2. La città ideale – 1480/1490
La città ideale è ancora questa…?
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3. FASE 1
La città ideale è una città intelligente!
Smart cities – città intelligenti – o meglio smart communities non significa città, paesi o
comunità che usano la tecnologia ma città che pensano, creano, organizzano in modo
innovativo, mettendo al centro le persone.
Ma non è un punto di arrivo: è un percorso!
Il cittadino
Da consumatore passivo... a prosumer attivo.
PROfessional/PROducer + conSUMER
=
PROSUMER
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4. FASE 2
La città ideale è una città che promuove collaborazione e condivisione!
Open Data
PA che non solo mette a disposizione i dati (open data, dati aperti e accessibili) – il cui
accesso è stabilito dalla legge - ma li rielabora, li rende fruibili per vivere meglio negli spazi
urbani. La novità per la PA è che “occorre gestire informazioni piuttosto che luoghi”.
Connessione
Una città che crea rete cittadine, che supporta le aziende e gli esercizi pubblici a
condividere la propria connettività, per essere sempre connessi e accedere ai servizi
istituzionali, funzionalità e a documenti di lavoro grazie alla tecnologia cloud.
Vince chi condivide, non chi protegge!
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5. FOCUS ON
Open data e civic hacker
Il civic hacking è un insieme di pratiche che utilizzano elementi e dati diversamente da
come ipotizzati da chi li mette a disposizione, in modo che siano più fruibili.
In che modo gli Open Data potrebbero essere utilizzati nelle nostre città e comunità?
• dai cittadini per realizzare nuovi servizi per migliorare la qualità della loro vita sul
territorio
• dalle imprese per sviluppare business nuovi ed esistenti
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6. FASE 3
La città ideale è una città che innova!
Città come luogo di innovazione: da una parte c’è la città che produce, dall’altra la città che
pensa, crea, offre servizi. Non dobbiamo solo spingere da una parte o dall’altra ma
supportare tutti i settori in questa recessione.
Nelle zone industriali e artigianali si fa…ma dobbiamo creare anche dei luoghi dove si pensa!
Creare dei luoghi di innovazione: nuovi modi di lavorare e di generare processi di
condivisione del sapere.
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7. Ma che c’entra l’urbanistica con la città ideale?
C’entra!
Nel pensare e ripensare le nostre città dobbiamo mettere al centro l’UOMO (come nel
Rinascimento) e la sua creatività, offrire spazi di confronto e di relazione come agorà.
Offrire centri storici interessanti e accoglienti, con negozi e servizi, valorizzando le attività
tradizionali e non, creando dei luoghi di incontro e di scambio.
Possibile che oggi siano i centri commerciali ad attrarre di più???
Vogliamo centri culturali, biblioteche, piazze, musei, giardini!
Dobbiamo ripensare le città come volano per lo sviluppo: a livello di innovazione sociale
e a livello di economia.
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8. Una città ideale anche per le donne
Applicare un’ottica di genere all’ambiente urbano significa chiedersi se le città sono
progettate per donne e uomini di ogni età, reddito e razza o non invece per rispondere ai
bisogni di pochi.
“Di solito gli ingegneri sono uomini e ragionano con le scarpe da uomo. Nella
pianificazione della città, se si vuole che la renda confortevole per tutti, si deve pensare
che le donne non hanno sempre delle scarpe senza tacco. Se per una donna la copertura
delle strade è confortevole, ciò vuole anche dire che una persona handicappata può
circolare senza sbalzi di livello stradale e quindi senza difficoltà. La situazione femminile mi
interessa in questo senso, nella varietà delle situazioni esistenti per le donne.”
Catherine Trautmann, ex-sindaco di Strasburgo
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