1. Appunti di antropologia medica. I miei appunti presi nelle lezioni integrative del corso di “Antropologia medica” tenuto dalle docenti Cristina Vargas e Lucia Portis. Anno 2010/2011
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4. Un uomo si incultura di una solo cultura, la sua, anche se inizialmente è predisposto a tutte le culture.
5. La cultura seleziona le percezioni, alcune culture a differenza di altre sono per esempio più predisposte a notare alcune differenze o particolari.
9. Esistono abitudini che apprendiamo tramite la cultura che noi rendiamo così tanto nostre che le incorporiamo come se fossero azioni naturali (per esempio ciò che mangiamo).
10. L'incorporazione è il dato essenziale della vita quotidiana, ci fa classificare tutto (per esempio pulito/sporco) e ci fa percepire queste categorie come normali.
11. Spesso i concetti di “pulito” e di “sporco” sono usati per “tenere sotto controllo” certi ambiti della vita sociale.
12. Gli esseri umani in ogni contesto sociale modellano i corpi dei suoi membri attraverso numerosi procedimenti.
13. Habitus: disposizioni incorporate, strutturate e strutturanti, espressione della continua dialettica fra individuo e società e interiorità o esteriorità.
16. La neuroplasticità è la capacità del cervello di adattarsi in modo duraturo in risposta a stimoli o circostanze specifiche, è un esempio di interazione tra biologia e cultura.
17. Il corpo non può essere inteso come un’entità naturale, al di fuori dei processi di costruzione del corpo e delle forze storico sociali di controllo della corporeità.
18. Secondo Foucault la psichiatria, la prigione, l’esercito e la scuola sono ambiti di disciplinamento dei corpi.
19. Corpi indocili: corpi in cui la malattia è uno strumento di legittimazione, di riconoscimento sociale e di resistenza.
20. Anche il mondo fisico non è percepito fedelmente o passivamente, vi è una sorta di “grammatica della percezione” che è collegata all’apprendimento e alla cultura. La percezione è un processo attivo, in cui vi è una continua interazione fra ambiente, soggetto, biologia e cultura.
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22. Il diario permette di lasciare traccia di quello che vedo e sento, permette di passare dal dato osservato all'interpretazione dello stesso.
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24. Si cerca di individuare le dinamiche di produzione sociale della sofferenza e come la violenza agisca non solo nell'astratto ma anche a livello corporeo e soggettivo.
25. Il concetto di violenza strutturale è stato elaborato da Johan Galtung e poi da Paul Farmer, essa è un tipo di violenza indiretta, inflitta attraverso le istituzioni e le strutture sociali; è diversa dalla violenza esplicita anche se non si può separarle completamente. È un tipo di sofferenza che non è vista come qualcosa di anomalo, non la si percepisce nemmeno se non la si guarda dall'esterno.
26. La sofferenza sociale è quel tipo di sofferenza incorporata che deriva dal contesto di forze politiche, economiche e strutturali, all'interno del quale l'individuo deve negoziare i termini della propria esistenza. Tale processo non è derivato dalle “contingenze” della vita, ma è attivamente prodotto dalle istituzioni sociali.
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28. Anche Basaglia da il suo contributo definendo la malattia mentale come una dimensione politica che viene negata attraverso un discorso di apparente scientificità che maschera una concreto tentativo di “criminalizzazione della malattia”.
29. Tra i crimini di pace e i genocidi, secondo l'autrice Nancy Scheper-Hughes, esiste un “continuum genocida” vi è perciò una continuità fra le violenze inserite e tollerate nella quotidianità e la manifestazione di forme estreme di violenza, come il genocidio. I crimini di pace creano le condizioni perché certe forme di violenza possono essere presentate come necessarie.
34. Illness: malattia come evento esistenziale, evento che stravolge la propria vita e fa pensare a ciò che non si potrà più fare. Si parla di rottura biografica che causa discontinuità esistenziale. Malattia come esperienza che riguarda anche il contesto famigliare.
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36. Byron Good parla della malattia come un oggetto estetico, ossia un oggetto che può avere definizioni diverse e può essere letto da diversi punti di vista. Il processo di costruzione culturale della malattia avviene attraverso la narrazione.
39. La medicina è vista come sistema culturale, per esempio in occidente c'è la biomedicina, che si dedica all'organo malato riducendo ad esso la multidimensionalità dell'individuo, ma sono presenti anche le medicine non convenzionali.
42. Arena popolare: in essa vi sono non professionisti della cura, come i guaritori.
43. Arena professionale: medicina professionale scientifica. Questa spiega la malattia in base alla causa eziologica, sintomi iniziali, patofisiologia, decorso della malattia e terapia.
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45. Medicina centrata sul paziente: questa non è alternativa alla prima, si capisce la necessita di confrontarsi con il significato che la malattia acquisisce per il malato che la vive. I medici tengono un diario su cui annotano cosa secondo loro prova il paziente, cosa effettivamente questo prova e cosa si aspetta dalla cura, si descrive la situazione famigliare del paziente e come questa si connette con la malattia.
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47. La medicina narrativa si muove in 2 direzioni: verso il paziente, con contesti collettivi o individuali in cui narrare, e verso l'operatore, che sperimenta la narrazione del sé e costruisce un bagaglio di esperienze narrative.
48. Non si può lavorare con la storia dell'altro senza prima aver analizzato la propria.
52. Resilienza = anche detta capacità negativa, essa è la capacità di far fronte a situazioni di crisi facendole diventare situazioni di apprendimento, magari per conoscere meglio sé stessi.
53. Exotopia = capacità di stare nei panni dell'altro e nello stesso tempo essere consapevoli di essere altro; è la capacità che ci impedisce di essere simbiotici.
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55. Il testimone ascolta e restituisce la storia riconoscendola; egli diventa portavoce.
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57. Esostima: emozione che proviamo quando siamo in grado di fare un discorso di senso compiuto.
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59. Lo scrivano intelligente è l'operatore sanitario che trascrive la storia dell'altro non come un caso clinico ma come una vicenda umana. Egli è colui che stimola la narrazione e la prende in custodia.
63. Restituzione dei testi: attraverso un colloquio di approfondimento, in esso è possibile chiarire alcune parti, ampliare la narrazione o modificarla.
65. Restituzione della monografia: il narratore in questa fase si dovrebbe riconoscere in essa. La storia finale è sempre co-costruita perché scritta a 4 mani.
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67. Tempo: va calcolato in basa alla durata della nostra attenzione, quanto si riesce a sostenere un ascolto attivo.
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69. Di riformulazione: ripetere con parole nostre ciò che ha detto l'altro chiedendo se si è capito correttamente.
70. Di riflessione dei sentimenti: si ripropongono i sentimenti che l'altro sta provando.
77. Meta-cognitive, chiedono di riflettere sulla propria immagine/storia alla luce di quello che si è raccontato, si fa una riflessione sulla riflessione.
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79. L'identità è qualcosa che ha che fare con noi stessi, quello che siamo ma anche con l'alterità, ovvero ciò che pensiamo degli altri.
80. L'identità presuppone l'esistenza di esseri unici ed irripetibili, è fatta di caratteristiche personali, non esiste aldilà dell'esperienza e ha bisogno di qualcuno a cui mostrarsi, necessita della relazione.
82. Identità plurima = caratteristica dell'età adulta dove si concentrano più identità che si influenzano reciprocamente, si adegua la propria identità al contesto.
83. Identità multipla = in un mondo attraversato da flussi culturali diversi e contraddittori, l’identità deve fare i conti con la diversità, deve sapersi adattare sopportando le ambivalenze.
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85. L'Io tessitore è l'identità che tiene insieme, ricompone le esperienze e fa si che noi siamo sempre noi stessi.
86. L'identità nomade e la doppia assenza sono concetti che hanno a che fare con le persone che si spostano nello spazio. Queste caratteristiche portano a sentirsi fuori luogo ovunque, manca l'appartenenza.
94. Noi viviamo d stereotipi, l'importante è non farsi guidare solo da essi e non trasformarli in pregiudizi.
95. Il pregiudizio ci fa pensare che le cose negative siano legate ad alterità lontane.
96. Per fare si che identità e alterità si fondano si può utilizzare un laboratorio autobiografico, ovvero uno spazio riflessivo attraverso la scrittura del sé.
97. Il laboratorio autobiografico consente di raccontare frammenti di sé all'altro che condivide e connette questi racconti con i propri.
98. Il laboratorio autobiografico è definito come uno spazio soglia, ovvero una frontiera dove le identità si affacciano verso l'altro mantenendo però le proprie caratteristiche, ovviando così alla nostra paura di diventare altro.
99. La raccolta di storie di migrazione hanno importanza sia per chi le racconta che per la collettività, diventano processo di apprendimento e cambiamento sociale.