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IL GIORNALE DEL LICEO CANNIZZAROPALERMO NUMERO 504/06/2012
“Se la gioventù le negherà il
consenso, anche l’onnipotente e
misteriosa mafia svanirà come
un incubo. ”
Paolo Borsellino
VII EDIZIONE DEL
“PREMIO LIBERO
GRASSI”
ALFREDO CHIODI III E
I
l 10 gennaio 1991 il Giornale di Si-
cilia riportava sulla prima pagina una
lettera rivolta ad un “caro estortore”
in cui un imprenditore spiegava ai mafio-
si di non essere disposto a pagare il pizzo
e che non avrebbe svenduto la propria
dignità; dopo tre mesi Santoro lo invita
alla trasmissione televisiva Samarcanda,
dove, di fronte a tutta l’Italia, l’autore
della lettera ribadisce di aver costruito
la sua impresa con impegno ed onestà, e
che nessuno, al di fuori di lui e dei suoi
dipendenti, ha il diritto di trarne pro-
fitto. È un concetto semplice da com-
prendere, eppure questo imprenditore
ricevette sostegno solo da parte della fa-
miglia e da pochissimi amici e fu lasciato
solo dall’omertà degli altri imprenditori
e dallo Stato. La triste conseguenza: il 29
agosto del 1991 i telegiornali parlavano
dell’assassinio di Libero Grassi.
Oggi fortunatamente non è più così; esi-
stono leggi contro il racket e grazie alle
associazioni antimafia si può denunciare
il pizzo senza perdere la vita. Tra queste
associazioni vi è Solidaria, che nel 2004
ha istituito il “Premio Libero Grassi”.
Si tratta di un concorso per ragazzi che,
producendo temi, poesie e video, rinno-
vano la memoria di chi si è sacrificato in
nome di un ideale; quest’anno c’è stata
una novità... Continua a pag. 2
PINO MANIACI,
UN UOMO
RICCARDO CALDARERA V D
N
on è poi tanto difficile abbandonar-
si alla retorica. In fondo basta pren-
dere un po’ di parole importanti, di
quelle che nei discorsi dei politici fanno par-
tire gli applausi, metterle insieme, e quando
si è in tanti urlare: “La mafia fa schifo” oppure
“Le vostre idee non moriranno mai”. Certo,
è più che lecito e doveroso ricordare SEM-
PRE, non solo negli anniversari di stragi, chi
ha dato la vita per la legalità, per il rispetto,
per la democrazia. Per noi insomma, perché
anche se può sembrare metaforico o idea-
lista, la vita c’è chi l’ha persa per noi. E po-
tremmo continuare ad elencare tutti i morti
ammazzati dalla mafia nel corso degli anni,
da Notarbartolo a Puglisi, e urlare all’indi-
gnazione, a sfilare in cortei simbolicamente
importanti, moralmente doverosi. Ma la no-
stra generazione, è pronta per la concretezza?
La mafia esiste eccome, meno tangibile for-
se, ma più radicata grazie ai riscontri politici.
C’è ancora qualcuno che sarebbe pronto a
cantare “I cento passi” nelle giornate com-
memorative, e nelle altre di giornate urlare
agli stessi mafiosi, quanto siano p.d.m.? I 30
anni di mediaset, il materialismo, l’egoismo,
il qualunquismo, lasceranno spazio alla lotta
vera e proprio nei confronti del crimine or-
ganizzato? O ci fagociteranno, succhiandoci
il senso civico fino al midollo, rendendoci
inermi, frustrati ma contenti? Probabilmen-
te questi punti di domanda si risolveranno in
futuro prossimo. Rimaniamo nel presente,
per adesso. Continua a pag. 3
EDITORIALE
GIULIA CATALISANO V B
Anche quest’anno siamo ar-
rivati a giugno con la nostra
ultima e faticosissima edizione
di ObbiettivaMente. Per me,
salvo imprevisti, sarà l’ultima
edizione in assoluto e quindi in
queste poche righe vorrei rivol-
gere delle semplici parole a tut-
ta la redazione. In questi ultimi
anni abbiamo lavorato molto,
a partire dalla grafica, comple-
tamente rinnovata e alla quale
ogni impaginatore ha apporta-
to la propria impronta creati-
va, e per finire con gli articoli
stessi, che hanno assunto uno
spessore ed un interesse sempre
maggiore. Siamo cresciuti tutti
e abbiamo imparato a lavora-
re, oserei dire, come una vera
redazione. Ho molta fiducia
in ciò che accadrà nei prossi-
mi anni perché conosco tutti
voi e so che dopo tanto lavo-
ro e magari qualche notte in-
sonne, ObbiettivaMente non
è più soltanto un giornale, ma
soprattutto un gruppo di ra-
gazzi che comunicano fra loro,
pensano, riflettono insieme,
si consigliano a vicenda e poi,
soltanto dopo tutto ciò, ini-
ziano a scrivere. Permettetemi
di ringraziarvi per tutto quello
che mi avete insegnato tutti in
questi ultimi tre anni. In bocca
al lupo ragazzi e ricordate che il
giornale deve essere un mezzo
di espressione per tutti gli stu-
denti della scuola, non importa
se di primo o di quinto anno.
Tutti devono poter trovare uno
spazio dove dire quel che pen-
sano.
VII EDIZIONE DEL“PREMIO LIBERO
GRASSI”
ALFREDO CHIODI III E
VITA SCOLASTICA
2
PINO MANIACI, UN UOMO
ATTUALITÀ E CULTURA
3
RICCARDO CALDARERA V D
Il 10 gennaio 1991 il Giornale di
Sicilia riportava sulla prima pagina
una lettera rivolta ad un “caro estor-
tore” in cui un imprenditore spiega-
va ai mafiosi di non essere disposto
a pagare il pizzo e che non avrebbe
svenduto la propria dignità; dopo tre
mesi Santoro lo invita alla trasmis-
sione televisiva Samarcanda, dove,
di fronte a tutta l’Italia, l’autore della
lettera ribadisce di aver costruito la
sua impresa con impegno ed onestà,
e che nessuno, al di fuori di lui e dei
suoi dipendenti, ha il diritto di trarne
profitto. È un concetto semplice da
comprendere, eppure questo impren-
ditore ricevette sostegno solo da parte
della famiglia e da pochissimi amici e
fu lasciato solo dall’omertà degli altri
imprenditori e dallo Stato. La triste
conseguenza: il 29 agosto del 1991 i
telegiornali parlavano dell’assassinio
di Libero Grassi.
Oggi fortunatamente non è più così;
esistono leggi contro il racket e grazie
alle associazioni antimafia si può de-
nunciare il pizzo senza perdere la vita.
Tra queste associazioni vi è Solidaria,
che nel 2004 ha istituito il “Premio
Libero Grassi”. Si tratta di un concor-
so per ragazzi che, producendo temi,
poesie e video, rinnovano la memoria
di chi si è sacrificato in nome di un
ideale; quest’anno c’è stata una novi-
tà: Gli studenti sono stati invitati ad
adottare ed interpretare un articolo
della Costituzione, accompagnati da
un lavoro da loro creato sul suo signi-
ficato.
La mia classe, la III E, è stata invitata
da Solidaria (essendo io nipote di Li-
bero Grassi) ad assistere alla premia-
zione della VII edizione che si è svol-
ta nell’aula magna “Paolo Borsellino”
del liceo Meli venerdì 25 maggio.
La mattina si è aperta con il saluto
di Giuseppe Verde, professore di di-
ritto costituzionale, e con il discorso
di Salvatore Cernigliaro, ideatore del
concorso, che hanno ricordato l’im-
portanza della nostra Costituzione
riportando alla memoria chi ha dato
la vita per difendere i valori che essa
rappresenta. Subito dopo ha avuto
inizio lo spettacolo “La diritta via” di
Giuliano Turone, (magistrato in pen-
sione che ha il merito di essere stato
il primo ad occuparsi di “mani puli-
te”), accompagnato col pianoforte da
Mirko Lodedo. Durante questo mo-
nologo Turone fa riflettere su quan-
to sia valida la Costituzione Italiana,
che tutela il lavoro, dando così una
speranza a genti di altre nazioni che
di speranza non ne hanno più, spinti
in Italia da quel desiderio di libertà
garantito proprio dalle nostre leggi.
La nostra Costituzione è capace di di-
fendere queste persone dalla brutalità
del razzismo e delle guerre civili che
distruggono i loro paesi d’origine, è
capace di difendere noi cittadini ita-
liani da gente che fa politica con il de-
siderio di negarci la libertà di parlare,
ed è capace di difendere se stessa da
uomini potenti che più volte hanno
cercato di modificarla. Tuttavia, se la
popolazione si lascia corrompere dal-
la criminalità, come spesso accade,
la sovranità cessa di appartenere al
popolo: in Italia la diritta via è stata
smarrita. Il magistrato-attore recita
la prima terzina della Divina Com-
media tradotta in diverse lingue da
vari immigrati e poeti, con l’intento
di far capire che, come fa Dante nel
suo viaggio raccontato nella “Divina
Commedia”, anche noi dobbiamo
liberarci dai peccati che compro-
mettono i nostri diritti. Lo spetta-
colo risulta interessante anche grazie
all’abilità dell’autore di modificarne
il testo a seconda della situazione
politica, economica e sociale in cui
riversa lo Stato; avendo già assistito
a “la diritta via” precedentemente in
un periodo diverso posso assicurare
che viene reso sempre molto attuale.
A seguire si è tenuta la premiazione
vera e propria, in cui i membri del-
la famiglia Grassi, alcune autorità e
altri componenti della giuria hanno
chiamato sul palco gli autori dei la-
vori migliori per conferirgli il premio
e per dargli occasione di dire qualche
parola al pubblico. Mi rende felice ve-
dere come la memoria di mio nonno
venga rinnovata ogni anno, e spero di
vedere lavori interessanti come quelli
di quest’anno anche per l’VIII edizio-
ne, con ulteriore partecipazione da
parte del Liceo Cannizzaro.
N
on è poi tanto difficile abbandonarsi alla reto-
rica. In fondo basta prendere un po’ di parole
importanti, di quelle che nei discorsi dei politici
fanno partire gli applausi, metterle insieme, e quando si è
in tanti urlare: “La mafia fa schifo” oppure “Le vostre idee
non moriranno mai”. Certo, è più che lecito e doveroso
ricordare SEMPRE, non solo negli anniversari di stragi,
chi ha dato la vita per la legalità, per il rispetto, per la de-
mocrazia. Per noi insomma, perché anche se può sembra-
re metaforico o idealista, la vita c’è chi l’ha persa per noi.
E potremmo continuare ad elencare tutti i morti ammaz-
zati dalla mafia nel corso degli anni, da Notarbartolo a
Puglisi, e urlare all’indignazione, a sfilare in cortei simbo-
licamente importanti, moralmente doverosi. Ma la nostra
generazione, è pronta per la concretezza? La mafia esiste
eccome, meno tangibile forse, ma più radicata grazie ai
riscontri politici. C’è ancora qualcuno che sarebbe pronto
a cantare “I cento passi” nelle giornate commemorative,
e nelle altre di giornate urlare agli stessi mafiosi, quanto
siano p.d.m.? I 30 anni di mediaset, il materialismo, l’e-
goismo, il qualunquismo, lasceranno spazio alla lotta vera
e proprio nei confronti del crimine organizzato? O ci fa-
gociteranno, succhiandoci il senso civico fino al midollo,
rendendoci inermi, frustrati ma contenti? Probabilmente
questi punti di domanda si risolveranno in futuro prossi-
mo. Rimaniamo nel presente, per adesso.
Vi starete chiedendo forse, cosa voglia dire la sigla “p.d.m.”
che ho utilizzato poco fa. E’ una sorta di cavallo di batta-
glia, è una sigla, per motivi di censura, ma che spesso tro-
va voce senza alcun abbreviazione, e se posso permetter-
mi, l’acronimo si concretizza nella frase “Pezzi Di Merda”.
E’ una delle invettive che sta più a cuore, a un Uomo con
la “u” maiuscola, che risponde al nome di Pino Maniaci.
Ex imprenditore edile, nel 1999 Pino Maniaci diventa
direttore di una piccola emittente televisiva molto parti-
colare: Telejato. Ne è il direttore e anche conduttore, in-
sieme alla giovane figlia Letizia, promessa del giornalismo
di professione. Collabora, tra gli altri, anche con Salvo
Vitale, a suo tempo ex conduttore di Radio Aut con Pep-
pino Impastato. Essendo Telejato una piccola emittente,
le zone che essa copre sono le seguenti: San Giuseppe
Jato, Partinico, Alcamo, Corleone, Cinisi, Castellammare
del Golfo, Montelepre.
Sono zone in cui la criminalità organizzata è davvero mol-
to radicata, in cui spesso e volentieri dominano l’omertà
e la negligenza. Pino Maniaci, con incredibile coraggio
(o come preferisce dire lui, incoscienza), denuncia i mali
legati alle Mafie, fa nomi e cognomi ormai da anni, e col
tempo è diventato tanto un’icona della legalità, tra chi, a
questa, ci crede ancora; tanto un personaggio scomodo,
tra chi, nella criminalità organizzata, si sente costante-
mente minacciato.
Innumerevoli sono le intimidazioni che Maniaci riceve co-
stantemente, sia di morte nei suoi confronti che della sua
famiglia. Ma lui imperterrito ha sempre continuato senza
lasciarsi intimidire, neanche dopo il misterioso incendio
della sua macchina nel luglio 2008. Neanche dopo essere
stato massacrato di botte. Addirittura neanche dopo aver
subito un tentato omicidio da parte di Michele Vitale,
figlio del boss Vito Vitale, nel gennaio del 2008.
Certo, alla sua famiglia ha pestato tanto i piedi, come a
moltissime altre famiglie che nella “merda”, come direbbe
Lui, ci sguazzano.
4
ELEZIONI FRANCIA 2012:“MONSIEUR
NORMAL”BATTE SARKOZY
5
ALESSANDRO DI SALVO III O
Come se non bastasse, Maniaci è stato addirittura que-
relato centinaia di volte, e tra le querele, quella che lo ha
messo più in difficoltà è la denuncia per indebito eserci-
zio della professione di giornalista, non essendo iscritto
all’albo dei giornalisti. Lui non è un giornalista! Sarebbe
riduttivo, e se dobbiamo fare di tutta l’erba un fascio, an-
che offensivo definirlo giornalista. Insomma, messo alle
strette dalla giustizia, corrotta, e dalla mafia, ne è sempre
uscito con fiera dignità e con onore.
Non deve essere facile mettere l’anima per i sordi e i cie-
chi, mettere a repentaglio la vita di chi si ama (tra cui il
figlio minore, che in occasione del matrimonio della figlia
di Riina andò a filmare la cerimonia, per testimoniare che
la rinomata povertà della famiglia, era in realtà lussureg-
giante ricchezza), e mettere a repentaglio anche la propria
stessa vita. Lui lo fa, forse ancora per poco però: come ben
sappiamo l’Italia intera sta passando al digitale terrestre
(Grazie Silvio). Dopo aver fatto diverse volte richiesta di
essere incluso nel passaggio, e aver ricevuto solo risposte
negative, il destino di Telejato è tanto ovvio quanto ormai
segnato: Pino Maniaci dovrà chiudere l’attività. Si ritro-
verà solo, e nessuno sa come possa veramente tirare avanti
senza l’appoggio di chi lo seguiva, lo aiutava, testimoniava
e proteggeva. Non deve rimanere solo, ed è anche questo
l’obbiettivo di noi ragazzi. Dobbiamo ricordare sì, chi è
morto per noi, ma ricordarci che c’è ancora chi rischia
la vita, e cercare in tutti i modi di tutelare questa gente,
che passa sempre più inosservata, nel nome del futile e
del semplice. Un eroe non è semplicemente un martire,
e non diventa tale soltanto dopo essere stato ammazzato.
Un eroe è anche, e soprattutto, chi in vita pure andando a
fare la spesa rischia di ritrovarsi riverso per terra, con due
pallottole ficcate nel cranio, ma continua per la sua strada
speranzoso che le cose possano cambiare, concretizzando
le sue idee, dando voce alla vera giustizia.
I
l 6 maggio 2012 si sono svolte al
secondo turno le elezioni presi-
denziali in Francia, con la vittoria
di François Hollande che ha riporta-
to dopo 17 anni un socialista all’Eli-
seo. Il nuovo Presidente della Quinta
Repubblica francese si è attribuito il
titolo di “Monsieur normal” per pre-
sentarsi come l’esatto contrario di Ni-
colas Sarkozy.
Figlio di un medico con idee di estre-
ma destra, è cresciuto nella Parigi be-
nestante, ha frequentato grandi scuole
come l’École nationale d’administra-
tion (Scuola nazionale di amministra-
zione, ENA), che sforna da anni pre-
sidenti e primi ministri. Molto presto
ha frequentato la Parigi politica de-
buttando nella corte socialista dell’E-
liseo, ai tempi di François Mitterand.
Grazie alla “caduta” di stile di Strauss-
Kahn ( che in una stanza di hotel di
New York avrebbe consumato uno
stupro nei confronti di una cameriera
africana), considerato il candidato so-
cialista ideale per sconfiggere Nicolas
Sarkozy, Hollande a 57 anni ha vinto
le Primarie ed è divenuto il candida-
to che più della metà della Francia
ha votato alle Elezioni Presidenziali,
ripudiando e scrollandosi di dosso
Sarkozy che, con dignità, ha telefo-
nato a Hollande per complimentarsi.
Hollande si propone di essere “Mon-
sieur normal”, un presidente più alla
mano, più semplice e meno arrogante
nei confronti del governo, del Par-
lamento e della magistratura. Sarà
meno egocentrico del predecessore
che sfilava nelle pagine dei rotocalchi
rosa. Consulterà le parti sociali che
Sarkozy considerava fastidiose e darà
agli stranieri che pagano le tasse e ri-
siedono da anni in Francia, il diritto
di voto nelle elezioni amministrative.
E’ per il matrimonio tra omosessuali e
per l’adozione di bambini da parte di
una coppia dello stesso sesso. Favori-
rà inoltre l’uguaglianza uomo-donna,
in particolare per quel che riguarda le
retribuzione nelle aziende. Sul piano
fiscale si propone di portare al 75%
l’imposta sui redditi superiori al mi-
lione di euro all’anno. Subito dopo
la proclamazione del 10 maggio, da
parte del Consiglio costituzionale,
François Hollande dovrà affrontare
la prima prova dei mercati con la
cancelliera tedesca Angela Merkel.
Il primo viaggio all’estero avrà come
destinazione Berlino, dove il neo
presidente proporrà di aggiungere o
di affiancare al Trattato di stabilità
(Fiscal compact) un capitolo riguar-
dante la crescita e, per quanto ri-
guarda i rapporti con le altre capitali
europee, Hollande, pur mantenen-
do l’intesa franco-tedesca, vuole al-
largare il cerchio. Infatti è previsto un
viaggio a Roma e oltre al G8 a Camp
David, il vertice della Nato a Chica-
go, dove annuncerà il ritiro entro un
anno delle truppe francesi dall’Afgha-
nistan.
François Hollande è stato criticato,
anche tra i socialisti, perchè troppo
gioviale, abile nell’intrattenere ami-
che e amici ma incapace di sostenere
con fermezza le posizioni e persino
perchè troppo piccolo e un pò paffu-
tello. Ma “Monsieur normal” ha of-
ferto proprio questa immagine al po-
polo francese con la semplicità che si
propone di imporre alla sua carica di
Presidente della Repubblica francese.
Buona fortuna Presidente!
“Noi andiamo avanti, tranquillamente, loro lo sanno: se mi
devono fermare, se hanno le palle, mi devono sparare!”
Pino Maniaci
ATTUALITÀ E CULTURAATTUALITÀ E CULTURA
USA, IL PAESE DOVE I DINOSAURI NON
POSSONO BALLARE NELLA SCUOLE
DANIELE PISCITELLO VB
6
KONY 2012
7
MANFREDI LAGUARDIA II
U
n povero dinosauro, per il suo compleanno, de-
cise di ballare.
Ecco un tipico esempio di una frase che, da
quest’anno, non potreste mai vedere su un libro scolastico
Americano, anche se a dire il vero sarebbe difficile trovarla
anche in uno nostro di libro, data la sua totale mancanza
di senso...
Ma quale è il grave pericolo che si cela dietro un semplice
frase come quella, tanto da farle meritare la censura alla
vista di milioni di studenti?
Semplice, le parole che la compongono. In un paese dove
il fondamentalismo religioso la fa da padrone, infatti, al-
cune cose si teme potrebbero urtare la sensibilità dei pic-
coli scolari.
Bandita la parola “Dinosauro”, i creazionisti potrebbero
lamentarsi che si tenta di convertire i propri pargoletti a
credere nei lucertoloni verdi; vietato il termine “Hallowe-
en”, festa pagana e oscura; impossibile parlare di “com-
pleanno”, i testimoni di Geova non lo festeggiano e po-
trebbero offendersi; lo stesso trattamento per “sigarette”
e “ballo” che potrebbero far venire in mente strane idee
ai ragazzi più puritani; per non parlare delle parole “po-
vertà” e “divorzio” accusate di far cadere in depressione i
bambini i cui genitori siano rispettivamente disoccupati
o separati.
E, come se non bastasse, rimarranno completamente
oscurati addirittura interi eventi storici importantissimi
quali la schiavitù, con la scusa per cui, i bambini afroame-
ricani potrebbero offendersi.
Ma se sono proprio le parole più dure, quelle più difficili
da accettare, quelle che ci possono portare a uno scon-
tro di opinione con i nostri stessi coetanei, a scomparire,
come è possibile costruirsi delle proprie opinioni sui temi
più importanti?
E’ proprio questo quello che contestano studiosi e peda-
goghi, il “politicamente corretto”, tipico simbolo dell’ipo-
crisia del nostro tempo, non si può permettere di entrare
anche nelle scuole, sono già sufficienti i bidelli che sono
diventati “personale ATA” e i cechi che sono diventati
“non vedenti”, caso mai si offendessero a essere chiamati
con il proprio nome.
Ma le parole bandite in America non si fermano a quelle
elencate qua, sono più di 50 quelle che quest’anno sono
state aggiunte all’elenco e tutte, ne fanno parte, sempre
per via di una mentalità chiusa considerante tutto ciò che
è nuovo e diverso come necessariamente malvagio, esat-
tamente la stessa mentalità che si rischia di andare a co-
struire nella menti dei giovani ragazzi a cui viene negata la
possibilità di discutere e affrontare i problemi delle società
nascondendoli sotto il tappeto con la scusa di possibili
risentimenti da parte di chi ne è vittima. Continuando
per questa via, sarà sempre più difficile vedere qualcuno
pensare differentemente dallo status quo.
N
ella prima metà dello scorso Marzo è diventa-
to famoso il video “Kony 2012”, della durata di
circa mezz’ora, dove un giornalista americano,
Jason Russel, spiega cosa fa, chi è, e qual è il suo obiettivo.
Jason Russel nel 2003 ha creato l’organizzazione no-profit
Invisible Children, il cui scopo è di diffondere consape-
volezza sui crimini del gruppo di guerriglieri ribelli LRA
guidato da Joseph Kony in Uganda e in Sudan.
Ma chi è Joseph Kony? Joseph Kony è il capo del movi-
mento LRA (Lord’s Resistance Army), un gruppo di ribel-
li formato da bambini soldato, rapiti dalle loro famiglie e
costretti ad atti inumani come uccidere i propri genito-
ri o mutilare loro i volti. Le femmine, invece, sono ses-
sualmente sfruttate. Nel 2005 Kony fu condannato dalla
Corte Penale Internazionale per omicidio, prostituzione,
riduzione in schiavitù, schiavismo sessuale, induzione allo
stupro, stupro, maltrattamenti e attacchi ai civili, saccheg-
gio, rapimento e sfruttamento minorile, ma nondimeno
riuscì ad evitare la cattura e fino ad oggi non è ancora
stato catturato. Invisible Children dal momento della sua
fondazione ha cercato un modo per fermare a tutti i costi
Joseph Kony, ma c’era un unico problema: quasi nessuno
sapeva chi fosse o cosa avesse fatto J. Kony. Cosi Invisi-
ble Children iniziò a “fare pubblicità” a Kony: in tutti gli
Stati Uniti i collaboratori di Invisible Children, tramite
assemblee e manifestazioni, iniziarono questa “campagna
pubblicitaria” di informazione e sensibilizzazione dell’o-
pinione pubblica. Il governo degli Stati Uniti decise, cosi,
di mandare in Uganda il suo supporto militare all’esercito
locale per la cattura di J.Kony, ma questo aiuto fu vano,
cosi iniziarono a ritirare le truppe, poiché questo inter-
vento non portava interesse agli Stati Uniti, e continuare
a tenere i militari là, in Uganda, sarebbe stato inutile, ma
se fosse stato l’intero popolo americano a chiedere que-
sto intervento, il governo non poteva far finta di niente.
Sucessivamente, Invisible Children si è posto l’obiettivo
di riuscire a catturare Kony entro la fine del 2012, e cosi
a Marzo è stato caricato il noto filmato “Kony 2012” su
internet, che grazie ai social network ha fatto il giro del
mondo diventando famoso. Questo video promuove il
movimento STOP KONY, dove molte celebrità come
Bill Gates, Rihanna, George Clooney e tante altre hanno
annunciato il loro pieno appoggio. Nella notte tra il 20
e il 21 aprile 2012 sono stati attaccati in tutto il mon-
do numerosi volantini e cartelloni con il volto di Kony, e
tramite il sito www.kony2012.com è possibile acquistare
“l’action kit”, un kit contenente una maglietta con il logo
di STOP KONY, due braccialetti, spille, adesivi e poster,
il ricavato è destinato al fondo del movimento, affinché
i militari alla ricerca di J.Kony ricevano il giusto equi-
paggiamento. Nelle settimane successive di marzo, però
iniziarono a girare voci che Kony 2012, in realtà, è tutta
una bufala, che Invisible Children ha manipolato i fatti
a scopo tragico, esagerando con i numeri dei rapimenti e
degli omicidi da parte del LRA, facendo passare J.Kony
come un uomo molto più brutale e crudele di quanto
sia già e giocando con le date. Molto strano è che quasi
nessuno, azzarderei un 90% della popolazione mondiale,
conosceva J.Kony prima di vedere i 29 minuti del video
Kony 2012, e che il suo boom, aiutato anche dalle celebri-
tà, abbia trasformato questa campagna in una pubblicità
in stile Hollywood. Personalmente, penso sia normalis-
simo dubitare di un’organizzazione che promuove una
campagna pubblicitaria finalizzata alla richiesta di soldi
per una giusta causa, perché è già accaduto che organiz-
zazioni apparentemente no profit siano fuggite con i soldi
raccolti, tuttavia mi sembra veramente stupido iniziare a
polemizzare su qualunque cosa, a cercare il pelo nell’uo-
vo e iniziare a contestare tutto: navigando su internet ho
trovato persone che pensano che tutto ciò sia una falsità
per motivi veramente stupidi, sono rimasto scioccato di
come le persone si fermano su ogni minima cosa per ren-
derla un caso di stato. Certo è che il problema comunque
esiste in quei luoghi ove il grado culturale, l’evoluzione ed
una condizione di vita tutt’altro che semplice, non fanno
che amplificare gli eccessi ed il degrado. Perché spesso ciò
aberra il lume della ragione: e come disse il grande Goya
“il sonno della ragione genera mostri”.
ATTUALITÀ E CULTURA ATTUALITÀ E CULTURA
‘’FREUDAZIONE’’DEI SOGNI
GASPARE IPPOLITO II B
8
ANIMA NERA
9
ANONIMO
M
olti cercano di interpretare i sogni assurdi che
la nostra mente perversa ci ‘’propone’’. Il sogno
è un fenomeno strettamente legato all’apparato
psichico e si manifesta con una sequenza di immagini e di
suoni che alla nostra apparenza sembrerebbero reali. Così
reali che al nostro risveglio pensiamo che siano accaduti
realmente. L’Oniromanzia è la scienza che cerca di inter-
pretare i sogni delle persone. Però la questione è così com-
plicata e surreale che quasi quasi non potremmo chiamar-
la ‘’scienza’’, ma più semplicemente ‘’arte’’ di interpretare
i sogni. Sigmund Freud ha dedicato gran parte dei suoi
studi sull’interpretazione dei sogni e di come l’inconscio,
chiamato solitamente subconscio, possa influenzare i so-
gni. L’inconscio è importantissimo per interpretare i pro-
pri sogni! è come se fosse una specie di ‘’ragione’’ che non
è controllabile razionalmente. E’ l’insieme di esperienze,
paure ed emozioni di cui il soggetto non ha conoscenza.
Perciò un sogno può contenere delle verità nascoste che
non avremmo mai potuto sapere. Questo è il pilastro su
cui si basa la teoria di Freud. Non è difficilissimo interpre-
tare i sogni. Gli uomini sognano ciò che fanno durante il
giorno e quello che interessa loro la mente mentre sono
svegli.
Freud infatti ipotizza che un sogno possa trarre origine
spesso da residui psichici diurni, ovvero da elementi ed
impressioni indifferenti e che tali residui si possano iden-
tificare in un sogno poiché sono desiderati dall’inconscio.
La cosa divertente è che potremmo riuscire a riporta-
re ogni elemento del nostro sogno a qualche pensiero o
immagine percepita nell’arco della giornata. A volte però
il nostro organismo durante la notte percepisce stimoli
esterni facendone parte integrante dei sogni. Quindi non
necessariamente potremmo riuscire a ricollegare ogni ele-
mento alla vita reale.
Generalmente i sogni permettono anche alle parti repres-
se della mente di poter essere soddisfatte con la fantasia,
mentre tiene la mente lontana da pensieri che causereb-
bero un risveglio improvviso. Un tipo di sogno ricorrente
è chiamato ‘’ lucido ’’. In questo sogno il soggetto prende
coscienza del fatto che si è in un sogno e quindi manipola
a piacimento gli oggetti e le cose che lo circondano. Per
esempio quando mi capita cerco di cambiare il destino
della mia storia ‘’ surreale ‘’, tornando addirittura indietro
nel tempo!
Ma sicuramente il sogno più interessante è l’incubo. Sono
sicuro che almeno una volta nella vita tutti abbiamo avuto
gli incubi, che sono molto più rivelatori dei sogni norma-
li. Gli incubi sono generalmente la manifestazione della
rinnegazione di noi stessi. Quindi tutto ciò di cui ci ver-
gogniamo, tutto ciò da cui ci siamo voluti allontanare per
nostra volontà si manifesta in un incubo. L’incubo quindi
non necessariamente deve essere una forma negativa pro-
prio perché potremmo utilizzarla come una specie di ana-
lisi interiore. Tutto ciò che richiama il suo spazio e la sua
attenzione nel subconscio si trasforma in sogno o incubo
che può essere risolto riportando alla luce ciò che siamo
ma che non vogliamo essere.
L’aspetto intrigante della scienza della psicoanalisi e
dell’interpretazione dei sogni è proprio poter riuscire ad
identificare e conoscere le paure, le esperienze e le emo-
zioni delle persone. Non fidatevi dell’interpretazione dei
sogni come se fossero delle rivelazioni di numeri al Supe-
renalotto, sono semplicemente truffe poiché come avrete
capito i sogni avvengono solo dentro la nostra testa, e non
da illuminazioni profetiche esterne.
nascondendoli sotto il tappeto con la scusa di possibili
risentimenti da parte di chi ne è vittima. Continuando
per questa via, sarà sempre più difficile vedere qualcuno
pensare differentemente dallo status quo.
ATTUALITÀ E CULTURA PENSIERI E PAROLE
“Il sogno è incoerente, riunisce senza
esitazione le più grosse contraddizioni,
ammette cose impossibili, trascura le
nostre cognizioni, così importanti
durante il giorno, ci fa apparire
eticamente e moralmente ottusi.”
S. Freud
BAROCCA LUCE
Svestito dell’abito mortale
Percorri il sentiero della selva serale
In una notte buia
Senza stelle e senza vita
Con l’unica, pallida, luce del globo
Argenteo
Tale luce irradia tutto il mondo
Ma tu, che sei sotto le arboree coperte
Ti senti protetto
Da tanta magnificenza
Ma non creder che su di te
Non cada prezioso gesto
Della signora notturna
Le foglie, figlie della terra,
Ti ricopron non tutto dal suo bianco seme
Ma sulla tua pelle
Come in una cattedrale barocca
Si disegnano ghirigori
Di luce e di morte.
MANFREDI MARINO V E
BAROCCA LUCE
Forse, magari
è essendo soli,
che i nostri sogni
deflagrano,
come tramonti di cuore.
Forse,
è come la noia,
le nostre riflessioni,
la nostra calma,
allorquando
chiuderemo gli occhi.
In solitudine.
Forse,
è perche siamo
delle carogne,
che celebriamo,
le nostre cadenze
d’Amore
e paranoia. Grigia.
Forse,
è per paranoia,
o per individualità,
che usiamo vestirci
di mare.
Forse,
è per il tempo
di biasimarmi,
che già l’ ho perso,
il cinguettio degli uccelli,
ed il vento frondoso.
Forse,
se sono solo
al Crepuscolo,
è perchè
sto morendo.
Dentro.
Forse,
ho poco tempo,
o sono passivamente interrotto.
Forse il tutto,
mi sta cadendo dal cielo.
Per seppellirmi.
MILAZZO EMANUELE I C
Cupo.
Nero velluto soffoca ogni cosa.
Solo una massa nel racchiuso spazio infinito.
Una catena di stretti nodi tumultuosi, formicolanti: sembra che si allentino,
si stringono.
Catrame cola.
Eppure la sua resinosa densità lo lega,
nodo per nodo.
Al centro un nucleo vitale: luce!
È la felicità, forza propulsiva che esplode verso l’esterno,
si fa spazio fra la fitta maglia;
luce nel mio sentiero.
Passa l’istante, si affievolisce,
si spegne.
Ciò che resta è dolore, logorante, che ti invade pesante come gocce di catrame;
che non ti permette di respirare, soffocandoti con i suoi nodi
ogni secondo che vivi.
pensieri e parole
10
pensieri e parole
11
Q
uella notte era talmente buia, che mai prima d’allo-
ra ne vidi una così tenebrosa e inquietante.
O forse, più semplicemente, non prestai mai molta
attenzione al cielo notturno. Sempre immerso nelle letture
più disparate com’ero, intento a cercar di soggiogare l’ine-
sorabilità del tempo, l’unica luce che illuminava i miei da
fare era quella dell’abatjour sul tavolino accanto la poltrona.
Eppure la poltrona era adiacente alla finestra, sempre spalan-
cata nelle tiepide serate di giugno, incorniciata da una sottile
tenda di seta blu danzante, come festosa, accarezzata dagli
sporadici soffi di vento e dalla brezza estiva.
Ma questa volta alzai gli occhi oltre le persiane aperte in
cerca della luna. Chissà dov’era finita. Scrutavo più volte ,
distrattamente, ogni singolo angolo di cielo che la ristret-
ta visuale della finestra mi dava la possibilità di osservare.
Sovrappensiero, sembrava stessi aspettando che il satellite
uscisse fuori dal nascondiglio che si era trovato tra gli alberi
per prendere in giro le mie scarse abilità d’osservatore.
Invece no, proprio non c’era.
E le stelle, solitamente così numerose e vanitose, non tro-
vavano neanch’esse spazio in quel buio immenso che era la
volta celeste quella notte. Sembrava fossero state inghiottite
dall’oscurità. Forse un buco nero gigantesco, a milioni di
anni luce di distanza , le aveva inglobate tutte annullandone
la proverbiale luminescenza. O forse, povere, stanche di bril-
lare si sono spente qualche minuto per riposarsi.
Non dev’essere facile essere una stella d’altronde. Così gran-
de, calda e luminosa, ma spodestata quotidianamente dalla
luce riflessa di quel grande ammasso roccioso che è luna.
Questa, come una prima donna, grande ereditiera ma di
scarso talento e doti, entra in scena orgogliosa del suo alone
misterioso e poetico, che tante penne ha guidato nel corso
della storia. Tante penne affascinate dalla sua signorilità, e
dalla sua evanescenza, dal suo candore e dalla sua misticità.
E le stelle, così lontane, non sono altro che minuscoli bu-
chi nella tela del cielo, nel palcoscenico della Prima Donna.
Ospiti indesiderati.
Continuavo a osservare la notte, ma senza ambizioni.
-Forse le stelle l’hanno ammutinata- dissi tra me e me, sorri-
dendo flebilmente. Così capaci, ma così orgogliose, sopraf-
fatte dal tenore della luna, l’avevano rapita, condannandoci
a notti avulse di poesia, costellate da un monotono morbillo
di luce.
- Speriamo non chiedano il riscatto, devo ancora finire di
pagare il mutuo della casa – pensai.
Sovrappensiero, mi alzai ostentando fatica, data la mia, ose-
rei dire, veneranda età, e, adagiato con cura il classico Sve-
viano sul tavolino, mi diressi verso la cucina.
Il mio era un appartamento piccolo. Il palazzo si trovava
in periferia, e affacciava su di un boschetto sempre verde.
Anche l’arredamento era scialbo. Avevo portato con me,
dopo la morte della mia sposa, soltanto lo stretto indispen-
sabile per ritirarmi in solitudine, nell’attesa che il destino
staccasse anche il mio fiore dal prato della vita: una poltrona,
due sedie, un letto singolo, una grande libreria, un tappeto
persiano (di inestimabile valore affettivo, appartenuto a suo
tempo a mia mamma, morta nel regalarmi la vita). Più pochi
altri oggetti che mi resi conto non essere così importanti,
come un grosso tavolo in legno massiccio, forse mogano,
appartenuto a mio padre; un comodino secentesco, ma di
dubbio valore; e soprattutto uno specchio. Un grande spec-
chio, nella cui cornice in legno, era intagliata una fantasia
floreale, come a voler trasmettere buon umore a chi, veden-
do il riflesso di un uomo appassito, deturpato dalle rughe,
buon umore non ha più.
Avrei voluto portare un figlio con me, ma nel rispetto della
vita, non ne misi mai al mondo. Avrebbe sofferto
la fame, per una semplice libido di egoismo di un uomo
inutile, quale sono e quale sono sempre stato.
La cucina, angusta ma paradossalmente accogliente, era sede
dell’unico mio acquisto: un frigorifero, nuovo modello, plu-
riaccessoriato. Come se per tenere freschi i cibi ci volessero
più accessori…
Arrivai lì, davanti il frigo, trascinando i piedi, costretti sotto
il peso di una schiena sempre più magra ma sempre più gre-
ve. Lo aprii. Non sapevo neanche io cosa stessi cercando, ma
rimasi piacevolmente soddisfatto da ciò che vi trovai e che,
inconsciamente, mi aspettavo di trovare.
Uno scolapasta rosso gremiva di insalata, ormai ammuffita ai
bordi marroni, che sapevo da giorni non avrebbero toccato
le mie labbra secche e sottili. Lì accanto, accatastate come
vecchie cianfrusaglie nella bottega di un fabbro in pensione,
altre verdure: carote, zucchine, pomodori... Soltanto il mar-
rone della muffa rovinava lo spettacolo cromatico che offriva
quel melange vegetariano.
Chissà da quanti giorni non mangiavo. Ma fame non ne
avevo di certo.
Ed eccola: nascosta, vibrante di paura, tra gli ortaggi c’era
lei. Ansimava, e mi guardava terrorizzata, come se si aspet-
tasse l’ennesima violenza: con ansia ma rassegnazione. Tre-
mava in modo talmente violento e spropositato che gli stessi
prodotti vegetali che gli facevano da inerme scudo, più iner-
me di lei, pulsavano come fossero vivi ma morenti, in preda
a folli convulsioni. Le si leggeva il panico negli occhi, e delle
inconsce lacrime le rigavano il viso come intente a scappare
da quei bulbi gonfi, pronti ad esplodere.
Tesi una mano, in modo paterno e amico, ma si mise a urla-
re, come nell timore di essere violentata ancora. O almeno,
forse l’intento era quello di urlare, ma muta, l’unico frutto
dell’estremo sforzo, fu quello di spalancare la bocca inutil-
mente. Dopo qualche secondo, e dopo aver ritirato la mia
mano, si accorse di non riuscire ad emettere alcun suono.
Non aveva il diritto di urlare lei, ma soltanto l’onere di ascol-
tare.
Che peccato; così bella ma così sfortunata.
Ci guardammo ancora per qualche secondo. Tentavo di
rassicurarla, sorridendole. Lei ansimava, come una giovane
donna nell’atto supremo d’amore di dare alla luce un figlio.
Ma non c’era alcun amore; solo paura, panico vero e proprio.
“Cos’è successo, piccola?” le domandai.
Sentendo la mia voce calda e umana, provenire dalla bocca
di me, mostruoso e inquietante, sembrò lì lì per acquietarsi.
Lentamente smise di tremare, e prima di lei le carote, che
non erano state ferme un secondo.
Le lacrime cominciarono a scendere più lentamente, per
inerzia. Forse si sentii protetta, forse mi riconobbe come
“buono” dalla voce, innocuo. In fondo chi più di lei aveva
conosciuti tanti uomini?
Esitava, ma le labbra sussultarono ripetutamente, combat-
tendo la paura che pian piano cedeva il posto ad un’innatu-
rale fiducia, nel tentativo di rispondermi. Voleva risponder-
mi, e l’avrebbe fatto. Paziente aspettai, qualche minuto o
forse qualche ora, questo non lo so.
“Perché lo fate?” esordì “ Perché vi uccidete, vi martoriate,
deturpate le vostre vite, incendiate le case del vostro vicino?
Perché rubate le donne, come fossero oggetti, e assassinate i
vostri simili, colpevoli di reati nati dalla vostra stessa fantasia?
Perché provate un macabro piacere a spogliare della dignità
chi possiede soltanto quella, nel vanto di essere migliori del
prossimo? Perché lo fate? Da millenni vi osservo, e osservo
anche chi come voi, respira e si nutre. Non ho mai visto cani
vendicare un morso uccidendo a sangue freddo famiglie di
altri cani, o rapendo i loro cuccioli. Non ho mai visto leoni
uccidere per divertimento, né ho mai visto pesci sollevarsi su
invisibili piedistalli comandando e alienando chi, come loro,
condivide la stessa acqua.” Colpito dal dovuto stupore, mi
lasciai trascinare sempre più dalla voce così innocente e fru-
strata della mia interlocutrice. Andava a ruota libera, si stava
sfogando e difficilmente riuscivo a starle dietro. Ma capivo.
Capivo benissimo quello che stava cercando di comunicar-
mi. Non era stata violentata, né torturata. Era soltanto stata
spettatrice involontaria della bestialità dell’uomo.
Ma lei era la Luna, e non poteva scappare.
“Perché?! E’ la domanda che vi ponete più spesso questa:
-perché?- . Neanche voi sapete darvi una risposta, e vi arro-
vellate costantemente per trovarla, nella consapevolezza che
non esista, davvero, un perché. Sono stanca, non riesco più
a guardarvi, ostentando forzati sorrisi, regalandovi la luce.
Vivete nell’oscurità, voi e le vostre anime, non avete più bi-
sogno del mio candore.”
La guardai sconfortato negli occhi, ormai nuovamente gonfi
di lacrime. Il suo sguardo mi penetrava con veemenza, come
il proiettile d’un soldato penetra il corpicino di un bambino
vestito soltanto della sua nudità. E attraverso le sue stesse
lacrime vedevo il sangue, più di quanto la televisione me
ne abbia mai fatto vedere. Vedevo stupri, infanticidi, vedevo
denaro, denaro e denaro. L’angoscia mi assaliva. Baudelaire
e Poe niente erano a confronto. Questa era la realtà, e la sua
sofferenza continuava a ricordarmelo, con spietata crudezza
e insensibile sensibilità.
“Luna. Non tornare lassù. Non sei mai stata la bella ere-
ditiera, lo riconosco adesso, non hai deciso tu di sederti in
prima fila, non hai deciso tu che film vedere né che cosa
essere. Forse adesso ho capito chi sei veramente e quanto son
fortunate le stelle, così lontane, così ignare. La tua bellezza
è stata straziata dalla nostra ira, dai nostri impulsi, dalle no-
stre bramosie. La tua poesia è fuggita via col tempo, e con
essa i pochi sognatori che ancora scrivevano di te e per te,
che ti accudivano e ti cullavano tra le loro immense braccia.
Sei sola, costretta tra le sbarre della gabbia dell’infinito, e il
sangue macchia costantemente la tua candida pelle, il tuo
frastagliato suolo.”
Mi guardava fisso negli occhi, stupita di tanta umanità, che
raramente ancor le capitava di notare. Le avevo ridato la
vita, inconsapevolmente. Sbalordita, si scosse ripetutamen-
te, come a riprendere coscienza e mi sorrise.
“Vieni via con me.”
Si voltò ancora sorridente di malinconia, guardando attra-
verso la porta, quella che conduceva al mio studio. Seguii
il suo sguardo e arrestai improvvisamente il mio, sconvolto,
su di me. Ero seduto sulla poltrona, con il classico Sveviano
tra le mani. La testa leggermente inclinata, abbandonata sul
RICCARDO CALDARERA V D
il vecchio e la luna
Le stelle e il loro ciclo vitale
eruzioni solari
SCIENZA E TECNOLOGIA
13
SAMUELE NERI I S
Il sole è la stella, costituita soprattutto da idrogeno ed elio, da cui riceviamo luce e calore. Prima nel mese di genna-
io, poi a marzo, il sole ha emesso grandi quantità di energia, provocando disagi alle comunicazioni via satellite, dato
che un flusso di protoni si stava avvicinando alla terra a una velocità di 7 milioni di chilometri all’ora. Per fortuna
l’eruzione si è calmata in poche ore. L’origine di queste tempeste solari è un brillamento, ossia delle violente emissioni
di energia alle quali si associa un intenso flusso di particelle atomiche. Spesso queste esplosioni avvengono vicine a
macchie solari (aree meno calde, che appaiono perciò di colore più scuro) dove il campo magnetico si contorce fino
a spezzare le proprie linee e ricomporsi nuovamente. L’energia emessa dai brillamenti fuoriesce sottoforma di raggi
X e raggi gamma. Le esplosioni si classificano in 5 classi ( A, B, C, M, X), a seconda dell’intensità, dove ogni classe
è 10 volte più potente della precedente. Qualche settimana fa, si sono riuniti i rappresentanti di oltre 25 tra i paesi
tecnologicamente più avanzati per l’International Living with a Star (ILWS), in Germania, per discutere l’importanza
di sviluppare metodi migliori per le previsioni meteorologiche spaziali. Come si è già detto sopra le esplosioni solari
provocano disagi agli apparecchi tecnologici, quindi un’esplosione più grande di quella del mese di Marzo potrebbe
disturbare a lungo la tecnologia terrestre. Ad esempio, nel 1989, una tempesta solare particolarmente intensa annullò i
segnali di un’intera provincia canadese. Ma in questo periodo il rischio di eruzioni solari è in aumento, di conseguenza
crescono anche le conseguenze per la Terra. In questo momento, il Sole è in una fase di attività crescente, e raggiungerà
il massimo nel 2013, quindi secondo gli esperti l’allarme non cesserà fino alla fine del 2013.
L
a vita milionaria delle stelle è forse uno dei fenomeni più magnifici che esistano nell’universo; potremmo quasi paragonarla
alla vita umana, poiché, come questa, è instabile. Essa ha inizio nelle nebulose molecolari, cioè un luogo in cui si sono
ammassati materiali in grado di dare alla luce una stella partendo dalla formazioni di idrogeno molecolare. Dopo un certo
periodo di tempo, i materiali presenti nella nebulosa collassano sotto l’influenza della loro stessa forza di gravità, dando origine
a una protostella che, in seguito (anche dopo milioni di anni), darà origine a una stella. Il tempo che una nebulosa impiega a
formarsi varia in rapporto alla grandezza del corpo :
•	 Le stelle massicce rimangono nel periodo di collasso per circa un centinaio di migliaia di anni;
•	 Le stelle di dimensioni medie escono dal collasso dopo dieci o quindici milioni di anni ;
•	 Le stelle troppo piccole per innestare le reazioni di fusione nucleare daranno alla luce una nana bruna;
Una volta superato il periodo di collasso arriviamo all’innesto, fase in cui iniziano i processi di fusione nucleare, generalmente
fusioni formate da catene del tipo protone-protone; nelle stelle massicce, invece, le fusioni sono del genere di ciclo CNO (carbon,
nytrogen, oxygen), così la tendenza dell’astro ad espandersi dovuta alle forze create dalle razioni nucleari viene contrastata dalla
tendenza a concentrarsi dovuta alla forza gravitazionale. Entrata in questo processo di stabilità finalmente la stella è nata. Essa per
il 90% della sua vita rimarrà in questa fase di stabilità (sequenza principale) in cui gli atomi di idrogeno si fondono continuamen-
te e danno origine ad atomi di elio. La sua durata dipende dalle dimensioni della stella e dal tempo in cui si esaurisce l’idrogeno
utilizzato per la fusione nucleare. Stelle come le supergiganti o le giganti rosse esauriscono il loro carburante in molto meno tem-
po rispetto alle stelle più piccole che rimangono così per miliardi e miliardi di anni. Inoltre, sono determinanti per la durata della
sequenza principale anche l’intensità del campo magnetico e la quantità di materia espulsa dal vento solare. Arriviamo ora a una
parte molto importante dell’evoluzione stellare, poiché deciderà la sorte della stella che, avendo esaurito l’idrogeno necessario per
alimentare la fusione nucleare , a seconda della sua grandezza, si trasformerà in stelle di diverse caratteristiche:
- Se la stella ha dimensioni minori rispetto a quelle del Sole, darà origine a una nana bianca, astro molto denso che dopo diversi
miliardi di anni si trasformerà in una nana nera;
- Se la stella ha dimensioni medie, simili a quelle del Sole, per prima cosa si avrà una grossa contrazione seguita dall’aumento di
temperatura del nucleo che farà espandere gli strati esterni della stella. A questo punto saranno necessari delle reazioni nucleari
che produrranno molto più calore ed energia (ciclo CNO) e che daranno origine ad una gigante rossa e, successivamente, ad una
nebulosa planetaria;
- Se la stella, invece, ha delle dimensioni che superano di 60 volte quelle del Sole, innanzitutto, attraverso le reazioni nucleari cre-
erà al suo interno quasi tutti gli elementi esistenti nell’universo fino a quelli sempre più pesanti, e in seguito, dopo aver subito un’
implosione ed una forte esplosione chiamata supernova, disperderà i suoi strati esterni in cui erano presenti molti degli elementi
che si sono formati dalle reazioni nucleari, originando un buco nero o, in altri casi, una stella di neutroni.
ANTONIO SCHIFANI I A
pensieri e parole
12
comodo schienale, era rivolta verso la finestra. Ero pallido,
e il petto immobile mi lasciava intuire che ero lì, ma al con-
tempo, non lo ero più. L’abatjour era spenta, e impolverata,
come il tavolino su cui poggiava. Mi avvicinai, varcando la
soglia della porta, e mi fermai, ancora con la bocca aperta,
inorridita, davanti al mio corpo esanime.
Notai con estrema difficoltà, visto il paralizzante stupore del
momento, dei fogli, adagiati in mezzo al libro che ancora, il
mio me senza vita, teneva tra le mani fredde. Avvolto da una
sensazione di annichilimento e smarrimento totale, presi,
tremando, i fogli tra le mani e lessi.
Intanto, una fioca luce entrava orgogliosa e invadente dalla
finestra, e illuminava con indiscrezione quei fogli, ricamati
da una scrittura così dolcemente rude e delicata, che ricono-
scevo essere la mia, ma d’altri tempi.
Il testo cominciava così:
“Quella notte era talmente buia, che mai prima d’allora ne
vidi una così tenebrosa e inquietante.
O forse, più semplicemente, non prestai mai molta atten-
zione al cielo notturno. Sempre immerso nelle letture più
disparate com’ero, intento a cercar di soggiogare l’inesorabi-
lità del tempo, l’unica luce che illuminava i miei da fare era
quella dell’abatjour sul tavolino accanto la poltrona.”
ANTONINO FARAONE III E
L’UOMO DEL TREMILA
C
he tipo strano è l’uomo del tremila...
È estremamente solitario, ma a che gli serve stare con gli amici, quando ha il suo mondo dentro casa?
Non ama l’arte l’uomo del tremila. Per lui il più grande dei capolavori è il più alto dei grattaceli, il più evoluto
dei robot, il più divertente videogioco…
Non sa scrivere l’uomo del tremila; non sa neppure cosa sia una penna. Ma che memorie deve tramandare? Che cultura
dimostrare? A che fantasia deve dare libero sfogo? Non ha fantasia l’uomo del tremila; egli può fare di tutto, perché
immaginare un mondo migliore?
Non legge l’uomo del tremila. Non gli è consentito. A che serve conoscere Cicerone, Cesare e Platone? A cosa serve
sapere che pensava Socrate? Citare Dante può far vincere una guerra? E poi no, i libri sono scomodi, danno troppi
spunti di riflessione.
Non sa amare l’uomo del tremila, ogni suo sentimento è represso; non c’è più tanta differenza tra Robot e umani nel
tremila. Se i primi diventano sempre più intelligenti, i secondi sempre più simili alle macchine; piegare l’uomo al pro-
prio volere non è poi tanto diverso da dare un comando ad un computer.
L’uomo del tremila è immerso nel suo lavoro; e quando non lavora, ci pensano i computer a tenerlo impegnato. È vitale
che l’uomo del tremila non si fermi mai a pensare; Pensare fa male…
Non pensa l’uomo del tremila. Ma non ne ha bisogno, c’è chi lo fa al posto suo, si interessa di tutti e accontenta tutti
a patto che tutti lo rispettino.
Ma l’uomo del tremila accetta questa situazione. la sua giornata è troppo impegnativa per protestare.
Che tipo strano è l’uomo del tremila...
Pensaci, quanto è diverso dall’uomo del duemila?
C NTEMPORANEAMENTE
14
Lo sai che
15
I
l cioccolato è uno degli alimenti preferiti dall’uomo. Fin
dai tempi antichi ci ha conquistato con il suo sapore dolce:
per i Maya era il cibo degli dèi; gli europei, dopo averlo im-
portato negli anni successivi alla scoperta dell’America, l’han-
no piantato nelle colonie africane. Ai nostri giorni, ogni anno
vengono spesi circa 68 miliardi di euro per acquistare questa
delizia, in particolare duranti il periodo di San Valentino. La
domanda del cioccolato cresce annualmente, ma un evento
sta sconvolgendo la popolazione di produttori e consumatori:
la pianta del cacao, il Theobroma cacao, è in via d’estinzione.
Le cause sono numerose e sono anche dovute alle condizioni
difficili di coltura della pianta. L’albero del cacao è un sempre-
verde alto dai cinque ai dieci metri e ne esistono dieci varietà
che appartengono alla stessa specie. Il suo frutto, detto cabossa,
ha la forma di una palla da rugby e contiene al suo interno i
preziosi semi di cacao e una gelatina zuccherina: con i primi si
fa il cacao, con la seconda il burro di cacao, l’ingrediente alla
base del cioccolato bianco. La pianta richiede cinque anni per
dare i primi frutti ed è capricciosa: il Theobroma cacao,infatti,
cresce solo nelle fasce tropicali, perché ha bisogno di tempera-
ture calde e di una continua irrigazione. I produttori del ca-
cao sono, quindi, una parte molto ristretta della popolazione
mondiale. Inoltre la pianta è estremamente suscettibile poiché
moltissimi funghi e parassiti la attaccano da millenni e conti-
nuano a farlo in maniera sempre crescente. In Brasile un fungo,
detto “scopa delle streghe”, ha ridotto la produzione dell’80%
dal 1988, spingendo molte famiglie di agricoltori ad emigrare
nelle aree urbane. Un’altra malattia diffusa nell’ America La-
tina è la “frosty pod rot”, che tradotto significa “marciume
delle cabosse che lascia segni simili a quelli dovuti alle gelate”
(alcuni nomi sono quasi intraducibili). In Africa occidentale è
presente il virus dello “swolen shot” (“gonfiore dei germogli”).
Nell’Asia orientale una falena, la “cocoa pod borer”, perfora
il guscio della cabossa, distruggendone i semi. Il problema è
che questi parassiti potrebbero migrare e riuscire ad attaccare
anche le piantagioni di cacao limitrofe. Ma non finisce qui, ci
sono altri problemi che non dipendono dall’azione della natu-
ra. La Costa d’Avorio e il Ghana producono il 70% del cacao
mondiale e queste zone sono poverissime: la resa agricola è un
terzo del totale e i contadini non possono permettersi insettici-
di, fertilizzanti e altri sistemi di innovazione agricola. Perciò in
questi luoghi il cacao è coltivato secondo i capricci della natura:
basta un periodo di siccità o un aumento delle piogge (spesso
provocato dall’inquinamento globale) ed il raccolto è rovinato,
con un danno economico notevole per i produttori. Inoltre,
il cacao in quei paesi assume la funzione di moneta: ad esem-
pio, se un contadino non ha i soldi per ripagare i debiti, vende
cinque o sei cabosse e ottiene la somma necessaria. La perdita
dei frutti è, quindi, deleteria. Per risolvere questo problema le
soluzioni, purtroppo, sono poche. Molti scienziati sudameri-
cani e statunitensi che stanno analizzando l’albero del cacao
dal punto di vista genetico hanno scoperto che, poiché le dieci
varietà appartengono alla stessa specie, è molto probabile che
queste risultino vulnerabili agli stessi parassiti, agli stessi funghi
e agli stessi insetti. Per questo si cercano degli esemplari che
siano particolarmente resistenti. Questi esemplari sono tuttavia
molto rari e finora ne sono stati trovati due: il “vascular-streack
dieback” nel sudest Asiatico ed una specie resistente alla “fro-
sty pod rot” in Costarica. Quest’ultimo, però, produce cacao
di bassa qualità; nonostante questo gli agricoltori dell’America
Latina l’hanno utilizzato per creare degli innesti con lo scopo
rafforzare le proprie piante. La strada per il raggiungimento di
un’agricoltura sostenibile è ancora lunga, ma la collaborazione
tra biologi e produttori garantirà lunga vita al “cibo degli dei”
e… grande felicità al nostro palato.
CHE MONDO SARà SENZA NUTELLA?
DAVIDE ANGELINI I C
Un po’ di satira con le divertenti vignette di Daniele Piscitello, di V B
ALICE CALANDRA II H
RECENSIONI
16
«Si ha sempre questa idea di essere capitati nella partita sbagliata, e che con le nostre carte chissà cosa saremmo
riusciti a fare se solo ci sedevamo ad un altro tavolo da gioco. […] certo era stufa di perdere. Come le ho detto,
aggiunse, cambiare le carte è impossibile, non resta che cambiare il tavolo da gioco»
TRE VOLTE ALL’ALBA
«Poi disse che bisogna stare attenti quando si è
giovani perché la luce in cui si abita da giovani
sarà la luce in cui si vivrà per sempre, e questo
per una ragione che lui non aveva mai capito»
I
n Mr Gwin, romanzo di Baricco uscito lo scorso anno,
si accenna a un libro scritto da un angloindiano e inti-
tolato Tre volte all’alba; in questi mesi lo scrittore ci ha
regalato proprio la realizzazione di quel libro, «un po’ per
dare un lieve e lontano seguito a Mr Gwin e un po’ per
il piacere di inseguire una certa idea che avevo in testa».
In 94 pagine Alessandro Baricco riesce a condurci in una
realtà inverosimile nella quale il tempo ha il potere di in-
trecciare, non si sa se per casualità o destino, varie vite,
vari pensieri, varie sofferenze e varie seconde opportunità.
Il libro consiste in tre capitoli per tre racconti, con una
peculiarità: l’ordine in cui si leggono, qualunque sia, non
cambia il senso ed il messaggio del libro. Questi seguono
il filo della vita di un uomo rimasto orfano da bambi-
no e caduto, da
adulto, in un
illegale giro
di soldi che
l’ha portato
alla prigione;
incontra tre
donne: dopo la
morte dei suoi genitori, una poliziotta prossima alla pen-
sione che subito prova per lui tanta pena e tanta tenerezza;
da adulto, una donna sua coetanea che si scoprirà legata
anche lei alle forze di polizia; da anziano, ormai uscito di
prigione, una ragazza giovane in cattiva compagnia. Le
costanti sono cinque: un uomo, una donna, un albergo, il
bisogno di trovare una casa, e un’alba che accompagna il
loro conoscersi. La fantasia di questo scrittore e la sua ca-
pacità di tessere trame così originali e profonde lascia sem-
pre un po’ stupiti, e fa si che la riflessione sulla storia resti
una necessità anche dopo avere concluso l’ultima riga.
La scrittura è semplice ma di effetto: dialoghi brevi, vir-
gole ponderate, scene descritte più attraverso i pensieri di
chi le compone che tramite parole; tutto nel migliore sti-
le di Baricco. Quest’ultimo riesce a rendere i personaggi
umani e reali, abbastanza deboli da permetterci l’immede-
simazione e la vicinanza ad entrambi, tanto deboli quanto
particolari ed intelligenti.
Tre volte all’alba è un bellissimo libro, e candidamente
porta la certezza che il tempo, l’età, gli errori, le storie
possono cambiare, ma l’amore è sempre la sesta costante.
IL SORRISO DELL’IGNOTO MARINAIO
RECENSIONI
17
ANTONINO FARAONE III E
N
e “Il sorriso dell’ignoto marinaio” di Vincenzo
Consolo si seguono le vicende della tormentata
Cefalù, città natale del barone Enrico Pirajno Di
Mandralisca, alle prese con i moti rivoluzionari del 1860.
Il romanzo si apre con l’immagine del barone in viaggio
su una nave da Lipari verso Cefalù con, al sicuro tra le sue
braccia, un ritratto di ignoto di Antonello da Messina. Il
dipinto l’aveva strappato dalle grinfie della figlia di uno
speziale di Lipari che, infastidita dallo sguardo provoca-
torio e dal sorriso irritante dell’uomo, lo aveva sfregiato
incidendo due tagli proprio all’altezza di quel sorriso che
sembra prendersi gioco dell’osservatore.
Consolo non segue unicamente le vicende del Mandra-
lisca, ma allarga i confini della narrazione “catturando”
momenti di vita paesana: descrive i festeggiamenti di Ce-
falù, il pellegrinaggio di un lavoratore di Pomice malato di
silicosi verso il santuario della Madonna Nera di Tindaro,
trova spazio anche per riportare frammenti di documenti
ufficiali dell’epoca nonché della “enciclopedia dei gastero-
podi di Sicilia” scritta dallo stesso Barone.
Avviene un giorno ad Alcàra li Fusi un evento insolito,
che porterà con se grande agitazione: Una domenica la
messa viene interrotta dall’improvviso ingresso di un ere-
mita che preannuncia morte e distruzione per tutto il
paese; si tratta dell’ingresso dei Garibaldini in Sicilia e i
seguenti moti rivoluzionari, accolti con veemenza dal po-
polo contadino.
Enrico Pirajno, recatosi ad Alcara presso il barone Cre-
scenzio Manca per proseguire i suoi studi sulle lumache,
rimane profondamente colpito dai moti del 17 Maggio
1960. Questo evento è per lui un enorme stimolo a ricer-
care il suo vero ruolo nella società. Scriverà di suo pugno
una lettera all’amico Interdonato, Procuratore della Corte
di Messina, schierandosi in difesa dei contadini rivoluzio-
nari della Sicilia.
Il Barone è caratterizzato da una forte personalità, è tur-
bato da profondi conflitti interiori e riesce a mettere in
crisi l’idea che ognuno di noi ha di intellettuale.
L’intellettuale di Consolo deve essere capace di “dar voce
agli emarginati, ai perdenti, a coloro che brevemente
hanno voluto opporsi con gesti estremi e che di conse-
guenza hanno dovuto
affrontare un destino
peggiore: la fucilazio-
ne, la detenzione”.
Non a caso Corrado
Stajano sarà il primo
a commentare l’ope-
ra come «un nuovo
“Gattopardo”, ma
più sottile, più inten-
so», seguito da Paolo
Milano che parla del
libro come un «Gat-
topardo riscritto dai
suoi avversari” ».
L’opera, ricca di significati e suggestive immagini, è stato
il primo grande capolavoro di Vincenzo Consolo, autore
novecentesco originario di Sant’Agata di Militello, un pic-
colo paese nei pressi di Messina.
Il linguaggio di Consolo risulta piuttosto complesso per
il lettore e molto più incline ad una forma di prosimetro,
più che di prosa, rispecchiando la sua poetica secondo cui
“Non si possono scrivere romanzi perché ingannano il let-
tore”.
Non bisogna però considerare Consolo un avanguardista,
ma piuttosto un continuatore di quella linea che, parten-
do da Verga e passando da Gadda, giunge fino al più mo-
derno Mastronardi. La sua Lingua, ben diversa da quella
che Leopardi chiamava “lingua geometrizzata”, è frutto
della mescolanza di elementi dialettici e poetici.
Seguendo questo complesso stile Consolo ha partorito
meravigliosi endecasillabi come quello riguardo alla storia
“Che vorticando dal profondo viene” , disegnando una
contorta immagine della Sicilia e dei Siciliani che bene
si identificano con il quadro dell’Antonello, da cui eredi-
tano quell’aspetto di arrogante superiorità ed allo stesso
tempo di profonda atopia; Siciliani sempre alla ricerca di
un futuro che immaginano perfetto, quasi come la coclea
delle lumache, che tanto appassionano il Barone e che
inutilmente molti tentano di raffigurare.
Giochi
18
giochi
19
BU NE VACANZE!
E adesso, un po’ di svago! ecco qualche Sudoku e un Cruciverba adatto a noi
studenti del liceo scientifico
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3 il più celebre dei giochi di
logica: Il Sudoku.
inserire nelle righe, nelle
colonne e nei riquadri del-
lo schema i numeri da 1 a
9 senza ripetizioni
Orizzontali
1. Il matematico della
foto
12. Può esserlo il peso
13. Lo sono alcune
parentesi
16. Quattro e quattro
17. Tipo di scavo per
valutare la natura di un
terreno
20. Negazione
21. Può essere quadrata
ma anche cubica
26. I prodotti più noti
31. Inizio di errore
32. Quello di un punto è
un intervallo aperto
34. Chilometri quadrati
35. Stati Uniti d’America
36. Inizio di un database
37. Cantante noto con un
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Verticali
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REDAZIONE:
Caporedattore:
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Redattore:
Alice Calandra II H
Impaginazione e Grafica:
Antonino Faraone III E
Gloria Varrica III R
Docente Referente:
Prof.ssa Elena Santomarco
Hanno Collaborato:
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  • 1. IL GIORNALE DEL LICEO CANNIZZAROPALERMO NUMERO 504/06/2012 “Se la gioventù le negherà il consenso, anche l’onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo. ” Paolo Borsellino VII EDIZIONE DEL “PREMIO LIBERO GRASSI” ALFREDO CHIODI III E I l 10 gennaio 1991 il Giornale di Si- cilia riportava sulla prima pagina una lettera rivolta ad un “caro estortore” in cui un imprenditore spiegava ai mafio- si di non essere disposto a pagare il pizzo e che non avrebbe svenduto la propria dignità; dopo tre mesi Santoro lo invita alla trasmissione televisiva Samarcanda, dove, di fronte a tutta l’Italia, l’autore della lettera ribadisce di aver costruito la sua impresa con impegno ed onestà, e che nessuno, al di fuori di lui e dei suoi dipendenti, ha il diritto di trarne pro- fitto. È un concetto semplice da com- prendere, eppure questo imprenditore ricevette sostegno solo da parte della fa- miglia e da pochissimi amici e fu lasciato solo dall’omertà degli altri imprenditori e dallo Stato. La triste conseguenza: il 29 agosto del 1991 i telegiornali parlavano dell’assassinio di Libero Grassi. Oggi fortunatamente non è più così; esi- stono leggi contro il racket e grazie alle associazioni antimafia si può denunciare il pizzo senza perdere la vita. Tra queste associazioni vi è Solidaria, che nel 2004 ha istituito il “Premio Libero Grassi”. Si tratta di un concorso per ragazzi che, producendo temi, poesie e video, rinno- vano la memoria di chi si è sacrificato in nome di un ideale; quest’anno c’è stata una novità... Continua a pag. 2 PINO MANIACI, UN UOMO RICCARDO CALDARERA V D N on è poi tanto difficile abbandonar- si alla retorica. In fondo basta pren- dere un po’ di parole importanti, di quelle che nei discorsi dei politici fanno par- tire gli applausi, metterle insieme, e quando si è in tanti urlare: “La mafia fa schifo” oppure “Le vostre idee non moriranno mai”. Certo, è più che lecito e doveroso ricordare SEM- PRE, non solo negli anniversari di stragi, chi ha dato la vita per la legalità, per il rispetto, per la democrazia. Per noi insomma, perché anche se può sembrare metaforico o idea- lista, la vita c’è chi l’ha persa per noi. E po- tremmo continuare ad elencare tutti i morti ammazzati dalla mafia nel corso degli anni, da Notarbartolo a Puglisi, e urlare all’indi- gnazione, a sfilare in cortei simbolicamente importanti, moralmente doverosi. Ma la no- stra generazione, è pronta per la concretezza? La mafia esiste eccome, meno tangibile for- se, ma più radicata grazie ai riscontri politici. C’è ancora qualcuno che sarebbe pronto a cantare “I cento passi” nelle giornate com- memorative, e nelle altre di giornate urlare agli stessi mafiosi, quanto siano p.d.m.? I 30 anni di mediaset, il materialismo, l’egoismo, il qualunquismo, lasceranno spazio alla lotta vera e proprio nei confronti del crimine or- ganizzato? O ci fagociteranno, succhiandoci il senso civico fino al midollo, rendendoci inermi, frustrati ma contenti? Probabilmen- te questi punti di domanda si risolveranno in futuro prossimo. Rimaniamo nel presente, per adesso. Continua a pag. 3 EDITORIALE GIULIA CATALISANO V B Anche quest’anno siamo ar- rivati a giugno con la nostra ultima e faticosissima edizione di ObbiettivaMente. Per me, salvo imprevisti, sarà l’ultima edizione in assoluto e quindi in queste poche righe vorrei rivol- gere delle semplici parole a tut- ta la redazione. In questi ultimi anni abbiamo lavorato molto, a partire dalla grafica, comple- tamente rinnovata e alla quale ogni impaginatore ha apporta- to la propria impronta creati- va, e per finire con gli articoli stessi, che hanno assunto uno spessore ed un interesse sempre maggiore. Siamo cresciuti tutti e abbiamo imparato a lavora- re, oserei dire, come una vera redazione. Ho molta fiducia in ciò che accadrà nei prossi- mi anni perché conosco tutti voi e so che dopo tanto lavo- ro e magari qualche notte in- sonne, ObbiettivaMente non è più soltanto un giornale, ma soprattutto un gruppo di ra- gazzi che comunicano fra loro, pensano, riflettono insieme, si consigliano a vicenda e poi, soltanto dopo tutto ciò, ini- ziano a scrivere. Permettetemi di ringraziarvi per tutto quello che mi avete insegnato tutti in questi ultimi tre anni. In bocca al lupo ragazzi e ricordate che il giornale deve essere un mezzo di espressione per tutti gli stu- denti della scuola, non importa se di primo o di quinto anno. Tutti devono poter trovare uno spazio dove dire quel che pen- sano.
  • 2. VII EDIZIONE DEL“PREMIO LIBERO GRASSI” ALFREDO CHIODI III E VITA SCOLASTICA 2 PINO MANIACI, UN UOMO ATTUALITÀ E CULTURA 3 RICCARDO CALDARERA V D Il 10 gennaio 1991 il Giornale di Sicilia riportava sulla prima pagina una lettera rivolta ad un “caro estor- tore” in cui un imprenditore spiega- va ai mafiosi di non essere disposto a pagare il pizzo e che non avrebbe svenduto la propria dignità; dopo tre mesi Santoro lo invita alla trasmis- sione televisiva Samarcanda, dove, di fronte a tutta l’Italia, l’autore della lettera ribadisce di aver costruito la sua impresa con impegno ed onestà, e che nessuno, al di fuori di lui e dei suoi dipendenti, ha il diritto di trarne profitto. È un concetto semplice da comprendere, eppure questo impren- ditore ricevette sostegno solo da parte della famiglia e da pochissimi amici e fu lasciato solo dall’omertà degli altri imprenditori e dallo Stato. La triste conseguenza: il 29 agosto del 1991 i telegiornali parlavano dell’assassinio di Libero Grassi. Oggi fortunatamente non è più così; esistono leggi contro il racket e grazie alle associazioni antimafia si può de- nunciare il pizzo senza perdere la vita. Tra queste associazioni vi è Solidaria, che nel 2004 ha istituito il “Premio Libero Grassi”. Si tratta di un concor- so per ragazzi che, producendo temi, poesie e video, rinnovano la memoria di chi si è sacrificato in nome di un ideale; quest’anno c’è stata una novi- tà: Gli studenti sono stati invitati ad adottare ed interpretare un articolo della Costituzione, accompagnati da un lavoro da loro creato sul suo signi- ficato. La mia classe, la III E, è stata invitata da Solidaria (essendo io nipote di Li- bero Grassi) ad assistere alla premia- zione della VII edizione che si è svol- ta nell’aula magna “Paolo Borsellino” del liceo Meli venerdì 25 maggio. La mattina si è aperta con il saluto di Giuseppe Verde, professore di di- ritto costituzionale, e con il discorso di Salvatore Cernigliaro, ideatore del concorso, che hanno ricordato l’im- portanza della nostra Costituzione riportando alla memoria chi ha dato la vita per difendere i valori che essa rappresenta. Subito dopo ha avuto inizio lo spettacolo “La diritta via” di Giuliano Turone, (magistrato in pen- sione che ha il merito di essere stato il primo ad occuparsi di “mani puli- te”), accompagnato col pianoforte da Mirko Lodedo. Durante questo mo- nologo Turone fa riflettere su quan- to sia valida la Costituzione Italiana, che tutela il lavoro, dando così una speranza a genti di altre nazioni che di speranza non ne hanno più, spinti in Italia da quel desiderio di libertà garantito proprio dalle nostre leggi. La nostra Costituzione è capace di di- fendere queste persone dalla brutalità del razzismo e delle guerre civili che distruggono i loro paesi d’origine, è capace di difendere noi cittadini ita- liani da gente che fa politica con il de- siderio di negarci la libertà di parlare, ed è capace di difendere se stessa da uomini potenti che più volte hanno cercato di modificarla. Tuttavia, se la popolazione si lascia corrompere dal- la criminalità, come spesso accade, la sovranità cessa di appartenere al popolo: in Italia la diritta via è stata smarrita. Il magistrato-attore recita la prima terzina della Divina Com- media tradotta in diverse lingue da vari immigrati e poeti, con l’intento di far capire che, come fa Dante nel suo viaggio raccontato nella “Divina Commedia”, anche noi dobbiamo liberarci dai peccati che compro- mettono i nostri diritti. Lo spetta- colo risulta interessante anche grazie all’abilità dell’autore di modificarne il testo a seconda della situazione politica, economica e sociale in cui riversa lo Stato; avendo già assistito a “la diritta via” precedentemente in un periodo diverso posso assicurare che viene reso sempre molto attuale. A seguire si è tenuta la premiazione vera e propria, in cui i membri del- la famiglia Grassi, alcune autorità e altri componenti della giuria hanno chiamato sul palco gli autori dei la- vori migliori per conferirgli il premio e per dargli occasione di dire qualche parola al pubblico. Mi rende felice ve- dere come la memoria di mio nonno venga rinnovata ogni anno, e spero di vedere lavori interessanti come quelli di quest’anno anche per l’VIII edizio- ne, con ulteriore partecipazione da parte del Liceo Cannizzaro. N on è poi tanto difficile abbandonarsi alla reto- rica. In fondo basta prendere un po’ di parole importanti, di quelle che nei discorsi dei politici fanno partire gli applausi, metterle insieme, e quando si è in tanti urlare: “La mafia fa schifo” oppure “Le vostre idee non moriranno mai”. Certo, è più che lecito e doveroso ricordare SEMPRE, non solo negli anniversari di stragi, chi ha dato la vita per la legalità, per il rispetto, per la de- mocrazia. Per noi insomma, perché anche se può sembra- re metaforico o idealista, la vita c’è chi l’ha persa per noi. E potremmo continuare ad elencare tutti i morti ammaz- zati dalla mafia nel corso degli anni, da Notarbartolo a Puglisi, e urlare all’indignazione, a sfilare in cortei simbo- licamente importanti, moralmente doverosi. Ma la nostra generazione, è pronta per la concretezza? La mafia esiste eccome, meno tangibile forse, ma più radicata grazie ai riscontri politici. C’è ancora qualcuno che sarebbe pronto a cantare “I cento passi” nelle giornate commemorative, e nelle altre di giornate urlare agli stessi mafiosi, quanto siano p.d.m.? I 30 anni di mediaset, il materialismo, l’e- goismo, il qualunquismo, lasceranno spazio alla lotta vera e proprio nei confronti del crimine organizzato? O ci fa- gociteranno, succhiandoci il senso civico fino al midollo, rendendoci inermi, frustrati ma contenti? Probabilmente questi punti di domanda si risolveranno in futuro prossi- mo. Rimaniamo nel presente, per adesso. Vi starete chiedendo forse, cosa voglia dire la sigla “p.d.m.” che ho utilizzato poco fa. E’ una sorta di cavallo di batta- glia, è una sigla, per motivi di censura, ma che spesso tro- va voce senza alcun abbreviazione, e se posso permetter- mi, l’acronimo si concretizza nella frase “Pezzi Di Merda”. E’ una delle invettive che sta più a cuore, a un Uomo con la “u” maiuscola, che risponde al nome di Pino Maniaci. Ex imprenditore edile, nel 1999 Pino Maniaci diventa direttore di una piccola emittente televisiva molto parti- colare: Telejato. Ne è il direttore e anche conduttore, in- sieme alla giovane figlia Letizia, promessa del giornalismo di professione. Collabora, tra gli altri, anche con Salvo Vitale, a suo tempo ex conduttore di Radio Aut con Pep- pino Impastato. Essendo Telejato una piccola emittente, le zone che essa copre sono le seguenti: San Giuseppe Jato, Partinico, Alcamo, Corleone, Cinisi, Castellammare del Golfo, Montelepre. Sono zone in cui la criminalità organizzata è davvero mol- to radicata, in cui spesso e volentieri dominano l’omertà e la negligenza. Pino Maniaci, con incredibile coraggio (o come preferisce dire lui, incoscienza), denuncia i mali legati alle Mafie, fa nomi e cognomi ormai da anni, e col tempo è diventato tanto un’icona della legalità, tra chi, a questa, ci crede ancora; tanto un personaggio scomodo, tra chi, nella criminalità organizzata, si sente costante- mente minacciato. Innumerevoli sono le intimidazioni che Maniaci riceve co- stantemente, sia di morte nei suoi confronti che della sua famiglia. Ma lui imperterrito ha sempre continuato senza lasciarsi intimidire, neanche dopo il misterioso incendio della sua macchina nel luglio 2008. Neanche dopo essere stato massacrato di botte. Addirittura neanche dopo aver subito un tentato omicidio da parte di Michele Vitale, figlio del boss Vito Vitale, nel gennaio del 2008. Certo, alla sua famiglia ha pestato tanto i piedi, come a moltissime altre famiglie che nella “merda”, come direbbe Lui, ci sguazzano.
  • 3. 4 ELEZIONI FRANCIA 2012:“MONSIEUR NORMAL”BATTE SARKOZY 5 ALESSANDRO DI SALVO III O Come se non bastasse, Maniaci è stato addirittura que- relato centinaia di volte, e tra le querele, quella che lo ha messo più in difficoltà è la denuncia per indebito eserci- zio della professione di giornalista, non essendo iscritto all’albo dei giornalisti. Lui non è un giornalista! Sarebbe riduttivo, e se dobbiamo fare di tutta l’erba un fascio, an- che offensivo definirlo giornalista. Insomma, messo alle strette dalla giustizia, corrotta, e dalla mafia, ne è sempre uscito con fiera dignità e con onore. Non deve essere facile mettere l’anima per i sordi e i cie- chi, mettere a repentaglio la vita di chi si ama (tra cui il figlio minore, che in occasione del matrimonio della figlia di Riina andò a filmare la cerimonia, per testimoniare che la rinomata povertà della famiglia, era in realtà lussureg- giante ricchezza), e mettere a repentaglio anche la propria stessa vita. Lui lo fa, forse ancora per poco però: come ben sappiamo l’Italia intera sta passando al digitale terrestre (Grazie Silvio). Dopo aver fatto diverse volte richiesta di essere incluso nel passaggio, e aver ricevuto solo risposte negative, il destino di Telejato è tanto ovvio quanto ormai segnato: Pino Maniaci dovrà chiudere l’attività. Si ritro- verà solo, e nessuno sa come possa veramente tirare avanti senza l’appoggio di chi lo seguiva, lo aiutava, testimoniava e proteggeva. Non deve rimanere solo, ed è anche questo l’obbiettivo di noi ragazzi. Dobbiamo ricordare sì, chi è morto per noi, ma ricordarci che c’è ancora chi rischia la vita, e cercare in tutti i modi di tutelare questa gente, che passa sempre più inosservata, nel nome del futile e del semplice. Un eroe non è semplicemente un martire, e non diventa tale soltanto dopo essere stato ammazzato. Un eroe è anche, e soprattutto, chi in vita pure andando a fare la spesa rischia di ritrovarsi riverso per terra, con due pallottole ficcate nel cranio, ma continua per la sua strada speranzoso che le cose possano cambiare, concretizzando le sue idee, dando voce alla vera giustizia. I l 6 maggio 2012 si sono svolte al secondo turno le elezioni presi- denziali in Francia, con la vittoria di François Hollande che ha riporta- to dopo 17 anni un socialista all’Eli- seo. Il nuovo Presidente della Quinta Repubblica francese si è attribuito il titolo di “Monsieur normal” per pre- sentarsi come l’esatto contrario di Ni- colas Sarkozy. Figlio di un medico con idee di estre- ma destra, è cresciuto nella Parigi be- nestante, ha frequentato grandi scuole come l’École nationale d’administra- tion (Scuola nazionale di amministra- zione, ENA), che sforna da anni pre- sidenti e primi ministri. Molto presto ha frequentato la Parigi politica de- buttando nella corte socialista dell’E- liseo, ai tempi di François Mitterand. Grazie alla “caduta” di stile di Strauss- Kahn ( che in una stanza di hotel di New York avrebbe consumato uno stupro nei confronti di una cameriera africana), considerato il candidato so- cialista ideale per sconfiggere Nicolas Sarkozy, Hollande a 57 anni ha vinto le Primarie ed è divenuto il candida- to che più della metà della Francia ha votato alle Elezioni Presidenziali, ripudiando e scrollandosi di dosso Sarkozy che, con dignità, ha telefo- nato a Hollande per complimentarsi. Hollande si propone di essere “Mon- sieur normal”, un presidente più alla mano, più semplice e meno arrogante nei confronti del governo, del Par- lamento e della magistratura. Sarà meno egocentrico del predecessore che sfilava nelle pagine dei rotocalchi rosa. Consulterà le parti sociali che Sarkozy considerava fastidiose e darà agli stranieri che pagano le tasse e ri- siedono da anni in Francia, il diritto di voto nelle elezioni amministrative. E’ per il matrimonio tra omosessuali e per l’adozione di bambini da parte di una coppia dello stesso sesso. Favori- rà inoltre l’uguaglianza uomo-donna, in particolare per quel che riguarda le retribuzione nelle aziende. Sul piano fiscale si propone di portare al 75% l’imposta sui redditi superiori al mi- lione di euro all’anno. Subito dopo la proclamazione del 10 maggio, da parte del Consiglio costituzionale, François Hollande dovrà affrontare la prima prova dei mercati con la cancelliera tedesca Angela Merkel. Il primo viaggio all’estero avrà come destinazione Berlino, dove il neo presidente proporrà di aggiungere o di affiancare al Trattato di stabilità (Fiscal compact) un capitolo riguar- dante la crescita e, per quanto ri- guarda i rapporti con le altre capitali europee, Hollande, pur mantenen- do l’intesa franco-tedesca, vuole al- largare il cerchio. Infatti è previsto un viaggio a Roma e oltre al G8 a Camp David, il vertice della Nato a Chica- go, dove annuncerà il ritiro entro un anno delle truppe francesi dall’Afgha- nistan. François Hollande è stato criticato, anche tra i socialisti, perchè troppo gioviale, abile nell’intrattenere ami- che e amici ma incapace di sostenere con fermezza le posizioni e persino perchè troppo piccolo e un pò paffu- tello. Ma “Monsieur normal” ha of- ferto proprio questa immagine al po- polo francese con la semplicità che si propone di imporre alla sua carica di Presidente della Repubblica francese. Buona fortuna Presidente! “Noi andiamo avanti, tranquillamente, loro lo sanno: se mi devono fermare, se hanno le palle, mi devono sparare!” Pino Maniaci ATTUALITÀ E CULTURAATTUALITÀ E CULTURA
  • 4. USA, IL PAESE DOVE I DINOSAURI NON POSSONO BALLARE NELLA SCUOLE DANIELE PISCITELLO VB 6 KONY 2012 7 MANFREDI LAGUARDIA II U n povero dinosauro, per il suo compleanno, de- cise di ballare. Ecco un tipico esempio di una frase che, da quest’anno, non potreste mai vedere su un libro scolastico Americano, anche se a dire il vero sarebbe difficile trovarla anche in uno nostro di libro, data la sua totale mancanza di senso... Ma quale è il grave pericolo che si cela dietro un semplice frase come quella, tanto da farle meritare la censura alla vista di milioni di studenti? Semplice, le parole che la compongono. In un paese dove il fondamentalismo religioso la fa da padrone, infatti, al- cune cose si teme potrebbero urtare la sensibilità dei pic- coli scolari. Bandita la parola “Dinosauro”, i creazionisti potrebbero lamentarsi che si tenta di convertire i propri pargoletti a credere nei lucertoloni verdi; vietato il termine “Hallowe- en”, festa pagana e oscura; impossibile parlare di “com- pleanno”, i testimoni di Geova non lo festeggiano e po- trebbero offendersi; lo stesso trattamento per “sigarette” e “ballo” che potrebbero far venire in mente strane idee ai ragazzi più puritani; per non parlare delle parole “po- vertà” e “divorzio” accusate di far cadere in depressione i bambini i cui genitori siano rispettivamente disoccupati o separati. E, come se non bastasse, rimarranno completamente oscurati addirittura interi eventi storici importantissimi quali la schiavitù, con la scusa per cui, i bambini afroame- ricani potrebbero offendersi. Ma se sono proprio le parole più dure, quelle più difficili da accettare, quelle che ci possono portare a uno scon- tro di opinione con i nostri stessi coetanei, a scomparire, come è possibile costruirsi delle proprie opinioni sui temi più importanti? E’ proprio questo quello che contestano studiosi e peda- goghi, il “politicamente corretto”, tipico simbolo dell’ipo- crisia del nostro tempo, non si può permettere di entrare anche nelle scuole, sono già sufficienti i bidelli che sono diventati “personale ATA” e i cechi che sono diventati “non vedenti”, caso mai si offendessero a essere chiamati con il proprio nome. Ma le parole bandite in America non si fermano a quelle elencate qua, sono più di 50 quelle che quest’anno sono state aggiunte all’elenco e tutte, ne fanno parte, sempre per via di una mentalità chiusa considerante tutto ciò che è nuovo e diverso come necessariamente malvagio, esat- tamente la stessa mentalità che si rischia di andare a co- struire nella menti dei giovani ragazzi a cui viene negata la possibilità di discutere e affrontare i problemi delle società nascondendoli sotto il tappeto con la scusa di possibili risentimenti da parte di chi ne è vittima. Continuando per questa via, sarà sempre più difficile vedere qualcuno pensare differentemente dallo status quo. N ella prima metà dello scorso Marzo è diventa- to famoso il video “Kony 2012”, della durata di circa mezz’ora, dove un giornalista americano, Jason Russel, spiega cosa fa, chi è, e qual è il suo obiettivo. Jason Russel nel 2003 ha creato l’organizzazione no-profit Invisible Children, il cui scopo è di diffondere consape- volezza sui crimini del gruppo di guerriglieri ribelli LRA guidato da Joseph Kony in Uganda e in Sudan. Ma chi è Joseph Kony? Joseph Kony è il capo del movi- mento LRA (Lord’s Resistance Army), un gruppo di ribel- li formato da bambini soldato, rapiti dalle loro famiglie e costretti ad atti inumani come uccidere i propri genito- ri o mutilare loro i volti. Le femmine, invece, sono ses- sualmente sfruttate. Nel 2005 Kony fu condannato dalla Corte Penale Internazionale per omicidio, prostituzione, riduzione in schiavitù, schiavismo sessuale, induzione allo stupro, stupro, maltrattamenti e attacchi ai civili, saccheg- gio, rapimento e sfruttamento minorile, ma nondimeno riuscì ad evitare la cattura e fino ad oggi non è ancora stato catturato. Invisible Children dal momento della sua fondazione ha cercato un modo per fermare a tutti i costi Joseph Kony, ma c’era un unico problema: quasi nessuno sapeva chi fosse o cosa avesse fatto J. Kony. Cosi Invisi- ble Children iniziò a “fare pubblicità” a Kony: in tutti gli Stati Uniti i collaboratori di Invisible Children, tramite assemblee e manifestazioni, iniziarono questa “campagna pubblicitaria” di informazione e sensibilizzazione dell’o- pinione pubblica. Il governo degli Stati Uniti decise, cosi, di mandare in Uganda il suo supporto militare all’esercito locale per la cattura di J.Kony, ma questo aiuto fu vano, cosi iniziarono a ritirare le truppe, poiché questo inter- vento non portava interesse agli Stati Uniti, e continuare a tenere i militari là, in Uganda, sarebbe stato inutile, ma se fosse stato l’intero popolo americano a chiedere que- sto intervento, il governo non poteva far finta di niente. Sucessivamente, Invisible Children si è posto l’obiettivo di riuscire a catturare Kony entro la fine del 2012, e cosi a Marzo è stato caricato il noto filmato “Kony 2012” su internet, che grazie ai social network ha fatto il giro del mondo diventando famoso. Questo video promuove il movimento STOP KONY, dove molte celebrità come Bill Gates, Rihanna, George Clooney e tante altre hanno annunciato il loro pieno appoggio. Nella notte tra il 20 e il 21 aprile 2012 sono stati attaccati in tutto il mon- do numerosi volantini e cartelloni con il volto di Kony, e tramite il sito www.kony2012.com è possibile acquistare “l’action kit”, un kit contenente una maglietta con il logo di STOP KONY, due braccialetti, spille, adesivi e poster, il ricavato è destinato al fondo del movimento, affinché i militari alla ricerca di J.Kony ricevano il giusto equi- paggiamento. Nelle settimane successive di marzo, però iniziarono a girare voci che Kony 2012, in realtà, è tutta una bufala, che Invisible Children ha manipolato i fatti a scopo tragico, esagerando con i numeri dei rapimenti e degli omicidi da parte del LRA, facendo passare J.Kony come un uomo molto più brutale e crudele di quanto sia già e giocando con le date. Molto strano è che quasi nessuno, azzarderei un 90% della popolazione mondiale, conosceva J.Kony prima di vedere i 29 minuti del video Kony 2012, e che il suo boom, aiutato anche dalle celebri- tà, abbia trasformato questa campagna in una pubblicità in stile Hollywood. Personalmente, penso sia normalis- simo dubitare di un’organizzazione che promuove una campagna pubblicitaria finalizzata alla richiesta di soldi per una giusta causa, perché è già accaduto che organiz- zazioni apparentemente no profit siano fuggite con i soldi raccolti, tuttavia mi sembra veramente stupido iniziare a polemizzare su qualunque cosa, a cercare il pelo nell’uo- vo e iniziare a contestare tutto: navigando su internet ho trovato persone che pensano che tutto ciò sia una falsità per motivi veramente stupidi, sono rimasto scioccato di come le persone si fermano su ogni minima cosa per ren- derla un caso di stato. Certo è che il problema comunque esiste in quei luoghi ove il grado culturale, l’evoluzione ed una condizione di vita tutt’altro che semplice, non fanno che amplificare gli eccessi ed il degrado. Perché spesso ciò aberra il lume della ragione: e come disse il grande Goya “il sonno della ragione genera mostri”. ATTUALITÀ E CULTURA ATTUALITÀ E CULTURA
  • 5. ‘’FREUDAZIONE’’DEI SOGNI GASPARE IPPOLITO II B 8 ANIMA NERA 9 ANONIMO M olti cercano di interpretare i sogni assurdi che la nostra mente perversa ci ‘’propone’’. Il sogno è un fenomeno strettamente legato all’apparato psichico e si manifesta con una sequenza di immagini e di suoni che alla nostra apparenza sembrerebbero reali. Così reali che al nostro risveglio pensiamo che siano accaduti realmente. L’Oniromanzia è la scienza che cerca di inter- pretare i sogni delle persone. Però la questione è così com- plicata e surreale che quasi quasi non potremmo chiamar- la ‘’scienza’’, ma più semplicemente ‘’arte’’ di interpretare i sogni. Sigmund Freud ha dedicato gran parte dei suoi studi sull’interpretazione dei sogni e di come l’inconscio, chiamato solitamente subconscio, possa influenzare i so- gni. L’inconscio è importantissimo per interpretare i pro- pri sogni! è come se fosse una specie di ‘’ragione’’ che non è controllabile razionalmente. E’ l’insieme di esperienze, paure ed emozioni di cui il soggetto non ha conoscenza. Perciò un sogno può contenere delle verità nascoste che non avremmo mai potuto sapere. Questo è il pilastro su cui si basa la teoria di Freud. Non è difficilissimo interpre- tare i sogni. Gli uomini sognano ciò che fanno durante il giorno e quello che interessa loro la mente mentre sono svegli. Freud infatti ipotizza che un sogno possa trarre origine spesso da residui psichici diurni, ovvero da elementi ed impressioni indifferenti e che tali residui si possano iden- tificare in un sogno poiché sono desiderati dall’inconscio. La cosa divertente è che potremmo riuscire a riporta- re ogni elemento del nostro sogno a qualche pensiero o immagine percepita nell’arco della giornata. A volte però il nostro organismo durante la notte percepisce stimoli esterni facendone parte integrante dei sogni. Quindi non necessariamente potremmo riuscire a ricollegare ogni ele- mento alla vita reale. Generalmente i sogni permettono anche alle parti repres- se della mente di poter essere soddisfatte con la fantasia, mentre tiene la mente lontana da pensieri che causereb- bero un risveglio improvviso. Un tipo di sogno ricorrente è chiamato ‘’ lucido ’’. In questo sogno il soggetto prende coscienza del fatto che si è in un sogno e quindi manipola a piacimento gli oggetti e le cose che lo circondano. Per esempio quando mi capita cerco di cambiare il destino della mia storia ‘’ surreale ‘’, tornando addirittura indietro nel tempo! Ma sicuramente il sogno più interessante è l’incubo. Sono sicuro che almeno una volta nella vita tutti abbiamo avuto gli incubi, che sono molto più rivelatori dei sogni norma- li. Gli incubi sono generalmente la manifestazione della rinnegazione di noi stessi. Quindi tutto ciò di cui ci ver- gogniamo, tutto ciò da cui ci siamo voluti allontanare per nostra volontà si manifesta in un incubo. L’incubo quindi non necessariamente deve essere una forma negativa pro- prio perché potremmo utilizzarla come una specie di ana- lisi interiore. Tutto ciò che richiama il suo spazio e la sua attenzione nel subconscio si trasforma in sogno o incubo che può essere risolto riportando alla luce ciò che siamo ma che non vogliamo essere. L’aspetto intrigante della scienza della psicoanalisi e dell’interpretazione dei sogni è proprio poter riuscire ad identificare e conoscere le paure, le esperienze e le emo- zioni delle persone. Non fidatevi dell’interpretazione dei sogni come se fossero delle rivelazioni di numeri al Supe- renalotto, sono semplicemente truffe poiché come avrete capito i sogni avvengono solo dentro la nostra testa, e non da illuminazioni profetiche esterne. nascondendoli sotto il tappeto con la scusa di possibili risentimenti da parte di chi ne è vittima. Continuando per questa via, sarà sempre più difficile vedere qualcuno pensare differentemente dallo status quo. ATTUALITÀ E CULTURA PENSIERI E PAROLE “Il sogno è incoerente, riunisce senza esitazione le più grosse contraddizioni, ammette cose impossibili, trascura le nostre cognizioni, così importanti durante il giorno, ci fa apparire eticamente e moralmente ottusi.” S. Freud BAROCCA LUCE Svestito dell’abito mortale Percorri il sentiero della selva serale In una notte buia Senza stelle e senza vita Con l’unica, pallida, luce del globo Argenteo Tale luce irradia tutto il mondo Ma tu, che sei sotto le arboree coperte Ti senti protetto Da tanta magnificenza Ma non creder che su di te Non cada prezioso gesto Della signora notturna Le foglie, figlie della terra, Ti ricopron non tutto dal suo bianco seme Ma sulla tua pelle Come in una cattedrale barocca Si disegnano ghirigori Di luce e di morte. MANFREDI MARINO V E BAROCCA LUCE Forse, magari è essendo soli, che i nostri sogni deflagrano, come tramonti di cuore. Forse, è come la noia, le nostre riflessioni, la nostra calma, allorquando chiuderemo gli occhi. In solitudine. Forse, è perche siamo delle carogne, che celebriamo, le nostre cadenze d’Amore e paranoia. Grigia. Forse, è per paranoia, o per individualità, che usiamo vestirci di mare. Forse, è per il tempo di biasimarmi, che già l’ ho perso, il cinguettio degli uccelli, ed il vento frondoso. Forse, se sono solo al Crepuscolo, è perchè sto morendo. Dentro. Forse, ho poco tempo, o sono passivamente interrotto. Forse il tutto, mi sta cadendo dal cielo. Per seppellirmi. MILAZZO EMANUELE I C Cupo. Nero velluto soffoca ogni cosa. Solo una massa nel racchiuso spazio infinito. Una catena di stretti nodi tumultuosi, formicolanti: sembra che si allentino, si stringono. Catrame cola. Eppure la sua resinosa densità lo lega, nodo per nodo. Al centro un nucleo vitale: luce! È la felicità, forza propulsiva che esplode verso l’esterno, si fa spazio fra la fitta maglia; luce nel mio sentiero. Passa l’istante, si affievolisce, si spegne. Ciò che resta è dolore, logorante, che ti invade pesante come gocce di catrame; che non ti permette di respirare, soffocandoti con i suoi nodi ogni secondo che vivi.
  • 6. pensieri e parole 10 pensieri e parole 11 Q uella notte era talmente buia, che mai prima d’allo- ra ne vidi una così tenebrosa e inquietante. O forse, più semplicemente, non prestai mai molta attenzione al cielo notturno. Sempre immerso nelle letture più disparate com’ero, intento a cercar di soggiogare l’ine- sorabilità del tempo, l’unica luce che illuminava i miei da fare era quella dell’abatjour sul tavolino accanto la poltrona. Eppure la poltrona era adiacente alla finestra, sempre spalan- cata nelle tiepide serate di giugno, incorniciata da una sottile tenda di seta blu danzante, come festosa, accarezzata dagli sporadici soffi di vento e dalla brezza estiva. Ma questa volta alzai gli occhi oltre le persiane aperte in cerca della luna. Chissà dov’era finita. Scrutavo più volte , distrattamente, ogni singolo angolo di cielo che la ristret- ta visuale della finestra mi dava la possibilità di osservare. Sovrappensiero, sembrava stessi aspettando che il satellite uscisse fuori dal nascondiglio che si era trovato tra gli alberi per prendere in giro le mie scarse abilità d’osservatore. Invece no, proprio non c’era. E le stelle, solitamente così numerose e vanitose, non tro- vavano neanch’esse spazio in quel buio immenso che era la volta celeste quella notte. Sembrava fossero state inghiottite dall’oscurità. Forse un buco nero gigantesco, a milioni di anni luce di distanza , le aveva inglobate tutte annullandone la proverbiale luminescenza. O forse, povere, stanche di bril- lare si sono spente qualche minuto per riposarsi. Non dev’essere facile essere una stella d’altronde. Così gran- de, calda e luminosa, ma spodestata quotidianamente dalla luce riflessa di quel grande ammasso roccioso che è luna. Questa, come una prima donna, grande ereditiera ma di scarso talento e doti, entra in scena orgogliosa del suo alone misterioso e poetico, che tante penne ha guidato nel corso della storia. Tante penne affascinate dalla sua signorilità, e dalla sua evanescenza, dal suo candore e dalla sua misticità. E le stelle, così lontane, non sono altro che minuscoli bu- chi nella tela del cielo, nel palcoscenico della Prima Donna. Ospiti indesiderati. Continuavo a osservare la notte, ma senza ambizioni. -Forse le stelle l’hanno ammutinata- dissi tra me e me, sorri- dendo flebilmente. Così capaci, ma così orgogliose, sopraf- fatte dal tenore della luna, l’avevano rapita, condannandoci a notti avulse di poesia, costellate da un monotono morbillo di luce. - Speriamo non chiedano il riscatto, devo ancora finire di pagare il mutuo della casa – pensai. Sovrappensiero, mi alzai ostentando fatica, data la mia, ose- rei dire, veneranda età, e, adagiato con cura il classico Sve- viano sul tavolino, mi diressi verso la cucina. Il mio era un appartamento piccolo. Il palazzo si trovava in periferia, e affacciava su di un boschetto sempre verde. Anche l’arredamento era scialbo. Avevo portato con me, dopo la morte della mia sposa, soltanto lo stretto indispen- sabile per ritirarmi in solitudine, nell’attesa che il destino staccasse anche il mio fiore dal prato della vita: una poltrona, due sedie, un letto singolo, una grande libreria, un tappeto persiano (di inestimabile valore affettivo, appartenuto a suo tempo a mia mamma, morta nel regalarmi la vita). Più pochi altri oggetti che mi resi conto non essere così importanti, come un grosso tavolo in legno massiccio, forse mogano, appartenuto a mio padre; un comodino secentesco, ma di dubbio valore; e soprattutto uno specchio. Un grande spec- chio, nella cui cornice in legno, era intagliata una fantasia floreale, come a voler trasmettere buon umore a chi, veden- do il riflesso di un uomo appassito, deturpato dalle rughe, buon umore non ha più. Avrei voluto portare un figlio con me, ma nel rispetto della vita, non ne misi mai al mondo. Avrebbe sofferto la fame, per una semplice libido di egoismo di un uomo inutile, quale sono e quale sono sempre stato. La cucina, angusta ma paradossalmente accogliente, era sede dell’unico mio acquisto: un frigorifero, nuovo modello, plu- riaccessoriato. Come se per tenere freschi i cibi ci volessero più accessori… Arrivai lì, davanti il frigo, trascinando i piedi, costretti sotto il peso di una schiena sempre più magra ma sempre più gre- ve. Lo aprii. Non sapevo neanche io cosa stessi cercando, ma rimasi piacevolmente soddisfatto da ciò che vi trovai e che, inconsciamente, mi aspettavo di trovare. Uno scolapasta rosso gremiva di insalata, ormai ammuffita ai bordi marroni, che sapevo da giorni non avrebbero toccato le mie labbra secche e sottili. Lì accanto, accatastate come vecchie cianfrusaglie nella bottega di un fabbro in pensione, altre verdure: carote, zucchine, pomodori... Soltanto il mar- rone della muffa rovinava lo spettacolo cromatico che offriva quel melange vegetariano. Chissà da quanti giorni non mangiavo. Ma fame non ne avevo di certo. Ed eccola: nascosta, vibrante di paura, tra gli ortaggi c’era lei. Ansimava, e mi guardava terrorizzata, come se si aspet- tasse l’ennesima violenza: con ansia ma rassegnazione. Tre- mava in modo talmente violento e spropositato che gli stessi prodotti vegetali che gli facevano da inerme scudo, più iner- me di lei, pulsavano come fossero vivi ma morenti, in preda a folli convulsioni. Le si leggeva il panico negli occhi, e delle inconsce lacrime le rigavano il viso come intente a scappare da quei bulbi gonfi, pronti ad esplodere. Tesi una mano, in modo paterno e amico, ma si mise a urla- re, come nell timore di essere violentata ancora. O almeno, forse l’intento era quello di urlare, ma muta, l’unico frutto dell’estremo sforzo, fu quello di spalancare la bocca inutil- mente. Dopo qualche secondo, e dopo aver ritirato la mia mano, si accorse di non riuscire ad emettere alcun suono. Non aveva il diritto di urlare lei, ma soltanto l’onere di ascol- tare. Che peccato; così bella ma così sfortunata. Ci guardammo ancora per qualche secondo. Tentavo di rassicurarla, sorridendole. Lei ansimava, come una giovane donna nell’atto supremo d’amore di dare alla luce un figlio. Ma non c’era alcun amore; solo paura, panico vero e proprio. “Cos’è successo, piccola?” le domandai. Sentendo la mia voce calda e umana, provenire dalla bocca di me, mostruoso e inquietante, sembrò lì lì per acquietarsi. Lentamente smise di tremare, e prima di lei le carote, che non erano state ferme un secondo. Le lacrime cominciarono a scendere più lentamente, per inerzia. Forse si sentii protetta, forse mi riconobbe come “buono” dalla voce, innocuo. In fondo chi più di lei aveva conosciuti tanti uomini? Esitava, ma le labbra sussultarono ripetutamente, combat- tendo la paura che pian piano cedeva il posto ad un’innatu- rale fiducia, nel tentativo di rispondermi. Voleva risponder- mi, e l’avrebbe fatto. Paziente aspettai, qualche minuto o forse qualche ora, questo non lo so. “Perché lo fate?” esordì “ Perché vi uccidete, vi martoriate, deturpate le vostre vite, incendiate le case del vostro vicino? Perché rubate le donne, come fossero oggetti, e assassinate i vostri simili, colpevoli di reati nati dalla vostra stessa fantasia? Perché provate un macabro piacere a spogliare della dignità chi possiede soltanto quella, nel vanto di essere migliori del prossimo? Perché lo fate? Da millenni vi osservo, e osservo anche chi come voi, respira e si nutre. Non ho mai visto cani vendicare un morso uccidendo a sangue freddo famiglie di altri cani, o rapendo i loro cuccioli. Non ho mai visto leoni uccidere per divertimento, né ho mai visto pesci sollevarsi su invisibili piedistalli comandando e alienando chi, come loro, condivide la stessa acqua.” Colpito dal dovuto stupore, mi lasciai trascinare sempre più dalla voce così innocente e fru- strata della mia interlocutrice. Andava a ruota libera, si stava sfogando e difficilmente riuscivo a starle dietro. Ma capivo. Capivo benissimo quello che stava cercando di comunicar- mi. Non era stata violentata, né torturata. Era soltanto stata spettatrice involontaria della bestialità dell’uomo. Ma lei era la Luna, e non poteva scappare. “Perché?! E’ la domanda che vi ponete più spesso questa: -perché?- . Neanche voi sapete darvi una risposta, e vi arro- vellate costantemente per trovarla, nella consapevolezza che non esista, davvero, un perché. Sono stanca, non riesco più a guardarvi, ostentando forzati sorrisi, regalandovi la luce. Vivete nell’oscurità, voi e le vostre anime, non avete più bi- sogno del mio candore.” La guardai sconfortato negli occhi, ormai nuovamente gonfi di lacrime. Il suo sguardo mi penetrava con veemenza, come il proiettile d’un soldato penetra il corpicino di un bambino vestito soltanto della sua nudità. E attraverso le sue stesse lacrime vedevo il sangue, più di quanto la televisione me ne abbia mai fatto vedere. Vedevo stupri, infanticidi, vedevo denaro, denaro e denaro. L’angoscia mi assaliva. Baudelaire e Poe niente erano a confronto. Questa era la realtà, e la sua sofferenza continuava a ricordarmelo, con spietata crudezza e insensibile sensibilità. “Luna. Non tornare lassù. Non sei mai stata la bella ere- ditiera, lo riconosco adesso, non hai deciso tu di sederti in prima fila, non hai deciso tu che film vedere né che cosa essere. Forse adesso ho capito chi sei veramente e quanto son fortunate le stelle, così lontane, così ignare. La tua bellezza è stata straziata dalla nostra ira, dai nostri impulsi, dalle no- stre bramosie. La tua poesia è fuggita via col tempo, e con essa i pochi sognatori che ancora scrivevano di te e per te, che ti accudivano e ti cullavano tra le loro immense braccia. Sei sola, costretta tra le sbarre della gabbia dell’infinito, e il sangue macchia costantemente la tua candida pelle, il tuo frastagliato suolo.” Mi guardava fisso negli occhi, stupita di tanta umanità, che raramente ancor le capitava di notare. Le avevo ridato la vita, inconsapevolmente. Sbalordita, si scosse ripetutamen- te, come a riprendere coscienza e mi sorrise. “Vieni via con me.” Si voltò ancora sorridente di malinconia, guardando attra- verso la porta, quella che conduceva al mio studio. Seguii il suo sguardo e arrestai improvvisamente il mio, sconvolto, su di me. Ero seduto sulla poltrona, con il classico Sveviano tra le mani. La testa leggermente inclinata, abbandonata sul RICCARDO CALDARERA V D il vecchio e la luna
  • 7. Le stelle e il loro ciclo vitale eruzioni solari SCIENZA E TECNOLOGIA 13 SAMUELE NERI I S Il sole è la stella, costituita soprattutto da idrogeno ed elio, da cui riceviamo luce e calore. Prima nel mese di genna- io, poi a marzo, il sole ha emesso grandi quantità di energia, provocando disagi alle comunicazioni via satellite, dato che un flusso di protoni si stava avvicinando alla terra a una velocità di 7 milioni di chilometri all’ora. Per fortuna l’eruzione si è calmata in poche ore. L’origine di queste tempeste solari è un brillamento, ossia delle violente emissioni di energia alle quali si associa un intenso flusso di particelle atomiche. Spesso queste esplosioni avvengono vicine a macchie solari (aree meno calde, che appaiono perciò di colore più scuro) dove il campo magnetico si contorce fino a spezzare le proprie linee e ricomporsi nuovamente. L’energia emessa dai brillamenti fuoriesce sottoforma di raggi X e raggi gamma. Le esplosioni si classificano in 5 classi ( A, B, C, M, X), a seconda dell’intensità, dove ogni classe è 10 volte più potente della precedente. Qualche settimana fa, si sono riuniti i rappresentanti di oltre 25 tra i paesi tecnologicamente più avanzati per l’International Living with a Star (ILWS), in Germania, per discutere l’importanza di sviluppare metodi migliori per le previsioni meteorologiche spaziali. Come si è già detto sopra le esplosioni solari provocano disagi agli apparecchi tecnologici, quindi un’esplosione più grande di quella del mese di Marzo potrebbe disturbare a lungo la tecnologia terrestre. Ad esempio, nel 1989, una tempesta solare particolarmente intensa annullò i segnali di un’intera provincia canadese. Ma in questo periodo il rischio di eruzioni solari è in aumento, di conseguenza crescono anche le conseguenze per la Terra. In questo momento, il Sole è in una fase di attività crescente, e raggiungerà il massimo nel 2013, quindi secondo gli esperti l’allarme non cesserà fino alla fine del 2013. L a vita milionaria delle stelle è forse uno dei fenomeni più magnifici che esistano nell’universo; potremmo quasi paragonarla alla vita umana, poiché, come questa, è instabile. Essa ha inizio nelle nebulose molecolari, cioè un luogo in cui si sono ammassati materiali in grado di dare alla luce una stella partendo dalla formazioni di idrogeno molecolare. Dopo un certo periodo di tempo, i materiali presenti nella nebulosa collassano sotto l’influenza della loro stessa forza di gravità, dando origine a una protostella che, in seguito (anche dopo milioni di anni), darà origine a una stella. Il tempo che una nebulosa impiega a formarsi varia in rapporto alla grandezza del corpo : • Le stelle massicce rimangono nel periodo di collasso per circa un centinaio di migliaia di anni; • Le stelle di dimensioni medie escono dal collasso dopo dieci o quindici milioni di anni ; • Le stelle troppo piccole per innestare le reazioni di fusione nucleare daranno alla luce una nana bruna; Una volta superato il periodo di collasso arriviamo all’innesto, fase in cui iniziano i processi di fusione nucleare, generalmente fusioni formate da catene del tipo protone-protone; nelle stelle massicce, invece, le fusioni sono del genere di ciclo CNO (carbon, nytrogen, oxygen), così la tendenza dell’astro ad espandersi dovuta alle forze create dalle razioni nucleari viene contrastata dalla tendenza a concentrarsi dovuta alla forza gravitazionale. Entrata in questo processo di stabilità finalmente la stella è nata. Essa per il 90% della sua vita rimarrà in questa fase di stabilità (sequenza principale) in cui gli atomi di idrogeno si fondono continuamen- te e danno origine ad atomi di elio. La sua durata dipende dalle dimensioni della stella e dal tempo in cui si esaurisce l’idrogeno utilizzato per la fusione nucleare. Stelle come le supergiganti o le giganti rosse esauriscono il loro carburante in molto meno tem- po rispetto alle stelle più piccole che rimangono così per miliardi e miliardi di anni. Inoltre, sono determinanti per la durata della sequenza principale anche l’intensità del campo magnetico e la quantità di materia espulsa dal vento solare. Arriviamo ora a una parte molto importante dell’evoluzione stellare, poiché deciderà la sorte della stella che, avendo esaurito l’idrogeno necessario per alimentare la fusione nucleare , a seconda della sua grandezza, si trasformerà in stelle di diverse caratteristiche: - Se la stella ha dimensioni minori rispetto a quelle del Sole, darà origine a una nana bianca, astro molto denso che dopo diversi miliardi di anni si trasformerà in una nana nera; - Se la stella ha dimensioni medie, simili a quelle del Sole, per prima cosa si avrà una grossa contrazione seguita dall’aumento di temperatura del nucleo che farà espandere gli strati esterni della stella. A questo punto saranno necessari delle reazioni nucleari che produrranno molto più calore ed energia (ciclo CNO) e che daranno origine ad una gigante rossa e, successivamente, ad una nebulosa planetaria; - Se la stella, invece, ha delle dimensioni che superano di 60 volte quelle del Sole, innanzitutto, attraverso le reazioni nucleari cre- erà al suo interno quasi tutti gli elementi esistenti nell’universo fino a quelli sempre più pesanti, e in seguito, dopo aver subito un’ implosione ed una forte esplosione chiamata supernova, disperderà i suoi strati esterni in cui erano presenti molti degli elementi che si sono formati dalle reazioni nucleari, originando un buco nero o, in altri casi, una stella di neutroni. ANTONIO SCHIFANI I A pensieri e parole 12 comodo schienale, era rivolta verso la finestra. Ero pallido, e il petto immobile mi lasciava intuire che ero lì, ma al con- tempo, non lo ero più. L’abatjour era spenta, e impolverata, come il tavolino su cui poggiava. Mi avvicinai, varcando la soglia della porta, e mi fermai, ancora con la bocca aperta, inorridita, davanti al mio corpo esanime. Notai con estrema difficoltà, visto il paralizzante stupore del momento, dei fogli, adagiati in mezzo al libro che ancora, il mio me senza vita, teneva tra le mani fredde. Avvolto da una sensazione di annichilimento e smarrimento totale, presi, tremando, i fogli tra le mani e lessi. Intanto, una fioca luce entrava orgogliosa e invadente dalla finestra, e illuminava con indiscrezione quei fogli, ricamati da una scrittura così dolcemente rude e delicata, che ricono- scevo essere la mia, ma d’altri tempi. Il testo cominciava così: “Quella notte era talmente buia, che mai prima d’allora ne vidi una così tenebrosa e inquietante. O forse, più semplicemente, non prestai mai molta atten- zione al cielo notturno. Sempre immerso nelle letture più disparate com’ero, intento a cercar di soggiogare l’inesorabi- lità del tempo, l’unica luce che illuminava i miei da fare era quella dell’abatjour sul tavolino accanto la poltrona.” ANTONINO FARAONE III E L’UOMO DEL TREMILA C he tipo strano è l’uomo del tremila... È estremamente solitario, ma a che gli serve stare con gli amici, quando ha il suo mondo dentro casa? Non ama l’arte l’uomo del tremila. Per lui il più grande dei capolavori è il più alto dei grattaceli, il più evoluto dei robot, il più divertente videogioco… Non sa scrivere l’uomo del tremila; non sa neppure cosa sia una penna. Ma che memorie deve tramandare? Che cultura dimostrare? A che fantasia deve dare libero sfogo? Non ha fantasia l’uomo del tremila; egli può fare di tutto, perché immaginare un mondo migliore? Non legge l’uomo del tremila. Non gli è consentito. A che serve conoscere Cicerone, Cesare e Platone? A cosa serve sapere che pensava Socrate? Citare Dante può far vincere una guerra? E poi no, i libri sono scomodi, danno troppi spunti di riflessione. Non sa amare l’uomo del tremila, ogni suo sentimento è represso; non c’è più tanta differenza tra Robot e umani nel tremila. Se i primi diventano sempre più intelligenti, i secondi sempre più simili alle macchine; piegare l’uomo al pro- prio volere non è poi tanto diverso da dare un comando ad un computer. L’uomo del tremila è immerso nel suo lavoro; e quando non lavora, ci pensano i computer a tenerlo impegnato. È vitale che l’uomo del tremila non si fermi mai a pensare; Pensare fa male… Non pensa l’uomo del tremila. Ma non ne ha bisogno, c’è chi lo fa al posto suo, si interessa di tutti e accontenta tutti a patto che tutti lo rispettino. Ma l’uomo del tremila accetta questa situazione. la sua giornata è troppo impegnativa per protestare. Che tipo strano è l’uomo del tremila... Pensaci, quanto è diverso dall’uomo del duemila?
  • 8. C NTEMPORANEAMENTE 14 Lo sai che 15 I l cioccolato è uno degli alimenti preferiti dall’uomo. Fin dai tempi antichi ci ha conquistato con il suo sapore dolce: per i Maya era il cibo degli dèi; gli europei, dopo averlo im- portato negli anni successivi alla scoperta dell’America, l’han- no piantato nelle colonie africane. Ai nostri giorni, ogni anno vengono spesi circa 68 miliardi di euro per acquistare questa delizia, in particolare duranti il periodo di San Valentino. La domanda del cioccolato cresce annualmente, ma un evento sta sconvolgendo la popolazione di produttori e consumatori: la pianta del cacao, il Theobroma cacao, è in via d’estinzione. Le cause sono numerose e sono anche dovute alle condizioni difficili di coltura della pianta. L’albero del cacao è un sempre- verde alto dai cinque ai dieci metri e ne esistono dieci varietà che appartengono alla stessa specie. Il suo frutto, detto cabossa, ha la forma di una palla da rugby e contiene al suo interno i preziosi semi di cacao e una gelatina zuccherina: con i primi si fa il cacao, con la seconda il burro di cacao, l’ingrediente alla base del cioccolato bianco. La pianta richiede cinque anni per dare i primi frutti ed è capricciosa: il Theobroma cacao,infatti, cresce solo nelle fasce tropicali, perché ha bisogno di tempera- ture calde e di una continua irrigazione. I produttori del ca- cao sono, quindi, una parte molto ristretta della popolazione mondiale. Inoltre la pianta è estremamente suscettibile poiché moltissimi funghi e parassiti la attaccano da millenni e conti- nuano a farlo in maniera sempre crescente. In Brasile un fungo, detto “scopa delle streghe”, ha ridotto la produzione dell’80% dal 1988, spingendo molte famiglie di agricoltori ad emigrare nelle aree urbane. Un’altra malattia diffusa nell’ America La- tina è la “frosty pod rot”, che tradotto significa “marciume delle cabosse che lascia segni simili a quelli dovuti alle gelate” (alcuni nomi sono quasi intraducibili). In Africa occidentale è presente il virus dello “swolen shot” (“gonfiore dei germogli”). Nell’Asia orientale una falena, la “cocoa pod borer”, perfora il guscio della cabossa, distruggendone i semi. Il problema è che questi parassiti potrebbero migrare e riuscire ad attaccare anche le piantagioni di cacao limitrofe. Ma non finisce qui, ci sono altri problemi che non dipendono dall’azione della natu- ra. La Costa d’Avorio e il Ghana producono il 70% del cacao mondiale e queste zone sono poverissime: la resa agricola è un terzo del totale e i contadini non possono permettersi insettici- di, fertilizzanti e altri sistemi di innovazione agricola. Perciò in questi luoghi il cacao è coltivato secondo i capricci della natura: basta un periodo di siccità o un aumento delle piogge (spesso provocato dall’inquinamento globale) ed il raccolto è rovinato, con un danno economico notevole per i produttori. Inoltre, il cacao in quei paesi assume la funzione di moneta: ad esem- pio, se un contadino non ha i soldi per ripagare i debiti, vende cinque o sei cabosse e ottiene la somma necessaria. La perdita dei frutti è, quindi, deleteria. Per risolvere questo problema le soluzioni, purtroppo, sono poche. Molti scienziati sudameri- cani e statunitensi che stanno analizzando l’albero del cacao dal punto di vista genetico hanno scoperto che, poiché le dieci varietà appartengono alla stessa specie, è molto probabile che queste risultino vulnerabili agli stessi parassiti, agli stessi funghi e agli stessi insetti. Per questo si cercano degli esemplari che siano particolarmente resistenti. Questi esemplari sono tuttavia molto rari e finora ne sono stati trovati due: il “vascular-streack dieback” nel sudest Asiatico ed una specie resistente alla “fro- sty pod rot” in Costarica. Quest’ultimo, però, produce cacao di bassa qualità; nonostante questo gli agricoltori dell’America Latina l’hanno utilizzato per creare degli innesti con lo scopo rafforzare le proprie piante. La strada per il raggiungimento di un’agricoltura sostenibile è ancora lunga, ma la collaborazione tra biologi e produttori garantirà lunga vita al “cibo degli dei” e… grande felicità al nostro palato. CHE MONDO SARà SENZA NUTELLA? DAVIDE ANGELINI I C Un po’ di satira con le divertenti vignette di Daniele Piscitello, di V B
  • 9. ALICE CALANDRA II H RECENSIONI 16 «Si ha sempre questa idea di essere capitati nella partita sbagliata, e che con le nostre carte chissà cosa saremmo riusciti a fare se solo ci sedevamo ad un altro tavolo da gioco. […] certo era stufa di perdere. Come le ho detto, aggiunse, cambiare le carte è impossibile, non resta che cambiare il tavolo da gioco» TRE VOLTE ALL’ALBA «Poi disse che bisogna stare attenti quando si è giovani perché la luce in cui si abita da giovani sarà la luce in cui si vivrà per sempre, e questo per una ragione che lui non aveva mai capito» I n Mr Gwin, romanzo di Baricco uscito lo scorso anno, si accenna a un libro scritto da un angloindiano e inti- tolato Tre volte all’alba; in questi mesi lo scrittore ci ha regalato proprio la realizzazione di quel libro, «un po’ per dare un lieve e lontano seguito a Mr Gwin e un po’ per il piacere di inseguire una certa idea che avevo in testa». In 94 pagine Alessandro Baricco riesce a condurci in una realtà inverosimile nella quale il tempo ha il potere di in- trecciare, non si sa se per casualità o destino, varie vite, vari pensieri, varie sofferenze e varie seconde opportunità. Il libro consiste in tre capitoli per tre racconti, con una peculiarità: l’ordine in cui si leggono, qualunque sia, non cambia il senso ed il messaggio del libro. Questi seguono il filo della vita di un uomo rimasto orfano da bambi- no e caduto, da adulto, in un illegale giro di soldi che l’ha portato alla prigione; incontra tre donne: dopo la morte dei suoi genitori, una poliziotta prossima alla pen- sione che subito prova per lui tanta pena e tanta tenerezza; da adulto, una donna sua coetanea che si scoprirà legata anche lei alle forze di polizia; da anziano, ormai uscito di prigione, una ragazza giovane in cattiva compagnia. Le costanti sono cinque: un uomo, una donna, un albergo, il bisogno di trovare una casa, e un’alba che accompagna il loro conoscersi. La fantasia di questo scrittore e la sua ca- pacità di tessere trame così originali e profonde lascia sem- pre un po’ stupiti, e fa si che la riflessione sulla storia resti una necessità anche dopo avere concluso l’ultima riga. La scrittura è semplice ma di effetto: dialoghi brevi, vir- gole ponderate, scene descritte più attraverso i pensieri di chi le compone che tramite parole; tutto nel migliore sti- le di Baricco. Quest’ultimo riesce a rendere i personaggi umani e reali, abbastanza deboli da permetterci l’immede- simazione e la vicinanza ad entrambi, tanto deboli quanto particolari ed intelligenti. Tre volte all’alba è un bellissimo libro, e candidamente porta la certezza che il tempo, l’età, gli errori, le storie possono cambiare, ma l’amore è sempre la sesta costante. IL SORRISO DELL’IGNOTO MARINAIO RECENSIONI 17 ANTONINO FARAONE III E N e “Il sorriso dell’ignoto marinaio” di Vincenzo Consolo si seguono le vicende della tormentata Cefalù, città natale del barone Enrico Pirajno Di Mandralisca, alle prese con i moti rivoluzionari del 1860. Il romanzo si apre con l’immagine del barone in viaggio su una nave da Lipari verso Cefalù con, al sicuro tra le sue braccia, un ritratto di ignoto di Antonello da Messina. Il dipinto l’aveva strappato dalle grinfie della figlia di uno speziale di Lipari che, infastidita dallo sguardo provoca- torio e dal sorriso irritante dell’uomo, lo aveva sfregiato incidendo due tagli proprio all’altezza di quel sorriso che sembra prendersi gioco dell’osservatore. Consolo non segue unicamente le vicende del Mandra- lisca, ma allarga i confini della narrazione “catturando” momenti di vita paesana: descrive i festeggiamenti di Ce- falù, il pellegrinaggio di un lavoratore di Pomice malato di silicosi verso il santuario della Madonna Nera di Tindaro, trova spazio anche per riportare frammenti di documenti ufficiali dell’epoca nonché della “enciclopedia dei gastero- podi di Sicilia” scritta dallo stesso Barone. Avviene un giorno ad Alcàra li Fusi un evento insolito, che porterà con se grande agitazione: Una domenica la messa viene interrotta dall’improvviso ingresso di un ere- mita che preannuncia morte e distruzione per tutto il paese; si tratta dell’ingresso dei Garibaldini in Sicilia e i seguenti moti rivoluzionari, accolti con veemenza dal po- polo contadino. Enrico Pirajno, recatosi ad Alcara presso il barone Cre- scenzio Manca per proseguire i suoi studi sulle lumache, rimane profondamente colpito dai moti del 17 Maggio 1960. Questo evento è per lui un enorme stimolo a ricer- care il suo vero ruolo nella società. Scriverà di suo pugno una lettera all’amico Interdonato, Procuratore della Corte di Messina, schierandosi in difesa dei contadini rivoluzio- nari della Sicilia. Il Barone è caratterizzato da una forte personalità, è tur- bato da profondi conflitti interiori e riesce a mettere in crisi l’idea che ognuno di noi ha di intellettuale. L’intellettuale di Consolo deve essere capace di “dar voce agli emarginati, ai perdenti, a coloro che brevemente hanno voluto opporsi con gesti estremi e che di conse- guenza hanno dovuto affrontare un destino peggiore: la fucilazio- ne, la detenzione”. Non a caso Corrado Stajano sarà il primo a commentare l’ope- ra come «un nuovo “Gattopardo”, ma più sottile, più inten- so», seguito da Paolo Milano che parla del libro come un «Gat- topardo riscritto dai suoi avversari” ». L’opera, ricca di significati e suggestive immagini, è stato il primo grande capolavoro di Vincenzo Consolo, autore novecentesco originario di Sant’Agata di Militello, un pic- colo paese nei pressi di Messina. Il linguaggio di Consolo risulta piuttosto complesso per il lettore e molto più incline ad una forma di prosimetro, più che di prosa, rispecchiando la sua poetica secondo cui “Non si possono scrivere romanzi perché ingannano il let- tore”. Non bisogna però considerare Consolo un avanguardista, ma piuttosto un continuatore di quella linea che, parten- do da Verga e passando da Gadda, giunge fino al più mo- derno Mastronardi. La sua Lingua, ben diversa da quella che Leopardi chiamava “lingua geometrizzata”, è frutto della mescolanza di elementi dialettici e poetici. Seguendo questo complesso stile Consolo ha partorito meravigliosi endecasillabi come quello riguardo alla storia “Che vorticando dal profondo viene” , disegnando una contorta immagine della Sicilia e dei Siciliani che bene si identificano con il quadro dell’Antonello, da cui eredi- tano quell’aspetto di arrogante superiorità ed allo stesso tempo di profonda atopia; Siciliani sempre alla ricerca di un futuro che immaginano perfetto, quasi come la coclea delle lumache, che tanto appassionano il Barone e che inutilmente molti tentano di raffigurare.
  • 10. Giochi 18 giochi 19 BU NE VACANZE! E adesso, un po’ di svago! ecco qualche Sudoku e un Cruciverba adatto a noi studenti del liceo scientifico 2 3 8 5 2 9 42 1 2 2 2 3 3 4 5 5 5 5 6 6 6 7 7 7 8 8 8 9 9 9 1 1 2 2 3 3 3 4 4 4 5 6 6 6 7 7 8 8 8 9 9 9 1 3 1 6 7 7 9 2 2 9 6 4 4 6 7 8 9 5 5 5 2 2 3 3 3 il più celebre dei giochi di logica: Il Sudoku. inserire nelle righe, nelle colonne e nei riquadri del- lo schema i numeri da 1 a 9 senza ripetizioni Orizzontali 1. Il matematico della foto 12. Può esserlo il peso 13. Lo sono alcune parentesi 16. Quattro e quattro 17. Tipo di scavo per valutare la natura di un terreno 20. Negazione 21. Può essere quadrata ma anche cubica 26. I prodotti più noti 31. Inizio di errore 32. Quello di un punto è un intervallo aperto 34. Chilometri quadrati 35. Stati Uniti d’America 36. Inizio di un database 37. Cantante noto con un numero 39. Novara 40. Collega il computer alla linea telefonica 42. Arrivano alla fine 45. Società Anonima 46. Divisione 47. Doppia nella somma 48. Ciocca di capelli non liscia 49. Fa coppia con allora 50. Lo si dà un libro appena scritto 52. Santissimo 53. Lo sono i solidi il cui asse non è perpendicolare alla base 56. Strutture algebriche da matrimonio 57. Dieci più di cento 58. Moneta europea 59. Ce ne sono due nei raggi 60. C’è quello Medio Verticali 1. Una funzione che ha l’incognita nell’esponente 2. Libro di Banana Yoshimoto 3. Il fisico della gravitazione 4. Novantanove 5. Olio inglese 6. Dipartimento di Fisica 7. Un tedesco 8. Iniziali del matematico degli insiemi 9. Lettera greca 10. Caratteristica delle matrici 11. Disegno per idee 14. Quantificatore universale 15. In mezzo alla radice 18. Sorella 19. Ottuso a metà 21. Diminuire 22. Studia le funzioni 23. Consonanti nei dati 24. Terreno bagnato dallo Ionio 25. Cromo 27. Vocali nel convesso 28. Vulcano siciliano 29. Lo Shado di Guerre Stellari 30. Una nozione basilare dell’analisi 31. Chiarisce la teoria 33. Dittongo nel coefficiente 35. Udine 38. Radiofrequenza 41. Ellisse 43. Tomografia Computerizzata 44. Indice di borsa 45. Sufficienza a scuola 46. Data Source Name 49. Né tuo né mio 51. Millecinquantacinque 54. In mezzo al chiuso 55. Quoziente respiratorio 56. Argento
  • 11. REDAZIONE: Caporedattore: Giulia Catalisano V B Vicecaporedattore: Eugenio Cannata IV C Redattore: Alice Calandra II H Impaginazione e Grafica: Antonino Faraone III E Gloria Varrica III R Docente Referente: Prof.ssa Elena Santomarco Hanno Collaborato: Riccardo Caldarera V D Alessandro Di Salvo III O Daniele Piscitello VB Davide Marletta I A Alfredo Chiodi III E Manfredi La Guardia II P Manfredi Mariano V E Emanuele Milazzo I C Samuele Neri I S Antonio Schifani I A Alice Calandra II H Fausto Carano VA