3. Nella prima parte del Discorso sul metodo sottoporrà a critica
l’impostazione degli studi dai Gesuiti: “Sono stato allevato nello studio
delle lettere fin dalla fanciullezza, e poiché mi si faceva credere che con
esse si poteva conseguire una conoscenza chiara e sicura di tutto ciò
che è utile nella vita, avevo un estremo desiderio di apprendere. Ma non
appena ebbi concluso questo intero corso di studi, al termine del quale si
è di solito annoverati tra i dotti, cambiai completamente opinione: mi
trovavo infatti in un tale groviglio di dubbi e di errori da avere
l'impressione di non aver ricavato alcun profitto, mentre cercavo di
istruirmi, se non scoprire sempre più la mia ignoranza» (Discorso sul
metodo, I).
4. Le regole del metodo
EVIDENZA
ANALISI
SINTESI
ENUMERAZIONE
5. Non accettare mai per vera nessuna cosa che non
conoscessi con evidenza esser tale: cioè evitare
accuratamente la Precipitazione e la Prevenzione
e non comprendere nei miei giudizi se non ciò
che si fosse presentato con tale
CHIAREZZA e DISTINZIONE
da non aver nessun motivo di metterlo in dubbio.
EVIDENZA
6. Dividere ciascuna difficoltà che stessi esaminando in
tante piccole parti quante fosse possibile per
giungere alla migliore soluzione di essa.
ANALISI
7. Condurre con ordine i miei pensieri,
cominciando dagli oggetti più semplici e più
facili da conoscere, per salire a poco a poco,
come per gradi, fino alla conoscenza dei più
complessi e supponendo poi un ordine anche tra
quelli di cui gli uni non precedono naturalmente
gli altri.
SINTESI
8. Procedere in ogni caso ad enumerazioni così
complete e a rassegne tanto generali da essere
certo di non avere omesso assolutamente nulla.
ENUMERAZIONE
9. La matematica e l’unità
della ragione
La matematica, quale architrave dell’edificio del
sapere, va unificata. In particolare vanno
unificate algebra e geometria, cosa che Cartesio
realizzerà con l’elaborazione della geometria
analitica.
La matematica è disciplina in cui la ragione è
esercitata nella maniera più pura e veritiera,
dunque va applicata a tutti gli oggetti del sapere.
10. Mathesis universalis
Attraverso la matematica si deve dunque
costruire una scienza generale delle proposizioni
e degli oggetti misurabili, ossia una “mathesis
universalis”. Ciò perché la matematica è lo
strumento che garantisce la chiarezza e la
certezza della conoscenza.
11. GNOSEOLOGIA
vs
ONTOLOGIA
Il sapere infatti per giungere
a verità deve
preliminarmente saggiare le
sue possibilità e i suoi limiti,
trovando lo strumento
migliore, ossia il metodo, la
via migliore che conduce a
conoscere la realtà. Esso si
ottiene distillando la
matematica e, una volta
ottenuto, può essere
applicato a tutti gli oggetti
della realtà.
Ciò significa che per
Cartesio il problema della
conoscenza ha un primato
assoluto: prima dobbiamo
sapere in che modo
possiamo conoscere le cose
e poi possiamo capire la
loro natura, ovvero il loro
essere.
Ciò inaugura la
preminenza della
gnoseologia
sull’ontologia
che diverrà il
tratto
caratteristico di
tutta la filosofia
moderna.
12. VERSO UNA NUOVA MORALE
Una volta elaborato il nuovo metodo, è
necessario per Cartesio rifondare su tali basi il
sapere umano.
Ma questa è un’opera non da poco che
richiede tempo, studio e applicazione.
Il sapere è anche però il punto di partenza per
ogni azione: io agisco in quanto SO che cosa
fare. La scienza dell’agire è la morale. Dunque
anche la morale attende una ridefinizione dal
metodo matematico e dall’opera di
ricostruzione del sapere cui il metodo ha dato
avvio.
13. LE REGOLE
DELLA MORALE PROVVISORIA
Obbedire alle leggi e ai costumi del mio paese
Essere il più fermo e il più risoluto possibile
Cercare sempre di vincere piuttosto me stesso che la fortuna
14. La prima prescriveva di obbedire alle leggi e ai
costumi del mio paese, osservando con fermezza la
religione nella quale Dio mi aveva fatto la grazia di
essere stato educato fin dall’infanzia e conducendomi
in ogni altra occasione secondo le opinioni più
moderate e più lontane dagli eccessi, quelle che
comunemente seguivano le persone più assennate con
cui avrei dovuto vivere.
PRIMA
15. La mia seconda massima risiedeva nel rimanere
sempre risoluto e saldo quanto più potessi nelle mie
azioni e nel seguire anche le opinioni più dubbie, una
volta che avessi deciso di accettarle, con la stessa
costanza con cui seguivo quelle certe e sicure.
SECONDA
16. La mia terza massima era di cercare di vincere
sempre piuttosto me stesso che la fortuna e di
mutare i miei desideri piuttosto che l’ordine del
mondo e, in generale, di abituarmi a credere che
nulla sia interamente in nostro potere, se si
eccettuano i nostri pensieri, in modo che, quando
avremo fatto del nostro meglio riguardo alle cose
che non dipendono da noi, tutto ciò che non ci
riesce compiere possiamo ritenerlo del tutto
impossibile per le nostre forze.
TERZA
17. DAL DUBBIO AL COGITO
… A DIO
Che cosa rende un’idea evidente, cioè
chiara e distinta?
Per capire la radice dell’evidenza
dobbiamo sottoporre ad una sorta di
prova del fuoco tutte le nostre idee al
fine di trovare qualcosa che abbia
assoluta certezza. Questa prova è il
dubbio: dobbiamo provare a dubitare di
tutto per vedere se veramente si può
dubitare su tutto o se invece di qualcosa
non è assolutamente possibile dubitare.
18. Innanzitutto è più che noto che i sensi possono ingannare producendo
rappresentazioni di cose in realtà inesistenti (allucinazioni, abbagli,
errori, sogni, etc.).
Ma, anche nella peggiore delle ipotesi, non può esservi dubbio che per
dubitare devo pensare (dubito quindi penso) e che per pensare devo
esistere in quanto essere pensante (penso dunque sono: cogito ergo
sum).
Il PENSIERO (cogito) è ciò che rimane dopo aver dubitato di ogni cosa,
e dal pensiero io posso dedurre logicamente e senza incertezza la mia
esistenza come essere pensante.
Il Cogito è la prima verità indubitabile: su tutto posso ingannarmi,
eccetto che sul fatto di esistere, perché per essere ingannato devo
pensare, e se penso allora esisto.
19. Tra le idee innate ve n’è una che non posso aver prodotto. E’ l’idea di un
ente perfettissimo, senza difetti, onnipotente e onnisciente, cioè l’idea di
Dio. Non essendo io né onnipotente, né onnisciente, né perfettissimo, e
dunque non potendo io esserne la causa, da dove posso aver tratto
questa idea?
“Così rimaneva solo che fosse stata posta in me da una natura veramente
più perfetta di quella che io fossi, anzi avente in sé tutte le perfezioni di cui
potevo avere qualche idea, cioè, per dirla in una parola, che fosse Dio”
Questo ente perfettissimo, origine di ogni cosa, deve esistere, infatti
a)se io fossi causa di me stesso, mi sarei dato tutte le perfezioni delle quali
c’è in me un’idea, ma tali perfezioni non possiedo;
b)se viceversa, fossi causato da una causa meno perfetta di Dio, non si
spiegherebbe la presenza in me di quelle stesse perfezioni.
20. LA FISICA DI CARTESIO
Il mondo e l’uomo
Estensione, divisibilità,
movimento sono i
princìpi che spiegano
tutti i fenomeni fisici e
le loro leggi razionali
basate sulla nozione di
causa-effetto
Così Cartesio vede
l’universo come un
enorme meccanismo,
una macchina che
funziona perché è
governata da
leggi matematiche e
razionali
(meccanicismo).
Anche le funzioni vitali
umane si spiegano in
base alle medesime
leggi fisico-
meccaniche.
Ciò pone Cartesio in
contrasto con la
tradizione aristotelica,
secondo la quale
un’anima (vegetativa
e sensitiva) presiede
alle funzioni dei corpi
viventi.
Cartesio riconosce a W.
Harvey la scoperta
della circolazione del
sangue.
21. IN ULTIMO …GLI APPELLI
Appello alle autorità ecclesiastiche
perché non ostacolino la filosofia di
Cartesio.
Appello ai seguaci perché eseguano
esperimenti che completino il sistema.
Appello ai posteri perché non credano
ad eventuali travisamenti del pensiero di
Cartesio.
Appello al lettore affinchè valuti con la
sola ragione il pensiero cartesiano.