C’è un luogo in Maremma dove l’archeologia si studia non soltanto nei siti e negli scavi ma anche nelle popolazioni viventi di vite silvestre, relitti della viticoltura dei nostri antenati Etruschi.
La valle dell’Albegna nei pressi di Scansano (Grosseto) è stata oggetto di ricerche di archeobotanica che hanno portato a ricostruire i processi di domesticazione secondaria della vite in quest’area e le relazioni genetiche tra le viti selvatiche coltivate dagli Etruschi e ancora oggi presenti e i vitigni toscani.
Nowhere to go but down. La sostenibilità delle cantine ipogee.
Vite selvatica etruschi_archeologia
1. VIGNETO
La vite silvestre
è una pianta
spontanea dioica,
presente nei boschi
e nelle foreste di
tutte le regioni
del Mediterraneo,
con andamento
lianoso, che cresce
prevalentemente
negli ambienti
umidi o lungo
i corsi d’acqua
e utilizza come
sostegno gli alberi
ad alto fusto.
44
VVQ NUMERO DUE - MARZO DUEMILA17
C’
èunluogoin
Maremma
dove l’arche-
ologia si stu-
dia non sol-
tanto nei siti
e negli sca-
vi ma anche nelle popolazioni
viventi di vite silvestre, relitti
della viticoltura dei nostri an-
tenati Etruschi.
La valle dell’Albegna nei pressi di Scansa-
no (Grosseto) è stata oggetto di ricerche di
archeobotanica che hanno portato a rico-
struire i processi di domesticazione secon-
daria della vite e le relazioni genetiche tra
le viti selvatiche coltivate dagli Etruschi e
i vitigni toscani.
Marco Firmati,archeologoseneserespon-
sabile del Museo archeologico della vite e
del vino di Scansano, ci ha accompagnato
alla scoperta delle lambruscaie, le piante di
Vitis vinifera subsp. silvestris che cresco-
no in forma selvatica lungo i corsi d’acqua,
arrampicate agli alberi e che, insieme ai ri-
trovamenti archeologici consentono di ri-
costruire la storia della viticoltura etrusca.
Le tre fasi della domesticazione
La Vitis vinifera è la sola specie europea
del genere Vitis (nelle Americhe al contra-
rio le specie presenti sono molte e diverse)
ed è presente nel nostro continente con due
sottospecie, una forma spontanea, la Vitis
vinifera silvestris, e una forma coltivata
derivante dal processo di domesticazione
della prima, la Vitis vinifera sativa.
Lavitesilvestreèunapiantaspontaneadio-
ica, presente nei boschi e nelle foreste di
tutte le regioni del Mediterraneo, con anda-
mento lianoso, che cresce prevalentemen-
te negli ambienti umidi o lungo i corsi d’ac-
qua. Essa utilizza come sostegno gli alberi
ad alto fusto, dei quali raggiunge con la par-
te aerea e con i frutti le cime poste anche a
diversi metri di altezza.
La differenziazione delle due sottospecie è
avvenuta con l’intervento dell’uomo nella
sua prima azione di miglioramento geneti-
co basata sulla scelta del fenotipo: si parla
di protodomesticazione e successivamen-
te di domesticazione primaria. Per la vite
questi due processi hanno avuto luogo, se-
condo le teorie più accreditate, tra il VI e il
IV millennio a.C. nelle regioni del Caucaso
edell’AsiaMinore.Graziealladomesticazio-
ne primaria e, in seguito, alla selezione e al-
la fissazione dei caratteri utili, hanno avuto
origine la nuova sottospecie V. vinifera sa-
tiva e quindi i primi vitigni, con piante er-
mafrodite e con grappoli e acini più grandi.
Ma poiché la Vitis vinifera silvestris cre-
sce da sempre in tutto il Mediterraneo, nei
secoli altre popolazioni si sono interessate
al suo frutto e hanno avviato processi pa-
ralleli sebbene successivi, detti di domesti-
In Maremma le radici
del vino toscano?ALESSANDRA BIONDI BARTOLINI Consulente R&S
VQ_2017_002_INT@044-046.indd 44 27/02/17 09:54
2. 45
VVQ NUMERO DUE - MARZO DUEMILA17
cazione secondaria, nei quali è plausibile
che siano avvenute sovrapposizioni, ibrida-
zioni e trasferimento di caratteri con pian-
te già domesticate e trasportate con i com-
merci tra le diverse regioni.
Le origini dei vitigni
dell’Italia centrale
Nelle regioni tirreniche e in Etruria il pro-
cesso di domesticazione della vite silvestre
avviene più tardi, tra il III e il I millennio
a.C., mentre è intorno all’VIII secolo che,
con l’importazione dalla Grecia e dalla Ma-
gna Grecia dei primi vitigni già domesti-
cati e della cultura del vino e del simpo-
sio, si afferma una forma più strutturata di
viticoltura. Al vino locale, il temetum, già
prodotto dagli Etruschi dal frutto delle viti
silvestri, si vanno ad affiancare nuove pro-
duzioni di qualità, destinate spesso all’e-
sportazione, ottenute dalle varietà greche
importate. Non è difficile ipotizzare che a
questopuntointervengaunprocessodimi-
glioramento e trasferimento dei nuovi ca-
ratteri anche nelle popolazioni locali di Vi-
tis, con l’ibridazione e l’innesto delle due
sottospecie.
Ma quanto del patrimonio genetico delle vi-
ticoltivatedagliEtruschièancorapresente
nelle varietà dell’Italia centrale e in modo
particolare della Toscana? E come è pos-
sibile rispondere a questa domanda con la
ricerca e la caratterizzazione delle popola-
zioni di silvestris ancora presenti?
Tra scienza e archeologia
Larispostaèstatacercataindueprogettidi
ricerca archeobotanica realizzati a partire
dal 2004 - Vinum e il successivo Archeo-
Vino - che hanno visti impegnati gli arche-
ologi, i botanici e i genetisti dell’Università
di Siena (in una prima fase del progetto è
stata coinvolta anche l’Università di Mila-
no), la Soprintendenza per i Beni Archeolo-
gici della Toscana, il civico Museo Archeo-
logico e della Vite e del Vino di Scansano e
lo studio tecnico Gambassi e Zorzi di Siena.
Le lambruscaie, i luoghi dove si concentra-
no le popolazioni di viti silvestri, sono ben
presenti alle popolazioni locali, che hanno
spesso continuato a raccoglierne fino a po-
chi decenni fa i frutti spontanei. Sono gli
anziani di Scansano e degli altri paesi del-
la Maremma ad aver guidato nel progetto
gli archeologi e i botanici, segnalando le vi-
ti che di generazione in generazione hanno
continuato a crescere nei boschi che fian-
cheggiavano i loro poderi.
La prima mappatura delle popolazioni di
viti silvestri presenti in tutto il territorio
dell’Etruria meridionale metteva in evi-
denza la maggiore concentrazione di pian-
te, oggi allo stato selvatico, nei pressi dei
siti archeologici dove erano testimoniate
anche le attività inerenti alla produzione
di vino.
Il valore dell’isolamento
In modo particolare emergevano le peculia-
rità delle popolazioni vegetali che fiancheg-
giano gli affluenti del bacino del fiume Al-
begna. Insieme agli insediamenti etruschi
- presenti in una valle che oggi appare iso-
lata ma che rappresentava fino al Medioevo
un’importante arteria di comunicazione e
di trasporto, che scendendo lungo il fiume
conduceva al porto di Talamone e a quel-
li dell’Arcipelago toscano - si sono scoperte
pianpianoevidenzediquellacheeraunave-
ra e propria filiera vitienologica del passato.
“A partire dal 2004 - racconta Marco Fir-
mati - grazie anche alle segnalazioni di tan-
te persone, abbiamo individuato un bacino
corrispondente alle valli del torrente San-
guinaio e degli altri affluenti settentrionali
di destra dell’Albegna nel quale si è conser-
vata una straordinaria quantità di viti sil-
vestri. È proprio l’isolamento che ha segui-
to il periodo di attività e fioritura agricola e
commerciale della zona ad aver favorito la
conservazione delle lambruscaie nelle loro
forme più antiche”.
L’analisi del genotipo di queste piante ha
evidenziato una differenziazione rispetto
alle popolazioni selvatiche dovuta alla pres-
sione antropica e l’avvio di un processo che
fa dello Scansanese un sito di domestica-
zione secondaria.
“La domanda che si sono fatti archeologi e
botanici di fronte a queste evidenze è sta-
ta: se queste viti adesso allo stato selvatico
in una valle del tutto isolata non sono esat-
tamente viti silvestri, come e quando sono
diventate così?”, continua Firmati. Sono i
ritrovamenti archeologici e la storia degli
Etruschi e delle loro interazioni con gli al-
tri popoli ad aiutare a dare una risposta.
La zona dello Scansanese diviene in epo-
ca etrusca un’area di produzione del vino,
un’attività che porta ricchezza ai signori
etruschi della zona, come testimoniano le
tombe delle Necropoli di Poggio Marcuc-
cio e Magliano, ricche di vasellame utiliz-
zato nel simposio, e l’insediamento fortifi-
cato di Ghiaccio Forte. Ma all’industria del
vino si collegano altre attività come la pro-
duzione di anfore e corredi da simposio e
la loro esportazione.
Marco Firmati
VQ_2017_002_INT@044-046.indd 45 27/02/17 09:54