Giacciono nei miei cassetti vecchi articoli, pezzi sulla tecnica, sulla tattica o sulla conduzione di una squadra come quello che segue. Qualcuno me ne ha chiesto, qualcuno me ne chiede. Sono piccole cose , datate come questa anni '90, in parte superate, in parte no, ma che nella pochezza degli scritti tecnici della pallanuoto possono indurre a qualche riflessione.
Così un po' per fornire un servizio un po' per narcisismo ho deciso di riproporli.
Spreading waterpolo sport+immagine - il caso della asd fanfulla waterpolo
La conduzione di una squadra claudio mistrangelo
1. Una squadra di giocatori
giovani, entusiasti ma poco
lucidi, dovrà essere condotta ad
un gioco di alto ritmo
attraverso una preparazione
durissima nell'ambito di una
disciplina ferrea che imposta
una costruzione del gioco a
tappe (prima la difesa, poi il
contropiede ..). Da quanto detto
si ricava che la valutazione
01/01/2013
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andrà ripetuta perché i gruppi,
le squadre – come ogni essere
vivente – si modificano,
cambiano. Ciò è facile intuirlo
per i parametri fisico-atletici, è
più difficile comprenderlo nella
sua globalità. E' infatti evidente
2. LA CONDUZIONE DI UNA SQUADRA
Premessa attuale
Giacciono nei miei cassetti vecchi articoli, pezzi sulla tecnica, sulla tattica o sulla
conduzione di una squadra come quello che segue. Qualcuno me ne ha chiesto,
qualcuno me ne chiede. Sono piccole cose , datate come questa anni '90, in parte
superate, in parte no, ma che nella pochezza degli scritti tecnici della pallanuoto
possono indurre a qualche riflessione.
Così un po' per fornire un servizio un po' per narcisismo ho deciso di riproporli.
LA CONDUZIONE DI UNA SQUADRA
1) CONDUZIONE TATTICA O CONDUZIONE STRATEGICA
2) IMPOSTAZIONE DELLA SQUADRA
3) PROGRAMMAZIONE
4) ORGANIZZAZINE DELLO STAFF
5) GESTIONE DELLA SQUADRA (Rapporti Allenatore – Giocatori)
a) Principi invariabili
b) Principi variabili
c) Mezzi
Breve Premessa
Il tema, la conduzione di una squadra, è strettamente legato alla personalità
dell'allenatore; ho cercato, quindi, di limitare il mio scritto a quei momenti e a quei
principi che tutti dovrebbero affrontare e seguire. Anche così volendo, ho di certo
presentato mie convinzioni come principi assoluti. Inevitabilmente. Senza certezze,
anche un po' acritiche, non si conduce nessuno da nessuna parte.
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3. LA CONDUZIONE DI UNA SQUADRA
CONDUZIONE TATTICA O CONDUZIONE STRATEGICA
• Il primo problema da affrontare per definire la conduzione di una squadra è quello
degli obiettivi che ci si pongono e, soprattutto, dei tempi di realizzo.
Tempi immediati o tempi di medio termine (ad es. 3 anni).
• Dal tempo a disposizione discendono 2 modelli possibili di programmazione e,
quindi, di conduzione che definirei: strategica e tattica.
• La conduzione strategica è disposta al sacrificio dei risultati immediati per quelli
futuri; non accetta compromessi su quelli che ritiene i principi di costruzione di una
squadra; punta non sugli atleti migliori, ma su quelli che diventeranno migliori¸
imposta un lavoro atletico-tecnico-tattico di preparazione per il gioco che ritiene
necessario nel futuro; ...
• La conduzione tattica punta ai risultati immediati; accetta qualche compromesso
sui principi pur di ottenerli; si basa sugli atleti migliori; imposta la tattica più
redditizia al momento; ...
• Spesso la conduzione reale è una combinazione di questi 2 modelli.
Raramente i 2 modelli si combinano nella realtà in modo agevole e danno luogo a
cambiamenti di rotte, indecisioni gestionali, contraddizioni che sono la condanna di
alcuni allenatori, l'esaltazione di altri.
Alcuni esempi:
1 - Giocatore bravo, ma che indebolisce il gruppo.
Nella conduzione strategica bisogna privarsene, nel secondo caso si tenta ogni
possibile soluzione che ne mantenga l'apporto.
2 - Squadra fornita di un solo centroboa, giovane e promettente, ma ancora
inefficace.
Nel primo caso si ragiona così: il gioco vincente, il gioco delle squadre più forti,
prevede un centroboa; io punto su questo giovane atleta, gli insegno, ma aspetto –
con tutte le sofferenze del caso – la maturazione per essere vincente domani.
Nel secondo caso si ragiona in questo altro modo: questo giovane sarà bravo, ma mi
costa in efficacia, io non ho il tempo di aspettare la sua maturazione, devo trovare
altre soluzioni tattiche (adattare un altro giocatore al ruolo, puntare sulla rotazione
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4. LA CONDUZIONE DI UNA SQUADRA
di giocatori al centro, portare a difendere in quella posizione l'avversario più debole
...) che mi consentano una più alta pericolosità dell'attacco.
Valutazione:
• La prima cosa che faccio, a stagione non ancora iniziata, è valutare la squadra
(meglio: il gruppo) che avrò a disposizione.
• Ogni squadra, ogni gruppo ha un'anima.
Per anima intendo l'intreccio di qualità morali (il carattere), atletiche, tecniche e
tattiche del gruppo.
Tale anima può cambiare nel corso della stagione, cambia sicuramente di anno in
anno, anche se certi gruppi di lungo periodo sembrano dimostrare il contrario.
Occorre – a mio parere – comprendere questo intreccio e la sua dinamica per poter
impostare una stagione: ci deve essere un rapporto tra qualità morali, gioco
sviluppato, tipo di preparazione impostato.
Esempi:
1 - Una squadra di giocatori esperti, non più veloci come un tempo, amanti non del
ritmo, ma del gioco intelligente, dovrà essere condotta ad un gioco non esasperato
nei ritmi, ma impostato alla mancanza di errori, diciamo verso un gioco sicuro
attraverso una preparazione che – pure dura, pure impegnativa – mantenga la
squadra sempre in condizioni brillanti, nell'ambito di un rapporto basato più
sull'autorevolezza che sull'autorità.
2 - Una squadra di giocatori giovani, entusiasti ma poco lucidi, dovrà essere
condotta ad un gioco di alto ritmo attraverso una preparazione durissima
nell'ambito di una disciplina ferrea che imposta una costruzione del gioco a tappe
(prima la difesa, poi il contropiede ..).
Da quanto detto si ricava che la valutazione andrà ripetuta perché i gruppi, le
squadre – come ogni essere vivente – si modificano, cambiano.
Ciò è facile intuirlo per i parametri fisico-atletici, è più difficile comprenderlo nella
sua globalità.
Eppure l'intuizione dell'anima di una squadra e delle modificazioni di quest'anima è
uno dei veri segreti dei grandi allenatori.
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5. LA CONDUZIONE DI UNA SQUADRA
E' ancora evidente che questa intuizione non è ispirazione divina, ma risultato di
raccolta dati, di costante osservazione, di confronti, di opinioni dei collaboratori, di
esperienza passata, di esperienza altrui: insomma di una montagna di lavoro.
E' infatti evidente che una parte, una grossa parte di questa valutazione deriva da
test più volte ripetuti che daranno l'idea delle qualità atletiche dei giocatori.
Così la valutazione tecnico-tattica potrà derivare dall'osservazione di video, da
precedenti osservazioni, da tabelle statistiche e sarà costantemente aggiornata nel
corso dell'anno da osservazioni continue.
Valutati individualmente i giocatori, valutato il gruppo a disposizione nella sua
globalità, occorre passare all'impostazione della squadra a tavolino.
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6. LA CONDUZIONE DI UNA SQUADRA
IMPOSTAZIONE DELLA SQUADRA
• Per impostare la squadra si parte dalla divisione dei giocatori a disposizione per
ruolo.
Una squadra moderna dovrebbe avere:
- 2 portieri
- 2 centroboa
- 3 o 4 difensori centroboa
- 1 difensore specializzato sull'uomo di movimento
- Almeno 1 mancino
- 3 o 4 giocatori veloci e polivalenti.
• Nel modello attuale di gioco l'asse centrale Portiere – Difensore Centroboa –
Centroboa appare come il momento principale della squadra.
• Volendo essere ancora più concisi, diremo che Portiere e Centroboa sono i perni
fondamentali.
Quindi da lì bisogna partire per impostare una squadra.
Poi si passa alla verifica delle posizioni di attacco e difesa.
Si posiziona "su un foglio" la squadra dislocando i giocatori nelle loro posizioni
naturali e si immagina le soluzioni che una difesa ed un attacco potrebbero
adottare: zona, pressing, M, ...
Si ripete così per le altre situazioni di gioco, con varie formazioni possibili, con il
giocatore più bravo fuori ...
Da tutto questo dovrebbero derivare indicazioni delle forze, delle debolezze, degli
aspetti atletici, tecnici e tattici, che si hanno da affrontare e su cui impostare la
programmazione.
Insomma dal singolo giocatore alla globalità della squadra per tornare ai singoli.
La pallanuoto in vasca e non sulla carta darà, poi, la risposta vera al problema
dell'impostazione modificando spesso i pregiudizi a tavolino. Ma ciò non toglie
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7. LA CONDUZIONE DI UNA SQUADRA
validità a quei pregiudizi che se non diventano dogmi permetteranno in realtà una
chiarificazione tecnica (e poi pratica) delle forze e dei limiti in modo molto più
veloce.
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8. LA CONDUZIONE DI UNA SQUADRA
PROGRAMMAZIONE
• E' quasi impossibile parlare di programmazione in ambito reale senza avere
presenti date, calendari, e, quindi, tempi a disposizione, divisione in fase pre-
agonistica e agonistica, impegni di livello diverso.
• Merita forse compiere alcune osservazioni metodologiche.
• Non è sempre facile ritrovare sul campo i tempi di recupero e ripristino indicati dai
testi; è esperienza non frequente, ma comune a molti allenatori, trovarsi una
squadra, o singoli giocatori, stanca dopo un tapering accurato o tonica dopo grandi
carichi di lavoro.
Occorre, quindi, non essere dogmatici e conservare sempre una certa duttilità
ricordandosi che l'osservazione dell'allenatore – se suffragata da esperienze, dati,
studio – rientra nei criteri scientifici di valutazione.
• Ricordarsi che il fine è il gioco e che il lavoro gara va mantenuto in quasi tutte le
fasi della preparazione.
Ci sono infatti delle qualità che non vanno abbandonate per tempi lunghi.
E' chiaro che durante le fasi di preparazione più intensa il gioco sarà quel che sarà,
ma le motivazioni, lo spirito di squadra, ... vanno cementati proprio in questi
momenti.
• La variazione continua dei calendari e, soprattutto, l'allungamento della parte
agonistica ha messo in sordina – negli ultimi anni – la capacità di programmare una
lunga fase preagonistica ed esaltato quella di saper alternare, miscelare i carichi ed i
mezzi di allenamento durante la fase agonistica.
Credo che su questo terreno molti allenatori abbiano accumulato esperienze anche
innovative rispetto anche alla ricerca, che quasi mai ha affrontato tale tematica.
• E' mia personale convinzione che esistano diverse vie per la preparazione atletica
e diverse combinazioni di mezzi, ma è evidente che queste vie non sono infinite e,
soprattutto, è certo che ognuna di queste vie è categorica, cioè fissa dei confini, dei
contenuti, dalle forme ben delineate.
Insomma non c'è la Via, ma neppure ogni via è valida, e soprattutto, la via che si
prende impone una successione di scelte ben precise.
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9. LA CONDUZIONE DI UNA SQUADRA
ORGANIZZAZIONE DELLO STAFF
L'allenatore non deve lavorare da solo – Perché non può lavorare da solo.
Egli dovrà avere o trovarsi dei collaboratori.
Un ideale organigramma tecnico prevede:
- Allenatore capo; vice allenatore; preparatore atletico; medico; fisioterapista;
dirigente/i; squadra; dirigenti accompagnatori; statistico/i.
In quasi tutte le società questa struttura non esiste, è una vera e propria utopia.
Ebbene occorre comprendere che è una necessità e lavorare per realizzare tale
struttura.
E', infatti, evidente che in altro modo è impossibile gestire l'intero processo di
allenamento. E' ancora evidente che questo è tanto vero che un minimo di questa
struttura è già presente in tutte le società e che in quasi tute le società si va,
spontaneamente o coscientemente, tendendo ad un suo ampliamento.
L'allenatore deve fissare tra i suoi compiti la realizzazione di tale staff e abituarsi,
quindi, a lavorare insieme ad altri, a far loro partecipi dei problemi, a organizzare il
lavoro attraverso riunioni, incontri, verifiche.
La scelta dei collaboratori è sempre problematica, una serena collaborazione è
spesso difficile, la selezione talvolta è necessaria anche in questo campo, ma
nessuna di queste considerazioni nega la necessità del lavoro di equipe e la
necessità per l'allenatore di divenire un manager.
- Ciò che io chiedo in modo assoluto ai miei collaboratori è la discrezione e la
consapevolezza dell'impegno preso. Tutto il resto può arrivare in seguito,gli errori
fanno parte del lavoro, ma questi due principi sono inviolabili perché la loro
disattesa, soprattutto del primo, può produrre effetti devastanti.
- E' importante far comprendere ai giocatori che i collaboratori servono per aiutare il
lavoro dell'allenatore e dei giocatori, ma non sono al loro sevizio, non stanno lì per
badare a loro e fare le commissioni.
- E' evidente che l'allenatore è dallo staff sgravato di compiti diretti (ad esempio la
statistica dei tiri, il lavoro del portiere, le prenotazioni alberghiere ...), ma in
simultanea vede aumentare il suo lavoro di coordinatore e di programmatore.
Saranno necessarie riunioni per programmare, per verificare, per valutare: alcune
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10. LA CONDUZIONE DI UNA SQUADRA
con questi, altre con quelli, altre ancora con tutti. L'allenatore dovrà coordinare,
stimolare, far crescere, attraverso richieste, problemi, osservazioni, la qualità
dell'intero staff.
- Ripeto che molti considereranno questa parte una bella utopia o l'esperienza di
un'isola fortunata. Eppure posso dire che è anche un problema di determinazione
nel tempo.
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11. LA CONDUZIONE DI UNA SQUADRA
GESTIONE DELLA SQUADRA
(Rapporti Allenatore – Giocatori)
- Occorre premettere che i rapporti giocatori – allenatore non sono mai rapporti
bipolari, ma sempre multipolari.
Il giocatore trova sempre interferito il suo rapporto con l'Allenatore da figure
esterne ed interne alla Società: Dirigenti, Giornalisti, ...
- E' necessario che l'allenatore abbia presente la multipolarità dei rapporti con i
giocatori e la governi il più possibile almeno per quel che riguarda la sfera societaria.
E' possibile sostenere, infatti, che i problemi più grossi non sono – come si dice "di
spogliatoio", ma quasi sempre di Società, quasi sempre slegati e determinati da
inopportune, inique, sleali interferenze di Dirigenti, addirittura Presidenti, che
pensano di gestire – in vece dell'Allenatore, - alle sue spalle persino – i rapporti con i
giocatori.
- Su questo terreno la difesa permette limitate soluzioni, limitate e nette.
Occorre chiarire in primo logo il rapporto Allenatore – Società, definendo bene i
confini delle competenze occorre essere disposti a troncare di netto il rapporto se
tali confini sono valicati in modo ripetuto.
- Ripeto ancora che l'Allenatore deve anche farsi carico dei rapporti tra giocatori e
staff, affinchè i giocatori si dispongano alla collaborazione e gli uomini dello staff
abbiano ben presenti le regole della discrezione ed i limiti dei loro compiti.
- Ciò premesso, diciamo che il rapporto allenatore – giocatore è regolato da alcuni
principi di fondo che potremmo dividere in invariabili (A) e variabili (B), principi che
potremmo seguire e realizzare attraverso una serie di mezzi (C).
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12. LA CONDUZIONE DI UNA SQUADRA
PRINCIPI INVARIABILI (A)
1) Meglio un comandante stolto che due intelligenti.
Così diceva Napoleone e così mi pare imponga l'esperienza. Se non c'è chiara
responsabilità non c'è organizzazione.
Quando le cose vanno bene, tutto può andare; ma quando le cose vanno male (ed è
inevitabile o necessario che in certe fasi vadano male) deve essere chiaro chi è il
responsabile.
I giocatori devono sapere che chi decide, chi li valuta, chi li seleziona è l'Allenatore
perché a lui tocca la responsabilità della scelta.
La Società deve rendere ben chiaro questo concetto, non ci devono essere spazi di
interpretazione a questa regola chiarissima.
L'allenatore deve avere chiaro che non deve sfuggire a questa responsabilità, spesso
non facile perché isola, perché è naturale cercare un appoggio, un sostegno, un
aiuto.
L'Allenatore deve avere chiaro che questa assunzione di responsabilità è tanto più
necessaria quanto più il momento è difficile perchè è proprio in tali situazioni che si
creano basi forti e rapporti chiari per il futuro.
L'allenatore deve vivere bene l'isolamento del capo.
2) L'impegno degli atleti deve essere sempre massimo (impropriamente definito
100%).
L'atleta deve arrivare all'allenamento concentrato, deve vivere l'allenamento con
voglia, con determinazione.
L'Allenatore lo può aiutare organizzando bene l'allenamento, assegnando carichi
possibili (anche se durissimi), distribuendo bene i compiti, chiarendo quale è la
richiesta tecnica, spiegando le finalità di certi esercizi, correggendo gli errori.
Insomma lavorando in modo serio e programmato, l'allenatore può far
comprendere all'atleta le necessità e le finalità del suo impegno.
Se l'atleta per il giorno Y non si allena bene, questo non è un problema grave.
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13. LA CONDUZIONE DI UNA SQUADRA
SI può anche far finta di niente, si può regalargli un anticipo di uscita,una giornata di
festa.
Ma se l'atleta Y manifesta più volte il suo disimpegno occorre chiarire subito: o ci
sono problemi e devono essere affrontati o è un atteggiamento fisiologico che va
risolto, in estrema ratio attraverso la selezione.
Non ci possono essere nello sport agonistico moderno atleti cronicamente poco
motivati.
Ogni ambiente ne produce (gli uomini e anche gli atleti sono diversi), l'ambiente
sano li scarta, l'ambiente che non li scarta diventerà malsano. Ciò è vero soprattutto,
quando si vuole impostare la cosiddetta politica dei giovani: i "vecchi" che
rimangono devono essere cristallini esempi di determinazione.
- L'atleta che ha di più deve dare di più.
Il giovane pallanuotista convocato in Nazionale non deve essere il gasato che si
pavoneggia davanti ai suoi compagni di team meno fortunati, ma l'esempio di
disciplina e impegno. L'atleta adulto che fa parte della nazionale maggiore deve
essere esempio chiaro di serietà, di professionalità, di correttezza di rapporti interni
ed esterni alla società.
- La puntualità e la presenza.
Sono due piccole cose, ma rappresentano due grandi obiettivi oltreché due mezzi
formidabili di costruzione di una mentalità positiva.
Gli atleti devono essere presenti e devono essere puntuali.
E' inutile fare grandi discorsi sul gruppo quando gli atleti arrivano all'allenamento
all'ora che loro garba, quando i più seri aspettano quarti d'ora che arrivino gli altri ...
E' inutile fare grandi programmazioni quando le assenze diventano un fatto
regolare.
Qui le eccezioni possono essere molte (L'atleta che esce da scuola, dal lavoro ...), ma
il principio è chiarissimo e deve essere trasformato in abitudine, in fatto normale.
o Ci sono, soprattutto nei team non stellari, atleti più bravi e atleti meno bravi, ci
sono simpatie e antipatie ... Alcuni allenatori identificano la costruzione della
squadra nella trasformazione del gruppo squadra in un gruppo di amici. E' opinione
comune che le relazioni extra allenamento aiutino o danneggino di molto il lavoro
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14. LA CONDUZIONE DI UNA SQUADRA
della squadra. Penso che ci possa essere del vero, ma contemporaneamente ritengo
l'osservazione del tutto inutile. Vedrei, infatti, come presuntuoso il tentativo di
creare amicizia in maniera pianificata.
Si può fare altro e molto. Il gruppo- squadra è un gruppo di lavoro, è un'unità di
combattimento che si esprime attraverso quella guerra simulata che sono i giochi
sportivi. Se nella squadra ci sono rapporti di antipatia, disistima, inimicizia, la pretesa
assoluta dell'allenatore è che non si trasferiscano nel lavoro e nel gioco. Il Lavoro
stesso è uno strumento di costruzione del gruppo perché il rispetto della fatica del
compagno, per quanto antipatico, oltre ad essere un atto dovuto, diviene un fatto
spontaneo. L'allenatore – simpatia, quello dei programmi facili, quello che "si lavora
poco", si priva di un mezzo, - la fatica, lo stress, - per unificare il gruppo – squadra.
Con un lavoro facile alleggerisce l'aggressività dei giocatori verso di sé, ma aumenta
la possibilità di scontro interno alla squadra.
- Il rispetto della fatica e dell'impegno di estenda anche agli avversari.
Deve diventare un leit-motiv, stimiamo chi lavora in maniera seria e dura. Questo
atteggiamento costruisce nell'atleta una cultura sportiva che rifiuta le pose lassiste o
divistiche, l'esaltazione della vittoria o la depressione della sconfitta.
- L'orgoglio per il modo in cui ci si allena è un ottimo strumento per realizzare uno
spirito di squadra.
Chi si allena in modo disimpegnato si deve sentire un corpo estraneo. Anche l'atleta
fenomeno andrà inquadrato in questo clima.
- L'abbandono di ogni alibi (la fortuna, gli arbitri ...) è un altro strumento
indispensabile alla crescita dell'atleta. Non perché il caso non possa intervenire
nell'evento sportivo (ma se si ripete, non è più un caso) ma perché su certe
componenti è impossibile intervenire.
- Occorre essere spietati nell'analisi dei propri errori, occorre trovare la via e
l'entusiasmo per superarli.
- Ricapitolando. Fissiamo come principi invariabili (cioè validi per ogni tipo di
squadra):
o l'accettazione del ruolo di responsabile unico dell'allenatore;
o il rispetto dell'impegno, anche nell'errore, dei propri compagni;
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15. LA CONDUZIONE DI UNA SQUADRA
o l'assoluto impegno nell'allenamento;
o la presenza;
o la puntualità;
o l'abbandono di ogni alibi;
o il rispetto degli avversari;
o la disciplina verso gli arbitri.
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16. LA CONDUZIONE DI UNA SQUADRA
PRINCIPI VARIABILI (B)
Esistono poi, principi che si potrebbero definire variabili, cioè che si adattano a certe
squadre e non ad altre.
- La consapevolezza del programma di lavoro motiva l'atleta.
Il programma di lavoro è spesso fonte di interesse per il giocatore che vuole sapere
che si farà oggi, oppure dopo questo o quest'altro lavoro, oppure la settimana
prossima.
La consapevolezza può in effetti essere un aiuto, ma può essere un freno.
Occorre valutare che gruppo si ha davanti, oppure alternare il metodo del dire a
quello del non dire.
In generale l'atleta evoluto riceve motivazioni dalla consapevolezza, il giovane no.
Ma questa non è una regola.
Personalmente talvolta ho spiegato fin nei dettagli quanto facevamo e perché, tal
altra non ho spiegato che pochissimo.
Questo vale negli ultimi anni per le statistiche, ultima passione di molti giocatori.
- L'ambito di intervento gerarchico dell'ellenatore può variare.
E' evidente che sul piano del lavoro atletico, tecnico e tattico – e su questo si è già
detto fin troppo – l'allenatore è il responsabile ultimo ed unico.
Non di questo si tratta.
E' nella sfera privata che è problematico intervenire.
La mia convinzione radicata è quella del minimo ambito di intervento gerarchico
necessario.
Cioè si chiede dalla vita privata solamente se si registrano cali di tensione, di
concentrazione, di determinazione nell'allenamento.
Del resto, nessun direttore, nessun capo ufficio mantiene un controllo così stretto
sui suoi dipendenti.
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17. LA CONDUZIONE DI UNA SQUADRA
Se poi storicizzassimo il discorso nella affluent society avremmo ancora più chiara la
pressione dell'allenatore.
Insomma credo che gli interventi nella sfera privata vadano limitati a casi di
stanchezza, di scarso rendimento non motivabile con il momento dell'allenamento.
Detto questo, più volte ho incontrato la necessità di intervenire, di chiedere, di
ordinare anche nella sfera privata.
- Quindi: ci devono essere regole comportamentali nel privato o solo suggerimenti.
Anche questo corollario risulta, quindi, variabile: ci sono casi in cui tali regole sono
indispensabili, altri in cui sono inutili.
Ma una cosa deve essere certa: se le regole ci sono, devono essere fatte rispettare.
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18. LA CONDUZIONE DI UNA SQUADRA
I MEZZI
Il discorso sui mezzi è estremamente complesso perché può comprendere anche
l'intero atteggiamento che l'allenatore tiene con i propri atleti. Tale atteggiamento –
pur determinato, ovviamente, dalla personalità del tecnico – si dovrà confrontare
con quanto il tecnico stesso vuole ottenere dal gruppo sulla base del giudizio che del
gruppo e della sua conduzione dà.
Per questo un allenatore deve imparare a tenere fuori dal lavoro le proprie
problematiche personali, e limitare i propri balzi di umore, a determinare il proprio
atteggiamento non sulla base delle proprie emozioni spontanee, ma sulla base di
quanto ritiene utile alla formazione e alla condizione morale della squadra.
Agire o agitarsi in modo spontaneo equivale all'espressione perdere la testa e se
l'allenatore perde la testa anche la squadra lo fa.
Le sfuriate, ad esempio, possono essere uno sfogo o un mezzo in dipendenza della
ragione che le determina.
Nel primo caso esse sono un errore, nel secondo una necessità.
Ripeto, la mia convinzione che l'atteggiamento è il mezzo più importante, ma anche
quello di più complessa definizione.
Insomma richiederebbe un libro nel libro.
Più banale è il discorso sui mezzi, comunemente intesi, a disposizione dell'allenatore
per condurre una squadra.
1) Le riunioni: alle riunioni di carattere tecnico – tattico si aggiungono quelle sul
lavoro (se si ritengono utili), quelle di valutazione, quelle sul comportamento, di
definizione degli obblighi, ...
Uno schema diffuso prevede una riunione di bilancio della partita precedente in
inizio settimana, una di impostazione tecnico – tattica della partita seguente in fine
settimana o, comunque, il giorno precedente o lo stesso della partita.
Queste riunioni possono avere un carattere più tattico – specie con l'utilizzo del
video – o un carattere più morale, di incitamento o rimprovero ...
L'impostazione della riunione può essere gerarchica o partecipativa: nel primo caso
si rischia la disattenzione, nel secondo la confusione.
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19. LA CONDUZIONE DI UNA SQUADRA
2) I provvedimenti disciplinari: sotto questa voce possono essere raccolte molte
misure repressive, punitive, restrittive (multe, ritiri, controlli, sospensioni ...) vanno
utilizzati con parsimonia, in casi di assoluta evidenza, essendo chiaro e trasparente il
principio ispiratore: rendere più forte il gruppo.
3) I premi: sotto questa voce possono essere raccolte molte misure gratificanti (dal
premio in denaro alla pacca sulla spalla).
Anche qui evitare eccessi: tanti complimenti, nessun complimento.
4) La selezione: è il vero sistema di formazione del gruppo. Selezione e lavoro
devono essere i principali mezzi dell'allenatore.
Del resto il lavoro implica la sua capacità di progettazione, la selezione, la sua
capacità di valutazione.
Una selezione onesta rende serio il lavoro, un lavoro serio rende onesta la selezione.
Claudio Mistrangelo
Nota a margine: ringrazio Claudio per avermi inviato e permesso di pubblicare le sue
preziose e attualissime considerazioni, determinanti per la crescita del nostro sport
sul territorio nazionale.
Ho più volte verificato di persona, sul posto, la concretezza di quanto avete appena
terminato di leggere, e vi invito caldamente a partecipare agli stage estivi che la R.N.
Savona organizza ogni anno per gli atleti in divenire.
Edoardo Osti
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