Lettera di encomio del Ministro della Ricerca Giancarlo Tesini - 29 ottobre 1982
Il change management nuova frontiera della consulenza - maggio 1996
1. Il consulente di Direzione
Il Change Management: nuova
frontiera per la consulenza
2. Il Change Management: nuova
frontiera per la consulenza
Paolo Petrucciani
Corso di Formazione: ”Il consulente di Direzione”
Roma-31 maggio 1996 (5a giornata)
3. Contenuti intervento (75’)
Le
dimensioni del cambiamento
La preparazione al cambiamento
Attivazione, gestione e implementazione del
cambiamento
Possibili profili del consulente di Direzione nei
progetti di Change Management
4. Le dimensioni del cambiamento
Modifiche ambientali rilevanti:
• nuovi modelli sociali e culturali
• nuovi comportamenti economici e finanziari
• nuovi sistemi aziendali
Approcci hard e soft nel change management
5. Modifiche ambientali rilevanti (1)
Calo demografico
Nuova composizione della forza lavoro
Discrezionalita’ e senso di responsabilita’ individuale
Ruolo dell’economia dell’informazione
Globalizzazione dei mercati
Economie di scopo
Innovazione tecnologica spinta
Nuovi metodi di produzione
Centralita’ della conoscenza come bene economico
Pressante richiesta di formazione e addestramento
Flessibilita’ organizzativa
Impatti,
interazioni,
feed-back
Nuovi modelli
sociali e culturali
Nuovi comportamenti
economici e finanziari
Sistema di comunicazioni
e relazioni
Nuovi sistemi
aziendali
6. Modifiche ambientali rilevanti (2)
Le modificazioni sociali, culturali ed economico/finanziarie costringono le
aziende ad una costante e continua ricerca di “messaggi-chiave” per
indirizzare la produzione verso obiettivi che servano puntualmente il
mercato industriale, dei servizi e quello sociale.
Alcune costanti di questi processi sono:
andamento della domanda di mercato fluttuante e instabile
ricerca e analisi continua dei bisogni
studio e individuazione di opportunita’ produttive in grado di creare alti
valori aggiunti e consistenti ritorni sugli investimenti e/o sul capitale
investito in attivita’ (fixed assets)
forte attenzione alla qualita’, affidabilita’ e completezza dei prodotti/servizi
7. Approcci hard e soft nel change management
3 elementi dell’approccio Hard
Eliminazione dei servizi e delle attivita’ a basso valore aggiunto
Outsourcing di attivita’ e di servizi che possono essere “acquistati” a minor costo, o con piu’ alta qualita’, o
entrambe, da fornitori esterni
Re-engineering delle attivita’ che sono strategicamente troppo importanti da esternalizzare, con l’obiettivo
di tagliare i costi e migliorare la qualita’
.... quasi sempre questo implica downsizing, ristrutturazioni, vendita di rami d’azienda, possibili
licenziamenti, mobilita’, ecc..
3 elementi dell’approccio Soft
Valorizzazione migliore del capitale umano e del know-how accumulato (espansione delle conoscenze
tecniche)
Investimenti in innovazione, creativita’, pensiero laterale, per diversificare le attivita’ e/o ampliare la gamma
di prodotti/servizi (espansione delle capacita’ ideative e intellettive, e delle competenze e skill specialistiche,
uso del cervello destro)
Re-engineering dei sistemi gestionali attraverso introduzione di maggiore partecipazione, coinvolgimento,
teamworking, coesione, identita’ aziendale sui “valori-chiave” (vision & management deployment)
.... quasi sempre questo implica liberare energia, ottimizzare le competenze e i punti forti delle risorse
umane in azienda, dare spazio a iniziativa personale, creare empowerment, ecc.
8. La preparazione al cambiamento
Gli approcci al cambiamento organizzativo di
Leavitt:
» approccio per compiti
» approccio strutturale
» approccio tecnologico
» approccio nelle risorse umane
Forze favorevoli e sfavorevoli nei tre stadi della
“teoria del cambiamento” (azioni manageriali e
consulenziali conseguenti)
9. Le interdipendenze di Leavitt nel cambiamento
organizzativo
Secondo Leavitt esistono
cambiamento e livelli di influenza
studiati per valutarne gli
revisioni nella struttura
procedure possono
compiti
l’integrazione e il
come modifiche nella
manager e dei consulenti e’
benefici” economici e comportamentali
struttura
risorse umane
interdipendenze nei vari approcci al
reciproca che vanno opportunamente
effetti positivi e/o negativi (ad es.
organizzativa e/o nelle
facilitare e/o peggiorare
tecnologia
lavoro di gruppo, cosi’
tecnologia. Compito dei
quello esaminare i “costi e i
del/i cambiamento/i introdotti)
Approccio al cambiamento nella struttura: modifiche nell’assetto organizzativo (organigramma) e nelle politiche di business,
implicano nuove guidelines, nuove e/o differenti procedure, introduzione di regole nuove di comportamento aziendale (ad es. sistema
di budgeting), identificazione di regolamenti
Approccio al cambiamento nella tecnologia: modifiche e/o introduzioni di innovazioni su mezzi e impianti, implicano revisioni nei
flussi di lavoro, nuovi layouts fisici, nuovi metodi e strumenti di lavoro, nuovi standard di lavoro
Approccio al cambiamento nelle risorse umane: modifiche nelle attitudini, nelle motivazioni, nei comportamenti organizzativi e nelle
abilita’ di lavoro, implicano nuovi programmi di formazione/addestramento, nuovi criteri di selezione, tecniche avanzate di
valutazione delle prestazioni, nuovi sistemi premianti
Approccio al cambiamento nei compiti: modifiche nel disegno dei ruoli e nelle motivazioni al lavoro, implicano maggiore
focalizzazione sugli individui o sul team, con enfatizzazione piu’ spinta su input e output (job enrichment, job enlargement)
10. Azioni nei 3 stadi del “cambiamento”
Scongelamento (unfreezing)
creazione di consapevolezza del bisogno di cambiare
creazione del clima adatto per cambiare
alterazione delle forze agenti sugli individui dell’organizzazione in modo che il loro“equilibrio” sia
sufficientemente “sollecitato” per motivarne il cambiamento
azioni di pressione per attuare modifiche
azioni di riduzione delle resistenze
Spostamento (moving)
modifica della “grandezza/importanza” delle forze che definiscono la situazione iniziale
presentazione di una “precisa direzione di cambiamento”
sviluppo di nuovi metodi e processi di apprendimento orientati alle nuove attitudini e comportamenti
Ricongelamento (refreezing)
rinforzo delle modifiche che sono avvenute
ri-creazione e mantenimento stabile del nuovo equilibrio organizzativo generato
azioni di facilitazione dell’integrazione
azioni di facilitazione dell’assimilazione del cambiamento nei singoli individui
11. Attivazione e gestione del cambiamento
Fase 1: Definire il cambiamento necessario
Fase 2: Raccogliere informazioni
Fase 3: Effettuare diagnosi organizzative
Fase 4: Risolvere problemi
Fase 5: Pianificare le azioni
12. Fase 1: Definire il cambiamento necessario
“Dove eravate? Dove siete ora? Dove state andando? e come
ci arriverete?”
Nella prima fase di un processo di cambiamento vanno stabiliti
precisamente:
– la nuova direzione, e una sua dettagliata focalizzazione
– il livello di percezione individuale e collettivo delle cose da cambiare (sistemi,
processi produttivi/organizzativi, procedure)
– i passi del piano di cambiamento e una “rotta” preliminare
– una chiara comunicazione dell’obiettivo del cambiamento
– il “ritmo” del cambiamento, attraverso una specificazione di obiettivi collaterali
– una chiara visione di “cosa cambiare” e “come cambiarlo”, per evitare false
partenze e sforzi inutili
13. Fase 2: Raccogliere informazioni
“Sono aperto a suggerimenti”
Nella seconda fase di un processo di cambiamento vanno eseguiti:
–
–
–
–
–
la costante ricerca accurata di informazioni “di rilievo o significative”
la continua esplorazione di nuove opzioni, all’interno della direzione descritta
la riformulazione dell’agenda del cambiamento, in funzione dei dati raccolti
una o piu’ liste dei “desiderata” (innovazione dei prodotti/processi)
la raccolta di tutti i suggerimenti e le idee possibili nelle popolazioni aziendali
interessate, sia per individuare “punti vulnerabili”, sia per individuare “risorsechiave” (indagini e valutazioni sulle attitudini e le prassi correnti)
– la raccolta di tutti i possibili problemi “di prospettiva” (operativi e/o gestionali),
per chiarire meglio i futuri impegni e le strategie di risposta, anche attraverso il
testing di alcune possibilita’
– la composizione di eventuali conflitti, anche attraverso il superamento di paure
infondate
14. Fase 3: Effettuare diagnosi organizzative
“Qual’e la nostra strada?”
Nella terza fase di un processo di cambiamento vanno individuati:
– le principali barriere all’innovazione, non tralasciando i “punti vulnerabili”
– gli strumenti di diagnosi piu’ adatti (workshop, idea generation, people audit,
formazione, brainstorming)
– i potenziali problemi dei singoli individui (come funzioni, gruppi o unita’ di
lavoro), in ottica di anticipazione (diagnosi pro e contro, analisi punti di
resistenza e di approvazione, analisi delle ragioni)
– i possibili “partner attivi” nel cambiamento
– gli eventuali problemi di maggior costo economico e/o comportamentale per
l’azienda e i fattori che creano un migliore equilibrio per il business
– gli spazi per dialoghi aperti di “confronto”, evitando pero’ “trappole” emotive
– gli orientamenti per finalizzare lo sforzo del team su tematiche, strategie e
obiettivi, piuttosto che sulle “necessita’ delle personalita’ in gioco”
15. Fase 4: Risolvere problemi
“Considerare i punti vulnerabili come strategie”
Nella quarta fase di un processo di cambiamento vanno indirizzati:
– i comportamenti creativi, aperti e flessibili
– gli impegni delle persone alla soluzione di problemi che essi stessi possono aver
suggerito come “ostacoli al cambiamento” o “all’innovazione di
prodotto/processo”
– i percorsi di sviluppo individuale e di team
– i corretti interventi e le loro priorita’ per costruire e mantenere “la tensione
sufficiente” allo sforzo
– i suggerimenti piu’ “ascoltati” dai diretti interessati al cambiamento, attraverso
analisi della situazione “attuale” e di quella “desiderata”, per ridurre il “divario”
(gap) esistente
16. Fase 5: Pianificare le azioni
“Mettere insieme tutti i pezzi”
Nella quinta fase di un processo di cambiamento vanno chiaramente
definiti:
– i singoli passi di lavoro, in modo da renderli piu’ agevoli nell’implementazione
– i segmenti specifici di ogni attivita’, suddividendole in parti piccole e separate
tra loro
– gli output desiderati/necessari, per ogni attivita’
– gli obiettivi da raggiungere, con una serie di caratteristiche “intrinseche”:
significativi, specifici, realistici, ottenibili, misurabili
– le azioni da realizzare per ogni obiettivo
– i tempi di consegna e i “semilavorati” intermedi
– le quantita’ da raggiungere
– le qualita’ attese
17. Implementazione del cambiamento
Processi top-down, bottom-up e misti
5 processi-chiave per implementare
successo:
con
Processo 1: Chiarire i piani
Processo 2: Integrare le nuove prassi o i nuovi sistemi
Processo 3: Stimolare l’apprendimento del “nuovo” e l’impegno
Processo 4: Velocizzare la “proprieta’ del cambiamento”
Processo 5: Dare e ricevere feed-back continui (monitorare, valutare,
mettere a punto)
18. Processi top-down, bottom-up e misti
top-down
bottom-up
misto
Approccio top-down: il cambiamento viene iniziato ai piu’ alti livelli manageriali, che devono aiutare e
sostenere i programmi ai vari livelli organizzativi oltre a promuovere coinvolgimento
spinto di tutte le popolazioni aziendali interessate (processo di emulazione)
Approccio bottom-up: il cambiamento viene iniziato ai piu’ bassi livelli operativi, il top management puo’ non
essere coinvolto direttamente, ma deve permettere i cambiamenti necessari (processo di
delega operativa)
Approccio misto:
il cambiamento viene iniziato ai medi livelli manageriali, a livello di impostazione, con
contemporanee comunicazioni verso l’alto (richiesta di suggerimenti/autorizzazioni per
le scelte definitive) e verso il basso (realizzazione dei dettagli operativi dei cambiamenti
produttivi od organizzativi) (processo di diffusione e coinvolgimento)
19. 5 processi-chiave per implementare con successo
“I leader e i consulenti di successo realizzano piani concreti, ma
l’implementazione e’ di piu’ della semplice pianificazione, e’ un
processo”
Processo 1: Chiarire i piani
Un processo in cui gli implementatori definiscono, documentano e specificano il cambiamento
Processo 2: Integrare le nuove prassi o i nuovi sistemi
Un processo nel quale l’organizzazione incorpora il cambiamento nelle sue attivita’ operative
Processo 3: Stimolare l’apprendimento del “nuovo” e l’impegno
Un processo che facilita programmi nei quali gli utenti finali apprendono ed utilizzano i nuovi approcci e le nuove
procedure
Processo 4: Velocizzare la “proprieta’ del cambiamento”
Un processo attraverso il quale gli utenti finali riescono ad identificare i nuovi processi e le nuove procedure
come “propri”, piuttosto che considerarli come cambiamenti imposti dall’alto
Processo 5: Dare e ricevere feed-back continui (monitorare, valutare, mettere a punto)
Un processo in cui viene specificato un obiettivo dettagliato e l’input dal team viene usato per giudicare la sua
efficacia nel piano di implementazione
20. Possibili profili del consulente (1)
Caratteristiche del consulente di Direzione
come “agente di cambiamento”:
» modello dottore-paziente
» modello ingegneristico
» modello medico (professionale)
» modello di processo
... qualunque sia il modello adottato, ricordare sempre di
integrarsi con le caratteristiche, gli stili, la cultura e i
comportamenti tipici del cliente
21. CHIAREZZA NELLA DEFINIZIONE DEL PROBLEMA
Il consulente come “agente di cambiamento”
modello ingegneristico
modello medico (professionale)
alta
• il cliente conosce le proprie necessita’
• il cliente conosce le proprie necessita’
definizione
• vuole “la risposta”
• vuole “un secondo parere”
• coinvolgimento limitato, desiderato dal
cliente
• coinvolgimento significativo del cliente
• il cliente riesce ad identificare solo i
sintomi
• il cliente non ha problemi urgenti
bassa
definizione
• ritiene il consulente una “risorsa”
• si rivolge al consulente per identificare
• alto coinvolgimento del
il problema
anticipato e desiderabile
• coinvolgimento limitato del cliente nel
raggiungere la soluzione desiderata
modello dottore/paziente
cliente,
modello di processo
basso
alto
COINVOLGIMENTO DEL CLIENTE NEL PROCESSO DI CONSULENZA
22. CHIAREZZA NELLA DEFINIZIONE DEL PROBLEMA
Un esempio dei “comportamenti”
modello ingegneristico
alta
definizione
• “vorrei un nuovo sistema
informativo”
• “mi faccia una ricerca di mercato”
• “mi presenti una valutazione delle
alternative possibili”
• “il morale del management e’ basso”
bassa
definizione
• “l’innovazione tecnologica si e’
fermata”
modello medico (professionale)
• “pensa che stiamo affrontando il nostro
sviluppo manageriale in modo
efficace?”
• “vorremmo una seconda opinione su
questo prodotto”
• “forse se ci conoscesse meglio potrebbe
aiutarci”
• “ci piace il modo in cui tratta le
persone. Che ne pensa di
• “l’organizzazione non funziona. Puo’
partecipare
ad alcuni dei nostri
aiutarci?”
meeting?
modello dottore/paziente
modello di processo
basso
alto
COINVOLGIMENTO DEL CLIENTE NEL PROCESSO DI CONSULENZA
23. Possibili profili del consulente (2)
Alternative di comportamento per il consulente di Direzione in “azione” nei progetti
di Change Management:
1
2
3
4
5
6
inventore
imprenditore
integratore
esperto
manager
sponsor
24. 1. Il consulente “inventore”
“il generatore di idee: l’inventore”
Integra scenari, andamenti e dati in concetti, modelli e piani; prima concepisce la grande
“visione” d’assieme del cambiamento, poi adatta i piani
Origina, crea e scopre nuovi pensieri e processi per generare il “corretto” cambiamento, prima e dopo “i fatti”
Tende all’innovazione risolvendo i problemi in modi nuovi e originali
Continua a proporre “what-if” a un numero di persone
Usa altre persone regolarmente e coerentemente per ridefinire “come” i prodotti e servizi si collocano sul
mercato
Mette se stesso al centro delle attivita’ di soluzione dei problemi organizzativi
Sviluppa l’abitudine a ricercare in modo ampio
Non ha paura di imparare dagli insuccessi
Ricerca nuovi modi per riutilizzare concetti che sono gia’ operativi per scoprire nuove possibilita’
Ha il senso del tempo
E’ un progettista che guarda sempre al futuro per risolvere problemi che non sono ancora completamente
emersi
25. 2. Il consulente “imprenditore”
“trovare una strada migliore: l’imprenditore”
Organizza e gestisce le risorse per massimizzare le opportunita’ di innovazione nel
cambiamento
Guida il processo di cambiamento, “vendendolo” agli altri
Ricerca costantemente prodotti, sistemi, processi e metodologie di lavoro migliori
Seleziona idee e suggerimenti da qualunque fonte per assicurare miglioramenti e successi
Costruisce un’”intelaiatura” intorno ai “concetti” da vendere, promuovendo nuove idee e approcci
Sviluppa una rete di rapporti e relazioni tra le persone per testare le idee e generare nuove possibilita’
Ricerca obiettivi ragionevolmente sfidanti, escludendo progetti ad alto rischio
Adopera la vision e il posizionamento degli obiettivi per mobilitare gli altri
Vede gli ostacoli come opportunita’
Produce un inventario di tutte le risorse disponibili - persone, processi, sistemi, prodotti - per determinare il
potenziale per il successo
26. 3. Il consulente “integratore”
“mettere tutto insieme: l’integratore”
Raccoglie parti e frammenti del processo di cambiamento e “tesse” un coordinato totale,
trovando la “trama” comune tra i diversi interessi
Agisce come un “trasformatore” intelligente: riceve le informazioni e i fatti esistenti, li connette come
“insieme complessivo” e produce “effetti”, creando uno sforzo coordinato totale
Revisiona e reimposta le idee o colloca le informazioni in un nuovo contesto per stimolare nuove prospettive
Mette in contatto diversi gruppi di persone per raggiungere il successo, adoperando strategie interpersonali:
condivisione, ricerca di informazioni, ascolto, ricezione di feed-back, chiarificazione di concetti
Forma solide alleanze senza separarle dai “temi critici” delle persone-chiave
Costruisce i team e sviluppa identita’ di gruppo sullo “sforzo comune” per il cambiamento
Mantiene uno stato di “tutela e salvaguardia” del progetto di cambiamento all’interno dell’organizzazione
Affronta i conflitti e chiarifica le distorsioni attraverso una serie di attributi - chiarezza, interpretazione,
informazione, aggiornamento - sintetizzando le problematiche-chiave provenienti da fonti diverse
Coltiva le abilita’ di “consiglio/raccomandazione” e di ricerca delle informazioni per fare chiarezza sugli
interessi reciproci dei membri del team di cambiamento
Puo’ essere considerato come il “capo” informatore, il maggior comunicatore e presentatore al top
management, agli alleati, al team del cambiamento e agli utenti finali
27. 4. Il consulente “esperto”
“realizzare in modo tecnicamente corretto: l’esperto”
Utilizza le sue capacita’ specialistiche, le sue competenze, abilita’ ed esperienze in aree
tecniche specifiche, per sostenere lo sforzo al cambiamento
Attiva il team del cambiamento con abilita’ “da maestro”, maturate con addestramenti o esperienze speciali e
fornisce un contributo superiore di perizia e competenza
Mette a disposizione le “conoscenze appropriate”, necessarie per l’implementazione del cambiamento, a
coloro che devono vivere con il cambiamento
Aggiorna regolarmente dei progressi, degli sforzi sugli obiettivi e degli specifici risultati raggiunti, sia gli
implementatori del cambiamento che gli utenti finali
Mantiene un dialogo aperto con gli utenti finali, per assicurare la “rilevanza” del loro lavoro e fissare il
“tono” del cambiamento
Coltiva le abilita’ di presentazione e comunicazione efficace per trasferire le proprie conoscenze
Presenta idee complesse in termini comprensibili e adeguati al “linguaggio” degli utenti finali
Impiega metodi specifici per la rilevazione e l’identificazione dei problemi
Assicura la strumentazione e le procedure piu’ aggiornate e attuali in aree specializzate
Cura i dettagli tecnici dei progetti e agisce come interfaccia tra gli implementatori del cambiamento e l’intera
organizzazione
28. 5. Il consulente “manager”
“mantenere le cose in traiettoria: il manager”
Stimola e motiva il team a lavorare per obiettivi comuni; amministra, guida, regola e controlla
le attivita’ operative senza essere autoritario
Fornisce una guida ai singoli membri del team del cambiamento, semplificando e delegando i compiti,
fissando priorita’ e allenando gli altri a completare gli impegni-chiave
Agisce come “timone” di tutto il team del cambiamento, utilizzando contemporaneamente i punti forti del
gruppo con frequente periodicita’, evitando comunque un supercoinvolgimento personale
Opera come “agente” per incrementare la produttivita’ e innalzare la qualita’ degli output delle persone
coinvolte (implementatori, utenti finali)
Pesa con molta cura le risorse e il tempo necessario per l’innovazione, valutando il rischio di non completare
l’implementazione con successo
Traccia l’andamento del progetto di cambiamento e testa progressivamente il lavoro prodotto
Focalizza gli sforzi per il cambiamento sui risultati finali
Ricerca continuamente nuovi modi per coinvolgere gli altri
Offre supporto tangibile e scambio di risorse per sostenere lo sforzo del team del cambiamento
Opera per creare un clima di fiducia e di sicurezza nel team del cambiamento (implementatori, utenti finali)
29. 6. Il consulente “sponsor”
“sostegno dall’alto: lo sponsor”
Ottiene supporto dal top management per assicurare prontezza organizzativa al cambiamento
oltre ai mezzi e le risorse necessarie
Assicura che lo sforzo per il cambiamento abbia un’ampio sostegno organizzativo e le risorse necessarie
Produce entuasismo, combatte per il progetto di cambiamento e mette in gioco la sua credibilita’ per
assicurarne il completamento
Agisce con abilita’ per giustificare al top management i fondamenti logici “dietro” il cambiamento e per
collegarli ai piani di di azione
Focalizza la sua comunicazione mettendo in relazione il progetto di cambiamento con gli obiettivi piu’ ampi
dell’organizzazione, spiegando i “perche’”
Utilizza efficacemente la sua credibilita’ o il suo status per superare i problemi e per generare cooperazione
Filtra e gestisce “le interferenze” per conto del team del cambiamento, agendo come “cuscinetto”
Aggiorna continuamente i personaggi-chiave del cambiamento e il top management sull’evoluzione del
processo e sugli step di cambiamento raggiunti, delega altri compiti di “minisponsor” a colleghi di lavoro
Velocizza la credibilita’ del top management e ricerca il sostegno degli utenti coinvolti nel progetto di
cambiamento, anche per aumentare la velocita’ di “spostamento”
30. Bibliografia selezionata
Lyle M.Spencer, Jr.: ”Reengineering Human Resources”, John Wiley & Sons, Inc. New York, 1995
Franco D’Egidio: “Il Change Management - Il pensiero creativo e le strategie delle aziende ultraveloci”,
Franco Angeli, 3a edizione, Milano, 1993
Andrew D.Szilagyi, Jr., Marc J.Wallace, Jr.: “Organizational Behaviour and Performance”, Harper Collins
Publishers, USA, 5th edition, 1990
Murray M.Dalziel, Sthephen C.Schoonover: “Changing Ways - A practical tool for implementing change
within your organizations”, Amacom (American Management Association), New York, 1988
D.E.Zand, R.E.Sorenson: “Theory of Change and the effective use of Management Science”, Adimistrative
Science Quarterly, Volume 20, n.4, December 1975
Harold J.Leavitt: “Applied organizational changes in industry: Structural, Technological and Human
approaches”, in “New Perspectives in Organization Reserch”, John Wiley & Sons, Inc., New York, 1964
Janie Daniel Duck: “Managing Change: the Art of balancing”, Harvard Business Review, Volume 71, n.6,
November-December 1993
Michael Beer, Russell A.Eisenstat, Bert Spector: “Why change programs don’t produce change?”, Harvard
Business Review, Volume 68, n.6, November-December 1990
Paolo Petrucciani: “Verso il duemila: incertezze e valori”, Tempo Economico, nn.299-300, Luglio-Agosto
1990, Anno XXVII, Milano
Paolo Petrucciani: “L’impatto organizzativo dei sistemi a supporto delle decisioni”, Informatica e Direzione
Aziendale, Cedis Editrice, Anno 3, n.6, Giugno 1988, Roma
Notas do Editor
Informazioni sul materiale didattico
e norme d’uso
Il presente materiale, fatti salvi i diritti d’autore, e’ di proprieta’ dell’APCO ed e’ consegnato ai partecipanti al corso ‘Il consulente di Direzione’ come supporto didattico. Ogni partecipante si impegna a non riprodurlo e a non utilizzarlo a scopi differenti da quelli associativi ed istituzionali.
L’autore dei contenuti della presentazione e’:
Paolo Petrucciani
Per i contributi particolarmente originali e’ stata indicata la fonte o l’autore, che dovra’ essere citata/o ogni qualvolta il relativo materiale venga utilizzato nei contesti e per gli scopi consentiti.
La redazione del presente materiale e’ stata curata da:
Fabio Di Stefano e Paolo Petrucciani