discorso generale sulla fisica e le discipline.pptx
*US 13154 La Grande Guerra sul Carso. Segni di guerra..., luoghi di pace.
1. ITT «G.G.Marinoni»-Udine
LA GRANDE GUERRA
SUL CARSO.
Segni di guerra …, luoghi di
pace.
La ricerca approfondisce i contenuti del video dallo stesso titolo
2. Struttura della ricerca
Il conflitto sul fronte
dell’Isonzo
La guerra e la vita di trincea
I luoghi della memoria I segni della guerra e della pace
3. La storia della Grande Guerra sul Carso ci
racconta di truppe che, già nella notte tra
il 23 e 24 maggio 1915, si avvicinavano al
confine sul fronte del fiume Isonzo.
Il piano di guerra era quello di avanzare
rapidamente, ma ben presto i capi
dell’esercito italiano dovettero fare i
conti con le alture del Carso, a sinistra del
fiume, che si rilevarono formidabili
baluardi difensivi.
4. 24 maggio 1915
I soldati italiani attraversano la frontiera
con l'Austria-Ungheria dando inizio così alla
Grande Guerra
Addio padre e madre addio
Canzone di anonimo 1916
Addio padre e madre addio,
che per la guerra mi tocca di partir,
ma che fu triste il mio destino,
che per l'Italia mi tocca morir.
Quando fui stato in terra austriaca
subito l'ordine a me l'arrivò,
si dà l'assalto la baionetta in canna,
addirittura un macello diventò
E fui ferito, da una palla al petto,
e i miei compagni li vedo a fuggir
ed io per terra rimasi costretto
mentre quel chiodo lo vedo a venir.
" Fermati o chiodo, che sto per morire,
pensa a una moglie che piange per me ",
ma quell'infame col cuore crudele
col suo pugnale morire mi fà
Sian maledetti quei giovani studenti
che hanno studiato e la guerra voluto,
hanno gettato l'Italia nel lutto
per cento anni dolor sentir
Per sentire la canzone vai a
www.cimeetrincee.it/canti.htm
5. L’Isonzo
Dal giugno 1915 al settembre 1917, poco
prima della ritirata di Caporetto, sul fronte
isontino, l’esercito italiano sferrò undici
offensive.
Monte S.Michele, Monte Sei Busi, Monte Calvario,
Monte Sabotino, Monte Hermada, Oslavia, Monte Santo,
Monte S.Gabriele e S.Daniele, Monte S.Marco e S.Caterina
sono i nomi dei luoghi che sul Carso ricordano le cruenti
battaglie che costarono le vite di centinaia di migliaia di
soldati italiani.
7. A sinistra l'Italia nel 1915; a destra l'Italia oggi.
Indicata dalla frecce la zona del Carso , teatro della
guerra sul fronte italo – austriaco.
8. Sull’Isonzo fu, da subito, una terribile e
logoratrice guerra di posizione o d’assedio,
vissuta e combattuta in
TRINCEA
9. Trincee sul Carso
Obice italiano
In trincea sul M.Podgora
alle porte di Gorizia
Soldati all’assalto di
postazioni nemiche sul
Carso
Le alture del Carso
a est di Gorizia
10. Durante il conflitto la necessità della propaganda
determinò l’aumento della diffusione di giornali e
periodici per incentivare il consenso di soldati e
popolazione nei confronti del conflitto. Nelle
copertine della Domenica del Corriere è esaltato il
coraggio dei soldati nella guerra di trincea.
11. Le trincee ancor oggi segnano il Carso come cicatrici di tante battaglie sul
fronte dell’Isonzo. Sul Carso, più che sugli altri campi di battaglia, fu la
natura del terreno a determinare l’aspetto della trincea. Le trincee erano
scavate nella viva roccia, si adattavano al profilo delle doline … .
La dolina dei bersaglieri sul M. Sei Busi e la trincea delle frasche
13. La trincea impose prove durissime.
In trincea bisognava resistere e obbedire,
avanzare e morire… .
Budelli profondi in cui i soldati coabitavano
forzatamente in una quotidianità desolante,
fortemente condizionata dalla possibilità di
essere uccisi o feriti.
14. «Oh Gorizia tu sei maledetta» è una canzone nella guerra.
Di autore anonimo si dice che venisse cantata dai fanti nelle trincee
italiane durante le interminabili offensive dell’esercito italiano per la presa
di Gorizia. La battaglia di Gorizia (9-10 agosto 1916) costò, secondo i dati
ufficiali la vita a circa 1.800 ufficiali e 50.000 soldati. Fu uno dei grandi
combattimenti sul fronte isontino. Da sempre questo canto viene
considerato il canto simbolo delle barbarie della guerra.
La mattina del cinque di agosto
si muovevano le truppe italiane,
per Gorizia e le terra lontane,
e dolente ognun si partì.
Sotto l'acqua che cadeva a rovescio
grandinavano le palle nemiche.
Su quei monti, colline e gran valli
si moriva dicendo così:
«O Gorizia, tu sei maledetta
per ogni cuore che sente coscienza.
Dolorosa ci fu la partenza,
e il ritorno per molti non fu.»
Voi chiamate il Campo d'Onore
questa terra al di là dai confini...
Qui si muore gridando "Assassini!",
maledetti sarete un di’.
Cara moglie, che tu non mi senti,
raccomando ai compagni vicini
di tenermi da conto i bambini,
che io muoio il suo nome nel cuor.
«O Gorizia, tu sei maledetta
per ogni cuore che sente coscienza.
Dolorosa ci fu la partenza,
e il ritorno per molti non fu.»
Per sentire la canzone vai a www.cimeetrincee.it/canti.htm
15. La vita di trincea sul Carso abbruttisce
l’uomo prima del soldato, ma è anche la
prima grande prova di coesione nazionale.
16. «Patimenti, stragi, mutilati. La Grande
Guerra fu tutto questo. Ma fu anche,
come intuì Benedetto Croce nei giorni di
Caporetto, la prima prova dell’Italia unita.
Il crogiolo in cui si fusero italiani del
Nord e del Sud, di campagna e di città,
analfabeti e laureati. E quella prova
terribile l’Italia la superò. Poteva essere
spazzata via; dimostrò di essere un fatto
compiuto. Non più un’espressione
geografica: una nazione.»
Aldo Cazzullo da Il Corriere della Sera
17. Per la prima volta un conflitto fu
raccontato da coloro che lo
combatterono.
Furono descritte le vicende belliche e
l’ esperienza della vita quotidiana in
trincea.
Momenti dedicati alla
scrittura e alla
quotidianità …
18. Sono una creatura
Come questa pietra
del S. Michele
così fredda
così dura
così prosciugata
così refrattaria
così totalmente
disanimata
Come questa pietra
è il mio pianto
che non si vede
La morte
si sconta
vivendo
Lettere , diari, memorie, canzoni, poesie e opere
narrative sono come tessere di un mosaico di un grande
memoriale della esperienza di guerra….
Veglia
Cima Quattro il 23 dicembre
1915
Un'intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d'amore
Non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita
Fratelli
Mariano il 15 luglio
1916
Di che reggimento
siete
fratelli?
Parola tremante
nella notte
Foglia appena nata
Nell'aria spasimante
involontaria rivolta
dell'uomo presente
alla sua
fragilità
Fratelli
San Martino del
Carso
Valloncello dell'Albero
Isolato il 27 agosto
1916
Di queste case
non è rimasto
che qualche
brandello di muro
Di tanti
che mi
corrispondevano
non è rimasto
neppure tanto
Ma nel cuore
nessuna croce manca
E' il mio cuore
il paese più straziato
19. «Sotto il gran pianto stellare
i morituri sognano:
soffi di vento, gemiti di cose
salgono dalla dolina “dei Morti”.
Rannicchiati, adagiati
i morituri sognano assorti.
Sognan la casa, sognano il podere
questi figli abbronzati
della invitta Calabria; e la foresta
sognano della Sila e del Busento. …
… I loro volti, i loro corpi stanchi,
paion chiedere a Dio: Perché,
perché?
… Stanotte, domani e sempre
sapremo abbeverare
col nostro rosso sangue
la calva arida quota.»
Poesia di Giovanni Cominetti, studente in
Lettere all’Università di Torino, caduto a
ventun’anni il 24 agosto 1917 nei pressi del
dell’Hermada, brano riportato da M. De
Benedetti in «Lettere e scritti di caduti per
la Patria,»Tivoli.
«Finchè è salva la vita, mai paura. Sono un po' stanco, dimagrito, ma in complesso sto bene,
me lo dice la fame straordinaria. Fu un mese di disagi, dormire sempre a terra, magari sotto
la pioggia, mangiare quando era possibile. di pericoli anche, quantunque all'assalto non sia
mai andato; una notte si portò la linea fino a pochi metri dal nemico. Ebbi anche qualche
soddisfazione. Fui sul Carso, a Doberdò. ad Oppachiasella, a Novavas, sul Nad Logem. i siti
ove più brillante fu la nostra avanzata. Fortunatamente la mia compagnia ebbe pochissime
perdite. Ora speriamo godere un po' di riposo e di rimetterci bene prima di tornare a nuovi
cimenti, con la fiducia che la Provvidenza ci assisterà come fino ad ora.»
Lettera di Giuseppe Tessari, studente in legge a Padova, caduto l’1 novembre 1916 in assalto sul Carso.
“Tutto quanto il primo plotone insalsicciato in questo budello
profondo un metro; guai a chi, durante il giorno, si permetta di
allungare uno stinco. Qua, spazio netto, battuto da fucili
puntati durante tutta la notte. Poi, buca del comando di
compagnia. A destra, altra zona scoperta, trattata come l’altra.
Di là fino a noi, tane d’appostamento e qualche breve tratto di
scavo, protetto da pochi sacchetti a terra e da molti morti che ci
fanno da riparo. Bisogna farci lo stomaco, ai morti: vedrai
domani, alla luce del sole. Senti che tanfo? (Oh, alla sera – io
non so il perché cominci a salire, alla sera – questo lezzo ci
ammorba e ci sgomenta. Orribile! Oh! Orribile!). Ebbene,
anche qui, sotto questi sacchetti, c’è una carcassa di ungherese,
conficcata nel fango. Che devo fare? Toglierla? Impossibile. Ci
dormo su.”…
Carlo Sansa in «Trincee.Confidenze di un fante».
20. “Sottotenentini, / ragazzi imberbi e gioviali, / che la gente
seria, / la gente perbene, una volta, / chiamava bèceri /
quando rompevano i vetri / e stracciavano le bandiere / ai
Consolati d’Austria, / eran rimasti lassù, / nel Vallone
dell’Acqua, / al Lenzuolo Bianco, / alla Casa della Morte, /
col grido tra i denti, / col cuore in mano; / colpiti mentre
correvano / davanti al plotone all’assalto, / come se si
trattasse / davvero di scherzare / con l’eternità”.
Tratto da: «La Sagra di Santa Gorizia» di V.Locchi, poemetto sulla presa di
gorizia, pubblicato postumo. Il Locchi morì infatti nel 1917 nel siluramento di
una nave nel M.Egeo nel1917..Vi)
«Di tutti i momenti della guerra, quello precedente l’assalto era il più terribile. “Pronti per l’assalto!” ripeté
ancora il capitano. L’assalto! Dove si andava? Si abbandonavano i ripari e si usciva. Dove? Le mitragliatrici,
tutte, sdraiate sul ventre imbottito di cartucce, ci aspettavano. Chi non ha conosciuto quegli istanti, non ha
conosciuto la guerra.Le parole del capitano caddero come un colpo di scure. La 9° era in piedi, ma io non la
vedevo tutta, talmente era addossata ai parapetti della trincea. La 10° stava di fronte, lungo la trincea, e ne
distinguevo tutti i soldati. Due soldati si mossero e io li vidi, uno a fianco dell’altro, aggiustarsi il fucile sotto
il mento. Uno si curvò, fece partire il colpo e s’accovacciò su se stesso. L’altro l’imitò e stramazzò accanto al
primo. Era codardia, coraggio, pazzia? Il primo era un veterano del Carso»
Emilio Lussu, “Un anno sull’altipiano”, Mondadori, Milano 1970. pag. 125.
“Cinque battaglie dell’Isonzo avevano infranto lo slancio di una selva di petti eroici contro le vette del S. Michele, e la fosca collina
continuava tuttavia a rimanere nelle mani dei valorosi difensori, che parevano essersi uniti con sacro giuramento a quel baluardo di
resistenza, sul quale andava aumentando con ritmo spaventoso l’olocausto delle giovani vite, falciate dalla mitraglia sotto i reticolati.
A chi nei momenti di sosta arrischiava uno sguardo fuor della lugubre trincea non reggeva l’animo di sostenere la vista dei compagni
che, nelle più tragiche positure in cui li aveva colti la morte, si disfacevano nel breve tratto che separava le opposte linee; spesso
accanto alle gloriose salme ormai consunte dalla forza del tempo e degli elementi cadevano senza più speranza i miseri feriti, alla cui
salvezza non giovava l’amore dei superstiti, chè la crudeltà della lotta o la diffidenza che nella carità si mascherasse il tradimento
impedivano alle due parti di essere misericordiose verso i prodi fratelli. Quante volte, scesi dopo giorni di battaglie terribili dalla
prima linea alle posizioni di riserva, nei ricoveri lungo l’Isonzo, mirammo le schiere amiche uscire compatte dalla trincea e salire
all’assalto cruento delle cime del S. Michele! I nostri cuori che conoscevano lo spasimo dell’attacco seguivano trepidanti le ondate
incalzantisi dei compagni, i quali si offrivano al sacrificio lanciando il grido fatidico, subito coperto dal suono sinistro delle
mitragliatrici avversarie. Allora gli occhi nostri si velavano, i nervi si tendevano in uno sforzo doloroso, e come trasognati rimanevamo
con lo sguardo fisso…» A. Zamboni in «Scene e figure della nostra guerra» in fotocopia tratto da www.cimeetrincee.it .
21. «L’Isonzo è custode d’italica passione: sulle
sue rive s’è immolato il fior fiore della
giovinezza. La morte di tanti soldati su
questo fronte resterà pertanto nella storia
quale simbolo di virtù e di sacrificio della
nostra stirpe».
E.Galante «La Guerra sull’Isonzo»,Gorizia,Ed.tip.soc,1958
22. Le grandi opere monumentali
costruite alla memoria dei caduti,
i cippi, le lapidi disseminate un po’
ovunque negli stessi luoghi delle
battaglie sono segni eloquenti di
questo grande sacrificio collettivo.
26. REDIPUGLIA
raccoglie i resti di
più di centomila
soldati caduti sul
Carso e i loro nomi
impressi sui marmi
echeggiano al grido
muto: “PRESENTE!”
scolpito sulla pietra
dei ventidue
gradoni: “ Adamo,
Cassoli, Delogu,
Ippolito, Raggi,
Suma, Giovinazzo,
Tessari……”
27.
28. Oggi, a distanza di 100 anni, questi luoghi della guerra ci parlano solo di pace. Negli
stessi luoghi che ci ricordano i caduti in guerra, è stato eretto il Mausoleo della
pace: nella radura che ha come scenario le alture del Carso e guarda verso il mare
spicca infatti il Colle di Medea, consacrato alla pace.
29. …al suo interno l’urna di legno e bronzo che contiene le zolle
di terra di 800 cimiteri di guerra italiani e stranieri
costituisce un monito per l’intera umanità…
30. L’umanità nella guerra è il tema su cui ci siamo
confrontati nel laboratorio teatrale realizzato
in questo luogo della pace…
31. Mini - glossario
Carso - Noto anche come Altopiano Carsico, è un altopiano roccioso calcareo che si estende nel nord-est
dell'Italia, dai piedi delle Alpi Giulie al mare Adriatico in provincia di Gorizia e di Trieste.
Dolina - E’ una parola di origine slovena e significa semplicemente valle. Dato l'interesse per i fenomeni
carsici, la terminologia internazionale ha fatto proprio questo termine per definire più precisamente una
valle carsica, cioè una depressione tipica del terreno modellato in varie fogge da fenomeni di carsismo.
Guerra di posizione - In antitesi a guerra di movimento, è quella nella quale i due eserciti avversari
rimangono fermi per lungo tempo, schierati l’uno di fronte all’altro e protetti da trincee e altre opere
campali.
Isonzo - E’ un fiume che scorre in parte in Slovenia e in parte in Friuli-Venezia Giulia. In sede storica si
ricorda l'Isonzo quale teatro della Prima guerra mondiale, e delle maggiori operazioni militari sul fronte
italiano dal 1915 al 1917, quindi delle dodici battaglie dell'Isonzo (compresa la disfatta di Caporetto), dove
oltre 300.000 soldati italiani e austroungarici trovarono la morte.
La Domenica del Corriere - Popolare settimanale italiano fondato a Milano nel 1899 e chiuso nel 1989. La
prima e ultima di copertina erano sempre disegnate. A differenza dei settimanali dell'epoca, la Domenica del
Corriere dava ampio spazio alle fotografie e ai disegni, e questo fu uno dei motivi del suo successo.
Medea - Piccolo Comune in Provincia di Gorizia, è posto su un colle di modeste dimensioni, sulla cui sommità
si trova l‘Ara Pacis mundis, grande monumento eretto al termine della Seconda guerra mondiale come monito
contro tutti i conflitti.
Redipuglia - In sé è solamente un Paese agricolo e costituisce Comune assieme al paese di Fogliano, in
provincia di Gorizia, alle falde del Carso. La fama di Redipuglia è legata principalmente agli eventi bellici ed al
Sacrario Militare che vi sorge occupando l'intera fiancata di una collina carsica.
Trincea - Opera di fortificazione costituita da una fossa scavata nel terreno, nella quale i soldati si
difendono dal fuoco del nemico e da cui a loro volta sparano
32. Lavoro svolto dalle classi 2C,4E,5B,5C dell’Istituto
con il coordinamento della prof.ssa Francesca Tonutti