1. Raffaele Van Westerhout
di Francesco Giannini
Aveva da poco compiuto 86 anni, ma il tempo per lui fino a qualche anno fa
sembrava essersi fermato ai migliori anni della sua vita. Egli, infatti, fino a
cinque anni fa ha continuato a svolgere la sua attività artistica e a percorrere
strade cittadine e di campagna, alla ricerca di momenti e squarci della sua
terra da immortalare nelle sue tele, da esporre in mostre non solo per essere
ammirate, fruite e affidate a potenziali acquirenti, ma per consegnarle
idealmente anche a tutta Gioia.
Nasce a Gioia del Colle l’1 marzo 1927; qui trascorre gli anni della sua
fanciullezza, della giovinezza e della maturità professionale. Vive a
Gioia, proseguendo nel suo infaticabile impegno artistico.
Manifesta sin da piccolo la sua passione per la pittura tanto che nel 1940 si
iscrive alla Scuola di Disegno, diretta del pittore Enrico Castellaneta, dove
segue tutti i corsi di disegno. Segue anche i corsi di plastica con lo scultore Giuseppe Jacobellis,
distinguendosi sia per capacità di apprendimento e per delicatezza di espressione nell’arte che per uno
squisito senso artistico.
Per tali requisiti, terminati gli studi, su designazione dello stesso Castellaneta, la Direzione Generale di
Bari lo nomina insegnante nel corso di plastica ed assistente di disegno.
Dal 1950 partecipa attivamente alla vita artistica italiana, prendendo parte a diverse rassegne e
manifestazioni d’arte, nazionali ed estere, conseguendo premi e riconoscimenti di rilievo.
La sua pittura si ispira alla realtà, alla vita nei suoi vari aspetti: la natura e, quindi, i dolci paesaggi della
nostra terra, la vita nei campi, scene di vita paesana e perciò il lavoro dell’uomo a contatto con la natura,
rimasto intatto nel tempo. Anche le nature morte rispecchiano questa ideologia, rappresentando
soprattutto fiori e oggetti cari alle nostre tradizioni.
Oltre che a rappresentare poeticamente i paesaggi della nostra Puglia a
R. Van Westerhout va il merito di aver fermato sulla tela o sul foglio
da disegno alcuni aspetti e momenti della nostra civiltà contadina e
squarci caratteristici del nostro paese, che altrimenti sarebbero andati
perduti o, al massimo, avremmo potuto osservare per essere
stati immortalati dal freddo obiettivo di una vecchia macchina
fotografica, con il compito di tramandare tale patrimonio alle
generazioni future.
Quasi anticipando il corso della storia, il Nostro avvertiva anzitempo la minaccia della distruzione e del
degrado, che il tempo e l’uomo operano incessantemente, delle demolizioni o ristrutturazioni arbitrarie,
che avrebbero potuto snaturare il volto del nostro paese, distruggendo la sua millenaria storia e le sue
secolari tradizioni. Egli ha fermato nelle sue opere aspetti caratteristici di Gioia, dagli archi, ai vicoli, alle
costruzioni antiche ai monumenti più significativi, alle masserie del nostro agro, colti nel loro naturale e
primitivo impianto costruttivo.
A giusta ragione si può definire il vero paesista di Gioia perché, più degli altri artisti gioiesi ( Romano,
Castellaneta… ), nella sua copiosa produzione è rimasto fedele al suo paese che ha osservato e
rappresentato attraverso varie angolazioni e spigolature. Anche quando nelle sue opere ritornano gli
stessi temi e soggetti è sempre nuovo o per tecnica o per
impostazione o per sentimento, perché coglie ogni volta qualche
particolare nuovo, facendo pregustare sensazioni sempre diverse,
frutto di uno stato d’animo sempre vario, pur rimanendo sempre
cantore del suo territorio, innamorato perdutamente della sua terra
natia.
Come un poeta scandaglia l’animo umano, mettendo in luce le diverse
sfaccettature dei sentimenti che albergano nel suo cuore, così Van
2. Westerhout mette alla prova le sue capacità artistiche di paesista attraverso l’utilizzo di nuove tecniche,
che portano a nuove chiavi di lettura dell’opera artistica, che rimane sempre la rappresentazione della
nostra terra, della nostra cultura e delle nostre tradizioni.
La sua produzione spazia, infatti, dal disegno alla tempera, dal pastello all’acquerello per finire al graffito
e all’olio.
E’ molto accurato nella scelta e nella rappresentazioni di squarci caratteristici dell’abitato gioiese, che
presenta con dovizia di particolari e con una vena poetica, mai melensa o distaccata, tanto da far
pregustare colori, suoni, profumi che promanano da quelle strade, da quelle case, da quelle campagne
in fiore, da quelle nature morte. Il paesaggio è colto e descritto in vari momenti del suo sviluppo e della
sua evoluzione, in quell’incessante, bucolico e armonioso scorrere delle stagioni meteorologiche e della
vita.
In linea con le tecnica dell’impressionismo il suo lavoro è quasi sempre sfumato nella presentazione di
paesaggi, che sembrano avvolti dalla nebbia del tempo, quasi prossimi a scomparire, ma fermati per
sempre dalla mano dell’artista. Bastano poche, ma intense pennellate, a farci pregustare la bellezza dei
paesaggi pugliesi, la luce e i colori delle nostre campagne e dei vicoli cittadini.
La varietà della sua produzione è particolarmente avvertita nelle sue ultime
opere, nelle quali si nota l’estrinsecazione di un animo acquietato, che, con
l’avanzare degli anni, è portato ad utilizzare colori meno accesi: quelli calmi e
sereni della luce crepuscolare, che denotano una pacatezza di toni e di tratti
descrittivi.
Non si tratta di una involuzione, bensì della conquista di quell’equilibrio che si
acquisisce con la maturità e che porta ad una visione più serena della realtà
circostante a una rappresentazione più delicata, ma non per questo meno
partecipata o passionale, dei soggetti trattati.
Il suo amore per Gioia è attestato tra l’altro dalla pubblicazione del volume " Gioia
del Colle vista dal pittore Raffaele Van Westerhout ", edito dalla tipografia Mare di Bari nel 1977, nel
quale sono presenti 86 tavole i cui soggetti sono: le piazze, gli archi, gli angoli dl centro storico, le ville,
il lavoro delle campagne, le masserie, le chiese, i campanili, le sculture, il castello Normanno-Svevo, i
vicoli, il centro archeologico di Monte Sannace.
Tale testo possiamo considerarlo un’antologia grafica di Gioia, perché presenta una carrellata degli spazi
più significati del nostro Comune a partire da quelli più antichi, intorno ai quali si è sviluppata la vita di
Gioia, fino alla rappresentazione di momenti significativi della nostra civiltà contadina che il progresso
rischiava di mettere nel dimenticatoio. Un’opera meritoria nel tentativo di salvare la storia e il patrimonio
di una comunità, che minacciava di essere deturpato o addirittura cancellato dalla mano sacrilega
dell’uomo.
Il suo incessante pensiero rivolto al suo e al nostro Paese è testimoniato altresì da una serie di calendari,
preparati per una banca locale, nei quali il tratto rapido e incisivo della sua matita ha fermato sui fogli da
disegno campanili, chiese e squarci caratteristici di Gioia.
Riprendendo quella pratica, interrotta per alcuni lustri, quest'anno ha preparato un calendario intitolato "
Archi in Gioia " nel quale utilizza la tecnica del disegno a tratteggio, mescolandovi pennellate ad
acquerello e tratti a pastello, ottenendo così risultati cromatici di sicuro effetto.
E’ stato invitato all’estero alle sguenti mostre: all’Expo di Toronto nel 1967 per la mostra del paesaggio
italiano, dove ottiene un diploma di merito, a Bloomsburg,
in Pennsylvania nel 1969 per la XV mostra d’Arte
Contemporanea, dove è tra gli artisti segnalati, a Delphi e al
Pireo nel 1972, dove ottiene la medaglia Tabernacolo di
Roma, e nel 1977 nella sede mondiale dell’U.N.E.S.C.O. a
Parigi, in occasione della VIII Rassegna Internazionale di
pittura, dove ottiene il sigillo dell’U.N.E.S.C.O.
Ha tenuto una cinquantina di mostre personali fra le quali figurano quelle a Roma, Palermo, Taranto,
Benevento, Bari, Terracina, Stresa, Catanzaro, Pavia, Matera.
3. E’ stato invitato ad oltre cento mostre nazionali, tra le quali quelle di Bari, Roma, Fiuggi, Rapallo
Margherita di Savoia, Piacenza, Milano, Ragusa, Iglesias, Taranto, Benevento, Pistoia, Firenze, Pozzuoli,
Napoli, Cesena, Cattolica, Sorrento, Santa Margherita Ligure, Ferrara, Busto Arsizio, Stresa, Foggia,
Rimini, Sulmona, Gravina, Altamura, Noci, Gallipoli, Diano Marina, Bernalda, Pomarico, durante le quali
ha ottenuto numerosi premi (consistenti in medaglia d’oro, di argento, coppa, menzione speciale, diploma
di benemerenza e di partecipazione, targa, segnalazione).
Riconoscimenti ottenuti nel campo della grafica: ad Ancona nel 1968, a Roma e a Milano nel 1974.
Antologie d’arte e letterarie, riviste d’arte, quotidiani hanno riprodotto sue opere pittoriche e grafiche.
Figura nelle più importanti pubblicazioni d’arte, nei dizionari biografici, negli archivi storici.
Tra le monografie citiamo:
Raffaele Van Westerhout Collana Protagonisti dell’Arte Contemporanea, Bugatti, 1974,Ancona;
Comitato Organizzatori Premio U.N.I.C.E.F. (Città in fiore) 2004. La sua scheda biografica e tecnica si
trova nei Musei di New York, Londra, Berlino, Tokio, Ottawa, Parigi, Zurigo, Stoccolma, Buenos Aires,
Atene.
La rete televisiva Telenorba il 12 dicembre del 1981 gli ha dedicato un servizio televisivo, nell’ambito
della rubrica Spigolature d’arte, a cura di Mimmo Derasmo.
Ha collaborato alla pubblicazione dei seguenti volumi:
Monte Sannace (Thuriae ?) di Antonio Donvito, 1967;
Storia di Gioia dal Colle di Giovanni Carano Donvito, 1976;
Atti del Congresso internazionale su Ricciotto Canudo, di Giovanni Dotoli, 1978;
Il castello di Gioia del Colle, di Antonio Donvito, 1979;
Giuseppe Del Re, di Fortunato Matarrese, 1981.
E’ stato invitato a far parte della compilazione del Dizionario Biografico dei Meridionali, dell’Istituto
Grafico Editoriali Italiano, nel 1979.
Numerosi dipinti dell’artista si trovano presso Enti pubblici, Gallerie d’arte e
in collezioni private in Italia e negli Stati Uniti d’America.
Di seguito si riportano alcuni giudizi che i critici hanno lasciato sul suo
lavoro.
Qui la pittura evade dai limiti di una nobile accademia per assumere veste di
fantastico racconto. Tutto concorre ad animare un effetto scenografico: il
taglio compositivo, le masse d’ombra che si addensano dove, a poca
distanza, la luce erompe con violenza: tutto è predisposto con somma abilità al fine di creare la magia
della visione e lo stupore evocativo (Mario Sertoli, Il Paesaggio nell’Arte Contemporanea Petrus ed.,
1966)
Il suo tema preferito è il paesaggio per l’immancabile suggestione che il paesaggio esercita sugli artisti.
La risoluzione del motivo conduttore è data dalla immediata facoltà dell’autore di fissare l’immagine in
una dimensione acronica, al limite del reale, tanto che una matrice metafisica non potrebbe
aprioristicamente negarsi. (Marzio Bugatti, Nuova Critica Europea, sett. 1968).
La predilezione per il paesaggio e per le nature morte si esplica nel segno preciso senza leziosaggini, della
grafia cui aderisce con ben rara partecipazione la forza coagulante del colore che talvolta si carica
maggiormente a creare effetti prestigiosi di luci e di ombre. (Nello Punzi, Nuovi Orizzonti, settembre
1968).
Van Westerhout si è collocato in quel punto ideale, trovando in quegli elementi plastici il supporto
scenografico migliore per il suo discorso tonale e chiaroscurale, per il suo cromatismo, per la sua
luminosità vibrante, perduta e ritrovata in un gioco vagamente impressionista di vuoti e di pieni, di viola
e di azzurri stemperati di un che di elegiaco e di antico (Bianca Tragni, Gazzetta del Mezzogiorno 14
maggio 1974).
4. Il 12 marzo 2013, undici giorno dopo il suo 86° compleanno il Maestro Raffaele ha lasciato nella
tristezza i suoi familiari, ma anche molti gioiesi, come ha testimoniato la folla che ha partecipato al suo
rito funebre, gioiesi che si lo hanno conosciuto e stimato, che sono stati compagni di studio ed amici, che
hanno apprezzato il suo impegno per la salvaguardia della nostra identità e lo sforzo di fermare nei suoi
schizzi e nelle sue tele il ricordo del passato e di immagini che il tempo e l’azione distruttiva dell’uomo
molto spesso ha irrimediabilmente stravolto. A questo proposito mi piace citare uno dei suoi ultimi lavori,
posto a corredo iconografico del libro Memorie dal fuoco, sugli eventi gioiesi del 1799, che presenta il
Palazzo Soria, posto in via Prati, angolo via Flora, costruzione risalente al ‘600, inopinatamente abbattuto
per far posto ad una nuova lottizzazione.
Grazie, Maestro, perché hai tenuto sempre viva la tua vena e hai cercato di sottrarre al tempo e
all’azione distruttrice dell’uomo la nostra identità, la nostra storia, di regalarci aspetti sempre nuovi del
nostro Paese e del nostro territorio e in tal modo continui ad indicare alle giovani generazioni la strada da
seguire per portare sempre più in alto il nome di Gioia, attraverso l’amore ed un impegno serio e
incessante.