1. ■ se dio è con noi
PAOLO GARUTI O.P.
Alleanza
nel sangue/1
Alleanza nel sangue pater patratus (sacerdote capo dei ruoli all’interno del corpo sociale,
( ) fetiales, il cui nome è come le membra della vittima sono
etimologicamente legato a fœdus) diversificate ma compongono un
Gli scritti neotestamentari per colpire la vittima. Chi solo organismo). Così, se il fœdus
richiamano esplicitamente il tema contravverrà al patto e alle sue leggi costruisce una società, i termini del
dell’alleanza nel sangue in due subirà sorte simile a quella della patto saranno sanciti in un corpo
contesti differenti: il racconto vittima. In tale prospettiva, la legislativo che stabilisca i rapporti
dell’Ultima Cena di Gesù coi suoi divinità è garante del rispetto delle fra i concittadini (cf. il greco nomos,
discepoli (Mt 26,28; Mc 14,20; Lc norme sancite dal patto, accostando dalla radice *nem-, dividere), se,
22,20; 1 Cor 11,25); la Lettera agli alla dimensione orizzontale invece, si tratta di un trattato fra
Ebrei, che rievoca esplicitamente in dell’accordo fra due contraenti, la diverse entità, già identificate da una
Eb 9,15-22 l’inaugurazione cui condizione è considerata legge loro propria, la comunione
dell’antica alleanza (Es 24,8), paritetica sul piano giuridico, un vitale si limiterà a quanto
operata tramite un’aspersione di elemento verticale: il garante divino. esplicitamente sottoscritto. In
sangue, e riprende l’espressione La vittima sacrificale è così il termini verticali, l’atto d’uccidere un
sangue dell’alleanza in Eb 10,29 e catalizzatore in cui si identificano i animale, gesto orrendo e sacro per
Eb13,20. Il concetto cristiano di contraenti. Nella dimensione eccellenza, coinvolge la divinità sia
alleanza è il prodotto di una serie di orizzontale, entrambi sono, per così nel garantire la legge interna ad una
passaggi semantici, il più evidente dire, modificati dal patto, come città (cf. il latino lex, forse derivato
dei quali porta alla sinonimia fra l’animale lo è dal coltello da lego, raccogliere, vocabolo in
alleanza e testamento. Non va sacrificale, ed entrambi saranno origine riservato alle cerimonie
ignorato tuttavia, per integrare l’uso come la vittima se non rispetteranno religiose = rituale) che nel dettarne
del termine, il senso latino di fœdus, i termini dell’alleanza. Quando al i contenuti (cf. l’ebraico ,
che include, con l’idea di fides, sia il sacrificio fa seguito un pasto sostantivo connesso alla radice yrh,
patto costitutivo di una società, che comune, la vita dell’animale, insegnare). In tal caso, l’alleanza
il concetto di confederazione, trasferendosi in tutti i partecipanti al fra i contraenti umani diviene anche
anfizionia. Per questo, presso molte banchetto, ma secondo una rigida alleanza con la divinità. Il
civiltà del mondo mediterraneo, il gerarchia nella distribuzione dei sostantivo ebraico , di
patto fœdus era sancito da un pezzi di carne, crea al contempo etimologia incerta, è stato accostato
giuramento sacro (ius iurandum, isonomia (complicità nell’uccisione in diversi modi a questo ambito di
orkos) e da una preghiera alla e uguaglianza di fronte ai termini significazione. Ad un senso
divinità durante un sacrificio: a del patto) e diversificazione prossimo a quello di alleanza (dal
Roma, la folgore di Iuppiter funzionale (poiché i termini del tardo latino alligantia, derivato di
simboleggia l’arma di selce usata dal patto possono creare o confermare ligare; cf. il tedesco Bund) conduce
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2. ■ se dio è con noi
■ non sopra, sotto o all’indietro; l’uomo si deve occu- vita: essa non accetta la morte di sé come testo, che
■
■ pare dei problemi concreti di questo mondo e non sarebbe rappresentata dalla chiusura interpretativa
di questioni astratte. La forma e il contenuto di que- di una conclusione dogmatica.
Eleonora
Diquattro, sta interpretazione sembrano illuminare bene l’i- Compiere il percorso dalla bet alla alef significa,
Luce e lutto #2, dentità e l’atteggiamento del popolo ebraico. Ogni inevitabilmente, scegliere la strada dell’individua-
Stampa
digitale lettera dell’alfabeto ebraico può essere interpretata, zione, che nel pensiero ebraico vuol dire, tra l’altro,
su tela, e ogni lettera ha una sua identità. Nella cultura avvicinarsi anche all’idea di redenzione e di libertà.
2004,
cm 40x26 ebraica, l’alfabeto è, da sempre, qualcosa di più di Il fatto, poi, che il secondo libro della Toràh,
un elenco convenzionale di segni.. Questa bet , dal Shemot , letteralmente “Nomi”, sia stato tradotto
valore numerico di 2, prima lettera della prima Esodo, in quanto centrato sulla liberazione dalla
parola di un libro come la Bibbia, suscita non pochi schiavitù d’Egitto, induce a riflettere sul senso del
interrogativi. La alef, dal valore numerico di 1, titolo originale. Shemot, il libro della liberazione, si
avrebbe conferito al mondo un carattere troppo apre, infatti, con un elenco di nomi, quelli dei capi
assiomatico, ponendo aprioristicamente l’accento delle tribù di Israele: i nomi giocarono un ruolo
sull’unicità (di Dio, della parola, o del testo stesso). essenziale nel processo di liberazione. Nel-
Invece, con la bet, la cultura ebraica pone a proprio l’ebraismo il nome è un intero mondo di cultura e
fondamento un modello dialettico, che nega ogni tradizione. Uno dei principali fattori che tennero
dogmatismo, ogni integralismo, affermando quella uniti gli ebrei come popolo e li rese meritevoli di
dimensione pluralistica e dialogica come peculiare essere liberati fu il fatto, secondo l’esegesi rabbini-
dell’ebraismo. ca, che essi non cambiarono i loro nomi ebraici ori-
Non a caso nessuna opinione è privata, dal Talmud, ginali, resistendo alle possibilità di acculturazione e
del diritto di cittadinanza e della libertà di espres- assimilazione offerte dalla società egiziana. Se-
sione. Ciò perchè, quando nell’ebraismo si parla di condo la Tradizione ebraica, il nome rappresenta la
Toràh, ci si riferisce non a un libro da leggere e da personalità di chi lo porta, oltre a essere il primo
studiare, ma a un libro da vivere, un libro che con- segno di identità, quindi si potrebbe dire che l’Esodo
tiene in sé un bagaglio di esperienze, di saggezza sia la naturale conseguenza di Shemot. Soltanto una
umana e, insieme, di dubbi, interrogativi e inter- giusta e consapevole salvaguardia dei propri segni e
pretazioni che dalla Toràh, e all’interno del sistema della propria diversità, individuale e collettiva, che
della Toràh, traggono ispirazione. L’apporto di cia- ci contraddistingue può avvicinare la libertà.
scuno, in ogni epoca, si confronta con le lezioni di “Prima della sua morte, Rabbi Sussja di Hanipol
tutti gli altri, nel presente e nel passato: la Toràh non disse: ‘nel mondo a venire non mi si chiederà: ‘per-
si accontenta di essere modello di riferimento, è un chè non sei stato come Abramo, perchè non sei
testo aperto, teso per la sua stessa essenza a una diventato Mosè?’. Mi si chiederà soltanto: ‘Sussja,
continua evoluzione. La Toràh, dunque, sceglie la perchè non sei stato Sussja?’”. ■
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3. ■
di opinione denuncia, assieme all’impossibilità di si afferma non attraverso la verticalità dell’elevazio-
comunicare, l’omologazione delle idee, il totalitari- ne, ma grazie all’orizzontalità del dialogo. Quello di
smo culturale, la mancanza di spazio per il con- Abramo è la prima vera eccezione, dopo vari tenta-
fronto. Appare ovvio, allora, che una tale società tivi di dialogo falliti. Quello mutilato di Caino e
aspiri a crescere verticalmente, producendo model- Abele o quello di Babele sono infatti dialoghi dove
li di dominio e prevaricazione dell’uomo sull’uomo. sembrano mancare totalmente i concetti di alterità
Con Abramo la cultura ebraica diventa l’antitesi e di interazione. Anche in questo Abramo è il primo
della cultura della torre di Babele, ponendosi come ebreo, “ivri’”, nel vero e proprio senso letterale del
cultura della diversità e dell’alterità attraverso quel termine (“ivri’”, “dall’altra parte”), non solo da un
modello di orizzontalità che è la dialettica. E non è punto di vista geografico ma, come afferma la lette-
un caso che il primo vero dialogo, nella Bibbia, sia ratura rabbinica, “...il mondo era da una parte e lui
quello di Abramo e sua moglie Sara: “So bene che tu da tutt’altra...”. È nella differenza dei linguaggi,
sei donna di bell’aspetto...” (Genesi,12;11). Il dia- nella molteplicità delle idee, posta come premessa,
logo inizia in famiglia, con l’unione matrimoniale, nella contrapposizione e nella comunicazione fra
e anche in questo Abramo è il primo monoteista, gli opposti che la cultura ebraica si fa luogo di
poiché intuisce che l’unicità di Dio è una ricerca che incontro di tradizioni diverse.
{ È nella differenza dei linguaggi, nella molteplicità delle idee, posta come
premessa, nella contrapposizione e nella comunicazione fra gli opposti che
la cultura ebraica si fa luogo di incontro di tradizioni diverse. }
Un modello di pluralismo le cui radici si scoprono
fin dall’esordio della Bibbia, dove la prima lettera
della prima parola del primo passo non è, parados-
salmente, la prima lettera dell’alfabeto ebraico,
bensì la seconda. L’effetto di un inizio assoluto sem-
bra mancato soltanto per un soffio, i Maestri ne
hanno cercato il motivo. Una parabola (aggadà )
racconta di una lunga e accesa discussione fra tutte
le lettere dell’alfabeto ebraico, ognuna delle quali
rivendicava il proprio diritto di iniziare la Bibbia. La
scelta cadde, infine, sulla seconda lettera dell’alfa-
beto, la bet ; la Bibbia inizia, infatti, con la parola
“Bereshit”, “In principio”. Sempre secondo questo
racconto, la alef si lamentò con Dio per questa
ingiustizia, e Dio le rispose che non poteva comin-
ciare a creare il mondo con la alef perchè con essa
inizia la parola “arur”, “maledetto”, mentre con la
bet inizia la parola “berachàh”, “benedizione”.
Questa storia ci dice, anche, che la lettera bet è aper-
ta in avanti e chiusa dagli altri tre lati: questo per
insegnare che l’uomo deve guardare davanti a sé, e
■
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4. ■ se dio è con noi
■ natari del messaggio. In questo senso anche la paro- ideale per l’uomo non è, dunque, la vita ascetica, o
■
■ la del Maestro è multidimensionale ed è accolta da solitaria, ma il rapporto con il mondo, con la
ciascuno come comunicazione individuale. Il ter- società, con la famiglia, con i propri simili, per
Eleonora
Diquattro, mine ebraico per individualità è “ishiu’t”, che nel- acquisire consapevolezza della propria alterità
Luce e lutto #1 l’ebraico biblico copre un campo semantico molto rispetto a un ambiente più vasto, senza per questo
2004,
Stampa ampio, fino a comprendere i significati di “perso- distanziarsene, ma assumendo anzi il senso della
digitale nalità” e “singolarità”. È utile soprattutto notare propria complementarietà al tutto. Il rilievo dato
su tela,
cm 40x26 come “ishiu’t ” contenga la parola “ish ” , “uomo”, dall’ebraismo al ruolo del singolo individuo nella
da cui esso deriva. Ma non solo: la parola “ish ” è totalità è evidente nella preghiera pubblica, che può
seguita da “ut ” , che è il suffisso ebraico per la for- aver luogo solo in presenza di un minian, il quorum
mazione dei nomi astratti; in tal modo “ishiu’t ” di 10 uomini adulti.
potrebbe essere letto anche come “umanità” (“eno- La Toràh, inoltre, insegna come una società in cui è
shiu’t”). Ma come superare la contraddizione che il venuta meno la possibilità di comunicare sia desti-
termine porta in sé? La distanza semantica fra nata alla distruzione. Nella storia della torre di
“umanità” e “individualità” è certamente notevole. Babele, gli uomini che tentano di raggiungere il
Il superamento di quest’aporia sembra possibile cielo elevandosi verticalmente sono puniti con la
solo considerando l’umanità come insieme di indi- confusione delle lingue. I motivi del fallimento di
vidualità realizzate nella loro rispettiva integrità e, una società come quella della torre di Babele vanno
al contempo, valorizzate nella loro reciproca inte- ricercati nel fatto che, secondo il racconto biblico,
grazione. Come immaginare, tuttavia, che l’uomo in quella società non solo tutti parlavano la stessa
possa realizzare se stesso, in solitudine, prescin- lingua, ma usavano anche le stesse espressioni. E
dendo dall’istinto di prevaricazione? Anche qui la una società in cui non c’è diversità di espressione e
lingua ebraica è chiarificatrice: molto simile ad
“ishiu’t”, “individualità”, è “ishut ” , “matrimonio”,
“unione”, termine anch’esso derivante da “ish ”,
“uomo”.
Così, l’essere se stessi coincide con la capacità di
trasmettere le proprie emozioni, di entrare in con-
tatto con l’altro, quando non solo vive con qualcun
altro ma con-vive. L’uomo, infatti, sin dalla sua crea-
zione, è stato accompagnato da un suo simile, la
donna, detta “ishàh” perché creata dalla stessa
carne dell’“ish ”. Dio, creando una “ishiu’t baishut”,
una personalità nell’unione, ha fondato nel mondo
una prospettiva pluralistica e dialogica che ricom-
pare, poco dopo, con la narrazione del diluvio uni-
versale: gli animali che entrano nell’arca, per dar
poi vita a un mondo nuovo, sono tutti accoppiati.
La colpa originale fu causata proprio dall’illusione
della separazione. Non a caso Eva accusò il serpen-
te di averla corrotta col termine “hishiàni”
(Genesi,3;13), che può essere scomposto nelle
parole “iesh ani”, l’Io esiste; l’Io esiste come io divi-
so, come autocoscienza separata. La condizione
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5. ■
padre era più grande del tuo... ed infine per affer-
mare la grandezza del Signore, Santo e Benedetto
Egli sia. Perchè l’uomo quando vuole coniare delle
monete le fa tutte identiche, mentre Dio, pur crean-
do l’uomo con il marchio di Adamo, non crea nes-
suna creatura simile all’altra”, e perciò, conclude il
passo, ogni uomo può e deve dire “per me è stato
creato il mondo!”. Se io sono irripetibile, io sono
importante e prezioso. Avvertire la propria indivi-
dualità e unicità e agire di conseguenza è un con-
notato fisiologico dell’esistenza umana e come tale
non può essere un male, anzi: “Se non sono io per
me, chi sarà per me?”.
Ma finché l’uomo non sente altro fondamento di sé
che il suo io, egli rimane escluso dal processo di
autenticazione del sé che lo può condurre alla fon-
dazione della totalità rispetto alla quale l’io è unica-
mente parte. “E quand’anche io pensi solo a me, che
cosa sono io?” (Mishnàh, Avot,1;13). Secondo
alcuni Maestri i Dieci Comandamenti (Esodo,
20;2-17) potrebbero essere sintetizzati collegando
semplicemente la prima e l’ultima parola del testo:
“Anochì” (“Io Sono”) e “lere‘echa” (“per il tuo pros-
simo”). Per comprendere l’alterità, il “lere’echa”,
bisogna prima individuare la propria identità, l’Io
Sono, l’ “Anochì”, altrimenti al prossimo si può
offrire ben poco. Il capitolo 12 della Genesi si apre
con il comando di Dio ad Abramo “Lech lechà”,
“Vattene via”, che potrebbe però anche significare
rappresenta un valore assoluto: la specificità dell’a- ■ “va verso te stesso”, ossia, “alla ricerca di te stesso”.
nima umana, la singolarità dei suoi attributi costi- ■ Questo processo di individuazione, tuttavia, esige
■
tuiscono insieme il rischio e il valore dell’individuo. una forma di distacco dal passato, dai preconcetti
Eleonora
Come tale l’uomo è posto di fronte all’Eterno, non Diquattro, ereditati. “Vattene dentro te stesso”, ascolta la voce
come modello impersonale. Dio vuole dall’uomo Sogno, che ti viene da dentro e non sempre quella che ti
2004,
l’attuazione della sua singolare irripetibilità, non Stampa proviene dall’esterno; soltanto attraverso questo
l’adeguamento acquiescente a uno schema colletti- digitale processo Avràm, Abramo, diventa Avraham “padre
su tela,
vo. Si afferma nel Talmud babilonese, Sanhedrin cm 40x26 di numerose genti” (Genesi,17;5), un vero univer-
37a: “Badate, che l’uomo è stato creato solo, per salista.
insegnare che chiunque distrugge una vita è come Non solo il linguaggio del quotidiano rivelarsi del
se distruggesse il mondo intero, e chi invece man- divino all’uomo ha il carattere dell’assoluta indivi-
tiene una vita è come se mantenesse un mondo dualità, ma anche il linguaggio che lega l’uomo
intero”. E, inoltre, si aggiunge: “perché l’uomo è all’uomo, se è linguaggio autentico, fondato sulla
stato creato solo? Per propagare la pace tra le nazio- comunione individuale, reca sempre i segni di una
ni, cioè perchè nessuno potesse dire agli altri: mio esclusività che non consente sostituzioni dei desti-
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6. ■ se dio è con noi
ROBERTO DELLA ROCCA
Identità e alterità
nel pensiero ebraico
Essere
La spiritualità ebraica, che non conosce il
fondamentalismo, si propone come un
percorso di individuazione aperto al
confronto e insegna a scoprire la propria
irripetibilità di fronte all’Eterno.
iù volte ricorre nella Bibbia l’imperativo “Siate santi, sempre ogni singolarità. L’ebraismo è un percorso di indi-
P perchè Santo Sono Io il Signore”. Tra le tante inter-
pretazioni che sono state date a questo monito è signi-
ficativa quella di Rashì (Troyes 1040-1105 - nel suo com-
viduazione che esalta la personalità, tesa, in un anelito
costante, alla totalità. Un allievo chiese al Maestro: “Perché
è detto ‘il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e il Dio di
mento a Levitico,19;2), forse il più autorevole dei com- Giacobbe’ (Esodo,3;6) e non ‘il Dio di Abramo, Isacco e
mentatori della Bibbia. Egli, infatti, interpreta il termine Giacobbe?’”. E il Maestro rispose: “Perché Isacco e
ebraico “Kadosh”, “santo”, nel senso di “distinto”, “diffe- Giacobbe non si appoggiarono sulla ricerca e il servizio di
renziato”, “diverso” e vede, dunque, nelle parole di Dio, Abramo, ma ricercarono da sé l’unità del Creatore e servi-
non solo una giustificazione della diversità, ma la diversità rono Dio in modo diverso da Abramo”. Ecco la via dell’in-
come dovere esistenziale. Come a dire “siate diversi dagli dividuazione.
altri popoli come Io, il Signore, lo Sono dagli altri dei”. Trovare se stessi, scoprire l’irriducibilità del valore indivi-
Questa concezione della diversità come precetto divino a duale, equivale a trovare Dio; in termini moderni, l’indivi-
cui adempiere mette in discussione, fra l’altro, l’idea che duazione e la scoperta della propria dimensione religiosa
l’uomo si realizzi soltanto nella conformità, assoggettan- si trovano in un rapporto di mutuo condizionamento. Il
dosi supinamente al codice sociale vigente, rifuggendo singolo non è riducibile a soli valori collettivi, egli stesso
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