1. News 47/SA/2015
Lunedì, 30 Novembre 2015
Sistema di Allerta Rapido europeo per Alimenti e Mangimi Pesticidi
Allergene in anelli di calamari e tossina in arrosto di manzo.Ritirati dal mercato
europeo 60 prodotti.
Allergene non dichiarato (crostacei) in anelli di calamari congelati dalla Spagna.
Nella settimana n°47 del 2015 le segnalazioni diffuse dal Sistema rapido di allerta
europeo per alimenti e mangimi (Rasff) sono state 60 (9 quelle inviate dal Ministero
della salute italiano).
L’elenco dei prodotti distribuiti in Italia oggetto di allerta comprende due casi:
allergene non dichiarato (crostacei) in anelli di calamari congelati dell’Atlantico
dalla Spagna; presenza di tossina di Shiga, prodotta dal gruppo Escherichia coli, in
arrosto di manzo dalla Germania.
Nella lista delle informative sui prodotti diffusi in Italia che non implicano un
intervento urgente troviamo: integratore alimentare a base di succhi concentrati ed
estratti di piante con confezione difettosa (fuoriuscita di schiuma all’apertura del
prodotto) dalla Francia; colorante non autorizzato (Sudan 4) in olio di palma dal
Ghana.
Presenza di tossina di Shiga in arrosto di manzo dalla Germania
Tra i lotti respinti alle frontiere od oggetto di informazione, l’Italia segnala: residui di
pesticida (clorpirifos) in olive in salamoia provenienti da Egitto mercurio in pesce San
Pietro (Zeus faber) refrigerato dalla Tunisia; residui di pesticida (etion) in uvetta
dall’Iran; aflatossine in pesto di pistacchi e mandorle e pesto di pistacchi e noci
dall’Italia; residui di pesticida (clorpirifos) e sostanza non autorizzata (fentoato) in
2. olive in salamoia (olive nere intere Picual) dall’Egitto; aflatossine in cubetti di fichi
secchi provenienti dalla Turchia.
Questa settimana tra le esportazioni italiane in altri Paesi che sono state ritirate dal
mercato, si segnala la presenza di aflatossine in pesto di pistacchi e mandorle e
pesto di pistacchi e noci distribuito in Giappone.(Articolo di Valeria Nardi)
Fonte:ilfattoalimentare.it
Malattie infettive animali, notiziario epidemiologico ottobre 2015
Il Ministero della Salute ha pubblicato il Notiziario sulla situazione epidemiologica
internazionale delle malattie infettive degli animali per il mese di ottobre 2015.
Gli aggiornamenti riguardano:
- l'afta epizootica: notificato un focolaio dal Zambia, dove la malattia mancava dal
2012;
- la bluetongue: Il sierotipo 8 è coinvolto in altri focolai notificati dallaFrancia, quello
8 nel caso dei focolai diagnosticati in Croazia e Romania. Altri focolai hanno
coinvolto l’Ungheria ma, in questo caso, non si hanno ancora informazioni circa il
sierotipo isolato;
- l’influenza aviaria ad alta patogenicità in Nigeria (H5N1) e Vietnam(H5N1 e H5N6);
- la peste suina africana: gli Stati membri coinvolti dall’epidemia hanno segnalato
nuovi focolai quasi esclusivamente in cinghiali, ad eccezione dellaLituania, dove il
virus è stato isolato nell’unico suino presente in azienda. Diversa la situazione
in Ucraina, dove il virus è stato rilevato in diversi allevamenti.
Un nuovo focolaio di Peste suina classica è stato riscontrato in Russia; nuovi focolai
di Lumpy skin disease stanno interessando la Grecia, dove è in corso una
campagna di vaccinazione.
Fonte: sicurezzaalimentare.it
Agropirateria, presentata al ministro della Giustizia la proposta di riforma dei reati in
campo alimentare firmata da Caselli
La commissione ministeriale presieduta dall’ex procuratore Gian Carlo Caselli ha
consegnato al ministro della Giustizia, Andrea Orlando, una proposta di disegno di
legge sulla tutela dei prodotti alimentari. Il testo si propone di riformare l’attuale
3. normativa, introducendo nuovi reati in campo agroalimentare, avendo come punto
di riferimento la tutela del consumatore.
La proposta della commissione Caselli, che aveva iniziato i suoi lavori il 5 maggio, è
composta da 49 articoli e introduce una serie di nuovi reati che vanno dal “disastro
sanitario” – che punisce avvelenamento, contaminazione o corruzione di acque o
sostanze alimentari con possibile diffusione di pericoli per l’utente – fino all”omesso
ritiro di sostanze alimentari pericolose” dal mercato, quando ciò possa arrecare
lesioni gravi o morte e quando da tali comportamenti possano scaturire il pericolo di
situazioni analoghe che mettano in pericolo la salute pubblica.
Viene anche punita la vendita di prodotti alimentari accompagnati da falsi segni
distintivi o da marchi di qualità, Dop e Igp, contraffatti, prevedendo delle
aggravanti in caso di falsi documenti di trasporto o di simulazione del metodo di
produzione biologica.
Nella relazione illustrativa che accompagna la proposta, si legge che “l’intento
complessivo è quello di un intervento di riforma che poggi su di un programma di
politica criminale adeguato alla gravità empirico-criminologica degli illeciti e
all’importanza dei beni tutelati”.
Secondo gli estensori della proposta, “ciò che deve essere sanzionata è la vera e
propria frode nei confronti del destinatario ultimo dell’alimento (e non già la
generica ed evanescente «lealtà commerciale»)”, tenendo conto del “valore
prioritario progressivamente assunto dalla «identità» del cibo quale parte
irrinunciabile ed insostituibile della cultura di territori, delle comunità locali e dei
piccoli produttori locali, che definiscono, in sostanza, il «patrimonio alimentare»”.
Lo schema di disegno di legge introduce il nuovo reato di “agropirateria”, con
l’obiettivo di “approntare un più efficace strumento di prevenzione e di repressione
nei confronti di frodi di carattere seriale e organizzato, destinate, come tali, a
rivelarsi tra le più allarmanti sul piano sociale e dannose sul piano empirico-
criminologico”. L’attuale disciplina si è rivelata “del tutto incapace di punire
l’impiego stabile di metodologie frodatorie in contesti imprenditoriali organizzati in
cui, di norma, si lucra sul minor costo dell’approvvigionamento di alimenti utilizzati
nella filiera alimentare. In considerazione della notevole diffusione e degli elevati
interessi economici in gioco, il fenomeno dell’agropirateria impone, infatti, la
necessità di nuovi mezzi di contrasto adeguati, soprattutto laddove risulti
problematico dimostrare la sussistenza di un vero e proprio vincolo associativo”. Il
nuovo reato di agropirateria considera come movente la volontà di trarre profitto
4. dalla frode. La proposta prevede la possibilità di utilizzare le intercettazioni in fase
d’indagine e la possibilità di ricorrere a misure di natura cautelare.
Per quanto riguarda le sanzioni, si prevedono pene dai due ai sette anni di
reclusione e multe da 15.000 a 100.000 euro. Vengono previste anche pene
accessorie, come l’interdizione temporanea dagli uffici delle persone giuridiche e
delle imprese, nonché il divieto di qualsiasi azione, comunicazione commerciale e
attività pubblicitaria.
Le pene possono essere diminuite in misura significativa nel caso in cui il colpevole si
sia adoperato per aiutare concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria
nell’azione di contrasto, nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei
fatti e per l’individuazione degli strumenti utilizzati per la commissione della frode.
Oltre al nuovo reato di agropirateria, lo schema di disegno di legge aggiorna la
normativa e le pene per altri reati, tra cui:
•chi produce, trasporta o commercializza “alimenti non sicuri, pregiudizievoli per la
salute o inadatti al consumo umano, ovvero contraffatti o adulterati, ponendo
concretamente in pericolo la salute pubblica nella consumazione del prodotto, è
punito con la reclusione da due a otto anni”;
•chiunque, al fine di trarne profitto, introduce nel territorio dello Stato, in custodia
temporanea o in deposito doganale, spedisce in transito, esporta, trasporta,
detiene per la vendita, somministra, offre o pone in vendita o mette altrimenti in
circolazione alimenti la cui denominazione di origine o indicazione geografica o le
cui caratteristiche sono contraffatte o alterate, è punito con la reclusione da uno
a quattro anni e con la multa da 10.000 a 50.000 euro;
l’importazione, esportazione, preparazione, produzione, distribuzione o vendita
di alimenti non sicuri, pregiudizievoli per la salute o inadatti al consumo umano,
sono punite “con la pena della reclusione da uno a quattro anni se il fatto è
commesso nell’ambito, nelle forme o per le finalità della grande distribuzione o del
commercio all’ingrosso”, mentre se “avvengono nelle forme del commercio al
dettaglio o della somministrazione, si applica la pena dell’arresto fino ad un anno
o dell’ammenda da 3.000 a 30.000 euro”.
Prima di fare propria la proposta della commissione Caselli e presentarla in
parlamento, il ministro della Giustizia avvierà un confronto con tutti gli stakeholders
del settore, per raccogliere contributi e suggerimenti. (Articolo di Beniamino Bonardi)
Fonte: ilfattoalimentare.it
5. Carbone vegetale, si può usare nei prodotti da forno?
Il carbone vegetale è una forma di carbone finemente suddiviso, ottenuto
mediante attivazione a vapore di materie prime di origine vegetale carbonizzate.
Il suo impiego nelle preparazioni alimentari si inquadra nell’ambito delle norme su
additivi, aromi ed enzimi (reg. CE n. 1333/2008, reg. UE n. 1129/2011) laddove il
carbone vegetale è qualificato come colorante (E153) e se ne ammette sia la
vendita diretta, sia l’utilizzo in diversi alimenti come i formaggi stagionati arancioni,
gialli e di colore biancastro, la pasta di pesce e crostacei, i crostacei precotti, il
pesce affumicato e vari prodotti da forno.
Per quanto attiene i prodotti da forno, l’impiego del carbone vegetale non è
ancora previsto per gli alimenti venduti con la denominazione “pane” bensì per i
“sostitutivi del pane”, quali ad esempio grissini, cracker, gallette, friselle, pizze e
schiacciate, taralli, fette biscottate, etc.
Il criterio d’impiego è quello del quantum satis, cioè “quanto basta”. Le uniche
limitazioni sono quelle definite in termini generali per tutti gli additivi alimentari, vale
a dire:
– la necessità tecnologica dell’utilizzatore (in questo caso connaturata all’impiego
del colorante carbone vegetale in luogo di altri)
– un uso proporzionato, vale a dire nella misura necessaria a raggiungere la finalità
(nel qual caso, di colorante naturale). (Articolo di Dario Dongo)
Fonte:ilfattoalimentare.it
6. Carbone vegetale, si può usare nei prodotti da forno?
Il carbone vegetale è una forma di carbone finemente suddiviso, ottenuto
mediante attivazione a vapore di materie prime di origine vegetale carbonizzate.
Il suo impiego nelle preparazioni alimentari si inquadra nell’ambito delle norme su
additivi, aromi ed enzimi (reg. CE n. 1333/2008, reg. UE n. 1129/2011) laddove il
carbone vegetale è qualificato come colorante (E153) e se ne ammette sia la
vendita diretta, sia l’utilizzo in diversi alimenti come i formaggi stagionati arancioni,
gialli e di colore biancastro, la pasta di pesce e crostacei, i crostacei precotti, il
pesce affumicato e vari prodotti da forno.
Per quanto attiene i prodotti da forno, l’impiego del carbone vegetale non è
ancora previsto per gli alimenti venduti con la denominazione “pane” bensì per i
“sostitutivi del pane”, quali ad esempio grissini, cracker, gallette, friselle, pizze e
schiacciate, taralli, fette biscottate, etc.
Il criterio d’impiego è quello del quantum satis, cioè “quanto basta”. Le uniche
limitazioni sono quelle definite in termini generali per tutti gli additivi alimentari, vale
a dire:
– la necessità tecnologica dell’utilizzatore (in questo caso connaturata all’impiego
del colorante carbone vegetale in luogo di altri)
– un uso proporzionato, vale a dire nella misura necessaria a raggiungere la finalità
(nel qual caso, di colorante naturale). (Articolo di Dario Dongo)
Fonte:ilfattoalimentare.it