Quello che si presenta è l'applicazione del progetto MAPPA al medioevo, ma potrebbe essere ugualmente applicato ad altri periodi storici, e ne dimostra l'efficacia. Nell’ultimo decennio sono stati prodotti una grande mole di dati archeologici, spesso in formato digitale, che sono andati ad aggiungersi alle sterminate documentazioni analogiche di scavo prodotte negli ultimi 40 anni, spesso al solo scopo di giacere inutilizzati negli archivi. Assistiamo al paradosso di possedere potenti strumenti di calcolo informatico, ma pochi dati da processare, di produrre con costi molto elevati nuovi dati, per farne un uso limitato nel migliore dei casi a pochi o pochissimi riutilizzi. È uno spreco sia in termini economici, sia per la ricerca, sia per la tutela. In questo intervento cercherò di dimostrare come un approccio collaborativo tra tutti gli operatori archeologici (professionisti, funzionari, ricercatori) che porti alla condivisione di grandi quantità di dati aperti (big data), da poter riutilizzare liberamente attraverso l’uso di analisi spaziali, analisi statistiche e modelli predittivi, possa portare l’archeologia medievale verso nuovi modelli interpretativi e filoni di ricerca, basati sempre più sulla fonte archeologica, e verso un approccio più scientifico che consenta di verificare compiutamente le ipotesi prodotte. Per dimostrarlo mi servirò del caso studio di Pisa, dove il progetto Mappa (www.mappaproject.org) ha dapprima reso disponibili sia alla semplice consultazione (tramite il webGIS MappaGIS), sia al riuso come open data (tramite il MOD, Mappa Open Data) una grande quantità di dati, quindi ha realizzato un modello matematico per il calcolo predittivo del potenziale archeologico che fosse pensato da e per gli archeologi e servisse sia per la tutela, sia per la ricerca. Proprio attraverso il processamento di grandi quantità di dati e l’applicazione dei modelli predittivi è stata possibile una nuova lettura archeologica della città medievale.
2. Nell’ultimo decennio sono stati prodotti
una grande mole di dati archeologici,
spesso in formato digitale, che sono
andati ad aggiungersi alle sterminate
documentazioni analogiche di scavo
prodotte negli ultimi 40 anni, spesso al
solo scopo di giacere inutilizzati negli
archivi. Assistiamo al paradosso di
possedere potenti strumenti di calcolo
informatico, ma pochi dati da processare,
di produrre con costi molto elevati nuovi
dati, per farne un uso limitato nel migliore
dei casi a pochi o pochissimi riutilizzi.
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3. In questo intervento cercherò di
dimostrare come un approccio
collaborativo tra tutti gli operatori
archeologici (professionisti, funzionari,
ricercatori) che porti alla condivisione di
grandi quantità di dati aperti, da poter
riutilizzare liberamente attraverso l’uso di
analisi spaziali, analisi statistiche e modelli
predittivi, possa portare l’archeologia
medievale verso nuovi modelli
interpretativi e filoni di ricerca, basati
sempre più sulla fonte archeologica, e
verso un approccio più scientifico che
consenta di verificare compiutamente le
ipotesi prodotte.
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5. Viene utilizzato principalmente per indicare l'accesso libero e
senza restrizione degli articoli pubblicati in riviste accademiche;
inoltre, l'open access copre non soltanto articoli di riviste, ma
anche capitoli di libri e monografie, ed in generale ogni prodotto
della ricerca.
Esistono due strategie principali per garantire pubblicazioni ad
accesso aperto, con numerose sfumature:
• Viene definita «via verde» ("green road") la pratica dell'autoarchiviazione ("self-archiving"), da parte degli autori, di copie
dei loro articoli in archivi istituzionali o disciplinari, o ancora nei
loro siti personali.
• Viene definita «via d'oro» ("gold road") la pubblicazione di
riviste in cui gli articoli sono direttamente ed immediatamente
accessibili ad accesso aperto.
Fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Open_access
Medioevo riciclato
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6. due esempi di open
access meno
convenzionale
http://archeologiamedievale.unisi.it/miranduolo/
www.mappaproject.org/webgis
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7. Secondo la Open Knowledge Foundation (http://it.okfn.org/) «un
contenuto o un dato si definisce aperto se chiunque è in grado di
utilizzarlo, ri-utilizzarlo e ridistribuirlo, soggetto, al massimo, alla
richiesta di attribuzione e condivisione allo stesso modo»
?
…e in
archeologia
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8. Accessibili, Tempestivi, Riutilizzabili
L’archeologia è sempre e comunque un’attività di
ricerca (dal momento che produce dati unici e
irripetibili) e non vi è ricerca finché non vi è
pubblicazione del dato
OPEN
I Dati sono considerati una pubblicazione scientifica
Tutelandone la «Paternità intellettuale»
Tramite
• Attribuzione codice DOI (Digital Object Identifier), un
«ISBN» digitale
• Licenza CC BY
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/ CC BY SA
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12. 93%
90%
64%
61%
di chi lavora in archeologia è d’accordo
sulla creazione di un archivio Open Data
archeologico
Ricercatori
83%
Professionisti
78%
Addetti alla tutela
74%
di chi lavora in archeologia
pensa che gli Open Data
rappresentino il futuro della
ricerca archeologica
di chi lavora in archeologia pensa che
siano uno strumento di pianificazione e
tutela per il MiBAC
di chi lavora in archeologia pensa che
siano uno stimolo per migliorare la qualità
dei dati prodotti
Fonte: Sondaggio Mappa http://mappaproject.arch.unipi.it/wp-content/uploads/2011/08/2013_05_31_csv.csv
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14. BIG DATA
Tendenze nel data storage
- digitalization processamento dati attraverso i computer
- usability
disponibilità di dati in luoghi diversi e su
dispositivi diversi
Benché il processo sia più evidente in altri campi, anche in
archeologia queste tendenze incoraggiano la produzione di grandi
quantità di dati e lo sviluppo di archivi open data
Il solo metodo per analizzare grandi quantità di dati digitali (ed
eterogenei) è utilizzare metodi automatici
Qui entra in gioco la matematica: il modo per migliorare le
analisi è passare da avere i dati migliori ad avere il miglior modo
di analizzare I dati.
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15. Risulta difficile pensare a complessi modelli matematici
applicati ai dati archeologicia, ma basta considerare come
altre discipline (ad es. la medicina), apparentemente lontane
dalla matematica abbiano utilizzato importanti applicazioni
matematiche
Shape theory fornisce risposte a domande come: “quando
certi elementi sono disposti (o meno) casualmente nello
spazio?”; “cos’è una forma casuale?”
Graph theory è lo studio delle strutture matematiche
finalizzato a modellare le relazioni tra diversi elementi
(networks)
Link analysis studia le relazioni tra oggetti di vario tipo
quando queste non risultano evidenti da parti isolati di
informazioni
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