Pillole d'Impresa 28.01.2016 - Presentazione Basenghi e Pederzoli
Patto di non concorrenza 1
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Dipartimento Legale / VC - gennaio 2008
? risposte in breve
Patto di non concorrenza
Sono frequenti i casi in cui le direzioni locali chiedono ad alcuni colleghi la sottoscrizione
di un “patto di non concorrenza” e che, a loro volta, i colleghi interessati si rivolgano ai
rappresentanti sindacali UILCA per chiarimenti.
A tale scopo in queste brevi note sono raccolti i principali elementi di conoscenza delle
norme e degli orientamenti giurisprudenziali in materia, per meglio affrontare questa
problematica.
Del “patto di non concorrenza “ non si trova riscontro nel vigente CCNL, ma discende da
previsioni contenute nel Codice Civile all’art 2125 e per certi aspetti all’art 2119 ( Obbligo
di fedeltà).
L’evoluzione dell’organizzazione del lavoro, tende ad identificare mansioni di particolare
natura , come particolarmente strategiche e fondamentali per l’attività dell’impresa: tutto
ciò a prescindere dalla presenza di altre eccellenze professionali in altri ambiti
professionali.
Rispetto ai lavoratori addetti a queste mansioni , i cosiddetti “core workers”, o rispetto ad
alcune posizioni lavorative ricoperte all’interno di particolari ambiti produttivi , è emersa
anche in alcune aziende di credito, l’esigenza aziendale di contrastare una possibile
concorrenza.
Il concetto è da collegarsi non già ad una concorrenza pericolosa derivante direttamente
dal lavoratore, quanto a quella che, usufruendo del lavoratore e dell’ex lavoratore, può
essere svolta dal concorrente che eventualmente assume l’ex dipendente.
Si tratta in buona sostanza di obblighi “a non fare” attraverso strumenti di fidelizzazione
vincolata, come tutela del datore di lavoro contro la concorrenza.
2. E’ bene sottolineare la sostanziale diversità tra il patto di non concorrenza di cui all’art
2125 e l’obbligo di fedeltà previsto dall’art 2119: in quest’ultima norma, la cui ratio va
ricercata nell’inconciliabilità della collaborazione con la concorrenza, l’obbligo ha natura
legale e viene applicato autonomamente a tutti, a partire dal momento in cui il lavoratore
viene assunto, indipendentemente dall’esistenza di una specifica previsione contrattuale o
mansione particolare.
Il divieto di non concorrenza di cui all’art 2125 invece ha origine negoziale, come vedremo
più sotto. Si tratta di un obbligo non convenzionale quindi, ma che ha vita nella sua
portata ed estensione con lo scopo di limitare l’attività lavorativa dell’ex dipendente,
riconoscendogli però particolari garanzie.
E comunque si tratta di due norme aventi un oggetto diverso: nella prima, art. 2119, si
impone ad un soggetto di non danneggiare la controparte , un dovere questo che altro non
è se non una specificazione generale del dovere di “non arrecare danno” (neminem
laedere) trasposto sul piano contrattuale.
La seconda cioè l’art 2125 consiste invece nel concordare con un lavoratore la modifica
della propria attività in modo tale che questa non arrechi un qualche possibile danno al
suo ex datore di lavoro.
Di fatto l’art 2125 c.c. si presenta attualmente come una sorta di compromesso che
monetizza una parte delle libertà economica del lavoratore tutelandone al contempo la
parte residua.
Il testo dell’art 2125 c.c. infatti recita:
“Il patto con il quale si limita lo svolgimento dell’attività del prestatore di lavoro, per
il tempo successivo alla cessazione del contratto, è nullo se non risulta da atto
scritto, se non è pattuito un corrispettivo a favore del prestatore di lavoro e se il
vincolo non è contenuto entro determinati limiti di oggetto, di tempo, di luogo
La durata del vincolo non può essere superiore a 5 anni se si tratta di dirigenti e a
tre anni negli altri casio. Se è pattuita una durata maggiore essa si riduce nella
misura indicata nel comma precedente”
La dottrina è concorde nel ritenere che le garanzie dell’art 2125 sono in grado di
mantenere entro limiti tollerabili l’atto di disposizione del prestatore di lavoro, in modo che
esso sia tale da non pregiudicare completamente ogni ulteriore attività del lavoratore
compatibile con la sua qualificazione professionale.
E’ ovvio che nell’equilibrio fra interessi contrapposti, anche i principi di correttezza e
buona fede impongano al datore di lavoro di non pretendere dal suo dipendente una
rinuncia troppo ampia o generica perché l’art 2125 precisa appunto che si tratta di limiti
“determinati” quindi con riferimento a criteri concreti e precisi.
E’ prevista la sanzione di nullità del patto di non concorrenza nel caso in cui non vengano
rispettati determinati requisiti legali posti a tutela della libertà lavorativa del prestatore di
lavoro
• Il patto deve avere forma scritta pena la sua annullabilità
• Il patto non vale in caso di licenziamento illegittimo o dimissioni per giusta causa
• Il patto di non concorrenza ex art 2125 può essere stipulato in qualsiasi momento
del rapporto di lavoro e solo in caso di rapporto di lavoro subordinato ( non si
applica ai rapporti di lavoro parasubordinati).Se il patto di non concorrenza viene
stipulato in costanza di rapporto di lavoro e non all’atto dell’assunzione, in generale
3. rappresenta una contropartita a miglioramenti di carriera o di affidamenti di nuove
responsabilità al lavoratore.
• Si tratta sempre di un accordo individuale a sé stante e può non essere omogeneo
con analoghe iniziative verso altri lavoratori.
• Tra le previsioni contenute nel patto di non concorrenza, può esservi il
prolungamento del periodo di preavviso previsto nel caso di dimissioni. La riduzione
invece del periodo di preavviso in caso di dimissioni non è considerata misura
accettabile
• Il vincolo temporale contenuto nel patto non può superare 5 anni per i dirigenti ( la
figura del dirigente in quanto alter ego del datore di lavoro è considerata
maggiormente insidiosa rispetto alla concorrenza) e 3 anni per i lavoratori delle altre
qualifiche. Durate inferiori poste al limite temporali sono considerate valide. Il limite
temporale inizia a decorrere dal primo giorno di cessazione.
• Anche i limiti territoriali vanno composti congiuntamente agli altri limiti ( durata e
oggetto): la ratio è quella di tutelare il lavoratore garantendogli di continuare a
svolgere un’attività confacente alle proprie attitudini e capacità e che il limite
territoriale non possa essere definito in astratto, ma caso per caso guardando alla
concomitanza dei diversi elementi che concorrono a determinare il contenuto
dell’accordo.
• Il compenso previsto nel patto di non concorrenza è di libera determinazione fra le
parti. Il corrispettivo stabilito deve avere il requisito della determinatezza e
stabilito con riferimento alla diminuita capacità reddituale del lavoratore collegata
per esempio al cambiamento delle mansioni , alla necessità di riconversione
professionale, allo spostamento geografico.
• Le somme previste a titolo di corrispettivo per il rispetti dei limiti previsti nel patto di
non concorrenza devono avere carattere di congruità in rapporto alla retribuzione
percepita dal lavoratore. In dottrina vengono riportati esempi di corrispettivi valutati
congrui dai Giudici e che in linea generale prevedono percentuali della retribuzione
annua o somme predefinite. ( Cassazione Sez. lav. n.7835 del 4 aprile
2006……………… con particolare riferimento all’ammontare ed alla congruità del
corrispettivo dovuto in caso di patto di non concorrenza, ferma restando la
possibilità per il prestatore di lavoro di invocare , ove concretamente applicabili le
norme di cui agli artt 1448 e 1467 c.c., l’espressa previsione di nullità contenuta
nell’art 2125 c.c. va riferita alla pattuizione non solo di compensi simbolici, m
anche di compensi manifestatamene iniqui o sproprorzionati in rapporto al
sacrificio richiesto al lavoratore ed alla riduzione delle sue possibilità di guadagno,
indipendemente dall’utilità che il comportamento richiestogli rappresenta per il
datore di lavoro, come dal suo ipotetico valore di mercato……)
• La violazione del patto di non concorrenza da parte de lavoratore, se comprovata,
comporta la restituzione del corrispettivo e , se dimostrati, il risarcimento dei danni
subiti dal datore di lavoro.