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Partendo dalle stime di crescita del Pil italiano, elaborate dal Fondo Monetario
Internazionale, il Sistema Informativo Excelsior prevede che, fra il 2019 e il 2023, il
fabbisogno complessivo di nuova occupazione possa raggiungere i 2 milioni e 542mila
unità, con un tasso medio annuo di crescita, nel periodo considerato, pari al 2,21% (fig. 1).
Scomponendo il dato per competenze, filiere e settori, l’occupazione in ambito
ecosostenibile (green skill, sviluppo dell’economia circolare, ecc.) coprirebbe una quota pari
al 18,9% sul totale del fabbisogno generato fino al 2023 (tab. 1).
In termini assoluti, il volume di lavoro attivabile con questo profilo di competenze sarebbe
pari a 481mila unità (poco meno di 100mila unità annuo). Il digitale – che rappresenta
l’altro grande trend innovativo per le competenze richieste – presenta un fabbisogno
complessivo di 214mila occupati, mentre la filiera “salute e benessere” svilupperebbe, al
2023, circa 324mila occupati, con un valore medio annuo di 64mila unità.
Tab.	1	-		Il	potenziale	di	nuova	occupazione	in	transizione.	Competenze,	filiere	e	
settori.	Media	annua	nel	quinquennio	2019-2023.	(v.a.	e	val.	%)	
	 media	annua	2019-2013	
(v.a.)	
%	
Ecosostenibilità	 																	96.300		 												18,9		
Salute	e	benessere	 																	64.700		 												12,7		
Digitale	 																	42.700		 															8,4		
Education	e	cultura	 																	26.800		 															5,3		
Mobilità	e	logistica	 																	15.600		 															3,1		
Meccatronica	e	robotica	 																	15.200		 															3,0		
Energia	 																			7.600		 															1,5		
Altri	settori	 														239.500		 												47,1		
Totale	nuova	occupazione	 														508.400		 										100,0		
Fonte: elaborazione Censis su dati Unioncamere – Anpal
I numeri dell’economia green
Il settore dedicato all’offerta di beni e servizi con l’obiettivo di proteggere l’ambiente e di
limitarne uno sfruttamento non sostenibile ha generato in Italia, nel 2017, un valore della
produzione per 78 miliardi di euro.
L’occupazione collegata con il settore delle “Eco-industrie” ha raggiunto nello stesso anno
le 388mila unità di lavoro (tab. 2). Il valore aggiunto ha superato il 36 miliardi, con un
incremento in termini assoluti, rispetto al 2014, di oltre 3 miliardi di euro.
Tab.	2	-	Il	settore	delle	Eco-industrie:	produzione,	valore,	
occupazione.	2014-2017	(v.a.	in	mln	€	e	in	mgl.)	
	 2014	 2015	 2016	 2017	
Produzione	(mln	€)	 								
75.088		
								
75.390		
								
76.351		
								
77.781		
Valore	aggiunto	
(mln	€)	
								
32.532		
								
34.023		
								
35.724		
								
36.034		
Unità	di	lavoro	(mgl)	 													
371		
													
374		
													
386		
													
388		
Fonte: elaborazione Censis su dati Istat
Fra il 2014 e il 2017 il settore ha fatto registrare una crescita del 4,6% delle unità di lavoro,
dell’11% del valore aggiunto e del 3,6% del valore della produzione (fig. 2).
Fatto 100 quest’ultimo indicatore, la quota del 50,7% è riconducibile ad attività di
conservazione, mantenimento e miglioramento dello stock di risorse naturali, mentre la
quota restante (49,3%) è imputabile ad attività di prevenzione, riduzione ed eliminazione
dell’inquinamento e del degrado ambientale (fig. 2). Il peso del settore è in sostanza pari al
2,4% del valore complessivo dell’economia italiana.
Il dato occupazionale si distribuisce in maniera leggermente diversa rispetto a quanto
riportato per il valore della produzione: la gestione delle risorse naturali occupa infatti oltre
202mila unità di lavoro, corrispondenti al 52,2% del totale del settore, mentre le attività di
protezione ambientale coprono il restante 47,8%, che in termini assoluti corrispondono al
poco più di 185mila unità di lavoro (tab. 3). Il peso sull’occupazione complessiva, sempre
in termini di unità di lavoro, è pari all’1,62%.
Tab.	3	-	L'occupazione	nel	settore	delle	Eco-industrie	per	tipologia	di	destinazione.	
2017	(v.a.	in	mgl	e	val.	%)	
	 v.a.	(mgl)	 %	
Occupazione	totale	(unità	di	lavoro)	 													387.917		 										100,0		
di	cui:		 	 	
attività	di	prevenzione,	riduzione	ed	eliminazione	
dell'inquinamento	e	degrado	ambientale	
													202.616		 												52,2		
conservazione,	mantenimento	e	miglioramento	
dello	stock	di	risorse	naturali	
													185.301		 												47,8		
Quota	dell'occupazione	delle	Eco-industrie	sul	
totale	dell'economia	(%)	
	 												1,62		
Fonte: elaborazione Censis su dati Istat
L’inserimento del sistema industriale italiano all’interno del nuovo paradigma eco-
innovativo è confermato dai dati, resi noti dall’Istat, di un’indagine realizzata nel 2017
presso un campione di imprese manifatturiere chiamate a rispondere sulle iniziative adottate
per far fronte a esigenze di sostenibilità e responsabilità ambientale e sociale.
Fra le diverse tipologie di comportamenti prescelti dalle imprese, il 55,9% del campione si è
concentrato sulla riduzione dell’impatto ambientale della propria attività; questo valore
relativo cresce al crescere della dimensione d’azienda, arrivando al 70,3% fra le più grandi
(tab. 4). Seguono nell’ordine: la rilevanza sociale dell’attività aziendale (48,8%), una
pianificazione di lungo termine, in grado di valutare in maniera corretta le ricadute
dell’attività produttiva anche al di fuori del perimetro aziendale (45,2%), il coinvolgimento
dei portatori di interesse (stakeholder) nelle decisioni aziendali (30,2% sul totale delle
imprese, il 44,9% fra le più grandi). Gli investimenti in processi di economia circolare
interessano invece il 13,4% delle imprese e anche per questa tipologia di iniziative la
diffusione fra le imprese maggiori appare più estesa (26,5%).
Tab.	4-	La	transizione	competitiva:	da	dove	passa	l'innovazione	sostenibile	delle	
imprese	italiane.	2017	(val.	%)	
	 	 	 	 	
	 	Piccole	(5-49	
addetti)		
	Medie	(50-
249	addetti)		
	Grandi	(250	
addetti	e	
oltre)		
	Totale	
imprese		
Investimenti	in	processi	
di	economia	circolare	
4,3	 7,1	 26,5	 13,4	
Inclusione	esternalità	in	
catena	del	valore	
7,1	 13,0	 26,3	 15,7	
Adozione	
comportamenti	per	
ridurre	l'impatto	
ambientale	
40,3	 57,3	 70,3	 55,9	
Considerare	importante	
l'impatto	sociale	
dell'attività	aziendale	
30,3	 49,8	 66,5	 48,8	
Coinvolgimento	dei	
portatori	d'interesse	
15,7	 29,7	 44,9	 30,2	
Pianificazione	attività	a	
lungo	termine	
29,9	 45,7	 60,1	 45,2	
Fonte:	elaborazione	Censis	su	dati	Istat	
	
Gli investimenti delle imprese industriali italiane per la protezione dell’ambiente hanno
superato, nel 2016, la soglia 1,4 miliardi, con un incremento sull’anno precedente del 2,3%
(Fonte Istat). La performance di crescita ha riguardato in particolare le tipologie di
investimenti in attrezzature e impianti collegati alle tecnologie pulite (a tecnologia
integrata), che costituiscono un terzo del totale degli investimenti e sono cresciute in un
anno del 12,9%.
A essere virtuose sono soprattutto le grandi imprese, con 250 addetti e più, che coprono il
78% del totale. La spesa corrente per la tutela ambientale da parte delle imprese ha toccato
nel 2016 i 3 miliardi e 261 milioni di euro, di cui: gestione dei rifiuti (un miliardo e 297
milioni), gestione delle acque reflue (811 milioni). Il 55,9% delle imprese si è concentrato
sulla riduzione dell’impatto ambientale della propria attività; il valore relativo cresce al
crescere della dimensione d’azienda, arrivando al 70,3% fra le più grandi.
Gli investimenti in processi di economia circolare interessano il 13,4% delle imprese e
anche per questa tipologia di iniziative la diffusione fra le imprese maggiori appare più
estesa (26,5%). Premio di produttività per le imprese più impegnate nella sostenibilità: +
10,2% rispetto a chi non ha attivato iniziative di sostenibilità.

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  • 1. Partendo dalle stime di crescita del Pil italiano, elaborate dal Fondo Monetario Internazionale, il Sistema Informativo Excelsior prevede che, fra il 2019 e il 2023, il fabbisogno complessivo di nuova occupazione possa raggiungere i 2 milioni e 542mila unità, con un tasso medio annuo di crescita, nel periodo considerato, pari al 2,21% (fig. 1). Scomponendo il dato per competenze, filiere e settori, l’occupazione in ambito ecosostenibile (green skill, sviluppo dell’economia circolare, ecc.) coprirebbe una quota pari al 18,9% sul totale del fabbisogno generato fino al 2023 (tab. 1). In termini assoluti, il volume di lavoro attivabile con questo profilo di competenze sarebbe pari a 481mila unità (poco meno di 100mila unità annuo). Il digitale – che rappresenta l’altro grande trend innovativo per le competenze richieste – presenta un fabbisogno complessivo di 214mila occupati, mentre la filiera “salute e benessere” svilupperebbe, al 2023, circa 324mila occupati, con un valore medio annuo di 64mila unità.
  • 2. Tab. 1 - Il potenziale di nuova occupazione in transizione. Competenze, filiere e settori. Media annua nel quinquennio 2019-2023. (v.a. e val. %) media annua 2019-2013 (v.a.) % Ecosostenibilità 96.300 18,9 Salute e benessere 64.700 12,7 Digitale 42.700 8,4 Education e cultura 26.800 5,3 Mobilità e logistica 15.600 3,1 Meccatronica e robotica 15.200 3,0 Energia 7.600 1,5 Altri settori 239.500 47,1 Totale nuova occupazione 508.400 100,0 Fonte: elaborazione Censis su dati Unioncamere – Anpal I numeri dell’economia green Il settore dedicato all’offerta di beni e servizi con l’obiettivo di proteggere l’ambiente e di limitarne uno sfruttamento non sostenibile ha generato in Italia, nel 2017, un valore della produzione per 78 miliardi di euro. L’occupazione collegata con il settore delle “Eco-industrie” ha raggiunto nello stesso anno le 388mila unità di lavoro (tab. 2). Il valore aggiunto ha superato il 36 miliardi, con un incremento in termini assoluti, rispetto al 2014, di oltre 3 miliardi di euro. Tab. 2 - Il settore delle Eco-industrie: produzione, valore, occupazione. 2014-2017 (v.a. in mln € e in mgl.) 2014 2015 2016 2017 Produzione (mln €) 75.088 75.390 76.351 77.781 Valore aggiunto (mln €) 32.532 34.023 35.724 36.034 Unità di lavoro (mgl) 371 374 386 388 Fonte: elaborazione Censis su dati Istat Fra il 2014 e il 2017 il settore ha fatto registrare una crescita del 4,6% delle unità di lavoro, dell’11% del valore aggiunto e del 3,6% del valore della produzione (fig. 2).
  • 3. Fatto 100 quest’ultimo indicatore, la quota del 50,7% è riconducibile ad attività di conservazione, mantenimento e miglioramento dello stock di risorse naturali, mentre la quota restante (49,3%) è imputabile ad attività di prevenzione, riduzione ed eliminazione dell’inquinamento e del degrado ambientale (fig. 2). Il peso del settore è in sostanza pari al 2,4% del valore complessivo dell’economia italiana. Il dato occupazionale si distribuisce in maniera leggermente diversa rispetto a quanto riportato per il valore della produzione: la gestione delle risorse naturali occupa infatti oltre 202mila unità di lavoro, corrispondenti al 52,2% del totale del settore, mentre le attività di protezione ambientale coprono il restante 47,8%, che in termini assoluti corrispondono al poco più di 185mila unità di lavoro (tab. 3). Il peso sull’occupazione complessiva, sempre in termini di unità di lavoro, è pari all’1,62%.
  • 4. Tab. 3 - L'occupazione nel settore delle Eco-industrie per tipologia di destinazione. 2017 (v.a. in mgl e val. %) v.a. (mgl) % Occupazione totale (unità di lavoro) 387.917 100,0 di cui: attività di prevenzione, riduzione ed eliminazione dell'inquinamento e degrado ambientale 202.616 52,2 conservazione, mantenimento e miglioramento dello stock di risorse naturali 185.301 47,8 Quota dell'occupazione delle Eco-industrie sul totale dell'economia (%) 1,62 Fonte: elaborazione Censis su dati Istat L’inserimento del sistema industriale italiano all’interno del nuovo paradigma eco- innovativo è confermato dai dati, resi noti dall’Istat, di un’indagine realizzata nel 2017 presso un campione di imprese manifatturiere chiamate a rispondere sulle iniziative adottate per far fronte a esigenze di sostenibilità e responsabilità ambientale e sociale. Fra le diverse tipologie di comportamenti prescelti dalle imprese, il 55,9% del campione si è concentrato sulla riduzione dell’impatto ambientale della propria attività; questo valore relativo cresce al crescere della dimensione d’azienda, arrivando al 70,3% fra le più grandi (tab. 4). Seguono nell’ordine: la rilevanza sociale dell’attività aziendale (48,8%), una pianificazione di lungo termine, in grado di valutare in maniera corretta le ricadute dell’attività produttiva anche al di fuori del perimetro aziendale (45,2%), il coinvolgimento dei portatori di interesse (stakeholder) nelle decisioni aziendali (30,2% sul totale delle imprese, il 44,9% fra le più grandi). Gli investimenti in processi di economia circolare
  • 5. interessano invece il 13,4% delle imprese e anche per questa tipologia di iniziative la diffusione fra le imprese maggiori appare più estesa (26,5%). Tab. 4- La transizione competitiva: da dove passa l'innovazione sostenibile delle imprese italiane. 2017 (val. %) Piccole (5-49 addetti) Medie (50- 249 addetti) Grandi (250 addetti e oltre) Totale imprese Investimenti in processi di economia circolare 4,3 7,1 26,5 13,4 Inclusione esternalità in catena del valore 7,1 13,0 26,3 15,7 Adozione comportamenti per ridurre l'impatto ambientale 40,3 57,3 70,3 55,9 Considerare importante l'impatto sociale dell'attività aziendale 30,3 49,8 66,5 48,8 Coinvolgimento dei portatori d'interesse 15,7 29,7 44,9 30,2 Pianificazione attività a lungo termine 29,9 45,7 60,1 45,2 Fonte: elaborazione Censis su dati Istat Gli investimenti delle imprese industriali italiane per la protezione dell’ambiente hanno superato, nel 2016, la soglia 1,4 miliardi, con un incremento sull’anno precedente del 2,3% (Fonte Istat). La performance di crescita ha riguardato in particolare le tipologie di investimenti in attrezzature e impianti collegati alle tecnologie pulite (a tecnologia integrata), che costituiscono un terzo del totale degli investimenti e sono cresciute in un anno del 12,9%. A essere virtuose sono soprattutto le grandi imprese, con 250 addetti e più, che coprono il 78% del totale. La spesa corrente per la tutela ambientale da parte delle imprese ha toccato nel 2016 i 3 miliardi e 261 milioni di euro, di cui: gestione dei rifiuti (un miliardo e 297 milioni), gestione delle acque reflue (811 milioni). Il 55,9% delle imprese si è concentrato sulla riduzione dell’impatto ambientale della propria attività; il valore relativo cresce al crescere della dimensione d’azienda, arrivando al 70,3% fra le più grandi. Gli investimenti in processi di economia circolare interessano il 13,4% delle imprese e anche per questa tipologia di iniziative la diffusione fra le imprese maggiori appare più estesa (26,5%). Premio di produttività per le imprese più impegnate nella sostenibilità: + 10,2% rispetto a chi non ha attivato iniziative di sostenibilità.