Presentazione tre geni della tecnologia informatica
Ritrattodi donna
1. Daniela Durante
Abbi sempre cura dei tuoi sogni, non farli mai deridere o calpestare, perchè solo da un sogno
nasce la forza per sperare e dare linfa ad una realtà migliore Poetyca
2. Daniela Durante, in arte Poetyca, è nata a Roma e risiede a Reggio Calabria dall’età di sei anni. A dodici anni
ha scritto il suo primo componimento poetico; sposata, madre di tre figli, sensibile ed osservatrice della natura,
ne ama ogni sua espressione; introspettiva e con un innato istinto alla lettura degli eventi oltre le apparenze,
per il dono di una particolare carica empatica, naviga da nove anni in rete dove si confronta nella grafica, la
poesia e la spiritualità; iscritta in vari luoghi per confrontarsi in forma costruttiva; ha studiato psicologia ed è
appasionata di letture spirituali, vicina alla spiritualità orientale dove trae opportunità di tracciare un confronto
con il proprio Sè.
E’ titolare di un sito che gestisce da sola che è contenitore del suo personale percorso che offre agli altri come
oggetto di scambio e dono. Ha partecipato nel 2004 a Reggio Calabria, alla prima edizione del concorso di
poesia ” La Città del sole” organizzata dall’associazione ” Athena millennium ” conseguendo il primo premio.
Non ha registrato pubblicazioni ma ha scritto un notevole numero di poesie suddivise in più raccolte che ne
delineano il percorso interiore.
Il mio percorso di autoconoscenza è iniziato presto, ero poco più di una bambina, molto timida e spesso
mi soffermavo ad osservare: la natura, gli altri ed il loro agitarsi e sopratutto me stessa. Volevo capire,
andare in profondità per cercare le motivazioni al comportamento mio e di altri. Osservando la natura, in
particolare le stagioni e la ” rinascita” delle piante pensavo che anche noi dovremmo considerare che dopo
quella che in apparenza è la morte oppure un momento interiore difficile, dovremmo renderci conto che, oltre
all’attraversamento di un tunnel buio, dove spesso per paura restiamo fermi nel mezzo senza provare ad
andare avanti, incapaci di proseguire e vedere la luce, neppure troppo lontana per venirne fuori e svegliarci dal
nostro torpore, non troveremo il modo per riconoscere la nostra stessa luce.
Sono sempre stata convinta, forse ingenuamente, che in tutti noi è presente la Luce, una piccola fiamma che
dobbiamo cercare, ho sempre visto le persone senza pregiudizio ma con la convinzione che malgrado la razza,
sesso o età, dal loro punto di vista religioso, dentro siamo tutti impauriti ma con la presenza di quella Luce da
recuperare. Ho sempre visto la Speranza come fonte vitale, come opportunità che si deve accompagnare al
nostro sforzo per manifestare quel che siamo veramente.
Non siamo solo proiezione di questo modo di vivere materiale e parziale ma siamo anche altro.
Ho compreso che i miei momenti di incertezza, di solitudine, di timore di non riuscire a superare gli ostacoli,
in fondo, non erano che un’esperienza comune e che spesso, piuttosto che restare ferma a coltivare la
frustrazione è più produttivo il tentativo di comprensione di quelle lezioni che la vita ci offre, che non dobbiamo
fermarci di fronte ad ostacoli che spesso sono solo il frutto delle nostre paure, dell’ingigantire le ombre
piuttosto che il vedere la realtà con coerenza.
Ho cominciato a scrivere poesie che avevo 12 anni e non sapevo che sarebbero state il modo di esprimermi
anche nel corso del tempo, ma oltre la poesia, che è solo una forma di espressione, era importante la raccolta
di quelle emozioni, del frutto dell’osservazione per farne la linea guida del mio modo di essere, sopratutto era
importante sperimentare se quanto per intuizione vedevo fosse poi realizzabile.
Sono giunta forse su una strada che mi permetta la serenità interiore, che mi consente di allungare una
mano, di racchiudere in un abbraccio, coloro che ancora procedono dentro la nube del turbamento, non
significa che io stessa non abbia attraversato periodi difficili, sopratutto quando si tratta di lasciare andare
certi atteggiamenti, oppure quando ci si sente investiti di una sensibilità spropositata che a volte paralizza e
necessita di equidistanza ed equilibrio per non sentire addosso tutti i dolori del mondo. Ecco, il discernere,
il saper guardare a volte restando tre passi indietro, per non essere troppo coinvolti è stata una conquista
molto difficile perché per modo di essere sono empatica, sono partita da questa posizione per essere ora più
equilibrata. So che tanto ancora devo imparare e conoscere, sperimento di giorno in giorno e non mancano
l’entusiasmo e il continuo stupore per la meraviglia che ogni giorno attraversa la mia vita.
Molto ho potuto confrontare attraverso la lettura di libri, senza una scelta univoca ma leggendo di tutto senza
pregiudizio.
Quanto ho trovato tra le pagine scritte è stato spesso legato a quello che avevo letto o intuito in me o
4. Alba
Rendi fertile
quel tuo cuore
vibrando
nel buio i sogni
e spandendo
nell’aria sorriso
RADICI
rivestono
il tuo mondo
con linfa
AMORE
è verso il cielo
il tuo canto
voce
senza più
ombre
21.07.2002 Poetyca
5. Ali di carta
Ali di carta
si dispiegano lievi
ed il vento
non le potrà strappare
Nessun sogno sbiadisce
se saprai accoglierne
in un sussurro la forza
fai respirare le tue speranze
e non indossare ali di cartone
Solo ali di carta
piume leggere
che sfiorano vita
senza rumore
09.08.2003 Poetyca
6. Amore infinito
Siamo amore
frammento di stella
inciso in cuore
siamo vita perenne
che danza in un soffio
e raccoglie sorriso
bellezza dipinta
in colori d’armonia
stagione perenne
di catturati istanti
per farne collane
di tempo mai perduto
e tu ed io
per sempre una mano stretta
che racconta i respiri d’universo
04.10.2003 Poetyca
7. Amare incondizionatamente
Quando amiamo sentiamo la nostra vita trasformarci,
tutto quello che era consueto è visto e vissuto con occhi diversi,
tocchiamo il cielo con un dito e questo” stato di grazia” ci
sollecita a mettere al centro della nostra vita la persona
che riteniamo avere un influsso benefico su di noi.
Siamo convinti che sia l’altro ad avere qualcosa di ” magico”
da farci sentire bene,da sollecitare tale cambiamento,
come se avesse una particolare conoscenza che ci permetta tale trasformazione.
Dimentichiamo cosa veramente siamo e ci aggrappiamo a quella presenza,
a volte con atteggiamenti di paura, di frustrazione ed aggressività
qualora temessimo di perdere attenzione o di apparire senza valore
agli occhi della persona amata e non compiamo nessuno sforzo
per permettere a noi stessi la ricerca delle nostre qualità
e capacità interiori, come se tutto dipendesse dall’umore della persona amata.
In realtà proviamo ad ingraziarci la sua presenza, dimenticando
spesso delle cose importanti per la nostra attenzione e capacità
di comprensione circa le nostre prerogative.
Eppure non ci potrebbe essere la ” fioritura” della nostra Bellezza
se essa non fosse già in noi contenuta.
Dovremmo imparare a vivere lo stato di grazia dell’innamoramento
12-01.2001 Poetyca
8. Amicizia
Sono in volo..
La notte il mio spazio libero,
il silenzio il mio ascolto
un raggio di sole la mia ricerca.
Una foglia agitata dal vento
pare abbia una lacrima
ma m’illudo che ascolti il mio cuore.
Amico ti sento..
le tue parole le conosco,
conosco il tuo sentimento
troppe volte ho visto il tuo pianto.
Ma ricorda sempre..
sei un gabbiano
le tue ali son forti
conosci i voli
mentr’io resto
attaccata al ramo.
Troppe compagne
ho visto cadere
conosco il mio destino,
vola dunque tu che puoi.
Il cuor tuo è di gabbiano
sii fiero di questo
fammi solo un favore:
” Fammi vivere ancora
raccontando a tutti
nei tuoi viaggi
di una foglia
che un giorno
ti diede ascolto”
Foglia mia
sarai anche piccola
ma…
Oggi mi hai detto
chi sono,me lo hai
ricordato,
non ti dimenticherò.
Ho un motivo per volare
per superare confini,
raccontare a tutti
che una piccola foglia
può nascondere saggezza.
Lo faccio per un motivo,
vorrei tu vivessi
per sempre
nella memoria.
Vorrei sapessero tutti
9. cosa sia il valore
dell’amicizia.
La foglia sorrise,
pur sapendo
che il destino chiamava
era certa ora
che dire la verità
traccia un segno
nella memoria.
La verità
non sarebbe
mai morta,
non sarebbe
mai morta
la loro amicizia.
27.06.2002 Poetyca
10. Amore infinito
Siamo amore
frammento di stella
inciso in cuore
siamo vita perenne
che danza in un soffio
e raccoglie sorriso
bellezza dipinta
in colori d’armonia
stagione perenne
di catturati istanti
per farne collane
di tempo mai perduto
e tu ed io
per sempre una mano stretta
che racconta i respiri d’universo
04.10.2003 Poetyca
11. Io sono Amore
Sono io amore
che cerco te nel buio
come eco urlo il tuo nome
ma non rispondi
stringo nel pugno il silenzio
dai muti occhi scivolano
le mie perle opache
sei tu la luce che nella notte cerco
ma lontana sfugge
lasciandomi nel freddo del cuore
che ferito non colora il tempo
Dov’è la mia dimora
non corrono le ombre
e la luce danza
alla ricerca di una stretta d’anima
senza fermare i passi e le paure
che conducono allo scivolare
l’uno dentro l’altra
per stringere più forte
ogni attimo eterno
01’09’2003 Poetyca
12. Amore
All ’Universo
vibrazioni carpire
espando
in ricami sottili:
ONDE
Avvolgente
percorso
carezze
di percepiti battiti:
ALI
..e mi ritrova
AMORE
16.07.2002 Poetyca
13. Angelo
Senti con me…
il respiro del vento,
l’energia di un lampo,
il calore del sole.
Sfiora con me…
il sussurro del mare,
le armonie celesti,
il vibrante amore.
Stringi con me…
infinite certezze,
sospiri di cielo,
appaganti altezze.
Guarda con me…
quello che resta
e cosa ti porterà
lontano.
Lo sfiorare di sogni
e la realtà che viviamo.
Dammi la mano
e…sollevati in volo.
02.06.2002 Poetyca
14. Anima in festa
Unico cuore che danza
su musica arcana
che da sempre era scolpita
nei solchi dell’anima addormentata
Unica sinfonia che accarezza
speranza e luce di chi cerca
e sa di poter afferrare stelle in cielo
per portarle in cuore
Unica vetta da conquistare
con la forza di gettare lontano
ogni vecchia paura:
Fiore che sboccia
in fragranza d’Amore
Ecco l’anno che arriva
e non fa rumore
Ecco l’anno che attendiamo
con onde leggere che bagnano
petali d’anima in festa
31.12.2010 Poetyca
15. E mi raccontavano…
E mi raccontavano storie
di giorni diversi
in luoghi lontani
dove non grondava sangue
dalle nostre mani.
E mi raccontavano vite
di sorrisi di bambini
mai costretti
al lancio di pietre,
alla fame e agli stenti,
alle armi di tutte le guerre.
E mi raccontavano di luoghi
tutti diversi senza lacrime,
nettare e beatitudine
dove le donne
non sono prigioniere
di un velo che libera
solo occhi.
E mi raccontavano di vita
di armonie e amore
che non conosco
tra odio e dolore,
sospiri di madri
e speranze perdute.
E mi raccontano fiabe
per quietare il dolore
di questo deserto intorno,
di questo squallore
di morte che arriva
senza preavviso,
di bombe su case,
di vittime innocenti
di cui non capiremo
la ragione.
E mi raccontavano di credere
a quelle storie,a quelle parole,
ma io non ci vedo nulla
e se fosse tutto vero
che si sbrighino presto,
che arrivi la vita,
che cambi in fretta tutto
perché non è vita,
perché non è amore,
perché non è speranza
quello che siamo costretti
a sopportare.
E mi raccontavano sorrisi
di oppio e illusione
16. mascherati sotto il manto
di religione.
Ma non ci credo più
e con gli occhi
dove s’è incrostato il pianto
e con le mani
piene di tormento
per le vite tolte
senza una ragione,
non saprei più dove andare
e credere a quelle storie
è solo il modo di placare
questa realtà dura,
troppo difficile d’accettare.
E mi raccontano…
quello che non posso
più ascoltare.
11.05.2002 Poetyca
17. Cigno nero
Girasole era stanca di volare,lei, giovane cigno nero, era sempre stata considerata diversa dagli altri cigni:
bianchi, fieri, altezzosi e incapaci di credere alla possibilità di conoscere verità superiori. Si era trovata quasi per
caso in quello stagno e il ricordo più lontano risaliva a quando piccolissima e debole era riuscita a nascondersi
tra le fronde di un cespuglio,lontano dai pericoli ed una superba mamma di altri piccoli cigni come lei, le indicò
lo stagno come luogo tranquillo. Condivideva con tutti gli altri l’ora del bagno e il cibo ed in fondo erano
gentili , ma era evidente che lei, cigno nero dovesse avere una diversa provenienza , così come diverso era il
mondo che sentiva dentro. Non era per quello stagno, quel limite nel quale gli altri , i cigni bianchi, sembrava si
sentissero a loro agio. In fondo per loro la vita era tutta racchiusa nelle abitudini: il cibo,il bagno,e la stagione
degli amori, anche quest’ultima la rendeva triste, nessun cigno bianco infatti cercava le sue attenzioni. Era in
volo dal giorno precedente, sola e senza nessuno che in fondo si preoccupasse della sua assenza, era stato più
forte di lei, sentiva infatti che la grande saggia : la nonna di tutti i cigni bianchi che viveva nel parco da anni, si
sbagliava quando diceva che loro non erano migratori e che la vita migliore era quella che conducevano nel
parco. Girasole lo sentiva dentro che non era così e che se lei era diversa ci sarebbe stata una ragione,
intendeva scoprirla piuttosto che fermarsi in quel luogo senza dar vita a quello che sentiva essere vero, i cigni
bianchi comunque erano felici con quello che avevano e non cercavano altro, ma non era per lei quel vivere.
Ora era stanca e doveva cercare un giaciglio e un pò di cibo prima che giungesse la notte, dall’alto vide un
campo e una casa, forse lì poteva riposare, scese e si nascose all’interno di un cespuglio che sembrava adatto
al suo riposo. mangiò alcune foglie prima di scivolare in un sonno profondo. Fece un sogno : Un grande cigno
nero volava in testa ad uno stormo e l’accoglieva nel gruppo dicendo : “Ascolta la voce che parla nel cuore, ti
indica la strada e sarai capace di giungere a casa…la rotta non è dimenticata e non è mai tardi.” Era un bel
sogno, non la faceva sentire sola ma con la sicurezza di trovare altri cigni neri come lei. Al risveglio fu felice ed
il pensiero che per la prima volta avesse sognato dei suoi simili la colmò di gioia malgrado la stanchezza e le
titubanze per quel suo viaggio, chissà, forse la meta era vicina e comunque qualcosa le faceva comprendere
che per lei tutto presto sarebbe cambiato, poteva ora ascoltare l’istinto che si svegliava come un orologio
biologico pronto a compiere il proprio dovere,non solo, sentiva infatti che qualcuno l’avrebbe accolta,qualcuno
non diverso da lei e quindi capace di comprenderla. Quel sogno le mise una nuova carica. Si guardò intorno e
si mise all’ascolto dei suoni dell’ambiente, ad un tratto senti un gracidare sommesso, a poca distanza doveva
esserci uno stagno, attraversò la breve distanza a passi misurati ponendo attenzione ad eventuali pericoli, era
da tempo abituata a badare a se stessa ma quello era un territorio sconosciuto, la prudenza era necessaria.Lo
vide: piccolo e verde con un fare vivace che metteva allegria : ” Ciao, arrivata oggi? Che carina che sei, ma ti
sei persa? Non ti sei accorta dei tuoi compagni partiti due giorni fa? Dormivi? A fare tutte quelle domande era
Greg : un ranocchio gonfio e verde con due occhietti vispi che fece sorridere Girasole.Lei raccontò di essere lì
dalla sera precedente e chiese di che colore fossero i cigni che Greg aveva considerato suoi compagni.” Oh
bella! ma come te! Perché di che colore sono i cigni dalle tue parti?” Lei sorrise ancora, era evidente che lui
non conoscesse i cigni bianchi, rimase infatti stupito nell’apprenderne l’esistenza , un ranocchio sempre vissuto
in quello stagno non poteva immaginare diversi pezzettini di mondo a lui sconosciuti. Dunque altri cigni neri
erano in volo , chissà,forse anche loro verso ” casa” come aveva compreso attraverso il suo sogno, ancora più
forte sentì l’emozione dominarla insieme alla necessità di ascoltare il cuore che le avrebbe mostrato in che
direzione volare. Restò poco presso quello stagno e dopo aver ringraziato ( quel ranocchio era stato molto
prezioso) e salutato calorosamente si mise in ascolto del vento e dei fremiti del suo cuore, presto sarebbe
tornata a casa. Seguendo il cammino del sole giunse presso la riva di un lago, avrebbe dormito lì , era infatti
molto stanca dopo ore d’interminabile volo, si accoccolò tra canne di bambù, mangiò un pò e si addormentò.
Era l’alba quando aprì gli occhi, il chiarore l’avvolse ,un nuovo giorno era pronto ad accoglierla con le braccia
protese verso di lei, nuotò nel lago a lungo poi…si mise a correre sul pelo d’acqua e finalmente si staccò da
esso…Lì in alto uno stormo messo in formazione a ” V ” era pronto per il viaggio, lei si avvicinò ad un giovane
cigno che con occhi languidi le disse ” Ti aspettavo, è ora di tornare a casa “. Ecco il suo sogno che si
realizzava, sapeva ora che quello in cui aveva creduto era possibile : Davanti allo stormo, a guidarlo per il
20. Il Soldato e la Vestale.
Era di Vesta il tempio,nella Roma antica, epoca che tutti sanno e conoscono dai libri di Storia. Ma questa storia
non ebbe mai gloria né citazione a causa della vergogna e del disonore per aver rotto il patto ed antico
giuramento. Lei,di timido candore aveva lo sguardo che lanciava fugace con un sospiro a quell’eroe delle gesta
gloriose. Lui, che conosceva sangue e furore e delle battaglie aveva il destino. Fu quando L’imperatore per una
sentita minaccia di invasioni straniere dietro suggerimento della moglie devota a Vesta Dea della Purificazione
volle la guardia rinforzare. Mai ella conobbe uomo,giovinetta fu condotta presso l’altare,fu iniziata alla modestia
e all’elevazione dello Spirito,a Vesta dedicata, lei che in se aveva lo Spirito Puro e la modestia. Quale
delicatezza,quale fragilità e quale pudore in quei tratti fini, in quell’incedere silenzioso presso l’altare. Lui che
delle battaglie conosceva la polvere e le ferite,che di donne conosceva quelle mercenarie che in se aveva una
sicura forza e non conosceva commozione,la vide con il suo sorriso ed il pudore di chi non conobbe mai il
mondo e la corruzione di feste e banchetti. Il giuramento lui fece alla legione e l’onore era sacro, la sua vita
era di ordini a cui obbedire ciecamente,senza chiedere mai nulla.Lei giovinetta il voto fece e non doveva
disobbedire ormai tutta la sua vita a Vesta era dedicata e il Sacro fuoco era la sua ragione di devozione, il suo
tempo ed il suo amore erano per quel fuoco La sera quando le ombre di allungavano e la fiamma mandava i
suoi suggestivi bagliori, il soldato stanco ed infreddolito desiderava avvicinarsi a quel fuoco per rubare un po’ di
calore per le proprie stanche membra. Non poteva,regola voleva che non si avvicinasse mai ad alcuna Vestale,
neanche a quella dallo sguardo sì dolce che emanava soave candore. Ma la vestale dal grande Cuore,non
poteva restare a vegliare il fuoco sapendo il soldato infreddolito. Solo un muto sguardo per l’invito ad
avvicinarsi al fuoco,in fondo che male ci sarebbe stato,nessuna regola infranta se il fuoco poteva servire a
scaldare il soldato, la Dea ne sarebbe stata felice, un soldato romano avrebbe avuto un po’ di conforto, in
fondo difendeva le sue ancelle. Con modi un po’ bruschi da guerriero fiero il soldato si avvicinò,non voleva
mostrare la debolezza delle sue membra ma il freddo di quelle notti non era un piacere,meglio una battaglia
con coraggio che ore fermo presso un tempio. Anche se la visione di quella fanciulla aveva da giorni corroso
qualcosa. Cosa era accaduto a lui così insensibile ormai a tutto?,lui si poneva mille ragioni e da soldato
preparava strategie,alla vita era pronto. Questo era quel che aveva creduto. Solo da qualche giorno sostava
per le guardie davanti al tempio e già si sentiva sconvolgere dentro alla vista della fanciulla. Si sentiva ardere
un fuoco del tutto simile a quel Sacro fuoco che la fanciulla doveva vegliare. Ella vedendolo la sera si
abbandonava a pensieri,ad emozioni che mai aveva provati e di cui non conosceva il nome, ma che le
accadeva?Mai vista la forza ed i muscoli in quel luogo, mai visto quel rigore,si era luogo Sacro ma con le altre
fanciulle si cantava e la vita era soave. Sguardo fiero aveva quell’uomo e nelle battaglie chissà quante cose
aveva veduto,ma la tenerezza,quella non l’aveva mai conosciuta. La ragazza quante volte si sentiva prendere
da paure,da incertezze ed anche se serena desiderava sicurezza. Fu quello sguardo fugace ad avvicinare i due
mondi,a dargli legame. Occhi che parlavano,si cercavano anche se proibito. Quante cose in quello sguardo
desiderio di proteggere la Donna e ricerca di quelle braccia per farsi cullare. Ma una promessa,un pegno, un
giuramento,un voto. Non poter parlare,non poter osare tanto. Se fossero stati scoperti così vicini era la
morte,la persecuzione,il disonore. Che fare?no povera fanciulla,il soldato non voleva violare quel tenero
fiore,quella purezza. Timida lei non poteva chieder nulla,che solitudine tra quelle mura,neanche il calore del
fuoco poteva riscaldarla dal suo freddo interiore. Da lì a poche ore lui sarebbe andato a dormire e lei doveva
restare ancora presso il Sacro fuoco. Come la notte precedente lei ne avrebbe sentito il vuoto,avrebbe
ricordato i fugaci sorrisi…. Lui lungo il tragitto per raggiungere la residenza dei soldati avrebbe ripensato a
come lei fosse bella,delicata,che pensieri indegni gli giungevano, si doveva trattenere,era la fanciulla una
vestale e non una donna di facili costumi. Da lì a poco sarebbe finito il turno e sarebbe stato sostituito,che
tristezza presagiva. Ancora un po’ vicino al fuoco, a quell’ora nessuno se ne sarebbe accorto. Se solo potesse
stringerle le mani,null’altro! Come ad intuire il pensiero del soldato,con molta indecisione la fanciulla si avvicinò
a lui, con lo sguardo basso e pieno di vergogna,un passo ancora,sarebbe stata vicinissima … D’improvviso un
grido si levò nella notte,non era neppure soffocato,forse sarebbe stato meglio!
Vergogna,disonore,scandalo,non si capì bene il motivo del grido,in realtà nulla era ancora accaduto, la fantasia
22. La Principessa degli Arcobaleni
La piccola Alice era triste nel suo lettino d’ospedale,ancora analisi l’aspettavano, era la terza volta e non
comprendevano il motivo della sua febbre.Il suo sorriso si era ormai spento e anche la nonna non riusciva più
ad inventare storie nuove per farla sorridere di nuovo. La bambina pensava ai suoi giochi rimasti a casa,ai suoi
libri e al suo gattino Fiocco in attesa,nessuno poteva restituirle la voglia di sorridere. Quella notte faceva molto
caldo e la Fata Azzurrina come al solito non aveva più con sé la polvere d’arcobaleno,senza quella polvere
magica le sarebbe stato difficile fare la sua magia più bella! Era dunque necessario andarla a prendere nella
boscaglia poco lontana, erano anni che lo gnomo Piermagù le forniva la polvere, personalmente raccolta nei
giorni dispari di pioggia all’alba di un sogno. Decise quindi di prendere la bacchetta e di indossare il mantello
color nottedistelle, uno strano ed inaspettato vento l’attendeva all’imbocco del quarto albero senza
chioma,strano in quella stagione un simile vento,non ci pensò troppo e s’incammino sulla soglia di casa dove la
sua fedele colomba l’attendeva. Era perfetta per una fatina delle sue dimensioni,tra quelle morbide piume si
sentiva ben accolta e aveva un’ottima visuale, con difficoltà,a causa del vento, potè raggiungere la casa-albero
dello gnomo che era felice di rivederla,per lei faceva brillare i suoi occhietti intelligenti. Sulla stufa bolliva uno
strano miscuglio dall’odore dolciastro. una semplice stanza scavata nella corteccia di un robusto tronco,con la
sua vocetta quasi infantile lo gnomo fece accomodare la Fatina e le offrì una tazza bollente di elisir del sogno.
Cominciarono a chiacchierare allegramente mentre con movimenti veloci lo gnomo cercava qua e là degli
oggetti colorati: polveri,stoffe,fiori che mai appassiscono e boccette di pagliuzze dorate. Dopo aver messo in un
cestino il contenuto variopinto, andò a prendere da un piccolo armadio chiuso,con una grande fettuccia
arcobaleno,un frammento di essa, emanava una strana luce,si era una luce speciale,era un frammento di
arcobaleno magico!Con un sorrisone sdentato lo gnomo disse che quel frammento di arcobaleno era magico: in
grado di restituire il sorriso e la forza a chi ne avesse bisogno ma che solo un cuore puro poteva tenerlo con sé
e farlo crescere. Chi avesse avuto un frammento di quell’arcobaleno e lo avesse donato con il cuore sarebbe
stato in grado di dare il sorriso. Poi con affetto e la gote arrossate per l’emozione lo regalò a Fata Azzurrina che
sorrise dolcemente stampando un grosso bacio sulla fronte ormai calva dello gnomo di centoquarantasei anni.
Aveva apprezzato quel nuovo e interessante regalo e poiché lei era una Fatina che amava aiutare gli altri era
già intenta a pensare a chi potesse darne, lo pose con cura nel sacchetto dei sogni,precedente dono di
Piermagù e dopo aver preso le varie boccette,polveri e magie colorate,disse che era ora di andare. Colombina
attendeva paziente,scocco un bacio sulle dita allo gnomo e volò via! Il vento turbinava,era difficoltoso quel
viaggio e mai era stato tanto complicato. Sapeva che ci sarebbe riuscita,solo che afferrarsi forte era difficile.
Colombina era stanca di combattere contro Padre vento,voleva che lei si fermasse a riposare. Compresa
l’esigenza, la Fatina affermò che avrebbero sostato, in basso erano visibili delle luci, sicuramente ci sarebbe
stato un luogo adatto alla sosta. La piccola Alice era in preda alla febbre, si agitava e non si accorgeva della
finestra aperta stanza, un colpo di vento più forte l’aveva spalancata e la nonna dormiva. Sentì un po’ di
solletico su una guancia e solo dopo un po’ comprese che una strana donnina le stesse parlando, possibile che
fosse così piccola?Poteva essere alta come il suo pollice ed era molto carina in quel vestito nero scintillante,
non si comprendeva bene se fosse una bambina o una donna adulta,la guardava con dolcezza e le ripeteva
qualcosa che lei non comprendeva bene, aveva uno strano fagottino colorato che luccicava. La bambina si
stropicciò gli occhi credendo fosse una visione, poi, con fatica si sedette e comprese che non lo era e cercò di
ascoltare quella vocina appena udibile. Aprì la mano e l’avvicinò alla strana creatura che ci salì sopra. Si sentiva
strana con quell’esserino in mano, con delicatezza l’avvicinò all’orecchio ed ecco che finalmente Azzurrina le
disse Ciao piccola! Mi sapresti dire come fare per raggiungere le colline dorate? La bambina sorrise, pensò che
se quello era un sogno era sicuramente il più bello che avesse mai fatto, si schiarì la voce e affermò che lei era
piccola e che non conosceva bene le strade, volle sapere come quella piccola donnina fosse giunta presso il
suo lettino d’ospedale. Quando Azzurrina seppe che la piccola Alice era ammalata e che non se ne
comprendesse la ragione,raggiante le affermò che aveva proprio con sé un rimedio efficace. La bambina si
aspettava di vedere uno sciroppo amarissimo o qualche altra medicina non troppo accetta. Con grande stupore
vide striscette di luce colorata danzarle intorno, erano veramente capaci di rischiarare tutta la stanza, la gioia
negli occhi della bambina era pari a tutti quei meravigliosi bagliori. La fatina le affermò che quello era solo un
frammento d’arcobaleno e che per avere sempre colori splendidi doveva far sorridere gli altri e regalarne un po’
24. La Principessa del sorriso
“ Quello che nasce dentro è un piccolo miracolo che nessuna avversità può mai fermare La giovane Sabine apri
gli occhi,da dove provenivano quelle parole? Chi le aveva pronunciate? La sensazione che provava la stava
avvolgendo, una strana calma,sembrava che tutto fosse illuminato da una luce irreale,eppure prima di
addormentarsi era tanto triste,sola,aveva freddo e non aveva vestiti adatti per quel clima,presto l’inverno
sarebbe giunto e forse questa volta anche la neve. La neve,da quanto tempo non ricordava una nevicata dolce,
che fosse una magia,ora la neve sarebbe stata solo capace di farla tremare fin dentro le ossa,mangiava troppo
poco per potersi scaldare. Quanto tempo era passato da quando da piccola la nonna la coccolava e le
raccontava storie magiche,quelle storie che dipingono di magia i pensieri e fanno illuminare il cuore,poi si
avvicinava ai vetri e alitava, faceva vivere quelle storie disegnando sul vapore i personaggi, le sembrava di
vederli lì fuori al buio .Quella casa era piccola ma conteneva tanto amore e la nonna era l’unica persona che
poteva prendersi cura di lei. Loro,lei e la nonna non potevano permettersi quei lampioni che erano presenti
nelle strade dei ricchi,la notte la strada non era mai troppo sicura e lo sapevano anche se non ne parlavano
mai. La nonna preferiva raccontarle di sogni e cose fantastiche di cose che solo un cuore bambino può
raccogliere,le tiene strette e le fa volare in un cielo limpido perché ci crede e quando si crede tutto accade. Ora
invece non conosceva più l’odore dei sogni e la nonna lasciò solo tristezza e vuoto il giorno che
morì .Lei,ragazzina senza nessuno dovette mettere da parte ogni gioco,ogni sogno per imparare a
sopravvivere. Non era sola,altri ragazzini avevano il suo stesso destino: piccole cose da trascinare in una
giornata,pochi abiti,poco cibo e poche parole,piccole ossa leggere che facevano chilometri alla ricerca di
qualche buon cuore che lasciasse qualche spicciolo. Sabine della nonna aveva un ricordo indelebile e poiché
aveva un sorriso talmente bello da illuminare il volto,la cara nonna la chiamava “Principessa del sorriso”,quello
era il suo piccolo dono,un tesoro che malgrado le avversità,le ferite che la vita aveva inciso non aveva
perduto,sapeva che la nonna sarebbe stata orgogliosa di lei perché con quel suo sorriso sapeva prendersi cura
dei più piccoli del gruppo. Tutti bambini con la stessa sorte,età diverse,alcuni piccolissimi ma con gli stessi
occhi grandi e smarriti,lei,Sabine era più grande ed aveva avuto l’amore della nonna,sapeva raccontare storie
fantastiche e sapeva far addormentare chi aveva paura del buio .La notte erano i cartoni trovati per strada a
coprirli. Al mattino era il suo sorriso a scaldarli. Quel mattino sentì che sarebbe accaduto qualcosa di
diverso,forse quel sogno, quelle sensazioni strane. Ma cosa poteva mai accadere a dei bambini che non
interessavano a nessuno? Ma non volle farsi domande,la giornata era appena cominciata e bisognava
abbandonare quel luogo prima che li cacciassero, dovevano raggiungere la fontana ad un paio di isolati per
potersi lavare. Fu lei a svegliare tutti con una canzone,poi concesse la magia di un suo sorriso e i bambini
cominciarono a stiracchiarsi e ad illuminare il volto per quel sorriso che accarezzava l’anima. Era rassicurante
ricevere quella silenziosa carezza,sapere che Sabine non li avrebbe lasciati. Era il momento di andare,tutti in
fila cominciarono a muovere i primi passi verso la durezza della giornata. Erano stanchi ma non lo avrebbero
detto per far vedere che potevano resistere a tante prove,che erano come giovani eroi, gli stessi delle storie di
Sabine,quelli che sfidavano ogni avversità con il coraggio di leoni. Poi la tristezza,il desiderio di un abbraccio
stretto che cancellasse tutte le paure lo nascondevano dentro come un segreto. Clara quel giorno aveva voglia
di visitare i quartieri che le guide turistiche non avrebbero mai mostrato,Matteo suo marito era come lei,
quando visitava un nuovo luogo voleva vederne tutti gli aspetti, non avrebbe mai permesso di restare fermo ai
luoghi “ per turisti”. Erano arrivati da tre giorni invitati da un amico che lavorava da anni per quella terra,per la
sua popolazione,per chi era dimenticato. Pensarono di farsi portare con un taxi ma chiamarono prima Antonio,
volevano essere guidati. Dopo circa un ora il taxi accoglieva i tre amici,erano giunti nelle strade più squallide
ma era quello che volevano. Angoli sporchi,odori repellenti e un grigiore che sembrava avesse inghiottito i
colori di quei luoghi,ecco dunque la realtà,quello che la gente è costretta a vivere mentre a chi viene da fuori
mostra cose che illudono, distanze nette tra questo mondo e quel paradiso artificiale. Clara era una
giornalista,sapeva che era in questo modo,lo stesso aveva visto in altre città,non era mai fuggita inorridita ma
desiderava,seppure per poco,conoscere quella verità e riflettere su quello che poi la circondava, era una
lezione senza paragoni. Lei era maturata moltissimo da quando aveva perduto la sua unica figlia,sapeva che
non poteva averne. Accadde in un attimo. L’autista distratto da un riflesso di sole proveniente da una finestra
28. Viola
Seduta sul bordo del suo lettino Viola attendeva che la mamma arrivasse, anche questa volta aveva fatto un
brutto sogno e dopo aver sudato tanto, compreso che si trattava solo un sogno, aveva chiamato la mamma
perché l’abbracciasse e le raccontasse una delle sue bellissime storie.
Non era facile per Viola di soli cinque anni capire come mai non tutti erano capaci di fare cose che lei faceva
spontaneamente e non aveva intenzione di dare preoccupazione alle persone , solo che non capiva cosa era
possibile manifestare e cosa era meglio trattenere o fare solo quando nessuno guardava, come accaduto la
mattina prima, quando in giardino aveva visto una farfalla battere inesorabilmente e con grande fatica le ali,
era davvero un grande sforzo per lei volare di nuovo.
Viola indicò quella povera farfalla al nonno e la bambina disse che voleva aiutala a volare, il nonno spiegò
che aveva volato tanto ma ora era il tempo di un lungo sonno, che per tutti arriva la fatica e quel sonno, che ci
sono cose che accadono e che non si può reagire, lei non avrebbe potuto fare nulla!
Eppure Viola sentiva quel solletico sulla punta delle dita, sentiva quel calore e vedeva intorno alla farfalla un
alone colorato che stava per spegnersi, perché non offrire un poco dei suoi colori alla farfalla? In fondo aveva
dato gioia al cielo e ai fiori!
Viola disse al nonno di non preoccuparsi, ci avrebbe pensato lei! Il nonno sorrise per il candore e la convinzione
di quella bimbetta, così simile nell’esprimere i sogni che la sua mamma faceva da piccola, lei che inventava
fiabe ed era solitaria, seria e attenta a tutto. Quanta fatica per aiutarla a cambiare perché i sogni non servono
a nulla nella vita e si deve essere concreti.
Viola si avvicinò alla farfalla, la prese delicatamente e la adagiò sul palmo della mano sinistra mente con la
mano destra compiva degli strani movimenti circolari intorno alle ali della farfalla, il nonno guardava stupito e
scettico, preoccupato della imminente delusione che la piccola Viola avrebbe avuto a breve.
Restava in silenzio, pronto a cercare parole adatte, ad accogliere le lacrime della bambina. Trascorsero pochi
attimi e come una piccola nuvola azzurrina apparve avvolgendo la farfalla, il nonno credeva di avere delle
allucinazioni perché immediatamente dopo la farfalla iniziò a muovere le ali e a volare intorno alla bambina
disegnando alcuni ghirigori festanti.
Come era possibile? Si trattava di una particolare coincidenza?
Eppure solo pochi minuti prima quella farfalla era disidratata e morta, certamente non era così colorata e viva
come adesso!
La bimba aveva un’aria soddisfatta e a guardare il viso serio e stupito del nonno si rese conto che forse aveva
fatto qualcosa di sbagliato, almeno per il nonno e chiese: – Nonno sono stata cattiva? Perché i tuoi occhi mi
stanno rimproverando?
Cosa ho fatto di sbagliato?
Il nonno non sapeva cosa rispondere, quello allora era un prodigio se la bambina era consapevole di avere
fatto qualcosa per cambiare la realtà della farfalla, l’unica cosa che riuscì a chiedere fu: – Ma dove hai
imparato? Sei così piccina, come hai fatto?
La bimba sgranò gli occhi :
- Perché nonno tu non lo sai fare?
- No piccola mia io non sono capace, nessuno mi ha insegnato o forse ..non ho mai provato perché non
credevo possibile una cosa del genere. Comunque piccola mia forse è meglio non dire questo alla mamma,
potrebbe preoccuparsi e se proprio devi fare queste cose, stai molto attenta che non ti veda nessuno!
Viola percepì ancora una volta come il nonno fosse turbato e che lei ne era la causa, allora disse al nonno di
rilassarsi e di non essere preoccupato perché lei avrebbe fatto attenzione, non lo avrebbe detto neppure a
Francy la sua migliore amica.
Il sogno era stato davvero spaventoso, una grossa nube scura si stava spostando e con dei vortici che
sembravano tentacoli cercava di penetrare nelle case, nei boschi e dove arrivava sotto forma di nebbia
cambiava l’aspetto delle cose; alberi e rocce, fiumi e mari, tutto sembrava perdere vita, come un contenitore
vuoto, senza più energia, la gente sembrava non avere volontà ed agiva senza riflettere.
Nel suo sogno le farfalle, gli uccelli, i pesci e le voci di altri bambini come lei, così sensibili e speciali sembrava
29. la chiamassero per portare aiuto e per riportare energie colorate a quel disastro.
Quel sogno appariva così vero! Infine la farfalla che la mattina prima l’aveva ringraziata con la danza del cuore
le appariva e le diceva che per gratitudine le avrebbe presentato la fatina del giardino e che con lei avrebbe
potuto aiutare piante e d insetti, animali ed esseri umani, ma non sarebbe stata sola, altre fatine avevano
l’incarico di parlare con altri bambini e si sarebbero tutti incontrati, che una missione la stava attendendo.
Viola si svegliò perché quella brutta visione della nube la faceva sentire come senza fiato, come avrebbe potuto
aiutare tutti lei che era tanto piccola?
Poi ricordò come il nonno fosse preoccupato e cercò la mamma per capire cosa stesse accadendo.
La mamma arrivò, semi addormentata ma calma, chiese cosa fosse accaduto e cosa la bambina avesse
sognato di tanto brutto.
Ascoltò attenta, sebbene la bambina non sapesse come fare per dire che nel sogno era stata richiesta per
aiutare , ma che il nonno che aveva assistito al volo della farfalla era preoccupato.
Viola disse che era stato un sogno brutto, che era presente una brutta nuvola che si sentiva soffocare per
questo ma che alcune cose erano difficili da capire per la mamma come lo erano per il nonno, che forse
qualcosa di sbagliato era nelle sue mani.
La mamma accarezzò la fronte della bambina e le stampò un bacio, seduta sul letto, con la manina stretta alla
sua, le disse di non temere, che la mamma non aveva mai pensato che lei potesse essere sbagliata, che anzi,
da quando lei era nel pancione e la mamma sentiva i suoi calcetti sapeva come quella fosse stata una bimba
speciale che sognava spesso e come alla nascita la piccola Viola fosse esattamente come nel sogno, persino il
piccolo neo a forma di cuore sul pancino!
Le disse che anche lei quando era una bambina per molte persone poteva apparire strana, ricca di fantasia,
solitaria e che solo se immersa nella natura si sentiva bene.
Solo che aveva dovuto mettere da parte ogni sogno, ogni fiaba per essere come altri volevano e solo ora, con
la piccola Viola poteva raccontare le sue favole e le sue sensazioni che altri non avrebbero compreso. Dunque
di non temere perché la mamma sapeva quanto lei fosse speciale.
La bimba allora, ritrovata fiducia le disse della farfalla e la mamma sorrise, le disse del sogno e di come
dovesse l’indomani andare in giardino a ricercare la farfalla e come questa le avrebbe fatto conoscere la fatina
del giardino.
La mamma sorrise ancora, sembrava le credesse e la bimba si rilassò, chiedendo un bicchiere d’acqua e una
favola nuova.
La mamma andò in cucina e prese l’acqua con sé e lì per lì inventò una favola che parlava dei sogni dei
bambini, di come ogni sogno ricco di bellezza, di purezza e di amore fosse energia colorata che salva il mondo,
che tante cose invece sono capaci di inaridire la vita, soprattutto non saper sognare o avere paura di farlo,di
come tante cose possano invece contaminare e distruggere la bellezza e la Natura, perché si perde il rispetto e
si è sordi alla voce del cuore.
La bimba comprese come la mamma le stesse indicando di credere in se stessa, di non farsi influenzare delle
cose che spesso i grandi dicono perché hanno perso quella fiducia e camminano su una strada che ha perso
colori.
Il mattino dopo Viola e la sua mamma andarono in giardino insieme, mano nella mano, sorridenti e piene di
speranze.
Improvvisamente apparve la farfalla, ma a guardarla meglio era una fatina minuscola che emanava grazia
e colori, ovunque battesse le sue piccole ali folate di polvere di stelle sprizzavano allegramente e con la sua
piccola bacchetta magica fece dei ghirigori e disse con una vocina dolcissima a Viola che lei non doveva mai
smettere di manifestare quelle sue doti speciali, che l’intero mondo ne aveva bisogno e se persone tristi e
scettiche preferivano restare cieche, lei e altri bambini che presto avrebbe conosciuto non devono fermarsi
ma portare avanti l’Opera dalle Bellezza e del Cuore Puro, per salvare la terra da quella nube velenosa che lei
aveva sognato.
L’appuntamento era nel parco, un centinaio di bambini venuti da ogni parte del mondo avevano fatto dei sogni
di vita, di speranza e di bellezza ed ora, con i genitori che attraverso di loro avevano capito come si stessero
dimenticando il valore profondo delle cose, finalmente si sarebbero incontrati.
Quanta emozione e quanti abbracci! Finalmente si poteva regalare luce e colori alla Natura morente per
31. L’elefantino Chimbo
Il vento racconta sempre tante storie e per chi non riesce a dormire e resta in ascolto,la notte è capace di
portarne sempre di nuove,basta restare in silenzio e far riposare i pensieri . C’era una volta nella foresta
africana una bella famiglia di elefanti,tutti erano in attesa della nascita di un nuovo elefantino che avrebbe
arricchito il “ Grande gruppo”. L’evento era molto atteso e le elefantesse più anziane tenevano d’occhio Aurora
la giovane sposina che cominciava ad agitarsi… La luna era piena e giù al fiume le canne erano agitate dal
vento… Aurora sentì essere giunto il momento di allontanarsi per il grande evento lentamente si spostò dove
sapeva esserci uno spiazzo e vicino un cespuglio che l’avrebbe protetta da occhi indiscreti. Dopo qualche
attimo di smarrimento per la visuale poco nitida e per la trepidazione per quanto stesse per
accadere,l’elefantessa sentì l’istinto che la guidava… Dopo un po’ di tempo vide nell’erba un esserino tenero
che coccolò amorevolmente,ecco ora poteva fare la conoscenza del suo piccolo e volle chiamarlo Chimbo.
L’elefantino era vivace e amava scoprire tutte le cose che il mondo conteneva : odori,suoni e sapori,non era
una cosa di tutti i giorni avere un mondo da assaggiare e una mamma così premurosa! Ritornata al gruppo con
quel nuovo componente venne festeggiata ed accolta da tutti con gioia,il suo piccolo era proprio carino. La
mamma era paziente ed ogni mattina lo portava al fiume per fare il bagno e gli insegnava i luoghi dove
avrebbe trovato l’erba migliore. Il piccolo Chimbo era davvero felice,non conosceva il pericolo e nessuno gli
avrebbe mai fatto del male con la presenza della sua adorata mamma. Un giorno dal cielo scese uno strano
animale che nella sua pancia trasportava degli umani,scesero dei cacciatori in cerca di nuove prede da vendere
ai circhi più importanti d’Europa. Era un gruppo,tra i vari cacciatori il più temuto ed abile Albert ,era quello che
sapeva fare il suo mestiere con destrezza,tutti sapevano che la cicatrice che aveva nel braccio era per la lotta
che ebbe con un feroce leone,lui non temeva nulla e conosceva il territorio come nessuno. La notte dell’arrivo
fu subito impiegata per mettere delle reti molto robuste e il fatto che la luna mandasse poca luce a causa delle
nubi era per lui un’occasione da non far fuggire. Si nascose nei pressi del fiume che sapeva essere territorio di
abbeverata per gli elefanti con la speranza di trovarne uno abbastanza giovane in modo da essere addestrato
in un Circo. Alle prime luci dell’alba l’elefantino assetato si sveglio e si allontanò per andare a bere al fiume,non
volle svegliare la madre che era molto stanca. Appena si avvicino alla riva senti un odore sconosciuto ma non ci
fece caso e ZAC! fu prigioniero della rete,il cacciatore soddisfatto per la sua preda,prima che l’elefantino
potesse emettere un suono lo narcotizzò e lo mise in una grande cassa dotata di ruote agganciata alla sua
jeep. Il piccolo era confuso,non comprendeva nulla e sapeva solo che si sentiva molto pesante. Dopo ore di
sonno si risvegliò in un luogo rumoroso e buio con la strana sensazione di rollare,era infatti nel bagagliaio di un
aereo,cominciò a pensare alla sua mamma,alla foresta e al suo fiume,gli amici che forse non avrebbe più
rivisto…Si mise a piangere e una brutta voce rispose “ Ti sei svegliato finalmente? Tu ed io dovremmo fare un
lungo viaggio insieme e poi…Sarai importante sai? Sarai capace di lavorare in un bellissimo Circo! Era il
domatore del Circo Betrix che era andato a prenderlo,era un omone grosso,grosso con uno sguardo che
metteva paura,per lui,domatore di leoni ed elefanti era importante dover essere imponente e farsi rispettare
soprattutto dalle belve. L’ elefantino lo temeva,aveva una voglia matta di andare dalla sua mamma,ma dov’era?
Il piccolo si mise a piangere…Sentì una vocettina che gli disse : “ Non piangere piccino,vedrai che non è poi
così brutto il Circo,sai,ci sono tanti bambini che ci vengono a vedere e ci regalano mille sorrisi !” Era Coco la
scimmietta del domatore,com’era piccola e buffa con quel vestitino rosso con bottoni dorati,addirittura aveva
un cappellino! Chimbo la guardò e sorrise ,si,era proprio carina,le ricordava Dolly e Molly le sue amiche della
foresta. Così ,da questo primo incontro Coco e Chimbo rimasero sempre insieme,l’elefantino imparò molti
esercizi ed era bravo,non poteva però cancellare dal cuore la foresta e la sua mamma. Un giorno la piccola
Coco rimase chiusa in una scatola,conteneva dei vestiti colorati da pagliaccio e lei non riuscì a trattenere la sua
curiosità ,la serratura scattò ma essendo difettosa la rese prigioniera. Non riusciva a respirare,era buio ed
aveva paura,cominciò allora a piangere e ad agitarsi. Per fortuna Chimbo la sentì poiché era vicino al tendone
dove stava provando i suoi esercizi,subito corse e con la proboscide aprì la scatola e la trasse in salvo. Coco fu
felice per la dimostrazione d’amicizia e chiese cosa desiderasse tanto e se lei potesse aiutarlo per ricambiare
l’atto d’amicizia. Chimbo divenne triste,voleva tornare nella sua foresta,era felice di fare gli esercizi per i sorrisi
dei bambini ma lui non poteva dimenticare la foresta e la sua mamma,voleva che Coco prendesse la chiave
33. Un incontro
Era forse follia quella che sembrava dominasse quell’uomo? Eppure amava camminare sotto la pioggia, quella
notte danzava preso dal ritmo che solo lui sentiva, tra le gocce che non temeva e che piuttosto desiderava che
lo sfiorassero, voleva catturarne la luce, riprodurla sulle sue tele. Ricordava, perché un altro uomo, come lui
era diventato la sua “ardente passione”, che molti anni prima qualcun altro si metteva in ricerca di emozioni e
desiderava riprodurle, era il suo ispiratore, era qualcosa difficile da spiegare per chi, preso dalla razionalità non
avrebbe compreso. Ora era lì, zuppo di pioggia nel buio della notte rotto soltanto dalla fioca luce lunare che
faceva capolino, a tratti tra le nubi cariche di pioggia. Era un pittore emulo di Vincent Van Gogh, conosceva
ogni cosa, ogni atto della vita dell’artista e sentiva in sé la sua presenza e a volte anche intorno, sarebbe stato
difficile spiegare, ma in fondo lui, non cercava spiegazioni, desiderava solo vivere le sue emozioni. Da qualche
tempo aveva fatto delle particolari ricerche sulla cromaticità e trasparenza di alcune tinte, in particolare sui
gialli e sui blu, quelli erano per lui colori importanti. Il suo animo era sempre sereno, solare e tendeva a
donarsi fino all’ultima stilla, eppure la sua vita era stata poco generosa con lui, particolare la sua infanzia e
prima giovinezza, una cosa aveva imparato con l’intatto animo d’innocenza, come quello di un bimbo
entusiasta: ogni istante era prezioso, ogni cosa che la vita avrebbe donato non doveva essere sprecata, mai!
Tutti i solchi che la sua anima aveva ricevuto, quegli invisibili semi in essi sparsi erano tutti germinati, un dono
inaspettato per chi come lui aveva subite molte privazioni. Ora era lì ad ascoltare quel ritmo gioioso che faceva
danzare la sua anima, era ad allargare il cerchio d’anima per quel dono che tanto amava: la pioggia. Tutte le
volte che pioveva per lui era una gioia, pensava a quanti arcobaleni ci potevano essere intorno e n’era
affascinato. Nella sua vita non erano mancate le difficoltà ma non si era perso d’animo, nella convinzione che
servissero per trovare qualcosa di grande, quello che aveva sempre “ sentito” esistere oltre ogni linea di
confine data dalla vita come appare. Credeva molto alle sue sensazioni, agli attimi impalpabili che sentiva
provenire da una diversa dimensione, in fondo, seppure la sua vita in principio fosse stata molto solitaria ed il
destino avverso si era impadronito della sua porzione di serenità, sapeva che da altre dimensioni esistevano i
suoi cari e vegliavano su di lui, accoglieva quel suo particolare destino anche se poteva apparire triste. Il suo
orgoglio consisteva nel fatto che aveva potuto seguire la sua inclinazione naturale, nessuno gli aveva potuto
impedire di esprimere la sua tendenza artistica, la sua stessa vita era imperniata sugli studi che lo potevano
aiutare in tal senso, ma non aveva potuto completarli, non era un problema: artista si è nell’animo e non
nell’acquisizione di nozioni e di teorie, lo aveva dimostrato quando per mantenersi vendeva i suoi quadri nati da
istinto, era autodidatta, sentiva dentro come e cosa portare fuori quel suo mondo emotivo che lo affascinava:
bastava poco per farlo gioire, il primo sole al mattino, l’incontro con gli animali del bosco, del lago, la natura
per lui aveva un fascino assoluto e in particolari giornate tra i raggi di sole che filtravano tra le foglie del bosco,
quando la luce e il pulviscolo dorato assumevano, insieme al silenzio, un’atmosfera rarefatta, si rendeva conto
di sconfinare in un particolare sentire. Il giorno precedente era accaduto un episodio particolare: immerso nel
silenzio, tra la quiete dei suoi pensieri e la luce del bosco, aveva avutola particolare sensazione di essere
osservato, ma nulla di inquietante, solo una “presenza” che espandesse la pace di quel luogo, era come se lui
stesse per essere spettatore di qualcosa di non comune, persino il respiro sembrava essersi bloccato, il cuore
invece cominciò a tamburellare quasi a dare la certezza di non essere morto. In un attimo sembrò che i colori,
gli odori, le sagome e i contorni prendessero una diversa connotazione: tutto era brillante, intenso, correva
incontro… Tutto era precipitato come attraverso un vorticoso tunnel “ dentro l’anima” e lui ora era parte di quel
tutto. Lei era lì, davanti a lui o dentro le sue emozioni, era un tutto indistinguibile, sapeva che la conosceva da
sempre eppure era consapevole che quello era il primo incontro. Non era quello il momento di formularsi
domande, temeva che se lo avesse fatto tutto sarebbe svanito. Lei era una creatura particolare, su questo non
vi erano dubbi: alta, candida, capelli lunghi e occhi che contenevano una strana luce: pacata e forte al
contempo, sembrava che emettesse una conoscenza bonaria, il sorriso era come quello che si vede nei volti
dei “ vecchi saggi” di alcune miniature orientali. Lui si sentiva come essere entrato, non si sa bene come,
dentro una favola, un mito, una di quelle storie che si raccontano ai bambini: era una fata dei boschi? Aveva il
corpo non troppo diafano e neppure esageratamente possente, ma quello che colpiva era quanto emettesse:
armonia, dolcezza, consapevolezza e ogni gesto era accompagnato da un sorriso radioso e una luminescenza
dorata che ora aumentava, ora si stemperava. Non stava certo sognando, quello era un episodio che lo stava
35. In armonia
Un suono che oltrepassa il silenzio,
un vibrare che non conosce distanza – perchè tutto è qui ed ora -
e come un arco scocca una freccia e colpisce il bersaglio,
così è l’essenza che unisce chi è nella medesima sintonia.
Prima di mostare di fare o di saper dire si deve essere capaci di essere.
Presenza nell’attimo, manifestazione che in ascolto effonde un sentire interiore
che è forza motrice di un modo di essere in armonia con tutto.
Il percorso prende inizio dal saper ascoltare,
dal cercare il senso di percezioni, dall’ essere fedeli
e non contraddittori tra quel che sentiamo
e quanto portiamo all’esterno, a volte controccorente,
tenendo la distanza da quanto sia generalizzato,
da quanto rappresenti il frutto di altrui aspettative,
un rimasticare concetti e proposizioni non del tutto capito
o mai sperimentati. Usare l’inerzia non conduce lontano,
infatti la spinta iniziale di estingue e non trova nuovo alimento.
Poter manifestare se stessi, sulla stessa sintonia
e sull’accordo di una musica interiore, di sensazioni
legate al buonsenso è non andare contro il proprio essere,
12.01.2011 Poetyca
36. Io sono Amore
Sono io amore
che cerco te nel buio
come eco urlo il tuo nome
ma non rispondi
stringo nel pugno il silenzio
dai muti occhi scivolano
le mie perle opache
sei tu la luce che nella notte cerco
ma lontana sfugge
lasciandomi nel freddo del cuore
che ferito non colora il tempo
Dov’è la mia dimora
non corrono le ombre
e la luce danza
alla ricerca di una stretta d’anima
senza fermare i passi e le paure
che conducono allo scivolare
l’uno dentro l’altra
per stringere più forte
ogni attimo eterno
01’09’2003 Poetyca
37. Mondo dentro agli occhi
Il mondo dentro agli occhi
è riflesso di quel che il cuore
oltre il silenzio sa proiettare
Tu cerchi un mondo libero
da voci e possesso
da rigore e da quell’attesa
dove s’inciampi all’errore
Il tuo mondo conosce colore
sorriso e vita
dove tutto è trepidazione
per le cose semplici
che sono dono
coerenza e franchezza
per un dialogo vero
Un mondo lieto
che sappia abbracciare
chi è stanco nel riflesso
di una lacrima
che scivola sul volto
21.01.2010 Poetyca
38. Nel silenzio è la risposta
Nel silenzio è la risposta,
Un silenzio che è ascolto di quello che non è traducibile in parole,
un silenzio che è apertura percettiva dentro se stessi,
dove ogni persona sarà trovare un sussurro diverso,
capace di dettare la rotta del proprio cuore.
Allora quello che potrei vivere oggi, percepirlo e forse scriverlo
non è più valido domani – il silenzio è accoglienza di non saper dare
risposte definitive – risposte per gli altri – poiché credo sinceramente
che tutti hanno le medesime occasioni e opportunità e che se ascoltassero
il proprio silenzio saprebbero portare alla luce l’ineffabile.
06.01.2011 Poetyca
39. Uno sguardo tra mille
Parole ricamano il silenzio
attesa di un momento magico
dove solo uno sguardo tra mille
al ritorno dell’intima aurora
sa sciogliere tutte le onde trattenute:
aliti di salsedine che scorrono sul viso
Ed è Amore
respira lento l’estasi della verità
liquida languiva e spogliava la paura
dimorava nascosta dietro le dune
coperta da sospiri dell’anima vibrante
in una memoria inascoltata e dormiente
08-01.2011 Poetyca
40. Perchè è così
E tu amico non ti chiedere dove ti condurrà la vita
o quante volte i nostri sguardi si sono incrociati
tu lo sai è una partita mai finita e anche se inciampi
se credi di doverti fermare per prendere fiato
trovi sempre la forza di credere a quello in cui hai sperato
Non è mai solitario il tuo cammino
ed anche se qualcosa s’è perduta
se le ferite nel silenzio bruciano
hai sempre la speranza e la volontà
che ti condurranno lontano
Mi hai cercata ancora una volta
ed io sono qua con un sorriso in tasca
e provo a capire dove poggiano le tue paure
se il tuo sogno s’arresta perchè tu lo vuoi
o è troppo faticosa la salita e cerchi una spinta
Mi dicesti un giorno che sono una fata
che posso colorare le parole e spargerle nel vento
– fata della pioggia – che nutre ogni seme
mi hai detto che regalo arcobaleni
12.01.2011 Poetyca
41. Poesie
Sfoglio parole
sfoglio pensieri
– l’emozione
di margherite
stese al sole-
sfoglio immagini
che percorrono lievi
come brividi
lungo i sentieri.
Cerco e vibro
d’ogni sentire
dono di fogli
e del loro colore
…Colore di cielo
colore di vita
colore di farfalle
che prendono il volo.
Rime e versi
respiro e gioia
12.01.2011 Poetyca
42. Quiete
Quiete..
acqua di un lago
che riflette
le onde del cuore.
Dolci occhi
specchio d’amore
mille le stelle
in questo cammino
e se le perle scivolano
conservane il senso.
Pegno-Pensiero
ma anche stretta lieve
che come brezza
ti accarezza.
Tesoro
per ogni perla
-una stella in cielo-
per noi brilla.
Ti seguo
lungo le rotte
dell’Universo.
14.06.2002 Poetyca
43. Siamo…
Fiori che dischiudono
le corolle al sole,
alla rugiada che nutre,
siamo fiori che estasiati,
ubriachi vivono amore….
In ricerca di notti di stelle,
ascolto di pensieri muti,
in un cuore gonfio d’amore,
ricerca in sè di senso e colori.
Siamo frammenti di stelle
che tolgono polvere
al loro dolore,
Siamo…
In cammino tra deserti
e fonti improvvise,
squarci di cielo
che donano senso
ad ogni caduta.
Respiro di tempo
senza confini:
Vita e senso
di ogni vagare.
19.06.2002 Poetyca
44. Silenzioso percorso
Quando sai aprire il tuo cuore all’ascolto,
come la corolla di un fiore ai raggi benefici del sole
tu potrai comprendere e vivere momenti di bellezza
che nulla potrebbe imitare: nel silenzio ogni palpito,
nel silenzio ogni vibrazione che colora le ali del cuore.
Quando nel respiro sai raccogliere la vera essenza
dello scambio di energia/ amore tra te e il divino in te
tu puoi imparare a comprendere cosa è amare.
Ogni attimo di vita è dono, esso è scoperta, esso è
quel volo di infinito che disegna il senso del tuo esistere – qui ed ora.
L’amore scivola, come una goccia di rugiada
sopra una foglia di loto, una goccia che alla fine
della sua corsa lenta si immerge in un oceano d’amore.
Noi tutti siamo gocce che prendono la loro vita da quell’oceano
e ad esso fanno ritorno, questo è possibile comprenderlo
quando sappiamo vivere squarci di silenzio nella nostra vita.
04.01.2011 Poetyca
45. Sogni
Mai fare morire i sogni, metterli da parte a volte
ci permette di andarli a ripescare nei lunghi inverni
del cuore per riaccendere la fiamma della speranza.
E” importante saper distinguere un sogno,
un palpito vivo del cuore che ci fa scavalcare ogni ostacolo
come se fosse un grande aquilone al quale attaccare
la forza indomita contro tutto e tutti,
alle illusioni che hanno ali fragili e non sanno varcare il cielo,
ci distolgono soltanto dalla strada maestra,
quella che ci permette di alimentare la fiamma della nostra vita.
11.01.2011 Poetyca
46. Sorridi…
Aquila sei tu
capace di aprire le ali
e di varcare il cielo
e io sono qui
ti volo accanto.
Tutto è orizzonte
limpido cielo
è tutto tuo lo spazio.
Le nubi in attesa
ora ti possono accogliere.
Guardati intorno:
Lo spirito non ha briglie
i sentimenti non hanno tempo
nessun confine è limite.
Guarda le tue ali forti
ora sai che sei
fatto per il volo
chiudi gli occhi
e se una lacrima scende
l’asciugherà il sole
se temi il vuoto
12.01.2011 Poetyca
47. Incontri speciali
Quando un incontro è un’esperienza che ci permette di accedere a qualcosa che forse avevano intuito
ma della quale non si poteva avere certezza, tanto siamo incasellati in una realtà pre-ordinata dalle altri
aspettative,della quale essere manifestazione, con il prezzo di restare troppo a lungo sordi ai moti interiori, la
nostra vita cambia completamente e non si riesce a trattenere la portata di quello che si viene a scoprire e che
trasforma del tutto il nostro percorso e l’accesso alla nostra spiritualità rimasta infantile a causa dell’inganno.
Ma resta comunque il retrogusto del dubbio, non sulla bellezza e forza numinosa dell’esperienza, quanto
nel sapere se si è creduti, se quanto si prova a condividere è in grado di essere compreso ed accolto. Sono
necessarie, non solo delle verifiche ma sopratutto delle opportunità di scambio per fissare il senso stesso della
via tracciata da questa esperienza che non sempre è possibile descrivere perchè una parte di noi stessi che non
sospettavamo ha assimilato delle informazioni che continuano a dilatare il tempo e lo spazio, come una sorta di
apprendimento sottile in constante scambio.
Chi era il messaggero che ci ha fornito una visione diversa di quanto per millenni ci hanno fatto credere?
E sopratutto per quale motivo una persona apparentemente capitata per caso a questo incontro si trova
depositaria di un messaggio così pregnante di vita? La risposta non è accessibile attraverso il ragionamento ma
facendo cadere ogni difesa per essere cuore spalancato e in ricerca.
08-01-2011 Poetyca
48. Stupore
Mi stupisce sempre
catturando momenti
come albe nuove
…si libra e volteggia
S’espande e incide
presenza che scoppia
regalando emozione
… è la gioia che vive
Tramutati attimi
afferrandone il senso
– piccole gocce di rugiada-
…nutrimento interiore
Piccole perle
grande tesoro
tocchi d’infinito
…e si allarga lo stupore
Come onde
12.01.2011 Poetyca
49. Suoni
Tra suoni
viaggi
e vibrazioni
ti ho trovato
cuore
in attesa.
Nell’impercettibile
sentiero
c’eri tu.
Piccoli passi
portano
sempre lontano.
Ora che stringi
la mia mano
non sciogliere
il volo.
Avvolgimi
portami in alto
respirami e fammi nube
in abbandono nel vento.
Se tutto ha un senso
e il senso è il tutto
– tutto è amore-
Il nostro viaggio
quel insondabile mistero
quella vibrazione
quell’essenza
nata e mai nata
vissuta e in attesa
noi che cerchiamo
e viviamo ora
in alba ritrovata.
Siamo
esseri in vita
sentiero che trasporta suono
vibrazione e anelito lieve
Amore all’unisono
che vibra dello stesso tono.
Danzo nel tuo cuore
e le stelle sono casa
e noi siamo cammino.
Sorrido
….sorrido ancora.
09.06.2002 Poetyca
50. Una fiaba
Per te che guardi dalla finestra
ed oggi attendi il sole
ho in mente di regalarti nuove parole
e di disegnare tra le nubi una bella fiaba.
Una storia sempre diversa
che conosca il sorriso,
una mano tesa e la voce del cuore.
Una piccola storia racchiusa in un pugno
per farti sentire la forza
di chi anche se lontano a te offre un fiore.
Per te che non speri più nella parola amica
e vorresti accogliere questo nuovo sogno
senza l’amaro in bocca dell’ennesima delusione.
Ho solo delle immagini da regalare
e la presenza di ogni giorno
fatta di semplici parole.
Ma se soltanto ci fossero più raggi,
più gocce e sorrisi da questo istante
11-12-2011 Poetyca
51. Una stella in sogno
Ho visto e percepito una piccola casa, raccolta e ricca della bellezza delle cose semplici,
costruita con legni profumati e con un’ampia finestra. Il camino in Inverno riscalda il cuore
e con il suo scoppiettare tiene compagnia. In estate questa casetta diventa un faro,
dove tanti gabbiani si raccolgono e cantano canzoni antiche al mare.
Conosco questo luogo,il suo profumo di buono: cioccolata calda, resina dei boschi e nocciole.
Un luogo dove nessuno alza mai la voce, dove anche il silenzio sa comunicare armonia, pace del cuore.
Dove guardando fuori dalla finestra le stelle della notte sembrano sempre grandi e vicine:
giocano, mandano bagliori per accendere le nostre emozioni più profonde. Questa casa è il tuo cuore,
ora aperto a tutti, in offerta per abbracciare tutti coloro che ti vogliono bene.
Ho portato un regalo, un piccolo pacchetto rosso con un fiocco giallo e sulla carta sono disegnate piccole Trilly
che spargono con una scia di stelline armonia per chi lo apre. Il pacchetto contiene una piccola stella
raccolta sulla spiaggia, ma non è una stella marina, è una vera stella scesa dal cielo per restare in questa tua
casetta ed illuminare tutti i momenti che penserai di essere sola. Ti accorgerai allora di quanti cuori battono
insieme al tuo per creare la favola più bella che l’amore sappia creare.
06.01.2011 Poetyca
52. Uno sguardo tra mille
Parole ricamano il silenzio
attesa di un momento magico
dove solo uno sguardo tra mille
al ritorno dell’intima aurora
sa sciogliere tutte le onde trattenute:
aliti di salsedine che scorrono sul viso
Ed è Amore
respira lento l’estasi della verità
liquida languiva e spogliava la paura
dimorava nascosta dietro le dune
coperta da sospiri dell’anima vibrante
in una memoria inascoltata e dormiente
08-01.2011 Poetyca
53. Viandante
Ogni vita
come una piuma leggera
squarcia il cielo
aperta la soglia
del lungo cammino
poggiano passi
canto di vita
nell’inconsistente
illuminando
sorriso nuovo
umilmente vibrando
accarezza il cielo
ride sfiorando
la luce del mattino
eco e colori.
04.06.2002 Poetyca
54. Vita
La vita:
un cammino
-fiori e foglie-
sbocciare
di nuovi profumi
Piccoli passi:
cercare il senso
– tenui colori-
di luce avvolti
Nella notte:
stelle
-presenti bagliori-
folgorano momenti
16.07.2002 Poetyca
55. Voglio
Voglio stringerti
dentro al cuore
e farti danzare
al battito della mia gioia:
“LO VOGLIO!”
Veliero su acque placide…
gabbiano che spiega le ali
nel tempo senza tempo,
nel cuore in festa,
nel sole che brilla.
Respiro lucente che vibra
su note inudibili, sei
musica dell’universo:
“Cuore -vita
riflesso del tutto.
AMORE espanso
che tutto tocca.
” IO AMO”
11.06.2002 Poetyca