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Corso di formazione
“EDUCATORE, CONTESTO SCUOLA E FAMIGLIE –
NORMATIVE, RELAZIONI E ATTIVITA’ ”
Modulo 4
“Dall’integrazione all’inclusione”
Docente Prof.ssa Silvia Rosati
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I Bisogni educativi nella scuola attuale
“Ogni studente suona il suo strumento, non c’è niente da fare. La cosa
difficile è conoscere bene i nostri musicisti e trovare l’armonia.
Una buona classe non è un reggimento che marcia al passo, è
un’orchestra che prova la stessa sinfonia. E se hai ereditato il piccolo
triangolo che sa fare solo tintin,o lo scaccia pensieri che fa soltanto bloing
bloing, la cosa importante è che lo facciano al momento giusto, il meglio
possibile, che diventino un ottimo triangolo, un impeccabile scaccia
pensieri, e che siano fieri della qualità che il contributo conferisce
all’insieme. Siccome il piacere dell’armonia li fa progredire tutti, alla fine
anche il piccolo triangolo conoscerà la musica, forse non in maniera
brillante come il primo violino, ma conoscerà la stessa musica.
Il problema è che vogliono farci credere che nel mondo ci siano solo primi
violini”.
(Daniel Pennac-Diario di scuola)
Il contesto
«L’esperienza di inclusione, portata avanti nel nostro Paese dal 1971, ha
fatto sì che una classe italiana – una come tante – dove coesistono
difficoltà, disturbi, disabilità a fianco a tante altre eterogeneità sia la
trama abituale sulla quale costruire i percorsi di apprendimento.
L’elemento della complessità – dove più, dove meno - è una costante delle
classi italiane. Può essere un fattore di crescita, se si riesce a far perno
sulla resilienza e sul valore del “crescere insieme”, inteso come
condivisione e sviluppo del senso di umanità che nel profondo alimenta la
solidarietà, la comprensione, l’umiltà e l’amicizia»
R. Ciambrone, Una didattica per i DSA, Ed Periferia, Cosenza, 2012
Si è visto come passaggi normativi significativi ed un cambio culturale
di prospettiva sia nelle politiche scolastiche europee che in quelle italiane
abbiano assicurato il diritto allo studio di tutti gli alunni.
La progettazione educativo – didattica non può prescindere dallo status
quo della nostra scuola e dalla consapevolezza che nelle nostre classi ci
siano molti alunni con difficoltà nell‟ambito dell‟apprendimento e dello
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sviluppo di competenze: dai più tradizionali disturbi specifici
dell‟apprendimento (dislessia, disgrafia, discalculia), al disturbo da deficit
attentivo con o senza iperattività, a disturbi nella comprensione del testo,
alle difficoltà visuo - spaziali, alle difficoltà motorie, alla goffaggine, alla
disprassia evolutiva, ecc.; alunni con ritardo mentale e ritardi nello
sviluppo, originati dalle cause più diverse. Hanno difficoltà di
apprendimento e di sviluppo anche alunni con difficoltà di linguaggio o
disturbi
specifici nell‟eloquio e nella fonazione; alunni con disabilità quali disturbi
dello spettro autistico, dall‟autismo più chiuso con ritardo mentale alla
sindrome di Asperger o all‟autismo ad alto funzionamento.
Accanto a questi alunni con aspetti patologici nell‟apprendimento e nello
sviluppo vi sono alunni che hanno «soltanto» un apprendimento difficile,
rallentato, uno scarso rendimento scolastico: alunni con varie difficoltà
emozionali: timidezza, collera, ansia, inibizione, depressione, ecc. Forme
più complesse di difficoltà sono invece quelle riferibili alla dimensione
psichica e psicopatologica: disturbi della personalità, psicosi, disturbi
dell‟attaccamento o altre condizioni psichiatriche.
Molto frequenti sono poi le difficoltà comportamentali e nelle relazioni:
dal semplice comportamento aggressivo fino ad atti autolesionistici,
bullismo, disturbi del comportamento alimentare, disturbi della condotta,
oppositività, delinquenza, uso di droghe, ecc. La sfera delle relazioni
produce infatti molto spesso delle difficoltà nell‟ambito psicoaffettivo,
rivolte prevalentemente all‟interno: bambini isolati, ritirati in sé,
eccessivamente dipendenti, passivi, ecc.
Talvolta si tratta di difficoltà educative e didattiche, oltre che psicologiche,
che riguardano anche alunni che hanno delle compromissioni fisiche
rilevanti, traumi, esiti di incidenti, menomazioni sensoriali, malattie
croniche o acute, allergie, disturbi neurologici, paralisi cerebrali infantili,
epilessie, ecc. o che provengono da situazioni di svantaggio familiare:
pensiamo alle situazioni delle famiglie disgregate, patologiche, trascuranti
o con episodi di abuso o di maltrattamento; da situazioni di svantaggio
socio-economico
Il mondo della Scuola, inoltre, è sempre più attento anche a quelle
difficoltà «soft» che si manifestano con problemi motivazionali, disturbi
dell‟immagine di sé e dell‟identità, deficit di autostima, insicurezza e
disorientamento del progetto di vita.
Ogni insegnante sa bene, per esperienza diretta, che gli alunni che lo
preoccupano per qualche forma di difficoltà sono ben di più di quel 2-3%
di alunni certificati dall‟Azienda Sanitaria con una disabilità. Queste
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percentuali sono soltanto la punta di un iceberg: sotto vi sta almeno un 10-
15% di alunni con qualche altro tipo di difficoltà.
Nella percezione degli insegnanti si trova molto spesso l‟impressione che
questi casi aumentino sempre di più, che le difficoltà, di vario genere, siano
sempre più presenti nelle nostre classi.
Oggettivamente alcune condizioni sono in reale aumento dal punto di vista
epidemiologico: i disturbi dell‟attenzione, il bullismo, le condizioni varie
dello spettro autistico.
Però, accanto a questo aumento oggettivo, è necessario anche tener conto
di altri fenomeni concorrenti: da un lato la sempre maggiore capacità
diagnostica di psicologi e neuropsichiatri, oltre che di quelle figure
professionali preziose, come i logopedisti e gli psicomotricisti, che si
occupano sempre più di apprendimento e della sua psicopatologia sulla
base di modelli teorici e applicativi tratti dalle teorie dell‟apprendimento,
dalla psicologia cognitiva, dalla neuropsicologia e dalle neuroscienze,
piuttosto che dalle teorie psicoanalitiche e psicodinamiche.
Dall‟altro si riscontra la sempre maggiore capacità osservativa e
interpretativa degli insegnanti, che riescono ad accorgersi sempre meglio
delle varie condizioni di difficoltà. Professionalmente sono sempre di più
gli insegnanti in grado di cogliere le difficoltà di apprendimento, i deficit o
i disagi. Molto spesso anche i genitori si accorgono in tempo delle
difficoltà dei figli e cercano un aiuto competente.
Gli insegnanti, inoltre, sono in grado di decifrare sempre di più le
diversità nei processi di apprendimento, negli stili di pensiero, nelle
dinamiche di relazione e di attaccamento, nei vissuti familiari, sociali e
culturali. Se pensiamo semplicemente al concetto di intelligenza, vedremo
con facilità come ormai non esista più alcun insegnante che pensi a
un‟unica intelligenza, diversamente ripartita tra i suoi alunni solo dal punto
di vista quantitativo.
In molti alunni, i bisogni educativi normali, e cioè quelli di sviluppo delle
competenze, di appartenenza sociale, di identità autonoma, di
valorizzazione e di autostima, di accettazione, solo per citarne alcuni,
diventano bisogni speciali, più complessi, in quanto è più difficile ottenere
una risposta adeguata a soddisfarli. E questo per una «difficoltà di
funzionamento» biopsicosociale dell'alunno. Da qui il concetto di Bisogno
Educativo Speciale su base ICF.
I profili degli alunni diventano sempre più ricchi di sfumature
psicologiche, relazionali, motivazionali, identitarie, anche attraverso un uso
consapevole e avanzato di modalità nuove di valutazione autentica e di
portfolio.
Le varie e diverse provenienze culturali, geografiche e linguistiche
completano l‟opera e si incrociano e si enfatizzano due percezioni di
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differenza: una legata alle difficoltà di un singolo alunno, l‟altra alle
eterogeneità del contesto classe. Questo incrocio aumenta molto spesso
l‟ansia degli insegnanti, dei dirigenti e delle famiglie.
È importante sottolineare che le classi della scuola italiana accolgono tante
diversità e che altro è incontrare un bambino dislessico in uno studio
medico, da solo, altro è averlo in classe, con tanta eterogeneità.
In alcuni casi, questa ansia porta a una specie di affanno, a una sensazione
di non essere in grado di rispondere con buona qualità formativa, di
individualizzare in modo sufficiente, di includere realmente nella vita
scolastica dell‟apprendimento e delle relazioni, con risposte formative
adeguate ed efficaci, tutti questi vari alunni con differenze e difficoltà.
Qui sta l‟esigenza dell‟inclusione di poter rispondere con
un‟individualizzazione/personalizzazione prioritariamente a tutti gli alunni
con Bisogni Educativi Speciali nell'ottica che, in prospettiva, tutti gli
alunni, qualunque sia la loro situazione di funzionamento possano
raggiungere il loro massimo potenziale di apprendimento e di
partecipazione.
L‟identificazione del bisogno
E‟ necessario definire il concetto di Bisogno Educativo Speciale,
secondo criteri che ne consentano una concettualizzazione valida e utile
operativamente.
Innanzitutto l‟identificazione del bisogno dovrebbe avvenire a partire da
una sensibilità, che riesca a cogliere in tempo e precocemente il maggior
numero possibile di condizioni di difficoltà dei bambini.
La sensibilità non dovrebbe essere utilizzata con eccessiva ampiezza, per
evitare che troppi bambini vengano considerati in situazione di BES. Un
concetto troppo ampio produrrebbe troppi «falsi positivi» e di conseguenza
risulterebbe dannoso. La questione del «cosa» fa scattare la definizione di
problematicità, la questione del «confine» tra stranezza e problematicità
sarà discussa ampiamente più avanti.
Al concetto di Bisogno Educativo Speciale bisognerebbe attribuire le
caratteristiche della reversibilità e della temporaneità.
Molte situazioni che si configurano senz‟altro con BES non sono affatto
stabili e cristallizzate, anzi sono soggette a forti mutamenti nel tempo, a
miglioramenti e di conseguenza alla reversibilità.
La definizione di Bisogno Educativo Speciale dovrebbe portare con sé
proprio questo senso di provvisorietà e di reversibilità, non in tutti casi, ma
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certo maggiormente rispetto alle etichette diagnostiche tradizionali, più
rigide e più stabili. Questa reversibilità evidentemente facilita la famiglia e
l‟alunno stesso ad accettare un percorso di conoscenza e di
approfondimento della difficoltà e di successivo intervento di
individualizzazione. Sono facilmente comprensibili le resistenze di un
alunno o di una famiglia nell‟intraprendere un percorso diagnostico che ha
come unico sbocco una diagnosi clinica e magari misure di supporto
segreganti e stigmatizzanti.
Il concetto di BES, anche quando si applichi ad alunni con disabilità,
possiede un minor impatto stigmatizzante rispetto ad altre quali appunto
disabilità, dislessia, discalculia, disturbo da deficit attentivo con
iperattività, disturbo specifico di apprendimento, ecc.
Il concetto di Bisogno Educativo Speciale, infatti, pone l‟accento sul
funzionamento educativo e apprenditivo, che può essere transitorio e
reversibile e non fa riferimento alle origini eziologiche dei disturbi né alle
classificazioni patologiche.
In tal senso la concettualizzazione di Bisogno Educativo Speciale richiama
in modo immediato la necessità di individualizzazione, personalizzazione,
di educazione/didattica speciale e di inclusione.
Il cambiamento di prospettiva dall‟attenzione alla diagnosi a quella di
funzionamento comporta un cambiamento di prospettiva dall‟integrazione
all‟inclusione
Dall‟integrazione all‟inclusione
Si è passati
dal "vecchio" concetto di integrazione (consentire e facilitare al "diverso"
la maggior partecipazione possibile alla vita scolastica degli "altri")
↓
al concetto di inclusione (strutturare i contesti educativi in modo tale che
siano adeguati alla partecipazione di tutti, ciascuno con le proprie
caratteristiche e modalità di apprendimento).
7
Osserviamone le differenze:
Integrazione Inclusione
La logica dell’integrazione:
 è statica (ha come unico
obiettivo di individuare
mezzi, strumenti,
metodologie atte a permettere
l‟estensione dei servizi
educativi, tal quali già sono
presenti, a soggetti che ne
sono esclusi);
 è a-problematica (non si
pone il problema di rivisitare
e trasformare servizi e
pratiche che hanno prodotto
esclusione, ma solo di
estenderle attraverso
opportuni strumenti e
metodi);
 è assimilatrice (la questione
è come assimilare chi è fuori
un determinato assetto
istituzionale attraverso un
La logica dell’inclusione:
 è processuale (non si tratta
solo di integrare gli esclusi,
ma sono gli stessi sistemi
formativi a dover essere
modificati);
 è problematica (non accetta
come scontato lo status quo,
ma lo pone in questione
perché la voce di chi è
escluso è sempre una
domanda ed un appello a che
le istituzioni si interroghino e
si chiedano: “che cosa nelle
mie procedure è da
trasformare, in un’opera
congiunta con chi è escluso,
perché questa esclusione sia
superata?”;
 mobilita non solo capacità
tecniche (quali quelle
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insieme di pratiche);
 promuove l’eguaglianza ma
separata dal rispetto della
diversità.
richieste dalla integrazione,)
ma un committment, un
impegno a favorire contesti
educativi „accoglienti‟ e
promotori di vita
indipendente e di cittadinanza
attiva.
L’integrazione si basa sul
paradigma dell’assimilazione:
 adattamento dell‟alunno
disabile a un‟organizzazione
scolastica che è strutturata
fondamentalmente in
funzione degli alunni
«normali», e in cui la
progettazione per gli alunni
«speciali» svolge ancora un
ruolo marginale o residuale.
 uso di strategie per portare
l‟alunno disabile a essere
quanto più possibile simile
agli altri.
 il livello di integrazione
viene misurato a partire dal
grado di normalizzazione
raggiunto dell‟alunno.
 la qualità di vita scolastica del
soggetto disabile viene
valutata in base alla sua
capacità di colmare il varco
che lo separa dagli alunni
normali.
L’inclusione si basa sul
paradigma della partecipazione :
 riconosce la rilevanza
della piena partecipazione
alla vita scolastica da parte
di tutti i soggetti;
 rappresenta un processo,
una filosofia
dell‟accettazione;
 offre una cornice dentro
cui gli alunni - a
prescindere da abilità,
genere, linguaggio, origine
etnica o culturale -
possono essere
ugualmente valorizzati,
trattati con rispetto e
forniti di uguali
opportunità.
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Sviluppare contesti educativi inclusivi
L‟inclusione come processo di trasformazione per tutta la scuola
L'inclusione comincia da un cambiamento culturale interno: da ciò che si
può fare partendo da ciò che abbiamo, dalla valorizzazione delle risorse
presenti, dalla collaborazione tra persone con ruoli diversi, ma con obiettivi
condivisi.
E‟ un processo continuo, quotidiano, in cui tutti gli insegnanti e i percorsi
di insegnamento/ apprendimento devono poter rispondere alle differenze
dei vari soggetti in un‟ottica di sostegno distribuito. In tal senso:
 non riguarda solo gli alunni disabili, ma investe ogni forma di
esclusione che può avere origine da differenze culturali, etniche,
socioeconomiche, di genere e sessuali;
 riconosce che c‟è un rischio di esclusione che occorre prevenire
attivamente;
 riconosce l‟importanza del coinvolgimento di tutti gli alunni nella
realizzazione di una scuola realmente accogliente, anche mediante la
trasformazione del curriculum e delle strategie organizzative che
devono diventare sensibili all‟intera gradazione delle diversità
presenti fra gli alunni.
Questo operativamente significa:
 superare la nozione di Bisogni Educativi Speciali;
 sostituire alla focalizzazione sui “casi” una focalizzazione sulle
“differenze”;
 estendere la nozione di “sostegno” ad una varietà di azioni,
interventi, pratiche;
 coinvolgere tutti gli attori scolastici in attività funzionali
all‟inclusione.
Traguardi ed obiettivi dell‟inclusione
Costruire una scuola inclusiva è un processo complesso, una costante
ricerca azione che tende a rifondare la scuola, costruendone un‟identità
ben riconoscibile. Una scuola inclusiva deve:
- apprendere, attraverso tentativi, a superare gli ostacoli all‟accesso e
alla partecipazione di particolari alunni, attuando cambiamenti che
portino beneficio a tutti gli alunni;
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- rimuovere gli ostacoli all‟apprendimento e alla partecipazione non
solo delle persone con disabilità o con Bisogni Educativi Speciali;
- vedere le differenze tra gli alunni come risorse per il sostegno
all‟apprendimento, piuttosto che come problemi da superare;
- attivare risorse per sostenere l‟apprendimento e la partecipazione;
- accrescere la partecipazione degli alunni e ridurre la loro esclusione
rispetto alle culture, ai curricoli e alle comunità sul territorio;
- fornire sostegno alla diversità .
- enfatizzare il ruolo della scuola nel costruire comunità e promuovere
valori, oltre che nel migliorare i risultati educativi;
- promuovere il sostegno reciproco tra scuola e comunità;
- riformare le culture, le politiche educative e le pratiche nella scuola
affinché corrispondano alle diversità degli alunni;
- riconoscere che l‟inclusione nella scuola è un aspetto dell‟inclusione
nella società più in generale.
La dimensione operativa
Sviluppare contesti educativi significa agire in tre ambiti fondamentali di
una istituzione scolastica. In una cornice relazionale – educativa, nella
sfera organizzativa e in quella più propriamente didattica.
La cornice organizzativa
Il processo di inclusione è un processo in continua evoluzione e non può
realizzarsi se non si superano le difficoltà organizzative e didattiche, che
non sempre (e dovunque) permettono la valorizzazione delle risorse umane
in campo.
Dunque bisogna definire un set di “ingredienti” abilmente orchestrati da
una cultura dirigenziale e organizzativa in linea con la promozione dei
processi d‟inclusione:
1. risorse infrastrutturali, da potenziare anche attraverso la ricerca di
collaborazioni intra e inter istituzionali;
2. risorse strumentali e risorse umane: creazione di un organigramma
con figure chiave - Funzioni strumentali, Referenti, Gruppi di lavoro
– a presidio dei principali processi volti all‟inclusione
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3. risorse economiche finanziarie, da implementare con forme di
finanziamento flessibili ed idonee a promuovere percorsi di qualità
dei processi inclusivi
I docenti
I docenti arrivano a scuola con i loro valori, personalità, competenze,
conoscenze, capacità ed esperienze e le loro motivazioni estrinseche ed
intrinseche. Le scuole, in quanto organizzazioni sociali complesse situate
all'interno di sistemi sociali ancora più complessi, possono seriamente
limitare la capacità di agire degli insegnanti, anche laddove gli insegnanti
interessati siano individui esperti e di grande capacità. Viceversa un'azione
consapevolmente mirata a migliorare le condizioni di contesto che
favoriscono la professionalità degli insegnanti - anche se limitato a una
singola scuola - può aumentare attivamente la loro capacità di agire
attraverso un maggiore accesso alle risorse relazionali, portando a sua volta
a un impegno più costruttivo con la politica del curriculum.
I più recenti orientamenti nelle politiche scolastiche a livello mondiale
puntano sugli insegnanti come agenti di cambiamento, in grado di
modellare e personalizzare il curriculum scolastico, apportando un
contributo essenziale e decisivo nel miglioramento della qualità
dell‟istruzione e della formazione per tutti.
La valorizzazione e la formazione dei docenti , che punti all‟acquisizione di
competenze psicopedagogiche, diventano, dunque, strumenti chiave per lo
sviluppo della TeacherAgency o, nella nostra lingua, all‟Agentività dei
docenti.
Questo nel concreto significherà:
- Utilizzare le differenze tra gli alunni come risorsa per sviluppare le
competenze dei docenti (es.plurilinguismo, didattica speciale…);
- utilizzare al meglio le competenze dei docenti, valorizzandole;
- promuovere e sostenere la formazione continua del personale
scolastico;
- conoscere ed utilizzare le competenze di tutto il personale, compresi
i collaboratori scolastici e il personale di segreteria.
- Distribuire equamente le risorse e gli incarichi sulla base di precise
competenze
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Il contesto relazionale – educativo
Il clima organizzativo
E‟ necessario che tutta l‟Istituzione scolastica sia inclusiva: dalla direzione
alla segreteria; dalla documentazione sino al curricolo nelle classi.
L‟inclusione è un principio che deve informare tutta la vita della scuola,
tutti i suoi protagonisti. Aprirsi significa favorire l‟ingresso a scuola da
parte di genitori, agenzie territoriali, componenti esterne, ampliare i tempi
di accesso a scuola, renderla un luogo di incontro e di socializzazione.
Significa includere nel proprio tessuto le nuove componenti.
Questo nel concreto significherà:
- i nuovi insegnanti e i nuovi alunni sono aiutati ad ambientarsi;
- la scuola rende la propria struttura accessibile (non solo eliminando
le barriere architettoniche, ma offrendo spazi di riunione a genitori
ed alunni, anche in orari extra, favorendo iniziative, feste,);
- la scuola valorizza le opportunità offerte dal territorio e dai servizi
esterni.
Approfondimento
Il Protocollo d’Accoglienza
Il Protocollo d‟Accoglienza è uno strumento fondamentale di raccordo tra
la scuola e la famiglia di uno studente ed è per questo motivo che deve
avere visibilità immediata nel sito della scuola.
Il Protocollo d‟Accoglienza deve esplicitare:
- la descrizione dei Bisogni Educativi Speciali
- le azioni della scuola per la rilevazione precoce delle situazioni di
BES
- le azioni per l‟osservazione sistematica per l‟identificazione delle
prestazioni atipiche (griglie, questionari e colloqui)
- l‟iter procedurale dopo la diagnosi per la realizzazione dei PDP e
dei PEI e la pianificazione di azioni per il monitoraggio
dell‟efficacia dei PDP e dei PEI
- l‟attivazione di laboratori didattici di potenziamento
- i modelli di realizzazione dell‟orientamento nel passaggio tra
segmenti scolastici diversi
- i percorsi di ricerca-azione innovativi sull‟inclusione e progetti di
riflessione sulle metodologie e sulla didattica per l'apprendimento
- la documentazione dei percorsi formativi
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- la formazione effettuata da enti accreditati sulle tematiche specifiche
realizzate dall‟Istituto e coinvolgimento del corpo docente
- l‟applicazione nella pratica didattica e valutativa delle nuove
impostazioni metodologiche
- i compiti e le funzioni dei referenti
- i modelli di comunicazione con la famiglia
- i contatti, le intese e le convenzioni con associazioni ed enti
- le indicazioni di orari e le caratteristiche dell‟eventuale sportello
d‟ascolto
- la bibliografia, la sitografia e l‟elenco dei software didattici
disponibili
Il clima di classe
Il clima di classe si può definire come l‟atmosfera che si viene a creare in
quello specifico contesto: esso «riflette la vita scolastica e quella socio-
emotiva della classe. Un clima di apprendimento efficace è indispensabile
in ogni attività di sviluppo e apprendimento e ancor più con un alunno con
disabilità. Se la relazione è carente o disturbata, i successivi livelli di
azione sono compromessi e il disagio che si crea non favorisce l‟inclusione.
Componenti essenziali della relazione educativa sono: la qualità delle
interazioni; le aspettative; le convinzioni; le credenze e le emozioni, le
motivazioni dei protagonisti della relazione.
Approfondimento
La motivazione intrinseca e l’immagine positiva di sé nello studente
Per concetto di sé accademico si intende la rappresentazione che una
persona si fa di sé all‟interno del contesto di apprendimento e che si
costruisce a partire dalle diverse esperienze del proprio percorso scolastico
e dalle proprie interpretazioni su tali esperienze.
Il concetto di sé scolastico, inoltre, è influenzato dai rinforzi e dalle
valutazioni positive che lo studente riceve dagli altri, nell‟ambiente in cui
avviene il suo processo di apprendimento. Sperimentare emozioni positive
(orgoglio, sicurezza, soddisfazione) a scuola incentiva la costruzione di un
«Concetto di sé scolastico» positivo (Idea di sé come studente che si sente
bravo, brillante, apprezzato e orgoglioso dei propri risultati) che, a sua
volta, influisce sull‟assunzione di una motivazione di tipo intrinseco
(studiare per sé e per la propria vita, studiare per accrescere le proprie
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competenze e non per ottenere vantaggi estrinseci allo studio in sé)
Le emozioni negative fanno diminuire la possibilità di costruire un
«Concetto di sé scolastico» positivo (Idea di sé come studente che si sente
bravo, brillante, apprezzato e orgoglioso dei propri risultati) che, a sua
volta, influisce sull‟assunzione di una motivazione di tipo estrinseco
(studiare per ottenere ricompense esterne o evitare punizioni, assumere un
obiettivo di prestazione più che di padronanza)
Avere un concetto scolastico di sé positivo contrasta ampiamente la
demotivazione.
Incentivare le emozioni positive in classe ha grande valore sul controllo
sui processi d‟apprendimento.
Approfondimento
Climi di classe
La classe conflittuale
È una classe attiva che non orienta in senso positivo le sue energie. Se è
divisa rivolge il conflitto verso se stessa, se è invischiata diventa ribelle
verso i docenti.
Le principali caratteristiche sono: forte agitazione; molte insufficienze;
scarsa valorizzazione delle persone; scarsa identità di gruppo; poca
coesione e stabilità
La divisione può essere determinata da sottogruppi o da accorpamenti di
classi (in questo caso la mobilità dei banchi è bassa e il numero delle
relazioni interpersonali medio). La ribellione e la agitazione interna
possono nascere dal sentirsi minacciati (atteggiamenti provocatori di
alcuni docenti) o dall‟essere istigati (leader negativi che tiranneggiano la
classe). E‟ una classe pesante, seria e cupa, apparentemente ordinata ma
tagliente; in essa non emerge mai l‟ottimismo e il buon umore, regna la
discordia con dispetti e vendette degli studenti tra di loro. Gli studenti non
riescono ad accordarsi, litigano, si colpevolizzano reciprocamente
costruendo un clima che disperde le energie e non facilita lo studio ed il
lavoro. La natura e la struttura del conflitto non è, infatti, immediatamente
visibile ed emerge all‟improvviso attraverso episodi anche sconcertanti.
Sottovalutare il conflitto è un grande errore perché può ritorcesi contro gli
insegnanti che ne possono diventare il bersaglio se, imprudentemente,
hanno pensato di rabbonirlo con qualche bonaria raccomandazione.
L‟intervento educativo sul conflitto è particolarmente delicato e richiede la
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grande pazienza di assorbire le tensioni per poi orientarle costruttivamente.
In primo luogo richiede una attenta osservazione della struttura dei
sottogruppi, dei loro leader e delle sequenze di relazione che conducono a
confliggere. Le tecniche a cui far riferimento per gestire i conflitti sono
quelle del dialogo controllato, del buon ascolto, dell‟intonazione dei
sentimenti e del buon accordo. Dal punto di vista della conversazione
didattica, e delle sue prese di turno, è bene evitare la sequenza classica
della “tripletta” che ha ricevuto la designazione di IRF , Inizio
dell‟insegnante, Risposta dell‟allievo e Follow up successivo e di IRE
Inizio dell‟insegnante, Risposta dell‟allievo ed Evaluation dell‟insegnante.
La tripletta comunicativa utile in una classe conflittuale è quella tipica
della comunicazione narrativa e cioé: Domanda dell‟alunno – risposta
dell‟insegnante - nuova domanda dell‟alunno...che costituisce un frame
descrittivo che si amplia e divaga nel contesto. a struttura di discussione
interna da applicarsi è quella del circle time a cui si possono affiancare
metodi e tecniche relativi alla relazione insegnante - allievo
(comunicazione efficace, ascolto attivo, confronto, controversia senza
perdenti, ecc..) ed allo sviluppo della affettività, corporeità e fantasia
(educazione psicoemotiva e corporea, contatto con sé stessi, con
l‟ambiente, con gli altri, immaginazione). Tra i diversi modelli del
cooperative learning quello più idoneo nella classe conflittuale è lo
Structural Approach proprio perché tende a lavorare sulla struttura delle
relazioni basandosi su quattro componenti fondamentali: gli elementi (la
forma le sequenze tra attore, azione e destinatario), le strutture
(costituzione del gruppo, costruzione della classe, sviluppo della
comunicazione, scambio di informazioni, padronanza di conoscenze,
padronanza di abilità cognitive), le attività e la progettazione. I punti
chiave dello Structural Approach sono l‟interazione simultanea,
l‟uguaglianza nella partecipazione, l‟interdipendenza positiva e la
responsabilità personale
La classe amorfa
Viene complessivamente definita “amorfa” una classe che irrita e delude
perché non riesce ad esprimere una precisa identità. In tali classi le
relazioni interpersonali sono deboli, superficiali e insoddisfacenti e non
conducono il gruppo a prendere forma. In genere si presentano così le
classi prime. La classe ha modificazioni repentine di atteggiamento da
un‟ora a quella successiva e da un insegnante e l‟altro. La sua identità
debole la porta a modellarsi a seconda delle caratteristiche dei docenti, i
quali, in genere, esprimono opinioni differenti sulla classe.
Gli indicatori più evidenti sono: bassa relazionalità, rendimento medio
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senza forti insufficienze, mobilità elevata, scarso senso del gruppo e
scarsa identità collettiva.
La classe può essere descritta come amorfa quando non è ancora formata,
quando il suo stato è esito di disimpegno o indifferenza (demotivata e
inconcludente) o anche quando le relazioni tra gli studenti sono
effervescenti ma superficiali(scanzonata). “Il clima delle diverse scuole
varia in relazione al senso di efficacia degli insegnanti e alle aspettative
che essi hanno rispetto alle potenzialità degli studenti” e la motivazione è
il percorso indispensabile di miglioramento per questi tipi di classe.
Occorre però distinguere tra animazione e motivazione; per animazione si
intende spesso un processo di lavoro educativo mediante la comunicazione
ed il gioco. L‟animazione intesa in tal senso può avere una relativa
efficacia con una classe fallita ma non conduce la classe amorfa ad
assumere nessuna forma e nessuna più stabile strutturazione delle
relazioni. Se per animazione intendiamo una processualità a stadi che
conduce ad una maggior organizzazione, allora possiamo individuare
nella focalizzazione dei risultati previsti e nella fissazione degli obiettivi le
prime fasi del processo motivazionale. La comunicazione che funziona
all‟interno della classe amorfa è quella persuasiva: ordinata, e sistematica
nel proporre obiettivi chiari e raggiungibili. E‟ inoltre importante
stimolare la competizione interna tra i sottogruppi (l‟esatto contrario del
lavoro educativo rispetto ad una classe conflittuale dove un simile
intervento genererebbe un disastro) dividendo la classe in 4 sottogruppi di
almeno 4 persone, a cui vengono affidati compiti comuni e che vengono
valutati con una votazione collettiva. La concorrenza tra sottogruppi, in
ordine sia al risultato che al tempo di esecuzione, e le ricompense per il
risultato sono una forma di motivazione estrinseca (ma collettivizzata) ed
intrinseca (individualizzata nel gusto personale di contribuire ad un
risultato).
Il modello dello Student Team Learning descrive gli elementi utili ad
attivare una classe amorfa e cioè la struttura didattica del compito, ossia
tutte le varie modalità di insegnamento che un insegnante può scegliere per
svolgere la sua attività e la struttura incentivante dello studente, ossia gli
strumenti che l‟insegnante può utilizzare per stimolare o attivare la
motivazione degli studenti (per es. voti,richiami, feedback). Lo Student
Team Learning si organizza sulla base di 4 componenti fondamentali: il
comportamento cooperativo, la struttura incentivante cooperativa, la
struttura cooperativa di compito e i motivi di cooperazione.
La classe fallita
E‟ una classe statica con un debole nucleo di relazioni attive e significative
tra gli studenti. Gli studenti sono consapevoli della loro scarsa capacità di
17
fare gruppo ma sono disinteressati a rimettere in moto la classe. La classe
è triste, noiosa e ripetitiva. Ha un atteggiamento complessivo di ostentata
superiorità attraverso il quale squalifica gli interventi dei docenti che
tendono a ridarle fiato e forza. La classe fallita è caratterizzata da :molti
bocciati e molti abbandoni nella storia della classe, scarsa autostima,
coalizioni interne alla classe che la bloccano; assenza di occasioni di
animazione e di incontro, rendimento medio basso con poche eccezioni.
Il fallimento può derivare da oppressione (l‟affiatamento interno sfocia in
qualche coalizione stabile con presenza di ideologie o atteggiamenti
autoritari che la classe subisce) o da spegnimento di motivazione (la classe
si consuma in ripetuti tentativi di attivarsi costruttivamente e non è stata
capita ed aiutata). Una classe di questo tipo ha bisogno di riflettere sul suo
fallimento sia dal punto di vista dei rapporti interni sia dal punto di vista
dei risultati liberando le energie individuali. Il modello di comunicazione
più idoneo è il ricorso al pensiero narrativo ed alle sue potenzialità
euristiche. L‟autobiografia della classe e l‟autobiografia individuale degli
alunni può servire a portare alla luce le individualità ed ad aprire un
processo di rielaborazione dei vissuti e di formazione. Tale modello
consente la chiamata alla partecipazione al percorso di discussione e di
apprendimento Il modello del Learning Together è basato sulla forte
incentivazione della collaborazione tra i membri del gruppo classe. La
principale caratteristica del Learning Together si fonda sull‟assenza di un
piano di lavoro “prefabbricato” e sull‟utilizzo da parte degli insegnanti di
variabili multiple da modulare diversamente nel tempo al fine di
differenziare e perseguire risultati non competitivi. Il metodo si fonda sull‟
“interdipendenza positiva”, sull‟interazione faccia a faccia,
sull‟insegnamento diretto, l‟uso delle abilità interpersonali, la formazione
di piccoli gruppi eterogenei. La revisione del lavoro svolto e la valutazione
individuale e di gruppo avviene durante lo svolgersi del compito
(monitoring) oppure terminata l‟attività (processing).
La classe costruttiva
E‟ la classe ideale, all‟interno della quale si lavora bene e si raggiungono
buoni risultati.
Contiene diversi leader funzionali ai diversi scopi. Le caratteristiche di tali
classi sono: buon profitto distribuito fra tutti gli studenti; espressione di
eccellenze senza sacche di esclusione; buon clima relazionale ed alto
numero di amicizie. Il lavoro educativo e didattico in tali classi tende al
consolidamento delle qualità ed al consapevole perseguimento degli
obiettivi scolastici. Il metodo del group investigation si basa
sull‟insegnamento in piccoli gruppi, nei quali lo studente si autoregola
nell‟attività di apprendimento e viene coinvolto attivamente
18
nell‟acquisizione del proprio sapere attraverso la ricerca del personale
bisogno conoscitivo intrinseco.
Proposte operative.
Il punto di partenza è l‟organizzazione della ricerca conoscitiva che parte
dagli interrogativi espressi dagli studenti o da ciò che per loro suscita
interesse, confronto e discussione.
Il compito dell‟insegnante è promuovere un clima e un ambiente
comunicativo. Le competenze comunicative degli studenti si sviluppano
attraverso le capacità di parlare in modo conciso, ascoltare, riflettere,
partecipare, senza monopolizzare la discussione, e ricercare il consenso
attraverso un‟aperta discussione. Le pause di riflessione sull‟attività svolta
servono ad innescare l‟autovalutazione su come procede il lavoro,
sull‟individuazione delle situazioni negative, sulle abilità efficaci e
positive, e sulla finalizzazione del lavoro. Nell‟ambito di azione degli
insegnanti, la didattica e la sua organizzazione a livello di scuola, prima
ancora che di classe in connessione significativa con la valutazione
formativa appaiono essere gli strumenti privilegiati attraverso i quali
progettare e realizzare risposte adeguate agli alunni e alle diversità dei loro
bisogni formativi, anche in riferimento alla prevenzione o al trattamento di
forme di disagio.
Gli interventi formativi ed educativi inoltre devono essere per tutti gli
alunni e, a maggior ragione, per quelli con problemi non solo di
apprendimento, ma anche affettivo-emotivi, relazionali e comportamentali.
Lo snodo cruciale è quello di considerare tali problemi non soltanto
appartenenti al soggetto e alla sua disfunzionalità, ma di ricondurli alla più
ampia e complessa interazione con i suoi ecosistemi di vita. Proprio questo
ampliamento di prospettiva, consentito dalla ricollocazione dei bisogni del
singolo nel quadro più ampio della pluralità delle differenze, costituisce
l‟aspetto più rilevante, più problematico e nello stesso tempo più
irrinunciabile nella quotidianità della vita scolastica.
Il ruolo della didattica e della sua organizzazione e il ruolo della
valutazione formativa sono dunque di straordinaria e insostituibile
efficacia per favorire il reale processo di sviluppo di tutti gli allievi e la
piena integrazione nel contesto socio-scolastico di ciascuno di loro. La
didattica e la valutazione sono infatti contesti di crescita e nello stesso
tempo strumenti corali e solidali, non solitari e individualistici, che
possono essere utilizzati efficacemente solo dagli operatori scolastici
disposti a riconoscerne innanzitutto queste caratteristiche. La
collaborazione degli e tra insegnanti è uno degli elementi necessari,
insieme a quelli di costruzione e di contesto, a qualificare in senso
costruttivista sociale . Un contesto, quale è quello scolastico deve essere
19
strutturato per i processi di costruzione critica della conoscenza e di
sviluppo integrale della persona. In questo quadro, la didattica viene
adattata “in situazione” per modificare il reale a scopo educativo. Lo
spazio scolastico, da luogo di istruzione per tutti, diviene contesto di
integrazione per ciascuno e il focus si sposta sulle strategie didattiche e
comunicativo relazionali che influiscono sia sulla comprensione,
sull‟apprendimento e sulla valorizzazione dell‟allievo, sia sulle dinamiche
interne alla classe e sul rapporto che il docente stabilisce con il gruppo.
Il concetto di strategia didattica ingloba, per certi versi, il concetto di
metodo e lo rende non più statico e rigido, ma lo “fa funzionare” per
quello che serve all‟interno di procedure ad alta flessibilità,
significativamente individualizzate, dove i diversi elementi coesistono in
una dimensione di confronto continuo. In questo modo, la didattica mostra
tutta la sua forza e validità come motore trainante per la messa a punto
delle condizioni di base indispensabili sia per chi insegna sia per chi
apprende. Da questa riflessione ne consegue che il compito educativo
consiste nell‟accompagnare il soggetto in formazione a farsi protagonista
di esperienze anche di carattere meta-affettivo per poter giungere alla
consapevolezza dei propri processi e potenzialità affettive, la capacità di
regolarli e controllarli , e in definitiva sviluppando l‟intelligenza emotiva
intrapersonale e interpersonale.
La scuola, in stretta relazione con la famiglia, può dunque farsi promotrice
di una cultura del benessere personale e sociale dell‟allievo attraverso la
pratica dell‟accoglienza, della reciprocità, del rispetto e della sollecitudine
all‟ascolto, al dialogo e alla guida. In tal senso, è utile ragionare in termini
di capability umana cioè della reale libertà di ciascuno di raggiungere e
promuovere il proprio benessere attraverso quelle situazioni che possano
consentirle realmente la libertà di crescere o che compensino i suoi disagi
strutturali e/o funzionali.
In questa dimensione, la centralità dell‟agire educativo e l‟incidenza
esercitata dalla relazione empatica e dalla motivazione possono svolgere
un ruolo a tutto campo soprattutto dove si annidano forme di disagio, di
svantaggio socio-culturale e di demotivazione che funzionano da autentici
detonatori dell‟insuccesso e dell‟abbandono. Ma, come si sa, nelle
situazioni di rilevante complessità si annida anche il rischio della rinuncia
ad attivare interventi educativi soprattutto quando si avverte quello che è
stato definito il crepuscolo della magistralità dei docenti che va di pari
passi per un verso, al declino della fiducia nella educabilità, e per l‟altro,
al rifugio in una sorta di immobilismo in cui non c‟è posto per la
proattività e la creatività.
Il recupero o meglio la ri-affermazione dell‟autorevolezza degli
insegnanti, declinata con equità e democrazia in un contesto di libertà
20
autentica, dunque non data ma costruita nel rispetto di tutti, vuol dire
essere riconosciuti affidabili e credibili, vuol dire sviluppare
consapevolezza della propria autorevolezza insieme al dovere di esercitarla
in modo equo e giusto. In questa ottica, l‟autorità si coniuga con
autorevolezza. L‟autorità è infatti una relazione: augere significa crescere,
aumentare, e la relazione d‟autorità è una relazione che fa crescere, è fatta
di incoraggiamento. Crescere è in un certo senso una decisione, un
compito da assumere e svolgere nel quotidiano, consapevolmente e non in
solitudine,è una prospettiva di sé. Talvolta è proprio la consapevolezza di
sé come esseri umani in formazione che rischia di perdersi. L'educazione
non può dunque fare a meno di quell'autorevolezza che rende credibile
l'esercizio
L‟area didattica
La scuola costruisce se stessa come comunità inclusiva, sfruttando tutta la
flessibilità e l‟autonomia organizzativa prescritte dal DPR 275/99, la spinta
alla personalizzazione e alla individualizzazione dei percorsi a partire dalla
Riforma degli ordinamenti del 2004, alle Indicazioni per il Curricolo del
2012 e alle Linee Guida per il II ciclo, fino all‟assetto della Legge 107 del
2015 che introduce PTOF come documento di progettazione,
costantemente rimodulabile sulla base del Rapporto di autovalutazione
(RAV) e attraverso il Piano di miglioramento (PdM).
Una scuola inclusiva favorisce lo sviluppo di prassi didattiche inclusive
trasferendo le strategie inclusive nella “normalità” d'istituto, cioè
riqualificando in senso inclusivo:
- il curricolo d'istituto, declinato nella Programmazione dei
Dipartimenti, in quella di classe, nel piano di lavoro dei docenti, nei
PDP e nei PEI, con la condivisione delle metodologie didattiche e
degli strumenti messi in atto per migliorarne l‟apprendimento ;
- le unità di apprendimento;
- i criteri di valutazione, in grado di misurare e valutare la crescita
delle potenzialità dell‟alunno e non semplicemente le nozioni
acquisite (Il Decreto legislativo 62/2017 conferma il principio che
“la valutazione formativa serva per documentare lo sviluppo
dell'identità personale di ogni studente e promuovere
21
l'autovalutazione di ciascuno in relazione alle acquisizioni di
conoscenze,abilità e competenze ”);
- il progetto didattico di classe, con selezione e scelta di contenuti e
temi essenziali, l‟individuazione di abilità strumentali (gli
automatismi) e procedurali, che consentano di sviluppare strategie di
controllo del proprio apprendimento, la messa in luce di
atteggiamenti, motivazioni, orientamenti che invitano i ragazzi a
diventare responsabili della propria “voglia di apprendere” diventa
strategica ed irrinunciabile.
22
Approfondimento
Individualizzazione e personalizzazione
Personalizzazione e individualizzazione nel complesso alludono al grado
di adeguatezza dell'istruzione scolastica alle caratteristiche degli studenti,
alla misura in cui ognuno di loro viene messo nelle condizioni di poter
raggiungere il successo formativo. Si tratta cioè di un criterio - regolativo
generale dell'educazione: un principio formativo che esige attenzione alle
differenze della persona nella pluralità delle sue dimensioni individuali
(cognitive e affettive) e sociali (l'ambiente famigliare e il contesto socio-
culturale).
In altre parole si richiede una preoccupazione pedagogica costante per il
soggetto in formazione, con azioni formative specifiche e concrete se ci
riferiamo in modo distinto alla personalizzazione e all‟individualizzazione.
Si tratta di adottare un requisito che ogni azione formativa deve soddisfare:
l' essere stata concepita in funzione delle caratteristiche dell'alunno.
Secondo G. Bertagna «l‟antagonismo che si è voluto talvolta rintracciare
tra individualizzazione e personalizzazione sembra una forzatura
artificiosa, oppure il frutto di una incomprensione. Se è vero, infatti, che
„individualizzazione‟ significa impegno per dare a tutti lo stesso bagaglio
di competenze nei percorsi formali di istruzione, sebbene in tempi, modi e
condizioni diverse, adatte a ciascuno e anche prendere atto che alla
promozione delle competenze finali del Profilo educativo, culturale e
professionale dello studente alla fine del primo o del secondo ciclo,
contribuisce non soltanto l‟istruzione scolastica formale, ma anche tutto
l‟insieme delle istituzioni educative presenti in un territorio, a partire da
quella fondamentale della famiglia, per cui lo stesso utilizzo dei tempi,
degli spazi e dei modi di apprendimento della scuola può, anzi deve essere
diverso a seconda delle esigenze e delle esperienze di ciascuno,
„personalizzare‟ significa trovare e assicurare le condizioni organizzative,
professionali e umane perché questi processi di „individualizzazione‟ non
siano mai decisi da altri, magari in maniera burocratica, ma sempre
ragionati, conosciuti e scelti da ogni studente, insieme alla sua famiglia,
come un arricchimento di sé e come una condizione per integrarli in un
personale progetto di vita.
In altri termini la „personalizzazione‟ esprime il proposito di una specie
kantiana uscita dallo stato di minorità dello studente e della sua famiglia,
non più considerati destinatari di un intervento educativo deciso da chi, in
nome della competenza tecnica o di un preteso monopolio istituzionale, si è
23
“assunto con tanta benevolenza l‟alta sorveglianza sopra costoro”, ma
ritenuti diretti co-protagonisti, co-operatori e co-negoziatori della propria
maturazione e del proprio destino».
Il problema non è ovviamente di carattere nomenclatorio, i due termini in
effetti non possono essere usati come sinonimi: hanno storie diverse e
fanno riferimento a diverse interpretazioni dei significati e dei modi
fondamentali dell'insegnamento.
Il concetto e le strategie dell'individualizzazione, nati oggettivamente in
ambiente comportamentista, fanno riferimento all'esigenza di garantire a
tutti gli studenti il raggiungimento degli stessi obiettivi (conoscenze,
competenze, abilità): a tal fine l'individualizzazione propone di utilizzare
strategie didattiche diverse (in termini di tempi, materiali, stili di
apprendimento) che lascino comunque immutato per tutti il quadro
sostanziale degli obiettivi. Il fine che si persegue in questo modo è quello
di una democrazia dell'insegnamento che risponda al diritto
all'uguaglianza.
Il concetto e le strategie della personalizzazione, legati alla tradizione del
personalismo cattolico e ripresi oggi, spesso all'interno della più ampia
tematica della valorizzazione delle diversità, si riferiscono alla opportunità
di consentire agli studenti di proporsi e raggiungere obiettivi diversi. Di
garantire possibilità di scelta non solo dei percorsi didattici, ma anche delle
conoscenze e competenze da raggiungere, in funzione degli interessi, delle
motivazioni e delle risorse che contrassegnano e rendono “diverso” il
singolo studente.
La scuola dovrebbe perseguire in modo integrato le logiche del diritto
all'uguaglianza e quelle del diritto alla diversità che del diritto allo studio
costituiscono un'ineludibile articolazione interna. In altre parole, suo
compito è insegnare alcune cose a tutti, utilizzando ogni mezzo a
disposizione (individualizzazione) e insieme consentire/stimolare la
possibilità per ogni studente di condurre percorsi personali di
apprendimento (personalizzazione). Il dosaggio delle due strategie deve
essere affidato agli insegnanti e nelle stesso tempo deve essere comunque
garantito a tutti l'accesso a quelle competenze culturali in mancanza delle
quali non si può parlare di diversità, ma soltanto di disuguaglianza fra i
cittadini.
In linea di principio, qualsiasi servizio che voglia definirsi "educativo" ha
l'esigenza di percorrere contemporaneamente le strade dell'uguaglianza e
quelle della diversità. Questo comporta da un lato (individualizzazione)
prevedere una scuola in grado di fornire ai propri utenti un quadro
sistematico e programmatico di conoscenze (Si delinea un „core
curriculum‟ che deve saper riscoprire le cose essenziali, quelle che contano
24
nella formazione dei ragazzi di oggi, che sono già proiettati in un mondo
per larga parte ancora sconosciuto, da affrontare con una dotazione di
competenze appropriata “ - Frase introduttiva di Profumo alle indicazioni
Nazionali)
In questa direzione, è obbligatorio il riferimento ad una programmazione,
che deve consentire l'identificazione di specifiche finalità, di obiettivi e
contenuti formativi, la pianificazione di un sistema di stimoli pensati sulla
base di un'attenta ricognizione dei bisogni oggettivi (in termini di
"competenze") del cittadino contemporaneo che ha il diritto di essere
"alfabetizzato" per poter sviluppare un proprio soggettivo ed efficace
protagonismo nella attuale società.
Dall‟altro lato personalizzazione significa interpretare l'apprendimento
come costruzione autonoma di cultura vuol dire cioè, progettare un
ambiente educativo nel quale si verifichino tutte le condizioni perchè
l'allievo (ogni allievo) possa maturare le proprie esperienze
autonomamente, originalmente, individualmente, facendo valere le proprie
specifiche curiosità, i propri ritmi, il proprio "stile cognitivo". Utilizzando
le proprie modalità esclusive di crescere e di produrre sapere.
La scuola della sola individualizzazione pone problemi didattici complessi:
non è facile gestire l'eterogeneità delle classi e condurre
contemporaneamente didattiche differenziate. Il suo rischio è di essere solo
la dichiarazione di un'utopia concretamente difficile da realizzare. Rischia
inoltre l'appiattimento su percorsi didattici omologati e non attenti alle
diverse motivazioni degli allievi. La scuola della sola personalizzazione è
almeno in apparenza di più facile realizzazione didattica, ma rischia la
divisione classista degli allievi (dentro la singola classe scolastica, ma ben
presto, come si comincia ad intravedere, tra classi scolastiche costruite ad
hoc). La libertà di scelta dei percorsi e degli obiettivi si traduce facilmente
nel semplice ribadimento dei condizionamenti socio-ambientali di partenza.
In definitiva, è facile che si ricada, personalizzando, in una scuola “a
menù” nella quale ogni allievo trova solo quello che aveva già.
Individualizzazione
L' "individualizzazione" in senso stretto si riferisce alle strategie didattiche
che mirano ad assicurare a tutti gli studenti il raggiungimento delle
competenze fondamentali del curricolo, attraverso una diversificazione dei
percorsi di insegnamento ovvero l'adattamento dell'insegnamento alle
caratteristiche individuali dei discenti, attraverso precise e concrete
modalità d'insegnamento. In altre parole, l'individualizzazione ha lo scopo
di far sì che certi traguardi siano raggiunti da tutti e gli obiettivi sono
comuni per tutti attraverso strategie didattiche che intendono
25
garantire agli studenti il raggiungimento degli stessi obiettivi di
apprendimento, con ritmi differenti, in tempi diversi e modalità
diverse rispetto agli stili cognitivi. L'insegnante (o il computer) gestisce
e sceglie la migliore soluzione per chi apprende.
Questa è legata all'adattamento dell'insegnamento alle caratteristiche
cognitive individuali degli alunni:ai loro prerequisiti di partenza, ai
loro codici linguistici, ai loro stili cognitivi, ai loro ritmi
d'apprendimento.
L'assimilabilità della proposta didattica ha, infatti, diverse dimensioni: il
linguaggio dell'insegnamento, la sequenza dei contenuti, le loro
modalità e materiali di presentazione, i tempi concessi e soltanto se essa
è realizzata in modo globale, l'apprendimento ha buone probabilità di
verificarsi in tempi ragionevoli. Quando questa compatibilità globale della
proposta didattica si verifica, la realizzazione dell'apprendimento è
possibile e di principio è solo una questione di tempo, perciò gli altri
ingredienti didattici che occorrono sono quello di concedere all'alunno il
tempo necessario e quello di motivarlo ad utilizzarlo.
Tuttavia dal punto di vista metodologico il termine individualizzazione
precisamente designa, infatti, un processo il cui tipo logico è quello della
situazione didattica che vede un precettore lavorare con un discente
(rapporto 1 ad 1). L'aver utilizzato tale termine per una situazione di
insegnamento collettivo, che vede un docente lavorare con un gruppo-
classe ha indubbiamente il valore di porre come ideale dell'insegnamento
l'adattamento che riesce a realizzare un precettore rispetto al proprio
discente, ma ciò può anche causare confusioni indotte dal non tenere conto
del differente tipo logico delle due forme di adattamento realizzabili nelle
due diverse situazioni.
Il mastery learning è il modello maggiormente formalizzato di
individualizzazione. ( Bloom e il Mastery learning anni cinquanta-sessanta:
il Mastery learning è un metodo di istruzione che parte dal presupposto che
tutti gli studenti possono apprendere se hanno a disposizione appropriate
condizioni di apprendimento. In modo particolare, il Mastery learning,
tradotto letteralmente "apprendimento per padronanza", richiede agli
studenti di seguire un percorso per fasi propedeutiche in cui non è
possibile passare ad una fase più complessa se prima non si è dimostrato di
aver acquisito una sufficiente competenza nell'unità di apprendimento in
corso)
Esso se applicato all‟intera classe prevede una procedura che articola lo
svolgimento di ogni Unità didattica (Ud) in alcune fasi fondamentali:
- un segmento iniziale d'istruzione, nel corso del quale il docente espone e
spiega i contenuti dell'Ud, fa svolgere esercizi allo studente, gli assegna
26
compiti di studio ecc.
- una valutazione formativa, intermedia allo svolgimento dell'Ud, volta a
controllare l'andamento dell'apprendimento nel gruppo-classe e ad
individuare le lacune più diffuse e gli alunni in difficoltà;
- un segmento di recupero attraverso il quale, concedendo ulteriori tempi di
apprendimento e diversificando l'approccio didattico, si cerca di colmare le
lacune riscontrate e di fornire aiuto agli alunni che le manifestano;
- una valutazione sommativa, terminale per l'Ud, attraverso la quale si
controlla l'efficacia delle attività di recupero e si traccia un bilancio
complessivo del profitto individuale e di gruppo.
Secondo Bloom, attuare questa procedura significa simulare in una
situazione collettiva quello che fa un buon precettore in una situazione uno
a uno, ma non si deve perdere di vista che vi sono comunque differenze
rilevanti tra il precettorato individuale e la sua simulazione collettiva.
Infatti, in un caso l'unità di adattamento dell'insegnamento è rappresentato
da un singolo individuo, nell'altro tale unità consiste nel gruppo-classe.
Questo vuol dire che se adattare l'insegnamento alle caratteristiche del
gruppo-classe significa cercare di formulare una proposta didattica
globalmente compatibile per l'insieme di questo sistema, non è però detto,
anzi è del tutto improbabile, che ciò che è ragionevolmente adattivo a
livello di sistema lo sia in maniera ottimale anche per tutti i singoli membri
che fanno parte di questo. Perciò, mentre il precettore formula il compito
ad usum delphini, quasi sicuramente in una situazione di insegnamento
collettivo l'adeguatezza di una proposta didattica in rapporto ad ogni
singolo alunno sarà soltanto parziale, il che richiederà ad ognuno di loro un
concomitante sforzo di adattamento. Uno sforzo di questo genere è
indubbiamente positivo (stimola la flessibilità mentale), l'importante è che
la proposta didattica sia globalmente compatibile, ossia che gli adattamenti
richiesti agli alunni siano complessivamente alla loro portata. Ma,
ovviamente, neppure questo può essere garantito con certezza per tutti i
membri del gruppo, perciò, è necessario che, così come avviene a livello
del precettorato, anche a livello collettivo l'individualizzazione preveda un
dispositivo di regolazione e di correzione della proposta didattica (che
consiste essenzialmente nel binomio: valutazione formativa e recupero).
Concludendo, si può asserire che a livello di insegnamento nel gruppo
classe, l'uso del termine "individualizzazione" rappresenta a rigore una
forma di idealizzazione pedagogica della reale dinamica dell'insegnamento,
il che, una volta che si è consapevoli di ciò, non costituisce una
mistificazione, anzi è un modo per porre il limite di tensione ideale verso il
quale deve tendere la prassi didattica. Basta ricordare che a livello di
insegnamento di gruppo il processo di insegnamento che definiamo
individualizzato presenta una logica differente da quella propria del
27
precettorato. D'altra parte, poiché ogni livello dell'individualizzazione ha
potenzialità sue proprie, l'ideale è quello di combinare in varie possibili
maniere diversi livelli di intervento individualizzato: a livello di
gruppo-classe, a livello di sottogruppi della medesima classe, a livello
di gruppi omogenei tra classi diverse, a livello di piccoli gruppi, e,
sebbene questo sia meno facile da realizzare, anche a livello di
precettorato individuale.
Personalizzazione
La "personalizzazione" indica invece le strategie didattiche finalizzate a
garantire ad ogni studente una propria forma di eccellenza cognitiva,
attraverso possibilità elettive di coltivare le proprie potenzialità
intellettive.
In altre parole, se l'individualizzazione ha lo scopo di far sì che certi
traguardi siano raggiunti da tutti, la personalizzazione è finalizzata a far sì
che ognuno sviluppi propri personali talenti; nella prima gli obiettivi sono
comuni per tutti, nella seconda possono essere previsti obiettivi diversi per
ciascuno.
La personalizzazione punta su quelle strategie didattiche che mirano a
dare l'opportunità ad ogni alunno di sviluppare le proprie potenzialità
intellettive, attraverso possibilità elettive di coltivare le proprie aree di
eccellenza. Naturalmente il punto di partenza è il riconoscimento di una
molteplicità di intelligenze (Gardner) e che un certo tipo di abilità
rappresenta la forma di eccellenza cognitiva di un certo alunno (non è
necessario che egli la possieda in misura fortemente maggiore della media
degli altri soggetti; è sufficiente che egli l'abbia sviluppata in modo
maggiormente spiccato rispetto alle altre sue capacità, che rappresenti il
suo punto di forza)
Aiutare ogni studente a sviluppare una propria forma di talento è
probabilmente un obiettivo altrettanto importante di quello di garantire a
tutti la padronanza delle competenze fondamentali.
La personalizzazione intende valorizzare il potenziale cognitivo di chi
apprende, la sua biografia, l'intelligenza, la sensibilità e le competenze
(incluse quelle emotive) che caratterizzano ciascun individuo in quanto
persona, al fine di raggiungere una forma di eccellenza cognitiva,
sviluppando tutte le proprie attitudini, capacità e talenti. I risultati e
gli obiettivi di apprendimento saranno quindi diversi per ciascuno
studente, e non sarà possibile stabilirli dall'inizio dell'apprendimento.
Chi apprende, guidato da chi insegna, è un co-designer attivo
dell'esperienza e del percorso di apprendimento e non è tanto la
tipologia di competenze da acquisire ad influire sui risultati, ma il
28
diverso grado di abilità nell'utilizzo di queste stesse competenze.
Diamo il nome di "personalizzazione" alle strategie attraverso le quali si
può favorire la coltivazione del talento così inteso, dei punti di forza e delle
preferenze di ogni studente.
Una personalizzazione dell'insegnamento sembra richiedere almeno quattro
condizioni, tra loro connesse:
 il pluralismo dei percorsi formativi
 la possibilità di scelta da parte dell'alunno,
 un certo grado di consapevolezza circa il proprio profilo di
abilità,
 la realizzazione di un adeguato contesto didattico.
Per quanto riguarda il pluralismo dei percorsi formativi, è opportuno
ribadire che non si tratta di itinerari alternativi che conducono alla
medesima meta (il caso dell'individualizzazione), ma di piste indirizzate
verso destinazioni differenti, mirate a formare persone con profili cognitivi
diversi le une dalle altre.
Un'altra condizione è costituita dal fatto che l'alunno disponga di una vera
possibilità di scelta del percorso che ritiene a sé più congeniale.
Affinché questo genere di situazione sia autentica, affinché la scelta sia
vera scelta, nel senso responsabile del termine, occorre però che l'alunno
sia equipaggiato con un certo grado di consapevolezza circa le proprie
inclinazioni. Questo significa non solo che egli deve essere cosciente del
profilo delle proprie propensioni, ma anche che nell'ambito di queste deve
diventare progressivamente capace di distinguere tra "preferenze" e
"attitudini" vere e proprie. Per altro, non ci si può illudere che queste forme
di consapevolezza possano maturare al di fuori del quadro dell'esercizio
della scelta e preliminarmente ad essa.
Infine, lo sviluppo del talento può essere ottimizzato se l'alunno fruisce di
supporti didattici adeguati. Infatti, può non essere sufficiente dare occasioni
di esercizio del talento personale, è preferibile accompagnare queste
occasioni con adeguate forme di insegnamento, in quanto, anche se il
talento non può essere "trasmesso" dal docente al discente, si possono
creare le condizioni favorevoli allo suo sviluppo attraverso forme di
intervento didattico dell'insegnante.
Allo scopo di realizzare tali condizioni, si possono tenere presenti alcuni
principi pedagogici e didattici che descriveremo sommariamente
limitandoli a tre:
il principio delle opzioni ( pluralismo dei percorsi formativi)
quello dell'auto-orientamento ( possibilità , ma anche capacità di
scegliere attraverso l‟acquisizione di competenze per scegliere)
29
e quello della valutazione critica ( è un aspetto di quello che dovrebbe
caratterizzare il contesto didattico)
Il principio delle opzioni, formulato inizialmente da Claparède, è
finalizzato a realizzare congiuntamente la condizione della pluralità dei
percorsi e quella della possibilità di scelta da parte dell'alunno. L'idea di
fondo di Claparède è quella di restringere le ore di frequenza scolastica
dedicate al cosiddetto "programma minimo", ossia al nucleo del curricolo
che deve essere comune al tragitto formativo di ogni studente. Le ore così
rese disponibili devono essere dedicate a "corsi" complementari o speciali
da scegliere liberamente da parte dello studente fra quelli attivati dalla
scuola, cosicché ognuno abbia modo di ritagliarsi un curricolo
personalizzato. Generalizzando questo principio, si può ipotizzare di
ridurre a più livelli organizzativi ciò che è comune ed obbligatorio per tutti
gli alunni, in modo da inserire molteplici forme di attività di tipo opzionale
(corsi, laboratori ecc.).
Il principio dell'auto-orientamento è finalizzato a realizzare congiuntamente
la condizione della scelta e quella della autoconsapevolezza. Lo studente
non deve soltanto avere la possibilità di scegliere, dovrebbe anche
sviluppare gradualmente la capacità di scegliere, ossia dovrebbe imparare
progressivamente ad orientarsi in modo autenticamente autonomo tra le
diverse possibili alternative. Questo genere di capacità è legata ad almeno
due fattori: da un lato la progressiva consapevolezza dei propri punti di
forza e dei propri punti di debolezza; dall'altro la consuetudine con la
valutazione delle diverse alternative rispetto alle proprie inclinazioni.
Comunque, questa capacità ed i suoi fattori possono essere coltivati
soltanto attraverso la pratica stessa della scelta.
Il principio della valutazione critica è finalizzato a realizzare la condizione
dell'autoconsapevolezza e concorre ad assicurare un adeguato sostegno
didattico all'alunno. Per raggiungere questi scopi, nell'ambito dello
sviluppo del talento, la valutazione dovrebbe essere praticata in maniera
diversa dalla mera "classificazione" del livello di apprendimento
(sufficiente, buono ecc.). Essa dovrebbe assumere la forma di un articolato
giudizio critico, strutturato in rapporto ai criteri interni al campo culturale
di attività, così da rendere consapevole l'allievo di tali criteri e da guidarlo
ad operare tenendo conto di essi. In questo modo il discente, acquisendo
una progressiva consapevolezza di questi criteri, potrebbe, negli anni,
sviluppare una certa capacità di autovalutazione e diventare così cosciente
dei propri punti forti e dei propri punti deboli relativamente al campo in
questione
Concludendo, si deve precisare che le procedure che si possono utilizzare
30
per concretizzare la personalizzazione dei percorsi formativi, quali: i
Progetti didattici, i Laboratori e i Crediti didattici, non la garantiscono
di per sé. Piuttosto, esse rappresentano contesti didattici
particolarmente adeguati per l'attuazione dei principi che tendono a
rendere personalizzato il lavoro. E' nella misura in cui queste
procedure vengono attuate secondo questi principi che il lavoro
didattico tende ad assumere una dimensione personalizzata.
L'approccio dialogico è decisivo nella personalizzazione, come pure il
costruttivismo cognitivo sociale. Un esempio efficace in tal senso è quello
dei learning logs (registri di apprendimento) che supportano lo sviluppo
delle strategie di pensiero e delle competenze di apprendimento.
Nonostante l'apprendimento personalizzato possa realizzarsi in ambienti
tradizionali come quelli della scuola, questo concetto include ogni
esperienza di apprendimento che può realizzarsi ovunque. L'apprendimento
personalizzato può essere il risultato di una attività in partnership con altri
studenti, come accade nei lavori di gruppo o nelle attività di ricerca su temi
specifici. In questo caso l'apprendimento "anywhere, anytime, anyplace"
può essere interpretato alla luce delle nuove forze di globalizzazione che
stanno influenzando il trend educativo, in cui tempi, spazi e ritmi sono
virtualizzati e la distanza è azzerata.
Le tecnologie dell'informazione e della comunicazione possono essere dei
validi strumenti per la personalizzazione dell'apprendimento in quanto
consentono a chi apprende di accedere alle fonti di informazione,
forniscono strumenti e supporti alla comunicazione che consentono il
dialogo e il dibattito, così come la visualizzazione dei risultati di
apprendimento. In ogni caso, l'apprendimento personalizzato non è
appannaggio esclusivo delle tecnologie o degli ambienti virtuali.
Individualizzazione
 Stessi obiettivi per tutti
 Applicazione di differenti
strategie didattiche per
acquisire le competenze
chiave
 La proposta curriculare è
definita dallo staff
educativo
 Valorizzazione della
dimensione cognitiva di chi
apprende
Personalizzazione
 Obiettivi differenti per ognuno
 Applicazione di differenti
strategie didattiche per
promuovere il potenziale
personale
 Chi apprende partecipa
attivamente alla costruzione del
proprio percorso
 Valorizzazione di tutte le
dimensioni dell'alunno, non
solo quella cognitiva
31
 Valorizzazione delle
precedenti conoscenze e
competenze, formali e non
 La capacità di
autodirezione di chi
apprende è secondaria
 L'insegnante ha un ruolo
chiave
 Valorizzazione delle precedenti
conoscenze, competenze e
abilità, formali e non
 L'autodirezione è una capacità
fondamentale
 Il tutor ha un ruolo chiave
Valutare il grado di inclusività della scuola
La qualità e l‟equità del sistema scuola e della singola istituzione
scolastica si misurano anche sulla sua capacità di inclusione.
L’Index for inclusion (Indice per l’inclusione), proposta realizzata da
Tony Booth e Mel Ainscow (2002) per il Centre for Studies on Inclusive
Education (CSIE, Centro Studi per l‟Educazione Inclusiva) rappresenta
uno dei primi tentativi operativi di caratterizzare il concetto di inclusione
all‟interno delle strutture scolastiche. Frutto di tre anni di lavoro condotto
da un gruppo di insegnanti, genitori, dirigenti, amministratori locali,
ricercatori e rappresentanti delle organizzazioni disabili, lo strumento è
destinato alle istituzioni scolastiche che hanno come obiettivo la
trasformazione della loro cultura e delle loro pratiche per arrivare a essere
delle scuole per tutti .
Contiene una serie di indicatori per l‟analisi delle dimensioni fondamentali
da curare per assicurare l‟equità: produrre politiche inclusive, sviluppare
pratiche inclusive, creare culture inclusive
32
CREARE CULTURE INCLUSIVE
Questa dimensione crea una comunità sicura, accogliente, cooperativa e
stimolante, in cui la valorizzazione di ciascuno diviene il punto di partenza
per ottimizzare i risultati di tutti, diffondendo valori inclusivi condivisi e
trasmessi a tutto il gruppo insegnante, agli alunni, ai membri del Consiglio
di istituto, ai dirigenti e alle famiglie.
I principi e i valori, nelle culture inclusive della scuola, orientano le
decisioni sulle politiche educative e gestionali e sulle pratiche quotidiane
nella classe, in modo che lo sviluppo della scuola divenga un processo
continuo.
Sezione A.1 Costruire comunità
Indicatori
A.1.1 Ciascuno deve sentirsi benvenuto /A.1.2 Gli alunni si aiutano l‟un
l‟altro /A.1.3 Gli insegnanti collaborano tra loro /A.1.4 Gli insegnanti e gli
alunni si trattano con rispetto /A.1.5 C‟è collaborazione tra gli insegnanti e
le famiglie /A.1.6 Gli insegnanti e il Consiglio di istituto collaborano
positivamente / A.1.7 Tutte le comunità locali sono coinvolte nell‟attività
della scuola.
Sezione A.2 Affermare valori inclusivi
Indicatori
A.2.1 Le attese sono elevate per tutti gli alunni /A.2.2 Gruppo insegnante,
Consiglio di istituto, alunni e famiglie condividono una filosofia inclusiva
/A.2.3 Gli alunni sono valorizzati in modo uguale /A.2.4 Insegnanti e
alunni si trattano l‟un l‟altro come esseri umani oltre che come
33
rappresentanti di un «ruolo» /A.2.5 Il gruppo insegnante cerca di rimuovere
gli ostacoli all‟apprendimento e alla partecipazione in ogni aspetto della
vita scolastica /A.2.6 La scuola si sforza di ridurre ogni forma di
discriminazione.
PRODURRE POLITICHE INCLUSIVE
Questa dimensione assicura che i valori inclusivi permeino tutta la
progettazione scolastica. Le politiche inclusive incoraggiano la
partecipazione degli alunni e del gruppo insegnante fin dal primo ingresso
nella scuola, forniscono aiuto a tutti gli alunni della comunità locale e
riducono le spinte all‟esclusione. Ogni decisione implica chiare strategie
per il cambiamento. Viene considerato sostegno ogni attività in grado di
accrescere la capacità della scuola nel rispondere alla diversità degli alunni,
e tutte le forme di sostegno vengono sviluppate secondo principi inclusivi e
in modo coordinato all‟interno di un quadro unitario.
Sezione B.1 Sviluppare la scuola per tutti
Indicatori
B.1.1 La selezione del personale e le carriere sono trasparenti / B.1.2 I
nuovi insegnanti vengono aiutati ad ambientarsi nella scuola /B.1.3 La
scuola promuove l‟accoglienza di tutti gli alunni della comunità locale
/B.1.4 La scuola rende le proprie strutture fisicamente accessibili a tutte le
persone / B.1.5 Tutti i nuovi alunni vengono aiutati ad ambientarsi nella
scuola /B.1.6 La scuola organizza i gruppi-classe in modo che tutti gli
alunni vengano valorizzati.
Sezione B.2 Organizzare il sostegno alla diversità
Indicatori
B.2.1 Tutte le forme di sostegno sono coordinate /B.2.2 Le attività di
formazione aiutano gli insegnanti ad affrontare le diversità degli alunni
/B.2.3 Le politiche rivolte ai Bisogni Educativi Speciali sono inclusive
/B.2.4 Viene utilizzata una modalità definita statale e strutturata per ridurre
gli ostacoli all‟apprendimento e alla partecipazione di tutti gli alunni /B.2.5
Il sostegno agli alunni stranieri che imparano l‟italiano è coordinato con il
sostegno all‟apprendimento degli altri alunni /B.2.6 Le politiche di
sostegno personale e del comportamento sono collegate a quelle di
sostegno allo sviluppo curricolare e all‟apprendimento /B.2.7 Le pratiche
34
che portano all‟esclusione dalle attività disciplinari vengono ridotte /B.2.8
Gli ostacoli alla frequenza sono ridotti /B.2.9 Il bullismo viene contrastato
SVILUPPARE PRATICHE INCLUSIVE
Questa dimensione promuove pratiche scolastiche che riflettono le culture e
le politiche inclusive della scuola. Le attività formative vengono progettate
in modo da rispondere alla diversità degli alunni, e gli alunni sono
incoraggiati a essere attivamente coinvolti in ogni aspetto della loro
educazione, valorizzando anche le loro conoscenze ed esperienze fuori
della scuola. Il personale individua nella collaborazione con i colleghi, gli
alunni, le famiglie e la comunità locale le risorse materiali e umane per il
sostegno all‟apprendimento e alla partecipazione.
Sezione C.1 Organizzare il sostegno alla diversità
Indicatori
C.1.1 L‟insegnamento è progettato tenendo presenti le capacità di
apprendimento di tutti gli alunni /C.1.2 Le lezioni stimolano la
partecipazione di tutti gli alunni /C.1.3 Le lezioni sviluppano la
comprensione della differenza /C.1.4 Gli alunni sono attivamente coinvolti
nelle attività di apprendimento /C.1.5 Gli alunni apprendono in modo
cooperativo /C.1.6 La valutazione contribuisce al raggiungimento degli
obiettivi educativi per tutti gli alunni /C.1.7 La disciplina in classe è
improntata al mutuo rispetto /C.1.8 Gli insegnanti collaborano nella
progettazione, insegnamento e valutazione / C.1.9 Gli insegnanti di
sostegno promuovono l‟apprendimento e la partecipazione di tutti gli
alunni /C.1.10 Le attività di studio a casa contribuiscono all‟apprendimento
di tutti /C.1.11 Tutti gli alunni prendono parte alle attività esterne all‟aula.
Sezione C.2 Mobilitare risorse
Indicatori
C.2.1 Le differenze tra gli alunni vengono utilizzate come risorsa per
l‟insegnamento e l‟apprendimento /C.2.2 Le competenze degli insegnanti
sono utilizzate al meglio /C.2.3 Gli insegnanti sviluppano delle risorse per
sostenere l‟apprendimento e la partecipazione /C.2.4 Le risorse della
comunità sono conosciute e utilizzate /C.2.5 Le risorse della scuola sono
equamente distribuite così da sostenere l‟inclusione.
35
Per valutare la qualità dell‟offerta formativa, il Decreto Legislativo n. 66
del 2017 ha previsto all’articolo 4 l’obbligo per l’INVALSI di
individuare per il RAV (Area Inclusione) una batteria di indicatori idonei
a misurare il livello di qualità inclusiva realizzata nelle singole classi e
nelle singole scuole.
“L’inclusione è ciò che avviene quando ognuno sente di essere apprezzato
e che la sua partecipazione è gradita».
Centre for Studies on Inclusive Education

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Modulo 4. dall' integrazione all'inclusione

  • 1. 1 Corso di formazione “EDUCATORE, CONTESTO SCUOLA E FAMIGLIE – NORMATIVE, RELAZIONI E ATTIVITA’ ” Modulo 4 “Dall’integrazione all’inclusione” Docente Prof.ssa Silvia Rosati
  • 2. 2 I Bisogni educativi nella scuola attuale “Ogni studente suona il suo strumento, non c’è niente da fare. La cosa difficile è conoscere bene i nostri musicisti e trovare l’armonia. Una buona classe non è un reggimento che marcia al passo, è un’orchestra che prova la stessa sinfonia. E se hai ereditato il piccolo triangolo che sa fare solo tintin,o lo scaccia pensieri che fa soltanto bloing bloing, la cosa importante è che lo facciano al momento giusto, il meglio possibile, che diventino un ottimo triangolo, un impeccabile scaccia pensieri, e che siano fieri della qualità che il contributo conferisce all’insieme. Siccome il piacere dell’armonia li fa progredire tutti, alla fine anche il piccolo triangolo conoscerà la musica, forse non in maniera brillante come il primo violino, ma conoscerà la stessa musica. Il problema è che vogliono farci credere che nel mondo ci siano solo primi violini”. (Daniel Pennac-Diario di scuola) Il contesto «L’esperienza di inclusione, portata avanti nel nostro Paese dal 1971, ha fatto sì che una classe italiana – una come tante – dove coesistono difficoltà, disturbi, disabilità a fianco a tante altre eterogeneità sia la trama abituale sulla quale costruire i percorsi di apprendimento. L’elemento della complessità – dove più, dove meno - è una costante delle classi italiane. Può essere un fattore di crescita, se si riesce a far perno sulla resilienza e sul valore del “crescere insieme”, inteso come condivisione e sviluppo del senso di umanità che nel profondo alimenta la solidarietà, la comprensione, l’umiltà e l’amicizia» R. Ciambrone, Una didattica per i DSA, Ed Periferia, Cosenza, 2012 Si è visto come passaggi normativi significativi ed un cambio culturale di prospettiva sia nelle politiche scolastiche europee che in quelle italiane abbiano assicurato il diritto allo studio di tutti gli alunni. La progettazione educativo – didattica non può prescindere dallo status quo della nostra scuola e dalla consapevolezza che nelle nostre classi ci siano molti alunni con difficoltà nell‟ambito dell‟apprendimento e dello
  • 3. 3 sviluppo di competenze: dai più tradizionali disturbi specifici dell‟apprendimento (dislessia, disgrafia, discalculia), al disturbo da deficit attentivo con o senza iperattività, a disturbi nella comprensione del testo, alle difficoltà visuo - spaziali, alle difficoltà motorie, alla goffaggine, alla disprassia evolutiva, ecc.; alunni con ritardo mentale e ritardi nello sviluppo, originati dalle cause più diverse. Hanno difficoltà di apprendimento e di sviluppo anche alunni con difficoltà di linguaggio o disturbi specifici nell‟eloquio e nella fonazione; alunni con disabilità quali disturbi dello spettro autistico, dall‟autismo più chiuso con ritardo mentale alla sindrome di Asperger o all‟autismo ad alto funzionamento. Accanto a questi alunni con aspetti patologici nell‟apprendimento e nello sviluppo vi sono alunni che hanno «soltanto» un apprendimento difficile, rallentato, uno scarso rendimento scolastico: alunni con varie difficoltà emozionali: timidezza, collera, ansia, inibizione, depressione, ecc. Forme più complesse di difficoltà sono invece quelle riferibili alla dimensione psichica e psicopatologica: disturbi della personalità, psicosi, disturbi dell‟attaccamento o altre condizioni psichiatriche. Molto frequenti sono poi le difficoltà comportamentali e nelle relazioni: dal semplice comportamento aggressivo fino ad atti autolesionistici, bullismo, disturbi del comportamento alimentare, disturbi della condotta, oppositività, delinquenza, uso di droghe, ecc. La sfera delle relazioni produce infatti molto spesso delle difficoltà nell‟ambito psicoaffettivo, rivolte prevalentemente all‟interno: bambini isolati, ritirati in sé, eccessivamente dipendenti, passivi, ecc. Talvolta si tratta di difficoltà educative e didattiche, oltre che psicologiche, che riguardano anche alunni che hanno delle compromissioni fisiche rilevanti, traumi, esiti di incidenti, menomazioni sensoriali, malattie croniche o acute, allergie, disturbi neurologici, paralisi cerebrali infantili, epilessie, ecc. o che provengono da situazioni di svantaggio familiare: pensiamo alle situazioni delle famiglie disgregate, patologiche, trascuranti o con episodi di abuso o di maltrattamento; da situazioni di svantaggio socio-economico Il mondo della Scuola, inoltre, è sempre più attento anche a quelle difficoltà «soft» che si manifestano con problemi motivazionali, disturbi dell‟immagine di sé e dell‟identità, deficit di autostima, insicurezza e disorientamento del progetto di vita. Ogni insegnante sa bene, per esperienza diretta, che gli alunni che lo preoccupano per qualche forma di difficoltà sono ben di più di quel 2-3% di alunni certificati dall‟Azienda Sanitaria con una disabilità. Queste
  • 4. 4 percentuali sono soltanto la punta di un iceberg: sotto vi sta almeno un 10- 15% di alunni con qualche altro tipo di difficoltà. Nella percezione degli insegnanti si trova molto spesso l‟impressione che questi casi aumentino sempre di più, che le difficoltà, di vario genere, siano sempre più presenti nelle nostre classi. Oggettivamente alcune condizioni sono in reale aumento dal punto di vista epidemiologico: i disturbi dell‟attenzione, il bullismo, le condizioni varie dello spettro autistico. Però, accanto a questo aumento oggettivo, è necessario anche tener conto di altri fenomeni concorrenti: da un lato la sempre maggiore capacità diagnostica di psicologi e neuropsichiatri, oltre che di quelle figure professionali preziose, come i logopedisti e gli psicomotricisti, che si occupano sempre più di apprendimento e della sua psicopatologia sulla base di modelli teorici e applicativi tratti dalle teorie dell‟apprendimento, dalla psicologia cognitiva, dalla neuropsicologia e dalle neuroscienze, piuttosto che dalle teorie psicoanalitiche e psicodinamiche. Dall‟altro si riscontra la sempre maggiore capacità osservativa e interpretativa degli insegnanti, che riescono ad accorgersi sempre meglio delle varie condizioni di difficoltà. Professionalmente sono sempre di più gli insegnanti in grado di cogliere le difficoltà di apprendimento, i deficit o i disagi. Molto spesso anche i genitori si accorgono in tempo delle difficoltà dei figli e cercano un aiuto competente. Gli insegnanti, inoltre, sono in grado di decifrare sempre di più le diversità nei processi di apprendimento, negli stili di pensiero, nelle dinamiche di relazione e di attaccamento, nei vissuti familiari, sociali e culturali. Se pensiamo semplicemente al concetto di intelligenza, vedremo con facilità come ormai non esista più alcun insegnante che pensi a un‟unica intelligenza, diversamente ripartita tra i suoi alunni solo dal punto di vista quantitativo. In molti alunni, i bisogni educativi normali, e cioè quelli di sviluppo delle competenze, di appartenenza sociale, di identità autonoma, di valorizzazione e di autostima, di accettazione, solo per citarne alcuni, diventano bisogni speciali, più complessi, in quanto è più difficile ottenere una risposta adeguata a soddisfarli. E questo per una «difficoltà di funzionamento» biopsicosociale dell'alunno. Da qui il concetto di Bisogno Educativo Speciale su base ICF. I profili degli alunni diventano sempre più ricchi di sfumature psicologiche, relazionali, motivazionali, identitarie, anche attraverso un uso consapevole e avanzato di modalità nuove di valutazione autentica e di portfolio. Le varie e diverse provenienze culturali, geografiche e linguistiche completano l‟opera e si incrociano e si enfatizzano due percezioni di
  • 5. 5 differenza: una legata alle difficoltà di un singolo alunno, l‟altra alle eterogeneità del contesto classe. Questo incrocio aumenta molto spesso l‟ansia degli insegnanti, dei dirigenti e delle famiglie. È importante sottolineare che le classi della scuola italiana accolgono tante diversità e che altro è incontrare un bambino dislessico in uno studio medico, da solo, altro è averlo in classe, con tanta eterogeneità. In alcuni casi, questa ansia porta a una specie di affanno, a una sensazione di non essere in grado di rispondere con buona qualità formativa, di individualizzare in modo sufficiente, di includere realmente nella vita scolastica dell‟apprendimento e delle relazioni, con risposte formative adeguate ed efficaci, tutti questi vari alunni con differenze e difficoltà. Qui sta l‟esigenza dell‟inclusione di poter rispondere con un‟individualizzazione/personalizzazione prioritariamente a tutti gli alunni con Bisogni Educativi Speciali nell'ottica che, in prospettiva, tutti gli alunni, qualunque sia la loro situazione di funzionamento possano raggiungere il loro massimo potenziale di apprendimento e di partecipazione. L‟identificazione del bisogno E‟ necessario definire il concetto di Bisogno Educativo Speciale, secondo criteri che ne consentano una concettualizzazione valida e utile operativamente. Innanzitutto l‟identificazione del bisogno dovrebbe avvenire a partire da una sensibilità, che riesca a cogliere in tempo e precocemente il maggior numero possibile di condizioni di difficoltà dei bambini. La sensibilità non dovrebbe essere utilizzata con eccessiva ampiezza, per evitare che troppi bambini vengano considerati in situazione di BES. Un concetto troppo ampio produrrebbe troppi «falsi positivi» e di conseguenza risulterebbe dannoso. La questione del «cosa» fa scattare la definizione di problematicità, la questione del «confine» tra stranezza e problematicità sarà discussa ampiamente più avanti. Al concetto di Bisogno Educativo Speciale bisognerebbe attribuire le caratteristiche della reversibilità e della temporaneità. Molte situazioni che si configurano senz‟altro con BES non sono affatto stabili e cristallizzate, anzi sono soggette a forti mutamenti nel tempo, a miglioramenti e di conseguenza alla reversibilità. La definizione di Bisogno Educativo Speciale dovrebbe portare con sé proprio questo senso di provvisorietà e di reversibilità, non in tutti casi, ma
  • 6. 6 certo maggiormente rispetto alle etichette diagnostiche tradizionali, più rigide e più stabili. Questa reversibilità evidentemente facilita la famiglia e l‟alunno stesso ad accettare un percorso di conoscenza e di approfondimento della difficoltà e di successivo intervento di individualizzazione. Sono facilmente comprensibili le resistenze di un alunno o di una famiglia nell‟intraprendere un percorso diagnostico che ha come unico sbocco una diagnosi clinica e magari misure di supporto segreganti e stigmatizzanti. Il concetto di BES, anche quando si applichi ad alunni con disabilità, possiede un minor impatto stigmatizzante rispetto ad altre quali appunto disabilità, dislessia, discalculia, disturbo da deficit attentivo con iperattività, disturbo specifico di apprendimento, ecc. Il concetto di Bisogno Educativo Speciale, infatti, pone l‟accento sul funzionamento educativo e apprenditivo, che può essere transitorio e reversibile e non fa riferimento alle origini eziologiche dei disturbi né alle classificazioni patologiche. In tal senso la concettualizzazione di Bisogno Educativo Speciale richiama in modo immediato la necessità di individualizzazione, personalizzazione, di educazione/didattica speciale e di inclusione. Il cambiamento di prospettiva dall‟attenzione alla diagnosi a quella di funzionamento comporta un cambiamento di prospettiva dall‟integrazione all‟inclusione Dall‟integrazione all‟inclusione Si è passati dal "vecchio" concetto di integrazione (consentire e facilitare al "diverso" la maggior partecipazione possibile alla vita scolastica degli "altri") ↓ al concetto di inclusione (strutturare i contesti educativi in modo tale che siano adeguati alla partecipazione di tutti, ciascuno con le proprie caratteristiche e modalità di apprendimento).
  • 7. 7 Osserviamone le differenze: Integrazione Inclusione La logica dell’integrazione:  è statica (ha come unico obiettivo di individuare mezzi, strumenti, metodologie atte a permettere l‟estensione dei servizi educativi, tal quali già sono presenti, a soggetti che ne sono esclusi);  è a-problematica (non si pone il problema di rivisitare e trasformare servizi e pratiche che hanno prodotto esclusione, ma solo di estenderle attraverso opportuni strumenti e metodi);  è assimilatrice (la questione è come assimilare chi è fuori un determinato assetto istituzionale attraverso un La logica dell’inclusione:  è processuale (non si tratta solo di integrare gli esclusi, ma sono gli stessi sistemi formativi a dover essere modificati);  è problematica (non accetta come scontato lo status quo, ma lo pone in questione perché la voce di chi è escluso è sempre una domanda ed un appello a che le istituzioni si interroghino e si chiedano: “che cosa nelle mie procedure è da trasformare, in un’opera congiunta con chi è escluso, perché questa esclusione sia superata?”;  mobilita non solo capacità tecniche (quali quelle
  • 8. 8 insieme di pratiche);  promuove l’eguaglianza ma separata dal rispetto della diversità. richieste dalla integrazione,) ma un committment, un impegno a favorire contesti educativi „accoglienti‟ e promotori di vita indipendente e di cittadinanza attiva. L’integrazione si basa sul paradigma dell’assimilazione:  adattamento dell‟alunno disabile a un‟organizzazione scolastica che è strutturata fondamentalmente in funzione degli alunni «normali», e in cui la progettazione per gli alunni «speciali» svolge ancora un ruolo marginale o residuale.  uso di strategie per portare l‟alunno disabile a essere quanto più possibile simile agli altri.  il livello di integrazione viene misurato a partire dal grado di normalizzazione raggiunto dell‟alunno.  la qualità di vita scolastica del soggetto disabile viene valutata in base alla sua capacità di colmare il varco che lo separa dagli alunni normali. L’inclusione si basa sul paradigma della partecipazione :  riconosce la rilevanza della piena partecipazione alla vita scolastica da parte di tutti i soggetti;  rappresenta un processo, una filosofia dell‟accettazione;  offre una cornice dentro cui gli alunni - a prescindere da abilità, genere, linguaggio, origine etnica o culturale - possono essere ugualmente valorizzati, trattati con rispetto e forniti di uguali opportunità.
  • 9. 9 Sviluppare contesti educativi inclusivi L‟inclusione come processo di trasformazione per tutta la scuola L'inclusione comincia da un cambiamento culturale interno: da ciò che si può fare partendo da ciò che abbiamo, dalla valorizzazione delle risorse presenti, dalla collaborazione tra persone con ruoli diversi, ma con obiettivi condivisi. E‟ un processo continuo, quotidiano, in cui tutti gli insegnanti e i percorsi di insegnamento/ apprendimento devono poter rispondere alle differenze dei vari soggetti in un‟ottica di sostegno distribuito. In tal senso:  non riguarda solo gli alunni disabili, ma investe ogni forma di esclusione che può avere origine da differenze culturali, etniche, socioeconomiche, di genere e sessuali;  riconosce che c‟è un rischio di esclusione che occorre prevenire attivamente;  riconosce l‟importanza del coinvolgimento di tutti gli alunni nella realizzazione di una scuola realmente accogliente, anche mediante la trasformazione del curriculum e delle strategie organizzative che devono diventare sensibili all‟intera gradazione delle diversità presenti fra gli alunni. Questo operativamente significa:  superare la nozione di Bisogni Educativi Speciali;  sostituire alla focalizzazione sui “casi” una focalizzazione sulle “differenze”;  estendere la nozione di “sostegno” ad una varietà di azioni, interventi, pratiche;  coinvolgere tutti gli attori scolastici in attività funzionali all‟inclusione. Traguardi ed obiettivi dell‟inclusione Costruire una scuola inclusiva è un processo complesso, una costante ricerca azione che tende a rifondare la scuola, costruendone un‟identità ben riconoscibile. Una scuola inclusiva deve: - apprendere, attraverso tentativi, a superare gli ostacoli all‟accesso e alla partecipazione di particolari alunni, attuando cambiamenti che portino beneficio a tutti gli alunni;
  • 10. 10 - rimuovere gli ostacoli all‟apprendimento e alla partecipazione non solo delle persone con disabilità o con Bisogni Educativi Speciali; - vedere le differenze tra gli alunni come risorse per il sostegno all‟apprendimento, piuttosto che come problemi da superare; - attivare risorse per sostenere l‟apprendimento e la partecipazione; - accrescere la partecipazione degli alunni e ridurre la loro esclusione rispetto alle culture, ai curricoli e alle comunità sul territorio; - fornire sostegno alla diversità . - enfatizzare il ruolo della scuola nel costruire comunità e promuovere valori, oltre che nel migliorare i risultati educativi; - promuovere il sostegno reciproco tra scuola e comunità; - riformare le culture, le politiche educative e le pratiche nella scuola affinché corrispondano alle diversità degli alunni; - riconoscere che l‟inclusione nella scuola è un aspetto dell‟inclusione nella società più in generale. La dimensione operativa Sviluppare contesti educativi significa agire in tre ambiti fondamentali di una istituzione scolastica. In una cornice relazionale – educativa, nella sfera organizzativa e in quella più propriamente didattica. La cornice organizzativa Il processo di inclusione è un processo in continua evoluzione e non può realizzarsi se non si superano le difficoltà organizzative e didattiche, che non sempre (e dovunque) permettono la valorizzazione delle risorse umane in campo. Dunque bisogna definire un set di “ingredienti” abilmente orchestrati da una cultura dirigenziale e organizzativa in linea con la promozione dei processi d‟inclusione: 1. risorse infrastrutturali, da potenziare anche attraverso la ricerca di collaborazioni intra e inter istituzionali; 2. risorse strumentali e risorse umane: creazione di un organigramma con figure chiave - Funzioni strumentali, Referenti, Gruppi di lavoro – a presidio dei principali processi volti all‟inclusione
  • 11. 11 3. risorse economiche finanziarie, da implementare con forme di finanziamento flessibili ed idonee a promuovere percorsi di qualità dei processi inclusivi I docenti I docenti arrivano a scuola con i loro valori, personalità, competenze, conoscenze, capacità ed esperienze e le loro motivazioni estrinseche ed intrinseche. Le scuole, in quanto organizzazioni sociali complesse situate all'interno di sistemi sociali ancora più complessi, possono seriamente limitare la capacità di agire degli insegnanti, anche laddove gli insegnanti interessati siano individui esperti e di grande capacità. Viceversa un'azione consapevolmente mirata a migliorare le condizioni di contesto che favoriscono la professionalità degli insegnanti - anche se limitato a una singola scuola - può aumentare attivamente la loro capacità di agire attraverso un maggiore accesso alle risorse relazionali, portando a sua volta a un impegno più costruttivo con la politica del curriculum. I più recenti orientamenti nelle politiche scolastiche a livello mondiale puntano sugli insegnanti come agenti di cambiamento, in grado di modellare e personalizzare il curriculum scolastico, apportando un contributo essenziale e decisivo nel miglioramento della qualità dell‟istruzione e della formazione per tutti. La valorizzazione e la formazione dei docenti , che punti all‟acquisizione di competenze psicopedagogiche, diventano, dunque, strumenti chiave per lo sviluppo della TeacherAgency o, nella nostra lingua, all‟Agentività dei docenti. Questo nel concreto significherà: - Utilizzare le differenze tra gli alunni come risorsa per sviluppare le competenze dei docenti (es.plurilinguismo, didattica speciale…); - utilizzare al meglio le competenze dei docenti, valorizzandole; - promuovere e sostenere la formazione continua del personale scolastico; - conoscere ed utilizzare le competenze di tutto il personale, compresi i collaboratori scolastici e il personale di segreteria. - Distribuire equamente le risorse e gli incarichi sulla base di precise competenze
  • 12. 12 Il contesto relazionale – educativo Il clima organizzativo E‟ necessario che tutta l‟Istituzione scolastica sia inclusiva: dalla direzione alla segreteria; dalla documentazione sino al curricolo nelle classi. L‟inclusione è un principio che deve informare tutta la vita della scuola, tutti i suoi protagonisti. Aprirsi significa favorire l‟ingresso a scuola da parte di genitori, agenzie territoriali, componenti esterne, ampliare i tempi di accesso a scuola, renderla un luogo di incontro e di socializzazione. Significa includere nel proprio tessuto le nuove componenti. Questo nel concreto significherà: - i nuovi insegnanti e i nuovi alunni sono aiutati ad ambientarsi; - la scuola rende la propria struttura accessibile (non solo eliminando le barriere architettoniche, ma offrendo spazi di riunione a genitori ed alunni, anche in orari extra, favorendo iniziative, feste,); - la scuola valorizza le opportunità offerte dal territorio e dai servizi esterni. Approfondimento Il Protocollo d’Accoglienza Il Protocollo d‟Accoglienza è uno strumento fondamentale di raccordo tra la scuola e la famiglia di uno studente ed è per questo motivo che deve avere visibilità immediata nel sito della scuola. Il Protocollo d‟Accoglienza deve esplicitare: - la descrizione dei Bisogni Educativi Speciali - le azioni della scuola per la rilevazione precoce delle situazioni di BES - le azioni per l‟osservazione sistematica per l‟identificazione delle prestazioni atipiche (griglie, questionari e colloqui) - l‟iter procedurale dopo la diagnosi per la realizzazione dei PDP e dei PEI e la pianificazione di azioni per il monitoraggio dell‟efficacia dei PDP e dei PEI - l‟attivazione di laboratori didattici di potenziamento - i modelli di realizzazione dell‟orientamento nel passaggio tra segmenti scolastici diversi - i percorsi di ricerca-azione innovativi sull‟inclusione e progetti di riflessione sulle metodologie e sulla didattica per l'apprendimento - la documentazione dei percorsi formativi
  • 13. 13 - la formazione effettuata da enti accreditati sulle tematiche specifiche realizzate dall‟Istituto e coinvolgimento del corpo docente - l‟applicazione nella pratica didattica e valutativa delle nuove impostazioni metodologiche - i compiti e le funzioni dei referenti - i modelli di comunicazione con la famiglia - i contatti, le intese e le convenzioni con associazioni ed enti - le indicazioni di orari e le caratteristiche dell‟eventuale sportello d‟ascolto - la bibliografia, la sitografia e l‟elenco dei software didattici disponibili Il clima di classe Il clima di classe si può definire come l‟atmosfera che si viene a creare in quello specifico contesto: esso «riflette la vita scolastica e quella socio- emotiva della classe. Un clima di apprendimento efficace è indispensabile in ogni attività di sviluppo e apprendimento e ancor più con un alunno con disabilità. Se la relazione è carente o disturbata, i successivi livelli di azione sono compromessi e il disagio che si crea non favorisce l‟inclusione. Componenti essenziali della relazione educativa sono: la qualità delle interazioni; le aspettative; le convinzioni; le credenze e le emozioni, le motivazioni dei protagonisti della relazione. Approfondimento La motivazione intrinseca e l’immagine positiva di sé nello studente Per concetto di sé accademico si intende la rappresentazione che una persona si fa di sé all‟interno del contesto di apprendimento e che si costruisce a partire dalle diverse esperienze del proprio percorso scolastico e dalle proprie interpretazioni su tali esperienze. Il concetto di sé scolastico, inoltre, è influenzato dai rinforzi e dalle valutazioni positive che lo studente riceve dagli altri, nell‟ambiente in cui avviene il suo processo di apprendimento. Sperimentare emozioni positive (orgoglio, sicurezza, soddisfazione) a scuola incentiva la costruzione di un «Concetto di sé scolastico» positivo (Idea di sé come studente che si sente bravo, brillante, apprezzato e orgoglioso dei propri risultati) che, a sua volta, influisce sull‟assunzione di una motivazione di tipo intrinseco (studiare per sé e per la propria vita, studiare per accrescere le proprie
  • 14. 14 competenze e non per ottenere vantaggi estrinseci allo studio in sé) Le emozioni negative fanno diminuire la possibilità di costruire un «Concetto di sé scolastico» positivo (Idea di sé come studente che si sente bravo, brillante, apprezzato e orgoglioso dei propri risultati) che, a sua volta, influisce sull‟assunzione di una motivazione di tipo estrinseco (studiare per ottenere ricompense esterne o evitare punizioni, assumere un obiettivo di prestazione più che di padronanza) Avere un concetto scolastico di sé positivo contrasta ampiamente la demotivazione. Incentivare le emozioni positive in classe ha grande valore sul controllo sui processi d‟apprendimento. Approfondimento Climi di classe La classe conflittuale È una classe attiva che non orienta in senso positivo le sue energie. Se è divisa rivolge il conflitto verso se stessa, se è invischiata diventa ribelle verso i docenti. Le principali caratteristiche sono: forte agitazione; molte insufficienze; scarsa valorizzazione delle persone; scarsa identità di gruppo; poca coesione e stabilità La divisione può essere determinata da sottogruppi o da accorpamenti di classi (in questo caso la mobilità dei banchi è bassa e il numero delle relazioni interpersonali medio). La ribellione e la agitazione interna possono nascere dal sentirsi minacciati (atteggiamenti provocatori di alcuni docenti) o dall‟essere istigati (leader negativi che tiranneggiano la classe). E‟ una classe pesante, seria e cupa, apparentemente ordinata ma tagliente; in essa non emerge mai l‟ottimismo e il buon umore, regna la discordia con dispetti e vendette degli studenti tra di loro. Gli studenti non riescono ad accordarsi, litigano, si colpevolizzano reciprocamente costruendo un clima che disperde le energie e non facilita lo studio ed il lavoro. La natura e la struttura del conflitto non è, infatti, immediatamente visibile ed emerge all‟improvviso attraverso episodi anche sconcertanti. Sottovalutare il conflitto è un grande errore perché può ritorcesi contro gli insegnanti che ne possono diventare il bersaglio se, imprudentemente, hanno pensato di rabbonirlo con qualche bonaria raccomandazione. L‟intervento educativo sul conflitto è particolarmente delicato e richiede la
  • 15. 15 grande pazienza di assorbire le tensioni per poi orientarle costruttivamente. In primo luogo richiede una attenta osservazione della struttura dei sottogruppi, dei loro leader e delle sequenze di relazione che conducono a confliggere. Le tecniche a cui far riferimento per gestire i conflitti sono quelle del dialogo controllato, del buon ascolto, dell‟intonazione dei sentimenti e del buon accordo. Dal punto di vista della conversazione didattica, e delle sue prese di turno, è bene evitare la sequenza classica della “tripletta” che ha ricevuto la designazione di IRF , Inizio dell‟insegnante, Risposta dell‟allievo e Follow up successivo e di IRE Inizio dell‟insegnante, Risposta dell‟allievo ed Evaluation dell‟insegnante. La tripletta comunicativa utile in una classe conflittuale è quella tipica della comunicazione narrativa e cioé: Domanda dell‟alunno – risposta dell‟insegnante - nuova domanda dell‟alunno...che costituisce un frame descrittivo che si amplia e divaga nel contesto. a struttura di discussione interna da applicarsi è quella del circle time a cui si possono affiancare metodi e tecniche relativi alla relazione insegnante - allievo (comunicazione efficace, ascolto attivo, confronto, controversia senza perdenti, ecc..) ed allo sviluppo della affettività, corporeità e fantasia (educazione psicoemotiva e corporea, contatto con sé stessi, con l‟ambiente, con gli altri, immaginazione). Tra i diversi modelli del cooperative learning quello più idoneo nella classe conflittuale è lo Structural Approach proprio perché tende a lavorare sulla struttura delle relazioni basandosi su quattro componenti fondamentali: gli elementi (la forma le sequenze tra attore, azione e destinatario), le strutture (costituzione del gruppo, costruzione della classe, sviluppo della comunicazione, scambio di informazioni, padronanza di conoscenze, padronanza di abilità cognitive), le attività e la progettazione. I punti chiave dello Structural Approach sono l‟interazione simultanea, l‟uguaglianza nella partecipazione, l‟interdipendenza positiva e la responsabilità personale La classe amorfa Viene complessivamente definita “amorfa” una classe che irrita e delude perché non riesce ad esprimere una precisa identità. In tali classi le relazioni interpersonali sono deboli, superficiali e insoddisfacenti e non conducono il gruppo a prendere forma. In genere si presentano così le classi prime. La classe ha modificazioni repentine di atteggiamento da un‟ora a quella successiva e da un insegnante e l‟altro. La sua identità debole la porta a modellarsi a seconda delle caratteristiche dei docenti, i quali, in genere, esprimono opinioni differenti sulla classe. Gli indicatori più evidenti sono: bassa relazionalità, rendimento medio
  • 16. 16 senza forti insufficienze, mobilità elevata, scarso senso del gruppo e scarsa identità collettiva. La classe può essere descritta come amorfa quando non è ancora formata, quando il suo stato è esito di disimpegno o indifferenza (demotivata e inconcludente) o anche quando le relazioni tra gli studenti sono effervescenti ma superficiali(scanzonata). “Il clima delle diverse scuole varia in relazione al senso di efficacia degli insegnanti e alle aspettative che essi hanno rispetto alle potenzialità degli studenti” e la motivazione è il percorso indispensabile di miglioramento per questi tipi di classe. Occorre però distinguere tra animazione e motivazione; per animazione si intende spesso un processo di lavoro educativo mediante la comunicazione ed il gioco. L‟animazione intesa in tal senso può avere una relativa efficacia con una classe fallita ma non conduce la classe amorfa ad assumere nessuna forma e nessuna più stabile strutturazione delle relazioni. Se per animazione intendiamo una processualità a stadi che conduce ad una maggior organizzazione, allora possiamo individuare nella focalizzazione dei risultati previsti e nella fissazione degli obiettivi le prime fasi del processo motivazionale. La comunicazione che funziona all‟interno della classe amorfa è quella persuasiva: ordinata, e sistematica nel proporre obiettivi chiari e raggiungibili. E‟ inoltre importante stimolare la competizione interna tra i sottogruppi (l‟esatto contrario del lavoro educativo rispetto ad una classe conflittuale dove un simile intervento genererebbe un disastro) dividendo la classe in 4 sottogruppi di almeno 4 persone, a cui vengono affidati compiti comuni e che vengono valutati con una votazione collettiva. La concorrenza tra sottogruppi, in ordine sia al risultato che al tempo di esecuzione, e le ricompense per il risultato sono una forma di motivazione estrinseca (ma collettivizzata) ed intrinseca (individualizzata nel gusto personale di contribuire ad un risultato). Il modello dello Student Team Learning descrive gli elementi utili ad attivare una classe amorfa e cioè la struttura didattica del compito, ossia tutte le varie modalità di insegnamento che un insegnante può scegliere per svolgere la sua attività e la struttura incentivante dello studente, ossia gli strumenti che l‟insegnante può utilizzare per stimolare o attivare la motivazione degli studenti (per es. voti,richiami, feedback). Lo Student Team Learning si organizza sulla base di 4 componenti fondamentali: il comportamento cooperativo, la struttura incentivante cooperativa, la struttura cooperativa di compito e i motivi di cooperazione. La classe fallita E‟ una classe statica con un debole nucleo di relazioni attive e significative tra gli studenti. Gli studenti sono consapevoli della loro scarsa capacità di
  • 17. 17 fare gruppo ma sono disinteressati a rimettere in moto la classe. La classe è triste, noiosa e ripetitiva. Ha un atteggiamento complessivo di ostentata superiorità attraverso il quale squalifica gli interventi dei docenti che tendono a ridarle fiato e forza. La classe fallita è caratterizzata da :molti bocciati e molti abbandoni nella storia della classe, scarsa autostima, coalizioni interne alla classe che la bloccano; assenza di occasioni di animazione e di incontro, rendimento medio basso con poche eccezioni. Il fallimento può derivare da oppressione (l‟affiatamento interno sfocia in qualche coalizione stabile con presenza di ideologie o atteggiamenti autoritari che la classe subisce) o da spegnimento di motivazione (la classe si consuma in ripetuti tentativi di attivarsi costruttivamente e non è stata capita ed aiutata). Una classe di questo tipo ha bisogno di riflettere sul suo fallimento sia dal punto di vista dei rapporti interni sia dal punto di vista dei risultati liberando le energie individuali. Il modello di comunicazione più idoneo è il ricorso al pensiero narrativo ed alle sue potenzialità euristiche. L‟autobiografia della classe e l‟autobiografia individuale degli alunni può servire a portare alla luce le individualità ed ad aprire un processo di rielaborazione dei vissuti e di formazione. Tale modello consente la chiamata alla partecipazione al percorso di discussione e di apprendimento Il modello del Learning Together è basato sulla forte incentivazione della collaborazione tra i membri del gruppo classe. La principale caratteristica del Learning Together si fonda sull‟assenza di un piano di lavoro “prefabbricato” e sull‟utilizzo da parte degli insegnanti di variabili multiple da modulare diversamente nel tempo al fine di differenziare e perseguire risultati non competitivi. Il metodo si fonda sull‟ “interdipendenza positiva”, sull‟interazione faccia a faccia, sull‟insegnamento diretto, l‟uso delle abilità interpersonali, la formazione di piccoli gruppi eterogenei. La revisione del lavoro svolto e la valutazione individuale e di gruppo avviene durante lo svolgersi del compito (monitoring) oppure terminata l‟attività (processing). La classe costruttiva E‟ la classe ideale, all‟interno della quale si lavora bene e si raggiungono buoni risultati. Contiene diversi leader funzionali ai diversi scopi. Le caratteristiche di tali classi sono: buon profitto distribuito fra tutti gli studenti; espressione di eccellenze senza sacche di esclusione; buon clima relazionale ed alto numero di amicizie. Il lavoro educativo e didattico in tali classi tende al consolidamento delle qualità ed al consapevole perseguimento degli obiettivi scolastici. Il metodo del group investigation si basa sull‟insegnamento in piccoli gruppi, nei quali lo studente si autoregola nell‟attività di apprendimento e viene coinvolto attivamente
  • 18. 18 nell‟acquisizione del proprio sapere attraverso la ricerca del personale bisogno conoscitivo intrinseco. Proposte operative. Il punto di partenza è l‟organizzazione della ricerca conoscitiva che parte dagli interrogativi espressi dagli studenti o da ciò che per loro suscita interesse, confronto e discussione. Il compito dell‟insegnante è promuovere un clima e un ambiente comunicativo. Le competenze comunicative degli studenti si sviluppano attraverso le capacità di parlare in modo conciso, ascoltare, riflettere, partecipare, senza monopolizzare la discussione, e ricercare il consenso attraverso un‟aperta discussione. Le pause di riflessione sull‟attività svolta servono ad innescare l‟autovalutazione su come procede il lavoro, sull‟individuazione delle situazioni negative, sulle abilità efficaci e positive, e sulla finalizzazione del lavoro. Nell‟ambito di azione degli insegnanti, la didattica e la sua organizzazione a livello di scuola, prima ancora che di classe in connessione significativa con la valutazione formativa appaiono essere gli strumenti privilegiati attraverso i quali progettare e realizzare risposte adeguate agli alunni e alle diversità dei loro bisogni formativi, anche in riferimento alla prevenzione o al trattamento di forme di disagio. Gli interventi formativi ed educativi inoltre devono essere per tutti gli alunni e, a maggior ragione, per quelli con problemi non solo di apprendimento, ma anche affettivo-emotivi, relazionali e comportamentali. Lo snodo cruciale è quello di considerare tali problemi non soltanto appartenenti al soggetto e alla sua disfunzionalità, ma di ricondurli alla più ampia e complessa interazione con i suoi ecosistemi di vita. Proprio questo ampliamento di prospettiva, consentito dalla ricollocazione dei bisogni del singolo nel quadro più ampio della pluralità delle differenze, costituisce l‟aspetto più rilevante, più problematico e nello stesso tempo più irrinunciabile nella quotidianità della vita scolastica. Il ruolo della didattica e della sua organizzazione e il ruolo della valutazione formativa sono dunque di straordinaria e insostituibile efficacia per favorire il reale processo di sviluppo di tutti gli allievi e la piena integrazione nel contesto socio-scolastico di ciascuno di loro. La didattica e la valutazione sono infatti contesti di crescita e nello stesso tempo strumenti corali e solidali, non solitari e individualistici, che possono essere utilizzati efficacemente solo dagli operatori scolastici disposti a riconoscerne innanzitutto queste caratteristiche. La collaborazione degli e tra insegnanti è uno degli elementi necessari, insieme a quelli di costruzione e di contesto, a qualificare in senso costruttivista sociale . Un contesto, quale è quello scolastico deve essere
  • 19. 19 strutturato per i processi di costruzione critica della conoscenza e di sviluppo integrale della persona. In questo quadro, la didattica viene adattata “in situazione” per modificare il reale a scopo educativo. Lo spazio scolastico, da luogo di istruzione per tutti, diviene contesto di integrazione per ciascuno e il focus si sposta sulle strategie didattiche e comunicativo relazionali che influiscono sia sulla comprensione, sull‟apprendimento e sulla valorizzazione dell‟allievo, sia sulle dinamiche interne alla classe e sul rapporto che il docente stabilisce con il gruppo. Il concetto di strategia didattica ingloba, per certi versi, il concetto di metodo e lo rende non più statico e rigido, ma lo “fa funzionare” per quello che serve all‟interno di procedure ad alta flessibilità, significativamente individualizzate, dove i diversi elementi coesistono in una dimensione di confronto continuo. In questo modo, la didattica mostra tutta la sua forza e validità come motore trainante per la messa a punto delle condizioni di base indispensabili sia per chi insegna sia per chi apprende. Da questa riflessione ne consegue che il compito educativo consiste nell‟accompagnare il soggetto in formazione a farsi protagonista di esperienze anche di carattere meta-affettivo per poter giungere alla consapevolezza dei propri processi e potenzialità affettive, la capacità di regolarli e controllarli , e in definitiva sviluppando l‟intelligenza emotiva intrapersonale e interpersonale. La scuola, in stretta relazione con la famiglia, può dunque farsi promotrice di una cultura del benessere personale e sociale dell‟allievo attraverso la pratica dell‟accoglienza, della reciprocità, del rispetto e della sollecitudine all‟ascolto, al dialogo e alla guida. In tal senso, è utile ragionare in termini di capability umana cioè della reale libertà di ciascuno di raggiungere e promuovere il proprio benessere attraverso quelle situazioni che possano consentirle realmente la libertà di crescere o che compensino i suoi disagi strutturali e/o funzionali. In questa dimensione, la centralità dell‟agire educativo e l‟incidenza esercitata dalla relazione empatica e dalla motivazione possono svolgere un ruolo a tutto campo soprattutto dove si annidano forme di disagio, di svantaggio socio-culturale e di demotivazione che funzionano da autentici detonatori dell‟insuccesso e dell‟abbandono. Ma, come si sa, nelle situazioni di rilevante complessità si annida anche il rischio della rinuncia ad attivare interventi educativi soprattutto quando si avverte quello che è stato definito il crepuscolo della magistralità dei docenti che va di pari passi per un verso, al declino della fiducia nella educabilità, e per l‟altro, al rifugio in una sorta di immobilismo in cui non c‟è posto per la proattività e la creatività. Il recupero o meglio la ri-affermazione dell‟autorevolezza degli insegnanti, declinata con equità e democrazia in un contesto di libertà
  • 20. 20 autentica, dunque non data ma costruita nel rispetto di tutti, vuol dire essere riconosciuti affidabili e credibili, vuol dire sviluppare consapevolezza della propria autorevolezza insieme al dovere di esercitarla in modo equo e giusto. In questa ottica, l‟autorità si coniuga con autorevolezza. L‟autorità è infatti una relazione: augere significa crescere, aumentare, e la relazione d‟autorità è una relazione che fa crescere, è fatta di incoraggiamento. Crescere è in un certo senso una decisione, un compito da assumere e svolgere nel quotidiano, consapevolmente e non in solitudine,è una prospettiva di sé. Talvolta è proprio la consapevolezza di sé come esseri umani in formazione che rischia di perdersi. L'educazione non può dunque fare a meno di quell'autorevolezza che rende credibile l'esercizio L‟area didattica La scuola costruisce se stessa come comunità inclusiva, sfruttando tutta la flessibilità e l‟autonomia organizzativa prescritte dal DPR 275/99, la spinta alla personalizzazione e alla individualizzazione dei percorsi a partire dalla Riforma degli ordinamenti del 2004, alle Indicazioni per il Curricolo del 2012 e alle Linee Guida per il II ciclo, fino all‟assetto della Legge 107 del 2015 che introduce PTOF come documento di progettazione, costantemente rimodulabile sulla base del Rapporto di autovalutazione (RAV) e attraverso il Piano di miglioramento (PdM). Una scuola inclusiva favorisce lo sviluppo di prassi didattiche inclusive trasferendo le strategie inclusive nella “normalità” d'istituto, cioè riqualificando in senso inclusivo: - il curricolo d'istituto, declinato nella Programmazione dei Dipartimenti, in quella di classe, nel piano di lavoro dei docenti, nei PDP e nei PEI, con la condivisione delle metodologie didattiche e degli strumenti messi in atto per migliorarne l‟apprendimento ; - le unità di apprendimento; - i criteri di valutazione, in grado di misurare e valutare la crescita delle potenzialità dell‟alunno e non semplicemente le nozioni acquisite (Il Decreto legislativo 62/2017 conferma il principio che “la valutazione formativa serva per documentare lo sviluppo dell'identità personale di ogni studente e promuovere
  • 21. 21 l'autovalutazione di ciascuno in relazione alle acquisizioni di conoscenze,abilità e competenze ”); - il progetto didattico di classe, con selezione e scelta di contenuti e temi essenziali, l‟individuazione di abilità strumentali (gli automatismi) e procedurali, che consentano di sviluppare strategie di controllo del proprio apprendimento, la messa in luce di atteggiamenti, motivazioni, orientamenti che invitano i ragazzi a diventare responsabili della propria “voglia di apprendere” diventa strategica ed irrinunciabile.
  • 22. 22 Approfondimento Individualizzazione e personalizzazione Personalizzazione e individualizzazione nel complesso alludono al grado di adeguatezza dell'istruzione scolastica alle caratteristiche degli studenti, alla misura in cui ognuno di loro viene messo nelle condizioni di poter raggiungere il successo formativo. Si tratta cioè di un criterio - regolativo generale dell'educazione: un principio formativo che esige attenzione alle differenze della persona nella pluralità delle sue dimensioni individuali (cognitive e affettive) e sociali (l'ambiente famigliare e il contesto socio- culturale). In altre parole si richiede una preoccupazione pedagogica costante per il soggetto in formazione, con azioni formative specifiche e concrete se ci riferiamo in modo distinto alla personalizzazione e all‟individualizzazione. Si tratta di adottare un requisito che ogni azione formativa deve soddisfare: l' essere stata concepita in funzione delle caratteristiche dell'alunno. Secondo G. Bertagna «l‟antagonismo che si è voluto talvolta rintracciare tra individualizzazione e personalizzazione sembra una forzatura artificiosa, oppure il frutto di una incomprensione. Se è vero, infatti, che „individualizzazione‟ significa impegno per dare a tutti lo stesso bagaglio di competenze nei percorsi formali di istruzione, sebbene in tempi, modi e condizioni diverse, adatte a ciascuno e anche prendere atto che alla promozione delle competenze finali del Profilo educativo, culturale e professionale dello studente alla fine del primo o del secondo ciclo, contribuisce non soltanto l‟istruzione scolastica formale, ma anche tutto l‟insieme delle istituzioni educative presenti in un territorio, a partire da quella fondamentale della famiglia, per cui lo stesso utilizzo dei tempi, degli spazi e dei modi di apprendimento della scuola può, anzi deve essere diverso a seconda delle esigenze e delle esperienze di ciascuno, „personalizzare‟ significa trovare e assicurare le condizioni organizzative, professionali e umane perché questi processi di „individualizzazione‟ non siano mai decisi da altri, magari in maniera burocratica, ma sempre ragionati, conosciuti e scelti da ogni studente, insieme alla sua famiglia, come un arricchimento di sé e come una condizione per integrarli in un personale progetto di vita. In altri termini la „personalizzazione‟ esprime il proposito di una specie kantiana uscita dallo stato di minorità dello studente e della sua famiglia, non più considerati destinatari di un intervento educativo deciso da chi, in nome della competenza tecnica o di un preteso monopolio istituzionale, si è
  • 23. 23 “assunto con tanta benevolenza l‟alta sorveglianza sopra costoro”, ma ritenuti diretti co-protagonisti, co-operatori e co-negoziatori della propria maturazione e del proprio destino». Il problema non è ovviamente di carattere nomenclatorio, i due termini in effetti non possono essere usati come sinonimi: hanno storie diverse e fanno riferimento a diverse interpretazioni dei significati e dei modi fondamentali dell'insegnamento. Il concetto e le strategie dell'individualizzazione, nati oggettivamente in ambiente comportamentista, fanno riferimento all'esigenza di garantire a tutti gli studenti il raggiungimento degli stessi obiettivi (conoscenze, competenze, abilità): a tal fine l'individualizzazione propone di utilizzare strategie didattiche diverse (in termini di tempi, materiali, stili di apprendimento) che lascino comunque immutato per tutti il quadro sostanziale degli obiettivi. Il fine che si persegue in questo modo è quello di una democrazia dell'insegnamento che risponda al diritto all'uguaglianza. Il concetto e le strategie della personalizzazione, legati alla tradizione del personalismo cattolico e ripresi oggi, spesso all'interno della più ampia tematica della valorizzazione delle diversità, si riferiscono alla opportunità di consentire agli studenti di proporsi e raggiungere obiettivi diversi. Di garantire possibilità di scelta non solo dei percorsi didattici, ma anche delle conoscenze e competenze da raggiungere, in funzione degli interessi, delle motivazioni e delle risorse che contrassegnano e rendono “diverso” il singolo studente. La scuola dovrebbe perseguire in modo integrato le logiche del diritto all'uguaglianza e quelle del diritto alla diversità che del diritto allo studio costituiscono un'ineludibile articolazione interna. In altre parole, suo compito è insegnare alcune cose a tutti, utilizzando ogni mezzo a disposizione (individualizzazione) e insieme consentire/stimolare la possibilità per ogni studente di condurre percorsi personali di apprendimento (personalizzazione). Il dosaggio delle due strategie deve essere affidato agli insegnanti e nelle stesso tempo deve essere comunque garantito a tutti l'accesso a quelle competenze culturali in mancanza delle quali non si può parlare di diversità, ma soltanto di disuguaglianza fra i cittadini. In linea di principio, qualsiasi servizio che voglia definirsi "educativo" ha l'esigenza di percorrere contemporaneamente le strade dell'uguaglianza e quelle della diversità. Questo comporta da un lato (individualizzazione) prevedere una scuola in grado di fornire ai propri utenti un quadro sistematico e programmatico di conoscenze (Si delinea un „core curriculum‟ che deve saper riscoprire le cose essenziali, quelle che contano
  • 24. 24 nella formazione dei ragazzi di oggi, che sono già proiettati in un mondo per larga parte ancora sconosciuto, da affrontare con una dotazione di competenze appropriata “ - Frase introduttiva di Profumo alle indicazioni Nazionali) In questa direzione, è obbligatorio il riferimento ad una programmazione, che deve consentire l'identificazione di specifiche finalità, di obiettivi e contenuti formativi, la pianificazione di un sistema di stimoli pensati sulla base di un'attenta ricognizione dei bisogni oggettivi (in termini di "competenze") del cittadino contemporaneo che ha il diritto di essere "alfabetizzato" per poter sviluppare un proprio soggettivo ed efficace protagonismo nella attuale società. Dall‟altro lato personalizzazione significa interpretare l'apprendimento come costruzione autonoma di cultura vuol dire cioè, progettare un ambiente educativo nel quale si verifichino tutte le condizioni perchè l'allievo (ogni allievo) possa maturare le proprie esperienze autonomamente, originalmente, individualmente, facendo valere le proprie specifiche curiosità, i propri ritmi, il proprio "stile cognitivo". Utilizzando le proprie modalità esclusive di crescere e di produrre sapere. La scuola della sola individualizzazione pone problemi didattici complessi: non è facile gestire l'eterogeneità delle classi e condurre contemporaneamente didattiche differenziate. Il suo rischio è di essere solo la dichiarazione di un'utopia concretamente difficile da realizzare. Rischia inoltre l'appiattimento su percorsi didattici omologati e non attenti alle diverse motivazioni degli allievi. La scuola della sola personalizzazione è almeno in apparenza di più facile realizzazione didattica, ma rischia la divisione classista degli allievi (dentro la singola classe scolastica, ma ben presto, come si comincia ad intravedere, tra classi scolastiche costruite ad hoc). La libertà di scelta dei percorsi e degli obiettivi si traduce facilmente nel semplice ribadimento dei condizionamenti socio-ambientali di partenza. In definitiva, è facile che si ricada, personalizzando, in una scuola “a menù” nella quale ogni allievo trova solo quello che aveva già. Individualizzazione L' "individualizzazione" in senso stretto si riferisce alle strategie didattiche che mirano ad assicurare a tutti gli studenti il raggiungimento delle competenze fondamentali del curricolo, attraverso una diversificazione dei percorsi di insegnamento ovvero l'adattamento dell'insegnamento alle caratteristiche individuali dei discenti, attraverso precise e concrete modalità d'insegnamento. In altre parole, l'individualizzazione ha lo scopo di far sì che certi traguardi siano raggiunti da tutti e gli obiettivi sono comuni per tutti attraverso strategie didattiche che intendono
  • 25. 25 garantire agli studenti il raggiungimento degli stessi obiettivi di apprendimento, con ritmi differenti, in tempi diversi e modalità diverse rispetto agli stili cognitivi. L'insegnante (o il computer) gestisce e sceglie la migliore soluzione per chi apprende. Questa è legata all'adattamento dell'insegnamento alle caratteristiche cognitive individuali degli alunni:ai loro prerequisiti di partenza, ai loro codici linguistici, ai loro stili cognitivi, ai loro ritmi d'apprendimento. L'assimilabilità della proposta didattica ha, infatti, diverse dimensioni: il linguaggio dell'insegnamento, la sequenza dei contenuti, le loro modalità e materiali di presentazione, i tempi concessi e soltanto se essa è realizzata in modo globale, l'apprendimento ha buone probabilità di verificarsi in tempi ragionevoli. Quando questa compatibilità globale della proposta didattica si verifica, la realizzazione dell'apprendimento è possibile e di principio è solo una questione di tempo, perciò gli altri ingredienti didattici che occorrono sono quello di concedere all'alunno il tempo necessario e quello di motivarlo ad utilizzarlo. Tuttavia dal punto di vista metodologico il termine individualizzazione precisamente designa, infatti, un processo il cui tipo logico è quello della situazione didattica che vede un precettore lavorare con un discente (rapporto 1 ad 1). L'aver utilizzato tale termine per una situazione di insegnamento collettivo, che vede un docente lavorare con un gruppo- classe ha indubbiamente il valore di porre come ideale dell'insegnamento l'adattamento che riesce a realizzare un precettore rispetto al proprio discente, ma ciò può anche causare confusioni indotte dal non tenere conto del differente tipo logico delle due forme di adattamento realizzabili nelle due diverse situazioni. Il mastery learning è il modello maggiormente formalizzato di individualizzazione. ( Bloom e il Mastery learning anni cinquanta-sessanta: il Mastery learning è un metodo di istruzione che parte dal presupposto che tutti gli studenti possono apprendere se hanno a disposizione appropriate condizioni di apprendimento. In modo particolare, il Mastery learning, tradotto letteralmente "apprendimento per padronanza", richiede agli studenti di seguire un percorso per fasi propedeutiche in cui non è possibile passare ad una fase più complessa se prima non si è dimostrato di aver acquisito una sufficiente competenza nell'unità di apprendimento in corso) Esso se applicato all‟intera classe prevede una procedura che articola lo svolgimento di ogni Unità didattica (Ud) in alcune fasi fondamentali: - un segmento iniziale d'istruzione, nel corso del quale il docente espone e spiega i contenuti dell'Ud, fa svolgere esercizi allo studente, gli assegna
  • 26. 26 compiti di studio ecc. - una valutazione formativa, intermedia allo svolgimento dell'Ud, volta a controllare l'andamento dell'apprendimento nel gruppo-classe e ad individuare le lacune più diffuse e gli alunni in difficoltà; - un segmento di recupero attraverso il quale, concedendo ulteriori tempi di apprendimento e diversificando l'approccio didattico, si cerca di colmare le lacune riscontrate e di fornire aiuto agli alunni che le manifestano; - una valutazione sommativa, terminale per l'Ud, attraverso la quale si controlla l'efficacia delle attività di recupero e si traccia un bilancio complessivo del profitto individuale e di gruppo. Secondo Bloom, attuare questa procedura significa simulare in una situazione collettiva quello che fa un buon precettore in una situazione uno a uno, ma non si deve perdere di vista che vi sono comunque differenze rilevanti tra il precettorato individuale e la sua simulazione collettiva. Infatti, in un caso l'unità di adattamento dell'insegnamento è rappresentato da un singolo individuo, nell'altro tale unità consiste nel gruppo-classe. Questo vuol dire che se adattare l'insegnamento alle caratteristiche del gruppo-classe significa cercare di formulare una proposta didattica globalmente compatibile per l'insieme di questo sistema, non è però detto, anzi è del tutto improbabile, che ciò che è ragionevolmente adattivo a livello di sistema lo sia in maniera ottimale anche per tutti i singoli membri che fanno parte di questo. Perciò, mentre il precettore formula il compito ad usum delphini, quasi sicuramente in una situazione di insegnamento collettivo l'adeguatezza di una proposta didattica in rapporto ad ogni singolo alunno sarà soltanto parziale, il che richiederà ad ognuno di loro un concomitante sforzo di adattamento. Uno sforzo di questo genere è indubbiamente positivo (stimola la flessibilità mentale), l'importante è che la proposta didattica sia globalmente compatibile, ossia che gli adattamenti richiesti agli alunni siano complessivamente alla loro portata. Ma, ovviamente, neppure questo può essere garantito con certezza per tutti i membri del gruppo, perciò, è necessario che, così come avviene a livello del precettorato, anche a livello collettivo l'individualizzazione preveda un dispositivo di regolazione e di correzione della proposta didattica (che consiste essenzialmente nel binomio: valutazione formativa e recupero). Concludendo, si può asserire che a livello di insegnamento nel gruppo classe, l'uso del termine "individualizzazione" rappresenta a rigore una forma di idealizzazione pedagogica della reale dinamica dell'insegnamento, il che, una volta che si è consapevoli di ciò, non costituisce una mistificazione, anzi è un modo per porre il limite di tensione ideale verso il quale deve tendere la prassi didattica. Basta ricordare che a livello di insegnamento di gruppo il processo di insegnamento che definiamo individualizzato presenta una logica differente da quella propria del
  • 27. 27 precettorato. D'altra parte, poiché ogni livello dell'individualizzazione ha potenzialità sue proprie, l'ideale è quello di combinare in varie possibili maniere diversi livelli di intervento individualizzato: a livello di gruppo-classe, a livello di sottogruppi della medesima classe, a livello di gruppi omogenei tra classi diverse, a livello di piccoli gruppi, e, sebbene questo sia meno facile da realizzare, anche a livello di precettorato individuale. Personalizzazione La "personalizzazione" indica invece le strategie didattiche finalizzate a garantire ad ogni studente una propria forma di eccellenza cognitiva, attraverso possibilità elettive di coltivare le proprie potenzialità intellettive. In altre parole, se l'individualizzazione ha lo scopo di far sì che certi traguardi siano raggiunti da tutti, la personalizzazione è finalizzata a far sì che ognuno sviluppi propri personali talenti; nella prima gli obiettivi sono comuni per tutti, nella seconda possono essere previsti obiettivi diversi per ciascuno. La personalizzazione punta su quelle strategie didattiche che mirano a dare l'opportunità ad ogni alunno di sviluppare le proprie potenzialità intellettive, attraverso possibilità elettive di coltivare le proprie aree di eccellenza. Naturalmente il punto di partenza è il riconoscimento di una molteplicità di intelligenze (Gardner) e che un certo tipo di abilità rappresenta la forma di eccellenza cognitiva di un certo alunno (non è necessario che egli la possieda in misura fortemente maggiore della media degli altri soggetti; è sufficiente che egli l'abbia sviluppata in modo maggiormente spiccato rispetto alle altre sue capacità, che rappresenti il suo punto di forza) Aiutare ogni studente a sviluppare una propria forma di talento è probabilmente un obiettivo altrettanto importante di quello di garantire a tutti la padronanza delle competenze fondamentali. La personalizzazione intende valorizzare il potenziale cognitivo di chi apprende, la sua biografia, l'intelligenza, la sensibilità e le competenze (incluse quelle emotive) che caratterizzano ciascun individuo in quanto persona, al fine di raggiungere una forma di eccellenza cognitiva, sviluppando tutte le proprie attitudini, capacità e talenti. I risultati e gli obiettivi di apprendimento saranno quindi diversi per ciascuno studente, e non sarà possibile stabilirli dall'inizio dell'apprendimento. Chi apprende, guidato da chi insegna, è un co-designer attivo dell'esperienza e del percorso di apprendimento e non è tanto la tipologia di competenze da acquisire ad influire sui risultati, ma il
  • 28. 28 diverso grado di abilità nell'utilizzo di queste stesse competenze. Diamo il nome di "personalizzazione" alle strategie attraverso le quali si può favorire la coltivazione del talento così inteso, dei punti di forza e delle preferenze di ogni studente. Una personalizzazione dell'insegnamento sembra richiedere almeno quattro condizioni, tra loro connesse:  il pluralismo dei percorsi formativi  la possibilità di scelta da parte dell'alunno,  un certo grado di consapevolezza circa il proprio profilo di abilità,  la realizzazione di un adeguato contesto didattico. Per quanto riguarda il pluralismo dei percorsi formativi, è opportuno ribadire che non si tratta di itinerari alternativi che conducono alla medesima meta (il caso dell'individualizzazione), ma di piste indirizzate verso destinazioni differenti, mirate a formare persone con profili cognitivi diversi le une dalle altre. Un'altra condizione è costituita dal fatto che l'alunno disponga di una vera possibilità di scelta del percorso che ritiene a sé più congeniale. Affinché questo genere di situazione sia autentica, affinché la scelta sia vera scelta, nel senso responsabile del termine, occorre però che l'alunno sia equipaggiato con un certo grado di consapevolezza circa le proprie inclinazioni. Questo significa non solo che egli deve essere cosciente del profilo delle proprie propensioni, ma anche che nell'ambito di queste deve diventare progressivamente capace di distinguere tra "preferenze" e "attitudini" vere e proprie. Per altro, non ci si può illudere che queste forme di consapevolezza possano maturare al di fuori del quadro dell'esercizio della scelta e preliminarmente ad essa. Infine, lo sviluppo del talento può essere ottimizzato se l'alunno fruisce di supporti didattici adeguati. Infatti, può non essere sufficiente dare occasioni di esercizio del talento personale, è preferibile accompagnare queste occasioni con adeguate forme di insegnamento, in quanto, anche se il talento non può essere "trasmesso" dal docente al discente, si possono creare le condizioni favorevoli allo suo sviluppo attraverso forme di intervento didattico dell'insegnante. Allo scopo di realizzare tali condizioni, si possono tenere presenti alcuni principi pedagogici e didattici che descriveremo sommariamente limitandoli a tre: il principio delle opzioni ( pluralismo dei percorsi formativi) quello dell'auto-orientamento ( possibilità , ma anche capacità di scegliere attraverso l‟acquisizione di competenze per scegliere)
  • 29. 29 e quello della valutazione critica ( è un aspetto di quello che dovrebbe caratterizzare il contesto didattico) Il principio delle opzioni, formulato inizialmente da Claparède, è finalizzato a realizzare congiuntamente la condizione della pluralità dei percorsi e quella della possibilità di scelta da parte dell'alunno. L'idea di fondo di Claparède è quella di restringere le ore di frequenza scolastica dedicate al cosiddetto "programma minimo", ossia al nucleo del curricolo che deve essere comune al tragitto formativo di ogni studente. Le ore così rese disponibili devono essere dedicate a "corsi" complementari o speciali da scegliere liberamente da parte dello studente fra quelli attivati dalla scuola, cosicché ognuno abbia modo di ritagliarsi un curricolo personalizzato. Generalizzando questo principio, si può ipotizzare di ridurre a più livelli organizzativi ciò che è comune ed obbligatorio per tutti gli alunni, in modo da inserire molteplici forme di attività di tipo opzionale (corsi, laboratori ecc.). Il principio dell'auto-orientamento è finalizzato a realizzare congiuntamente la condizione della scelta e quella della autoconsapevolezza. Lo studente non deve soltanto avere la possibilità di scegliere, dovrebbe anche sviluppare gradualmente la capacità di scegliere, ossia dovrebbe imparare progressivamente ad orientarsi in modo autenticamente autonomo tra le diverse possibili alternative. Questo genere di capacità è legata ad almeno due fattori: da un lato la progressiva consapevolezza dei propri punti di forza e dei propri punti di debolezza; dall'altro la consuetudine con la valutazione delle diverse alternative rispetto alle proprie inclinazioni. Comunque, questa capacità ed i suoi fattori possono essere coltivati soltanto attraverso la pratica stessa della scelta. Il principio della valutazione critica è finalizzato a realizzare la condizione dell'autoconsapevolezza e concorre ad assicurare un adeguato sostegno didattico all'alunno. Per raggiungere questi scopi, nell'ambito dello sviluppo del talento, la valutazione dovrebbe essere praticata in maniera diversa dalla mera "classificazione" del livello di apprendimento (sufficiente, buono ecc.). Essa dovrebbe assumere la forma di un articolato giudizio critico, strutturato in rapporto ai criteri interni al campo culturale di attività, così da rendere consapevole l'allievo di tali criteri e da guidarlo ad operare tenendo conto di essi. In questo modo il discente, acquisendo una progressiva consapevolezza di questi criteri, potrebbe, negli anni, sviluppare una certa capacità di autovalutazione e diventare così cosciente dei propri punti forti e dei propri punti deboli relativamente al campo in questione Concludendo, si deve precisare che le procedure che si possono utilizzare
  • 30. 30 per concretizzare la personalizzazione dei percorsi formativi, quali: i Progetti didattici, i Laboratori e i Crediti didattici, non la garantiscono di per sé. Piuttosto, esse rappresentano contesti didattici particolarmente adeguati per l'attuazione dei principi che tendono a rendere personalizzato il lavoro. E' nella misura in cui queste procedure vengono attuate secondo questi principi che il lavoro didattico tende ad assumere una dimensione personalizzata. L'approccio dialogico è decisivo nella personalizzazione, come pure il costruttivismo cognitivo sociale. Un esempio efficace in tal senso è quello dei learning logs (registri di apprendimento) che supportano lo sviluppo delle strategie di pensiero e delle competenze di apprendimento. Nonostante l'apprendimento personalizzato possa realizzarsi in ambienti tradizionali come quelli della scuola, questo concetto include ogni esperienza di apprendimento che può realizzarsi ovunque. L'apprendimento personalizzato può essere il risultato di una attività in partnership con altri studenti, come accade nei lavori di gruppo o nelle attività di ricerca su temi specifici. In questo caso l'apprendimento "anywhere, anytime, anyplace" può essere interpretato alla luce delle nuove forze di globalizzazione che stanno influenzando il trend educativo, in cui tempi, spazi e ritmi sono virtualizzati e la distanza è azzerata. Le tecnologie dell'informazione e della comunicazione possono essere dei validi strumenti per la personalizzazione dell'apprendimento in quanto consentono a chi apprende di accedere alle fonti di informazione, forniscono strumenti e supporti alla comunicazione che consentono il dialogo e il dibattito, così come la visualizzazione dei risultati di apprendimento. In ogni caso, l'apprendimento personalizzato non è appannaggio esclusivo delle tecnologie o degli ambienti virtuali. Individualizzazione  Stessi obiettivi per tutti  Applicazione di differenti strategie didattiche per acquisire le competenze chiave  La proposta curriculare è definita dallo staff educativo  Valorizzazione della dimensione cognitiva di chi apprende Personalizzazione  Obiettivi differenti per ognuno  Applicazione di differenti strategie didattiche per promuovere il potenziale personale  Chi apprende partecipa attivamente alla costruzione del proprio percorso  Valorizzazione di tutte le dimensioni dell'alunno, non solo quella cognitiva
  • 31. 31  Valorizzazione delle precedenti conoscenze e competenze, formali e non  La capacità di autodirezione di chi apprende è secondaria  L'insegnante ha un ruolo chiave  Valorizzazione delle precedenti conoscenze, competenze e abilità, formali e non  L'autodirezione è una capacità fondamentale  Il tutor ha un ruolo chiave Valutare il grado di inclusività della scuola La qualità e l‟equità del sistema scuola e della singola istituzione scolastica si misurano anche sulla sua capacità di inclusione. L’Index for inclusion (Indice per l’inclusione), proposta realizzata da Tony Booth e Mel Ainscow (2002) per il Centre for Studies on Inclusive Education (CSIE, Centro Studi per l‟Educazione Inclusiva) rappresenta uno dei primi tentativi operativi di caratterizzare il concetto di inclusione all‟interno delle strutture scolastiche. Frutto di tre anni di lavoro condotto da un gruppo di insegnanti, genitori, dirigenti, amministratori locali, ricercatori e rappresentanti delle organizzazioni disabili, lo strumento è destinato alle istituzioni scolastiche che hanno come obiettivo la trasformazione della loro cultura e delle loro pratiche per arrivare a essere delle scuole per tutti . Contiene una serie di indicatori per l‟analisi delle dimensioni fondamentali da curare per assicurare l‟equità: produrre politiche inclusive, sviluppare pratiche inclusive, creare culture inclusive
  • 32. 32 CREARE CULTURE INCLUSIVE Questa dimensione crea una comunità sicura, accogliente, cooperativa e stimolante, in cui la valorizzazione di ciascuno diviene il punto di partenza per ottimizzare i risultati di tutti, diffondendo valori inclusivi condivisi e trasmessi a tutto il gruppo insegnante, agli alunni, ai membri del Consiglio di istituto, ai dirigenti e alle famiglie. I principi e i valori, nelle culture inclusive della scuola, orientano le decisioni sulle politiche educative e gestionali e sulle pratiche quotidiane nella classe, in modo che lo sviluppo della scuola divenga un processo continuo. Sezione A.1 Costruire comunità Indicatori A.1.1 Ciascuno deve sentirsi benvenuto /A.1.2 Gli alunni si aiutano l‟un l‟altro /A.1.3 Gli insegnanti collaborano tra loro /A.1.4 Gli insegnanti e gli alunni si trattano con rispetto /A.1.5 C‟è collaborazione tra gli insegnanti e le famiglie /A.1.6 Gli insegnanti e il Consiglio di istituto collaborano positivamente / A.1.7 Tutte le comunità locali sono coinvolte nell‟attività della scuola. Sezione A.2 Affermare valori inclusivi Indicatori A.2.1 Le attese sono elevate per tutti gli alunni /A.2.2 Gruppo insegnante, Consiglio di istituto, alunni e famiglie condividono una filosofia inclusiva /A.2.3 Gli alunni sono valorizzati in modo uguale /A.2.4 Insegnanti e alunni si trattano l‟un l‟altro come esseri umani oltre che come
  • 33. 33 rappresentanti di un «ruolo» /A.2.5 Il gruppo insegnante cerca di rimuovere gli ostacoli all‟apprendimento e alla partecipazione in ogni aspetto della vita scolastica /A.2.6 La scuola si sforza di ridurre ogni forma di discriminazione. PRODURRE POLITICHE INCLUSIVE Questa dimensione assicura che i valori inclusivi permeino tutta la progettazione scolastica. Le politiche inclusive incoraggiano la partecipazione degli alunni e del gruppo insegnante fin dal primo ingresso nella scuola, forniscono aiuto a tutti gli alunni della comunità locale e riducono le spinte all‟esclusione. Ogni decisione implica chiare strategie per il cambiamento. Viene considerato sostegno ogni attività in grado di accrescere la capacità della scuola nel rispondere alla diversità degli alunni, e tutte le forme di sostegno vengono sviluppate secondo principi inclusivi e in modo coordinato all‟interno di un quadro unitario. Sezione B.1 Sviluppare la scuola per tutti Indicatori B.1.1 La selezione del personale e le carriere sono trasparenti / B.1.2 I nuovi insegnanti vengono aiutati ad ambientarsi nella scuola /B.1.3 La scuola promuove l‟accoglienza di tutti gli alunni della comunità locale /B.1.4 La scuola rende le proprie strutture fisicamente accessibili a tutte le persone / B.1.5 Tutti i nuovi alunni vengono aiutati ad ambientarsi nella scuola /B.1.6 La scuola organizza i gruppi-classe in modo che tutti gli alunni vengano valorizzati. Sezione B.2 Organizzare il sostegno alla diversità Indicatori B.2.1 Tutte le forme di sostegno sono coordinate /B.2.2 Le attività di formazione aiutano gli insegnanti ad affrontare le diversità degli alunni /B.2.3 Le politiche rivolte ai Bisogni Educativi Speciali sono inclusive /B.2.4 Viene utilizzata una modalità definita statale e strutturata per ridurre gli ostacoli all‟apprendimento e alla partecipazione di tutti gli alunni /B.2.5 Il sostegno agli alunni stranieri che imparano l‟italiano è coordinato con il sostegno all‟apprendimento degli altri alunni /B.2.6 Le politiche di sostegno personale e del comportamento sono collegate a quelle di sostegno allo sviluppo curricolare e all‟apprendimento /B.2.7 Le pratiche
  • 34. 34 che portano all‟esclusione dalle attività disciplinari vengono ridotte /B.2.8 Gli ostacoli alla frequenza sono ridotti /B.2.9 Il bullismo viene contrastato SVILUPPARE PRATICHE INCLUSIVE Questa dimensione promuove pratiche scolastiche che riflettono le culture e le politiche inclusive della scuola. Le attività formative vengono progettate in modo da rispondere alla diversità degli alunni, e gli alunni sono incoraggiati a essere attivamente coinvolti in ogni aspetto della loro educazione, valorizzando anche le loro conoscenze ed esperienze fuori della scuola. Il personale individua nella collaborazione con i colleghi, gli alunni, le famiglie e la comunità locale le risorse materiali e umane per il sostegno all‟apprendimento e alla partecipazione. Sezione C.1 Organizzare il sostegno alla diversità Indicatori C.1.1 L‟insegnamento è progettato tenendo presenti le capacità di apprendimento di tutti gli alunni /C.1.2 Le lezioni stimolano la partecipazione di tutti gli alunni /C.1.3 Le lezioni sviluppano la comprensione della differenza /C.1.4 Gli alunni sono attivamente coinvolti nelle attività di apprendimento /C.1.5 Gli alunni apprendono in modo cooperativo /C.1.6 La valutazione contribuisce al raggiungimento degli obiettivi educativi per tutti gli alunni /C.1.7 La disciplina in classe è improntata al mutuo rispetto /C.1.8 Gli insegnanti collaborano nella progettazione, insegnamento e valutazione / C.1.9 Gli insegnanti di sostegno promuovono l‟apprendimento e la partecipazione di tutti gli alunni /C.1.10 Le attività di studio a casa contribuiscono all‟apprendimento di tutti /C.1.11 Tutti gli alunni prendono parte alle attività esterne all‟aula. Sezione C.2 Mobilitare risorse Indicatori C.2.1 Le differenze tra gli alunni vengono utilizzate come risorsa per l‟insegnamento e l‟apprendimento /C.2.2 Le competenze degli insegnanti sono utilizzate al meglio /C.2.3 Gli insegnanti sviluppano delle risorse per sostenere l‟apprendimento e la partecipazione /C.2.4 Le risorse della comunità sono conosciute e utilizzate /C.2.5 Le risorse della scuola sono equamente distribuite così da sostenere l‟inclusione.
  • 35. 35 Per valutare la qualità dell‟offerta formativa, il Decreto Legislativo n. 66 del 2017 ha previsto all’articolo 4 l’obbligo per l’INVALSI di individuare per il RAV (Area Inclusione) una batteria di indicatori idonei a misurare il livello di qualità inclusiva realizzata nelle singole classi e nelle singole scuole. “L’inclusione è ciò che avviene quando ognuno sente di essere apprezzato e che la sua partecipazione è gradita». Centre for Studies on Inclusive Education