ministro, quella è una
iettatura, vogliamo fare la scuola laica - Si, si - laica,
strillano i soliti - Peggio di prima. Ah - pensa un altro
- voglio imitare il Padre Eterno- quante sono le scuole
elementari? Quattro - Ebbene siano cinque - Fiat. E'
fatto - Nessun benefizio. Non per niente sono
ministro, dice un altro - faccio un regolamento -
programma - legge - decreto - come gli annunzi
teatrali - Recipe. Un dramma di lingua, uno di
aritmetica, uno di storia contemporanea, uno di
lezioni oggettive, uno di geografia, uno di disegno,
uno di canto, uno di ginnastica, uno di diritti e doveri,
uno di calligrafia, uno di lavori, uno di agraria fate
pillola una, inghiottitela e...crepate. - Peggio di prima.
Eh... so io dove sta la radice del... male - dice l'altro
ministro. La scuola non frutta? dunque la malattia sta
nei noi, poveretti? guarita i maestri e la scuola far… i
progressi... Si, si, pensiamo ai maestri. Vedremo nel
prossimo numero questa cura ipnotica, magnetica,
omeopatica.
Prof. N. Flammia
3. SULLA TOPOGRAFA STORICA DEL'IRPINIA.
CONSIDERAZIONI E RISPOSTE
Poichè la carità… del natio lco
Mi strinse...
DANTE Inferno cant.
A leggere nel passato giugno il primo volume della
Topografia storico lavoro dello Jannacchini e farvi un
articolo che fu inserito nel numero 33, 28 luglio, del
Corriere, mi tocca scortesissimo rabbuffo dalla
Sentinella Irpina la quale ebbe la faccia fresca di
tacciare di fanfaronate tutte le mie osservazioni tutte
le mie osservazioni lettere storiche, scientifiche
intorno al lavoro.
Io non potei rispondere subito perché il bravo
giovine Grasso trovato pane per i denti
ANTOLOGIA FOTOGRAFICA
1. Frontespizio studio sulla vita e sulle opere di P. P.
PARZANESE, Benevento 1910, Stab. Tip. D'Alessandro.vol.
1
2. Dedica a P. P. Parzanese.
3. Studio ... 2 vol. Ariano, 1910, Stab. Appulo Irpino.
4. Tipo Figurino femminile,
5. Studio... vol. 3, Ariano, 1910
Castello di Ariano, foto p. 133.
4. Studio... vol. 4° 1910.
5. Onoranze a Parzanese
LETTERE E CORRISPONDENZE
1. - Lettera di Pier De Donato Giannini, al Prof. Nicola
Fammia. Padova, 6 dicembre 1891.
Ill.mo Signor Prof. Flammia
Padova li 6-X- 91
Egregio Signore,
Quantunque io non avessi mai avuto il piacere di
conoscerla e di stringerle la mano mi son pigliata la licenza
di mandarle questo mio biglietto e pregarla di volermi
rendere una finezza - Ad Ariano o poco lontano so esser
nato il caro poeta Pier Paolo Parzanese così poco conosciuto
all'infuori del Regno del Reame di Napoli come purtroppo
dovrebbe da per tutta Italia essere venerato. Io mi sono
risoluto, e fin da un pezzo , onorare la memoria di di quel
valente, ordinando tutto quello che egli scrisse in modo da
farlo conoscere, sebbene tardi agli italiani, i quali potranno
ammirare nei versi del Parzanese qualcosa di veramente
mirabile a cui dettero origine e fondamento le ispirazioni
più veraci di natura e di affetto - e poiché ho anche bisogno
di preporre alla mia edizione uno studio sulla vita e sui
tempo del Parzanese, Signore, mi farà la finezza di
raccogliere un maggior numero di notizie e documenti,
inviandomeli il più sollecitamente che ella potrà! Mi farà
cosa graditissima ed io le sarò oltre ogni misura obbligato.
Vorrei pure potere avere un esemplare dei Versi del
Parzanese stampati a Napoli e tutto quell'altro che vi possa
essere inedito.
Io insomma mi raccomando a lei e la chiamo a prender
parte ed un'opera di generosa riparazione della quale tutti
le saranno riconoscenti. Perdoni al mio modo di scrivere,
perchè impacciatissimo in questi giorni; ella ha già tutto
inteso, e spero che fra pochissimi altri giorni ella sarà in
gradi di potermi fare arrivare un semplice motto con cui
potrò essere fatto sicuro della intera riuscita.
Mi abbia intanto interamente suo e rispettosissimo a
renderla quel contraccambio che elle crederà migliore.
E con effetto pari alla stima mi creda
Suo Devotissimo
Pier de Donato - Giannini
ONORANZE A PARZANESE
L'idea di elevare un busto al poeta - oratore sorse subito dopo la sua morte, e
per conto suo l'effettuò lo scultore Balzico mettendolo a Poggio - Reale. In
seguito si fece qualche progetto, come ho detto nel vl. 2°. Lodatori di
Parzanese. Per iniziativa di Villani e Gagliardi mettendosi una lapide alla
casa del poeta risorse il proposito di fare un busto. Ma poi quantunque si
aprisse na sottoscrizione non se ne fece nulla.
Nel 1901 mese di agosto il prof. Grasso lanciò l'appello agli intellettuali di
Ariano e Circondario per erigere tre busti a Parzanese, a Mancini e a De
Sanctis. Per Parzanese designava come luogo prescelto la villa. Intanto riuscì a
raccogliere più di 600 lire come offerte poi venne il Comune.
Sul giornale cittadino Il popolo numeri 7 e 10 - 1902 gli venne il ghiribizzo
di domandare la mia opinione sul sito per Parzanese (vedi articolo). Piccato nel
Numero unico pubblicato nell'agosto, cinquantenario della morte del poeta,
invitò altri a collaborarvi ed escluse me. Messosi all'opera fece fare dallo
scultore Pardo i due busti di Mancini e De Sanctis, che esistono ai lati della
porta municipale. Per l'inaugurazione furono invitati Gianturco, Cocchia, il
senatore Polvere, il prefetto, il Provveditore, la figlia e la nipote di Mancini,
Caputi, Anzani ed altri. La cerimonia si fece l'8 novembre 1903, Gianturco
parlò bene di Mancini, Cocchia male di De Sanctis trattandolo quasi da
pulcinella. Per Parzanese niente.
Sulla scale del Municipio ci furono i discorsi per i due deificati, gli avversarii
si recarono sotto la casa del poeta, e chi gridava da una parte e chi dall'altra.
Una vergogna.
Non pago di averci così umiliato il Grasso tornò a punzecchiarmi, perchè mi
mettessi alla testa di un comitato nel 1904. Fu allora che gli risposi per le rime
(vedi giornale Verità N. 28 agosto, 25 settembre 21-23). Gli mostrai l'onta
fatta in casa nostra al povero De Sanctis creatore della critica estetica,
l'ingiustizia di aver devoluto ai due le offerte che preti e secolari,
tassativamente, avevano dato per Parzanese. Egli per riparare l'affronto voleva
Ariano . P. Nicola Flammia, Il sacerdote, l'uomo, il politico, lo storico , il critico. di Giovanni Orsogna
Ariano . P. Nicola Flammia, Il sacerdote, l'uomo, il politico, lo storico , il critico. di Giovanni Orsogna
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Ariano . P. Nicola Flammia, Il sacerdote, l'uomo, il politico, lo storico , il critico. di Giovanni Orsogna

  • 1. ACCADEMIA GIROLAMO ANGERIANO ARIANO IRPINO CENTRO LATINITATIS ARIANO IRPINO GIOVANNI ORSOGNA Diacono P. NICOLA FLAMMIA, L’UOMO, IL SACERDOTE, LO STORICO, IL CRITICO. Celebrazioni del centenario della morte 1917-2017 Quaderni n. 2 Edizioni Parco Giuridico-Letterario P. S. MANCINI, LAURA BEATRICE OLIVA F. De Sanctis – Maria Teresa Arenaprima
  • 2. Biografia dell’Anima P. NICOLA FLAMMIA Figura 1Ariano di Puglia ai tempi di P. Flammia “Nati non siamo a viver come bruti Ma per seguir virtute e conoscenza” Dante Alighieri, Divina Commedia “Ben disposto verso il prossimo, ha difficoltà relazionale, per una certa chiusura in se stesso, una certa insicurezza e pigrizia. Buona intelligenza, la logica e l’attitudine alla riflessione. Buone le capacità d’intraprendenza. Vulnerabile su piano erotico che non è disgiunto però dall’affettività” Nel pieno dell’energie intellettuali, ma fiaccato da una malattia portata avanti con rassegnazione, anche se in età di 74 anni, il 26 novembre 1917, ritornava alla casa del Padre, Nicola Flammia, sacerdote calasanziano delle Scuole Pie, nella sua casa sita nel rione Calvario. Oggi la sua stele custodisce i resti del benefattore e padre della patria di Ariano, P. Nicola nella chiesa di S. Maria della Ferma, nel cimitero di Ariano Irpino. Foto tomba
  • 3. “Carneade” Chi era costui?! Uomo dal gran cuore, battagliere, ha sempre tenuto accesa la “Flammia o fiamma” dell’umanità connessa alla ricerca della verità, della giustizia, un uomo che nell’esercizio del suo sacerdozio, ha attuato il moto del Santo calasanziano S. Pompilio Maria Pirroti “dotto e santo”. Lo studioso e il ricercatore storico ha sempre armonizzato la scienza dell’educazione applicando i migliori metodi educativi e pedagogici. Da una modesta famiglia di Ariano, venuta dalla vicina Frigento, Giuseppe, di professione bracciale e la madre Giuseppa Guardabascio casalinga, viene alla luce Nicola Maria, il 26 aprile 1843, battezzato il… nella Chiesa di S. Biagio. La provenienza da una famiglia del popolo, gli consente di vivere una infanzia di sacrifici, dotato di una viva intelligenza, viene avviato nei primi studi nel seminario di Ariano per poi passare al Collegio Calasanziano di Alatri. Consacrato sacerdote gli viene assegnato il compito di rettore ed insegnante presso le scuole superiori del Collegio di Alatri (Fr). La lontananza dalla città natale, il non impegolarsi nelle questioni cittadine, gli consente di essere obiettivo e non influenzabile dalla politica locale e dalle beghe provinciali del paese arianese. Notizie autobiografiche lo stesso P. Flammia le rende note nei suoi scritti e pubblicazioni . L’esordio avviene nel 1864 con la pubblicazione di un interessante saggio storico: La Storia e la Religione, dedicato al Vescovo di Ariano Mons. Aguilar, nell’opera si rivela acuto critico e con una è particolare sintesi ne traccia la storia umana dall’inizio fino alla sua epoca, secondo una rilettura manzoniana della Provvidenza. La regia del progetto di Dio per il riscatto materiale e spirituale dell’umanità Nel contempo è presente nelle diatribe culturali, pastorali e letterarie con la sua vasta produzione giornalistica nella città romana e successivamente con la migliore stampa periodica, e giornali del tempo. La sua prosa asciutta, sferzante, ironica è ordinata dai canoni del suo temperamento. I temi trattati spaziano dalla religione, la passione per la ricerca storica-etnografica, interviene con orazioni, panegirici, saggi, scritti e bozzetti che si rivelano aggiornati ed anche ironici. La pubblicazione dei 4 volumi “Studio sulla vita e le opere di P. P.
  • 4. Parzanese, (1910), frutto di anni di ricerche e di studi, ha avuto il merito di dare una organicità e una sistematicità sotto l’aspetto della genesi cronologica del corpus poetico, letterario delle opere del Parzanese. Un’opera che è stata poco studiata ed apprezzata dalla critica letteraria e dagli stessi studiosi arianesi e italiani. Resta il miglior commento e ricostruzione di tutto il percorso parzanesiano che andrebbe riscoperto per la sua profondità ed originalità, preziosi sono i commenti del Flammia. Si può parlare di una scuola di Parzanese, e tra i discepoli più coraggiosi si annovera proprio il nostro Flammia. Figura 2Cattedrale di Ariano, interno prima del sisma del 1962 La genesi e composizione della Storia di Ariano, di cui lo stesso Flammia ne riconosce i limiti, ha dato onore e continuità alla storia della Città del Notaio Scipione De Augustinis, degli stessi Fratelli Tommaso Vitale e Francesco Antonio; di entrambi il pro- nipote Mons. Emerico Pisapia, ne affida il necrologio di cui si pubblica in appendice.
  • 5. Nella temperie delle opinioni storiografiche della provincia e della regione, la Storia di Ariano del Flammia, è considerata all’avanguardia. Lo stesso Flammia ne anticipava una edizione aggiornata, ma che purtroppo non se ne trova traccia. Dopo 32 anni di lontananza ritorna nella sua città natale dove risiede inizialmente nel Collegio degli Scolopi di Ariano, ufficialmente ricopre l’ufficio di Cappellano della Chiesa degli Angeli Custodi, di fronte alla chiesa agostiniana di S. Agostino, oggi Piazza Ferrara. L’attivismo del nostro storico arianese non si ferma alla cultura, ma si immedesima nella collaborazione giornalistica con articoli ed interventi sul piano storico, letterario e pedagogico dei migliori giornali della Campania e della Puglia e della Basilicata. La devozione mariana è stata sempre coltivata dal Nostro, sono splendidi le orazioni, i panegirici e le novene composte. Non vi si nota prolissità ma sintesi e temperamento: l’obiettivo è stato quello di armonizzare fede popolare, saggezza e zelo evangelico. La pastorale del Flammia è stata sempre in perfetta armonia e comunione con i Superiori e il Vescovo, i nostri pastori hanno sempre riconosciuto in Flammia lo zelo e la saggezza del sacerdote. P. Nicola Flammia si è speso anche nella politica amministrativa della città in qualità di consigliere comunale, e prezioso è stato il suo apporto per il benessere della comunità arianese. In conclusione vorrei ricordare la corrispondenza fino agli ultimi mesi prima della morte: Sulla Rivista Storica del Sannio, nell’aprile del 1917 vengono pubblicati gli studi sul Metodo di Francesco De Sanctis, il ricordo dei P. S. Mancini nel primo centenario della nascita 1917. Leggendo questi studi e saggi si scopre un leone imbattibile, ma anche fragile per l’età e l’incontro con la morte. Si raccontano anche alcuni aneddoti sulla sua vita: è ricordato dal Prof. Stanislao Scapati, che P. Nicola veniva soprannominato Padre cartone, quest’ultimo affetto da sordità, aveva inventato un espediente per sentire, le cartine delle sigarette, che messe nell’orecchio come una membrana vibravano ed egli riusciva a sentire.
  • 6. Auspici E’ un debito della Città di Ariano è della Diocesi di Ariano Irpino- Lacedonia, che venga riproposta, studiata e se possibile imitata l’avventura di vita di P. Nicola Flammia. Celebrare significa anche prendere quello che di buono hanno sognato e realizzato i nostri padri, questo studio è solo una bozza di lavoro, mettere a disposizione della popolazione e degli educatori, quanto ha pubblicato il nostro P. Nicola. Egli figlio di “bracciale”, contadino e da una madre cristiana e laboriosissima, una famiglia che non si è mai scoraggiata nelle vicende della sofferenza, ha gioito con le altre famiglie e ha pregato, lottato un quell’”Ospedale da campo” che è la città e la società moderna. Figura 3 Castello di Ariano, veduta dal Palazzo Anzani, 1910, Piano dei Preti e Albero di Parzanese sul castello Ringraziamenti Un particolare ringraziamento al nostro carissimo P. Sergio Melillo, Vescovo di Ariano Irpino - Lacedonia, per aver creduto e sostenuto il convegno. Al Sindaco e alla Città di Ariano Irpino, per aver dato il patrocinio gratuito. Alla Direzione e personale dell’Ufficio Beni Ecclesiastici per la
  • 7. gentilezza avuta nelle consultazioni dell’Archivio Diocesano – Fondo Minelli. Alla Direzione e personale delle Biblioteche Provinciali di Avellino, Benevento e Foggia. Al Dottor Emerico Maria Mazza per la consultazione di testi della Biblioteca “Felice Mazza”. Alla Direzione e personale dell’Archivio Storico del Comune di Ariano Irpino, della Biblioteca Civica “P. S. Mancini; alla Direzione dell’Ufficio Stato Civile del Comune di Ariano Irpino. Alla Famiglia Riccio-Altavilla-Maraia, eredi della tipografia Riccio e Figli per aver fornito preziose notizie storiche e documenti. I PADRI SCOLOPI E’ un Ordine religioso fondato nel XVII secolo da San Giuseppe Calasanzio (1557-1648) e dedicato ad evangelizzare mediante l’educazione dei bambini e specialmente poveri. I padri e si consacrano ad esso con un quarto voto speciale. San Giuseppe Calasanzio, dichiarato dal Papa Pio XII nel 1948 “Patrono Universale di tutte le scuole popolari cristiane del mondo”, ha il merito di aver aperto nel 1597 “la prima scuola pubblica popolare gratuita in Europa” (Von Pastor). Proclamò il diritto all’educazione di tutti i bambini e lottò per questo, motivo per cui fu perseguitato. Ma ebbe molto successo nel suo proposito poiché rispose alle sfide e ai bisogni del suo tempo. Nel 1617 si fondò la Congregazione Paolina dei Chierici Regolari Poveri della Madre di Dio delle Scuole Pie (il nome di “Paolina” viene da Papa Paolo V che l’approvò). Si estese presto in tutta Italia e in Europa Centrale. Oggi è diffusa in 4 continenti (Europa, Asia, Africa e America). Siamo oltre 1.300 religiosi. Per oltre quattro secoli, noi Scolopi abbiamo sempre sostenuto, con altri, l’educazione ed attualmente, come pure nel passato, ci sta a cuore la formazione dei bambini, specialmente dei meno abbienti e ci stanno a cuore i sogni e le preoccupazioni della gioventù. Questa missione non la portiamo avanti da soli, ma la condividiamo con oltre centomila laici e con le congregazioni religiose femminili e maschili che formano la grande Famiglia Calasanziana. Tra i santi irpini delle Scuole Pie è ricordato e venerato S. Pompilio Maria Pirrotti delle Scuole Pie (1710-1766), canonizzato
  • 8. nel 1934. Ariano ha ospitato un collegio e scuola di formazione della gioventù, voluto ed incoraggiate dai vescovi di Ariano.
  • 9.
  • 10.
  • 11.
  • 12.
  • 13.
  • 14.
  • 15. Figura 4Ariano Irpino, chiesa di S. Maria della Ferma, cappella del cimitero dove riposa P. Nicola Flammia
  • 16.
  • 17. PROF. NICOLA FLAMMIA *** UNA GITA IN ARIANO *** Quadro Storico- topografico - statistico della città e dei Contorni ARIANO Tipografia Tricolle Riccio e Figlio Via P. P. Parzanese 1914
  • 18. AL CORTESE LETTORE &&& Pubblico questo lavoretto storico intorno alla città di Ariano, fatto da un mio amico per passatempo e per memoria della sua dimora in città nel mese di agosto dell'anno passato. Egli non vuole essere nominato, ed affida a me l'incarico di dare alla luce il suo scritto. Io appago il suo desiderio, perché mi pare utile assai non solo a noi, ma anche ai forestieri che volessero un prontuario delle notizie cittadine. Dopo tutto rendo un omaggio di riconoscenza ad un pezzo grosso del Ministero dei Lavori Pubblici e un attestato di gratitudine ad un vecchio amico, ad antico condiscepolo. Il lavoro è diviso in cinque giornate quante egli ne passò meco in dolcissima compagnia. Ariano, agosto 1913 Prof. Flammia
  • 19. Giornata prima ______ Dalla stazione di Cerreto a piazza del Duomo Arrivai alla stazione di Ariano col diretto delle 15. Messo il capo fuori dello sportello scorsi ubito il mio caro amico, che chiamerò il mio Cicerone all'uso nostro romano. Saltai dal predellino, e mi trovai fra le sue braccia. ci facemmo le solite cortesie tra risa e carezze, e poi indicatami una carrozzella vi salimmo noi due soli. - Oh - diss'io - finalmente sono arrivato dopo, lo sbattimento e il tru, tru, di tante ore. Vedi come sono affumicato? Non ti sembro un Vulcano? - Ma che? Sei bello, azzimato come un parigino. Eppure così vecchio!... Ci mettemmo in viaggio. - Piano, io voglio veder tutto, osservar tutto, e tu devi rispondere a tutte le mie domande, se vuoi l'approvazione a pieni voti con lode. - Sono pronto come un testimone innanzi al giudice. - Veggo una chiesa, non pare finita eh? -Sissignore. E' la chiesa fatta costruire dal vescovo D'Agostino qualche anno fa, 1900, per comodità dei fedeli; ma per dabbenaggine dell'ingegnere, come sei tu... - Eh? piano colla lingua... Noli me tangere... III. Allora la contea fu elevata a ducato. Quando avvenne la - Dunque per colpa dell'ingegnere non si badò che sotto filtrava l'acqua. Così si è aperta come un cocomero. Il vescovo voleva farci un'abitazione pel cappellano, un locale per le scuole rurali da tenersi dalle monache. Così ha speso 40 mila lire... e non ha fatto niente. Ci si
  • 20. dice la messa nei giorni festivi. Vedemmo appresso alcuni caseggiati, poi voltammo a destra per la salita. - Come si chiama questa contrada? - Cerreto, e così si chiama anche la stazione, che è posta a 400 metri sul livello del mare. Qua convengono da molti paesi i viaggiatori e trovano vitto e ricovero in queste osterie. - Ma per venirci si soffre uno strazio! quanti tunnel ho attraversato nel vostro territorio? circa 22 milioni, quando la mano d'opera costava poco. Ora giudica tu che sei ingegnere. La linea ferroviaria attraversa il territorio di Ariano per 18 chilometri. Ci sono due stazioni Ariano e Pianerottolo verso Foggia sulla sponda del fiume Cervaro. La linea nell'interno del tunnel vedi? sale, sale sino sotto la strada nazionale a 570 m. . Poi discende sempre fino a Foggia. Qui in mezzo è lo spartiacque d'Italia, perchè di qua le acque si versano nel Miscano, poi nell'Ufita, poi nel Calore poi nel Volturno e finalmente nel Tirreno. Di là si versano nel Cervaro e al mare Adriatico. Come vedi sulle carte la linea fu fastidiosa assai. Da Benevento si dovette accostare qua ad Ariano, forare tutti questi colli. Fortuna che sono in marna gialla o turchina. Per accedere alla stazione si costruì questo tronco della Nazionale. Misura metri 3501, e costò la bellezza di 85 mila lire. Ora è dichiarato strada provinciale, colla spesa di 2600 lire per la manutenzione. Ci trovammo sulla strada Nazionale. - Ahh... che vista!... che aria!! Girammo a destra. - Ecco un caseggiato moderno. - Che cosa è?... -Il casino dell'avvocato Mazza come luogo di villeggiatura.
  • 21. Più innanzi altro caseggiato a sinistra. Una taverna. a destra una chiesuola. I martiri. Guardando alla destra di essa vidi un sentiero stretto tra due siepi. - Di là mi disse l'amico, si scendeva una volta a Cerreto, donde si saliva a Camporeale per la strada mulattiera prima che fosse costruita da Carlo I d'Angiò la strada nazionale che da Napoli, Monteforte, Avellino andasse a Foggia. La strada rotabile passava da Benevento a Troia per il Vuccolo di Troia, Via Traiana, - E perché Carlo non la tenne? - Perchè Benevento era del Papa, e non poteva passare sul territorio straniero. Questa fatta da lui, o meglio iniziata, fu rifatta da Filippo II. e finalmente ridotta ampia da Carlo III. E perchè ci sono tante pendenze, mentre si potevano evitare con tracciati più comodi? - Perché sia per risparmio di spesa, sia per i maledetti intoppi d'interessi privati venne ordine di tenersi al possibile sul tracciato della mulattiera. Questa strada era la provvidenza degli Arianesi, perchè nel corso della giornata vi passavano un centinaio di traini e carrozze. Ci era un movimento, traffico enorme, si facevano guadagni. Lungo la stradale dentro e fuori di Ariano ci erano circa 30 taverne, che servivano di ricovero alle vetture; ma... -Perché... ma?... - Ma ci era il pericolo di truppe di passaggio e tu hai letto la storia dei tempi della repubblica partenopea. Passaggi di repubblicani, prima, sanfedisti poi col cardinale Ruffo, Russi, Tedeschi, Francesi, Spagnoli, Turchi; poi passaggio di truppe borboniche, briganti, passaggi di comitive infette che seminavano la peste, assedii, assassinii. So io quanti furti, quanti uccisi? Vedi questa taverna? Era della famiglia Passeri, osserva l'arma del Cardinale Passeri. Più in su vidi un bel casino... - E' questo? - Era della famiglia Forte. Quà pernottò nel 1700 Ferdinando IV colla regina Carolina e le due figlie, quando andarono a Vienna per i matrimoni.
  • 22. - E perchè non salirono in città? - Per dispetto! - Oh! - Ecco il fatto. Nel 1732 la notte di S. Andrea (29- 30 novembre) avvenne una fortissima scossa di terremoto. Fu uno spavento, un terrore. Case o diroccate o cadenti, infelici seppelliti tra le rovine, gemiti, pianti, i pubblici edifizi, le chiese quasi distrutti. A lenire in parte i danni ed incoraggiare i cittadini a rifare le case il re accordò l'esenzione dei pubblici tributi, largì somme, mandò cibi, vestimenta, aiuti di ogni sorta. Ma passati 5 anni si compilarono i nuovi ruoli, perché i creditori del comune, gli esattori non volevano prolungata l'esenzione a danno loro. Fu nominato Carlo Passeri, fratello o nipote del Cardinale Passeri con tutta la famiglia era ben voluto da Carlo che passando nel 1735 per Ariano, dovendo recarsi a Palermo per l'incoronazione, andò a stare nel palazzo de' Passeri, che anche oggi si chiama Passero alla catena, nella piazzetta di S. Francesco di Paola. Ma come accadde in questi frangenti il popolo sobillato incolpò lui in questa ripresa dei tributi, e lo trucidò barbaramente. Il figlio Ferdinando non volle salire in città e appena fermossi qua a pernottare colla famiglia e il seguito. Vedi quell'antro? E'un tunnel di forse 70 metri fatto scavare dal cardinale Diomede Carafa, alla metà del secolo XVI, per portare l'acqua al casino. Allora questi territori erano suoi. Carafa era nipote del famoso Paolo III. - Avere avuto molti cardinali? - Tre Arianesi. Carafa, Passeri, Pirelli, cinque Arcivescovi. Otto vescovi, prelati illustri, scrittori. - E tu non sarai cardinale? - - E' troppo presto. Debbo fare ancora altri atti eroici. - Ah burlone! Fatti alcuni passi ci trovammo ad un trivio. Di fronte esiste un caseggiato in parte elegante a casina di villeggiatura. E' della famiglie De Furia. - E questa altra strada dove mena?
  • 23. - A Montecalvo. Eccolo Montecalvo, guarda a settentrione. - Ma veggo vicino alcuni cipressi? - E' il cimitero della città. Vuoi vederlo? - Si... Fatti un 70 metri vidi una facciata barocca. Entrai. due casotti laterali, in mezzo una lurida chiesuola, banchine, tumoli sparsi alla rinfusa. Mi ritirai sconvolto. - Che te ne pare? - mi disse il mio Cicerone. - Umiliante, - senza segni di religione, camere mortuarie meschine e prive di attrezzi, tombe in disordine, circuito assurdo, planimetria bizzarra dove in piano, dove in pendio. Manca un locale decoroso pel custode. Ci rimettemmo in cammino. Passata la taverna e la chiesuola di S. Antonio vidi a sinistra un fabbricato. - E' il mulino, pastificio, panificio - disse l'amico. Fu cominciato a costruire circa 30 anni fa da alcuni proprietari, riuniti in società per impiantarvi un mulino a vapore, una fabbrica di paste, un panificio. Le vicende bancarie hanno fatto passare l'opificio per molte mani, cagionando la rovina di tanti speculatori. Ora la proprietà è della duchessa di Melito, la tengono in affitto per 7 mila lire annue alcuni proprietari, e tolta la caldaia a vapore, la forza motrice è data dalla corrente elettrica, che viene da Luogosano pagando 500 lire al mese, anche per l'altro mulino. Vi si macina il frumento, si fabbrica pasta, ma manca lo smercio coi paesi lontani, perché da per tutto hanno fatto molini a vapore e pastifici, si cuoce il pane per il consumo pubblico. Ma vedi più sopra? Altro molino a gas povero, altro pastificio. Vedi quel fumaiolo dentro la città? altro molino messo in moto anche dalla forza elettrica. Così si fanno la concorrenza a danno vicendevole. - E questa bella fontana pubblica in travertino? - E' una delle fontane fatte costruire da Carlo III. per i bisogni dei viandanti. Ne abbiamo quattro nel nostro territorio, due all'estremità dell'abitato. Dall'altra parte alla Maddalena la facciata è più bella, con una stupenda iscrizione. Una volta dava acqua
  • 24. abbondante per due cannelle, ora per la maledetta incuria degli amministratori si va spendendo con danno degli abitanti del rione che non hanno acqua a sufficienza. - E questo steccato a che serve? - E' il macello. Vuoi vederlo? - Sì - entrammo. Girai, vidi locali mal disposti, quelli al pian terreno in basso non compiuti. Vi è il mattatorio dei suini, dei bovini, degli ovini, due piccole stalle, una camera per i registri, per le indagini veterinarie. - che te ne pare? Questo macello mezzo fatto ci è costato L.35mila lire, e altre 35 mila ce ne vogliono per completarlo. - Secondo il mio parere il disegno è malamente disposto. Potevate fare un mattatorio più modesto, poichè voi altri siete al di sotto di Foggia, Benevento, Salerno che pure lo hanno semplice. Non ho innanzi il disegno per vedere che facciata ci farete, ma non pare che verrà in tuono estetico molto indicato. Doveva essere un locale a sé, invece lo avete attaccato a quelle case dei privati, i riparti sono disposti a casaccio. Non mi pare che voi altri avete una buona idea di architettura edilizia. - Veggo questi somari carichi di barili. Donde salgono? - Prendono l'acqua ad una fonte sotto la strada. La fontana dicesi La Tetta, forse perchè un tempo era difesa da un tetto. Ora quantunque sia la migliore e dia acqua in buona quantità, un 40 ettolitri in 24 ore, rimaneva trascurata. L'acqua si sperde nelle ore notturne. Ci vorrebbero conserve interne, perchè la penuria dell'acqua è per noi scabrosa, la paghiamo cent. 10 ogni 25 litri. Salendo ancora gittai lo sguardo nel fondo di un abisso. - Oh, dissi all'amico. Luogo è in Ariano detto Malebolge? - Cos'è questa valle d'abisso? - E'il burrone della Madonna dell'Arco, così
  • 25. chiamata da una bella chiesa che vi era vicino sotto il colle, ed ora totalmente distrutta. Questo burrone è di origine recente, e' nato per inerzia degli Arianesi. Sino a 100 anni fa era tutto ripieno, la strada passava al sicuro. Presso la croce vi era sin dal 1587 una fontana pubblica ora distrutta; uno spianato ampio dava comodo di giocare a palla. Lo scolo delle acque piovane scorrenti dalla città cominciò a rodere l'arenaria. Le frane si succedevano alle frane, nessuno provvedeva. Così 45 anni fa, quando il pericolo era urgente si deliberarono questi muraglioni di sostegno, e sono stati alzati negli ultimi anni con la spesa di 850mila lire! La strada non è sicura, perché una parte posa sull'abisso, isolata ai due lati, le acque rodono il fondo e le frane continuano il lavoro di dissolvimento. Prima che cominciassero i lavori vidi che staccavano la terra dal colle soprastante, e la gittavano in fondo al fosso. Protestai con qualche articolo consigliando di assodarla laggiù invece di farla trascinare dalle acque. Ma fu voce dispersa al vento. Si volle ingrandire l'abisso senza motivo, ed ora con lo spauracchio di una rovina completa. - Male, male, amico mio. colle frane non si scherza. quando è rovinato questo piccolo passo col ponte donde passerete? Come terrete sicure le case che veggo di sopra? quale stabilità tiene il muraglione colle radici dell'arena? Entrammo in città. Restai un po' meravigliato nel vedere casucce meschine... - E questo è Ariano? - Oh no. Questo rione è chiamato Le Pagliare, perchè quando fu costruita e poi rifatta la strada Nazionale i carrettieri crescevano di numero. Dove riparare i veicoli? Costruirono i pagliari che poi tramutarono in case basse, meschine, e così sono rimaste ancora, Vedi quanti traini ai lati? - Arrivammo finalmente innanzi ad una chiesa. - E questa? - Ha una bella porta, ci è anche una scritta. Più innanzi cominciai a vedere botteghe, venditori, carrozzieri; il via vai si faceva più accentuato
  • 26. passava qualche automobile. Imboccammo per una salita. - Attendo ora, mi disse sottovoce il mio Cicerone. Qua ci era fino alla fine dell'800 una porta della città. Ce ne erano sette, ora distrutte tutte, perchè non ci sono più mura. Nel 1256 questa porta era ben guardata. Ariano era inespugnabile per le sue mura e per il castello. Dentro la città si era chiuso il delegato pontificio nipote di Innocenzo IV, che era in guerra con Manfredi. Costui sfogava la sua ferocia sui paesi circonvicini e sui poveri viaggiatori, e studiava tutti i modi per impadronirsi di Ariano, onde avere aperto il passo per Napoli. Federico Lancia lo zio, di animo scelleratissimo, gli consigliò di prendere la città a tradimento. Vennero qua alcuni soldati saraceni da Lucera spacciandosi disertori e vomitando le possibili contumelie e bugie contro Manfredi. Ad essi seguirono altri, poi altri ancora. quando si credettero forti a un dato segno attaccarono la scolta, s'impadronirono della porta e fecero entrare i venuti da Lucera. Essendo di notte i cittadini furono svegliati alle campane che suonavano a martello. Accorsero i soldati, ma dato il numero dei traditori bene armati cominciò una strage e forse da mucchi di cadaveri prese il nome questa strada di Carnale, se non si vuole credere ad altri che ne fanno derivare il nome dalla vendita della carne degli animali macellati. I Saraceni divenuti padroni del luogo saccheggiarono la cattedrale, le case dei cittadini, uccidendo uomini, donne e bambini. Non rispettarono le misere donne che oltraggiarono vergognosamente, assalirono il monastero e ridussero la città in un cumulo di rovine. Ariano rimase quasi deserto per molti anni, perchè tutti erano fuggiti. Il papa alzò addoloratissimo la voce contro Manfredi per tanto eccidio. Dio volle intanto che dieci anni dopo costui subisse il tradimento dei suoi pugliesi e rimanesse ucciso. "In cò del ponte presso a Benevento" Dante - Purg., c. III.
  • 27. a vista della città di Ariano. Quando Carlo d'Angiò ebbe riordinate le cose del nuovo regno venne in Ariano, vide lo scempio, compassionò i derelitti, e subito ordinò ristauri, esenzioni dai tributi; fece venire operai di fuori, rialzò la cattedrale donandola di due Spine della Corona di G. Cristo, di rendite per il clero, rifece il castello diroccato in più punti, e così Ariano, mercé sua, poté risorgere come il leggendario Lazzaro a vita novella. - Ma, come va che questa targa in marmo dice - Via del Riscatto - 3 Agosto 1585? - Ti spiego subito la cosa. Tu sai bene ka storia del medioevo e quanto danno arrecasse il feudalesimo, importatoci dai Longobardi. Ariano nato verso il sec. VIII si andò ampliando, fu prima possedimento dei Lomgobardi, poi dei Normanni, appresso gli Svevi, in seguito degli Angioini, Aragonesi, Spagnoli, Francesi e Tedeschi. Ebbe prima i conti. Gerardo è il primo ricordato nel secolo decimo. Con la sconfitta totale degli Svevi la contea di Ariano fu data da Carlo d'Angiò ad Ermengao Sabrano, provenzale, venuto insieme con lui e da questi al figlio S. Elziario, Colla morte di Roberto d'Angiò salì al trono la lincenziosa nipote Giovanna I. Successero le lotte tra Carlo Durazzo e Luigi d'Angiò. La contea dopo quei rivolgimenti passò a Nicola Sabrano. Dopo Ladislao e Giovanna II la contea passò agli Sforza nel 1416. Nella lotta tra gli Aragonesi ed Angioini Ariano fu saccheggiata. Compiuto il partito angioino, Alfonso d'Aragona donò la contea ad Enrico di Guevara, venuto dalla Spagna. Pietro Guevara, Gran Siniscalco, non si sa perché, entrò nella famosa congiura dei baroni, 1486, e ne portò pelato il mento e il cozzo. Dopo di lui Ariano passò ad Alberico Carafa padre del vescovo-cardinale Diomede, nipote di Paolo spartizione del reame di Napoli 1504 tra Spagnoli e Francesi Ariano si trovò casualmente ad essere il pomo della discordia, perchè nei patti sottoscritti dai due sovrani la Campania doveva toccare ai Francesi, le Puglie agli Spagnoli. Ariano a chi doveva toccare? Chi la faceva pugliesem come lo dicono ora, chi lo metteva
  • 28. nella Campania. Ricorda che allora, 1503, successe la disfida di Barletta, poi la cacciata dei Francesi. Carlo V imperatore diè il ducato di Ariano a D. Fernando Gonzaga. Seguirono vendite, riscatti. Per debiti il ducato passò a molti padroni. Gli Arianesi che per secoli avevano sofferto le angarie di due padroni, il sovrano del regno ed il feudale, con tutti i guai che sarebbe una storia a narrarsi, decisero di ricomprarsi e diventare città regia, cioè sottoposta solo al solo re. A furia di sacrifici raccolsero 76mila ducati (297.500 lire) e credevano di respirare. Ma fecero male i loro conti, perchè il fisco rivendette il ducato. I nostri padri reclamarono. viaggi a Madrid, suppliche al Vicerè, viaggi a Vienna, quando gli Spagnoli ci vendettero agli Austriaci; insomma una sequela di cause, spese da non finire. Il dotto gentiluomo Felice Mazza, conoscitore espertissimo dei fasti arianesi nel comporre nel 188 l'Anagrafe di Ariano volle ricordare questo riscatto nel dare il nome alle strade della città. - A h h... - Ah? "Usciti fuor dal pelago alla riva" gli Arianesi dovrebbero con maledizione ricordare i secoli medioevali di schiavitù, di oppressione, di miserie ed insegnare ai figli qual tesoro sia la libertà moderna in confronto dell'abbiezione passata. - Hai mille volte ragione. *** (Continua)
  • 29.
  • 30. T R I D U O in onore del BEATO POMPILIO MARIA PIRROTTI D. S. P. COMPOSTO dall'annesso P. NICOLA FLAMMIA
  • 31. ARIANO Tip. Economico Sociale – G. Marino 1892 ORAZIONE Composta dal B. Pompilio per ottenere grazie dalla Beatissima Vergine Santissima Vergine e Madre di Dio Maria, io. N. vengo a voi, benché indegnissimo vostro servo, animato dalla vostra ammirabile pietà e dal desiderio di volervi servire. Vi eleggo oggi per mia particolare Signora, Avvocata e Madre; propongo di volervi sempre amare e servire e di far quanto posso, affinché siate anche dagli altri amata e servita. Vi supplico o Madre di dio e Madre mia pietosissima, che mi riceviate per vostro figliuolo, per essere in perpetuo assistito in tutti i miei pensieri, parole ed ope.re, in tutti i momenti della vita; acciocché sia inteso alla maggior gloria ed onore di Dio . Madre mia Maria, vi raccomando l'anima mia nel punto della morte mia. _______________________
  • 32. ********************************************************** PRIMO GIORNO 1° Punto Consideriamo, o Cristiani, quale beneficio Dio ci abbia fatto dandoci un esemplare vi virtù eminenti e di perfezione cristiana nel suo diletto figlio Pompilio. Se la vita dei santi è per noi scuola di amore verso Dio e verso il prossimo, è sprone a correre sulle orme loro la via della santità, è conforto nelle miserie della vita terrena, è consolazione allo spirito che li vede gloriosi e trionfanti in cielo, oh come belle ed edificante è per noi la vita di questo Beato! Imitiamo adunque le sue eroiche virtù, l'amore intenso per a salute di noi stessi, ed otterremo con sicurezza il suo valido patrocinio. Pater, Ave, Gloria. II. Sin dalla prima fanciullezza Pompilio mostrò a chiari segni che la sua volontà era quella di farsi santo. Bastava vederlo tra i fanciulli sostenere le parti di maestro e catechista, radunarli innanzi alle immagini di Maria Santissima in Montecalvo, e, prendendosi una espressione estatica nella piccola persona, parlava della sua Mamma bella come un esperto predicatore. Non mai dalla sua bocca uscì parola disonesta, non mai fece atto o cenno che significasse offesa o scherzo anche lecito. Tutto dedito allo studio e alla preghiera il suo tempo scorreva in casa o in chiesa. Giovinetto di appena 14 anni pervenne a comporre un corso di spirituali esercizi nei quali si specchia tutta la sua anima innocente, risoluto di fuggire il peccato a consacrarsi al Signore. Pater, Ave, Gloria. III.
  • 33. Quantunque da pietosi genitori venisse guardato con gelosissima cura, pure comprese Pompilio che il mondo era pieno di pericoli, e mal vi poteva guardare l'innocenza dello spirito e la purità della fede. Invocando il divino soccorso con gemiti e lagrime domandava a Dio di farlo certo della vocazione che egli dovesse abbracciare. Dio misericordioso, che sempre ascolta la preghiera dei figli suoi, mandò, nella persona di uno scolopio predicatore, il suo angelo a Pompilio; affinché gli annunziasse averlo destinato a far parte della famiglia del Calasanzio. Conosciuta così la volontà del Signore, da atleta vigoroso il santo giovinetto non perde tempo, fugge dalla casa paterna, e tutto solo si reca a Benevento a chiedere genuflesso d'essere vestito dell'abito delle Scuole Pie. Pater, Ave, Gloria. Preghiera O Beato Pompilio, insegnate alla gioventù che se vuole salvarsi deve fuggire il mondo o le sue, insidie; insegnare insieme ai genitori qual cura debbono avere della prole, perché cresca pietosa e divota, frequenti i sacramenti, fugga le conversazioni peccaminose, i compagni libertini e miscredenti, i libri empi e immorali. Per l'amore che vivendo portaste ai giovanetti vi preghiamo di essere protettore della gioventù, severo consigliere ai genitori trascurati nei loro doveri verso i figli. Scenda per opera vostra la benedizione sulle famiglie cristiane, ed i pargoli crescano onesti e timorati di Dio. SECONDO GIORNO
  • 34. I primi anni passati da Pompilio in Religione furono una continua preparazione all'apostolato a cui si sentiva chiamato da Dio. Sottopose il suo corpo a lunghi ed ostinati digiuni sino a rimanere per più giorni senza toccar cibo di sorta. Si privò di riposo gettandosi per brevissimo tempo della notte sulle tavole nude o sui gradini degli altari, lo afflisse circondandosi di duro cilicio, vestendosi di ruvidissimo saio, incedendo fino all'ultimo giorno di sua vita a piedi nudi e a capo scoperto. Lunghe le orazioni e spesso le notti intere passate a gemere in pianto o a combattere col demonio, che visibilmente gli compariva per tentarlo. Pater, Ave, Gloria. II. Alla mortificazione eroica della carne aggiunse quella più necessaria dello spirito. Dal primo giorno che si vide religioso, rinnegò la volontà sua, osservò la povertà più estrema facendosi mancare sin gli abiti più necessari. Attese a fiaccare l'orgoglio colla più bassa umiltà chiamandosi da per tutto servo vilissimo, peccatore indegno, a soffrire persecuzioni di maligni calunniatori che lo fecero cacciare da Napoli, perché a sé tirava coll'attrattiva della cristiana carità peccatori e penitenti, a girare continuamente in luoghi diversi e lontani come un soggetto fastidioso e malvagio, imitando il suo amato Fondatore colla pazienza nelle persecuzioni. In mezzo a tutte queste virtù che spandevano olezzo di fiori celestiali fece sempre risplendere il giglio verginale offerto a Maria negli anni giovanili e conservato puro per tutta la vita. Pater, Ave e Gloria. Preghiera Oh Beato Pompilio! Come si copre di rossore la nostra fronte se paragoniamo la vita nostra così amante dei comodi alla vostra tormentata in tante maniere. Noi non solo vogliamo rassegnarci alle privazioni del nostro stato; ma ci andiamo avvoltolando nel fango dei più licenziosi passatempi; non solo non teniamo a freno le passioni che si ribellano allo spirito, ma siamo così stolti da
  • 35. eccitarle vieppiù coi discorsi e colle pratiche maliziose; non solo lasciamo le divozioni più facili, ma ci facciamo un vanto di comparire increduli e fuggire la chiesa. Otteneteci dunque da Dio una sincera conversione, un distacco dal mondo, una pietà fervorosa, operativa che ci rende cristiani esemplari e degni del santo Paradiso. TERZO GIORNO ** All'aspro governo che Pompilio faceva del suo corpo coi digiuni, coi flagelli, coi cilizi, alla guerra continua, implacabile contro le passioni dell'orgoglio e della carne, all'avvilimento profondo di tutto sé stesso Dio corrispose coi doni meravigliosi che concede solamente agli spiriti eletti. Pompilio divenne l'arbitro della natura; esso moltiplicò più volte il pane agli affamati, il frumento, la farina, le fave nella terribile carestia al popolo di Campi, esso fece prodigiosamente versare per mesi il vino da uno stesso vaso, aumentò il cibo in sua casa a vista di tutti gl' invitati; col solo segno di croce fece sorgere vivi i colombi che gli erano stati messi a mensa, esso decantando l'amore di Mamma bella e dell'amante Gesù ogni giorno guariva infermi, consolava afflitti, colla divozione ardentissima al Sacro Cuore di Gesù. II. Dio concesse a Pompilio la scrutazione dei cuori: leggeva egli nella coscienza come in uno specchio, e a molti palesò peccati e azioni che avean sempre gelosamente nascoste; vedeva a distanza quello che si faceva, interveniva colla celerità del pensiere; sicché bastava nelle angustie, nelle malattie, nei pericoli invocare Pompilio, ed egli compariva apportatore di salute ed aiuto. Immensi furono i prodigi da lui operati specialmente in bene dei poveri, ai quali aveva consacrato la vita. Per questa carità immensa anche ora alla distanza di un secolo e mezzo Montecalvo, Lugo, Anzano, Ortona, Chieti, Lanciano, Francavilla, Ancona, Manfredonia, Napoli, e Campi ricordano i prodigi senza numero che dispensa tuttavia Pompilio a quanti lo invocano con fede sincera. Se a
  • 36. Montecalvo parla con Maria ad alta voce e ne ha risposta dal quadro, a Napoli dice il Rosario coi teschi nel cimitero di Caravaggio. Se Lanciano ricorda che da Pompilio fu salva dal terremoto, Campi si gloria di essere stato il paese prediletto del santo benefattore. Pater, Ave, Gloria. III. Nell'apostolato continuo lungo e fecondo di conversioni; nella conoscenza intera dei bisogni sociali e delle domestiche afflizioni Pompilio divenne il protettore particolare delle madri. Ora rendeva facile il parto a quelle che lo invocavano; ora prometteva sicura prole anche a donne che per l'età ne avevano perduta la speranza, ora risuscitava i bambini. L sua vita spesa a totale benefizio del prossimo attesta la carità vivissima del suo petto. Fidente nell'amore al Cuore di Gesù consumavasi come cera al fuoco ed altro non bramava che sciogliersi dai lacci del corpo e congiungersi al suo amante. Divenuto ricco di meriti e degno di sedere tra i santi fu avvertito dal Signore dell'ora della morte. Sicuro Pompilio di questo avviso vide con serenità avvicinarsi l'ora estrema. Confortato dai sacramenti, benedisse i confratelli, il popolo di Campi, gli amici, e reclinando il capo, adagiato su una rozza cassa, sul tramonto del sole del 15 luglio tra le lagrime di tutti rese lo spirito a Dio. Pater, Ave, Gloria. Preghiera * * * Oh! Beato Pompilio! Voi fortunato che avete potuto testimoniare l'eroismo della vostra santità con tanti miracoli in vita e dopo morte. Oh qual confronto tra la potenza vostra sugli elementi, sui morbi sulla morte e la debolezza nostra! Ma se per i nostri peccati non potremo mai salire a tanto onore otteneteci almeno la grazia d'essere aiutati da voi quando vi invochiamo; insegnateci quella vivissima divozione a Mamma bella ed all'amante Gesù , che vi fece così potente vivo e così operatore di miracoli dopo la morto; ispirateci la mortificazione del
  • 37. corpo, l'umiltà dello spirito e l'amore sincero per il prossimo, onde camminando per la via del perfetto cristiano possiamo dopo la nostra morte essere ammessi come voi a godere la vista di Dio in paradiso. Così sia. N O V E N A DELLA IMMACOLATA CONCEZIONE COMPOSTA DAL P. NICOLA FLAMMIA D. S. P. foto ARIANO
  • 38. STABILIMENTO TIPOGRAFICO Della Società per Costruzioni ed Industria 1890 ALLA MAGGIOR GLORIA DI MARIA SANTISSIMA CONCEPITA SENZA MACCHIA L'ULTIMO DEI SUOI DIVOTI QUESTO TRIBUTO DI PREGHIERE U. C.
  • 39. In nomine Patri, et Fili, et Spiritus Sancti. Amen Veni Sancte Spiritus. Reple tuorum corda fidelium, et tui amoris in eis ignem accende. Emitte Spiritum tuum et creabuntur. Et renovavit faciem terrae. Oremus Deus, qui cordis fidelium Sancti Spiritu illustratione docuisti: da vobis eodem Spiritu recta sapere, et de eius semper consolatione gaudere. Per Christum Dominum Nostrum. Amen ANTIFONA Cantori Tota pulchra es Maria. Et macula originalis non est in te. Tu gloria Jerusalem. Tu honorificentia populi nostri. O Maria. Virgo prudentissima.
  • 40. Ora pro nobis. Coro Tota pulchra es Maria Et macula originalis non est in te Tu letitia Israel Tu advocata peccatorum O Maria Mater clementissima Intercede pro nobis ad Dominum Iesum Christum. In Conceptione tua, Virgo, Immaculata fuisti. Ora pro nobis Patrem, eius Filium peperisti. Oremus Deus, qui per Immaculatam Virginis Conceptionem dignun Filio tuo abitaculum praeparasti: quaesumus, ut qui ex morte eiusdem Fili tui praevisa eam ab omni labe praeservasti, nos quoque mundos eius intercessione ad te pervenire concedas. Per eundem Christum Dominum nostrum. Amen Tantum ergo Sacramentum- Panem de caelo prestitisti eis Omne delectamentum in se habentem. Oremus Deus, qui nobis sub Sacramento mirabili passionis tuae memoriam reliquisti: tribue quaesumus, ita nos Corporis et Sanguinis tui sacra mysteria venerari, ut redemptionis tuae fructum in nobis iugeter sentiamus. Qui vivis et regnas in saecula saeculorum. Amen, &&&&&&& PRIMO GIORNO
  • 41. 1. Consideriamo, o Cristiani, il primo funesto effetto del peccato originale, che è l'ignoranza dell'intelletto dell'uomo. Dio Onnipotente lo aveva creato con mente vasta e luminosa non soggetta ad errore od inganno. Ma, appena fu inviato dalla colpa di origine, si trovò come un vile animale confuso nella ragione e ottenebrato nel senno. Noi infelici! Senza un lume soprannaturale non arriveremmo a conoscere né il nostro principio né il nostro fine. Ad ottenere per tanto il lume necessario per ben conoscere noi stessi e valutare le nostre azioni invochiamo il soccorso della Vergine Immacolata. Pater, Ave, Gloria. 2. Consideriamo intanto la felicità di Maria, che preservata dall'originale peccato, conseguì da Dio nel primo istante della sua Concezione il dono della Sapienza, per mezzo della quale conobbe perfettamente se stessa ed il merito di ogni sua azione, l'ultimo suo fine e i mezzi per conseguirlo. Con filiale ossequio benediciamo Dio che vi arricchì di tanto dono, o Vergine Immacolata, e per mezzo vostro domandiamo la grazia di apprendere la scienza della salute. Pater, Ave, Gloria. 3. Consideriamo, o Cristiani, come nel santo Battesimo abbiamo conseguito il dono della fede, che, qual lume chiarissimo, sgombrando dalla nostra mente le tenebre dell'ignoranza ci fa conoscere Dio come nostro creatore, e ci discopre i mezzi per andare a lui fonte della nostra felicità. Eppure, qual pregio abbiamo noi fatto di tanto benefizio? Quali di noi può assicurarsi di camminare rettamente per la via del Signore? Se abbiamo forse per lo passato negletto un tanto bene domandiamo la vostra intercessione, o Vergine Immacolata, per ottenere che nell'avvenire operiamo secondo le promesse fatte nel santo battesimo a Dio. Pater, Ave, Gloria. Preghiera Vergine Immacolata, voi che foste arricchita dall'Eterno Padre del dono della Sapienza nella vostra Concezione, per quella gloria che godete in cielo come Regina degli Angeli e dei Santi, impetrate a noi vostri figli una viva cognizione delle nostre colpe, un vivo dolore per aborrirle come offese di
  • 42. Dio, e false che per l'avvenire niuno di noi perda mai di mira il suo ultimo fine e l'acquisto dell'eterna felcità nel paradiso. SECONDO GIORNO 1. Consideriamo o Cristiani, il secondo effetto funesto del peccato originale, che è la malizia della volontà. Dio creando l'uomo nel terrestre paradiso lo arricchiva del dono mirabile di una retta volontà; mediante la quale egli avrebbe dovuto sempre amare il vero bene e quello sempre cercare. Però appena che fu colpito dal peccato nell'anima, la volontà si deviò tutta nei beni sensibili e perniciosi, dimenticò Dio Sommo Bene per cercare le soddisfazioni del senso. Caduti in tanta miseria che ci dirà una mano per sollevarci ai beni soprannaturali? Voi sola, o Vergine Immacolata, siete dopo Dio la nostra salute, e a voi fiduciosi domandiamo soccorso. Pater, Ave, Gloria. Consideriamo, o Cristiani, come Dio nel santo battesimo infuse in noi l'abito della carità per tenerci sempre uniti all'amoroso suo seno.Eppure quante volte abbiamo dimenticato Dio per le creature? Quante volte abbiamo rizzato idoli di fantasia nel nostro cuore, e li abbiamo pazzamente adorati? Per tanto eccesso, o Vergine Immacolata, otteneteci la grazia di non separarci mai più dal sommo bene, che è Dio. Pater, Ave. Gloria. 2. Al riflesso della nostra malizia, oh! Come bella apparisce la volontà di Maria, preservata dal peccato originale! Unita al sommo Bene sin dal primo istante di sua concezione non lo lasciò mai più! Dio divenne l'oggetto dei suoi desideri, dei suoi sospiri, dei suoi voti, Dio volle sempre colla mente e col cuore, e per tutto il tempo che Ella visse andò sempre gridando: Vedeste, o creature il sommo bene dell'anima mia? Num vidisti quem diligit anima mea? Pater, Ave, Gloria. Preghiera Vergine Immacolata, per quella eccelsa prerogativa che tra i nati d'Adamo vi fece essere concepita senza colpa, per quelle
  • 43. preghiere che ora s'innalzano a voi per tutto il mondo cristiano, otteneteci dal Signore l'ardente carità che ne infiammi il cuore gloria ad amar Lui sommo nostro bene, dispregiare i sensuali e peccaminosi, ed aspirare a possederlo svelato nella gloria del Paradiso. TERZO GIORNO 1. Consideriamo, o Cristiani, il terzo e funesto effetto del peccato originale, che è il divagamento della fantasia. Dio autore dell'uomo gli fece questo dono, perché servisse di aiuto alla contemplazione delle celesti bellezze, come la mistica scala che toccava il cielo. Ma appena fu colpito dal peccato la fantasia divenne un nemico insidioso; per essa noi miserabili proviamo distrazione delle cose sante, per essa le illusioni dei sogni e sin la perdita della stessa ragione. Così mentre doveva servire per levarci sino al cielo con deplorabile iattura ci fa cadere nell'inferno. Pater. Ave. Gloria. 2. Maria uscita immune dal peccato di origine non ebbe a patire tanto guasto nella sua fantasia. Frenata da una mente sapientissima, da una volontà rettissima non patì mai distribuzione nella preghiera, disturbo nei sogni, pericolo di fantasmi. L'anima di Maria poteva per mezzo della fantasia rappresentarsi in ogni momento la maestà del Creatore, la bellezza del creato, la felicità del sommo bene. Per tanto dono, o Vergine Immacolata otteneteci la grazia che sia noi ristorato l'edifizio della primitiva creazione. Pater. Ave. Gloria. 3. Alla grandezza del benefizio corrispose la somma diligenza di Maria. Pose essa un freno severissimo ai sensi esteriori per i quali la morte s'introduce nell'anima, e non permise giammai che immagine di creatura occupasse il posto dovuto alla bellezza del Creatore, a differenza dell'Eva primitiva che si era fatta sedurre dal fascino di una divinità ingannevole. Noi infelici! Che quasi contenti di di portare un
  • 44. nemico in noi stessi, andiamo in cerca di tutte le immagini che turbano lo spirito, allettano ai mondani piaceri, distruggono la fede, e lieti della nostra ruina arriviamo sino a dimenticare la somma bellezza del nostro Dio. Pater. Ave. Gloria. Preghiera Vergine Immacolata, noi siamo confusi a tanta cecità del nostro spirito, a tanta negligenza nel custodire i nostri sensi delle immagini peccaminose. Impetrate specialmente all'incauta gioventù, la santa costanza nel bene, la fuga dalle pericolose conversazioni, dagli spettacoli lascivi, dai libri empi e osceni, l'aborrimento delle soddisfazioni carnali che fanno l'anim e il corpo privi per sempre della gloria del paradiso. QUARTO GIORNO 1. Consideriamo, o Cristiani, il quarto funesto effetto del peccato originale, che è la ribellione della concupiscenza. Dio dopo che ebbe creato colle sue mani il primo giudicò opportuno accoppiarlo con una donna che fosse la sua compagna della vita temporale e la madre di tutti i discendenti. Questa doppia uscita dalle mani sapientissime dell'Eterno offriva le prerogative più lusinghiere, e sembrava essere sulla terra rappresentante della bellezza divina. Pater. Ave. Gloria. 2. I nostri progenitori formati da Dio, da lui congiunti e benedetti, furono arricchiti di tutti i doni di natura e di grazia. Nelle loro persone la carne non congiurava contro lo spirito, il corpo e l'anima sembravano una armoniosa lira che tutta risonava a lode del Creatore. Ma dopo la colpa originale essi ben presto si accorsero che erano nudi, subito la carne si ribellò allo spirito, la passione alla ragione trascinandola agli eccessi più sozzi e perniciosi. Onde fortemente a nome del genere umano querelavasi l'Apostolo delle genti gridando: Veggo un'altra legge nelle mie membra che si oppone alla legge della mia mente, e mi fa schiavo della legge del peccato che sta
  • 45. nascosta nelle mie membra. Gloria. Ave. Gloria. 3, Dalla rovina prodotta in noi per il peccato originale, dalla ribellione della carne allo spirito fu sempre esente la Vergine Maria. Non essendo stata nemmeno per un istante invasa dal peccato la sua carne benedetta non fu giammai avvelenata così la sua sant'anima fu sempre immune da ogni neo di colpa anche veniale, il corpo fu sempre soggetto allo spirito, le passioni alla ragione e lo spirito a Dio. Gloria. Ave. Gloria. Preghiera Vergine Immacolata, dall'alto dei cieli, volgete un'occhiata pietosa ai figli vostri. Contemplate la nostra condizione miseranda, vedete la guerra che soffriamo dalle passioni della carne, e come furiosa questa pugna contro lo spirito, contro la virtù, contro le leggi del Signore. Oh! Maria, per l'alto pregio che aveste sempre esente impetrate a noi la forza di vincere la guerra del senso, e il Sangue preziosissimo di Gesù sia salutare lavacro delle colpe passate farmaco possente per non ricadere in peccato e perdere il paradiso. QUINTO GIORNO 1. Consideriamo, o Cristiano, il quinto funesto effetto del peccato originale, che è la schiavitù del demonio. Quando i nostri progenitori furono collocati nel paradiso di tutte le delizie, collo spettacolo di beni immensi, coll'aspettativa d'una vita sempiterna e beata in seno a Dio, destinati essi e i loro discendenti a riempire le
  • 46. sedie lasciate vuote dagli spiriti ribelli tutto l'inferno arse di sdegno, e tosto si pose all'opera per trascinare seco nell'abisso questa nuova creatura, oggetto amoroso delle compiacenze divine. Gloria. Ave. Gloria. 2. Sotto forma di carezzevole serpente Satana si presenta alla donna, come fortezza più facile ad essere espugnata. La incanta con fallaci promesse, la trascina alla disubbidienza col farle spiccare il frutto proibito; e quando per mezzo suo vide sedotto e prevaricatore anche Adamo scese all'inferno gridando “Vittoria, Vittoria”. Questa parola risonando orrenda nei cupi abissi annunziava che l'uomo era divenuto schiavo del diavolo, che sarebbe precipitato esso pure all'inferno, e vivendo sulla terra sarebbe stato avvinto nei lacci di Satanasso. Gloria. Ave. Gloria. 3. Alla schiavitù del demonio non fu soggetta Maria. Allorché si pronunziava sulla misera Eva la sentenza di castigo a Dio faceva sapere che una Donna, perché concepita senza macchia, avrebbe col suo vergine piede schiacciato il capo del serpente seduttore. Voi siete, o Maria Immacolata, questa donna predestinata, voi sola dominante sull'inferno, e il vostro nome atterrisce e fuga i demoni. Vi benedicono dunque i nostri cuori, e le labbra nostre vi acclamino sempre. - Dominatrice dell'inferno, vincitrice di Satanasso. Gloria. Ave. Gloria. Preghiera Vergine Immacolata, per la potenza che avete contro lo spirito delle tenebre liberateci dalle loro insidie. Voi vedete quanto deboli siano le nostre forze in una lotta così disuguale, e come ogni ora andiamo cedendo col pericolo di essere sconfitti. Venite dunque in nostro soccorso; ma specialmente nell'ora della morte accorrete a difesa dell'anima nostra. Fate che pronunziando in quel terribile assalto i nomi potentissimi di Gesù e di Maria fugga spaventato il demonio, e lo spirito guidato dagli angeli salga alla gloria del paradiso.
  • 47. SESTO GIORNO 1. Consideriamo, o Cristiani, il sesto funesto effetto del peccato originale, che è la morte del corpo. Dio creando l'uomo a sua immagine e somiglianza lo aveva creato felice; ma per invidia del diavolo entrò nel mondo la morte. Grande invero doveva essere il nostro stato se non fosse venuta la morte. Ma, oh miseria degli uomini! Insieme alla morte temporale venne anche la morte eterna. Eppure mentre tremiamo per la morte del corpo ci curiamo assai poco di quella dell'anima. Pater. Ave. Gloria. 2. Dio avendo creato il primo uomo libero di meritare o demeritare colla scelta delle sue azioni, senza ledere in nessun modo il suo libero arbitrio, lo allettò al bene colla vista della felicità eterna, lo allontanò dal male collo spavento della morte. Ma caduto colla colpa l'uomo disgraziato non solo vide chiudersi le porte del paradiso; ma presto conobbe lo sterminio che faceva la morte. Così invece di somigliarsi agli angeli si trovò accuminato ai bruti per la sua corruzione. Gloria. Ave. Gloria. 3. La Verginella Maria, concepita senza neo di colpa, non doveva soggiacere come gli altri figli di Adamo al severo castigo della morte, ma dovea rappresentare sulla terra lo stato dell'innocente prodigio della sua sapienza non permise che il corpo santissimo di Maria fosse preda del tempo e della corruzione; ma avendola assopita nei gaudi del suo amore levolla in cielo in animo e corpo, e la volle assisa vicino al suo Figliuolo qual Regina degli Angeli e dei Santi. Oh gloria di Maria! Noi vi benediciamo, o Vergine senza macchia, e l'eco della nostra esultanza risuoni in terra e in cielo. Gloria. Ave. Gloria.
  • 48. Preghiera Vergine Immacolata, per la memoria del vostro beato passaggio da questa terra, per la gloria di cui foste adorna nell'empireo cielo, per la potenza che godete come Regina del cielo della terra volgete il vostro materno sguardo sopra di noi vostri figli; e giacché è impossibile scampare alla morte temporale fate almeno che questa non ci tolga impreparati, che ci sia dato tempo di convertirci di cuore al Signore, coll'aiuto di Giuseppe vostro sposo; e l'anima ricevuta nelle vostre braccia sia ammessa a godere la vostra presenza nel paradiso. Gloria. Ave. Gloria. Consideriamo, o Cristiano, FLAMMIA NICOLA
  • 49. Discite a me, quis mitis sum et humilis corde. L'EVANGELISTA Eccellenza Reverendissima, Venerando Colleghi. La maggior parte di voi convenuti stamane a questa funebre cerimonia, levando gli occhi al tumulo, all'effigie che lo sovrasta, all'altare, alla cattedra vescovile messi a gramaglia, sarà tornata con pensiero a quei giorni, nei quali il tempio era in festa, sacerdoti plaudenti, e un novello Pastore, missus a Deo, sedeva là con sembiante amabile, come padre in mezzo ai suoi figli, dettando quei salutare avvisi che scendono sempre ricchi di sapienza, da quella cattedra di dottrina cristiana. Avrà ricordato le belle speranze che il nostro popolo, sempre pio nutriva per l'incremento del culto ecclesiastico, per la sana educazione della gioventù, parte più eletta della nostra patria famiglia. Avrà ricordato le parole soavi, il carattere mite, l'umiltà de cuore del novello Pontefice, che i tempi difficili per il ministero ecclesiastico, veniva a reggere la chiesa di Ariano. Avrà ricordato i lieti auspicii del clero de del popolo, e poi fa scomparire, quasi tutto sacrato ai consigli evangelici. Quindi il giovane Salvatore Maria primeggia negli esercizi di divozione nella preghiera, nella obbedienza cieca, incontrastata
  • 50. alla voce del superiore, nell'assoluto distacco dai bene mondani, nella purezza completa della carne. Questa provvida condotta egli veniva esponendo in seguito dando al pubblico un aureo libretto, piccolo di mole, ma voluminoso di consigli, tracciando all'anima cristiana la via per raggiungere la perfezione. Aveva compreso il buon Nisio che l'essenza della perfezione con consiste nei gusti esteriori, nello struggere in tenerezze, nell'estasi e rapimenti, nelle visoni e rivelazioni, nello spirito profetico, nella solitudine romitica dei deserti, ma nell'amare Dio di tutto cuore ed il prossimo come noi medesimi. A questo concetto egli veniva tratto dallo stupore dell'Aquinate, dalla lettura delle epistola dell'Apostolo delle genti, dall'assoluta sentenza de diletto discepolo che aveva già affermato: Deus Charitas est, et qui mannet in charitate in Deo manet, et Deus in eo (Sor. 1,4)”. Però quest'amore non doveva essere una solitudine misteriosa dello spirito un aborrimento di qualsivoglia azione esterna, chiudere affetto, mente e cuore, idea e intelligenza, scienza e raziocinio nel muto e incompreso abitacolo del proprio io. No: Signori, egli comprese che la carità perfetta, l'amore che leva l'anima al suo fattore, e la rende ricca di virtù è a carità operosa, e si era proposto di unire la preghiera all'azione, la contemplazione all'opera, memore del consiglio dell'Evangelista Figlioli miei, non diligamus verbo neque lingua, se opere et veritate.E quando con S. Gregorio si andava facendo il quesito. Si amor operari renuit, amor non est; vedeva chiaro che la sua vita, come religioso e scolopi portava seco un'attività continua, un lavoro perenne, coscienzioso per santificare sé e santificare altri. Signori, è questo il perno principale intorno a cui si aggira la mistica vita, contemplativa, magistrale, apostolica del Nisio. Non perdiamo di mira il suo proposito. “La carità operosa, congiunta alla mitezza di un tratto affabile, paterno, ad una umiltà sincera di un cuore che ama, ama sempre, ama tutti, e per far servire questa forza potentissima, per educare sé alla perfezione, per convertire traviati nel tribunale della penitenza, per mansuefare le passioni bollenti dei giovani, per riuscire degno seguace del Liguori. Amar sempre, trattar tutti con carità cristiana, trasfondere in altri la soavità di una coscienza, pura incontaminata, piegare le menti pervicaci, ribelli alla religione del Cr0cifisso, versare nelle coscienze straziate dai delitti il balsamo della conciliazione, elevare le anima a Dio. “Ecco il merito principale del Nisio: ecco la virtù nutrice delle altre, ecco la sua bandiera, ecco la sua scuola per otto interi lustri,
  • 51. frate, maestro, superiore, Vescovo, rettore delle anime, apostolo. Infatti essendo ben presto erudito in questo aringo, eccolo giovine di appena 25 anni scelto dai superiori a maestro dei Novizi, carica che non sua affidarsi negli Ordini religiosi se non a quei membri che si veggono più ricchi di virtù e più scrupolosi osservanti delle regole. Ma il Nisio ancora giovine era maturo alla perfezione religiosa, e me lo dicono i Padri che lo ebbero a Maestro, nel cuore di quali seppe infondere così tenaci principi di obbedienza, di studio, di amore alle regole, che essi, fatti ora in età senile, si giovano per la vita di ammonimenti. Il P. Nisio, piegando il capo al volere dei superiori, credeva che lo avrebbero lasciato libero di esercitarsi nelle più austere virtù, nel chiuso asilo del noviziato, mostrando esempio parlante ai giovani operai. Quella famiglia corrispondeva perfettamente al suo ideale di perfezione religiosa e di santificazione del prossimo. Le letture coi suoi giovani, in consigli nel segreto della coscienza, le reminiscenze dei fratelli morti in odore di santità, la missione immensa e malagevole di creare soldati agguerriti che portassero nei collegi e nella città la pietà cristiana colla erudizione della mete erano continui stimoli al suo cuore a perfezionarsi, a correggere, a lasciare lungo il cammino, quanto fosse d'ingombro nel bagaglio dell'amor proprio, per correre sempre al fonte immenso di ogni bene, per additare il lume eterno, ai giovani novizi, come l'aquila ai suoi aquilotti. Ed egli, il pio religioso, credeva che lo avrebbero lasciato lavorare tutta la vita nel formare le piante giovinette. Ma Dio, per bocca dei suoi superiori lo trasse da quell'asilo di quiete a lavorare in campo più vasto, affidando a lui trentenne il governo del Collegio giovine e rigoglioso di Chieti, a quei dì famoso per numero di alunni, e copia di Professori religiosi e secolari, colti nelle lettere umane, versati nelle scienze filosofiche e matematiche,: e a capo di questo Liceo fiorente, di questa semi università, creata nel cuore degli Abruzzi dal Governo, ecco scelto il P. Nisio coll'ardua carica di Rettore. Io so per esperienza, o Signori, che i nostri moderatori usano le indagini più severe e scrupolose per la scelta dei Padri che devono presiedere ai Collegi, e ciò per doppia ragione; perché noi, a differenza degli Ordini Religiosi cumuliamo insieme la missione d'illuminare la mente al vero, educare il cuore al bene - Ad erundiendam spiritu intelligentiae ad pietate iuventutem. Trattasi di fare sviluppare in modo armonico le due potenze, onde ne esca il cittadino istruito e credente, trattasi di far sentire il lenocinio delle bellezze estetiche a salire al sommo
  • 52. Fattore, trattasi di condurre la mente alla scoperta del vero, tenendo fisso sempre l'occhio al sommo vero, eterno, e voi tutti comprendete come, oggidì specialmente, sia oltremodo difficile contenere il pensiero umano nei suoi limiti di credibilità religiosa, unire in saldo connubio la scienza e la fede. Ebbene, il P. Nisio veniva scelto suo malgrado a rendere uno dei primi Collegi dell'Ordine nostro, presentarsi giovine e di niuna fama in mezzo a dotti confratelli, apparire lui mite, quieto, quasi pauroso in mezzo ad una gioventù viva, fervida, agitata e agitante; anelante a novità, inconscia dell'avvenire, smaniosa di pensare, parlare, agire nel turbine delle novità politiche. E P. Nisio resse per 8 anni quella scolaresca laboriosa eterogenea, quella famiglia religiosa colla bontà del suo carattere, colla mitezza, colla benevolenza paterna; sicché anche oggi quei convittori, quelli scolari dispersi per l'Italia tramutati in mille forme politiche, religiose, occupanti cariche elevate nello stato, nelle magistrature, nell'esercito parlano con vera passione di figliuoli del buon P. Nisio, come sogliono chiamarlo, e in mezzo al naufragio di tanti principi religiosi richiamano anelanti quei tempi nei quali lo spirito giovanile perdeva le sue furie al cospetto del P. Rettore, così quieto, così carezzevole, che parlava sempre di dio, che si aggirava per le scuole, per le camerate, dispensando avvisi, sorrisi, donativi, e nelle reminiscenze di Chieti troneggia simpatica la figura di quel frate mingherlino, pacifico – mitis et umilis corde. E Nisio governava colla preghiera, e in quei tempi calamitosi e laboriosissimi,per lui componeva opere ascetiche, persuaso che tutta la sua abilità derivava dal Crocifisso, tutta la sua scienza dalla Croce, tutta la sua dottrina dal Vangelo. Che l'opera del P. Nisio fosse lodevole per l'Ordine e vantaggiosa per la sua gioventù voi potete arguirlo da questo o Signori, che i Padri raunati nei Comizi Provinciali proposero al superiore Generale dell'ordine la scelta del P. Nisio a reggere la Provincia di Napoli, in tempi che erano i più calamitosi per i religiosi tutti, e per gli Scolopi Napolitani in specie, e P. Perrando, annuendo al desiderio dei congregati, eleggeva Nisio, quantunque esso supplicasse ripetute volte e facesse pregare, perché si levasse dagli omeri suoi un peso creduto insopportabile Bastare la mala prova fatta in Chieti, conoscersi appieno la sua inettitudine, i tempi richiedere spiriti forti, tempre gagliarde, animi battaglieri, lui essere buono a nulla, al più sagrestano alla chiesa di S. Carlo all'Arena, quello il suo
  • 53. posto, là scontare i peccati del mal governo di Chieti. Ma la sua umiltà dovette cedere al volere supremo; perocchè lo stesso Pontefice Pio IX, informato del fatto, mandò suo ordine santissimo, al quale P. Nisio piegò il capo, e si pose all'opera; e vi resse per un quadriennio in mezzo a cure angosciose per lo divagarsi dei religiosi, per la chiusura di tante case fiorenti, per i colpi mortali che il nuovo Governo dava alle scuole Calasanziane, per l'orgoglio dei municipi, che ignoranti o atei si arrogavano essi il mandato di apprestare la sana istruzione alla gioventù. Signori, incomincia in questo intervallo di tempo l'apostolato di Nisio nella popolosa Partenope e paesi limitrofi. Posto al governo della chiesa di S. Carlo All'Arena la trasforma ben presto in officio di provvidenza. Nisio si dà tutto alla carità operosa. Consigliere ai dubbiosi, conforto ai pericolanti, guida ai traviati, il suo trono è il confessionale, quella la sua cattedra di maestro, la sua casa di sacerdote, là inchiodato l lunghe ore, pazientissimo, ilare attende le smarrite pecorelle per condurle all'ovile di Cristo. L'immagine di S. Alfonso lo eccita ad imitarlo, proprio là in quella Napoli, teatro meraviglioso del Santo Dottore, proprio nel confessionale, scuola profonda e larghissima di vizi umani e virtù ignorate, di aberrazioni infelici e salutari conversioni, di gemiti elevantisi dalla coscienze inquinate e delle anime convertite, là apprende i primi passi della vergine che cede incauta alle lusinghe del senso, le fantasmagorie dell'adolescente che indulge con mano puerile ai primi moti del senso, la rapacità lupina del ladro, l'ipocrisia giudaica del calunniatore, la brutalità del padre di famiglia, il lusso vizioso e l'intemperanza della madre, dimentica della prole; là insomma convengono, come l'inferno dantesco, tutti i vizi e tutti i viziosi ; e la coscienza esplicandosi intera e sincera, mentre aspetta il ministro di pace la parola del perdono, mostra a quali degradazioni conduce il peccato, la dimenticanza dei cristiani precetti; a quale abisso in colpa tragga l'anima fatta per il cielo. E Nisio si esercita in questo difficile aringo colla preghiera, colla mansuetudine, coll'affabilità, colla scorta dei dottori, dei mistici scrittori, e là medita di agguagliare il suo confratello Pompilio, e apprende da lui: la divozione ai Cuori di Gesù e di Maria essere il vero balsamo per le coscienze esulcerate. Ed eccolo, amabile, qual padre che attendo d tanto tempo il figliuolo, ricevere il traviato peccatore e per fargli animo e sperare ampio perdono dal Dio offeso, eccolo a presentargli a baciare le immagino
  • 54. soavi, carezzevoli di Gesù e Maria: e poi stendere le braccia al misero colpevole, ascoltarne gli errori, eccitarlo a penitenza, aprirgli le porte del paradiso e ridonare alle coscienze tumultuanti nel dubbio, nella disperazione, negli affanni la pace di Cristo. Pax Christi in cordibus vestris. Il campo vastissimo in cui ha lavorato P. Nisio per 26 anni continui è stato il confessionale, e tutta Napoli parla oggi, e predica i benefizi spirituali dell'Esimio Direttore dello spirito. Quante famiglie riacquistarono la pace per la sua affabile intromissione! Quante fanciulle si sottrassero a tempo al laccio infernale per il suo consiglio sagace! Quanti miscredenti si ebbero la grazia della fece, ammirando solamente un uomo che tutto spendeva il suo tempo, le sue sostanze, le sue ore, i suoi pensieri, l'anima sua per versare una stilla di fede nell'intelletto chiuso al vero bene. Oh chiesa di S. Carlo all'Arena! Dì tu a questi ministri del santuario quanto bene spirituale ha fatto Nisio ai tuoi convenuti, quante lagrime deterse, quante ferite sanate! E tu che vedevi entrare nella tua soglia i peccatori, irrequieti, agitati, spaventati, mostranti le sembiante esterrefatto l'intero strazio e il tremito delle membra e i compressi singhiozzi e gli alterati sospiri e le lagrime celate fra le palme delle mani, dopo il santo colloquio al confessionale di Nisio li rivedevi ridenti in volto, levar gli occhi al cielo, come se sentissero allora di esserne in possesso e benedire Gesù autore della confessione, di questo santissimo lavacro delle coscienze, e benedire il P. Nisio che aveva saputo così bene e così presto sanar le piaghe del cuore, infondervi coraggio per una corretta vita e dire colle labbra “Ora sì che mi sento guarito”. Che tutta Napoli ammirasse il delicato magistero del Nisio nell'indirizzo delle coscienze non v'è chi nol sappia. Gente di ogni età, di ogni condizione, di ogni gradazione del sentimento religioso. Lui confessore dei poverelli in chiesa e ne tuguri morenti, lui confessore degli operai, lui confessore del ceto alto, aristocratico, lui confessore dei convitti, degli educandi, del clero, delle Spose di Cristo; a lui si dirigono dallo stesso Arcivescovo le coscienze più scabrose, e Nisio accoglie come suoi figli. Nella molteplicità di questo esercito di penitenti varia per indole, grado, pietà e sesso pensate voi, quanti casi complicati, quante nebbie di coscienza. Quanti camuffarsi del manto di austera perfezione ed essere dentro lupi rapaci! Quanti levarsi repentini a voli estetici di una
  • 55. immaginazione esaltata; quanti credersi dotati da Dio da spirito profetico, di doni soprannaturali, di allucinazioni isteriche, e mettere la sapienza di Nisio alla prova durissima di scernere i veri santi dai falsi, gli angeli buoni dagli angeli rei, conoscere a menadito abdito cordis, e non farsi accecare dal plauso del giudicare la santità vera. Signori, qui sta la vera gloria dell'Estinto; saper confessare; cioè di un peccatore farne un convertito, di un reo un santo, di un perduto un membro del paradiso. Questa fu la gloria di S. Alfonso, e questa pure è stata scuola del P. Nisio per un quarto di secolo. Che se il luogo e il tempo non mi obbligassero a correre al fine noi impareremmo dal suo sacerdotale ministero una storia dell'umanità peccatrice. Ora immaginate se un sacerdote resosi famoso per tutta Napoli per pietà e dottrina potesse rimanere ignorato a quel santo pastore che fu il Riario Sforza, e non volesse porre a governo di una diocesi di così bene aveva governato collegi e chiese. Ed eccolo proporre il Provinciale P. Nisio al Pontefice Pio IX, ed encomiarne la scelta a pregare ce di lui appunto venisse arricchita la città di Ariano, rimasta vedova per la rinunzia del Vescovo Aguilar, e il Pontefice annuire col suo oracolo, e designar Nisio Vescovo, e accompagnare la nomina al nostro Generale P. Casanovus con parole lusinghiere per l'eletto e benevoli per l'Ordine nostro, a cui voleva dare un novello attestato di benemerenza, in gratitudine della sana educazione degli Scolopi in Volterra. Ma se gli Scolopi, i Napoletani, il Cardinale Riario-Sforza, la Città nostra accolsero con plauso la lieta novella non fu così per il P. Nisio. Egli si spaventò come di una inopinata sciagura, nella sua umiltà non vide onori, plauso, sorrisi, ammirazioni, inchini, baciamani, non vide la soddisfazione di sedere tra i successori degli Apostoli, non vide il fumo che sovente annebbia tante menti, ma vide la tremenda responsabilità. Egli s'imbatté nell'ammonizione severa che l'Apostolo Paolo fa a Timoteo, in persona di tutti i Vescovi, gli si svelò ampiamente innanzi allo spirito il precetto di Reggere Ecclesiam Dei. E quale chiesa, o Signori? Quella che Cristo si acquistò collo spargimento del suo sangue, collo strazio di sua vita - quam acquisivit sanguine suo – Comprese il Nisio che se la chiesa era così diretta al Nazareno, se gli costava prezzo tanto esorbitante, sarebbe stato austero giudice per colui che l'avesse impalmata per fini bassi e mondani. Egli che sentiva ancora il bruciore di tante piaghe apertesi nel suo cuore al governo dei religiosi non riuscì a trovare pace, ad accettare in dignità onorifica, e genuflesso al suo scrittoio scrisse a Roma,
  • 56. supplicando il Pontefice e il Generale che fosse liberato da tanto pondo. Mite e umile pianse la sua sventura, addusse la malferma salute, l'incapacità di governare, l'età declinante. Ma il Papa ripeté il comando, e il Generale avvisollo che l'accettazione all'Episcopato più che illustrazione la persona recava fregio all'Ordine del Calasanzio, e Nisio piegando il capo rispose: “Ubbidisco.” Signori, se questo fatto io andassi a narrarlo ad altro clero, in mezzo ad altra città potrei passare per romantico e mendace, ma voi l'avete conosciuto quell'uomo tutto umiltà, ritiro, mansuetudine. Voi sapete che la Diocesi nostra lo tenne per pochi giorni, voi sapete come una violenta oftalmia, minacciandolo nel vedere, lo costringesse a cercare clima più mite, cure di medici più famosi, sapete come il responso dei periti si risolvesse per la necessaria dimora in Napoli, e Nisio reiterando le suppliche addusse le testimonianze dei medici. Sapete come il nostro Capitolo spedisse suoi rappresentanti a pregarlo di un ritorno anche temporaneo; ma il Nisio rispose: - Si caecus caeco ducatum praestat – che cosa avverrà? che ambo in foveam cadunt. Come poss'io governare una Diocesi senza lume degli occhi? E perché assumere una responsabilità tremenda io che ho tanto pianto e pregato in salute vigorosa? E qual Pastore sarei io, se non esercitassi nessuna delle funzioni che sono inerenti al mio uffizio? Si vede che Dio non mi vuole, ed io non voglio oppormi alla volontà del Signore” e con una Pastorale commovente prendeva commiato dal suo gregge che non aveva nemmeno conosciuto, dalla città che non aveva nemmeno bene girata, ed augurando alla Chiesa Arianese un Pontefice che tutte possedesse le virtù dell'apostolato, prometteva di nutrire dilezione imperitura per questo popolo che lo aveva accolto con tanta gioia; e così, col titolo di Vescovo di Amorio in partibus, ha speso quasi 13 anni evangelizzando, cresimando, aggirandosi tra i colerosi nel '84, dovunque la sua opera spirituale, corporale fosse invocata, accompagnando i consigli paterni colle oblazioni per lenire la povertà pudibonda, per dare un pane sul desco della famiglia miserabile, ed oggi, che Monsignor Nisio non è più, quanti mendici attendono invano l'elemosina! Quanti penitenti l'assoluzione! Quanti traviati il consiglio! Dio ha voluto rapirlo quasi istantaneamente, perché a lui non facessero forza le preghiere, i voti di tanti figliuoli spirituali. E il Vescovo Nisio ricco di meriti si è addormentato nel Signore nel giorno faustissimo del Rosario!! Questa circostanza, fratelli miei, non devesi passare inosservata.
  • 57. Nisio ad esempio del Liguori, ad esempio del Neri, del Sales, del Bernardino da Siena, del nostro Pirrotta ha sempre nutrito la più fervida devozione per Maria. Come il Pirrotta soleva chiamarla “Mamma bella” soleva diffondere nelle case di Napoli la venerazione del Pirrotta, trattando della divozione alla Madonna, negli intervalli di tempo, seduto al confessionale recitava il Rosario, impegnato a promuovere il culto, come si rileva dalla corrispondenza col Direttore del Santuario di Pompei, coi sodalizi di Francia e d'Italia, colle confraternite di Napoli. Gesù e Maria erano le sue giaculatorie, i suoi umori, le sue cure; se conversava v'introduceva la divozione alla Madonna: e per riuscirgli accetto ottenerne favori bastava mostrarsi fervoroso amante di Maria. Ed ecco visibilmente la Vergine prediligere l'anima santa del compianto Vesscovo. Fu nella nascita della festa di Maria che il Nisio giovinetto vestì l'abito del Calasanzio, e votossi alla Vergine, come un secolo prima il Pirrotta fu nella solennità del Rosario del 1875 che vestiva l'abito episcopale nella medesima chiesa di S. Carlo all'Arena; è stato pure nel giorno del Rosario che egli, freddo cadavere, si è posato nella chiesa dove per tanti anni ha pregato pace e riposo alle anime dei suoi confratelli, dei suoi figli, dei suoi colleghi. E così si è spenta la vita operosa del Vescovo Nisio, a 64 anni per insulto apopletico, il 7 corrente mese, lasciando una memoria dolorosa in quanti lo hanno conosciuto e trattato, una memoria santa nell'Ordine Calasanziano, una ricordanza pietosa nella Diocesi nostra, un esempio di anima perfetta nella carità alla Chiesa di Cristo. Ecce quomodo moritur iustus! Compianto, benedetto! Ma la sua vita è passato pure tra triboli e le spine, ed ha dovuto portare pesantissima la cura croce, benché così mite ed umile. Il Nisio ha patito contradizioni? E chi ne va esente tra i figli di Adamo? Ma se malevoli e invidiosi si sono sollevati contro di lui egli incapace di concepire né anco un pensiero di odio o rancore ha sofferto e perdonato. Egli ha avuto la corona pungentissima di spine intorno al suo cuore per l'ambascia degli scrupoli, e quante volte benché afflitto dai digiuni, dalle penitenze, divenuto arido lo spirito e chiuso all'affetto divino il cuore, si è creduto reietto dal Signore, come si credeva il Sales, la Vergine del Carmelo. Quante volte mentre apriva agli altri le porte del cielo coll'assoluzione sacramentale tremava in se medesimo che nessun frutto di esse ricavare da tanti lavori, e la patria dei beati esser chiusa per sempre per lui!
  • 58. Signori, questo martirio è il più tremendo, e chi ha letto le vite dei santi potrà dirmi quale dovesse essere lo strazio atroce nello spirito del Nisio. Ma al lungo agone doveva succedere la vittoria, e Dio rifulgeva colla sua grazia nel cuore del figlio suo, e il sorriso dell'Immacolata Maria fugava le tenebre del dubbio. Quella Madre da lui tanto amata, tanto benedetta, che per mezzo suo ha veduto popolarsi gli altari di pietosi e i santuari di voti, poteva non accorrere al capezzale del figlio morente e tergendone il sudore di morte prenderne l'anima tra i celesti comprensori?? Ecce quomodo moritur iustus! E noi infelice, gonfio il cuore di lagrime che cosa ci andiamo ripetendo in questo momento? - Beato lui! È vissuto da santo, è morto da santo! Se in paradiso non ci entra lui, che vi ha mandato tanto pentiti, chi dunque oserebbe salvarsi? Via, fratelli miei e cari colleghi in G. Cristo, confortiamoci nel nostro dolore, e vogliate esser cortesi di accettare una mia preghiera prima che dalle vostre labbra si sollevi a Dio la prece espiatoria, che invochi la requie eterna all'anima eletta del compianto Pastore. Venite spesso in questa sagrestia e mirate l'effigie dell'Estinto, posate lo sguardo su quel libro che ei tiene aperto nella mano sinistra, e v'indica di leggerlo, comprenderlo, praticarlo. Quel libro ha solo due pagine. Il Cuore di Gesù e di Maria. E' la più ricca eredità che il nostro Vescovo ci ha lasciata. Guardiamolo con attenzione quel libro e guardiamo a lui. Egli ci dirà che quel libro basta a formare i santi, che quel libro è così chiaro, così amabile, così facile che vi possono e vi devono leggere sempre tutti gli ecclesiastici. Non tutti potremo essere dottori, non tutti predicatori, non tutti apostoli, ma tutti possiamo amare Gesù e Maria. Quel libro ci dirà che siamo il sale mistico della società, che attende sempre da noi guida alla perfezione cristiana, quel libro ci dirà che siamo lucerne splendide, poste ad ardere nel luogo eminente del santuario, e da noi deve uscire luce di probità, di dottrina, di fede, di carità operosa, quel libro ci dirà che possiamo anche noi come il Nisio elevarci alle serene regioni delle celesti contemplazioni, all'amore purissimo di Dio e del prossimo, quel libro ci dirà che solo esso è stato la scuola dei santi dotti o ignoranti; e se noi promettiamo di porre in pratica il consiglio venerando che ci lascia in retaggio l'illustre Estinto v'assicuro, o venerati confratelli che l'anima mite ed amabile del Pastore Nisio s'impegnerà presso Dio ad intercedere per la santa missione del Clero Arianese.
  • 59. FLAMMIA NICOLA Articoli pubblicati sul Corriere Regionale I. BIBLIOGRAFIA OPERE DI P. NICOLA FLAMMIA Libri di Lettura per la 1^ e 2 elementare. La Religione della storia. Triduo di preghiere per il Beato Pompilio Pirrotti. Meditazioni giornaliere: due edizioni La Religione della politica. Articoli appars sull'Ateneo religioso di Torino. Panegirico della Madonna della Consolazione. Elogio funebre di Monsignor Salvatore Nisio, Vescovo di Ariano. Elogio funebre di Clementina Del Giacomo. Una gita in Ariano, biografia di Gennaro Moscatelli, l'Irpinia, Parzanese, De Sanctis , - sul Corriete Regionale. Articoli storici, letterari- bozzetti sullo stesso giornale.
  • 60. Equotutico - Via Traiana - Sulla Gazzetta di Benevento. Considerazioni sul metodo di F. De Sanctis - lettere nove in ... La Pubblica istruzione - mali e rimedi sulla Gazzetta di Benevento, lettere quattordici. Il Basso Clero a proposito della Conferenza del De Sanctis sul D. Abbondio del Manzoni. Conferenze sulla vita del Papato. (pubblicate prima del 1893). Il pensiero di Dante. Nuovo metodo per ispiegare la Divina Commedia. Tre tavole topografiche dei tre regni danteschi, ad uso dei licei. La Francesca da Rimini. Il Conte Ugolino. Saggi critici in confronto con quelli del De Sanctis. La metodica e la Pedometrica ad uso dei Presidi e Direttori delle Scuole Primarie e Secondarie. Sunto Storico della Letteratura Italiana in relazione colla politica, ad uso dei licei. Corografia di Ariano per le scuole elementari (di prossima pubblicazione n. 16-21) 1893. P. NICOLA FLAMMIA GIORNALISTA- PUBBLICISTA 1. LA SORTE DEI PICCOLI COMUNI Da IL CORRIERE REGIONALE, Ariano, 1890, A. III. n. 13, 23 marzo 1890, 1 p. Io non so, se voi lettori miei, avete mai assistito alla spogliazione che si fa di una chiesa di villaggio o di campagna dopo la festa del Santo Patrono. Avrete visto come nel giorno solenne vi Š stato il concorso numeroso di curiosi e di devoti, la chiesa adorante con lusso, la canonica vestita a nozze, musi, i cantori, piovani salmodianti, spari, processioni. Poi, fatta la festa, viene uno e si porta gli arazzi, un altro le belle palme, un altro i preziosi arredi sacri; un altro i candelieri dorati. chi si porta le panche, che i ricchi vasellami, quale incassa incassa i calici, i quadri, i
  • 61. turiboli, i voti, i voti e la chiesa rimane lercia, misera colle panche zoppicanti, colle tovaglie ragnate, coi candelieri sciancati, colle tende scolorati: si e no il prete ed i fedeli si affacceranno una volta la settimana per farvi una funzione, e poi tutti abbandonano il tempio che otto giorni fa era il richiamo di tanti dilettanti. Quasi ad un dipresso sta accadendo ai piccoli comuni. Suonano anche a stormo dal cadente campanile della chiesuola comunale. la promessa di libert…, eguaglianza, glorie cittadine, libert… comunale le promesse di libertà… comunali ma poi? Viene un decreto e toglie il Sindaco elettivo, viene una ministeriale e toglie le guardie, viene un ministro e leva la scelta dei maestri. Chi distrugge un simulacro nel ginnasio, chi abbatte una pretura, chi rimuove la stazione dei carabinieri, che leva l'agenzia, chi un ufficio, chi un privilegio sui beni comunali, chi cancella il diritto di pascolo, che quello di legnare. In questo modo il piccolo Comune non ritiene che il solo nome altisonante, pomposo, comune d'Italia, provvisto di chiodi, cioè tasse. Tasse di decimi, tasse comunali, tasse focatico, tasse sui bestiami, tasse sulle rivendite, tasse da per tutto. E perchè? per legge di eguaglianza. Pagano tasse Avellino, Ariano, Napoli, dunque devono pagarle anche Chianche e Chianchetelle, Sirignano, Villamaina, comunelli microscopici di 600 anime. I disgraziati piccoli comuni mancano, per natura del luogo, per restrizione numerica, di tanti vantaggi: mancano di telegrafo, di una vicina stazione ferroviari: cosicchè‚ se vogliono andare ad Avellino da Accadia devono impiegare due giorni. Mancano di scuole secondarie, di succursali bancarie, di casse agrarie, di monti frumentarii. Molti mancano dei caffè, della posta, del macello, di un notaio, di un procuratore consulente, di un mercato, di un flebotomo dentista. Insomma è una spogliazione: e la chiesa di campagna lasciata nuda, fredda, lacera,
  • 62. povera, avvilita. Gli abitanti dei piccoli Comuni pagano i ginnasii che non hanno; i licei , le scuole tecniche, le professionali, le normali, le università… che non hanno. Pagano il comando della Pubblica Sicurezza, dei carabinieri, delle ferrovie, delle intendenze, delle ricevitorie che non hanno. Pagano le preture, l, i tribunali, le corti alte e basse che non hanno. Pagano la tassa di sangue nei soldati, i comandi militari, gli ospedali, le biblioteche, i musei che non hanno. Pagano tutto, poverini, ed essi non toccano niente. Qual' è la sorte dei disgraziati abitanti (...) Infelicissima. Se due mattacchioni si graffiano il muso o litigano per il possesso di una gallina devono mettersi in via fra le gambe, lasciare la casa colla neve, coll'acqua e rompersi il collo da Trevico ad Ariano per far sentire le loro ragioni al Tribunale, alla Sotto Prefettura. Sventura poi se devono viaggiar donne, vecchi!! Se un padre provvisto di qualche bene di fortuna ha, in medie, due figli da educare deve vederseli partire dal tetto avito all'et… di 10 anni o prima, quando cioŠ fatta la 3^ elementare non ci è più— scuola per essi. Bisogna tenerli agli studi per lo meno 15 anni continui colla spesa minima di 800 lire annue. Cosicchè se i figli tornano al villaggio con una laurea, ci torneranno vecchi, dopo di aver sciupato ventimila lire al povero padre. E fosse questo il solo guaio. Ce n'è un altro. I giovani vissuti met… della loro vita fuori del paesello, imbevuti di altri ideali; educati ad altra scuola di sociali godimenti, colle abitudini contratte nei centri popolosi sentono tutto il peso della solitudine, del vuoto, maledicono al paese, alla sorte loro, e... fanno i bauli per emigrare in sempiterno. Se un padre non ha mezzi per dare ai figliuoli una professione liberale, per educare i maschi e femmine quando anche fossero d'ingegno svegliato deve contentarsi a scegliere o perderli per sempre o mandali a cavare cicoria.
  • 63. Quelli che restano, se sono un pò pingui a denaro, se hanno un pò di istruzione diventano i tirannelli del Comune, e dicono e mandano secondo che arvinchiano. Nel municipio sono aritri assoluti, nella relazioni sciali tanti D. Rodrighi, e cosìsi compensano della mancanza di tanti comodi che largiscono ai citadini i grossi Comuni. Se ci sono i titolati, i ricchi baroni, duchi, quelli vanno in agosto solo per un mese nel villaggio, per farsi incensure, per isfogare la vanit… personale, per misurare il grano, imbottare il vino, poi? compiuta l'opera si corre in fretta a Napoli per tornare si e no l'anno venturo. Ecco la sorte dei piccoli comuni. Ma la parte ridicola la fanno poi i giornalisti, i conferenzieri, gli economisti, qualche volta anche i legislatori; perchè vogliono che l'agricoltura si migliori, che la terra produca il decuplo, che il bestiame si allevato così e cosi, che si faccia uso delle macchine così così, che s'irrighino i terreni, si coltivino gli incolti, si aprano soli, si vestano i dorsi dei monti, si faccia questo, si faccia quest'altro. Strombazzano le solite frasi arcadiche che l'Italia e il paradiso di Europa, che noi possiamo essere ricchi più della Francia, degl'Inglesi; che l'agricoltura, il commercio, i prodotti, Dio mio! quante belle cose possiamo fare e avere se le campagne fossero meglio trattate. E chi di questi famosi apostoli, di questi chiassosi tribuni si azzarda a lasciare la bella Napoli, la gaia Roma per andare a coltivare le campagne che sono attorno ai piccoli Comuni? Nessuno!! Prof. N. Flammia
  • 64. 2. PER IL NOSTRO CONCORSO SUL NUOVO PROGETTO DI LEGGE PER L'ISTRUZION ELEMENTARE. Da IL CORRIERE REGIONALE, Ariano, 1890, A. III. n. 14, 30 marzo 1890, 1 p. Rispondiamo brevemente per debito di cortesia ai tre soli maestri che ci hanno inviato i loro scritti, in risposta al Concorso da noi bandito nel n. 9 del Corriere. Diciamo brevemente, perchè, visto che nessuno si occupa dell'istruzione, sarebbe tempo e fatica sprecata avvilire, in articolo che non saranno letti, un argomento coì vitale. Il maestro Giuzzo quasi ci faceva un rimprovero che noi nell'invito ai maestri li tacciavamo di pecore mute. Eppure ha visto col fatto che dei quattrocento insegnanti elementari della provincia nessuno ha creduto sporcare la sua penna intorno d’ una quistione così santa. Noti il Giuzzo questo nessuno e ne argomenti quale sia la premura, la passione, lo zelo di difendere, oppugnare, criticare, dilucidare un tema che e tutto loro. Noti il Giuzzi che i tre manoscritti non appartengono alla provincia uno e su, mentre ci è ma tre ci è venuto da Foggia, il terzo da Taverna di Catanzaro. E i maestri Irpini?? Eppure sui giornali di Avellino, Ariano, Benevento, Foggia, sui periodici elementari sono assidui a scrivere, anzi anzi la loro abilit… letteraria si sfoga in poesie, bozzetti amorosi, necrologie di amici e amiche, senza che alcune volte si arrivi a capire se - l'anima col corpo moria fanno, in corrispondenza che trattano di serate balli, nascite, elezioni di sindaci, di guardie campestri, di funerali, di recuperata salute ecc. . Questa indifferenza dunque Š un brutto segno parchè sembra che della scuola elementare non abbiano altro in pensiero che due soli ideali, liberarsi dal controllo dei municipi, e assicurarsi il buono stipendio alla fine del mese. A questo si riducono le
  • 65. fili dei maestri, i lamenti, i ricorsi, le contese coi municipi le farragini de' voluminosi scritti, relazioni che ingombrano gli scaffale dei Provveditori e del Ministero alla Minerva. Bisognerebbe leggere qualche cosa l…dentro, averegli sfoghi dei capi-sezione, capi-divisioni, membri delle giunte, delle commissioni, relatori, e certe volte e se n'esce di l…, come dall'ospedale degli incurabili di Napoli, atterrito, confuso, smemorato; bisognerebbe aver vissuto anni coi maestri elementari di ogni qualit…, ceto, et… e poi darsi ragione di certi fenomeni che sembrano assurdità…, e sono verità… vive. Lo stesso Giuzzo alla fine del suo articolo prometteva altri scritti se il primo non moriva nel cestino noi, per cortesia, per la promessa fatta, abbiamo stampato sino alla virgola il mandato che ne è avvenuto? che è passato un mese, e non si è fatto vivo nessuno piè- nemmeno lui. Il Corriere Regionale nella persona del sottoscritto era pronto, come lo è tuttavia, a trattare ampiamente, intus ed incute la questione degl'insegnanti elementari e della scuola popolare in Italia sarebbe stato tanto di guadagnato per i maestri, per i padri di famiglia, per i municipi, per i consiglieri provinciali, per i deputati; ma vista la misera figura che si è fatta per scrivere? Giuzzo desiderava che noi dicessimo (...) che i pochissimi l'hanno detta prima, e così non facciamo la scostumatezza di prendere noi dal piatto la prima porzione. Ora che tre soli maestri si sono serviti sopra un cinquecento invitati conviene a noi metterci in corpo il lasciato dagli altri tutti? Non si può trattare isolatamente il nuovo progetto Boselli senza richiamarci almeno di volo a tutta la macchina della scuola elementare. Se ci è un ministero dove si sia perduta addirittura la testa e appunto quello che dice di educare la testa, tanta Š la confusione che regna dal 1860 ad oggi nelle innovazioni, regolamenti, circolari, programmi che piovono ogni giorno come la gragnuola, tanto che alla
  • 66. Minerva non sarebbe possibile contare nemmeno quanti regolamenti, leggi e leggine sono uscita di l…. Alla stupefacente fecondità del ministero bisogna aggiungere il solletico dei Direttori, Assessori, Delegati scolastici e poi si faccia ognuno un criterio da s… Si crea ogni giorno, si modifica ogni giorno, non si aspetta che un regolamento dia i suoi frutti che subito si cancella per inculcarne un altro. Intanto l'istruzione va zoppicando, l'educazione non esiste nemmeno di nome, i maestri strillano, i municipi peggio. Il Ministero credendo di contentar tutti i manipoli una circolare, un decreto reale, e lo manda colle raccomandazioni che Berterelli fa della pillola di catramina. I maestri la leggono, veggono che non vale niente, e fanno come le rane di Esopo al re travicello. Si vede, si tocca che la famosa scuola elementare nata per la generazione nuova dell'Italia Una, tenuta a battesimo da fracasso promesso non d… quei frutti che se ne aspettano il ministero che fa? An... dice fra s‚ - nelle scuole i ragazzi imparano poco, un rimedio io, cambio questi libri, e metto gli altri. Fatta la prova è peggio gli scontenti crescono la scuola non frutta - E' vero - dice un altro maestro, rimedio subito. Raduno i maestri alle conferenze regionali ed ecco fatto - Il male non cessa - Per bacco, riflette l'altro ministro, qui ci vuole un regolamento pe le lezioni di cose - Gi…, gi…, gridano i soliti trombettieri - metodo intuitivo si ca pisce - Si applica il decreto e il male cresce - Ho capito, soggiunge un altro ministro, ci vuole la ginnastica - Sicuro, fiato alle trombe, sonata che mente sana rafforza i... muscoli - Così bene - Peggio di prima - Voglio mettere un poco di lavori manuali, dice un altro ministro - Benone, gridano i banditori - e il ministero d… alla nazione il vergognoso spettacolo di mandare a N…s in Svezia per vedere come i ragazzi fanno ... i giocherelli poi seccato esso stesso di aver fatta una corbelleria mette negli scaffali lavori e
  • 67. lavoranti - Peggio, bisogna levare quell'istruzione religiosa, riflette un altro ministro, quella è una iettatura, vogliamo fare la scuola laica - Si, si - laica, strillano i soliti - Peggio di prima. Ah - pensa un altro - voglio imitare il Padre Eterno- quante sono le scuole elementari? Quattro - Ebbene siano cinque - Fiat. E' fatto - Nessun benefizio. Non per niente sono ministro, dice un altro - faccio un regolamento - programma - legge - decreto - come gli annunzi teatrali - Recipe. Un dramma di lingua, uno di aritmetica, uno di storia contemporanea, uno di lezioni oggettive, uno di geografia, uno di disegno, uno di canto, uno di ginnastica, uno di diritti e doveri, uno di calligrafia, uno di lavori, uno di agraria fate pillola una, inghiottitela e...crepate. - Peggio di prima. Eh... so io dove sta la radice del... male - dice l'altro ministro. La scuola non frutta? dunque la malattia sta nei noi, poveretti? guarita i maestri e la scuola far… i progressi... Si, si, pensiamo ai maestri. Vedremo nel prossimo numero questa cura ipnotica, magnetica, omeopatica. Prof. N. Flammia
  • 68. 3. SULLA TOPOGRAFA STORICA DEL'IRPINIA. CONSIDERAZIONI E RISPOSTE Poichè la carità… del natio lco Mi strinse... DANTE Inferno cant. A leggere nel passato giugno il primo volume della Topografia storico lavoro dello Jannacchini e farvi un articolo che fu inserito nel numero 33, 28 luglio, del Corriere, mi tocca scortesissimo rabbuffo dalla Sentinella Irpina la quale ebbe la faccia fresca di tacciare di fanfaronate tutte le mie osservazioni tutte le mie osservazioni lettere storiche, scientifiche intorno al lavoro. Io non potei rispondere subito perché il bravo giovine Grasso trovato pane per i denti ANTOLOGIA FOTOGRAFICA 1. Frontespizio studio sulla vita e sulle opere di P. P. PARZANESE, Benevento 1910, Stab. Tip. D'Alessandro.vol. 1 2. Dedica a P. P. Parzanese. 3. Studio ... 2 vol. Ariano, 1910, Stab. Appulo Irpino. 4. Tipo Figurino femminile, 5. Studio... vol. 3, Ariano, 1910 Castello di Ariano, foto p. 133. 4. Studio... vol. 4° 1910. 5. Onoranze a Parzanese
  • 69. LETTERE E CORRISPONDENZE 1. - Lettera di Pier De Donato Giannini, al Prof. Nicola Fammia. Padova, 6 dicembre 1891. Ill.mo Signor Prof. Flammia Padova li 6-X- 91 Egregio Signore, Quantunque io non avessi mai avuto il piacere di conoscerla e di stringerle la mano mi son pigliata la licenza di mandarle questo mio biglietto e pregarla di volermi rendere una finezza - Ad Ariano o poco lontano so esser nato il caro poeta Pier Paolo Parzanese così poco conosciuto all'infuori del Regno del Reame di Napoli come purtroppo dovrebbe da per tutta Italia essere venerato. Io mi sono risoluto, e fin da un pezzo , onorare la memoria di di quel valente, ordinando tutto quello che egli scrisse in modo da farlo conoscere, sebbene tardi agli italiani, i quali potranno ammirare nei versi del Parzanese qualcosa di veramente mirabile a cui dettero origine e fondamento le ispirazioni più veraci di natura e di affetto - e poiché ho anche bisogno di preporre alla mia edizione uno studio sulla vita e sui tempo del Parzanese, Signore, mi farà la finezza di raccogliere un maggior numero di notizie e documenti, inviandomeli il più sollecitamente che ella potrà! Mi farà cosa graditissima ed io le sarò oltre ogni misura obbligato. Vorrei pure potere avere un esemplare dei Versi del Parzanese stampati a Napoli e tutto quell'altro che vi possa essere inedito. Io insomma mi raccomando a lei e la chiamo a prender parte ed un'opera di generosa riparazione della quale tutti le saranno riconoscenti. Perdoni al mio modo di scrivere, perchè impacciatissimo in questi giorni; ella ha già tutto
  • 70. inteso, e spero che fra pochissimi altri giorni ella sarà in gradi di potermi fare arrivare un semplice motto con cui potrò essere fatto sicuro della intera riuscita. Mi abbia intanto interamente suo e rispettosissimo a renderla quel contraccambio che elle crederà migliore. E con effetto pari alla stima mi creda Suo Devotissimo Pier de Donato - Giannini ONORANZE A PARZANESE L'idea di elevare un busto al poeta - oratore sorse subito dopo la sua morte, e per conto suo l'effettuò lo scultore Balzico mettendolo a Poggio - Reale. In seguito si fece qualche progetto, come ho detto nel vl. 2°. Lodatori di Parzanese. Per iniziativa di Villani e Gagliardi mettendosi una lapide alla casa del poeta risorse il proposito di fare un busto. Ma poi quantunque si aprisse na sottoscrizione non se ne fece nulla. Nel 1901 mese di agosto il prof. Grasso lanciò l'appello agli intellettuali di Ariano e Circondario per erigere tre busti a Parzanese, a Mancini e a De Sanctis. Per Parzanese designava come luogo prescelto la villa. Intanto riuscì a raccogliere più di 600 lire come offerte poi venne il Comune. Sul giornale cittadino Il popolo numeri 7 e 10 - 1902 gli venne il ghiribizzo di domandare la mia opinione sul sito per Parzanese (vedi articolo). Piccato nel Numero unico pubblicato nell'agosto, cinquantenario della morte del poeta, invitò altri a collaborarvi ed escluse me. Messosi all'opera fece fare dallo scultore Pardo i due busti di Mancini e De Sanctis, che esistono ai lati della porta municipale. Per l'inaugurazione furono invitati Gianturco, Cocchia, il senatore Polvere, il prefetto, il Provveditore, la figlia e la nipote di Mancini, Caputi, Anzani ed altri. La cerimonia si fece l'8 novembre 1903, Gianturco parlò bene di Mancini, Cocchia male di De Sanctis trattandolo quasi da pulcinella. Per Parzanese niente. Sulla scale del Municipio ci furono i discorsi per i due deificati, gli avversarii si recarono sotto la casa del poeta, e chi gridava da una parte e chi dall'altra. Una vergogna. Non pago di averci così umiliato il Grasso tornò a punzecchiarmi, perchè mi mettessi alla testa di un comitato nel 1904. Fu allora che gli risposi per le rime (vedi giornale Verità N. 28 agosto, 25 settembre 21-23). Gli mostrai l'onta fatta in casa nostra al povero De Sanctis creatore della critica estetica, l'ingiustizia di aver devoluto ai due le offerte che preti e secolari, tassativamente, avevano dato per Parzanese. Egli per riparare l'affronto voleva