Il prototipo messo a punto rispetto al bene culturale San Pietro Barisano ha consistito in una rappresentazione delle stratificazioni che il tempo ha modellato su una precisa emergenza artistica, tenendo conto del reticolo cittadino confluito nelle funzioni del luogo di culto. Oltre alla cultura nel senso artistico ed estetico, si mette al centro l’umano e l’inattuale, ovvero l’interrogativo sul come l’oggetto è stato vissuto e con che sembianze si è impresso nella mente delle persone che lo hanno frequentato, che lo hanno assunto come simbolo e centro della propria quotidianità, dei ricordi e dei racconti, o che potrebbero farlo. Ci siamo chiesti in che senso il luogo rappresenta una risorsa per le persone, partendo dal presupposto che le cose non hanno un senso solo per sé ma per noi.
1. La dramma perdutadalla mappa di comunità
alla riscoperta di San Pietro Barisano
come progettare, sviluppare
e far crescere l’innovazione sociale
A cura di
Michele Cignarale - progettista culturale
Giusi Giovinazzo - filosofa delle organizzazioni
Cosa è l’innovazione?
Guardareilmondo
daun’altraprospettiva!
L’innovazionesifaovunquecisia
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Intelligenza collettiva
Capire insieme
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Ridefinire gli spazi della com
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creando responsabilità verso i margini,
verso le persone, generando
un prototipo app
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Le nuove frontiere
di indagine
delle relazioni sociali
attraverso l’uso
dell’etnografia digitale
La Mappa di Comunità2.0
Spazio
Chiesa di san Pietro Barisano
e reticolo urbano collegato
Persone
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40-5
5
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descrivi
le persone,
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14-25
elabora - disegna i tratti
essenziali delle scene descritte
e associa a ogni riquadro una
parola chiave che spieghi cosa
vede-prova
chi parla
RACCO
NTO IN ARMON
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ZIONE
• aria di erba fresca, di sugo, della pasta per il pane che cresceva
, fave
lesse; (odore del Natale)
• acqua stagnant
e tra i vicoli, infiltrata
nelle pareti della Chiesa;
• erra dei contadin
i che tornano
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• fuoco nelle case;
• ombra nei vicoli
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DI
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il monumento non inteso
come un tempio
ma come un cantiere in cui
conoscere e riconoscersi
E mentre vai a recuperare un pezzetto di cuore...mentre prendi un aereo direzione vs la città
che ti ha aiutata un po' a crescere...sul cel prendi quei racconti. Li leggi, li assapori. Immagini
quei tre Over 65. Volevi essere loro, o meglio...volevi aver vissuto quel tempo in cui si viveva nei
Sassi. Hai sempre desiderato quello che stai leggendo. E ti emozioni. Soprattutto perché a quel
tempo si poteva essere come veramente si era. La nuda pietra, la nuda roccia, quella
calcarenite...ti rendeva povero, povero di spirito...e quindi ricco di essere ciò che realmente eri.
Ciò che realmente eri chiamato ad essere: Condivisione!!!
E quello slargo davanti la Chiesa del Barisano...quella porta aperta, lo ricordava!!!
Stai atterrando dal volo. L'ora e 5 minuti sono volati. E sulle note di quella canzone che
un'amica poco prima ti invitava ad ascoltare...hai un'intuizione. Capisci che nonostante non hai
vissuto nei Sassi...sei parte di quella storia. Quell'unica storia.
#unafuorisede #nonpiùfuorisede
memoria
esperienza
Futuro
2. Vogliamo condividere l’approccio ed i
passaggi giusti per la costruzione di
un progetto modulare, integrato, di
mappatura del territorio, attraverso
l’utilizzo delle strategie della collaborazione
radicale che mettano al centro l’uomo.
Guidiamo le organizzazioni complesse per
trasformare i punti in coordinate, direzioni
e proiezioni, diversificando le fonti e
ottimizzando la qualità dei dati con la geo-
referenzialità.
Condividiamo la definizione di Open
Data più come processo culturale di
approccio che come dettaglio tecnico
di collezionamento delle informazioni.
Descriviamo un insieme di politiche e
pratiche utili per definire la base per un
web collaborativo, per la determinazione di
servizi e applicazioni consentiti dagli open
data: in pratica una risposta ai cambiamenti
della tecnologia e della società.
Parole chiave
human, argoretica, tecnologia, open data
Soundtrack
Sono umano - The Zen Circus
hu
man
lab
3. L’analisi delle reti sociali si differenzia dalla
ricerca sociale mainstream per l’attenzione
posta sull’influenza della relazione umana
sul comportamento collettivo.
L’approccio della SNA è basato sul concetto
intuitivo che il pattern dei legami sociali
nei quali gli attori sono inseriti abbia
per questi conseguenze determinanti. Il
tentativo è scoprire schemi riconducibili
a strutture relazionali, di determinare
le condizioni di origine e di rilevarne le
conseguenze per l’azione.
Oggi la maggior parte degli strumenti
utilizzati per realizzare la SNA non
ha un’anima, ma si basa sul lavoro di
software che analizzano utilizzando delle
semplificazioni alle volte grossolane. La
nostra Human Social Network Analysis
si basa sul lavoro delle macchine, ma
anche sull’imprescindibile apporto di
antropologi e sociologi che danno un
taglio più realistico nella comprensione ed
interpretazione delle reti sociali.
Parole chiave
pattern, social network, human
Soundtrack
Space cowboy - Jamiroquay
hu
man
lab
5. INTRODUZIONE
La mappa di comunità è uno strumento con cui gli abitanti di un
determinato luogo hanno la possibilità di rappresentare il patri-
monio, il paesaggio, i saperi in cui si riconoscono e che desidera-
no trasmettere alle nuove generazioni. Evidenzia il modo con cui
la comunità locale vede, percepisce, attribuisce valore al proprio
territorio, alle sue memorie, alle sue trasformazioni, alla sua
realtà attuale e a come vorrebbe che fosse in futuro. Consiste in
una rappresentazione cartografica o in un qualsiasi altro pro-
dotto od elaborato in cui la comunità si può identificare. Viene
in tal modo esplicitato un concetto “nuovo” di territorio, che non
è solo il luogo in cui si vive e si lavora, ma che pure conserva la
storia degli uomini che lo hanno abitato e trasformato in passa-
to, i segni che lo hanno caratterizzato. Vi è la consapevolezza che
il territorio, qualunque esso sia, contenga un patrimonio diffuso,
ricco di dettagli e soprattutto di una fittissima rete di rapporti e
interrelazioni tra i tanti elementi che lo contraddistinguono. La
mappa è un processo culturale, introdotto in Inghilterra all’inizio
degli anni Ottanta e poi ampiamente sperimentato, tramite il
quale una comunità disegna i contorni del proprio patrimonio;
è più di un semplice inventario di beni materiali o immateria-
li, in quanto include un insieme di relazioni invisibili fra questi
elementi. Deve essere costruita col concorso dei residenti e far
emergere tali relazioni. Non si riduce quindi ad una “fotografia”
del territorio ma comprende anche il “processo con cui lo si
fotografa”.
Predisporre una mappa di comunità significa avviare un percor-
so finalizzato ad ottenere un “archivio” permanente, e sempre
aggiornabile, delle persone e dei luoghi di un territorio. Eviterà
la perdita delle conoscenze puntuali dei luoghi, quelle che sono
espressione di saggezze sedimentate raggiunte con il contributo
di generazioni e generazioni. Un luogo include memorie, spesso
collettive, azioni e relazioni, valori e fatti numerosi e complessi
che a volte sono più vicini alla gente che non alla geografia, ai
sentimenti che non all’estensione territoriale.
6. Scenario di processo
All’interno della ridefinizione del patrimonio artistico e culturale
legato al culto religioso nelle aree urbane, abbiamo elaborato
un particolare tipo di mappa di comunità che, attraverso proces-
si codificati, ha come obiettivo la costruzione di un ecomuseo. Il
termine ecomuseo indica un territorio caratterizzato da ambien-
ti di vita tradizionali, patrimonio naturalistico e storico-artistico
particolarmente rilevanti e degni di tutela, restauro e valoriz-
zazione. Nella società post-industriale si rivolge lo sguardo alla
cultura e alla sua funzione nel territorio che viene messa sullo
stesso piano della ricerca scientifica ed ha acquisito interessanti
risvolti economici. Il patrimonio storico, culturale ed ambien-
tale è diventato oggetto di interesse pubblico in cui la società
può conoscere il territorio che la circonda. Un ecomuseo non
è circondato da mura o limitato in altro modo, ma si propone
come un’opportunità di scoprire e promuovere una zona di
particolare interesse per mezzo di percorsi predisposti , di atti-
vità didattiche e di ricerca che si avvalgono del coinvolgimento
in prima persona della popolazione , delle associazioni e delle
istituzioni culturali. Inoltre si può dichiarare che il museo diffu-
so appartiene alla comunità, che è essa l’ecomuseo. Quello che
vogliamo generare è un processo proattivo di riappropriazione
del patrimonio da parte della comunità. Nel caso di specie, ed
in particolare con riferimento alla stratificazione storico cultu-
rale che vede come epicentro la chiesa di San Pietro Barisano
a Matera, l’ecomuseo interviene nel territorio della comunità,
nella sua trasformazione ed identità storica, proponendo “come
oggetti del museo” non solo gli oggetti della vita quotidiana ma
anche i paesaggi, l’architettura, il saper fare, le testimonianze
orali della tradizione, ecc. La portata innovativa del concetto ne
ha inevitabilmente determinato la conoscenza ben oltre l’ambito
propriamente museale. L’ecomuseo della chiesa di San Pietro
Barisano, nel cuore del Patrimonio Unesco rappresentato dai
Sassi di Matera, contempla attività di promozione, didattiche
e di ricerca grazie al coinvolgimento diretto della popolazione
e delle istituzioni locali. Con l’attivazione di questo processo e
l’applicazione del nostro metodo di progettazione culturale non
sottrarremo beni culturali ai luoghi dove sono stati creati, ma
si proporranno nuovi strumenti di riappropriazione del proprio
patrimonio culturale da parte della collettività.
7. Fasi del progetto
Le fasi progettuali sono aderenti al metodo di interpretazio-
ne approvato con la “Carta di Milano” a cui c.lab ha aderito. Il
progetto pilota che proponiamo rappresenta il primo interven-
to propedeutico all’istituzione dell’Ecomuseo dei Sassi e della
chiesa di San Pietro Barisano. La sua titolarità sarà assunta dalla
Curia Arcivescovile della Diocesi di Matera-Irsina. Il lavoro ser-
virà per avvicinare la comunità locale ai primi contenuti dell’eco-
museo e si articolerà secondo le tre fasi di:
1. Studio e ricerca;
2. Partecipazione e promozione;
3. Cooperazione e scambi.
La complessità e la novità degli argomenti da affrontare richie-
dono che l’intero procedimento sia progettato e coordinato da
professionisti che abbiano già maturato un’esperienza nei setto-
ri ecomuseale, della sostenibilità e del paesaggio.
8. 1.Fase Studio e Ricerca Obiettivo operativo
conoscere e rappresentare il territorio che formerà il primo nu-
cleo dell’ecomuseo coinvolgendo la comunità.
Stadi di lavoro:
1. Individuazione del territorio dell’ecomuseo
a. Individuazione del territorio dell’ecomuseo secondo criteri
di omogeneità paesaggistica, ambientale e culturale. E’ la fase
propedeutica alla realizzazione dell’Ecomuseo del Paesaggio,
dedicata alla raccolta di informazioni e dati, ed alla loro lettura e
interpretazione, al fine di proporre e argomentare l’individuazio-
ne del territorio e delle sue componenti secondo criteri/indica-
tori di omogeneità paesaggistica, ambientale, culturale, storica,
ecc.
b. Rappresentazione cartografica del territorio dell’ecomuseo:
- definizione degli indicatori che contribuiscono alla determina-
zione dell’identità del paesaggio, con strumenti derivati da anali-
si visive, presenza e ricorrenza di elementi significativi, ecologia
del paesaggio, morfologia, idrografia e geologia, genesi e tipolo-
gie insediative, notizie storiche, etnografiche,……
- selezione dei parametri relativi a: paesaggio e usi del suolo
(agro-silvo-pastorale, edificato, infrastrutture, ecc.), tipologie di
paesaggio, unità paesaggistiche a grande e a piccola scala, ele-
menti del paesaggio, tecniche di impianto colturale tradizionali,
tipologie insediative, tipologie edilizie, ecc., ambiente e natura,
geo-morfologia, idrologia, vegetazione, fauna, emergenze, ecc.¸
identità, storia, archeologia, etnografia, cultura materiale, ecc.¸
caratteristiche demografiche, socio-economiche, risorse, pun-
ti di debolezza, potenzialità, ecc.¸ risorse ecomuseali esistenti
(progetti, iniziative, realizzazioni, studi/ricerche, istituti culturali,
associazioni, personaggi, archivi, siti, percorsi, musei locali, atti-
vità, ecc.) con relativi punti di forza e problematiche presenti.
- definizione di criteri e strumenti per la raccolta e l’inventa-
riazione degli elementi (schedatura, metodi di ricognizione sul
terreno, analisi cartografica, rilettura critica di studi e docu-
mentazione esistenti, ricerche d’archivio, interviste, questionari,
colloqui, incontri)
- prima della effettiva applicazione, realizzazione di alcuni test
insieme agli addetti, per il rodaggio del metodo di raccolta e in-
ventariazione e per le opportune correzioni, su un primo nucleo
di zone rappresentative del territorio prescelto
- inizio della raccolta e inventariazione degli elementi in una
prima area significativa del territorio, per individuare e definire
l’identità principale del paesaggio; allargamento e applicazione
della raccolta al territorio per tracciare e rappresentare un pri-
mo perimetro e avviare in modo visibile e partecipato il progetto
dell’ecomuseo
c. Rappresentazione cartografica - verrà infine elaborata una
9. rappresentazione
cartografica dell’individuazione proposta contenente i principali
elementi distintivi dell’identità del paesaggio dell’Ecomuseo.
Elaborati: cartografia contenente la prima individuazione del
territorio dell’ecomuseo; modelli per le schede di rilevazione
inventari dei dati raccolti; relazione di sintesi.
2.Realizzazione di un Atlante del patrimonio della comunità
a. L’individuazione e conoscenza del patrimonio complessivo
- materiale e immateriale - dell’Ecomuseo implica la costruzio-
ne della struttura generale di un Atlante del patrimonio della
comunità, inteso come specchio di conoscenza del territorio e
della sua identità, costruito dalla comunità in primo luogo per la
comunità stessa, e strumento partecipato per gli orientamenti
futuri.
Compito del progetto pilota è l’ideazione: - della struttura
dell’Atlante - dei metodi di ricerca, inventario e catalogazione
dei dati - di modelli per la rappresentazione degli elementi del
patrimonio - di individuazione dei grandi temi dell’ecomuseo - di
esperienze pilota per la partecipazione della comunità alla co-
struzione delle mappe dell’Atlante. I suoi contenuti verranno per
lo più implementati in tempi successivi al progetto pilota, con un
ampio lavoro di partecipazione e di coinvolgimento del sapere e
della memoria della comunità, alla quale, fra l’altro, si chiederà
di rispondere a domande quali:
“Cosa rende speciale e diverso dagli altri questo luogo? Quali sono
le cose che hanno maggiore significato per noi? Cosa è importante
di questo paesaggio? Che cosa mi mancherebbe se non ci fosse più?
Cosa vogliamo farne di questo patrimonio? Cosa e come vogliamo
preservare? O migliorare? O trasformare?”
Gli stadi di lavoro compresi nel progetto pilota sono: - progetto
della struttura dell’Atlante, linee guida, obiettivi, metodi per la
compilazione - definizione delle mappe da redigere nel corso
del progetto pilota - verifica di metodi ecomuseali di mappa-
tura già collaudati in Italia e all’estero (mappe culturali, mappe
di comunità, landmap, parish maps, ……) e costruzione di un me-
todo ad hoc, calibrato sui tempi e le risorse (finanziarie, umane,
tecniche, strumentali) disponibili - prime applicazioni per: - la
ricognizione, l’inventario e la catalogazione (costruzione di un
database correlato) - il censimento e la schedatura del patrimo-
nio culturale dell’area e della sua organizzazione e gestione (siti,
percorsi, manufatti, musei, istituzioni culturali, associazioni, per-
sonaggi, studi, ecc.) - l’individuazione dei temi principali connessi
all’identità del paesaggio locale, inteso come patrimonio della
comunità, su cui verrà impostato il successivo lavoro di raccolta
e implementazione dati nell’Atlante.
Elaborati: progetto dell’Atlante del patrimonio della comunità,
metodo di mappatura, metodi per la facilitazione della parte-
10. cipazione alla costruzione delle mappe, schede di rilevazione,
metodi per la catalogazione, impostazione del database, prima
schedatura del patrimonio culturale, prima stesura delle mappe
individuate, relazione sintetica.
3.Fase Partecipazione e Promozione
Obiettivo operativo: approfondire la conoscenza dei saperi
connessi con la costruzione e la manutenzione del paesaggio
studiando metodi di trasmissione e coinvolgendo la comunità.
Stadi di lavoro:
a. Censimento dei saperi
b. Studio e sperimentazione di percorsi formativi.
Descrizione degli stadi di lavoro:
a. Censimento dei saperi: - organizzazione di un primo censi-
mento dei saperi tramandati, collegati alla costruzione e alla
manutenzione del paesaggio (riguardanti le tecniche di costru-
zione dell’edilizia rurale 20 e del paesaggio agrario e forestale, le
sistemazioni idrauliche, gli impianti colturali tradizionali, le an-
tiche specie arboree, i manufatti a destinazione speciale come
molini, fornaci, le principali filiere di coltivazione e produzione
connesse al paesaggio, ecc.) - raccolta informazioni orali e video
documentate, descrizioni metodi e procedure, selezione di alcu-
ni saperi per la fase successiva al progetto pilota - applicazione
dei metodi della partecipazione alle operazioni di censimento
dei saperi, e al programma di allargamento progressivo della
base partecipativa.
Elaborati: modelli per le schede di rilevazione e per le interviste;
elenco e descrizione dei saperi individuati; interviste e altra do-
cumentazione; diagramma relazionale, mappa delle emozioni,
relazione sintetica.
b. Studio e sperimentazione di percorsi formativi: - studio della
metodologia per il recupero dei saperi tramandati e per la tra-
smissione e l’applicazione del patrimonio di conoscenze ad essi
collegate - studio e confronto dei percorsi formativi corrispon-
denti, assieme all’ecomuseo con il quale si prevede di svolgere il
rapporto di cooperazione interterritoriale, che prevederà anche
la possibilità di scambio di moduli di docenza - organizzazione
di un workshop di formazione pilota su un sapere recuperato e
particolarmente significativo per la manutenzione del paesag-
gio, applicato ad un manufatto esemplificativo - elaborazione di
un modello didattico per la trasmissione di saperi da effettuarsi
eventualmente in una fase successiva al progetto pilota - moni-
toraggio e documentazione videofotografica. Elaborati: relazio-
ne e schede sulle metodologie proposte; progetto del workshop
di formazione; documentazione videofotografica sul corso svol-
to; programma per l’effettuazione di un corso formativo succes-
sivo; relazione sintetica sui risultati raggiunti
11. 4.Fase Cooperazione e scambi.
Obiettivo operativo: confronto, valutazione e sintesi dei risultati,
verifica e formulazione delle proposte per la prosecuzione del
progetto. Stadi di lavoro:
a. Evento di condivisione
b. Sintesi dei risultati e delle proposte.
12. PROCESSO E PROTOTIPO
Le azioni,i tempi e i gruppi di coinvolgimento.Relazioni
umane,rilevazione del bisogno: qualità e funzioni del luogo.
Il prototipo messo a punto rispetto al bene culturale San Pietro
Barisano ha consistito in una rappresentazione delle stratifi-
cazioni che il tempo ha modellato su una precisa emergenza
artistica, tenendo conto del reticolo cittadino confluito nelle fun-
zioni del luogo di culto. Oltre alla cultura nel senso artistico ed
estetico, si mette al centro l’umano e l’inattuale, ovvero l’inter-
rogativo sul come l’oggetto è stato vissuto e con che sembianze
si è impresso nella mente delle persone che lo hanno frequen-
tato, che lo hanno assunto come simbolo e centro della propria
quotidianità, dei ricordi e dei racconti, o che potrebbero farlo. Ci
siamo chiesti in che senso il luogo rappresenta una risorsa
per le persone, partendo dal presupposto che le cose non
hanno un senso solo per sé ma per noi.
Tale operazione di valorizzazione ha previsto un processo tripar-
tito in tre fasi:
1. Astrazione e esplorazione
2. Ideazione e immersione
3. Visualizzazione e sintesi
La ricezione dell’obiettivo dell’intervento, ovvero recuperare la
memoria di San Pietro Barisano, si è sviluppato nell’interlocu-
zione con i connettori sociali con cui sono stati condivisi metodo
di coinvolgimento e obiettivi specifici. Organizzate le linee guida
della ricerca e la suddivisione di timeline e compiti, abbiamo
provato a osservare la struttura in maniera complessiva, po-
sizionandoci nella piazza dell’ingresso: San Pietro Barisano ci
è sembrato tripartito. Come fosse composto da una trilogia di
blocchi connessi ma diversi: la facciata della Chiesa, le scale, il
campanile. Tre punti che diventano nell’impostazione del pro-
cesso, rispettivamente, tre livelli di coinvolgimento e tre azioni,
ognuno con obiettivi propri e domande specifiche:
I. “quali significati tratteniamo del tempo?”
II. “come un’opera rivela l’umano?”
III. “perché raccogliere la storia di un luogo?”
13. Tempi e attività
Il processo è stato organizzato nei seguenti segmenti operativi.
I.Attività 1 : 21-27 Novembre
Over 65: DIARIO - ricordi
Domanda da fare alla persona intervistata: “ripercorri con la
mente la strada da casa per
raggiungere la Chiesa e descrivi le persone, i punti, i gesti, i pro-
fumi, i vicinati della città che incroci”
Come: registrazione audio o video; testo
II.Attività 2: 28 -29 Novembre
40-55: INTERVISTE - racconti
Richiesta da fare: “ Ascolta il racconto di questo anziano. Adesso
cerca di fare un confronto con la funzione che ha oggi questo
spazio religioso nella tua comunità. Quali sono le differenze?
Quali sono le affinità?”
Come: cartaceo
III.Attività 3: 2-3 dicembre
14-30: SCHIZZO E EMOZIONE
Attività da far svolgere ai ragazzi : rappresenta attraverso un
disegno, una parola, un
post instagram, una instagram story, un post facebook le emo-
zioni che ti suscitano le
scene descritte nei racconti letti e ascoltati. Associa anche delle
parole chiave o hashtag che
spieghino meglio le sensazioni.
Come : carta o digitale (social , programmi di disegno, ...)
I tre livelli rappresentano le seguenti categorie:
a. MEMORIA
b. ESPERIENZA
c. FUTURO
La mappa di comunità è questo processo intersoggettivo che
abbiamo immaginato nel caso di San Pietro Barisano come un
caleidoscopio a tre specchi, una composizione di frammenti
e sfumature da cui osservare ciò che ci circonda, partendo da
14. tre filtri, tre blocchi di età e emozioni coinvolti. La restituzione
prevede l’individuazione degli elementi specifici, delle proprietà
e dei temi del luogo mappato.
I RICORDI
Quando si è ragazzi anche se il percorso è accidentato non si
è impediti, si è agili e si cammina in fretta. Anche su dislivelli
e su “chiancaredde” sconnesse. Mi ricordo che si scappava
rincorrendosi da una scala all’altra e si faceva a gara a chi
arrivava prima allo slargo della Chiesa. D’estate era più bel-
lo, il sole la mattina batteva sulla facciata della chiesa e le
donne tenevano le porte di casa aperte entrando e uscendo
di continuo. Ci dicevano di stare attenti a non cadere ma si
tenevano sempre le ginocchia tutte piene di sbucciature per le
cadute e mica ci preoccupavamo. Agli angoli delle strade, dove
il sole non arrivava e dove stavano gli scoli dell’acqua c’erano
sempre ciuffi di erba fresca: si manteneva così per l’umidita
e verso maggio/giugno c’era “l’erva vint” ossia la parietaria
dappertutto che per chi era allergico toglieva l’aria dai polmo-
ni. La chiesa era sempre aperta, si entrava e si usciva come
si voleva. Dentro c’era ombra e quando il caldo era forte si
stava freschi. L’odore nell’aria era di un misto di umido e vino
15. e d’estate anche di “cialledda”. (Emanuele)
All’Immacolata tra i vicoli stretti che quasi si toccavano, tra
scalette ripide da una parte e piccoli strapiombi dall’altra si
arrivava alla Chiesa. L’aria era fredda e ti affilava la faccia
scendendo dalla gravina. C’era l’odore del Natale. Si comin-
ciava con la ciambella (cu ficcilatid), e si finiva con le frittelle
(pett’l) e i porcelluzzi (pirciddizz); cose di poverelli ma nel cuo-
re lasciavano una gioia infantile. La sera della vigilia si stava
nelle case, davanti al fuoco: chi aveva una bottega metteva
tavola e si faceva il baccalà fritto e l’odore buono smorzava
quello del carbone. Ma dappertutto un po’ c’era profumo di
vincotto e i bambini tenevano una faccia di attesa aspettando-
si una bambola di pane o un cavalluccio con i confettini colo-
rati (l’anisin). Si era comunque felici con un po’ di malinconia.
Nel vicinato i suoni erano quelli del raglio dell’asino, dell’abba-
iare del cane o dello sbattere delle ali delle galline. Noi bam-
bini più grandicelli giocavamo liberi non molto coperti per
il freddo ma chi lo sentiva, il freddo; i più piccoli, quelli nelle
fasce, stavano in casa vicino a dove si cresceva la pasta per il
pane. L’estate si stava meglio ma si sentivano di più gli odori
forti. Si camminava tra pozze di acqua stagnante e dal cami-
no usciva un fumo che sapeva di fave lesse. La Chiesa aveva
sempre la facciata tutta rovinata dall’umido forse l’acqua che
scendeva da sopra le cantine o che risaliva da sotto. Lì davanti
ci si incontrava e si facevano le chiacchiere. (Franco)
Io mi ricordo che con le altre bambine eravamo tutte amiche e
si giocava nel vicinato. Tutto sommato eravamo protette, ci
guardavamo l’una con l’altra e anche le mamme a turno ci
buttavano un occhio. Se ci allontanavamo facevamo delle cor-
se su per le scalette e si arrivava alla Chiesa, si incrociavano i
muli che tornavano dalla campagna con i sacconi di biada e
le bisacce piene di qualche cosa, cicorielle d’estate o erbe che
si potevano mangiare. La carne era un lusso: il sabato sera,
quando tornava a casa, mio padre portava un rotolo di carta
con la carne, quasi la nascondeva perché non tutti potevano
permettersela e per rispetto ai vicini che non potevano papà
faceva così. Poi la domenica dopo mia madre dava un mesto-
lo di sugo alla vicina per far condire la pasta. Ci si aiutava e ci
si voleva bene con poco, con gesti concreti. Noi eravamo quelli
di questa parte, quelli del Barisano, gli altri erano da quella
parte, quelli del Casalnuovo. Ma già i Sassi erano rovinati, sca-
le malridotte, smozzicate, porte mezze rotte, fumaioli crollati,
embrici spaccati, vasche piene di immondizia. Pure la facciata
della Chiesa ed il campanile mostravano che c’era aria di rovi-
17. Nonostante le difficoltà oggettive di un luogo di cui è difficile
trattenere le anime, dopo lo spopolamento dei Sassi e la so-
vrapposizione di un’economia turistica importante, la memoria
diventa un ponte per riconnetterci alla storia di quel luogo, rac-
contata e rielaborata a seconda dei punti di vista. E’ importante
perciò provare a ricostruire cosa c’è oltre e sotto il pavimento
attuale della Chiesa, per mantenere l’identità oltre la vetrina
dell’indotto economico.
18. La lettura trasversale del primo campione di dati (diari, inter-
viste e disegni) raccolti, fa emergere le specificità di un luogo
religioso posizionato tra due estremi: da una parte inadatto
alle funzioni religiose, oggetto di abbandono e dall’altra museo,
soggetto di arte.
Inserita attualmente nell’itinerario delle chiese rupestri, San
Pietro Barisano può essere un raccordo di possibilità partendo
dal Rione e dai punti evidenziati nel principio della mappatura
sperimentata. La precisa ontologia dell’immobile argomenta
una peculiare concezione del tempo, propria delle comunità
rurali lucane, poste ai margini delle rivoluzioni urbane. Il tem-
po è inteso:
I. Come kairos, ovvero opportunità: la comunità è
sempre esposta alla meraviglia, al non prevedibile, all’i-
natteso.
II. Come ciclo di vita e gioco: la comunità scandisce
il racconto utilizzando gli elementi della natura;
Anche la concezione della morte è connotata da questo rit-
mo collettivo: la fine della vita non è vuoto, ma assenza. Perciò
la pratica e il rito della scolatura dei corpi, nell’impianto medie-
vale di San Pietro Barisano, sotto la navata centrale, è come se
ne accompagnasse la decomposizione come abbandono di cose
non essenziali. Il tufo assume le sembianze di un alveare e il
corpo si fa roccia, tornando a quella simbiosi col paesaggio che
l’armonia dei racconti sembrano trasferirci.
San Pietro Barisano è la navata sinistra in cui il Crocifisso del ‘500
(oggi nella Chiesa di Sant’Agostino) tramite una cavità a seconda del
periodo viene esposto o nascosto; è la porta sempre aperta dove si
incontrano i contadini che tornano dalla campagna; è i vicoli in cui
si gioca; è il profumo del sugo, delle fave, dell’erba; è il fuoco delle
case; è lo spazio dei vicinati; l’attesa del Natale.
Questi “resti” di vita sono stati letti dal gruppo under 30 come
simbolo di amicizie durature e, in controluce, come bisogno di
recuperare dimensioni essenziali come le relazioni autentiche
ma anche di sentirsi appartenere a una storia unica, nonostan-
te la decontestualizzazione delle vite individuali. Abbinata all’im-
magine di un aereo, una donna si firma #nonpiùfuorisede, dopo
essersi immersa nel racconto delle radici dei suoi luoghi d’origi-
ne. Questo filo sottile spiega lo spazio come interregno le cui
qualità sono dettate dalle emozioni che ognuno, immerso in
questo flusso di significati, individua e sente. L’intelligenza
19. collettiva è sentire insieme le possibilità del luogo nella sua
vocazione aggregativa, intorno all’arte e al senso di queste
rappresentazioni. Questa vita corale è segno e inizio di una
rinnovata ecclesia, in cui una Chiesa aperta alla complessità dei
punti di vista può farsi indirizzo e amplificazione di comunità.
La religione come doppio legame che tiene insieme persone,
paesaggio e tecnica, attraverso l’ascolto dei bisogni reciproci e la
valorizzazione delle relazioni umane. E che risponde al bisogno
di connessione, autenticità, essenzialità, declinato nei sentimen-
ti dell’appartenenza, del riconoscimento e della gratitudine.
LINEE TEORICHE
OIKOS NOMOS: RIFIORIRE DALLE CRISI
Paradigmi economici e benessere sociale.
Intersezioni e devianze teoretiche e etiche del concetto di
ricchezza.
L’intolleranza della Ragione e le ragioni della solidarietà.
I secoli dell’umanità sono stati un avvicendarsi continuo di defi-
nizioni e esempi intorno a cosa caratterizzi l’essere umano e la
sua essenza: da dove provenga la sua vita, quale sia la sua dire-
zione, cosa sia giusto o sbagliato rispetto alla configurazione di
un ordinamento sociale, quale sia la gerarchia dei ruoli e dei sa-
peri. La modernità rappresenta un’età cerniera tra il Medioevo e
il secolo breve del ‘900. In questa soglia, la seconda rivoluzione
industriale e la costituzione degli Stati disegnano un rinnovato
rapporto tra l’io e il gruppo, tra gnoseologia e etica. L’interroga-
zione sul senso della vita dell’uomo viene offuscata dalla facoltà
20. della Ragione che, in maniera intollerante e verticista, definisce
l’enciclopedia dei Salotti. La cultura pare perdere la sua tensione
soggettiva e esaurirsi nell’indagine della natura, oggettivata e
indirizzata al profitto economico. L’economia perde la sua radice
di “casa” e diventa catena di montaggio. Le città, emblema di
questi linguaggi, diventano simbolo di disagio, emarginazione
sociale, distanza e abbandono delle campagne, alienazione
del lavoro. Col diritto, nasce la proprietà privata e il concetto di
ricchezza viene declinato nelle connotazioni dell’accumulo e del
vantaggio competitivo. La tecnica da agevolazione diventa fine a
se stessa e appannaggio delle elite possidenti, che inseguono la
produzione sfrenata del desiderio consumista. Eppure, la mo-
dernità nasce da una radice propriamente umanistica, che
conservava il mistero rispettoso verso la natura insieme al pre-
gio illuministico dell’uomo. Il relativismo e l’ermeneutica reintro-
ducono la rilevanza del punto di osservazione per la definizione
della realtà.
Si pone oggi, di nuovo la sfida di pensare e reinventare i modelli
di convivenza tra persone, paesaggio e tecnica, trattenendo in-
sieme le invenzioni e la riflessione sul fine che ne orienta le sco-
perte, la visione organicista e la curiosità individuale, il pensiero
e il corpo. Assumendo la crisi in generale come input per ripen-
sarci tra gli altri e nell’universo, tra l’emergenza ambientale e la
disuguaglianza di opportunità che sussiste tra le latitudini della
Terra e i ceti sociali, si impongono le ragioni della solidarietà e
l’urgenza di ricostruire le connessioni tra gli esseri umani, in ma-
niera autentica. L’insoddisfazione sociale diventa in quest’ot-
tica motore di innovazione, le cui direzioni sono la distribu-
zione del valore e la valorizzazione dei margini. Ripartendo
dalla città e dalle sue ferite, il disagio della modernità ci chiede
di immaginare e combinare nuove identità individuali e colletti-
ve. Il patrimonio culturale in tale ripensamento è fondamentale
in quanto è un bene comune che ci parla contemporaneamente
di passato e futuro, di creatività non fagocitata nella mercifica-
zione seriale. Accessibilità e valorizzazione di questi beni comuni
sono la nostra opportunità per rimetterci al centro del mondo
senza dimenticarci le riflessioni teleologiche, le misure comuni-
tarie, gli imperativi di sostenibilità. Orizzonte di valore e linguag-
gio di riferimento, reale occasione di aggregazione dello spazio,
la cultura - in questa sua dilatazione spazio-temporale - diventa
luogo di cura e attenzione dell’altro.
In tal modo, possiamo recuperare immaginazione e empatia;
l’uomo non è solo utente di servizi e consumatore di beni, ma
anello di vita e vissuti da ascoltare, senza avanzare a priori cate-
gorie intellettuali che pretendano di spiegare in maniera univo-
ca le sue qualità.
E’ questo il punto di partenza di uno strumento di indagine
21. sociale e di una pratica filosofica come la MAPPA DI COMUNITA’.
Dall’etnografia al societing, dai mezzi analogici a quelli digitali
che la rivoluzione di internet ci ha permesso di acquisire, sono
interessanti le relazioni e le influenze che le persone recipro-
camente co-creano nel loro perimetro abitato, senza perdere
il rilievo specifico che ogni posizionamento implica ma con la
consapevolezza che farsi gruppo (senza essere branco) rafforza
il singolo. Oltre il principio di prestazione e attraverso un mo-
mento di auto-riflessione, si concordano insieme le direzioni
dello sviluppo e le accezioni del progresso, mettendo al centro
la cultura e le relazioni sociali.
50. Prospettive e proposte
Indagare lo spazio è mestiere difficile e complicato, indagare il
luogo è esercizio che potrebbe non avere fine. Nella prospettiva
di analisi strutturata con il metodo Humanlab, ci poniamo
l’ambizioso obiettivo di raccogliere le direzioni delle relazioni
umane che trasformano gli spazi in luoghi.
Tuttavia, dare una fotografia statica dell’accaduto è riduttivo e
non rappresenterebbe il dinamismo caratteristico delle relazioni
umane. Per questo proponiamo all’arcidiocesi di Matera Irsina,
di definire un nodo di scambio che sia visibile, proprio nel
luogo che è stato preso in considerazione per il lavoro di analisi
sociale, e di farlo attraverso l’iunstallazione di alcuni monitor
ed installazioni fisiche. Vogliamo cogliere le opportunità offerte
dal progresso nel campo del digitale, senza tralasciare la fisicità
degli strumenti analogici.
Strumenti
• Due televisori 60 pollici
• Due sculture a forma di albero con al posto delle foglie delle
“pinzette” per tenere quadrati colorati o polaroid
• Otto sensori di rilevamento temperatura e presenza
• Due nuc
• Due schede arduino
• Una stampante wi-fi.
I sensori rileveranno il numero di persone presente in chiesa
e nelle strade adiacenti all’immobile. I dati saranno trasmessi
ai nuc che li processeranno, secondo un algoritmo che li
confronterà con quelli raccolti dal web e dai social, sulla
base di chiavi di ricerca stabilite. sui monitor avremo come
risultato un grafo (rappresentazione numerica dinamica) in cui
convergeranno i dati raccolti e daranno vita ad un’infografica.
Per la parte analogica, invece, lasceremo a dispozione dei
cittadini temporanei del luogo la possibilità di definire le loro
interpretazioni attraverso l’utilizzo dei quadrati di carta (ognuno
dei quali avrà uno stimolo all’azione). Oltre alla carta scritta, le
persona avranno la possibilità si scattare e stampare delle foto
su carta che posizioneranno sugli alberi.
Ogni volta che gli alberi si riempiranno, una stagione sarà
completata, verrà effettuato uno scatto ed una videoripresa e si
tornerà a zero, lasciando cadere tutte le foglie.
51. HumanLab
Progetto culturale di Michele Cignarale e Giusi Giovinazzo
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