Raggi e il vertice farsa con beppe grillo. qualcuno chiami i carabinieri il foglio
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La bambolina e il vertice farsa.
Gentilmente chiamate i carabinieri
In un paese serio sarebbe già in campo un'iniziativa legale per lo scioglimento di un
movimento reazionario come quello di Grillo. I giornali, nel frattempo, cazzeggiano
di Giuliano Ferrara 17 Dicembre 2016 alle 23:18
" Luigi Di Maio, Beppe Grillo, Virginia Raggi, Alessandro Di Battista (foto LaPresse)
L’informazione italiana è andata per anni ormai appresso al vaffanculo di Gribbels, ha
registrato senza troppe emozioni l’affermazione di un antipartito fuorilegge che impone
penali per contratto al principio costituzionale della libertà di mandato, ha scortato in video e
in pagina e on line (non dimentico mai i sottili guasti della badessa Lucia Annunziata) vecchi
marpioni come Rodotà-tà-tà e nuovi furbetti come Di Battista-ta-ta e Di Maio-yo-yo, e ora se
la cava con quattro fesserie sul garantismo o sui tecnici alla Marra che “Travaglio poteva-non-
sapere” e che “ci vorrebbe il napalm sui palazzi per estirpare questa genia estranea alla
purezza degli onesti”.
Sono buffoni, ma non viene nemmeno più da ridere. Sono un veterano delle campagne contro
i moralizzatori moralizzati, contro quelli che gabbano il popolo bue con il mito nazista della
trasparenza razziale antipolitica, fanno pasticci indecenti con le leggi e la Costituzione, poi
alimentano i forconi e i loro arresti squadristici, infine si ritrovano in manette o estromessi
dalla politica con poca dignità e misteriosamente perché qualcosa di sordido pare non quadri
(un Marra braccio destro di una Raggi, un Di Pietro braccio violento della legge e infiniti altri
datori di lezioni finiti dietro la lavagna della corruttela). L’anno prossimo fanno vent’anni
dalla campagna del Mugello contro il pm della Mercedes e dei cento milioni cash in scatola da
scarpe che ha fatto la rivoluzione di mani Pulite, dico di Mani Pulite, e poi come faranno mille
altri dopo di lui si è messo in politica con il sostegno corale di D’Alema Prodi Veltroni a fare
controllo di legalità tra gli applausi dementi della folla e delle tricoteuses del giornalismo
italiano corrivo. Un veterano ormai perfino rauco, che non ha più voglia nemmeno di parlarne,
figuriamoci l’impressione del caso Marra-Raggi, l’eterno ritorno dell’identico.
Che c’entra il garantismo? A parte che gli assegni circolari sono assegni circolari, il
costruttore Scarpellini è Scarpellini, anche un deficiente dovrebbe capire che la questione
saliente non sta lì, dove si farà un processo più serio della fantasmagoria di Mafia Capitale e si
vedrà, ma nella bambolina imbambolata fatta sindaco di Roma a furor di popolo bue, spinta
avanti, ché a lui gli viene da ridere, dal comico goebbelsiano che vuole distruggere e ha già
mezzo distrutta la democrazia italiana a colpi di insulti, minacce squadriste e in alleanza con
una società commerciale che in nome di Rousseau pretende cose che solo gli estortori
pretendono dagli eletti del popolo, la penale. In un paese serio sarebbe già in campo da mesi
un’iniziativa legale per lo scioglimento di un movimento reazionario e fuorilegge che mette
una rete opacamente controllata da affaristi al servizio di un progetto politico di eversione
delle isituzioni, da aprire come scatole di tonno.
Invece ho visto un compassato e mesto Enrico Mentana che, data la stessa misura alla storiella
di Sala e alla fosca vicenda del Campidoglio, nella scaletta furbetta del suo Tg, cazzeggia sulla
comparsata del disturbatore Paolini mentre sta fingendo di raccontare il vertice dei 5 stelle
nella camera di un albergo di passo occupato da Gribbels e invaso da questuanti vari del nuovo
potere, finti leader, amici e nemici di una sindaca che non è compos sui, e che non vuole o non
può, forse non può, riconoscere il Marra che è vicino a lei e dietro di lei, “uno dei ventitremila
dipendenti comunali di Roma”. Il veterano si sente preso per i fondelli, ovvio, e si domanda:
un vertice? Va bene che l’avventura di Berlusconi e un po’ mia è cominciata da quelli che
Mentana, passeggiando nel parco di Arcore, derideva con humour “I protocolli dei Savi di
Arcore”, va bene che la seconda Repubblica ha dell’informale, e che oggi la Trump Tower
decide della Casa Bianca tra marmi pacchiani e ori luccicanti, ma qui si tratta dell’albergo
qualunque, del comico che viene a fare il turista politico da Genova di quando in quando, qui è
una farsa tragica senza capo né coda, non c’è neanche il tentativo di dare una forma
accettabile, decorosa, a un processo politico sedicente rivoluzionario. Un vertice? Una
riunione privata fuori controllo, un via vai di non si sa chi, un tentativo primitivo e selvaggio
di imporre come classe dirigente la solita accozzaglia di frustrati e portavoce della
frustrazione sociale diffusa. Invece di seguire passo passo, deliziata, lo sfarinarsi della
democrazia in Italia, una informazione che si voglia libera e responsabile dovrebbe sostituire
la critica, l’analisi, la denuncia alla sociologia della crisi dappoco alla quale si è rassegnata,
non senza voluttà, dando il calcio d’avvio telegenico alle campagne grilline più sconcertanti. I
carabinieri che finora non hanno potuto o voluto denunciare per tentato sequestro di persona
i forconi di Osvaldo Napoli, e si sono limitati a interpellarli con un genile “chi è lei?”,
dovrebbero entrare in quell’albergo e chiedere ai mandanti dello sfascio italiano risibile,
grottesco, magari gentilmente: “ma chi è lei?”.