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Individui, imprese, enti, istituzioni, da ogni parte si ha la sensazione 
di vivere uno dei momenti più problematici nella nostra storia 
“La parola crisi, scritta in 
cinese, è composta di 
due caratteri. Uno rap-presenta 
il pericolo e l’altro 
rappresenta l’opportunità”. Così 
si pronunciava John Fitzgerald 
Kennedy In un discorso tenuto a 
Indianapolis il 12 aprile 1959. 
Parole che, al di là dell’esatto si-gnificato 
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una attenta riflessione in 
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tutti percepito ad ogni livello, in-terno 
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Individui, imprese, enti, istitu-zioni, 
da ogni parte si ha la sen-sazione 
di vivere uno dei mo-menti 
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nostro Paese negli ultimi de-cenni. 
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Come accade dal lontano 2003, 
anche quest’anno la BancaMon-diale, 
in collaborazione con 
l’IFC (International finance cor-poration) 
ha presentato, grazie al 
prezioso contributo di più di 
9.000 esperti e professionisti, il 
rapporto Doing Business 2013 
(con dati aggiornati al 1° giugno 
2012), valutando le economie di 
185 Paesi e classificandole in 11 
aree di applicazione delle nor-mative, 
per misurare (in ottica 
comparativa, seppur non asso-luta) 
il business environment in 
cui operano le piccole e medie 
imprese. 
Sin dalla premessa del rapporto 
DB 2013 (consultabile al link 
http://www.doingbusiness.org/) 
si presta attenzione all’idea di 
una attività economica fondata su 
regole trasparenti, efficienti, ac-cessibili 
a tutti, che realizzino un 
giusto equilibrio tra la salva-guardia 
di alcuni aspetti impor-tanti 
del contesto economico e la 
necessità di evitare distorsioni 
che impongono costi eccessivi 
per le imprese. 
Dieci anni di dati raccolti hanno 
consentito di verificare come 
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nel settore business (con le rel-ative 
riforme normative) hanno 
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risultati in campo sociale ed 
economico. 
Tale studio prende in conside-razione 
11 aspetti del business: 
start up, richiesta di permessi di 
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protezione della proprietà in-tellettuale, 
disponibilità di cre-dito, 
tutela per gli investitori, si-stema 
fiscale e pagamento del-le 
imposte, scambi commercia-li 
internazionali, tutela contrat-tuale, 
recupero crediti e flessi- 
57 
Imprese e futuro: crisi e opportunità, 
semplificazione e sviluppo 
di Alberto Mascia* 
Notiziario Industriale - n. 24-25 • Gennaio 2013
bilità nelle regole dell’impiego 
dei lavoratori. 
Le prime 10 eccellenze, con il 
miglior business climate sono: 
Singapore, Hong Kong-Cina, 
Nuova Zelanda, Stati Uniti, Da-nimarca, 
Norvegia, Regno Uni-to, 
Corea, Georgia, Australia. 
Il profilo economico dell’Italia 
è stato preso in diretta conside-razione 
nel rapporto DB 2012 (in 
un apposito documento), per 
verificare come la stessa e le 
economie degli altri Paesi si 
classifichino in riferimento alla 
facilità nel fare business. Tale 
indagine è stata avviata dietro 
iniziativa specifica del Diparti-mento 
per la programmazione e 
il coordinamento della politica 
economica (DIPE) della Presi-denza 
del Consiglio che, in data 
14 dicembre 2010, ha firmato un 
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Gruppo Banca Mondiale. 
Nel DB 2013 i risultati rag-giunti 
dal nostro Paese in tale 
speciale classifica sono di seguito 
indicati. Tenendo in consider-azioni 
gli ultimi 3 anni, l’Italia 
inizialmente è arretrata dalla 
posizione 83 avuta nel 2011 alla 
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Brunei, Zambia, Bahamas,Mon-golia, 
tanto per citare quelli im-mediatamente 
prima di noi) del 
2012, per risalire alla 73 nel 
2013. Con riferimento ai singo-li 
argomenti prima indicati, ecco 
i risultati maturati nell’ultimo 
anno e riportati nel DB 2013: 
• start up (starting a business) 
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• tutela per gli investitori – 
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delle imposte - 131° posto; 
• scambi commerciali inter-nazionali 
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• tutela contrattuale (contro-versie 
commerciali) – 160° 
posto; 
• recupero crediti – 31° posto. 
Tra i vari dati, quello che spic-ca 
più di ogni altro, è proprio 
quello legato alla inefficienza del 
processo di risoluzione delle di-spute 
commerciali mediante 
l’utilizzo della strada giurisdi-zionale. 
Il 158° posto su 183 Pae-si 
(dato del 2012) è passato nel 
2013 al 160° posto su 185 Pae-si 
ed è senz’altro un triste pri-interventi
mato, indicativo di una durata ec-cessiva 
del contenzioso (1.210 
giorni), di un numero innume-revole 
di procedure per far ri-spettare 
un contratto (ben 41) e 
con costi pari al 29,9%del valore 
della causa. Prendendo come 
riferimento i dati dal 2004 ad 
oggi, la durata del contenzioso è 
leggermente diminuita (passan-do 
da 1.390 a 1.210 giorni), 
mentre è rimasto invariato il 
numero di procedure e il costo. 
Balza agli occhi come Paesi eu-ropei 
vicini al nostro abbiano dei 
numeri senz’altro più edifican-ti 
con riferimento in particolare 
(ma il discorso si può estendere 
anche a un discorso più ampio) 
all’efficienza del sistema di de-finizione 
delle dispute commer-ciali. 
Pensiamo alla Francia (8° 
posto con 390 giorni), alla Ger-mania 
(5° posto con 394 giorni). 
Nel rapporto DB 2012, sezione 
dedicata all’Unione Europea, si 
rivelava come il buon funziona-mento 
dei Tribunali e la corret-ta 
esecuzione dei contratti, con 
riferimento proprio alle dispute 
commerciali, avrebbe aiutato le 
aziende a espandere la propria 
rete e i mercati, dato loro mag-giori 
probabilità di entrare in 
contatto con nuovi mutuatari o 
clienti, consentito alle stesse di 
avere un maggiore accesso al 
credito; al contrario, senza una 
tutela effettiva in tal senso, le per-sone 
avrebbero potuto fare affari 
solo in famiglia, con amici e al-tri 
con i quali hanno già stabili-to 
delle relazioni. 
Viste tali difficoltà, ilMinistero 
Severino, lo scorso 8 marzo 
2012 ha espressamente sottoli-neato 
come sia prioritario in-nalzare 
la posizione dell’Italia, 
mediante un apposito tavolo 
permanente ‘Doing business: 
profili regolatori’, costituitosi 
presso ilMinistero della Giusti-zia 
insieme ai dicasteri del-l’Economia, 
dello Sviluppo Eco-nomico 
e della Funzione pub-blica, 
con il contributo della 
Banca d’Italia e la partecipazio-ne 
di esperti di associazioni im-prenditoriali 
(Abi, Ania, Con-findustria, 
Alleanza delle Coo-perative, 
Assonime, Rete Im-prese). 
L’obiettivo dichiarato è 
quello di predisporre interventi 
normativi mirati, tra cui quelli in 
tema di processo civile, da adot-tare 
per incrementare la perfor-mance 
dell’Italia. 
Nell’ottica del miglioramento 
del comparto giustizia e del-l’efficienza 
degli strumenti di de-finizione 
delle dispute, anche in 
ambito commerciale e contrat-tuale, 
si inquadra la riforma at-tuata 
con il D.Lgs. 4 marzo 
2010, n. 28, in tema di media-zione 
finalizzata alla concilia-zione 
come strumento di defini-zione 
amichevole e stragiudiziale 
delle controversie. 
L’esperienza maturata in oltre 
due anni di applicazione nor-mativa 
ha prodotto, grazie anche 
agli opportuni accorgimenti e 
alle modifiche intervenute in 
corso d’opera (D.M. 145/2011, 
correttivo del D.M. 180/2010, 
circolari interpretative, modifi-che 
legislative) risultati signifi-cativi 
in termini di pluralità di ca-nali 
di accessi alla giustizia (bet-ter 
access to justice), di sempli-ficazione 
delle procedure per la 
possibile risoluzione di una di-sputa 
(maggiore informalità, 
flessibilità, economicità e rapi-dità), 
di incentivi all’utilizzo 
dello strumento (esenzioni da im-posta 
di bollo e da ogni spesa, 
tassa o diritto di qualsiasi specie 
e natura, esenzione per il verba-le 
di avvenuta mediazione dal-l’imposta 
di registro nei limiti di 
valore di 50.000 euro, previsio-ne 
di un credito di imposta in 
caso di successo e insuccesso 
della mediazione, con un valore 
differente). Un potente stru-mento 
al servizio della colletti-vità, 
ma anche di associazioni, 
imprese, enti. 
In tale contesto di riferimento e 
in periodo di crisi occorre sen-z’altro 
investire nella cultura 
(l’approccio e la gestione di una 
azienda implica una formazione 
sempre più attenta), nelle capa-cità 
personali a fare business, 
nelle agevolazioni normative e 
fiscali per la creazione e svilup-po 
di business, nei meccanismi 
di gestione stragiudiziale delle 
criticità e dei conflitti che 
si ispirino a condivisioni 
di interessi (che in una re-lazione 
commerciale de-vono 
tendere sempre ad 
essere convergenti) e non 
contrapposizione di pre-tese, 
in una maggiore ac-cettazione 
del rischio in-sito 
“Non c’è nulla 
di immutabile, 
tranne 
l’esigenza 
di cambiare“ 
nell’essere impren-ditore 
e nell’aprire con coraggio, 
determinazione e fiducia la pro-pria 
attività professionale a con-testi 
sovranazionali. 
*Avvocato & Partner c/o Studio Legale 
Mascia (Avvocati associati), 
Socio fondatore e Consigliere 
FormaMed srl, 
Vice-Presidente APM 
(Avvocati Per la Mediazione) 
(Eraclito) 
Notiziario Industriale - n. 24-25 • Gennaio 2013 59

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  • 1. Individui, imprese, enti, istituzioni, da ogni parte si ha la sensazione di vivere uno dei momenti più problematici nella nostra storia “La parola crisi, scritta in cinese, è composta di due caratteri. Uno rap-presenta il pericolo e l’altro rappresenta l’opportunità”. Così si pronunciava John Fitzgerald Kennedy In un discorso tenuto a Indianapolis il 12 aprile 1959. Parole che, al di là dell’esatto si-gnificato (studiosi si sono sof-fermati sul termine wēijī, con wēi tradotto con crisi e jī con punto cruciale, opportunità), sol-lecitano una attenta riflessione in merito allo scenario di crisi da tutti percepito ad ogni livello, in-terno ed internazionale. Individui, imprese, enti, istitu-zioni, da ogni parte si ha la sen-sazione di vivere uno dei mo-menti senz’altro più problema-tici e significativi nella storia economica, politica, sociale del nostro Paese negli ultimi de-cenni. Crisi di valori e di pro-spettive, crisi di idee e di risor-se. Come accade dal lontano 2003, anche quest’anno la BancaMon-diale, in collaborazione con l’IFC (International finance cor-poration) ha presentato, grazie al prezioso contributo di più di 9.000 esperti e professionisti, il rapporto Doing Business 2013 (con dati aggiornati al 1° giugno 2012), valutando le economie di 185 Paesi e classificandole in 11 aree di applicazione delle nor-mative, per misurare (in ottica comparativa, seppur non asso-luta) il business environment in cui operano le piccole e medie imprese. Sin dalla premessa del rapporto DB 2013 (consultabile al link http://www.doingbusiness.org/) si presta attenzione all’idea di una attività economica fondata su regole trasparenti, efficienti, ac-cessibili a tutti, che realizzino un giusto equilibrio tra la salva-guardia di alcuni aspetti impor-tanti del contesto economico e la necessità di evitare distorsioni che impongono costi eccessivi per le imprese. Dieci anni di dati raccolti hanno consentito di verificare come interventi aree specifiche della normativa nel settore business (con le rel-ative riforme normative) hanno una diretta connessione con i risultati in campo sociale ed economico. Tale studio prende in conside-razione 11 aspetti del business: start up, richiesta di permessi di costruzione, disponibilità di ener-gia, protezione della proprietà in-tellettuale, disponibilità di cre-dito, tutela per gli investitori, si-stema fiscale e pagamento del-le imposte, scambi commercia-li internazionali, tutela contrat-tuale, recupero crediti e flessi- 57 Imprese e futuro: crisi e opportunità, semplificazione e sviluppo di Alberto Mascia* Notiziario Industriale - n. 24-25 • Gennaio 2013
  • 2. bilità nelle regole dell’impiego dei lavoratori. Le prime 10 eccellenze, con il miglior business climate sono: Singapore, Hong Kong-Cina, Nuova Zelanda, Stati Uniti, Da-nimarca, Norvegia, Regno Uni-to, Corea, Georgia, Australia. Il profilo economico dell’Italia è stato preso in diretta conside-razione nel rapporto DB 2012 (in un apposito documento), per verificare come la stessa e le economie degli altri Paesi si classifichino in riferimento alla facilità nel fare business. Tale indagine è stata avviata dietro iniziativa specifica del Diparti-mento per la programmazione e il coordinamento della politica economica (DIPE) della Presi-denza del Consiglio che, in data 14 dicembre 2010, ha firmato un Accordo di collaborazione con il Gruppo Banca Mondiale. Nel DB 2013 i risultati rag-giunti dal nostro Paese in tale speciale classifica sono di seguito indicati. Tenendo in consider-azioni gli ultimi 3 anni, l’Italia inizialmente è arretrata dalla posizione 83 avuta nel 2011 alla 87 (dietro a Paesi comeAlbania, Brunei, Zambia, Bahamas,Mon-golia, tanto per citare quelli im-mediatamente prima di noi) del 2012, per risalire alla 73 nel 2013. Con riferimento ai singo-li argomenti prima indicati, ecco i risultati maturati nell’ultimo anno e riportati nel DB 2013: • start up (starting a business) - 84° posto; • richiesta di permessi di co-struzione – 103° posto; • disponibilità di energia – 107° posto; • protezione della proprietà in-tellettuale – 39° posto; • disponibilità di credito – 104° posto; • tutela per gli investitori – 49° posto; • sistema fiscale e pagamento delle imposte - 131° posto; • scambi commerciali inter-nazionali - 55° posto; • tutela contrattuale (contro-versie commerciali) – 160° posto; • recupero crediti – 31° posto. Tra i vari dati, quello che spic-ca più di ogni altro, è proprio quello legato alla inefficienza del processo di risoluzione delle di-spute commerciali mediante l’utilizzo della strada giurisdi-zionale. Il 158° posto su 183 Pae-si (dato del 2012) è passato nel 2013 al 160° posto su 185 Pae-si ed è senz’altro un triste pri-interventi
  • 3. mato, indicativo di una durata ec-cessiva del contenzioso (1.210 giorni), di un numero innume-revole di procedure per far ri-spettare un contratto (ben 41) e con costi pari al 29,9%del valore della causa. Prendendo come riferimento i dati dal 2004 ad oggi, la durata del contenzioso è leggermente diminuita (passan-do da 1.390 a 1.210 giorni), mentre è rimasto invariato il numero di procedure e il costo. Balza agli occhi come Paesi eu-ropei vicini al nostro abbiano dei numeri senz’altro più edifican-ti con riferimento in particolare (ma il discorso si può estendere anche a un discorso più ampio) all’efficienza del sistema di de-finizione delle dispute commer-ciali. Pensiamo alla Francia (8° posto con 390 giorni), alla Ger-mania (5° posto con 394 giorni). Nel rapporto DB 2012, sezione dedicata all’Unione Europea, si rivelava come il buon funziona-mento dei Tribunali e la corret-ta esecuzione dei contratti, con riferimento proprio alle dispute commerciali, avrebbe aiutato le aziende a espandere la propria rete e i mercati, dato loro mag-giori probabilità di entrare in contatto con nuovi mutuatari o clienti, consentito alle stesse di avere un maggiore accesso al credito; al contrario, senza una tutela effettiva in tal senso, le per-sone avrebbero potuto fare affari solo in famiglia, con amici e al-tri con i quali hanno già stabili-to delle relazioni. Viste tali difficoltà, ilMinistero Severino, lo scorso 8 marzo 2012 ha espressamente sottoli-neato come sia prioritario in-nalzare la posizione dell’Italia, mediante un apposito tavolo permanente ‘Doing business: profili regolatori’, costituitosi presso ilMinistero della Giusti-zia insieme ai dicasteri del-l’Economia, dello Sviluppo Eco-nomico e della Funzione pub-blica, con il contributo della Banca d’Italia e la partecipazio-ne di esperti di associazioni im-prenditoriali (Abi, Ania, Con-findustria, Alleanza delle Coo-perative, Assonime, Rete Im-prese). L’obiettivo dichiarato è quello di predisporre interventi normativi mirati, tra cui quelli in tema di processo civile, da adot-tare per incrementare la perfor-mance dell’Italia. Nell’ottica del miglioramento del comparto giustizia e del-l’efficienza degli strumenti di de-finizione delle dispute, anche in ambito commerciale e contrat-tuale, si inquadra la riforma at-tuata con il D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28, in tema di media-zione finalizzata alla concilia-zione come strumento di defini-zione amichevole e stragiudiziale delle controversie. L’esperienza maturata in oltre due anni di applicazione nor-mativa ha prodotto, grazie anche agli opportuni accorgimenti e alle modifiche intervenute in corso d’opera (D.M. 145/2011, correttivo del D.M. 180/2010, circolari interpretative, modifi-che legislative) risultati signifi-cativi in termini di pluralità di ca-nali di accessi alla giustizia (bet-ter access to justice), di sempli-ficazione delle procedure per la possibile risoluzione di una di-sputa (maggiore informalità, flessibilità, economicità e rapi-dità), di incentivi all’utilizzo dello strumento (esenzioni da im-posta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura, esenzione per il verba-le di avvenuta mediazione dal-l’imposta di registro nei limiti di valore di 50.000 euro, previsio-ne di un credito di imposta in caso di successo e insuccesso della mediazione, con un valore differente). Un potente stru-mento al servizio della colletti-vità, ma anche di associazioni, imprese, enti. In tale contesto di riferimento e in periodo di crisi occorre sen-z’altro investire nella cultura (l’approccio e la gestione di una azienda implica una formazione sempre più attenta), nelle capa-cità personali a fare business, nelle agevolazioni normative e fiscali per la creazione e svilup-po di business, nei meccanismi di gestione stragiudiziale delle criticità e dei conflitti che si ispirino a condivisioni di interessi (che in una re-lazione commerciale de-vono tendere sempre ad essere convergenti) e non contrapposizione di pre-tese, in una maggiore ac-cettazione del rischio in-sito “Non c’è nulla di immutabile, tranne l’esigenza di cambiare“ nell’essere impren-ditore e nell’aprire con coraggio, determinazione e fiducia la pro-pria attività professionale a con-testi sovranazionali. *Avvocato & Partner c/o Studio Legale Mascia (Avvocati associati), Socio fondatore e Consigliere FormaMed srl, Vice-Presidente APM (Avvocati Per la Mediazione) (Eraclito) Notiziario Industriale - n. 24-25 • Gennaio 2013 59