1. “Viva quella terra popolata e colta, vivano anche in lei le traccie e le rovine!”
Ibn Hamdis, "Diwan"
“La Sicilia è il paese
delle arance, del suolo
fiorito la cui aria, in primavera,
è tutto un profumo… Ma quel che ne fa
una terra necessaria a vedersi e unica al mondo, è il
fatto che da un'estremità all'altra, essa si può
definire uno strano e divino museo di architettura.”
Guy de Maupassant "Viaggio in Sicilia", 1885
2.
3.
4. Morgantina o Morganzia, il suo nome latino era Murgantia. Antichissima città fondata dalla popolazione
italica dei Morgeti intorno al 575 a.C., distrutta dai coloni greci che si insediarono sul monte Cittadella. di
grandissima importanza commerciale e strategico-militare, la ricostruita città fu nuovamente distrutta da
Ducezio nel 459. Venne ricostruita molti anni dopo da Timoleonte e da Agatocle (IV sec.). Coinvolta in varie
guerre servili nella metà del II sec., fu definitivamente distrutta.
Gli scavi hanno messo in luce materiali risalenti all'età del bronzo. Della Morgantina arcaica distrutta nel
459 restano gli avanzi della cinta muraria e di alcuni edifici. Della Morgantina ricostruita nel IV sec.
rimangono i resti dei portici, del teatro, del ginnasio, del macello, dell'agorà, di grandi abitazioni con cortili a
colonnati e mosaici, la fornace e il teatro oltre a una fontana monumentale.
5.
6. La dea fu scolpita nel V secolo a.C. in Sicilia: l'autore sarebbe un
discepolo di Fidia, operante nella Magna Grecia. La statua fu
trafugata dal sito archeologico di Morgantina nella seconda metà
del Novecento, per essere poi venduta al Paul Getty Museum che
l'acquistò e la espose nel 1988. Fu acquistata ad un'asta a Londra per
28 miliardi di lire.
Nel 2001, il Tribunale di Enna condannò il ricettatore Renzo
Canavesi, a due anni di reclusione e al pagamento di una penale di
40 miliardi di lire. Secondo la ricostruzione dei magistrati di Enna,
Canavesi avrebbe venduto la statua all'inizio degli anni Ottanta per
400.000 dollari alla società londinese Robing Symes, che l'avrebbe
rivenduta in seguito al Paul Getty Museum nel 1986, per 10 milioni di
dollari. Lo stesso tribunale accertò, grazie ad una perizia petrografica
sulla statua, che il calcare impiegato proveniva dalla Sicilia,
anticipando così l'esito degli accertamenti scientifici che il Paul Getty
Museum ha compiuto prima di annunciare la restituzione della statua
all'Italia.
Il 17 marzo 2011, nel 150º anniversario dell'Unità Nazionale, la Dea di
Morgantina è stata restituita all'Italia ed esposta al pubblico nel Museo
Archeologico di Aidone.
7. Il museo di Aidone.
La sede museale, è l'ex Convento dei Padri Cappuccini, realizzato tra il 1611 ed il 1613
sotto la reggenza di Padre Gregorio da Castrogiovanni.
L'impianto architettonico originario, comprendente anche la chiesa, dedicata a San Francesco,
è stato oggetto di intervento nel 1984, quando fu adibito a sede museale.
Si accede al museo dalla chiesa di San Francesco la cui navata è in parte utilizzata come sala per le
conferenze.
Dalla stessa attraverso una rampa di scala si raggiunge la cripta, dalle pareti interamente ricoperte
da avelli (nicchie) tombali.
Il museo illustra la storia di Morgantina dall'età del bronzo all'età romano-repubblicana.
Museo di Aidone Interno della chiesa di San Francesco,
dei Cappuccini,
sede del Museo Archeologico Regionale
www.regione.sicilia.it
8.
9. La storia della città di Piazza (Armerina fu aggiunto nel 1862) ha inizio nel periodo normanno,
ma il suo territorio fu abitato fin dalla preistoria, come dimostrano i ritrovamenti archeologici di
Monte Navone e, soprattutto, di Montagna di Marzo. La città dovette essere fiorente in epoca
romana, come è testimoniato dalla splendida Villa romana del Casale dell'inizio del IV secolo
d.C., con i suoi pavimenti in mosaico famosi in tutto il mondo. Nel corso dei secoli ha subito
alterne vicende, ma ha spesso svolto ruoli politici di prestigio e la sua vita culturale ed
economica è stata sempre particolarmente attiva, tanto da meritarsi l'appellativo di "città
opulentissima" da parte dell'imperatore Carlo V. Piazza Armerina (721 m slm - ab. 22.000 ca.)
è una città ideale per chi voglia trascorrere una piacevole vacanza all’insegna del relax e
della cultura. Essa è, infatti, un felice connubio tra l’opera della natura e l’intervento
dell’uomo. E’anche una interessante città d’arte e ed i suoi numerosi monumenti, che
rappresentano un patrimonio culturale inestimabile, meritano di essere riscoperti.
10. La struttura romana, di epoca tardo
imperiale, per la sua eccezionale
ricchezza di elementi architettonici e
decorativi, è divenuta oggetto di
particolare rilievo all’interno del
programma di salvaguardia e
valorizzazione del patrimonio della
regione siciliana, la cui gestione è oggi
affidata al Parco Archeologico della
Villa Romana del Casale e delle aree
archeologiche di Piazza Armerina e
dei Comuni limitrofi, Istituto La Villa, tutelata dall’Unesco dal 1997, fu
dell’Amministrazione Regionale dei costruita per volontà di un imperatore o,
Beni Culturali. forse, di un esponente dell’aristocrazia
senatoria e può considerarsi, per
bellezza e complessità, uno degli esempi
più significativi di dimora di
rappresentanza rispetto ad altri coevi
dell’Occidente romano. L’alto profilo del
suo committente viene celebrato, in
modo eloquente, attraverso un
programma iconografico, stilisticamente
influenzato dalla cultura africana, che si
dispiega, con ricchezza compositiva, in
una moltitudine di ambienti a carattere
pubblico e privato.
11. Il Barocco a Piazza Armerina
Duomo
Duomo - Imponente, coronata da un'alta
cupola, la chiesa barocca troneggia al centro
Chiesa di Fundrò
dell'omonima piazza, uno spazio scenografico
sul quale si affaccia anche il barocco Palazzo
Trigona.[…]
Passeggiando per le vie - Alle spalle del
Duomo, lungo via Cavour, si trova il
secentesco complesso francescano (oggi
ospedale).[…] Continuando a scendere si Chiesa Sant’Anna
giunge prima allo slargo S. Rosalia,
ove Palazzo Canicarao ospita l'Azienda di
Palazzo Trigona
Promozione Turistica, poi in piazza Garibaldi,
coronata dalla Chiesa di Fundrò, dedicata a S.
Rocco, e dal settecentesco Palazzo di Città.
Salendo per via Vittorio Emanuele, in
corrispondenza di uno slargo, si possono
ammirare due bei prospetti contrapposti della
Chiesa di S. Ignazio di Loyola, la cui facciata è
preceduta da un'elegante scalinata a tenaglia, e
della Chiesa di S. Anna, dalla facciata
fortemente convessa. In alto si staglia la mole Piazza Garibaldi
squadrata del castello aragonese. Da qui è
possibile ritornare in piazza Duomo e scendere
lungo via Monte alla cui fine si trova la Chiesa
di S. Martino di Tours.
www.Sicilyweb.com
San Martino di Tours
12.
13. Modica
« Un teatro era il paese, un proscenio di pietre
rosa, una festa di mirabilia. E come odorava di
gelsomino sul far della sera. Non finirei mai di
parlarne, di ritornare a specchiarmi in un così
tenero miraggio di lontananze… »
Gesualdo Bufalino – “Argo il cieco ovvero i sogni
della memoria”
Il sito di Modica, che i Greci chiamarono Motuka, e i Romani Mothyca, Mutyce e infine Mutica, fu popolato
prima dai Sicani, poi per un certo periodo anche dai Fenici, in seguito stabilmente dai Siculi. Secondo
quanto si può dedurre dai frammenti di Ellanico e Filisto, riferiti alla discesa dei Siculi dal Lazio, e
conseguente occupazione della Sicilia orientale a scapito dei Sicani, la vera e propria fondazione delle città
sicule in questa porzione dell'isola si può fare risalire a 80 anni prima della guerra di Troia, quindi verso il
1360 a.C.. Il toponimo Mùrika, secondo uno storico e filologo locale, significando nella lingua dei
Siculi nuda roccia, è probabile che sia stato da questo popolo attibuito alla nostra città (ancor oggi nella
parlata locale i residenti si dicono “Muricàni”), e poi così tramandato dai Greci prima, dai Romani dopo.
Riguardo l'origine del nome, un'altra interpretazione filologica propone che il greco Mothuka provenisse
dall'indoeuropeo Moth (= monte, collina) + Uc (= molte), dunque Mothuc, la città dalle molte colline, le
quattro colline su cui avevano case, rifugi e sepolture gli antichi modicani. Durante il periodo della
dominazione araba, e fino al XIV-XV secolo, la città veniva citata nei documenti ufficiali col nome
di Mohac o Mudiqah. Poi, prendendo lentamente il sopravvento, come lingua ufficiale del Regno di Sicilia,
parallela al latino, la parlata italiana, la denominazione del periodo arabo-normanno andò a scomparire. Nel
dialetto locale, oggi, “Muòrica”.
Fonte testi Wikipedia
14. Fonte testi Wikipedia
Da modicaliberata.it
Cava Ispica
Cava Ispica raccoglie numerose testimonianze di epoche
diverse: dalle grotticelle sicule a forno dell'età del bronzo,
alle catacombe cristiane del Basso Impero (IV-V sec.
d.C.), dagli affreschi rupestri della "Grotta dei Santi", ai
ruderi della chiesetta bizantina di S. Pancrati. Notevole la
catacomba della Larderia, un cimitero ipogeico che in
circa 500 m racchiude ben 464 tombe, suddivise in tre
gallerie sotterranee, delle quali la principale è lunga circa
trenta metri. Il sito è in effetti una vera e propria città nella
roccia. […]
Celebre e di grande interesse storico ed archeologico è
il Castello Sicano a cinque piani, interamente incassato
nella roccia, vera e propria fortezza scavata in una parete
calcarea che scende a picco per trenta metri di altezza.
[…]
Chiesa rupestre di San Nicolò Inferiore
Presenta dei magnifici affreschi sulla nuda
roccia, di stile tardo-bizantino, databili fra il XII ed
il XVI secolo. Si tratta di una grotta artificiale, in
pieno centro cittadino, nella quale si osservano
diversi cicli di affreschi; una chiesa rupestre
definita dagli studiosi un unicum nel panorama
della Sicilia medievale. Sul lato destro
dell'abside si trova un catino
battesimale, scavato nella roccia, per il
battesimo con rito orientale. Ultimi in ordine di
tempo, alcuni lavori di scavo hanno portato alla
luce una serie di cripte e di tombe terragne.
Da visitarelasicilia.blogspot.com
15. Cava Lazzaro
La valle di Cava Lazzaro annuncia quella di Cava Ispica, e
rappresenta una fra le più interessanti stazioni
archeologiche del paleolitico siciliano. Presenta grotte a
forno e ad anticella, oltre a caverne templari ad uso
religioso, con escavazioni a mano di pilastri e colonne. Di
notevole pregio archeologico è la Tomba Orsi, certamente
riservata ad un personaggio importante del luogo, con un
prospetto molto esteso in lunghezza e ornato con finti
pilastri, sui quali sono scolpiti simboli geometrici; prende il
nome da colui che la scoprì, l'archeologo Paolo Orsi. […]
Cava dei Servi
Essa alterna pareti rocciose a strapiombo, a zone
dall'andamento pianeggiante, a gole profonde invase
dall'acqua del torrente Tellesimo. […] Nella parte iniziale,
la Cava dei Servi (di Dio), diventata Parco forestale, si
presenta ampia e di facile accesso. Lungo la cava scorre
il torrente Tellesimo, un affluente del Tellaro, che forma ad
un certo punto del suo corso il Gorgo della campana, un
laghetto a forma circolare di cui non si è ancora riusciti a
misurare la profondità.. La cava lungo cui scorre il
Tellesimo ha pareti a strapiombo traforate da parecchie
grotte, e diventa, nella parte terminale, stretta e tortuosa,
conservando così, grazie alla sua impervietà, un
ecosistema ancora integro.[…]
Foto di Emanuele Lombardo
Da tenutacarbonara.com Fonte testi Wikipedia
16. Modica è un'inaspettata meraviglia... È un effetto bizzarro, unico, qualcosa di addirittura irreale come visto nel
prisma deformante del sogno, come un immenso fantasmagorico edifizio di fiaba, il quale, anziché di piani, fosse
fatto di strati di case. Da questo accastellarsi, svettano campanili e campanili.
Lionello Fiumi
Chiesa di San Pietro Duomo di san Giorgio
Le chiese solitamente non si affacciano
su piazze,
ma su imponenti e scenografiche scalinate
modellate
sui declivi delle colline. Lo stile prevalente dei
monumenti è quello comunemente
identificato
come tardo-barocco, ma più
specificatamente,
per quel che riguarda Modica, dobbiamo
Chiesa di Santa Maria di Betlem
parlare
Particolare presepe
del Barocco siciliano della Sicilia sud Chiesa di santa Maria di Betlem
orientale,
quello successivo al catastrofico Terremoto
del Val di Noto del 1693.
17.
18. Questa città sembra esserci sempre stata, almeno come semplice e poco numeroso
insediamento antropico di una delle tante cave scavate da un torrente ibleo. Sin da quando i primi
uomini popolavano la Sicilia armati di robuste clave. Già i Sicani popolavano questo territorio, non
troppo distante dalla costa, ricco d’acqua e naturalmente protetto. Questi popoli cominciarono ad
incidere le ripide pareti della cava scavata da un torrente che assume denominazioni diverse in
relazione al tratto cui ci si riferisce […].E dopo i Sicani i Siculi, quindi i Greci, i Romani, e, dopo la
caduta dell’Impero, i Bizantini, gli Arabi, i Normanni e gli Spagnoli. Durante il Rinascimento,
Spaccaforno, vecchio nome di Ispica, fu punto di riferimento per molte genti del circondario, in
particolare quelle che popolavano la costa, ritirandosi presso la cava e fortezza per sfuggire alle
incursioni piratesche. E fu così sino al 1693, allorché un sisma di inaudita violenza rase al suolo e
cambiò volto all’intero Val di Noto.
Spaccaforno fu quindi ricostruita in un sito diverso e più sicuro, su una spianata più in alto[…]. Ma
la cava che le diede i natali non fu mai del tutto abbandonata
e le sue grotte continuano ad essere utilizzate
come locali di supporto logistico alle attività
agro-pastorali, per i frantoi, per i palmenti
e le officine.
“Sikania n 2 – febbraio 2000”
Giovanni Carbone
19. Mentre i reperti archeologici testimoniano di una ininterrotta presenza abitativa del sito dall’età del bronzo, la
più antica notizia riferita alla città si ha in una bolla di Papa Alessandro III nel 1168.
Alla fine del sec. XIII la terra di Spaccaforno venne aggregata alla Contea di Modica.
La città, nel 1453, fu ceduta dai Cabrera ad Antonio Caruso di Noto, Maestro Razionale del Regno. Nel 1493
Isabella Caruso sposa Francesco II Statella, discendente dei Conti della Contea di Statel in Fiandra. Per
effetto di tale matrimonio i successori di Francesco,nel 1537, assunsero il possesso e il governo della città. Gli
Statella ressero Spaccaforno fino al 1812, anno in cui venne abolita la feudalità. La città fu incorporata nel
distretto di Modica e nella provincia di Siracusa.
Nel 1927, a causa dello scorporo di questa provincia, Ispica fu assegnata alla nuova provincia di Ragusa.
20. La cava d’Ispica è una vallata fluviale che La contrada Baravitalla occupa l'altopiano
per 13 km incide l'altopiano ibleo, tra le roccioso nord della Cava. Nella zona vi
città di Modica e Ispica. La vallata sono tracce della presenza di un villaggio
custodisce necropoli preistorico dell'età del bronzo (S. Bramati), ''Centoscale''una lunghissima
preistoriche, catacombe cristiane, oratori in cui si trovano i resti della chiesa scalinata sotterranea che
rupestri, eremi monastici e nuclei abitativi bizantina di S. Pancrati, del VI sec. scende fino a raggiungere la
di tipologia varia. Nell'area terminale della Baravitalla comprende anche la necropoli valle a 20 metri sotto il letto del
vallata nel territorio di Ispica, a ridosso del villaggio con circa 50 grotticelle fiume. Il cunicolo, di datazione
della città, numerose sono le testimonianze artificiali. Di notevole importanza sono incerta, era stato ideato per
che attestano la presenza dell'uomo dalla la ''Tomba a finti pilastri'„, la ''Grotta dei l'approvvigionamento
preistoria sino al terremoto del 1693. Santi„‟ e la ''Grotta della Signora”. idrico: cento schiavi (da qui la
nomenclatura numerica del
monumento) lungo la scala
raccoglievano l'acqua e la
Parco della Forza passavano nei secchi fino alla
Si tratta dell'insediamento più antico abitato fin dal superficie.
neolitico. In epoca medievale, il pianoro che sovrasta la
cava venne fortificato, diventando una vera e propria
cittadella con al centro il cosiddetto Palazzo Marchionale. Il
fortilizio comprendeva anche alcune chiese, come
l'Annunziata, che presenta, sul pavimento, 26 fosse
sepolcrali e la ''Grotta Scuderia'', destinata a tale uso
dall'epoca medievale, che conserva resti di graffiti
equestri.
21. L'11 gennaio 1693 Ispica fu colpita da un violento terremoto che rase al suolo l'intera cittadina; i pochi rimasti
ebbero la forza di ricostruire la città, grazie all'aiuto di persone provenienti dai paesi vicini e alla generosa
beneficenza dei baroni locali.
Chiesa S. Maria Maggiore
La città venne quindi trasferita nella
zona pianeggiante al di fuori della cava,
sebbene l'antico insediamento non
fosse mai del tutto abbandonato. Alcuni
quartieri furono ricostruiti intorno alle
Chiesa S.S Annunziata chiese rimaste in piedi (seppur
danneggiate) di S.Antonio e del
Carmine, mentre gli altri furono
costruite ex novo […] La
nuova Spaccaforno portò la nascita di
bellezze barocche come Santa Maria
Maggiore, la Chiesa di San Bartolomeo
e la S.S. Annunziata e, in seguito,
all'arrivo del Liberty, con Palazzo Bruno
e Palazzo Bruno di Belmonte
di Ernesto Basile.
Chiesa del Carmine
Chiesa S. Bartolomeo Fonte:wikipedia
Chiesa S. Antonio
22.
23. Prima del 1693, anno in cui Noto Antica e tutto il Val di Noto furono devastate dal terremoto, la città sorgeva sul
monte Alveria. La storia dell’antica Noto affonda le sue radici nella preistoria, come testimoniano i reperti rinvenuti
nel suo territorio e le numerose necropoli con grotte a forno scavate dai Siculi. E’ in queste contrade che si
svilupparono la “civiltà di Castelluccio”(XVIII-XV sec. a.C), caratterizzata dalla produzione di una pregiata
ceramica diffusa in buona parte della Sicilia, e, successivamente, la “cultura del Finocchito”(VIII-VII sec. a.C), fino
all’arrivo dei Greci che da Siracusa penetrarono verso l’interno. Dopo alterne vicende, i Greci diventarono i nuovi
dominatori (450 a.C). Di questo periodo si conservano numerose testimonianze: in contrada
Pastuchera, sull’Alveria, sono venute alla luce tracce di muri, resti di un gymnasium e alcuni heroa (luoghi dove
venivano venerati gli eroi defunti) risalenti al III-II sec. a.C.
Successivamente la città prese il nome di Netum e fu sottomessa al tiranno di Siracusa Ierone II. Dopo l’alleanza
di quest’ultimo con Roma, divenne “città federata” […]
Sul finire del IX sec. Noto venne conquistata dai mussulmani sotto il comando di Cafagh Ben-Sofian. Con gli
arabi la città divenne una roccaforte tra le più munite della Sicilia e,
nel 903, quando l’Isola venne divisa in tre valli, fu posta a capo
di una delle tre circoscrizioni. […]
Con l’avvento dei Normanni, Noto realizzò una
prosperità economica e culturale che non avrà
eguali nei secoli successivi. Sotto gli Aragonesi la
città godette di privilegi ed esenzioni dai tributi.
Nel 1503 Ferdinando il Cattolico insignì Noto del titolo
di “Urbs ingeniosa”, poiché aveva dato i natali a
tanti uomini insigni, quali G.Aurispa,
A.Barbazio e M.Carnelivari.
24. Tra il XVI e il XVII sec., nonostante carestie, pestilenze, lotte fra potenti famiglie e scorrerie di pirati barbareschi,
Noto trasforma il suo impianto urbanistico medievale erigendo nuovi palazzi, chiese, conventi, opere militari e
ricavando spazi per nuove piazze e strade.
Col terremoto dell’11 Gennaio 1693 si interruppe questo processo di crescita e tutto l’abitato dell’Alveria venne raso
al suolo. A seguito del sisma, la popolazione si trasferì più a valle fondando la nuova città sulla sinistra del fiume
Asinaro, proprio sui primi contrafforti degli Iblei, a circa 10 km dal mare Ionio. Nella ricostruzione furono impegnati
architetti, personalità illustri e tanti validi capimastri e scalpellini che crearono l’attuale Noto, un ambiente urbano di
rara bellezza, una città d’arte ricca di fascino che si guadagnò l’appellativo di “Giardino di pietra”. Alla stentata
ripresa dei primi anni fece seguito uno sviluppo economico e culturale che si realizzò pienamente con l’ascesa al
trono di Sicilia della dinastia borbonica. Durante i regno di Carlo III, Noto fu Consolato del Commercio ma, nel
1817, perdette il ruolo di capoluogo a favore di Siracusa. Iniziò così un periodo di relativa decadenza interrotto solo
negli ultimi decenni del nostro secolo dal rinnovato interesse nei confronti di questa splendida cittadina che merita
di essere valorizzata.
Fonte: “Perle di Sicilia-Avola, Modica, Noto, Ragusa, Scicli”
Di Giuseppe Iacono
25. Tra i monti verso Castelluccio
Nella zona di Castelluccio si trovano i resti di un castello fatto costruire nel
XIV sec. da G.Landolina e, sulla sommità del poggio, il villaggio preistorico
di Castelluccio, da cui deriva il nome della “Civiltà di Castelluccio”(sec.
XVII-XV a.C.). In questa zona e nella vicina cava della Signora sono state
rinvenute centinaia di tombe a grotticelle artificiali chiuse da portelli in pietra,
alcuni dei quali scolpiti con motivi a spirali.
Di Giuseppe Iacono ( Perle di Sicilia)
La civiltà di Castelluccio
[…]La civiltà di Castelluccio appare intimamente legata al mondo ibleo
e, principalmente, alla sua tipica forma territoriale: la cava. Lungi dal
riferirsi a cio che comunemente intendiamo per “cava”, con tale
appellativo si definiscono le profonde incisioni naturali che, assumendo
tal volta l’aspetto di veri e propri canyons, attraversano radialmente la
cuspide sud-orientale dell’isola. […]
Di Sebastiano Tusa (Sicilia Preistorica)
26. Noto, dichiarata dall'UNESCO la Capitale Europea del Barocco, è la cittadina dove più delle altre si può assistere
all'apoteosi e al trionfo del barocco: palazzi, chiese, monasteri, piazze, fontane. Qui tutto è modellato nella morbida
pietra bianca locale, finemente lavorata per assumere forme armoniose irripetibili, formando uno splendido
“GIARDINO DI PIETRA”, in uno stile unico e irripetibile:
il Barocco di Noto.
IL CENTRO BAROCCO
L'asse principale è corso Vittorio Emanuele, scandito da tre
piazze. In ogni piazza una chiesa, il corso è annunciato dalla
Porta Reale, monumentale ingresso a forma di arco di trionfo,
eretto nel XIX sec. […]
Piazza Immacolata
Piazza XVI Maggio
Cattedrale
Via Nicolaci
Piazza Municipio
fonte: www.viaggiarecongusto.it
27.
28. “Tra valli di rocce calcaree, alla confluenza
del fiume Anapo e Calcinara, si estende la
più grande necropoli d‟Europa. Pantalica:
fortezza naturale, sintesi di singolarità
geografiche e archeologiche, costituì, tra
alterne vicende, l‟estremo rifugio e baluardo
per antichissime popolazioni.”
Di Luigi Bernabò – Brea
Kalòs – anno V n 1 gennaio/febbraio 1993
Panorama di Pantalica
Foto di S. Puccio
29. Pantalica è uno sperone roccioso che sovrasta la
confluenza del torrente Calcinara nel fiume Anapo
e incombe con pareti scoscese, quasi verticali,
talvolta a strapiombo, sulle strette e incassate valli
dei due corsi d’acqua. Queste strettissime
valli sono tipiche di tutta la cuspide sudorientale della
Sicilia, e cioè delle provincie di Siracusa e Ragusa, e
prendono localmente il nome di cave. […]
Ma a queste straordinarie singolarità geologiche […] si
aggiunge un’altra straordinaria singolarità: quella archeologica.
Le altissime pareti rocciose sono perforate da innumerevoli
tombe a grotticella artificiale, scavate nel terreno calcareo ovunque
sia possibile accedervi, che danno ad esse l’aspetto di immensi
alveari. […]
30. Restano solamente, proprio al centro
dello sperone, i grandiosi resti di un
palazzo costruito in gran parte con grandi
blocchi in struttura megalitica, che
doveva essere la residenza di un sovrano
locale. […]
Pantalica ha avuto una lunga storia.
È stata fiorentissima fra il XIII e l’ XI secolo a.C., periodo al quale risale la costruzione del palazzo e la
formazione delle due vaste necropoli […]
Di Luigi Bernabò – Brea
Kalòs – anno V n 1 gennaio/febbraio 1993