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IL VALORE DEL MARCHIO
   DEL PROSCIUTTO DI SAN DANIELE


                    Mario Emilio Cichetti
Direttore generale - Consorzio del prosciutto di San Daniele

               Pordenone, 13 marzo 2013
Il Consorzio del prosciutto di San Daniele

Il Consorzio del prosciutto di San Daniele è stato costituito nel 1961,
e fin da allora associa tutti i produttori, dal 2002 associa anche gli
allevatori ed i macellatori.

Le sue principali funzioni sono:

• la tutela e la difesa della denominazione e del marchio del
prosciutto di San Daniele, della produzione e del commercio;

• la promozione e la divulgazione delle informazioni sul prodotto;

• la definizione delle attività per il miglioramento continuo della
qualità del prodotto e dei processi produttivi.
I numeri del San Daniele (dati al 31.12.2012)

N. produttori:                                                                     31
N. occupati:                                                                  650 ca

N. allevamenti riconosciuti:                                                4.700 ca

N. macelli riconosciuti:                                                         120
Produzione 2012:                                                          2.646.816
                                                                    (-1,6% sul 2011)
Vendite:                                                                     + 2,5 %
                                                                       (al 31.12.2012)
Export:                                                      13,5% della produzione

Prosciutto di San Daniele affettato: confezioni prodotte e               12.500.000
certificate nel 2012
1) I prodotti DOP- IGP ed il Made in Italy

L’agro-alimentare italiano come altri importanti settori produttivi del nostro
Paese (moda, design, opere dell’ingegno, etc.) ha da sempre contribuito ad
esportare nel mondo quello che viene comunemente chiamato il “Made in
Italy”, e che rappresenta all’estero la nostra tradizione produttiva, culturale,
tecnica, di eccellenza e qualità, ma anche l’esempio di un certo stile di vita
che viene apprezzato dai consumatori anche a livello internazionale.

Contenuti questi che l’industria italiana impegnata nel comparto dei prodotti
agro-alimentari tipici è riuscita con successo a riversare anche, e
soprattutto, nelle sue produzioni di punta e di qualità come prosciutti,
salumi, formaggi, olii, vini, etc.

Non a caso, infatti, tra i prodotti italiani “da esportazione” figurano tra i primi
posti anche le produzioni alimentari tipiche con quote pari al 15-20%.
2) I prodotti DOP- IGP ed il Made in Italy

In una Nazione che esporta diverse migliaia di tonnellate di prodotti
alimentari trasformati ogni anno - come l’Italia - i prodotti DOP ed
IGP nel 2012 hanno accresciuto la quota export.

Infatti, si registra nell’export dei prodotti agro-alimentari tipici una
crescita delle vendite, ad ulteriore riprova che anche dai mercati
internazionali è percepito chiaramente l’alto contenuto qualitativo di
questo tipo di produzioni.
1)     Denominazioni Italiane:
                       Qualità e Valore aggiunto

•   Se il Made in Italy agro-alimentare gode di un forte successo commerciale
    nel panorama mondiale, l’altra faccia della medaglia è costituita dal fatto
    che maggiori sono la rinomanza e la notorietà dei suoi prodotti e/o dei
    sui marchi

•   All’estero si registrano i maggiori tentativi di imitazione, evocazione, o
    abuso nei confronti dello stesso

•   Tutti noi, addetti ai lavori e non, conosciamo bene i diversi e numerosi
    tentativi di mistificazione di produzioni italiane generiche all’estero, che
    vengono fatte passare appunto per “italiane” con l’utilizzo di “bandierine
    tricolori”, evocazioni di denominazioni note (arcinota quella del “parmesan”),
    e richiami più o meno espliciti alla millantata generale italianità del prodotto
    (anche attraverso l’utilizzo della lingua italiana sulla presentazione delle
    confezioni e del “trade dress”)
2) Denominazioni Italiane:
                   Qualità e Valore aggiunto

•   Certo la contraffazione costituisce anche uno dei tanti “marker” uno
    degli elementi, che contribuiscono ad indicare il grado di successo di un
    prodotto a livello internazionale, a riprova del fatto che un marchio, o una
    denominazione, o addirittura la sola origine di un prodotto, spesso vengono
    - essi stessi - percepiti come elementi che incrementano il valore aggiunto e
    quindi la qualità percepita del prodotto stesso.

•   Per contro appare altresì evidente il potenziale danno di natura patrimoniale
    e di immagine che questi arrecano o possono arrecare alle produzioni
    originali-autentiche.

•   In Italia, forse più che altrove, esistono produzioni a denominazione, per cui
    il prodotto italiano stesso incarna una sorta di brand. Questo avviene
    quando la produzione è talmente nota che paradossalmente il suo marchio
    diventando sinonimo coincidente con il prodotto tende quasi a
    “volgarizzarsi”.
3) Denominazioni Italiane:
                Qualità e Valore aggiunto

• Un’altra caratteristica tipica del nostro Paese è che il “marchio”
  del prodotto tipico è spesso un patrimonio comune
  storicamente condiviso da un intero comparto produttivo, così
  come dimostra la storia di oltre mezzo secolo di vita dei
  Consorzi di tutela italiani.

• I Consorzi di Tutela sono costituiti da un aggregato di produttori ed
  aziende che hanno per prime “fatto sistema” per impiantare una
  produzione che fosse garantita su determinati standard comuni di
  prodotto e che nel contempo supportasse il sistema industriale-
  aziendale      nelle    proprie       performances       economiche
  (commercializzazione ed export) oltre che produttive.
4) Denominazioni Italiane:
               Qualità e Valore aggiunto

• La tutela conferita dall’Unione Europea con i sistemi DOP ed IGP ai
  sensi del Reg. CE 510/2006 costituisce un positivo ulteriore
  elemento di valorizzazione

• ma pare ancora un non altrettanto efficace sistema di difesa e
  controllo sui possibili abusi ai danni delle Denominazioni e
  Indicazioni Geografiche Protette, abusi che verosimilmente si
  originano dal valore qualitativo percepito e dalla positiva immagine
  che l’acronimo DOP o IGP su certe produzioni conferisce al prodotto
  o ai prodotti che si fregiano di questi marchi di qualità
Prodotti tipici ed industria: il caso italiano

• Il fenomeno costituto dalle grandi produzioni di formaggi e prosciutti
  italiani la dice lunga sulla scelta storicamente compiuta dal sistema
  agro-industriale ed economico del nostro Paese: orientare nel
  tempo le proprie produzioni di spicco e di eccellenza verso
  produzioni fortemente legate con             il territorio e con la
  tradizione agro-alimentare e culturale italiana.

• Rinnovando e sviluppando quello che è stato il patrimonio della
  produzione agro-alimentare del nostro Paese per secoli, produzione
  che si è enfatizzata alla fine dell’ottocento e durante il novecento
  quale fenomeno industriale macroeconomico a livello nazionale, e
  oggi divenuto sotto l’aspetto commerciale di livello internazionale.
Prodotti tipici ed industria: il caso italiano

• L’industria italiana ha quindi da tempo scelto di orientare parte
  della propria produzione sulle produzioni tipiche, costituendo un
  fenomeno che conosce fenomeni similari per dimensione e
  diffusione forse solo in Francia ed, in forma minore, in Spagna

• I prodotti DOP e IGP italiano costituiscono il 38% del totale delle IG
  europee (fonte Commissione UE 2013)

   Alcune produzioni tipiche storicamente legate ad un limitato territorio
   nazionale si sono evolute in un complesso sistema agro-industriale
   che le ha proiettate anche nell’export, confermando sotto certi
   aspetti la forza della tradizione e dell’esperienza italiane, che bene
   si adattano anche alle produzioni destinate a mercati lontani.
1) Filiera del prosciutto DOP: caso italiano


• In particolare il mondo dei prosciutti italiani a DOP costituisce un
  forte elemento di traino dell’economia di filiera nazionale, che si
  sostiene a monte, con le performances di mercato che la produzione
  tipica conferisce al comparto, la sopravvivenza e l’economicità
  dell’intera filiera produttiva.

• Per meglio comprendere il virtuoso volano attivato dalla
  valorizzazione delle produzioni sottostanti i prosciutti DOP, si
  pensi che questi consentono di trainare un sistema (primario)
  zootecnico, agricolo ed industriale (composto da diverse
  tipologie    di    imprese:   allevamento,     macellazione    e
  trasformazione) che sottende alla produzione trasformata ai fini
  della DOP per un valore che si trasferisce sulle cosce suine
  destinate alla produzione DOP e per importi superiori al 60%
  del totale della quotazione complessiva della carcassa.
2) Filiera del prosciutto DOP: caso italiano

• Lo start up del sistema di certificazione e controllo in applicazione
  del Reg. 2081/92 è stato per i sistemi consortili di tutela italiani
  certamente problematico, a tratti forse anche traumatico, ma da
  parte loro è stato sempre e comunque teso ad attivare un nuovo
  modo di intendere la garanzia e la qualità sul prodotto, e le relazioni
  operative con la filiera.

• Le intuizioni originali a cui s’è fatto riferimento riguardarono sia la
  redazione del Disciplinare di produzione ma anche, e soprattutto, i
  nuovi scenari delineati dalla applicazione del Regolamento (CE) n.
  1151/2012 e dai nuovi sistemi di controllo introdotti a seguito del
  recepimento della norma comunitaria in ambito nazionale
CON LA QUALITA’ FUORI DALLA CRISI

                 Tre i punti salienti della politica di sviluppo del Consorzio:

Il sistema Consorzio – Le Regole di Base - Il Valore del Marchio

1. Consorzio
    Il Consorzio è esperienza collettiva che è partita dalla base dei produttori (nel 1961)
    Quello dei consorzi è un sistema prevalentemente italiano adottato storicamente dai
    grandi prodotti della tradizione agro-industriale per gestire il prodotto ed il comparto
    produttivo

2. Le Regole di base produttive e del competere

   - Regole orizzontali condivise:
   standard produttivi
   limiti e paletti - auto imposti - alla libera attività produttivi d’impresa

   - Politiche di qualità che devono anticipare e, se possibile, precorrere i tempi
1) Case history:
    il marchio del prosciutto di San Daniele

Il Marchio ad ombrello del Consorzio

I marchi e le certificazioni stanno alla base della tutela di un valore collettivo

Tra le azioni intraprese per modificare l’approccio del Consorzio e dei Produttori sulle
questioni alla base della valorizzazione del prodotto si colloca lo studio sul Valore del
marchio “ di San Daniele”. Nel luglio 2008 il Consorzio ha presentato alla Stampa e
alle Istituzioni un innovativo studio sul valore del marchio “ di San Daniele” presso il
Ministero delle Politiche Agricole a Roma.
La ricerca realizzata dalla Ernst & Young rappresenta un unicum nel panorama
valutativo italiano in quanto si tratta della prima stima di carattere economico che
viene effettuata su una DOP in Italia. La valutazione della DOP è stata effettuata
utilizzando due criteri metodologici, giudicati i più idonei dalla prevalente dottrina e
prassi professionale internazionale: il metodo dei risultati differenziali (che consente
di quantificare il differenziale economico che il marchio è in grado di generare sulla
redditività complessiva dei produttori), ed il metodo del relief from royalties (che
consente di quantificare il “risparmio di royalties”, ovvero il beneficio economico che
deriva della titolarità del marchio). Dall’applicazione di tali metodi, come noto, la
valorizzazione della DOP è stata determinata in un intervallo ricompreso tra 184 e
207 milioni di Euro.
2) Case history:
       il marchio del prosciutto di San Daniele

•   Tale valutazione consente di apprezzare i vantaggi che, l’utilizzo di un bene
    immateriale collettivo, è in grado di generare in termini di visibilità, prestigio e
    redditività per tutti i produttori facenti parte del Consorzio del di San Daniele e non
    solo. Tra le diverse finalità, questa valutazione può anche essere utilizzata come
    elemento di supporto per il riconoscimento e la difesa del valore della DOP, fornire
    indicazioni sull’avviamento latente in capo alle aziende facenti parte del Consorzio di
    San Daniele e suggerire elementi per la definizione di un sistema
    contributivo/associativo fondato su logiche valutative.

•   Lo studio ha aperto uno scenario nuovo ed unico a livello nazionale. Il prosciutto di
    San Daniele è il primo prodotto DOP che ha affrontato un’analisi di questo tipo sul
    suo comparto produttivo e sul portato di valore patrimoniale della DOP stessa (anche
    a livello comunitario). Le implicazioni dello studio si potranno quindi riflettere
    utilmente sia sui regolamenti che sulle direttive del Consorzio, ma potranno anche
    costituire degli importanti ed innovativi input per le Istituzioni sia nazionali che
    comunitarie. L’approccio relativo alla valutazione del marchio è un sistema moderno
    che può consentire di aprire una nuova fase nella valorizzazione dei prodotti come il
    San Daniele che possono da esso trarre spunto anche per ulteriori e diversi strumenti
    di tutela e valorizzazione.

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Mario Emilio Cichetti - Il valore del marchio del prosciutto di San Daniele_13.03

  • 1. IL VALORE DEL MARCHIO DEL PROSCIUTTO DI SAN DANIELE Mario Emilio Cichetti Direttore generale - Consorzio del prosciutto di San Daniele Pordenone, 13 marzo 2013
  • 2. Il Consorzio del prosciutto di San Daniele Il Consorzio del prosciutto di San Daniele è stato costituito nel 1961, e fin da allora associa tutti i produttori, dal 2002 associa anche gli allevatori ed i macellatori. Le sue principali funzioni sono: • la tutela e la difesa della denominazione e del marchio del prosciutto di San Daniele, della produzione e del commercio; • la promozione e la divulgazione delle informazioni sul prodotto; • la definizione delle attività per il miglioramento continuo della qualità del prodotto e dei processi produttivi.
  • 3. I numeri del San Daniele (dati al 31.12.2012) N. produttori: 31 N. occupati: 650 ca N. allevamenti riconosciuti: 4.700 ca N. macelli riconosciuti: 120 Produzione 2012: 2.646.816 (-1,6% sul 2011) Vendite: + 2,5 % (al 31.12.2012) Export: 13,5% della produzione Prosciutto di San Daniele affettato: confezioni prodotte e 12.500.000 certificate nel 2012
  • 4. 1) I prodotti DOP- IGP ed il Made in Italy L’agro-alimentare italiano come altri importanti settori produttivi del nostro Paese (moda, design, opere dell’ingegno, etc.) ha da sempre contribuito ad esportare nel mondo quello che viene comunemente chiamato il “Made in Italy”, e che rappresenta all’estero la nostra tradizione produttiva, culturale, tecnica, di eccellenza e qualità, ma anche l’esempio di un certo stile di vita che viene apprezzato dai consumatori anche a livello internazionale. Contenuti questi che l’industria italiana impegnata nel comparto dei prodotti agro-alimentari tipici è riuscita con successo a riversare anche, e soprattutto, nelle sue produzioni di punta e di qualità come prosciutti, salumi, formaggi, olii, vini, etc. Non a caso, infatti, tra i prodotti italiani “da esportazione” figurano tra i primi posti anche le produzioni alimentari tipiche con quote pari al 15-20%.
  • 5. 2) I prodotti DOP- IGP ed il Made in Italy In una Nazione che esporta diverse migliaia di tonnellate di prodotti alimentari trasformati ogni anno - come l’Italia - i prodotti DOP ed IGP nel 2012 hanno accresciuto la quota export. Infatti, si registra nell’export dei prodotti agro-alimentari tipici una crescita delle vendite, ad ulteriore riprova che anche dai mercati internazionali è percepito chiaramente l’alto contenuto qualitativo di questo tipo di produzioni.
  • 6. 1) Denominazioni Italiane: Qualità e Valore aggiunto • Se il Made in Italy agro-alimentare gode di un forte successo commerciale nel panorama mondiale, l’altra faccia della medaglia è costituita dal fatto che maggiori sono la rinomanza e la notorietà dei suoi prodotti e/o dei sui marchi • All’estero si registrano i maggiori tentativi di imitazione, evocazione, o abuso nei confronti dello stesso • Tutti noi, addetti ai lavori e non, conosciamo bene i diversi e numerosi tentativi di mistificazione di produzioni italiane generiche all’estero, che vengono fatte passare appunto per “italiane” con l’utilizzo di “bandierine tricolori”, evocazioni di denominazioni note (arcinota quella del “parmesan”), e richiami più o meno espliciti alla millantata generale italianità del prodotto (anche attraverso l’utilizzo della lingua italiana sulla presentazione delle confezioni e del “trade dress”)
  • 7. 2) Denominazioni Italiane: Qualità e Valore aggiunto • Certo la contraffazione costituisce anche uno dei tanti “marker” uno degli elementi, che contribuiscono ad indicare il grado di successo di un prodotto a livello internazionale, a riprova del fatto che un marchio, o una denominazione, o addirittura la sola origine di un prodotto, spesso vengono - essi stessi - percepiti come elementi che incrementano il valore aggiunto e quindi la qualità percepita del prodotto stesso. • Per contro appare altresì evidente il potenziale danno di natura patrimoniale e di immagine che questi arrecano o possono arrecare alle produzioni originali-autentiche. • In Italia, forse più che altrove, esistono produzioni a denominazione, per cui il prodotto italiano stesso incarna una sorta di brand. Questo avviene quando la produzione è talmente nota che paradossalmente il suo marchio diventando sinonimo coincidente con il prodotto tende quasi a “volgarizzarsi”.
  • 8. 3) Denominazioni Italiane: Qualità e Valore aggiunto • Un’altra caratteristica tipica del nostro Paese è che il “marchio” del prodotto tipico è spesso un patrimonio comune storicamente condiviso da un intero comparto produttivo, così come dimostra la storia di oltre mezzo secolo di vita dei Consorzi di tutela italiani. • I Consorzi di Tutela sono costituiti da un aggregato di produttori ed aziende che hanno per prime “fatto sistema” per impiantare una produzione che fosse garantita su determinati standard comuni di prodotto e che nel contempo supportasse il sistema industriale- aziendale nelle proprie performances economiche (commercializzazione ed export) oltre che produttive.
  • 9. 4) Denominazioni Italiane: Qualità e Valore aggiunto • La tutela conferita dall’Unione Europea con i sistemi DOP ed IGP ai sensi del Reg. CE 510/2006 costituisce un positivo ulteriore elemento di valorizzazione • ma pare ancora un non altrettanto efficace sistema di difesa e controllo sui possibili abusi ai danni delle Denominazioni e Indicazioni Geografiche Protette, abusi che verosimilmente si originano dal valore qualitativo percepito e dalla positiva immagine che l’acronimo DOP o IGP su certe produzioni conferisce al prodotto o ai prodotti che si fregiano di questi marchi di qualità
  • 10. Prodotti tipici ed industria: il caso italiano • Il fenomeno costituto dalle grandi produzioni di formaggi e prosciutti italiani la dice lunga sulla scelta storicamente compiuta dal sistema agro-industriale ed economico del nostro Paese: orientare nel tempo le proprie produzioni di spicco e di eccellenza verso produzioni fortemente legate con il territorio e con la tradizione agro-alimentare e culturale italiana. • Rinnovando e sviluppando quello che è stato il patrimonio della produzione agro-alimentare del nostro Paese per secoli, produzione che si è enfatizzata alla fine dell’ottocento e durante il novecento quale fenomeno industriale macroeconomico a livello nazionale, e oggi divenuto sotto l’aspetto commerciale di livello internazionale.
  • 11. Prodotti tipici ed industria: il caso italiano • L’industria italiana ha quindi da tempo scelto di orientare parte della propria produzione sulle produzioni tipiche, costituendo un fenomeno che conosce fenomeni similari per dimensione e diffusione forse solo in Francia ed, in forma minore, in Spagna • I prodotti DOP e IGP italiano costituiscono il 38% del totale delle IG europee (fonte Commissione UE 2013) Alcune produzioni tipiche storicamente legate ad un limitato territorio nazionale si sono evolute in un complesso sistema agro-industriale che le ha proiettate anche nell’export, confermando sotto certi aspetti la forza della tradizione e dell’esperienza italiane, che bene si adattano anche alle produzioni destinate a mercati lontani.
  • 12. 1) Filiera del prosciutto DOP: caso italiano • In particolare il mondo dei prosciutti italiani a DOP costituisce un forte elemento di traino dell’economia di filiera nazionale, che si sostiene a monte, con le performances di mercato che la produzione tipica conferisce al comparto, la sopravvivenza e l’economicità dell’intera filiera produttiva. • Per meglio comprendere il virtuoso volano attivato dalla valorizzazione delle produzioni sottostanti i prosciutti DOP, si pensi che questi consentono di trainare un sistema (primario) zootecnico, agricolo ed industriale (composto da diverse tipologie di imprese: allevamento, macellazione e trasformazione) che sottende alla produzione trasformata ai fini della DOP per un valore che si trasferisce sulle cosce suine destinate alla produzione DOP e per importi superiori al 60% del totale della quotazione complessiva della carcassa.
  • 13. 2) Filiera del prosciutto DOP: caso italiano • Lo start up del sistema di certificazione e controllo in applicazione del Reg. 2081/92 è stato per i sistemi consortili di tutela italiani certamente problematico, a tratti forse anche traumatico, ma da parte loro è stato sempre e comunque teso ad attivare un nuovo modo di intendere la garanzia e la qualità sul prodotto, e le relazioni operative con la filiera. • Le intuizioni originali a cui s’è fatto riferimento riguardarono sia la redazione del Disciplinare di produzione ma anche, e soprattutto, i nuovi scenari delineati dalla applicazione del Regolamento (CE) n. 1151/2012 e dai nuovi sistemi di controllo introdotti a seguito del recepimento della norma comunitaria in ambito nazionale
  • 14. CON LA QUALITA’ FUORI DALLA CRISI Tre i punti salienti della politica di sviluppo del Consorzio: Il sistema Consorzio – Le Regole di Base - Il Valore del Marchio 1. Consorzio Il Consorzio è esperienza collettiva che è partita dalla base dei produttori (nel 1961) Quello dei consorzi è un sistema prevalentemente italiano adottato storicamente dai grandi prodotti della tradizione agro-industriale per gestire il prodotto ed il comparto produttivo 2. Le Regole di base produttive e del competere - Regole orizzontali condivise: standard produttivi limiti e paletti - auto imposti - alla libera attività produttivi d’impresa - Politiche di qualità che devono anticipare e, se possibile, precorrere i tempi
  • 15. 1) Case history: il marchio del prosciutto di San Daniele Il Marchio ad ombrello del Consorzio I marchi e le certificazioni stanno alla base della tutela di un valore collettivo Tra le azioni intraprese per modificare l’approccio del Consorzio e dei Produttori sulle questioni alla base della valorizzazione del prodotto si colloca lo studio sul Valore del marchio “ di San Daniele”. Nel luglio 2008 il Consorzio ha presentato alla Stampa e alle Istituzioni un innovativo studio sul valore del marchio “ di San Daniele” presso il Ministero delle Politiche Agricole a Roma. La ricerca realizzata dalla Ernst & Young rappresenta un unicum nel panorama valutativo italiano in quanto si tratta della prima stima di carattere economico che viene effettuata su una DOP in Italia. La valutazione della DOP è stata effettuata utilizzando due criteri metodologici, giudicati i più idonei dalla prevalente dottrina e prassi professionale internazionale: il metodo dei risultati differenziali (che consente di quantificare il differenziale economico che il marchio è in grado di generare sulla redditività complessiva dei produttori), ed il metodo del relief from royalties (che consente di quantificare il “risparmio di royalties”, ovvero il beneficio economico che deriva della titolarità del marchio). Dall’applicazione di tali metodi, come noto, la valorizzazione della DOP è stata determinata in un intervallo ricompreso tra 184 e 207 milioni di Euro.
  • 16. 2) Case history: il marchio del prosciutto di San Daniele • Tale valutazione consente di apprezzare i vantaggi che, l’utilizzo di un bene immateriale collettivo, è in grado di generare in termini di visibilità, prestigio e redditività per tutti i produttori facenti parte del Consorzio del di San Daniele e non solo. Tra le diverse finalità, questa valutazione può anche essere utilizzata come elemento di supporto per il riconoscimento e la difesa del valore della DOP, fornire indicazioni sull’avviamento latente in capo alle aziende facenti parte del Consorzio di San Daniele e suggerire elementi per la definizione di un sistema contributivo/associativo fondato su logiche valutative. • Lo studio ha aperto uno scenario nuovo ed unico a livello nazionale. Il prosciutto di San Daniele è il primo prodotto DOP che ha affrontato un’analisi di questo tipo sul suo comparto produttivo e sul portato di valore patrimoniale della DOP stessa (anche a livello comunitario). Le implicazioni dello studio si potranno quindi riflettere utilmente sia sui regolamenti che sulle direttive del Consorzio, ma potranno anche costituire degli importanti ed innovativi input per le Istituzioni sia nazionali che comunitarie. L’approccio relativo alla valutazione del marchio è un sistema moderno che può consentire di aprire una nuova fase nella valorizzazione dei prodotti come il San Daniele che possono da esso trarre spunto anche per ulteriori e diversi strumenti di tutela e valorizzazione.