1. Dott. Marco Grondacci giurista ambientale
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IL REATO DI COMBUSTIONE
ILLECITA DI RIFIUTI
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A cura di Marco Grondacci
La Spezia 24/11/2014
2. Dott. Marco Grondacci giurista ambientale
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Sommario
INTRODUZIONE DEL REATO DI COMBUSTIONE ILLECITA DI RIFIUTI NEL TESTO UNICO AMBIENTALE –
PARTE IV ........................................................................................................................................................ 3
ESISTEVA IL REATO DI COMBUSTIONE ILLECITA DEI RIFIUTI PRIMA DI QUESTA NUOVA LEGGE .................. 3
LA FATTISPECIE ASTRATTA DEL NUOVO REATO DI COMBUSTIONE ILLECITA DI RIFIUTI (comma 1 articolo
256bis) ........................................................................................................................................................... 4
LE PENE PREVISTE (comma 1 articolo 256bis) .............................................................................................. 6
OBBLIGO DI RIPRISTINO (comma 1 articolo 256bis) ..................................................................................... 7
ESTENSIONE DELLE SANZIONI AD ALTRE FATTISPECIE SE LA CONDOTTA è FINALIZZATA ALLA
COMBUSTIONE ILLECITA DI RIFIUTI (comma 2 articolo 256bis) ................................................................... 7
LIMITE DEL NUOVO APPARATO SANZIONATORIO RISPETTO A QUELLO ESISTENTE ..................................... 9
AGGRAVANTE PENA NEL CASO LA COMBUSTIONE ILLECITA SIA COMMESSA NELL’AMBITO DI ESERCIZIO DI
IMPRESA E/O ATTIVITÀ ORGANIZZATA (comma 3 articolo 256bis) ............................................................. 9
AGGRAVANTE PENA NEL CASO DI COMBUSTIONE ILLECITA IN AREE DICHIARATE DI EMERGENZA RIFIUTI
(comma 4 articolo 256bis) ........................................................................................................................... 10
CONFISCA MEZZI PER TRASPORTO RIFIUTI BRUCIATI ILLECITAMENTE (comma 5 articolo 256bis) ............ 11
CONFISCA AREA DOVE È AVVENUTA LA COMBUSTIONE ILLECITA (COMMA 5 articolo 256bis) ................. 12
APPLICAZIONE SANZIONI VIOLAZIONE DIVIETO ABBANDONO PER RIFIUTI VEGETALI (comma 6 articolo
256bis) ......................................................................................................................................................... 13
L’ABBRUCIAMENTO DI MATERIALI VEGETALI IN PICCOLI CUMULI ............................................................. 16
LE REGIONI COSA STANNO FACENDO RISPETTO ALLA NORMATIVA SOPRA DESCRITTA ............................ 17
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INTRODUZIONE DEL REATO DI COMBUSTIONE ILLECITA DI RIFIUTI NEL TESTO
UNICO AMBIENTALE – PARTE IV
L’articolo 3 della legge 6/2014 (1) di conversione del Decreto Legge 136/2013 introduce l’articolo
256bis nella parte IV del DLgs 152/2006 (Testo Unico Ambientale) disciplinando il nuovo reato di
combustione illecita di rifiuti.
ESISTEVA IL REATO DI COMBUSTIONE ILLECITA DEI RIFIUTI PRIMA DI QUESTA
NUOVA LEGGE
Si applicava la fattispecie generale del reato di smaltimento abusivo di rifiuto mediante
incenerimento a terra ai sensi dell’articolo 256 del DLgs 15272006 che però era una
contravvenzione non un delitto come il nuovo reato. Non solo ma il reato dell’articolo 256
riguardava l’ipotesi di chi volendo fare attività continuativa di gestione rifiuti non richiedeva la
autorizzazione, iscrizione, comunicazione. Ora come vedremo con il nuovo delitto (nel caso di
rifiuti vegetali derubricato a illecito amministrativo) richiede per realizzare la fattispecie un
comportamento anche saltuario di chi quindi non ha come scopo principale una attività ordinaria di
smaltimento rifiuti.
Vedi anche, sia pure applicato alla sola Campania il reato di cui all’articolo 6 (2) della legge
210/2008. Non solo ma questo reato richiedeva come presupposto del fatto tipico la dichiarazione
dello stato di emergenza nella zona dove venivano interrati e/o bruciati illegalmente i rifiuti.
Inoltre in caso di emissioni di fumo atte a offendere, imbrattare o molestare le persone c'è ancora
l’art. 674 c.p. (arresto fino a 1 mese o ammenda fino ad euro 200), reato di pericolo non di danno,
quindi basta che ci sia la potenziale molestia che sicuramente è automaticamente dimostrata in caso
di incendio di rifiuti, rilevabile quindi da ogni squadra di polizia in servizio ordinario e senza
nessuna particolare specializzazione.
Aggiungo che su un piano generale esiste tutt’ora il reato ex articolo 423 (3) del Codice Penale
secondo il quale: “Chiunque cagiona un incendio è punito con la reclusione da tre a sette anni.
La disposizione precedente si applica anche nel caso d'incendio della cosa propria, se dal fatto
deriva pericolo per l'incolumità pubblica”. Reato questo che prevede una sanzione più grave di
quella del nuovo reato di cui stiamo trattando e che essendo di pericolo non richiede esplicitamente
la dimostrata concreta lesione del bene tutelato, ma che non viene praticamente mai utilizzato per la
1 «Disposizioni urgenti dirette a fronteggiare emergenze ambientali e industriali ed a favorire lo sviluppo delle aree
interessate.». (14A00744) (GU Serie Generale n.32 del 8-2-2014)
http://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaArticolo?art.progressivo=0&art.idArticolo=3&art.versione=1&
art.codiceRedazionale=14A00744&art.dataPubblicazioneGazzetta=2014-02-
08&art.idGruppo=0&art.idSottoArticolo1=10&art.idSottoArticolo=1&art.flagTipoArticolo=0#art
2http://www.gazzettaufficiale.it/atto/serie_generale/caricaArticolo?art.progressivo=0&art.idArticolo=6&art.versione=1
&art.codiceRedazionale=08A10370&art.dataPubblicazioneGazzetta=2009-01-
03&art.idGruppo=0&art.idSottoArticolo1=10&art.idSottoArticolo=1&art.flagTipoArticolo=0#art
3 La Corte Costituzionale con sentenza n.143 del 2014 ha dichiarato incostituzionale l 'art. 157, sesto comma, del codice
penale, nella parte in cui prevede che i termini di prescrizione riportati nei commi precedenti, sono raddoppiati per il
reato di incendio colposo (art. 449, in
riferimento all'art. 423 codice penale: incendio doloso). Infatti il termine di prescrizione del reato di incendio colposo
risultava, sulla base della norma censurata, pari a dodici anni e, dunque, largamente superiore a quello del reato di
incendio doloso (art. 423 Codice Penale), pari invece a sette anni in base alla regola generale di cui all'art. 157, primo
comma Codice Penale.
Per il testo integrale della sentenza
http://www.gazzettaufficiale.it/atto/corte_costituzionale/caricaDettaglioAtto/originario?atto.dataPubblicazioneGazzetta
=2014-06-04&atto.codiceRedazionale=T-140143
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combustione abusiva di rifiuti da parte della magistratura (4). Mentre viene usato l’articolo 434 (5)
dalla fattispecie più elastica ma forse anche più difficile da applicare al caso concreto.
LA FATTISPECIE ASTRATTA DEL NUOVO REATO DI COMBUSTIONE ILLECITA DI
RIFIUTI (comma 1 articolo 256bis)
La fattispecie riguarda i casi in cui viene appiccato il fuoco (6) a rifiuti abbandonati o depositati (7)
in modo incontrollato (8). Quindi punibile solo a titolo di dolo (9) . Siamo di fronte ad un reato di
pericolo astratto: se viene appiccato il fuoco a rifiuti pericolosi essendo evidente che, in tal caso,
tale condotta è sufficiente di per sé a rappresentare una minaccia per l’ambiente. Invece nel caso di
rifiuti, diversi da quelli pericolosi, abbandonati o depositati in modo incontrollato la norma sembra
dal testo della norma che il pericolo richiesto, ai fini della configurabilità dell’illecito penale de quo,
debba essere concreto essendo necessario appurare se, da tale evento, sia messa a repentaglio la
zona circostante.
L’eliminazione in corso di conversione in legge del decreto della dizione: “aree non autorizzate” ha
la sua ragione nel prevedere la realizzazione della fattispecie in ogni area autorizzata o meno.
Indiscutibilmente la fattispecie astratta appare piuttosto ampia rischiando di mettere sullo stesso
piano chi brucia mettendo a rischio la salute della comunità e chi invece brucia rifiuti non
4 La giurisprudenza distingue il concetto di fuoco da quello di incendio, ravvisando il reato di cui all’articolo 423 CP
solo in presenza di incendi di notevoli proporzioni, ritenendo che la mera accensione del fuoco, dovuta a, fatto del
soggetto cui si addebita l’incendio colposo ( o a quasi altra causa), è giuridicamente irrilevante. Afferma Cassazione
sez. IV sentenza n. 2805 del 1988 che si realizza il reato di incendio: “solo quando il fuoco divampi irrefrenabilmente,
in vaste proporzioni, con fiamme divoratrici che si propaghino con potenza distruttrice, così da porre in pericolo la
incolumità di un numero indeterminato di persone” (a conferma di questo indirizzo vedi Cassazione sez. I n. 4417 del
2009. Ancora Cassazione sez. I n. 1802 del 1995 e n. 4981 del 2003 precisano che il delitto di incendio: “deve essere
caratterizzato dala vastità delle proporzioni, dalla tendenza a progredire e dalla difficoltà di spegnimento.”
5 “Chiunque, fuori dei casi preveduti dagli articoli precedenti, commette un fatto diretto a cagionare il crollo di una
costruzione o di una parte di essa ovvero un altro disastro è punito, se dal fatto deriva pericolo per la pubblica
incolumità, con la reclusione da uno a cinque anni.”
6 “la condotta rilevante è descritta mediante l’impiego di una formula linguistica – “appicca il fuoco” – già utilizzata
dal legislatore nell’art. 424 cod. pen. per indicare un’azione alla quale non segue necessariamente un incendio a
norma dell’art. 423 cod. pen. e che, anzi, assumendo significato per l’ordinamento penale solo se da essa “sorge il
pericolo di un incendio”, potrebbe essere inidonea, di per sé, persino a determinare quest’ultimo evento. La soluzione
interpretativa appena indicata, inoltre, appare in linea anche con le indicazioni esposte nella relazione di
accompagnamento al disegno di legge di conversione del d.l. in esame, laddove si evidenzia che la previsione delle
nuove fattispecie è stata determinata dall’inadeguatezza del (pre)vigente sistema sanzionatorio, e, in particolare,
(anche) della fattispecie prevista dall’art. 423 cod. pen., ad assicurare una sufficiente tutela per l’ambiente e per la
salute collettiva.” Relazione dell’Ufficio del Massimario della Cassazione (Rel. n. III/02/2014 Roma, 17.02.2014):
7 “Non particolarmente felice appare la descrizione della seconda condotta tipica: la formula sintattica utilizzata
parrebbe esigere sia il deposito incontrollato (ad es. in contrasto con le norme tecniche o le prescrizioni relative alle
coperture dagli agenti atmosferici) che la sua collocazione in aree non autorizzate (ad esempio fuori del perimetro di
stoccaggio indicato nell’autorizzazione). Mancando uno dei due requisiti il reato non dovrebbe considerarsi integrato.”
(C. Ruga Riva in “Il decreto Terra dei fuochi: un commento a caldo” lexambiente.it 11/12/2013)
http://www.lexambiente.it/index.php?option=com_content&view=article&id=10088:rifiutiil-decreto-terra-dei-fuochi-un-
4
commento-a-caldo&catid=179:dottrina179&Itemid=30
8 Non esiste la definizione di deposito incontrollato nel DLgs 152/2006, quest’ultimo viene parificato al deposito
temporaneo che non rispetti le norme previste per questa tipologia di deposito.
9 “Ci troveremo, pertanto, dinanzi a sentenze che condanneranno ai sensi dell’art. 256 in quanto , in carenza
dell’elemento soggettivo – dolo – di ogni circostanza che comporta la realizzazione della violazione di cui all’art. 256
bis, si rende necessario ricondurre la fattispecie nel precedente articolo 256, reato contravvenzionale. Si pensi, ad
esempio, a colui che deposita rifiuti in modo corretto, al solo scopo di procedere all’incenerimento. Ma come si potrà
procedere ai sensi dell’art. 256 bis, visto che precisa espressamente “ chiunque appicca il fuoco a rifiuti abbandonati,
ovvero depositati in maniera incontrollata “ . Rosa Bertuzzi “Abbrucciamento rifiuti terra dei fuochi è legge “ in
lexambiente.it del 12/2/20144.
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particolarmente pericolosi. Questo potrebbe porre la norma a rischio di incostituzionalità secondo il
principio di proporzionalità della pena (10) ma anche della ragionevolezza della stessa.
Soggetto attivo è chiunque quindi anche il singolo e anche con un solo atto di abbandono o deposito
incontrollato funzionale alla combustione, fatta salva l’aggravante, come vedremo in seguito, della
combustione illecita commessa nell’esercizio di impresa o attività organizzata. L’aggravante del
reato commesso nell’ambito di impresa, di cui tratteremo in seguito, conferma che il reato “base”
(ex comma 1 articolo 256bis) può essere commesso da un privato ed anche con un solo atto di
abbandono o deposito incontrollato, sempre se funzionale alla combustione.
Il fatto tipico non sembra abbracciare la condotta di chi bruci senza avere l’autorizzazione i propri
rifiuti regolarmente detenuti: tale ipotesi continuerà a ricadere nella fattispecie contravvenzionale di
gestione abusiva di rifiuti tramite incenerimento (articolo 256 DLgs 152/2006) (11). Inoltre non
sarebbe penalmente rilevante ai sensi del nuovo reato, ex art. 256 bis, la combustione dei rifiuti
conferiti a una discarica, che sia la stessa autorizzata o meno, nel caso non rileva, essendo, per
dottrina e giurisprudenza costanti, situazione diversa a quella ricondotta al deposito incontrollato.
Occorre inoltre rilevare che non viene messa in rilievo la oggettiva gravità del fatto ai fini della
applicazione della pena che deve essere diversa a seconda delle dimensioni dell’incendio, della
difficoltà di soffocarlo e soprattutto di tutto ciò che ne possa derivare. Manca in particolare
l’introduzione della attenuante della lieve entità.
Non solo ma: “la nuova normativa si manifesta in tutta la sua inutilità pratica se solo si pensi che
la prova della responsabilità per il delitto richiede, almeno in via ordinaria, che si colga in
flagranza chi appicca il fuoco ai rifiuti o che, quantomeno, sia identificato il soggetto che poco
prima gli ha dato fuoco: ma chi ha pensato a queste nuove disposizioni, ha una sola vaga idea dello
stato dei nostri apparati di controllo? ha un’idea dell’assoluta carenza di risorse dedicate alla lotta
a tutte le forme di inquinamento? ha un’idea di quanto siano costosi i sistemi più tecnologicamente
sofisticati che garantiscano, in mancanza di uomini, il controllo del territorio? Chiunque abbia un
po’ di esperienza giudiziaria in materia di tutela dell’ambiente e della salute pubblica, sa invece
che molte volte le denunce riguardano fatti di agevole accertamento (quasi sempre sono anche i
fatti di minore gravità) e sa che comunque i processi per questo tipo di reati languono e si
trascinano fino ad arrivare, troppo spesso, alla prescrizione.”(12) .
Nella stessa direzione si è affermato che: “La condotta è descritta in maniera molto dettagliata, con
ciò imponendo che, perché si risponda di detto delitto – in quanto tale solo doloso, non essendo
stata espressamente prevista la sua versione colposa – dovrà provarsi non solo il rapporto causa
effetto tra il comportamento dell’autore e la combustione dei rifiuti e la previsione e volontà
dell’agente di cagionare detta combustione, ma anche che l’agente era consapevole (o avrebbe
10 “Il principio di proporzionalità della pena è stabilito dagli articoli 3 e 27, primo e terzo comma, della Costituzione
che impongono rispettivamente il trattamento differenziato delle singole situazioni diverse e l'ineludibile giustizia della
pena, intrinseca al carattere personale della responsabilità e presupposto dell'azione rieducatrice della pena” (F.
Mantovani Diritto penale, parte generale, IV ed., Cedam, Padova, 2001.
11 “Per quanto invece riguarda la consumazione, trattandosi di un reato istantaneo, esso si perfeziona nel momento in
cui viene compiuta una delle condotte menzionate nei primi due commi dell’art. 256 bis del decreto legislativo n. 152
del 2006 mentre, essendo l’illecito penale in questione, come suesposto, un reato di pericolo, aderendo a
quell’orientamento scientifico che ritiene questo illecito penale non configurabile in forma tentata (Fiandaca – Musco),
si ritiene non ravvisabile tale fattispecie delittuosa nella forma prevista dall’art. 56 c.p..” T. D’Elisiis in Il delitto di
combustione illecita dei rifiuti – lexambiente.it 10 gennaio 2014. Di contro si è affermato che: “… il problema non si
pone, poiché chi tenta la combustione, avendo preventivamente abbandonato o depositato irregolarmente i rifiuti,
risponde del reato consumato ex art 256-bis, comma 3, il quale anticipa la tutela a una fase propedeutica all’incendio”.
C. Ruga Riva “Il decreto terra dei fuochi un commento a caldo” in lexambiente.it
12 V. Paone in “Bruciare i rifiuti è reato, ma sulla carta!” lexambiente.it del 16/1/2014
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potuto esserlo utilizzando la normale diligenza) che detta (modalità di) combustione era illecita;
che l’agente sapeva che quei rifiuti erano abbandonati o depositati in maniera incontrollata e, nel
caso dell’ultima parte del comma, si dovrà dimostrare anche che egli sapeva che quei rifiuti erano
pericolosi” (13).
LE PENE PREVISTE (comma 1 articolo 256bis)
Salvo che il fatto costituisca più grave reato (14), chiunque appicca il fuoco a rifiuti abbandonati
ovvero depositati in maniera incontrollata è punito con la reclusione da due a cinque anni (15). Nel
caso in cui sia appiccato il fuoco a rifiuti pericolosi (16),si applica la pena della reclusione da tre a
sei anni (17).
13 Alberta L. Vergine “Tanto tuono`....che piovve! A proposito dell’art. 3, D.L. n. 136/2013” in Rivista
Ambiente&Sviluppo n.1/2014.
14 Esempio incendio doloso (423 codice penale) o il disastro doloso (comma 2 articolo 434 codice penale)
15 Si applica quindi il comma 2 dell’articolo 280 CPP: “2. La custodia cautelare in carcere può essere disposta solo per
delitti consumati o tentati, per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni e
per il delitto di finanziamento illecito dei partiti di cui all'articolo 7 della legge 2 maggio 1974, n. 195, e successive
modificazioni.”
16 “… leggendo la nuova disposizione si evince chiaramente che affinché possa dirsi integrato il nuovo articolo 256bis,
è necessario che il reo sia consapevole (visto che si parla di reato doloso) non soltanto di appiccare il fuoco ad un
rifiuti, ma anche che lo stesso sia abbandonato ovvero depositato in maniera incontrollata. Ed allora, l’indagine
sull’elemento psicologico sarà ancora più difficile se la combustione riguarda rifiuti pericolosi, posto che la stessa
giurisprudenza della Cassazione ha affermato che, a seguito della entrata in vigore del nuovo elenco dei rifiuti
pericolosi dal 1 gennaio 2002 (DEC 3 maggio 2000, b. 532 e smi), l’accertamento della pericolosità di un rifiuto
prescinde dal riferimento alla sostanza in esso contenuta per i rifiuti contrassegnati da un asterisco, per i quali vige
una presunzione assoluta di pericolosità mentre, per i rifiuti in relazione ai quali la pericolosità viene fatta derivare
dalle sostanze pericolose in essi contenute, è necessaria un’analisi per accertare se tali sostanze eccedano i limiti
stabiliti (Cassazione penale n. 19882 del 2009). Ed allora, sarà agevole per il reo, al fine di evitare l’applicazione della
più grave sanzione, limitarsi ad affermare di non aver avuto cognizione che si trattasse di rifiuti pericolosi, tenuto
conto della particolare tipologia di accertamento (codice CER o analisi) richiesta per la qualificazione del rifiuto come
pericoloso, sicché l’applicazione della sanzione più elevata sembra relegata a casi davvero sporadici”. A. Scarcella
“Campania si Campania no, la terra dei fuochi…: dal decreto alla legge di conversione” in Ambiente&Sviluppo
n.4/2014.
17 “E’ verosimile che gli interpreti si arrovelleranno sulla natura di tale ipotesi: circostanza aggravante, soggetta ad
eventuale bilanciamento con circostanze attenuanti, o fattispecie autonoma? La giurisprudenza, in linea con fattispecie
formulate in modo analogo è prevedibile opterà per la tesi della fattispecie autonoma, funzionale tra l’altro ad evitare
bilanciamenti con eventuali cirocstanze attenuanti.” (C. Ruga Riva in “Il decreto Terra dei fuochi: un commento a
caldo” lexambiente.it 11/12/2013). Secondo la Relazione dell’Ufficio del Massimario della Cassazione (Rel. n.
III/02/2014 Roma, 17.02.2014): “ Sembra utile segnalare che, in relazione alla prima figura, il decreto legge poteva
indurre a ritenere la sussistenza di un’autonoma fattispecie incriminatrice e non una circostanza aggravante sia perché
per la stessa erano – e sono – previste pene autonomamente determinate rispetto a quelle della fattispecie base, sia,
soprattutto, perché il legislatore, ai commi 3, 4 e 5 del medesimo art. 256 bis, laddove si riferisce alle circostanze
aggravanti ed alle cose confiscabili, adoperava l’espressione “delitti di cui al comma 1”, impiegando espressamente il
plurale. Già sotto la vigenza di quel testo, tuttavia, si era segnalato come non potesse ritenersi del tutto implausibile un
inquadramento dell’ipotesi in termini di circostanza aggravante perché l’elemento differenziale rispetto alla fattispecie
prevista dal primo periodo del medesimo comma era – ed è – costituito esclusivamente dall’oggetto materiale, i “rifiuti
pericolosi”, la cui nozione è desumibile alla luce di quanto dispone l’art. 184, comma 4, del d.lgs. n. 152 del 2006, che
fa riferimento, a tal fine, alle cose dotate delle “caratteristiche di cui all’allegato I della parte quarta del presente
decreto”. Con le modifiche apportate in sede di conversione, ad ogni modo, il legislatore sembra aver scelto con
decisione la formula della circostanza aggravante: invero, va sottolineata la cura con cui l’espressione “delitti di cui al
comma 1”, precedentemente impiegata dal d.l. n. 136 del 2013 nei commi 3, 4 e 5 della medesima disposizione, è stata
modificata dalla legge di conversione in quella di “delitto di cui al comma 1” (comma 3), “fatto di cui al comma 1”
(comma 4), “reato di cui al comma 1” (comma 5)..” Di contro alla seconda ipotesi interpretativa del Massimario c’è chi
ha sostenuto che nel caso dei rifiuti pericolosi siamo di fronte ad un reato di pericolo astratto infatti se viene appiccato
il fuoco a rifiuti pericolosi essendo evidente che, in tal caso, tale condotta è sufficiente di per sé a rappresentare una
minaccia per l’ambiente. Invece ne caso di rifiuti, diversi da quelli pericolosi, abbandonati o depositati in modo
incontrollato la norma sembra dal testo della norma che il pericolo richiesto, ai fini della configurabilità dell’illecito
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Quindi il reato introdotto è classificato come delitto ai sensi dell’articolo 17 (18) del Codice Penale.
Sanzione quindi pesante: superiore, ad esempio, a quella prevista per l’omicidio colposo (punito
con la pena minima di 6 mesi di reclusione).
OBBLIGO DI RIPRISTINO (comma 1 articolo 256bis)
Il responsabile è tenuto al ripristino dello stato dei luoghi, al risarcimento del danno ambientale e al
pagamento, anche in via di regresso, delle spese per la bonifica.
Il concetto di ripristino dello stato dei luoghi non esiste nelle definizioni del titolo V parte IV del
DLgs 152/2006 che disciplina le procedure di bonifica. Esiste invece la più precisa definizione di
ripristino ambientale ex lettera q) comma 1 articolo 240 del DLgs 152/2006: “gli interventi di
riqualificazione ambientale e paesaggistica, anche costituenti complemento degli interventi di
bonifica o messa in sicurezza permanente, che consentono di recuperare il sito alla effettiva e
definitiva fruibilità per la destinazione d'uso conforme agli strumenti urbanistici;”.
Peraltro : “L’onere di ripristino: “ha senso nel contesto dell’articolo 256 comma 3 ove con autore
del reato si indica il soggetto che ha realizzato la discarica su quell’area,ma in questa norma,
l’autore del reato al quale si confisca il terreno di proprietà, è l’autore del delitto di incendio, il
quale, ribadiamo, potrebbe anche non essere l’autore dell’abbandono” (19).
ESTENSIONE DELLE SANZIONI AD ALTRE FATTISPECIE SE LA CONDOTTA è
FINALIZZATA ALLA COMBUSTIONE ILLECITA DI RIFIUTI (comma 2 articolo
256bis)
Le stesse pene indicati dal 256bis si applicano a colui che tiene le seguenti condotte (20) al fine della
successiva combustione illecita:
1. Violazione divieto di abbandono e i deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono
vietati (comma 1 articolo 192 combinato disposto comma 1 articolo 255
2. Violazione divieto immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle
acque superficiali e sotterranee. (comma 2 articolo 192 combinato disposto comma 1 articolo 255)
3. Violazione divieto di immettere nel normale circuito di raccolta dei rifiuti urbani imballaggi
terziari di qualsiasi natura (comma 2 articolo 226 combinato disposto comma 1 articolo 255)
4. Violazione obbligo di consegnare a centro di raccolta di auto in demolizione (comma 1 articolo
231 combinato disposto comma 1 articolo 255)
penale de quo, debba essere concreto essendo necessario appurare se, da tale evento, sia messa a repentaglio la zona
circostante. (Tullio D’Elisiis in Il delitto di combustione illecita di rifiuti – lexambiente.it del 10/1/2014.)
18 Le pene principali stabilite per i delitti sono:
1) la morte;
2) l'ergastolo;
3) la reclusione;
4) la multa.
Le pene principali stabilite per le contravvenzioni sono:
1) l'arresto;
2) l'ammenda
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Ambiente&Sviluppo n.1/2014
20 “che senso ha, nel nuovo art. 256-bis, comma 2, richiamare le condotte di cui all'articolo 255, comma 1, quando, in
realtà queste condotte (abbandono e deposito incontrollato) sono vietate dall'art. 192, comma 1 mentre l'art. 255,
comma 1 fornisce solo la sanzione amministrativa e solo per la condotta dei privati (per la condotta di enti e imprese la
sanzione contravvenzionale è prevista dall'art. 256, comma 2)?” (Amendola in “Viva viva la terra dei fuochi”
lexambiente.it del 27/12/2013.
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5. Violazione obbligo di consegnare a concessionario o casa di produzione qualora il proprietario
intenda cedere il veicolo o rimorchio per acquistarne un altro (comma 2 articolo 231 combinato
disposto comma 1 articolo 255)
6. Violazione obbligo di autorizzazione nelle attività di gestione rifiuti se sanzionata penalmente
(vedi commi da 1 a 6 dell’articolo 256)
Quindi chi deposita e/ abbandona per un successivo incendio realizza una ipotesi di dolo specifico
(21). In questa direzione vedi Relazione dell’Ufficio del Massimario della Cassazione (22) n.
III/02/2014 secondo la quale: “Il secondo elemento, quello della funzionalizzazione della condotta
alla successiva combustione illecita, appare offrire aspetti problematici: in particolare, la formula
linguistica impiegata dal legislatore potrebbe essere letta in una chiave marcatamente
soggettivistica, in termini di qualificazione del dolo come dolo specifico, oppure come implicativa
della necessità, ai fini dell’integrazione della fattispecie, anche del compimento di atti
obiettivamente apprezzabili e diretti al fine della “combustione illecita di rifiuti”, oppure ancora
come espressione che sottintende anche la consumazione di tale combustione. Probabilmente, la
terza ipotesi di lettura potrebbe dare luogo ad una “interpretatio abrogans”, in quanto, da un lato,
per il reato di cui all’art. 256 bis, comma 2, d.lgs. n. 152 del 2006 sono previste le “stesse pene”
comminate per il reato di “combustione illecita di rifiuti”, e, dall’altro, la clausola “salvo che il
fatto costituisca più grave reato” posta all’inizio della formulazione del testo che contempla questa
figura, sembra assicurare in ogni caso la prevalenza di tale fattispecie rispetto a quelle previste
dagli artt. 255, comma 1, 256 e 259 del d.lgs. cit. La seconda ipotesi di lettura, invece, potrebbe
essere favorita dalla considerazione che le condotte previste dall’art. 255 del d. lgs. n. 152 del
2006 sono punite solo come illecito amministrativo, salvo se commesse dai titolari di imprese e dai
responsabili di enti (cfr. l’art. 256, comma 2, del medesimo testo normativo), e che, quindi, ritenere
l’inciso “in funzione della successiva combustione illecita di rifiuti” in una prospettiva di carattere
oggettivo potrebbe essere maggiormente in linea con esigenze di tassatività, materialità ed
offensività; resta tuttavia problematica, sotto il profilo della ragionevolezza, l’identità delle
sanzioni edittali previste per le condotte assimilabili al tentativo di “combustione illecita di rifiuti”
e per le condotte in cui l’evento in questione è, invece, compiutamente consumato.
In ogni caso, l’inciso normativo sembra richiedere la sussistenza del dolo specifico, ai fini
dell’integrazione della colpevolezza per l’ipotesi (o le due ipotesi) di reato in questione, a
differenza di quelle precedentemente descritte.” (23) (24) (25)
21 Mentre il dolo generico si ha quando è richiesta dalla legge la semplice coscienza e volontà del fatto descritto dalla
norma incriminatrice, il dolo specifico si ha quando la legge dà rilevanza ad un fine particolare che sta oltre il fatto
materiale tipico e il cui concreto raggiungimento non è necessario per la consumazione del reato: es. il fine di trarre
profitto dalla cosa rubata è implicito nel furto (articolo 624 del CP).
22 Per il testo completo vedi
http://www.lexambiente.it/index.php?option=com_content&view=article&id=10252:rifiuti-relazione-massimario-corte-di-
cassazione-sullla-legge-1362013-&catid=179:dottrina179&Itemid=30
23 “Da un punto di vista pratico, la prova si palesa assai difficile da formare non essendo sufficiente che taluno sia
colto in una delle condotte menzionate in precedenza. In questo caso, sembra essere necessaria un’indagine a più largo
spettro che permetta di consentire acclarata tale volontà (esempio: una persona viene colta in più occasioni ad
abbandonare rifiuti dove poi effettivamente si verificano degli incendi).” Tullio D’Elisiis in Il delitto di combustione
illecita di rifiuti – lexambiente.it del 10/1/2014.
24 “si è cioè previsto di punire un abbandono deposito non autorizzato di rifiuti,con le stesse pene previste per il delitto
consumato di combustione illecita degli stessi, tutte le volte in cui detto deposito/abbandono sia letto dagli inquirenti
quale segnale-sintomo di un progetto, di una idea di un piano di una intenzione, di un…desiderio di successiva
combustione illecita degli stessi. Non possiamo crederci! A prescindere dai problemi connessi alla prova di questa
straordinaria ipotesi delittuosa, ci domandiamo se chi ha scritto la norma sapesse che il nostro è un diritto penale del
fatto e non della intenzione”. Alberta L. Vergine “Tanto tuono`....che piovve! A proposito dell’art. 3, D.L. n. 136/2013”
in Rivista Ambiente&Sviluppo n.1/2014.
25 “se dovesse ritenersi che il comma 2 del nuovo articolo 256-bis fa riferimento all'ipotesi in cui le condotte di cui agli
articoli 255, 256 e 259 sono poste in essere al fine di commettere la combustione illecita senza che questa abbia avuto
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LIMITE DEL NUOVO APPARATO SANZIONATORIO RISPETTO A QUELLO
ESISTENTE
Quindi se deposito/abbandono con la finalità di bruciare rientro nella fattispecie delittuosa del
nuovo articolo 256bis, altrimenti resto nella fattispecie contravvenzionale dell’articolo 256. Come
dire che la gravità della pena non dipende dalla gravità del danno prodotto ad ambiente e salute ma
dalla intenzione di bruciare o meno il rifiuto, come se invece abbandonarlo vicino ad un torrente
non sia altrettanto pericoloso!
AGGRAVANTE PENA NEL CASO LA COMBUSTIONE ILLECITA SIA COMMESSA
NELL’AMBITO DI ESERCIZIO DI IMPRESA E/O ATTIVITÀ ORGANIZZATA (comma
3 articolo 256bis)
Le pene sopra descritte sono aumentate di un terzo se il delitto di combustione illecita di rifiuti è
commesso nell'ambito dell'attività di un'impresa o comunque di un'attività organizzata (26). Il
titolare dell'impresa o il responsabile dell'attività comunque organizzata è responsabile anche sotto
l'autonomo profilo dell'omessa vigilanza (27) sull'operato degli autori materiali del delitto comunque
riconducibili all'impresa o all'attività stessa; ai predetti titolari d'impresa o responsabili dell'attività
si applicano altresì le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2 (28), del decreto
legislativo 8 giugno 2001, n.231 (29).
luogo, allora - cioè in presenza soltanto di attività preparatorie dirette alla commissione del delitto di cui al comma 1
del nuovo articolo 256-bis - ci si troverebbe di fronte ad un caso di equiparazione, ai fini della pena da irrogare, fra
reato tentato e reato consumato la cui compatibilità con il principio di ragionevolezza potrebbe ritenersi problematica”
A. Pierobon “Sul decreto legge 10 dicembre 2013, n.136 e sua conversione in legge 6 febbraio 2014, n.6: prime
impressioni.” in lexambiente.it del 12/3/2014. Sul punto vedi Corte Costituzionale n. 26 del 1979: “le norme che
assoggettano il tentativo e la consumazione allo stesso regime penale costituiscono pur sempre alcunché di eccezionale
rispetto ai principi ispiratori del diritto italiano. Il nostro sistema normativo s'informa invece al criterio, espresso
nell'art. 56 codice penale, della disciplina autonoma del tentativo nei confronti del corrispondente reato consumato:
con la conseguenza che il primo é sottoposto a quelle sanzioni più miti, che il legislatore ha ritenuto adeguate alla
mancata verificazione dell'evento peculiare del secondo".
26 “Visto il rinvio esclusivo, questa aggravante non opera per il delitto di cui al comma 2, e posto che tale comma 2 è
folle, non ce ne doliamo più di tanto, ma a livello di logica non si riesce a capire bene perché l’essere stato commesso il
delitto nell’ambito di un’attività di impresa aggravi la pena e avere avuto il progetto di realizzarlo, sempre nel
medesimo ambito, non la debba aggravare, tanto più quando si rilevi che le condotte di cui al comma 2, cioè quelle del
comma 1 articolo 255, quando sono poste in essere da titolari di imprese o responsabili di enti, integrano reati propri”.
Alberta L. Vergine “Tanto tuono`....che piovve! A proposito dell’art. 3, D.L. n. 136/2013” in Rivista
Ambiente&Sviluppo n.1/2014.
27 “Nel corso dei lavori parlamentari, si è evidenziato che la responsabilità per omessa vigilanza potrebbe essere intesa
in termini di fattispecie implicante sia un contributo causale alla verificazione del fatto sia la rappresentazione e
volizione dell’evento dannoso, oppure, invece, in termini di ipotesi configurante una responsabilità a titolo di colpa. Si
è, però, aggiunto che la prima soluzione tenderebbe a privare di utilità la previsione, in quanto rischierebbe di ridurla
a semplice riproposizione della disciplina generale del codice penale in tema di concorso di persone nel reato, mentre
la seconda soluzione potrebbe far sorgere dubbi sulla ragionevolezza dell’identità di trattamento sanzionatorio
riservata al concorrente a titolo di colpa rispetto a chi ha agito con dolo. Una ulteriore ipotesi ricostruttiva, forse,
potrebbe essere quella di attribuire alla nuova disposizione la funzione di tipizzare una specifica posizione di garanzia:
in questo modo, la fattispecie sarebbe quella del reato omissivo doloso, ascrivibile al <<titolare dell’impresa>> o al
<<responsabile dell’attività comunque organizzata>>, e consistente nel non impedire l’evento della <<combustione
illecita di rifiuti>> determinata dall’azione di soggetti <<comunque riconducibili all’impresa o all’attività stessa>>
“Corte Suprema di cassazione - Ufficio del massimario - Relazione n. III/02/2014.
28 2. Le sanzioni interdittive sono:
a) l'interdizione dall'esercizio dell'attività;
b) la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell'illecito;
c) il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio;
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Occorre dire che l’impresa in questo caso può essere sia quella che non ha alcuna autorizzazione o
comunicazione o iscrizione ai sensi dei vari obblighi della parte IV del DLgs 15272006 ma anche a
quella impresa che pur essendo autorizzata non rispetti le prescrizioni della autorizzazione ad
esempio gestendo rifiuti che non potrebbe gestire. Si pensi in questo ultimo senso a:
a) l’«impresa che dispone il recupero o lo smaltimento dei rifiuti per conto di terzi, compresi gli
intermediari che non acquisiscono la materiale disponibilità dei rifiuti»(lettera l comma 1 articolo
183 decreto legislativo n. 152 del 2006);
b) l’«impresa che effettua le operazioni di trattamento dei rifiuti»(comma 1 articolo 188 decreto
legislativo n. 152 del 2006);
c) l’impresa che effettua il trasporto di rifiuti speciali pericolosi(comma 1 articolo 188ter decreto
legislativo n. 152 del 2006).
Per attività organizzata invece si deve intendere quanto emerge dal reato di attività organizzata di
traffico illecito di rifiuti ex comma 1 articolo 260 DLgs 152/2006: “Chiunque, al fine di conseguire
un ingiusto profitto, con più operazioni e attraverso l'allestimento di mezzi e attività continuative
organizzate, cede, riceve, trasporta, esporta, importa, o comunque gestisce abusivamente ingenti
quantitativi di rifiuti…”(30). Quindi non è sufficiente il deposito abbandono saltuario o addirittura
occasionale.
AGGRAVANTE PENA NEL CASO DI COMBUSTIONE ILLECITA IN AREE DICHIARATE
DI EMERGENZA RIFIUTI (comma 4 articolo 256bis)
La pena è aumentata di un terzo se la combustione illecita di rifiuti è commessa in territori che, al
momento della condotta e comunque nei cinque anni precedenti, siano o siano stati interessati da
dichiarazioni di stato di emergenza nel settore dei rifiuti ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n.
225 (31). 32
d) l'esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l'eventuale revoca di quelli già concessi;
e) il divieto di pubblicizzare beni o servizi.
29 “Ove però si ritenesse che l'omessa vigilanza, oltre a fornire un contributo causale alla verificazione del fatto, sia
accompagnata sul piano dell'elemento soggettivo dalla rappresentazione e dalla volizione dell'evento dannoso - allora
la previsione potrebbe ritenersi inutile, in quanto a configurare la responsabilità dei soggetti in questione sarebbero
già sufficienti le previsioni generali del codice penale in tema di concorso di persone nel reato.
Se, invece, si ritenesse che la previsione configura una forma di responsabilità a titolo di colpa (appunto, per omessa
vigilanza), allora potrebbe sorgere questione di eventuale compatibilità con il principio di ragionevolezza la mancata
previsione, in relazione alla stessa, di un trattamento sanzionatorio meno grave rispetto all’ipotesi dolosa;” A.
Pierobon “Sul decreto legge 10 dicembre 2013, n.136 e sua conversione in legge 6 febbraio 2014, n.6: prime
impressioni.” in lexambiente.it del 12/3/2014.
30 Corte di Cassazione, sezione III penale, sentenza 10 luglio 2008 (dep. 23 luglio 2008), n. 30847: ” una pluralità di
operazioni in continuità temporale relative ad una o più delle diverse fasi in cui si concretizza ordinariamente la
gestione dei rifiuti “
31http://ccs.infospace.com/ClickHandler.ashx?ld=20141104&app=1&c=airziphosted&s=airzip&rc=Airziphosted&dc=&e
uip=151.16.138.138&pvaid=252fd25315fb4463ad621872305260ec&dt=Desktop&fct.uid=7dd2b9d84e6a43b49c2a2bb
bac258475&en=L3uXZvn7lGF%2bJ7ci1QCbRRmYxNKoXGrwRc4%2bRpZGyqXHcwwvo6YaTffPQ7suqrf9&du=www.prote
zionecivile.gov.it%2fcms%2fattach%2feditor%2f225_1992.pdf&ru=http%3a%2f%2fwww.protezionecivile.gov.it%2fcm
s%2fattach%2feditor%2f225_1992.pdf&ap=1&coi=771&cop=main-title&
npp=1&p=0&pp=0&ep=1&mid=9&hash=BCF223E98947488544D648A979407DEA
32 “Si pone invece un profilo di criticità costituzionale in quale parte della disposizione che consente l’applicazione di
tale elemento accidentale a quei territori che, nei cinque anni precedenti dal compimento della condotta, siano stati
interessati da dichiarazioni di stato di emergenza nel settore dei rifiuti ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225.
Difatti, secondo quanto evidenziato da insigne letteratura scientifica, la retroattività, nel caso di specie, è irragionevole
proprio perché l’assenza di una emergenza attuale contrasta con la stessa scelta del legislatore il quale ha introdotto
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CONFISCA MEZZI PER TRASPORTO RIFIUTI BRUCIATI ILLECITAMENTE (comma 5
articolo 256bis)
I mezzi utilizzati per il trasporto di rifiuti oggetto del reato di combustione illecita di rifiuti,
inceneriti in aree o in impianti non autorizzati, sono confiscati ai sensi dell'articolo 259, comma 2
(33) DLgs 15272006 (Testo Unico Ambientale), salvo che il mezzo appartenga a persona estranea
alle condotte (34) di cui al citato comma 1 del presente articolo e che non si configuri concorso di
persona nella commissione del reato. (35) (36)
un trattamento sanzionatorio più afflittivo proprio in ragione della situazione di maggior esposizione in cui si trova
l’ambiente in tali situazioni. Del resto, sempre in sede scientifica, è stato evidenziato come il divieto di retroattività
involga il reato in tutti i suoi aspetti e quindi, anche per quello che attiene gli elementi accidentali.” (Tullio D’Elisiis
in Il delitto di combustione illecita di rifiuti – lexambiente.it del 10/1/2014.)
33 Alla sentenza di condanna per traffico illecito di rifiuti (ai sensi del comma 1 articolo 259) o a quella emessa ai sensi
dell'articolo 444 del Codice di procedura penale (applicazione pena su richiesta dell’imputato o del PM, per i reati
relativi al traffico illecito di rifiuti o al trasporto senza autorizzazione (articolo 256) e senza adesione al SISTRI (comma
4 articolo 258), consegue obbligatoriamente la confisca del mezzo di trasporto.
34 Ciò risulta coerente con il comma 1bis dell’art. 214 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Codice della
Strada), secondo il quale: “Se l'autore della violazione è persona diversa dal proprietario del veicolo, ovvero da chi ne
ha la legittima disponibilità, e risulta altresì evidente all'organo di polizia che la circolazione è avvenuta contro la
volontà di costui, il veicolo è immediatamente restituito all'avente titolo..”. Secondo M- Santoloci in
www.dirittoambiente.com : ”Considerando l’esperienza storica nel campo degli illeciti e dei vari crimini ambientali ed
a danno della salute pubblica a tutti i livelli, e considerando che storicamente questo settore ha saputo generare
furbizie e cavilli giuridici di ogni tipo per fare esonerare dai regimi sanzionatori responsabili anche di fatti gravi, è
facile immaginare come ai livelli medi ed alti di criminalità ci si può tranquillamente continuare ad organizzare con
figure fantoccio o altri personaggi di pura immagine fittizia per far apparire i mezzi utilizzati per tale tipo di crimine
come appartenenti a personaggi formalmente e sulla carta estranei e quindi aggirare facilmente questo importante
principio. Ancora una volta è mancato il coraggio di prevedere un sistema sanzionatorio netto, efficace, concreto e
senza possibilità di equivoci applicativi. Anche per questo riteniamo questo delitto limitato e poco coraggioso”.
35 “il comma 5 prevede la confisca obbligatoria "ai sensi dell'art. 259, comma 2", dei mezzi di trasporto utilizzati per
commettere i delitti di combustione illecita. Ma, ovviamente, i mezzi di trasporto non possono essere utilizzati per
bruciare rifiuti; ed allora, non resta che ritenere, al di là della pessima formulazione, che ci si riferisca ai mezzi di
trasporto utilizzati per trasportare i rifiuti poi oggetto di combustione illecita. Ma, in questi termini, la norma è
superflua e fuorviante. Fuorviante perchè l'art. 259, comma 2 prevede la confisca dei mezzi di trasporto in caso di
trasporto illecito e non di smaltimento illecito, come nel caso della combustione.
Superflua perchè l'art. 260-ter, comma 5 (in relazione al comma 4), già prevede la confisca obbligatoria del veicolo e
di qualunque altro mezzo utilizzato per il trasporto dei rifiuti qualora si accertino i reati (contravvenzionali) previsti
dall’art. 256, comma 1; e cioè quelli commessi da <<chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero,
smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o
comunicazione di cui agli articoli 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216 >>. E, quindi, anche lo smaltimento per
combustione illecita.” (Amendola in Viva viva la terra dei fuochi lexambiente.it del 27/12/2013). Di contro M.
Santoloci in www.ambientediritto.com : “Oggi, il nuovo reato in esame sottolinea e ribadisce l’obbligo, e non la mera
possibilità, della confisca del mezzo di trasporto. Mi sembra una formulazione chiara e lineare che non dovrebbe dare
luogo a difficoltà interpretative ed applicative. E si tratta di un messaggio chiarissimo anche verso le forze di polizia
operanti sul territorio, giacché è palese che se la finalità della norma è quella di sottrarre in via definitiva al
responsabile del trasporto illecito il veicolo proprio per evitare la prosecuzione e/o reiterazione del reato, in modo
conseguente e preliminare altrettanto logico e doveroso appare il sequestro preventivo operato dalla polizia giudiziaria
in flagranza di reato. Omettere il questi casi il sequestro da parte della PG oltre ad agevolare di fatto la continuazione
e reiterazione del reato, significa – tra l’altro – ostacolare la confisca in sede giurisdizionale.”
36 “…se forse ha un senso la previsione che pretende la confisca obbligatoria del mezzo di trasporto utilizzato per
realizzare un <<traffico illecito>> o un <<trasporto illecito>> di rifiuti, in quanto il mezzo di trasporto costituisce lo
strumento con il quale si realizza il reato, non possiamo dire la stessa cosa della confisca del mezzo di trasporto
utilizzato per incendiare i rifiuti. La condotta di <<appiccare il fuoco ai rifiuti>> non può certo essere realizzata
mediante mezzi di trasporto. Al più, il mezzo sarà usato dall’incendiario per raggiungere il luogo dove darà fuoco ai
rifiuti, ma non costituirà mai lo strumento utilizzato <<per>> appiccare il fuoco. Ricondurre i mezzi di trasporto
utilizzati dall’autore dell’incendio, tra <<le cose che servirono o furono destinate a commettere il reato>> ci pare
operazione audace. Ragionando in questo modo si potrebbe ordinare la confisca del mezzo con il quale l’omicida si è
recato nella località dove ha ucciso la sua vittima..La confisca, che piaccia o no, per ora è ancora una misura di
sicurezza e non, nonostante gli auspici di parte della magistratura, una, anzi l’unica sanzione veramente efficace per
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Procura della Repubblica di Civitavecchia in una nota (37) inviata agli organi di PG della
circoscrizione di competenza, ha precisato che occorre porre: “l’attenzione sull’obbligo della
confisca obbligatoria di mezzi ed aree previsto dal comma 5 del nuovo art. 256-bis (sopra
riportato) in quanto ciò comporta, in sede di indagini, l’obbligo di sequestro preventivo; tanto più
che “la revoca del sequestro preventivo in relazione a fattispecie di reato per le quali è prevista la
confisca obbligatoria è possibile soltanto nell'ipotesi nella quale vengano a mancare gli elementi
costituenti il "fumus commissi delicti" e non per il venire meno delle esigenze cautelari, atteso che
in tali ipotesi la pericolosità della "res" non è suscettibile di valutazioni discrezionali, ma è
presunta dalla legge.(Cass. pen. , c.c. 25 giugno 2013, n. 43945, Liccardi), e che “le cose che
soggiacciono a confisca obbligatoria non possono essere restituite in nessun caso all’interessato,
anche quando siano state sequestrate dalla polizia giudiziaria di propria iniziativa e per finalità
esclusivamente probatorie” (da ultimo, Cass. pen. , c.c. 20 marzo 2014, n. 28442”.
CONFISCA AREA DOVE È AVVENUTA LA COMBUSTIONE ILLECITA (COMMA 5
articolo 256bis)
Alla sentenza di condanna o alla sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura
penale consegue la confisca dell'area sulla quale è commesso il reato, se di proprietà dell'autore o
del concorrente nel reato, fatti salvi gli obblighi di bonifica e ripristino dello stato dei luoghi.
Secondo la relazione dell’Ufficio del Massimario della Cassazione (Rel. n. III/02/2014 Roma,
17.02.2014): “… La seconda ipotesi di confisca, che appare essere anch’essa obbligatoria, perché
si dispone che la stessa “consegue alla sentenza di condanna o alla sentenza emessa ai sensi
dell’art. 444 cod. proc. pen.”, pone qualche problema ermeneutico laddove si riferisce
specificamente alle aree di proprietà del “concorrente nel reato”: questa dizione, che sostituisce
quella di “compartecipe del reato”, impiegata nel d.l. n. 136 del 2013, può sembrare un inciso
superfluo, dato che ciascun concorrente risponde pienamente del reato a norma dell’art. 110 cod.
pen.; potrebbe, forse, conservare qualche utilità se la fattispecie introdotta dalla legge di
conversione nel secondo periodo del terzo comma del ‘nuovo’ art. 256 bis d.lgs. n. 152 del 2006
venisse configurata in termini di responsabilità colposa o di autonoma figura di reato omissivo
improprio.”
Sulla confisca dell’area si veda la seguente giurisprudenza:
“ non «è ammessa in sede esecutiva la revoca della confisca ancorché erroneamente disposta con
decreto penale di condanna divenuto irrevocabile per mancata opposizione, ostandovi la
formazione del giudicato” (Corte di Cassazione, sezione III penale, sentenza 24 ottobre 2012)
“In caso di comproprietà dell’area, i comproprietari sono soggetti alla confisca dell’area solo se
sono responsabili, quantomeno a titolo di concorso, del reato di discarica abusiva. La restituzione
dell’ intero bene, però, od uno o più titolari della comproprietà indivisa rimasti estranei al reato,
consentirebbe anche al proprietario condannato di riacquistare la piena disponibilità
dell’immobile, con evidente elusione della “ratio” della norma, che va individuata nell’opposta
esigenza di evitare che l’area interessata rimanga nella disponibilità del proprietario il quale la
punire gli inquinatori. E se di misura di sicurezza si tratta, deve essere applicata nel rispetto dei presupposti e della
disciplina stessa” Alberta L. Vergine “Tanto tuono`....che piovve! A proposito dell’art. 3, D.L. n. 136/2013” in Rivista
Ambiente&Sviluppo n.1/2014.
37 http://www.lexambiente.com/index.php?option=com_content&view=article&id=11014:2014-10-19-15-51-
42&catid=189:dottrina189&Itemid=28
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abbia già utilizzata come strumento del reato. Affinché, pertanto, il diritto del terzo estraneo al
reato non venga sacrificato, la quota di spettanza di esso estraneo potrà essergli restituita come
proprietà singolare sulla quale il reo non abbia diritto di disporre”. (Cass. Sez. III n. 37199 del 19
ottobre 2010)
APPLICAZIONE SANZIONI VIOLAZIONE DIVIETO ABBANDONO PER RIFIUTI
VEGETALI (comma 6 articolo 256bis)
Il comma 6 dell’articolo 256bis afferma che si applicano le sanzioni di cui all'articolo 255 DLgs
152/2006 se le condotte di cui al comma 1 (appicca il fuoco di rifiuti abbandonati o depositati in
modo incontrollato) hanno a oggetto i rifiuti di cui all'articolo 184, comma 2, lettera e) (i rifiuti
vegetali provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali) (38).
Le sanzioni dell’articolo 255 sono quelle amministrative pecuniarie relativa alla violazione del
divieto di abbandono o deposito rifiuti ovvero immissione nelle acque superficiali o sotterranee,
fino a quella dell’arresto nei casi di mancato rispetto della ordinanza del Sindaco di rimozione e
avvio al recupero/smaltimento(ex comma 3 articolo 192 DLgs 152/2006) o dell’obbligo di separare
i rifiuti che non potevano essere miscelati (ex comma 3 articolo 187 DLgs 15272006).
Quindi se i suddetti rifiuti sono abbandonati o depositati in modo incontrollato per essere bruciati si
applica la sanzione amministrativa. Se invece sono smaltiti abusivamente senza incendio si continua
ad applicare la sanzione penale ex comma 1 (39) articolo 256 del DLgs 152/2006! Anzi da un lettura
sistematica tra il primo e il secondo comma dell’articolo 256bis potremmo dedurre che:
“ l'ammorbidimento della sanzione (da delitto ad illecito amministrativo) riguarda solo le condotte
di cui al comma 1, dovrebbero restarne escluse quelle del secondo comma anche se riguardano
rifiuti vegetali. E, quindi, le condotte di abbandono-deposito incontrollato e di gestione illecita
(raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza
della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli articoli 208, 209, 210, 211,
212, 214, 215 e 216) di rifiuti vegetali, in funzione della successiva combustione illecita dovrebbero
essere punite come delitti, con le stesse pene del primo comma del nuovo articolo, e cioè con la
reclusione da 2 a 5 anni. Insomma, se si tratta di rifiuti vegetali, la condotta illecita principale
sarebbe illecito amministrativo mentre le condotte propedeutiche sarebbero delitto.” (40)
Secondo la relazione dell’Ufficio del Massimario della Cassazione (Rel. n. III/02/2014 Roma,
17.02.2014): “In effetti, considerato, per un verso, che per questa fattispecie è espressamente
prevista una sanzione amministrativa e, per altro verso, che i rifiuti in questione sono
obiettivamente meno pericolosi per la salute della collettività, si potrebbe ragionevolmente
concludere che la condotta di chi appicca il fuoco a rifiuti vegetali provenienti da aree verdi
abbandonati o depositati in maniera incontrollata è priva di rilevanza penale, ed integra un mero
illecito amministrativo. Tuttavia, se questa soluzione interpretativa individua un limite alla
38 “che senso ha, nel comma 6, l'ulteriore richiamo alle sanzioni dell'art. 255 se la combustione illecita ha ad oggetto
rifiuti vegetali, provenienti da aree verdi quali giardini, parchi ed aree cimiteriali? Infatti, bruciare rifiuti sembra più
propriamente rientrare nell'ambito dell'art. 256 che attiene alle attività illecite di gestione di rifiuti. Deve ritenersi,
allora, che probabilmente il richiamo sia fatto quoad poenam ; con la conseguenza che oggi anche il caso frequente di
bruciamento di stoppie da parte di privato deve intendersi vietato e punito con la sanzione (amministrativa) di cui
all'art. 255” (Amendola in Viva viva la Terra dei fuochi - lexambiente.it del 27/12/2013)
39 “1. Chiunque effettua una attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di
rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli articoli 208, 209, 210, 211,
212, 214, 215 e 216 è punito:
a) con la pena dell'arresto da tre mesi a un anno o con l'ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si
tratta di rifiuti non pericolosi;
b) con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni e con l'ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si
tratta di rifiuti pericolosi.”
40 G. Amendola “Decreto Terra dei fuochi e combustione di stoppie” in Lexambiente.it del 5/5/2014.
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rilevanza penale delle nuove fattispecie incriminatrici con riferimento al profilo ‘qualitativo’
dell’oggetto materiale del reato, altro discorso deve farsi sulla possibile rilevanza del profilo
<<quantitativo>> dello stesso. Nel silenzio del legislatore, l’individuazione del confine tra
rilevanza ed irrilevanza penale delle condotte non attinenti a <<rifiuti vegetali provenienti da aree
verdi>>, potrebbe essere fornito da una valutazione incentrata sul grado di offesa per l’interesse
tutelato dalla norma. In questa prospettiva, appare utile considerare che il legislatore sembra aver
inteso tutelare l’ambiente anche quando non venga direttamente in rilievo la salute collettiva: una
conferma in proposito risulta offerta anche dall’art. 4 del d.l. n. 1536 del 2013, che, nell’introdurre
un nuovo comma 3 ter all’art. 129 disp. att. cod. proc. pen., ha previsto l’obbligo per il pubblico
ministero di informare il Ministero dell’Ambiente ogniqualvolta procede per uno dei reati previsti
dal d.lgs. n. 152 del 2006, e, quindi, anche se si tratti del ‘nuovo’ art. 256 bis, e di informare,
invece, il Ministero della Salute o il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali solo
quando i predetti reati “arrechino un concreto pericolo alla tutela della salute o alla sicurezza
agroalimentare”.
“Se anche può dirsi che la combustione delle stoppie rientra nella normale pratica agricola, questo
non comporta affatto che si tratti automaticamente di materiale agricolo o forestale naturale non
pericoloso utilizzati in agricoltura, nella selvicoltura o per la produzione di energia da tale
biomassa mediante processi o metodi che non danneggiano l’ambiente né mettono in pericolo la
salute umana. Non si capisce, infatti, quale sia il loro utilizzo, visto che l’unico intento di chi brucia
le stoppie è di liberarsene; e, quindi, di solito, le stoppie vengono bruciate e le ceneri disperse. E,
del resto, sempre la Cassazione, come abbiamo visto, aveva già chiaramente ricordato sin dal 2008
che “non trova riscontro nelle tecniche di coltivazione attuali l’utilizzazione delle ceneri come
concimante naturale”. Anzi, sembra accertato che, in agricoltura, la combustione delle stoppie
viene considerata una pratica non utile ma addirittura nociva. Basta ricordare, in proposito, che il
D.M. 15 dicembre 2005, dando attuazione all' art. 5 Regolamento CE 1782/03, allegato 4 ("gli Stati
membri provvedono affinché tutte le terre agricole siano mantenute in buone condizioni
agronomiche e ambientali"), alla norma 2.1, statuisce, in via generale, che "al fine di favorire la
preservazione del livello di sostanza organica presente nel suolo..... è vietata la bruciatura delle
stoppie e delle paglie, nonchè della vegetazione presente al termine dei cicli produttivi di prati
naturali o seminati"13. Peraltro, la migliore conferma che la combustione di rifiuti vegetali
costituiva e costituisce un illecito viene proprio dall’inserimento del comma 6 nel Decreto “Terra
di fuochi” che sarebbe del tutto superfluo se tale operazione fosse realmente una operazione
rientrante nella normale pratica agricola cui consegue tout court l’esclusione dalla normativa sui
rifiuti (incluso il nuovo art. 256-bis).” G. Amendola “Decreto terre dei fuochi e combustione di
stoppie” in lexambiente.it del 5/5/2014
Il Comando provinciale Corpo forestale dello Stato Avellino con Nota41 del 8 aprile 2014, prot.
n. 3673 ha svolto una serie di chiarimenti in ordine alla possibilità di bruciare sul luogo di produzione i
residui vegetali provenienti da attività agricole, e tanto anche sulla scorta di alcune ordinanze, recentemente
emanate da Sindaci della provincia, le quali autorizzano tale condotta.
In particolare la Nota ricorda che la questione non riguarda: “paglia, sfalci e potature, nonché altro
materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso utilizzati in agricoltura, nella selvicoltura o
per la produzione di energia da tale biomassa mediante processi o metodi che non danneggiano
l'ambiente né mettono in pericolo la salute umana”. Per i quali ai sensi della lettera f) comma 1
articolo 185 DLgs 152/2006 non si applica la normativa sui rifiuti quindi neppure il reato di
41 http://www.reteambiente.it/normativa/20170/nota-comando-provinciale-corpo-forestale-dello-sta/
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combustione illecita dei rifiuti e neppure l’illecito amministrativo descritto sopra in questo
paragrafo.
Al di fuori di questa ipotesi invece siamo nell’ambito dei materiali, considerati rifiuti ex lettera e)
comma 2 articolo 184 DLgs 152/2006 che considera come rifiuti urbani: i rifiuti vegetali
provenienti da aree verdi, quali giardini, parchi e aree cimiteriali. In questo caso:
1. La loro combustione nel sito di produzione si configura come una attività di gestione, nella forma
dello smaltimento, priva di autorizzazione. La fattispecie integra l'ipotesi di reato contravvenzionale
sanzionato dall'articolo 256 del T.u.a. ("gestione non autorizzata") (42), con l'arresto da tre mesi ad
un anno o con l'ammenda da 2.600 euro a 26.000 euro.
2. Relativamente al nuovo reato ex articolo 256bis sopra descritto la Nota rileva che: “tale norma
non si applicherà a quantità modeste di residui vegetali bruciati in pieno campo, avendo ad oggetto
soltanto i rifiuti abbandonati ovvero depositati in maniera incontrollata in aree non autorizzate”.
3. fatta salva l’eccezione della sanzione amministrativa descritta sopra in relazione al comma 6 del
nuovo articolo 256bis, la condotta: “dell'abbruciamento dei residui vegetali in pieno campo integra una
violazione di carattere penale.”
Quindi dalla fattispecie del comma 6 articolo 256bis sono esclusi i rifiuti da attività agricole e agro-industriali
, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 2135 C.C. (43), i quali ex lettera a) comma 3 articolo
184 DLgs 152/2006, sono considerati speciali e a questi si applica il delitto ex articolo 256bis e non
invece la sanzione amministrativa del comma 2 di questo articolo.
Relativamente alle ordinanze sindacali (44) che consentono la pratica della combustione di tali rifiuti
all’interno della singola attività agricola, se presentate come “contingibili ed urgenti” appaiono
totalmente illegittime tanto più se motivano la urgenza alle ragioni finanziarie (quali l'eccessiva
onerosità del servizio di gestione per il Comune, o per i cittadini), non sussistendo un principio di
giustificazione di tipo economico nel sistema, già previsto dal Dlgs 22/1997 (decreto Ronchi).
Questo anche perché tali ordinanze ex articolo 191 devono essere temporalmente limitate e fondarsi
su esigenze eccezionali ed urgente di tutela della salute pubblica e dell’ambiente.
Parimenti illegittimi sono i provvedimenti sindacali che autorizzano la pratica in esame
presentandola come strumento di lotta fitosanitaria, in particolare a tutela della castanicoltura; in tali
casi, essi hanno un oggetto 'più circoscritto, rivolgendosi ai proprietari o conduttori di castagneti,
autorizzati all'abbruciamento dei ricci, del fogliame e delle felci per contrastare la diffusione di un
insetto patogeno, quale il cinipi de del castagno.
Tali ordinanze, per tutti i motivi innanzi esposti, sono contrarie alle leggi nazionali; oltretutto, le
stesse si pongono anche in contrasto con fonti regolamentari che disciplinano specificamente la
42 “il taglio di alberi, eseguito nell’ambito della silvicoltura, costituisce attività produttiva e quindi trova applicazione il
D. Lgs 152/06 (ed in particolare, sotto il profilo sanzionatorio l’articolo 256 ndr). La eliminazione, mediante
incenerimento, dei rami degli alberi tagliati (per circa un metro cubo) non usufruibili in processi produttivi non
costituisce una forma di utilizzazione nell’ambito di attività produttive. Inoltre non trova riscontro nelle tecniche di
coltivazione attuali l’utilizzazione delle ceneri come concimante naturale. Tale materiale, pertanto, non può essere
considerato materia prima secondaria riutilizzata in diversi settori produttivi senza pregiudizio per l’ambiente” (Cass.
pen., sez. 3, 4 novembre 2008, n. 46213 di contro vedi Cassazione Penale 16474/2013
http://www.ambienterosa.net/articoli/2013/123.pdf
43 “è imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di
animali e attività connesse”
44 “un'eccezione è l'ordinanza 27 marzo 2014 del sindaco di Polverana, in Veneto, la quale <<informa che il nuovo
art. 256-bis del D.Lgs. n. 152/2006 (Testo Unico delle norme in materia ambientale) introduce il divieto di combustione
illecita di rifiuti, sanzionando penalmente chiunque bruci rifiuti provenienti da attività agricola: stoppie, ramaglie,
paglie, nonchè la vegetazione presente al termine dei cicli produttivi di prati naturali o seminati, fatte salve eventuali
disposizioni regionali connesse ad emergenze fitosanitarie....>> e conclude invitando <<tutti i produttori dei rifiuti in
argomento, a procedere con lo smaltimento degli stessi nelle modalità di legge>>” G. Amendola Decreto Terra dei
Fuochi e combustione di stoppie” in Lexambiente.it del 5/5/2014
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materia, quali, innanzitutto, il Dm del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali del 30
ottobre 2007 ("Misure d'emergenza per impedire la diffusione del cinipide del castagno:
Recepimento della decisione della Commissione 2006/464/Ce"): questo prevede che siano le
competenti strutture del Servizio fitosanitario regionale a delimitare le zone di insediamento del
patogeno, nell'ambito di controlli ufficiali, e a prescrivere le misure di contrasto, tra le quali non
rientra la distruzione di parti arboree (prevista, nelle zone "focolaio", solo all'inizio della
diffusione), essendosi ormai optato per forme di lotta biologica, tramite l'introduzione di organismi
antagonisti.
Inoltre altri limiti legali a queste pratiche potrebbe derivare dalle Linee regionali di indirizzo
agronomico per prevenire e contrastare il degrado di alcune tipologie di alberi nonché dalla legge
regionali forestali. Peraltro se invece le norme regionali permettessero tale pratica, perché entrate in
vigore prima del DLgs 152/2006 e delle successive modifiche compresa quella ultima dell’articolo
256bis, soccomberanno alle previsioni del T.u.a., in virtù del principio di gerarchia tra le fonti
normative in una materia, quale quella della tutela dell'ambiente, di esclusiva competenza statale
(articolo 117 Cost., lettera s, come modificato dalla legge 3/2001).
L’ABBRUCIAMENTO DI MATERIALI VEGETALI IN PICCOLI CUMULI
La lettera b) del comma 8 articolo 14 della legge 116/2014(45) ha introdotto un comma 6bis all’articolo 182
del DLgs 152/2006 (principi in materia di smaltimento rifiuti). Il nuovo comma così recita: “6-bis. Le
attività di raggruppamento e abbruciamento in piccoli cumuli e in quantità giornaliere non
superiori a tre metri steri per ettaro dei materiali vegetali di cui all'articolo 185, comma 1, lettera
f), effettuate nel luogo di produzione, costituiscono normali pratiche agricole consentite per il
reimpiego dei materiali come sostanze concimanti o ammendanti, e non attività di gestione dei
rifiuti. Nei periodi di massimo rischio per gli incendi boschivi, dichiarati dalle regioni, la
combustione di residui vegetali agricoli e forestali è sempre vietata. I comuni e le altre
amministrazioni competenti in materia ambientale hanno la facoltà di sospendere, differire o
vietare la combustione del materiale di cui al presente comma all'aperto in tutti i casi in cui
sussistono condizioni meteorologiche, climatiche o ambientali sfavorevoli e in tutti i casi in cui da
tale attività possano derivare rischi per la pubblica e privata incolumità e per la salute umana, con
particolare riferimento al rispetto dei livelli annuali delle polveri sottili (PM10)”
Come abbiamo visto sopra i materiali vegetali di cui alla lettera f) comma 1 articolo 185 sono
paglia, sfalci e potature, nonché altro materiale agricolo o forestale naturale non pericoloso utilizzati
in agricoltura, nella selvicoltura o per la produzione di energia da tale biomassa mediante processi o
metodi che non danneggiano l'ambiente né mettono in pericolo la salute umana; cioè quei materiali
non considerati rifiuti ex lege dalla norma appena citata.
Quindi il nuovo comma 6bis dell’articolo 182 si limita a specificare quanto già si sapeva e cioè che per
questo tipo di materiali, non essendo considerati rifiuti ex lege, il loro abbruciamento (46) non può
comportare alcun illecito secondo la normativa dei rifiuti.
Però lo stesso comma 6bis pone dei limiti all’abbruciamento:
45 http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2014/08/20/14A06580/sg
46 “Il legislatore ha volutamente fatto proprio l’approccio francese che consente la pratica dell’abbruciamento
ignorando tuttavia, pro domo sua, altre evidenze che vanno in direzione opposta, come ad esempio il caso della
Danimarca che vietò tale pratica. E’ scientificamente dimostrato che l’abbruciamento causa la concentrazione di
metalli sui terreni dovuta essenzialmente alla presenza di pesticidi organometallici o prodotti fitosanitari utilizzati in
agricoltura (inter alia il rame solfato). Quindi da un lato si ha un effetto benefico di concimazione (le ceneri sono
ricche di fosforo e potassio) ma anche di inquinamento da metalli e di salinizzazione del terreno. Inoltre, la presenza di
pesticidi alogenati può, durante la combustione, generare diossine e furani a detrimento dell’incolumità e salute
umana.” A. Volpato “Prime annotazioni sugli abbruciamenti: il reato è legittimato” in lexambiente.it del 19/9/2014.
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1. non superare i tre metri steri per ettaro di accumulo
2. non violare il divieto di bruciarli nel caso di periodi di massimo rischio incendi dichiarati dalle
Regioni
3. non violare i provvedimenti sindacali di divieto di bruciare detti materiali in particolari
condizioni meteo e/o ambientali.
Se i materiali vegetali vengono bruciati in violazione di questi limiti/ordini? Sicuramente non si
applica l’articolo 256bis e le sanzioni penali in esso previste ma come affermato dal comma 6 dello
stesso articolo per i materiali vegetali si applicano quelle previste dall’articolo 255 (abbandono di
rifiuti) e dell’articolo 256 comma 1 (smaltimento senza autorizzazione) se di rifiuti si tratta
ovviamente perché se invece i materiali rientrano tra quelli di cui alla lettera f) comma 1 articolo
185, allora non essendo rifiuti non si applicheranno norme del testo unico ambientale ma semmai le
norme generali di violazione di ordini della pubblica autorità, si veda l’articolo 650 (47) del Codice
Penale salvo ovviamente che la condotta illecita non comporti altri e più gravi reati ovviamente.
LE REGIONI COSA STANNO FACENDO RISPETTO ALLA NORMATIVA SOPRA
DESCRITTA
La Regione Lombardia con apposita delibera (48) ha dato attuazione in particolare al comma 6bis
dell’articolo 182 del DLgs 152/2006. In particolare la delibera ha ribadito in premessa che
al di fuori di quanto stabilito dall'articolo 182, comma 6-bis, i residui vegetali agricoli o forestali non
utilizzati per scopi ed attività previsti dalla norma stessa, rientrano nella gestione dei rifiuti e che, pertanto, è
sempre vietato bruciare tali scarti agricoli, senza finalità di pratica agricola o di recupero energetico.
Proprio in riferimento al comma 6bis secondo il quale nell’intervallo temporale di massimo rischio meteo
climatico non si possono comunque bruciare rifiuti vegetali all’aperto, ha individuato tale intervallo dal 15
ottobre al 15 aprile di ogni anno considerato che questo è il periodo in cuis si registrano le più elevate
concentrazioni di PM10.
La delibera inoltre, in attuazione del comma 3 dell'articolo 12-bis della legge regionale n. 24/2006, che
esprime i criteri per l'individuazione dei luoghi ove consentire la combustione degli scarti vegetali agricoli e
forestali, ha individuato nelle zone impervie o non raggiungibili dalla viabilità ordinaria (in particolare le
zone terrazzate alpine e prealpine) i luoghi ove ammettere la combustione di piccoli cumuli in quantità non
superiori a tre metri steri per ettaro degli scarti vegetali agricoli e forestali nel periodo dal 15 ottobre al 15
aprile di ogni anno;
Sulla base di queste premesse il dispositivo della delibera ha stabilito:
“1. di vietare la combustione in loco di piccoli cumuli non superiori a tre metri steri per ettaro dei
residui vegetali agricoli o forestali nel periodo dal 15 ottobre al 15 aprile di ogni anno, attuando
quanto previsto dall'articolo 182, comma 6-bis, del T.u. Ambiente e dall'articolo 12-bis della Lr n.
24/2006;
2. di consentire che la combustione di cui al punto 1. Possa essere eseguita dal proprietario o dal
possessore del terreno per soli due giorni all'interno del periodo dal 15 ottobre al 15 aprile di ogni
anno nelle zone impervie o non raggiungibili dalla viabilità ordinaria e con modalità atte ad
evitare impatti diretti di fumi ed emissioni sulle abitazioni circostanti, previa:
47 “Chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall'autorità per ragione di giustizia o di sicurezza
pubblica o d'ordine pubblico o d'igiene, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con l'arresto fino a tre
mesi o con l'ammenda fino a euro 206”
48 http://www.ptpl.altervista.org/burl/2014/burl_43_2014_dgr_17102014_2525.pdf
17
18. Dott. Marco Grondacci giurista ambientale
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− comunicazione al Comune concernente la data, la localizzazione dell'intervento di combustione,
l'osservanza delle disposizioni del presente provvedimento e di quelle eventuali emanate dal
Sindaco, anche riferite all'individuazione di ambiti territoriali esclusi dalla facoltà di combustione;
− verifica che le condizioni meteorologiche nella giornata in cui è effettuata la combustione siano
favorevoli o molto favorevoli alla dispersione degli inquinanti in atmosfera, attraverso
collegamento al sito ufficiale di Arpa all'interno del Servizio meteorologico regionale (49);
3. di disporre che il Comune tempestivamente inoltri la comunicazione di cui al punto 2. ai soggetti
competenti ad effettuare i controlli e al settore monitoraggi ambientali di Arpa Lombardia;…”.
La Regione Puglia con DPGR50 n.226 del 2014 ha ammesso, all’articolo 8, la possibilità di
bruciare residui vegetali all’aperto alle seguenti condizioni: “L’accensione e bruciatura delle
stoppie può avvenire esclusivamente in giorni di non eccessivo calore e privi di vento, nelle prime
ore del mattino (a partire dalle ore 5.00 con spegnimento entro le ore 9.00) e nelle ore del
crepuscolo (dalle ore 19.00 con spegnimento entro le ore 20.00) e a condizione che il fumo non
invada abitazioni, luoghi di lavoro, strade pubbliche o di uso pubblico, ferrovie, tale da generare
situazioni di pericolo per persone e/o veicoli in transito. La bruciatura delle stoppie,
dall’accensione del fuoco fino allo spegnimento, deve essere controllata sul posto dal proprietario
o dal conduttore del fondo, eventualmente coadiuvato da altro personale, che dovrà vigilare in
maniera attiva e continuativa sull’andamento della combustione utilizzando appropriate misure di
sicurezza e/o mezzi idonei ad evitare l’espansione incontrollata del fuoco.”
Il Decreto della Puglia non fa riferimento alle condizioni e limiti posti dal sopra analizzato comma
6bis articolo 182 del DLgs 152/2006 e quindi è in palese contrasto con la normativa nazionale.
Inoltre costituendo potenziale deroga a norma penali, se i materiali bruciati in violazione del 6bis
sono rifiuti si applica la sanzione penale di smaltimento abusivo di rifiuti, il Decreto Pugliese anche
sotto questo profilo appare dichiaratamente incostituzionale.
La Regione Liguria ha introdotto nella legge quadro in materia di foreste e assetto idrogeologico
(legge 4/1999), l’articolo 44 bis che considera utilizzazione agricola il reimpiego, nell'ambito dei
successivi cicli colturali, dei residui vegetali in qualità di ammendanti, ottenuti anche attraverso la
trasformazione in sito, secondo le modalità previste dal regolamento di polizia forestale, di paglia,
sfalci e potature, nonché di altro materiale agricolo o forestale di origine naturale non pericoloso.
Quindi tali materiali non sono rifiuti e possono essere bruciati all’aperto tranne rispettare le norme
generali antincendio. Il riferimento al regolamento di polizia forestale riguarda l’articolo 55 (51)
dello stesso che stabilisce prescrizioni per l’abbruciamento dei residui vegetali solo a certe distanze
dai boschi.
Anche nel caso delle legge ligure non si tengono in considerazione ne le norme generali
dell’articolo 256bis del DLgs 152/2006 ne ancor di più il comma 6bis dell’articolo 182 del DLgs
152/2006, quindi la norma ligure andrà adeguata in quanto attualmente è, come la norma pugliese,
in contrasto con la legge nazionale e quindi a rischio di incostituzionalità.
49 al seguente link: http://www2.arpalombardia.it/siti/arpalombardia/meteo/previsionimeteo/meteo-inquinanti/
18
Pagine/MeteoInquinanti.aspx ;
50 http://www.regione.puglia.it/index.php?page=burp&opz=getfile&file=o-2.htm&anno=xlv&num=53
51 https://lrv.regione.liguria.it/liguriass_prod/articolo?urndoc=urn:nir:regione.liguria:regolamento.consiglio:1999-06-
29;1&dl_t=text/xml&dl_a=y&dl_id=&pr=idx,0;artic,0;articparziale,1&anc=art55