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                                             Nicola C. Salerno (CeRM | www.cermlab.it | Roma) *




              Il quadrittico, che qui di seguito si propone, permette una visualizzazione delle principali differenze tra
              la versione del 2007 e la versione del Dicembre 2011 delle proiezioni demografiche Istat.

              Sono presi a riferimento l’anno 2011 (che è anche l’anno base delle nuove proiezioni) e l’anno 2030.

              Le proiezioni Istat si spingono sino al 2065, ma qui si considera una scadenza intermedia, il 2030, per
              sottolineare la concretezza degli effetti sottesi alle dinamiche demografiche.
	
  




                                                                                                                            	
  
       	
  




                                                                            	
                                              	
  
	
  
              Dal confronto emergono almeno cinque fatti salienti:

                   (1) Con riferimento al 2011, le differenze appaiono tutto sommato contenute, anche se,
                       considerati i soli cinque anni che intercorrono tra le due proiezioni, esse son sufficienti a
                       “mettere in guardia” sulla velocità con cui si modificano fenomeni, come quelli demografici,
                       spesso considerati facilmente prevedibili;
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      (2) Aumenta la numerosità delle fasce di età attiva, soprattutto tra i 20 e i 50 anni. Questo
          cambiamento, già coglibile nel 2011, si rinforza nel tempo, e nel 2030 ci saranno oltre 1
          milione e 75 mila cittadini residenti in più con età compresa tra i 20 e i 64 anni;

      (3) C’è un relativo ridimensionamento delle code della distribuzione demografica. Anche questo
          cambiamento, già visibile nel 2011, diviene più evidente mano mano che si procede nel
          tempo. In particolare, nel 2030 ci saranno oltre 32 mila ultra novantenni in meno, e quasi 3
          mila e 500 bambini sotto i 4 anni in meno;

      (4) Aumenta, ma in proporzione significativamente minore rispetto al punto (2), la numerosità
          delle fasce di età tra i 65 e i 90 anni. Questo cambiamento, poco coglibile nel 2011 quando
          si compensano l’aumento nelle coorti tra i 65 e gli 80 anni e la riduzione in quelle dopo gli
          80, diviene evidente nel corso del tempo. Al 2030, nella fascia di età tra i 65 e i 90 ci
          saranno oltre 172 mila residenti in più rispetto alle precedenti proiezioni.

I cambiamenti sintetizzati nei cinque punti si realizzano in uno scenario che, nonostante il relativo
“sgonfiamento” della coda destra della distribuzione, rimarrà di rapido invecchiamento. Nel passaggio
dalle proiezioni 2007 e quelle 2011, l’età modale resta invariata, e corrisponde alla fascia di età 40-44
nel 2011, e alla fascia 55-59 nel 2030. In vent’anni uno shift di circa quindici anni.

Il confronto più interessante, però, è quello sull’età media. Nelle proiezioni del 2007, essa passava da
43 anni nel 2011 a 46,5 anni nel 2030. Nelle nuove proiezioni, essa passa da 43,5 anni nel 2011 a 47
anni nel 2030. Considerato lo shift dell’anno base (mezzo anno in più nel 2011), rispetto a quanto
prevedibile nel 2007 l’età media si trova ad aumentare di ben 4 anni in poco più di vent’anni. Una
tendenza netta e rapida che esprime bene la consistenza del processo di invecchiamento del nostro
Paese.

In conclusione, sono tanti gli spunti per demografi, economisti, sociologi, politologi:
      - dal perché le due code della distribuzione si siano ridimensionate (collegamenti con la crisi
         economica ormai aperta dal 2008-2009?);
      - ai problemi di sostenibilità del welfare system di fronte all’invecchiamento;
      - alla constatazione dei margini di errore che le proiezioni demografiche possono contenere
         anche a breve termine (soprattutto quando le dinamiche della popolazione interagiscono con
         cambiamenti “epocali” nelle economie e nelle Istituzioni);
      - alle conseguenze, in prospettiva di political economy, sui meccanismi elettorali e le
         espressioni di voto;
      - alla urgenza di favorire l’occupabilità di quei più numerosi cittadini residenti in età attiva che
         nei prossimi vent’anni ci saranno, rispetto a quanto si prevedeva nel 2007 (tema di estrema
         attualità, al centro del dibattito sul “contratto unico” di lavoro e sulla riforma del welfare e
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Direttore Area “Finanza Pubblica e Regolazione” presso CeRM – Competitività, Regole, Mercati (www.cermlab.it, Roma)

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“COLPO D’OCCHIO” SULLE NUOVE PROIEZIONI DEMOGRAFICHE ISTAT

  • 1. :::  Pillola  per  Neodemos  :::     “COLPO D’OCCHIO” SULLE NUOVE PROIEZIONI DEMOGRAFICHE ISTAT Nicola C. Salerno (CeRM | www.cermlab.it | Roma) * Il quadrittico, che qui di seguito si propone, permette una visualizzazione delle principali differenze tra la versione del 2007 e la versione del Dicembre 2011 delle proiezioni demografiche Istat. Sono presi a riferimento l’anno 2011 (che è anche l’anno base delle nuove proiezioni) e l’anno 2030. Le proiezioni Istat si spingono sino al 2065, ma qui si considera una scadenza intermedia, il 2030, per sottolineare la concretezza degli effetti sottesi alle dinamiche demografiche.             Dal confronto emergono almeno cinque fatti salienti: (1) Con riferimento al 2011, le differenze appaiono tutto sommato contenute, anche se, considerati i soli cinque anni che intercorrono tra le due proiezioni, esse son sufficienti a “mettere in guardia” sulla velocità con cui si modificano fenomeni, come quelli demografici, spesso considerati facilmente prevedibili;
  • 2. :::  Pillola  per  Neodemos  :::     (2) Aumenta la numerosità delle fasce di età attiva, soprattutto tra i 20 e i 50 anni. Questo cambiamento, già coglibile nel 2011, si rinforza nel tempo, e nel 2030 ci saranno oltre 1 milione e 75 mila cittadini residenti in più con età compresa tra i 20 e i 64 anni; (3) C’è un relativo ridimensionamento delle code della distribuzione demografica. Anche questo cambiamento, già visibile nel 2011, diviene più evidente mano mano che si procede nel tempo. In particolare, nel 2030 ci saranno oltre 32 mila ultra novantenni in meno, e quasi 3 mila e 500 bambini sotto i 4 anni in meno; (4) Aumenta, ma in proporzione significativamente minore rispetto al punto (2), la numerosità delle fasce di età tra i 65 e i 90 anni. Questo cambiamento, poco coglibile nel 2011 quando si compensano l’aumento nelle coorti tra i 65 e gli 80 anni e la riduzione in quelle dopo gli 80, diviene evidente nel corso del tempo. Al 2030, nella fascia di età tra i 65 e i 90 ci saranno oltre 172 mila residenti in più rispetto alle precedenti proiezioni. I cambiamenti sintetizzati nei cinque punti si realizzano in uno scenario che, nonostante il relativo “sgonfiamento” della coda destra della distribuzione, rimarrà di rapido invecchiamento. Nel passaggio dalle proiezioni 2007 e quelle 2011, l’età modale resta invariata, e corrisponde alla fascia di età 40-44 nel 2011, e alla fascia 55-59 nel 2030. In vent’anni uno shift di circa quindici anni. Il confronto più interessante, però, è quello sull’età media. Nelle proiezioni del 2007, essa passava da 43 anni nel 2011 a 46,5 anni nel 2030. Nelle nuove proiezioni, essa passa da 43,5 anni nel 2011 a 47 anni nel 2030. Considerato lo shift dell’anno base (mezzo anno in più nel 2011), rispetto a quanto prevedibile nel 2007 l’età media si trova ad aumentare di ben 4 anni in poco più di vent’anni. Una tendenza netta e rapida che esprime bene la consistenza del processo di invecchiamento del nostro Paese. In conclusione, sono tanti gli spunti per demografi, economisti, sociologi, politologi: - dal perché le due code della distribuzione si siano ridimensionate (collegamenti con la crisi economica ormai aperta dal 2008-2009?); - ai problemi di sostenibilità del welfare system di fronte all’invecchiamento; - alla constatazione dei margini di errore che le proiezioni demografiche possono contenere anche a breve termine (soprattutto quando le dinamiche della popolazione interagiscono con cambiamenti “epocali” nelle economie e nelle Istituzioni); - alle conseguenze, in prospettiva di political economy, sui meccanismi elettorali e le espressioni di voto; - alla urgenza di favorire l’occupabilità di quei più numerosi cittadini residenti in età attiva che nei prossimi vent’anni ci saranno, rispetto a quanto si prevedeva nel 2007 (tema di estrema attualità, al centro del dibattito sul “contratto unico” di lavoro e sulla riforma del welfare e degli ammortizzatori sociali) … --- Direttore Area “Finanza Pubblica e Regolazione” presso CeRM – Competitività, Regole, Mercati (www.cermlab.it, Roma)