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Eugène Delacroix
    (1798-1863)
Sommario
La Vita
  La formazione
     Gli anni giovanili
          La prima maturità e la gloria
La vita
Eugenio Delacroix nacque il 26 aprile del 1798 a Charenton-Saint-Maurice (Senna) da Carlo
Delacroix e da Vittoria Oeben. La paternità ufficiale dell’artista è stata contestata con fondati
motivi (impossibilità di procreare da parte del padre) e ne è stata attribuita la reale paternità al
Talleyrand, che lo avrebbe poi protetto in segreto durante i primi anni della sua carriera artistica.
Delacroix si trovò prestissimo a dover affrontare la vita con le proprie sole forze, perché il padre
mori nel 1805 a Bordeaux, e la madre, che si era trasferita a Parigi dall’anno successivo, morì nel
1814. Il giovane Delacroix, che dal 1806 era entrato nel Liceo Imperiale di Parigi, fu affidato alla
sorella. Nel 1815 Delacroix, terminato il liceo, entrò nello studio di Guérin, dove conobbe per la
prima volta Géricault. Intanto pubblicava i primi disegni caricaturali e frequentava assiduamente
il Louvre. Il primo pubblico gli loda l’apparente complessità delle sue opere.
Dissapori con la sorella e gravi difficoltà finanziarie tormentano in questo momento Delacroix,
che, per vivere, è costretto a eseguire disegni di macchine. Nello scorcio del 1822 comincia una
nuova vita con il successo al Salon della Barca di Dante. Del 1826 è il primo incontro con Victor
Hugo. Molte opere nel Palazzo del Consiglio di Stato andarono distrutte a seguito di un incendio.
Del 1829 è l’inizio dell’attività saggistica di Delacroix che comincia a scrivere anche articoli su
Raffaello e Michelangelo. Delacroix non partecipò direttamente alla rivoluzione del luglio 1830:
dopo il rovesciamento del vecchio regime partecipò ai concorsi banditi dal governo per decorare
alcune sale; scrisse sul problema dei rapporti tra artisti e governo. L’1l gennaio 1832 Delacroix
partì per il Marocco quale membro di una commissione inviata da Luigi Filippo presso quel
sultano.




  Giovane marocchino col
          fucile
Con il regno di Luigi Filippo si apri un
periodo di commissioni ufficiali dovute
per gran parte a protezioni. Inizia quindi
l’amicizia con George Sand e poi con
Chopin nel ‘33. L’ultimo quindicennio
della vita di Delacroix si svolge in una
crescente solitudine, in parte desiderata
dall’artista stesso e in parte resa
necessaria dalle condizioni di salute. Il
13 agosto 1863 muore a Parigi, nel suo
appartamento considerato grande maestro
d’arte del suo tempo e ammirato dai
giovani.




   Foto di Delacroix del 1855
La formazione
Dodici medaglie e monete antiche
   Litografia, Boston, Museum of
   Fine Arts
      Le prime opere di Delacroix
      sono semplici litografie,
      acquarelli,      schizzi     su
      quaderni personali o piccoli
      progetti, che costituiranno le
      bozze di grandi lavori.
      Iscrittosi      attorno      al
      1817-1818 all’”Ecole des
      Beaux-Arts” passa intere
      giornate      chiuso      nella
      Bibliothèque         Nationale,
      impegnato a copiare antichi
      manoscritti        acquerellati,
      dipinti ed immagini di
      sculture classiche.
Ornamenti per la carena di una
fregata, Parigi
Paolo e Francesca
Acquarello, 28 x 21 cm Zurigo
La tela raffigurante l’episodio dell’Inferno
dantesco di Paolo e Francesca. L’opera,
che è una delle prime della giovinezza e
presenterà Delacroix come pittore almeno
sul paino nazionale, è ispirata da uno dei
più commoventi episodi della Divina
Commedia, narrato dalle parole stesse di
Francesca (Canto V): « Quando leggemmo
il disiato riso / esser baciato da cotanto
amante, / questi, che mai da me non fia
diviso, / la bocca mi baciò tutto tremante. /
Galeotto fu il libro e chi lo scrisse: / quel
giorno più non vi leggemmo avante».
Francesca, impacciata, lotta contro il loro
amore colpevole nascente. La figura dello
spione rappresenta la coscienza che
dovrebbe mettera in guardia i personaggi,
quando l’istinto passionale vince la forza
spirituale.
La Vergine delle messi
                                (1819) Olio su tela,
                                125x74 cm
                                Chiesa parrocchiale
                                Orcemoflt




                                 Raffaello, Madonna
                                   col Bambino e
                                 San Giovannino
                                 (1507) Parigi,
                                 Louvre
E la prima opera commissionata a Delacroix. Il dipinto ispiratore fu certa mente la Madonna
detta La Belle Jardinière di Raffaello (Louvre). Tuttavia occorre osservare che
l’atteggiamento delle due figure risente in modo attenuato, e forse non ben consapevole, ma
chiarissimo, delle forme michelangiolesche per quanto riguarda il gesto del Bambino che
ricorda quello dei papi benedicenti della statuaria romana di ispirazione michelangiolesca.
Idea per la Vergine del Sacro
Cuore (1820)
Matita e acquarello, 37x24 cm
Parigi, Louvre

La composizione contrasta, per la
ricerca di dinamismo, con quella più
ferma e bilanciata del dipinto finale.
Rivela inoltre la suggestione eser-
citata su Delacroix dall’arte italiana
pre e proto-barocca, conosciuta certo
attraverso stampe, e particolarmente
dalla scultura (possibili riferimenti:
la Veronica e l’Angelo annunziante
del Mochi per le braccia allargate
della Vergine e dell’afflitto; il San
Paolo, dell’Algardi, per la figura
barbuta a sinistra).
La Vergine del Sacro Cuore
    (1820-1821) Olio su tela,
    258x152 cm
    Aiaccio, Cattedrale
Il dipinto, destinato dapprima alle Dames du
Sacré-Coeur di Nantes, fu commissionato nel
dicembre del 1819 a Géricault, per
compensarlo moralmente del mancato
acquisto, da parte dello Stato, della Zattera
della Medusa. Nell’autunno del ‘21 doveva
però essere già terminato. A differenza dei
primi schizzi preparatori, l’opera definitiva si
attiene a una maggiore staticità. Inoltre è
riconoscibile      l’ispirazione    a      temi
michelangioleschi (il “pensieroso” si ispira
alle figure inferiori del Giudizio, gli
angioletti che volano e si baciano ai voli
d’angeli e analoghi episodi della parte
superiore di quell’affresco, la positura della
Madonna alla Madonna di Bruges).
L’Inverno (1821) Tela, 44x84 cm Parigi, Collezione privata Jouet-Pastrè
Dclacroix ricevette l’incarico di decorare la sala da pranzo del grande attore tragico
Francesco Giuseppe Talma. Erano previsti nove pannelli che si ridussero a cinque.
Delacroix, dopo molti appunti e studi, ne esegui in effetti quattro raffiguranti le Stagioni
rifacendosi al gusto della pittura classica e contemporaneamente della pittura decorativa
francese del secolo XVII.
Michelangelo, Il diluvio
   (1508-1509) particolare; Roma;
   Vaticano, volta della Cappella
   Sistina


Non mancava tuttavia qualche esplicito
riferimento a Michelangelo: l’Estate, per
esempio, riproduce quasi alla lettera
l’atteggiamento dell’Aurora delle Tombe
Medicee. Quanto all’Inverno, esso
riecheggia manifestamente la figura
ammantata di madre che stringe al seno il
bambino nel Diluvio della Sistina (ma,
insieme, forse anche il Gioacchino
addormentato di Giotto).
Autoritratto come Ravenswood
Olio su tela, 40 x 31 cm (1821)
Parigi, Atelier Delacroix

L’opera va talvolta erroneamente
sotto la vecchia denominazione di
Autoritratto come Amleto. In
realtà una scritta sul telaio, di
mano di Delacroix, suonava
‘Raveswood’, certamente per
Ravenswood. Si possono notare
varie analogie con un famoso
ritratto di Carlo II: l’analogia dello
schema compositivo è indubbia. Il
bellissimo autoritratto giovanile è
di gran lunga superiore mette in
luce le doti del giovane pittore che
utilizza diverse gradazioni di neri.
Dante e Virgilio
                                                                                   all’Inferno
                                                                                   Olio su tela,
                                                                                   189 x 246 cm
                                                                                   (1822) Parigi,
                                                                                   Louvre




Delacroix esordì giovanissimo, a soli 24 anni, al Salon (1822) esponendo “Dante e Virgilio
all’Inferno”. Il soggetto, tragico è tratto dall’VIII canto dell’Inferno, dove si narra del passaggio dello
Stige, la palude infernale, nel cui fango sono immersi gli iracondi che si percuotono e si mordono a
vicenda. La barca è pilotata da Flegiàs, il demone nocchiero. Durante la traversata - che conduce Dante
e Virgilio verso la città di Dite - il Poeta incontra l’anima di Filippo Argenti, un iroso fiorentino che
intende anche rovesciare la barca. Delacroix ha immerso tutti i personaggi in un ambiente tenebroso da
cui emergono fuoco e nuvole di fumo dai riflessi rossastri che si sprigionano oltre le mura possenti
della città di Dite. I corpi (che ricordano quelli di Michelangelo) sono modellati da bagliori di luce.
Ritratto di Alfred Bruyas
       Olio su tela

I ritratti sono poco numerosi
nell’opera di Delacroix, questo
è uno dei migliori. Quello di
Alfred Bruyas è anche il più
completo (in un primo
momento avrebbe voluto
raffigurare solo il capo mentre
le mani sarebbero state appena
accennate), per il particolare
delle mani, ad esempio, che è
di un realismo affascinante e
minuzioso. Delacroix dichiara
di ispirarsi a Paolo Veronese
è, secondo lui, il vero maestro
della rappresentazione.
Il barone Luigi Schwiter
Olio su tela, 218 x 143 cm
(1823 circa) Londra, National
Gallery
Nel ritratto del barone Luigi
Schwiter il paesaggio di sfondo
non fu dipinto da Delacroix, ma da
Paul Huet, che era stato
condiscepolo del pittore: di fatto è
avvertibile, tra primi piani e
fondale,       qualche       leggera
discrepanza di stile. In ogni caso la
figura del barone è estremamente
elegante ed è eseguito con libertà
di stile. Probabilmente qualche
anno dopo è stato aggiunto il
ramoscello gettato romanticamente
ai piedi dello Schwiter.
Ritratto della figlia di Jenny
Olio su tela, 48 x 38 cm
Parigi, Museo del Louvre
Delacroix avrebbe eseguito il ritratto
della figlia naturale della propria
governante, morta in giovane età, ed il
suo e per testamento li avrebbe donati
entrambi a lei: Jenny Le Guillon. Il
pittore sembra qui quasi inibito dalla
figuretta alquanto volgaruccia della
bambina, che ritrae del tutto
frontalmente (cosa insolita per lui), ma
è innegabile una certa freschezza di
visione e una non comune profondità
atmosferica che il colore intenso e
vivace rende più evidente. Inoltre la
figura di contadinotta della bimba (che
mostra un’età tra i cinque e gli otto
anni) rivela tratti fisionomici (zigomi
pronunciati, narici aperte, taglio della
bocca) che hanno sorprendenti affinità
con quelli del Delacroix giovanile.
Il Generale Charles Delacroix
al Louroux
Tavola, 39 x 29 cm (1822)
Parigi, Collezione privata

Dopo il successo conseguito con
“Dante e Virgilio all’Inferno”,
Delacroix fu ospite per qualche
tempo nella tenuta di suo
fratello Charles (generale con
grandi doti), denominata il
“Louroux”, presso la nota città
di Tours. Il periodo di riposo
durò circa un mese.
La Mulatta
 Olio su tela, 80 x 65 cm
    (1822) Museo di
       Montpellier
L‘influenza      di   Géricault,
soprattutto per quanto riguarda
la generosità dell’impasto, è
evidente in questo dipinto
eseguito nello stesso periodo
del Dante e Virgilio agli Inferi.
L’opera è stata eseguita con il
contributo di una modella
professionista la cui bellezza
contribuisce a diffondere nei
primi ateliers romantici il gusto
per l’esotismo, ovvero il
desiderio di sfuggire dalla
realtà rifugiandosi nel lontano
sia nel tempo che nello spazio.
Nudo seduto (Mademoiselle Rose)
Olio su tela, 81 x 65 cm (1822)
Parigi, Louvre


Già appartenente alla Collezione
Dubaut e acquistata dal Louvre nel
1942, è forse la più bella di una
serie di “accademie” di nudi
femminili dipinte da Delacroix tra
il 1818 e il 1824. Stilisticamente
quest’opera tradisce modi tipici
della sua scuola con la parete di
fondo    dipinta    a   pennellate
sommarie e sprezzanti.
Gli anni giovanili
Delacroix si documenta molto
seriamente sui costumi dei greci
di Scio, sulle uniformi degli
ufficiali turchi, e realizza studi
assai compiuti delle principali
figure della composizione che ha
in mente. Alcuni di questi studi si
trasformano addirittura in tele
autonome come l’Orfanella in un
cimitero. Questa figura fu
utilizzata per il Massacro di Scio e
precisamente per un personaggio
in alto a sinistra. In alto sulla
sinistra è aggiunto un cimitero
come sfondo e l’opera è collegata
con un’altra in cui la giovane è in
piedi, tra le tombe, con un fiore in
mano.

Orfanella in un cimitero
Olio su tela, 65 x 54 cm (1823)
Parigi, Museo del Louvre
Il massacro di Scio
  Olio su tela, 417 x 354 cm
  (1824) Parigi, Louvre
Come era avvenuto per la Zattera
della Medusa di Géricault,
l'impatto causato da un evento
realmente accaduto fornisce lo
sfondo per la creazione di
un'opera in cui il contenuto
fortemente drammatico colpisce
profondamente il pubblico. I
resoconti dell'epoca su questo
cruento massacro compiuto dai
turchi, per cui nell'isola di Chio
sopravvissero solo novecento
greci, furono studiati con
attenzione dall'artista. Nell’Aprile
del 1822, per vendicarsi di uno
scacco subito a Tripoli, i Turchi
massacrarono nell’isola di Chio
circa ventimila persone e
condussero schiavi i superstiti.
Ancora una volta è l'amico
Géricault a ispirare il clima
concitato e il senso di dolore delle
figure, che dai morti ed esanimi in
primo piano sale fino ai gesti
disperati dei corpi del registro
superiore,     fino    al    cavallo
imbizzarrito del turco mattatore.
Quest’opera segna l’inizio di un
nuovo corso per la pittura
dell’Ottocento sia per la nuova
maniera vibrante e intensa di
intendere il colore nella luce e
all’aria aperta, sia per le
implicazioni ideali-psicologiche a
carattere liberale-patriottico e al
tempo stesso romantico.
Disegno da Rowlandson:
Il Bacio Ridicolo
Punta di pennello e seppia, 27 x 17
cm (1824) Orleans, Musèe des
Beaux-Arts

Fa forse parte di un gruppo di 42
fogli messi in vendita nella vendita
postuma del 1864. L’opera fa parte
di una vasta collezione di vignette
satiriche e caricature: in cui spesso
vengono ridicolizzati gli usi e i
costumi dell’antica aristocrazia. Tra
i più vicini ad essi sono i numerosi
disegni del Rowlandson nella
Harvard University di Cambridge,
Widener Memorial Collection.
Un angolo dello studio (1824) Acquarello, 183x286 mm Parigi, Louvre
Lo studio rappresentato da Delacroix era allora probabilmente quello preso in fitto dalla fine
del precedente anno per dipingere il Massacro, cioè in rue de Grenelle - Saint-Germain, 118.
Solo all’inizio del 1824 si trasferisce in rue Jacob.
Fucsie
Matita e acquerello, 300 x 190
cm Parigi, Coll. privata


Il pittore sin dalla giovinezza
manifesta un forte interesse nel
dipingere elementi naturali quali
i fiori, le piante o scorci di bosco
e sottobosco: si sono conservati
più di cento acquerelli come
questo, in modo particolare tra i
suoi quaderni di appunti. Egli
per queste opere trae spunto
specialmente dai suoi viaggi in
Oriente.
Turco con il mantello
                                                                       rosso
                                                                       Olio su tela, 240 x
                                                                       298 mm (1824)
                                                                       Parigi, Louvre




La tela è caratterizzata da colori estremamente brillanti ed è stata dipinta in pochissimi
giorni. Si ritiene che sia una copia di un quadro molto simile proveniente da Istanbul. Il
colore rosso vivo del mantello del turco sembra pervadere in tutta la tela, in netto
contrasto con il nero e il blu circostanti. Il pittore presta grande attenzione ai particolari.
Pastore
                                                                            romano
                                                                            Olio su tela,
                                                                            32 x 40 cm
                                                                            (1824)
                                                                            Basilea,
                                                                            Museo d’Arte




Questa tela è praticamente contemporanea alla precedente. Le medesime caratteristiche sono
presenti nel “Pastore Romano”, per le scelte cromatiche e l’uso costante di contrasti vividi.
Nozze di cana - Delacroix - Acquarello,        Nozze di cana - Veronese - Olio su tela,
24 x 35 cm (1824) Parigi, Coll. privata        669 x 990 cm (1562) Parigi, Louvre
L’ammirazione profonda di Delacroix per Paolo Veronese comincia dalla primavera del
1824, come si ricava dal suo “Diario” personale. L’opera è copiata dallo stesso dipinto del
1562 del Veronese. L’acquarello è tuttavia di gran lunga superiore alla tela per freschezza e
potere di sintesi (l’originale è enorme: misura 669x990 cm).
La stufa
  Olio su tela, 50 x 43 cm
  (1825) Parigi, Museo del
  Louvre


Il vero tema del quadro è il colore
del metallo incandescente. Per il
vivido naturalismo, l’opera fa
pensare ad alcuni dipinti di pezzi
anatomici dell’ultimo Gèricault.
Cavallo selvaggio
                                                                        attaccato da una
                                                                        tigre
                                                                        Acquarello, 178 x
                                                                        247 mm (1825)
                                                                        Parigi, Museo del
                                                                        Louvre



Nel « Diario », Delacroix si propone assai presto di eseguire disegni e dipinti di animali. In
questo acquarello si manifesta con estrema energia l’irresistibile propensione dell’artista per
i temi capaci di esprimere la violenza e la forza delle bestie. Lo schema compositivo del
cavallo ripete invertito quello del Cavallo spaventato dalla tempesta del Museo di Budapest,
che è forse del 1824.
Macbeth e le streghe
Litografia, 32 x 25 cm (1825)
   New York, Metropolitan
Museum of Art

Nessuna arte viene trascurata da
Delacroix, infatti si dedica anche
alla litografia. La seguente non è
importante tanto per il soggetto
rappresentato, poiché è noto che
il pittore ama rappresentare
particolari delle tragedie di
Shakespeare       (IV    atto   di
Macbeth), ma perché punta tutto
sui forti contrasti di luminosità,
ottenuti quasi esclusivamente
con tratteggi sottilissimi e
curvilinei.
Delacroix meditò sul Tasso,
come simbolo della genialità
incompresa,      almeno       a
cominciare      dal      1822.
Comunque egli affrontò il
tema      a    più      riprese
individuando sempre più
chiaramente        in        un
atteggiamento di accettazione
di una invalicabile solitudine
il momento più significativo
della prigionia del Tasso.
L’opera è stilisticamente
fluida     e   disinvolta     e
compositivamente semplice:
qui l’atteggiamento del Tasso
corrisponde esattamente a
quello del Sardanapalo. Per il
suo carattere relativamente
“finito” il presente disegno
                                      Torquato Tasso tra i folli
sembra eseguito in vista di         Matita su carta, 267 x 317 mm
una traduzione litografica.       (1825) Zurigo, Coll. Peter Nathan
Cristo nell’orto
                                                                               degli ulivi
                                                                               Olio su tela, 294 x
                                                                               362 cm (1825)
                                                                               Parigi, chiesa di
                                                                               Saint-Paul-Saint-
                                                                               Louis




L’artista vi meditò a più riprese mutando il concetto compositivo, come attestano numerosi
disegni . La critica accolse variamente il dipinto: gli angeli furono ritenuti degni di Raffaello e il
Cristo fu considerato volgare. In realtà è ancora una volta avvertibile l’influenza di schemi
michelangioleschi sia nel movimento degli angeli sia nel gesto del Cristo, che sembra rifiutare
ogni esterna e vana consolazione, ma ricorda, nella positura, l’Adamo della Sistina.
Faust e Wagner
                                                                          Matita su carta,
                                                                          206 x 237 mm
                                                                          (1826) Parigi,
                                                                          Louvre




Nel 1824 Delacroix, osservando le incisioni del “Faust” del tedesco Retzsch manifestava il
desiderio di illustrare l’opera per suo conto. Il viaggio in Inghilterra, che consentì a
Delacroix di assistere a una memorabile rappresentazione teatrale del “Faust” dovette agire
sull’artista in modo decisivo. In quell’anno iniziò l’impresa di eseguire 17 litografie, più il
ritratto di Goethe.
Dal Faust: Bella signorina, posso
permettermi l’ardire…?
Litografia, 220 x 170 mm (1826)
Monaco, Coll. Gurlitt

Goethe riconobbe che Delacroix
era un gran talento anche se i
francesi gli rimproverano un
eccesso di selvatica rozzezza. I
disegni preparatori (vedi anche il
seguente)       sono    in    genere
stilisticamente e compositivamente
assai diversi e molto più sciolti e
vividi delle vere e proprie
litografie. In questo è determinante
la      ricerca     di     profondità
atmosferica.
Dal Faust: Bella signorina, posso permettermi l’ardire…?
Litografia, 230 x 210 mm (1826) Monaco, Coll. Gurlitt
Dal Faust:
Giardino di Marta
Incisione, 236 x
217 mm (1826)
Monaco, Coll.
Gurlitt
Natura morta
                                                                    Olio su tela,
                                                                    80 x 106 cm
                                                                    (1827) Parigi,
                                                                    Museo del Louvre




Delacroix dipinse pochissime nature morte e quasi nessuna con animali. Qui è evidente il
desiderio di rendere omaggio alla pittura fiamminga e olandese. In questa tela, in cui è
raffigurata una natura morta (selvaggina, aragoste e fucile da caccia) in uno splendido
paesaggio estivo, l’artista inserisce un brivido di inquietudine con la presenza di una
lucertola viva in primo piano e alcuni uomini che stanno cavalcando in lontananza.
Faust e
Mefistofele la
notte del
Sabba
Matita e lavis,
306 x 460 mm
(1826)
Rotterdam,
Museo
Beuningen



Studio per la litografia di uguale soggetto della serie pubblicata dall’editore Motte nel 1828.
L’intento di accordare la rapidità e il ritmo dell’esecuzione dell’opera alla rapidità
travolgente della cavalcata infernale, induce Delacroix a rompere ogni norma
convenzionale, e fa di questo uno dei disegni più belli e significativi di tutta la sua carriera
La prima maturità
    e la gloria
Odalisca con
pappagallo
Olio su tela,
240 x 320 mm
(1827) Lione,
Museo d’Arte




Il dipinto può essere considerato preparatorio alla Grecia sulle rovine di Missolungi. Sono
identici, infatti, tocco e sensibilità cromatica e identica è la modella (Laura). Ispiratrici ideali di
Delacroix, anche per lo schema compositivo, sono qui la pittura veneta e in particolare di Paolo
Veronese (non Bonington, come è stato detto). Di questo dipinto si conserva un bel disegno
preliminare a matita (Lione, Museo d’Arte).
La Grecia sulle rovine di Missolungi
  Olio su tela, 209 x 147 cm (1826)
  Bordeaux, Museo d’Arte

Questa allegoria fu ispirata all’autore da un
altro terribile episodio della guerra
d’indipendenza greca, verificatosi il 22 aprile
1826, quando i difensori di Missolungi
anziché arrendersi ai Turchi preferirono
saltare in aria con le donne e i bambini.
Delacroix tuttavia attribui alla fanciulla che
personifica la Grecia non un atteggiamento
eroico, ma il gesto di offerta di talune figure
sacre del Quattrocento, per esempio il S.
Francesco Frick di G. Bellini a New York, la
Madonna di D. Morone a Berlino.
Stilisticamente e per qualche particolare
iconografico si collega alla Odalisca con
pappagallo, di cui è identica la modella
(Laura). Fu acquistata dalla città di Bordeaux
nel 1852 per 2500 franchi.
La morte di
                                                                             Sardanapalo
                                                                             Olio su tela,
                                                                             395 x 495 cm
                                                                             (1827) Parigi,
                                                                             Louvre




Lo spunto per questa tela provenne a Delacroix dal finale di un dramma di Byron pubblicato
nel 1821. L’artista fu attratto potentemente dalle innumerevoli possibilità pittoriche che gli
offrivano le carni delle donne e degli uomini, le stoffe, gli oggetti preziosi. In tal modo
mescolò una folla di interessi pittorici all’interesse per il tema
esotico e barbaramente tragico,
ottenendo un effetto di fasto, ma
anche, al tempo stesso, di
mancanza di unità.
L’apparizione del Sardanapalo
suscitò     una     tempesta      di
riprovazioni. Sostanzialmente il
pubblico e la critica si ribellarono
perché il quadro ostentava il più
sovrano disprezzo per le regole
classiche di unità di azione, di
tempo e di luogo, cattivo gusto e
stravaganza.
Sta di fatto che dal punto di vista
tradizionale Delacroix concepì
l’opera frammentariamente, come
dimostrano i numerosi disegni, in
cui chiaramente l’artista appare
interessato ora da questo ora da
quel particolare, piuttosto che
dall’insieme.
Il bozzetto più vicino all’opera
definitiva (Museo del Louvre) è
abbastanza unitario, ma insiste
eccessivamente su aspetti truculenti e
subì molte variazioni. L’unità
stilistica dell’opera finale va cercata
altrove: nel movimento sinuoso,
quasi vermicolare, delle masse; nella
sensualità estremamente raffinata
della pittura e delle allusioni
psicologiche, ottenuta proprio mercé
il rifiuto della correttezza prospettica
nella resa delle tre dimensioni. I
rivoltosi lo assediano nel suo palazzo,
Sardanapalo adagiato sul suo letto,
ordina agli uenuchi e ai funzionari
della reggia di sgozzargli le donne, i
paggi, perfino i cavalli e i cani: nulla
di quanto aveva servito ai suoi piaceri
doveva sopravvivergli.
La tela entrò al Louvre solo nel 1921,
ceduta dal barone Vitta.
Marino Faliero
Olio su tela 148 x 119 cm (1827)
Londra, Collezione Wallace
Nel 1824 Delacroix compiange
profondamente la morte di Lord
Byron, poeta stimatissimo. Il 4 marzo
di quell’anno concepisce la prima idea
per il Marino Faliero, il Doge
condannato per aver cospirato contro
la Serenissima Repubblica. Delacroix
lo presenta nella sua tela, quale egli
stesso lo ha visto grazie a Byron,
mentre giace decapitato in fondo ai
gradini del sontuoso palazzo ducale. Il
capolavoro,     la   cui    grandezza
decorativa porta ad evocare il
Veronese,      apparve,    come      il
Sardanapalo e la Natura morta, al
Salon del 1827, Delacroix lo conservò
per sé e lo vendette molto più tardi,
solamente nel 1856.
Assassinio del
                                                                                 vescovo di
                                                                                 Liegi
                                                                                 Olio su tela,
                                                                                 58 x 72 cm
                                                                                 (1829)
                                                                                 Museo di
                                                                                 Lione



Dipinto per il Duca D’Orléans nel 1829, l’Assassinio del vescovo di Liegi ha per soggetto un
episodio di Walter Scott. Un uomo s’impadronisce del castello di Liegi, aiutato dai sudditi in
rivolta, si fa condurre il vescovo in abiti sacri e lo lascia sgozzare in sua presenza. La scena si
svolge nel palazzo di giustizia di Rouen, di cui Delacroix aveva apprezzato le bellezze in
occasione dei suoi numerosi soggiorni in Normandia. Il forte effetto di luce, sul bianco
splendente dell’immensa tovaglia, è particolarmente affascinante.
La battaglia di Poitiers, particolare
Olio su tela, 114 x 146 cm (1830)
Parigi, Museo del Louvre

L’opera fu commissionata a Delacroix
dalla duchessa di Berry al principio del
1829, ma per motivi finanziari mai
ritirata. Egli rinunciò ad esporla al
Salon del 1831 e la vendette
privatamente. Un bozzetto, eseguito
con molta libertà è nella Walters Art
Gailery di Baltimora. In quel disegno la
linea d’orizzonte è molto alta rispetto
alla testa del re Giovanni, mentre nel
quadro definitivo è abbassata fino agli
occhi del re, che perciò appare più
elevato ed eroico, mentre lo spettatore,
portato più in basso, viene idealmente
coinvolto nella mischia.
La libertà che guida il popolo
                                                                      Olio su tela, 260 x 325 cm
                                                                      (1830) Parigi, Louvre
                                                                      L'opera più apertamente
                                                                      romantica di Delacroix, e
                                                                      forse anche quella che
                                                                      maggiormente influì sull'arte
                                                                      dei decenni successivi, è La
                                                                      libertà che guida il popolo
                                                                      (1830, Louvre), celebrazione
                                                                      allegorica dell'idea di libertà.
                                                                      La tela riprende un momento
                                                                      della storia recente, le "tre
                                                                      gloriose giornate di Parigi"
                                                                      (27, 28 e 29 luglio 1830),
                                                                      durante     le     quali
un'insurrezione popolare destituì il re Carlo X. In una Parigi evocata solo attraverso pochi
particolari simbolici, la figura eroica della libertà avanza reggendo una bandiera tra i cadaveri dei
soldati e le macerie dello scontro, seguita da una schiera scomposta di uomini di ogni estrazione
sociale confusi nella polvere. Nonostante il tono solenne della rappresentazione, enfatizzato dalla
composizione piramidale, e la presenza di particolari derivati dal repertorio accademico (la figura
seminuda dell'uomo ucciso sulla sinistra), mai prima d'ora Delacroix aveva spinto a tanto la
tendenza realistica nella sua pittura, sortendo risultati giudicati scandalosi dalla critica del tempo.
Un abisso separa quest'opera dallo stile neoclassico e dall'equilibrio formale del contemporaneo
Jean-Auguste-Dominique Ingres, dalla linea precisa e dai colori calibrati. Egli tenta di
condensare tutta l’iconografia repubblicana in questa rappresentazione che esalta lo spirito di
rivolta dei parigini; per realizzarla, decide di utilizzare essenzialmente tre colori: blu, bianco e
rosso, ma senza che questo programma cromatico risalti troppo. Delacroix infatti aderisce
pienamente alle ragioni della Rivoluzione, infatti l’intellettuale con il cilindro e il fucile è un suo
La Libertà viene presentata al Salon del 1831. Fanno scandalo
                                    l’audacia con cui il tema è trattato e la violenza dei sentimenti
                                    che vi sono espressi. I critici s’indignano dichiarando che «la
                                    tela è grigia» e che «i cadaveri verdastri dovevano essere stati
                                    ammazzati cinque giorni prima». Acquistata dal governo,
                                    viene presto relegata in un corridoio. Vent’anni dopo, tuttavia,
                                    Victor Hugo si ricorderà del ragazzino con le pistole per
                                    creare il personaggio di Gavroche.

                                    Venere di Milo, fine del II
                                    secolo a.C., Louvre

                                    Studio della figura della Libertà
                                    Matita, 32 x 22 cm Louvre
E’ molto probabile che la fonte iconografica per la fanciulla a
seno scoperto fosse la statua ellenistica della Venere di Milo.
Questo magnifico disegno, forse il più immediato e felice tra i
tanti eseguiti per la figura della Libertà, appartiene a una fase
in cui l’artista era interessato piuttosto alla sensuale bellezza
della figura che non al suo significato. L’atteggiamento
sinuoso del corpo della donna si conclude infatti
nell’inclinazione verso il basso della testa, che nel quadro
definitivo è invece rivolta indietro per incitare e spronare,
innalzando la bandiera tricolore e con un fucile nell’altra
mano.
La battaglia di
Nancy,
particolare
Olio su tela,
239 x 359 cm
(1831) Nancy,
Museo d’Arte




Il dipinto fu ordinato a Delacroix alla fine del 1828 dal ministro degli Interni di Carlo X per la
città di Nancy. Un primo bozzetto fu sottoposto da Delacroix alla approvazione del
Soprintendente alle Belle Arti, La Rochefoucauld, nei primi mesi del ‘29. Eliminando la chiesa e
l’altura, eliminò di conseguenza ogni superfluo effetto scenografico concentrando l’attenzione
dello spettatore sulla squallida distesa di neve e ghiaccio su cui si affrontano le due schiere. E’
provata la correttezza della rispondenza del quadro agli eventi storici.
Interno Moresco
                                                                          Matita e
                                                                          acquarello, 158 x
                                                                          213 mm (1832)
                                                                          Parigi, Louvre




Durante il suo viaggio nell’Africa del Nord (gennaio-luglio 1832) Delacroix riempi ben 8
album di disegni a matita, pastelli, acquarelli, appunti vari, dai quali attinse poi motivi per
tutta la vita. Un album di 18 acquarelli eseguiti per il conte di Mornay è andato perso nel
1877 e se ne conoscono pochi fogli. Degli altri sono rimasti tre soli (due ora al Louvre e uno
a Chantilly). L’interno qui riprodotto è un ambiente del palazzo imperiale di Meknes, che il
sultano permise alla delegazione francese di visitare.
La moglie di Abraham Benchimol
e una delle sue figlie
Acquarello e matita su carta,
22 x 16 cm (1832) New York,
Metropolitan Museum of Art

Delacroix può essere considerato un
precursore dell’impressionismo. In
questo disegno viene dedicata
maggiore attenzione all’uso delle
tonalità, in particolare qui utilizza
colori caldi, sovrapposti alle linee
tracciate con la matita sulla carta;
inoltre il disegno è estremamente
immediato e molto espressivo.
L’acquarello La moglie di Abraham
Benchimol e una delle sue figlie è
stato eseguito nel 1832 durante il
soggiorno del pittore in Marocco.
Appunti per una “Fantasia”
                Sanguigna, 199 x 311 mm (1832) Parigi, Louvre
Questo appunto è una notazione velocissima ed estremamente armoniosa, che sarà poco
tempo dopo utilizzata per il quadro “Esercizi militari di marocchini” del 1832. Il movimento
è qui tuttavia invertito rispetto all’opera definitiva.
Esercizi militari di Marocchini,
   particolare
   Olio su tela, 59 x 73 cm (1832)
   Montpellier, Museo Fabre
È la prima e la più bella di tutte le
“fantasie” o “corse alla polvere” dipinte da
Delacroix ancora fresco dell’esperienza
fatta in Africa. L’impeto veemente degli
animali e degli uomini è reso in questa
versione con sicurezza e armoniosità
impareggiabili. Delacroix accenna spesso
nel suo diario di viaggio alle “fantasie”
eseguite in onore della delegazione
francese. Assieme al Combattimento del
Giaurro e del Pascià, questo è uno dei due
dipinti cui egli accenna nel suo « Diario »
come eseguiti mescolando vernice al
coppale con i colori, raggiungendo risultati
ottimi di conservazione.
Meknes
                                                                          Penna, inchiostro
                                                                          e acquarello,
                                                                          193 x 127 mm
                                                                          (1832) Parigi,
                                                                          Louvre




Si tratta di appunti eseguiti il 1° aprile a Meknes. Le pagine fanno parte di un album di 97
fogli che costituisce il diario di viaggio di Delacroix. È perciò preziosissimo per la
freschezza delle impressioni e la continua integrazione della notazione letteraria con quella
visiva.
Marocchini
                                                                            accovacciati




 In viaggio
verso Tangeri


Moltissimi fogli di questo album contengono vedute che sono veri e propri capolavori per
felice acutezza e prontezza di osservazione. Il testo delle presenti pagine è:”Uomo seduto,
Veduta della moschea, Campagna, Quali colori sono adatti a far risaltare le figure, Piccola
moschea dipinta di giallo”.
Messa a
Siviglia
Acquarello,
260 x 360 mm
(1832) Parigi,
Coll. privata




Delacroix interruppe il soggiorno in Marocco tra il 9 maggio e il 2 giugno per recarsi in
Spagna. Poté cosi visitare Cadice (tra il 16 e il 22 maggio), dove lo colpì il quadro con le
sante Giusta e Rufina dipinto da Goya nel 1817 (sagrestia della Cattedrale), e Siviglia (tra il
22 e il 28). L’eliminazione quasi completa dei contorni in questo splendido acquarello
(come in altri dello stesso momento) è indubbiamente dovuta alla influenza palese di Goya.
Meknez: Bab El-mansour Penna, inchiostro e acquarello (1832) Parigi, Louvre
Delacroix s’innamora dei vestiti e delle stoffe e ne descrive accuratamente le tinte: «azzurro
tenero, verde, giallo oro, lilla sulle maniche, viola e così via. Cournault, che lo accompagna,
riferisce la sua emozione: «Quando, dopo aver attraversato alcuni corridoi bui, si penetra
nella parte della casa che è loro riservata, l’occhio viene abbagliato dalla viva luce, dai
freschi visi delle donne e dei bambini, che appaiono d’improvviso in mezzo a un ammasso
di seta e d’oro.
Il re degli Ontani Penna e lavis su carta, 198 x 301 mm (1833) Parigi, Louvre
Il Goethe scrisse la ballata omonima nel 1782 circa e Schubert scrisse invece la musica nel
1815. L’opera è connessa per gli ideali agli ultimi disegni per il “Faust”. Il pittore riesce a
trasmettere un grande senso di dinamicità per la posizione delle gambe del cavallo e per i
mantelli sventolanti dei personaggi.
Il danzatore Simon vestito alla turca
Seppia, 165 x 130 cm (1834)
Parigi, Museo dell’Opera


Della medesima serie de “Il Re degli
Ontani” è “Il danzatore Simon vestito
alla turca”. La datazione precisa del
foglio non è conosciuta ma si ritiene del
1834 e rappresenta probabilmente il
maestro di ballo dell’Opera, Simon, nella
parte di Bracaccio, il capo dei pirati in
una famosa opera teatrale.
Le donne di
                                                                              Algeri
                                                                              Olio su tela,
                                                                              180 x 229 cm
                                                                              (1834)
                                                                              Parigi, Museo
                                                                              del Louvre




E’ uno dei quadri più celebri di Delacroix che lo eseguì al suo ritorno dall’Algeria e dal Marocco,
su annotazioni prese dal vero e in condizioni pericolose, egli si servì sempre di suoi bozzetti o
acquarelli per le composizioni su temi antichi o orientali. Le donne molto belle sembrano godere
una felicità delicata e inattaccabile. Claude Monet ne ammirava la ricchezza, la divisione dei
colore e il tocco di realismo che dà la luce proveniente da una finestra sulla sinistra.
Amleto, la
                                                                                  madre e il re
                                                                                  Matita, 254
                                                                                  x 373 mm
                                                                                  (1834)
                                                                                  Parigi,
                                                                                  Louvre




Il foglio appartiene ai disegni preparatori per la serie di litografie eseguite tra il 1834 e il
1845. Qui il soggetto è tratto dall’atto I, scena II: “la regina tenta di consolare Amleto”. Il
disegno è singolare per la insolita delicatezza e morbidezza del tratto e la maestosità della
figura di Amleto.
Ritratto di George Sand
Olio su tela, 32 x 29 cm (1834)
 Parigi, Collezione Landouzy

George Sand appare in abiti
maschili e porta i capelli corti, il
che non corrisponde certamente al
gusto di Delacroix, femminista
molto tradizionale. Essi erano
amici,      sebbene     egli     non
apprezzasse molto lo stile letterario
di George Sand e non ne
condividesse le idee sulla piccola
gente di città e di campagna.
Ritratto di George Sand
Olio su tela (1838) Copenaghen,
Ordrupgaardsamlingen


Questa tela è la metà sinistra di un
duplice ritratto di Chopin e George
Sand che è poi stato diviso in due
parti. Chopin era al pianoforte,
seduto, mentre la Sand ascoltava
alle sue spalle a mezza figura. Il
dipinto fu diviso in due solo dopo
la morte di Delacroix e del ritratto
di Chopin è rimasta solo la testa
(Louvre), il resto è andato perduto.
Ritratto di Federico Chopin
Olio su tela, 46 x 38 cm (1838)
 Parigi, Museo del Louvre
Ricavato da un bozzetto
conservato presso il Gabinetto
dei Disegni del Louvre, questo
ritratto, eseguito nei 1838, fu
unito, su una stessa tela, a quello
di George Sand. Si trattava di
una composizione in cui si
vedeva la scrittrice sorpresa ad
ascoltare       con    espressione
sognante il « povero Chopin »,
come Delacroix definiva questo
amico che ammirava molto e
compiangeva, improvvisare al
piano alcune variazioni sul tema
dei suoi tristi amori.
Medea
Olio su tela, 260 x 165 cm (1838)
Museo di Lilla

Esposto al Salon del 1838 con il titolo di
“Medea infuriata e inseguita mentre sta
per sgozzare i figli”, questo quadro è uno
dei più grandiosi che la mitologia tragica
abbia ispirato a Eugène Delacroix. Egli vi
pensava fin dal 1824, ne eseguì parecchi
schizzi e molto più tardi anche una
variante, che si trova al Louvre. Molti
passaggi del Journal di Delacroix rivelano
con quanta cura perseverante il maestro si
applicasse per risolvere molti problemi di
tecnica terribilmente ardui dal punto di
vista del disegno, della luce e del colore.
I crociati conquistano
                                                                   Costantinopoli
                                                                   Olio su tela, 410 x 498 cm
                                                                   (1840) Parigi, Louvre




In questa tela Baldovino, conte di Fiandra, e i suoi comandanti percorrono i vari quartieri della
città di Costantinopoli mentre le famiglie in lacrime si fanno loro incontro per invocare
clemenza (fatto realmente accaduto il 12 aprile 1204). La magnificenza dell’ampio paesaggio
risponde a quella dell’architettura, degli elmi, delle armature, dei finimenti dei cavalli, che
sembrano partecipare alla scena a cui fanno da contrasto, in primo piano, la miseria, il terrore, la
morte. Un mondo crolla mentre un altro nasce.
La giustizia di Traiano
Olio su tela, 495 x 396 cm (1840)
Museo di Rouen

 Un’altra tela dipinta nel 1840, molto
 simile a “I crociati conquistano
 Costantinopoli”. In quest’opera
 davanti all’imperatore Traiano si
 trova una vedova piena di dolore,
 che tenta invano di arrestare la sua
 marcia.     Attorno     alla    figura
 imponente dell’imperatore si agitano
 varie bandiere e vi è un forte senso
 di movimento. Tintoretto, che ne
 valorizza la drammaticità, disse a
 proposito di questa tela che la terra
 sembra tremare sotto gli zoccoli del
 possente cavallo.
La tela fu dipinto nel 1839.
La sposa è ancora chiusa
negli appartamenti interni,
mentre gli invitati si
riuniscono nel resto della
casa. Alcuni distinti mori
regalano      denaro      ai
musicanti che pregano e
cantano senza interruzione.
Le       donne      soltanto
partecipano alla danza, una
alla volta. Al di là del
piacevole ricordo di viaggio
e dell’omaggio del pittore a
costumi puri e pittoreschi,
in questo quadro si trova
una grande lezione di
cangiante luminosità e di
fremente leggerezza anche
nelle ombre.
                               Nozze ebraiche in Marocco Olio su tela, 103 x 142 cm
                                         (1839) Parigi, Museo del Louvre
La Senna e il Reno
         (1833 - 1838)
  Pilastri della sala del re nel
       Palazzo Borbone
Si tratta di un particolare della
prima grande ordinazione ufficiale
ricevuta da Delacroix e con la
quale egli poté dimostrare il
proprio genio di decoratore. La
ottenne grazie alla fedeltà di
Adolfo Thiers e vi lavorò
intensamente dal 1833 al 1838. Un
soffitto troppo basso e cattive
condizioni di luce, nonché una
cornice ornamentale pesantemente
solenne impediscono di apprezzare
giustamente l’insieme.
Il sultano del Marocco
Olio su tela, 377 x 342 cm
(1845) Museo di Tolosa
Declacroix ripete qui un ricordo di
viaggio, attingendo ai suoi bozzetti,
disegni ed acquerelli. « Il sultano,
circondato dalla guardia e dai suoi
ufficiali superiori, esce dal palazzo di
Meknès per dare udienza. Egli
cavalca un cavallo berbero e un
servitore regge, sopra il suo capo, un
parasole verde-azzurro». Baudelaire
ne ha ben definito il carattere pre-
impressiomsta: « Questa tela è così
armoniosa, nonostante lo splendore
dei toni, che diventa grigia come
l’atmosfera dell’estate quando il sole
diffonde una nuvola di polvere
tremolante su ogni cosa ». Sullo
sfondo imponente delle mura, è
messa in scena la cerimonia, che per
la sua solennità appare bloccata e
silenziosa. Prevalgono i toni ocra e
rossi, della calda luce africana, così
come il cielo si presenta ampio e
La battaglia di
Taillebourg
Olio su tela, 465x 543 cm
Museo di Versailles
L’ordinazione fu ricevuta
nel 1837 per la Galleria
delle Battaglie, di cui il
quadro di Delacroix è uno
degli ornamenti principali.
Il soggetto si addiceva al
suo gusto eroico. Gli
inglesi tengono il ponte. S.
Luigi si lancia, seguito
solo da pochi cavalieri
anziché dall’intera armata.
Il suo cavallo bianco
risplende nella mischia
feroce. Si vedono alcuni
dei soldati attraversare il
fiume a nuoto per portare
soccorso al re in pericolo.
Pietà
Cera e olio su
muro, 355 x 475
cm (1844) Parigi,
San-Denis




Nel 1840 il Prefetto della Senna assegnò a Delacroix l’incarico di decorare la cappella della
Vergine in Saint-Denis du Saint-Sacrement. Nuovamente affascinato dai temi religiosi, accettò
ed elaborò numerosi disegni e bozzetti. Inizialmente pensava a un ciclo a riquadri. Il lavoro non
poté essere iniziato subito perché fu difficile trovare l’accordo sulla scelta della parete: iniziò alla
fine del ‘43. Egli aveva deciso di restringere alla sola Pietà la decorazione e di eliminare le
cortine sorrette da angeli alla maniera barocca. In diciassette giorni di lavoro intenso, portò a
termine l’opera. Questa suscitò elogi e critiche. Critica violente furono pubblicate sul “Journal
des Artistes”: in essa lo si accusava di aver saccheggiato Michelangelo. E’ importante
sottolineare il carattere “colto” che assume il dipinto di Delacroix per queste “citazioni” più o
La morte di Lara Olio su tela, 51 x 65 cm part.(1847) Obersdorf, Coll. Scharf
Il motivo della tela è desunto da un episodio narrato da Byron che colpì particolarmente
Delacroix: rappresenta il momento in cui il misterioso paggio di Lara solleva il capo del
signore, ormai in punto di morte, e si rivela, per la prima volta una donna: anche qui si
trovano quei toni cupi e quei colori scuri che rendono l’idea della morte.
Odalisca
 Olio su tela,
24 x 32 cm (1847)
   Parigi, Museo
    del Louvre




Capace di esprimersi, senza difficoltà, su superfici uguali a quelle di cui disponevano i maestri
del Rinascimento nei palazzi e monumenti religiosi di Firenze, Siena, Venezia e Roma,
Delacroix seppe eseguire con la stessa abilità grandi tele ed opere di piccolo formato, come
testimonia questa Odalisca che si suppone eseguita nel 1847 da un dagherròtipo. Per l’atmosfera
calda, l’abbandono voluttuoso della posizione, la sontuosità della materia e dei colori, questo
prezioso quadretto è annoverato tra i più belli che corpo di donna abbia ispirato.
Amleto ed Orazio al
 cimitero
 30 x 36 cm (1859)
 Museo del Louvre




La famosa scena del dramma di Shakespeare: Becchino: — Questo cranio, signore, era il cranio
di Yorick, il buffone del re. Amleto: — Povero Yorick. Questo quadro è del 1859: nella notte
profonda, alcuni monaci portano delle torce mentre Orazio, e non il becchino, presenta ad
Amleto il cranio del buffone. Non tutto è immaginario: il cimitero è quello del lazzaretto di
Tolone, dove Delacroix era stato trattenuto al ritorno dall’Africa; si sa inoltre che egli ricordava
un becchino di Avignone che si era divertito a gettargli il cranio di un bambino come si getta un
sasso. Le rappresentazioni di Delacroix sono sempre legate alla realtà della sua vita interiore.
Amleto ed Orazio al cimitero
Olio su tela, 81 x 65 cm
(1859) Museo del Louvre
Questa tela è in ogni caso la più
bella e matura tra quelle che
hanno come tema Amleto: le
figure campeggiano sole, grandi
e solenni su uno sfondo
semplicissimo, in modo che
l’attenzione dell’osservatore può
concentrarsi interamente su di
loro; l’esecuzione è        sicura;
infine il dipinto svolge nel modo
più alto nei due personaggi
principali un motivo caro al
pittore:    il   protagonista     è
accompagnato, nei momenti
moralmente più critici, da un
intimo amico o maestro, quasi
personificazione della coscienza.
Attila riporta
                                                                                 la barbarie
                                                                                 nell’Italia
                                                                                 devastata
                                                                                 10,98 x 7,35
                                                                                 m Affresco
                                                                                 Parigi,
                                                                                 Palazzo
                                                                                 Borbone

La decorazione della biblioteca della camera dei deputati francese a Palazzo Borbone è stata
paragonata alla decorazione della Cappella Sistinia. Questo immenso lavoro, commissionato nel
1838, venne terminato solo intorno al 1850. I dipinti dei due emicicli — Orfeo porta la civiltà in
Grecia e, dall’altra parte, Attila riporta la barbarie nell’Italia devastata — non sono stati
incollati ma eseguiti come affreschi, sul muro, con la differenza che esso era stato precedente
preparato con della cera. Lo stato di conservazione nel complesso è di una freschezza
stupefacente. Esso riassume in modo prestigioso, nei due emicicli e cinque cupole, l’essenziale
della storia dell’umanità. L’affresco è di dimensioni notevoli: quasi 11 metri per 7.
La morte di Seneca
Affresco da uno dei pennacchi
della cupola della biblioteca di
Palazzo Borbone, Parigi
Il precettore di Nerone è
rappresentato nel momento in cui,
condannato dall’imperatore stesso
a darsi la morte, si fa tagliare le
vene dai suoi discepoli. La scelta
di     questo    soggetto    rivela
l’ammirazione di Delacroix per
Seneca in particolare e per la
dottrina stoica in generale. Per
focalizzare    l’attenzione     sul
personaggio principale, Seneca, il
volto del personaggio che lo
sorregge da dietro è stata
solamente abbozzata.
La morte di
   Marc’Aurelio
258 x 330 cm (1850)
   Museo di Lione




Un catalogo del Salon la descrive così: « Le perverse inclinazioni di Commodo si erano
manifestate. Con voce flebile l’imperatore raccomanda la giovinezza del figlio ad alcuni amici,
filosofi stoici come lui. Il loro triste atteggiamento indica bene l’inutilità di quelle
raccomandazioni e i loro funesti presentimenti per l’avvenire dell’impero romano ». E’ netto il
contrasto tra il gruppo austero dei filosofi e la grazia effeminata del giovane (il cui regno sarà
una sequenza di scandali e crudeltà). L’idea che le più belle cose siano fragili perseguita
Delacroix, che vuole dimostrare come una civiltà possa perire per le cause più strane.
Il ratto di Rebecca
Olio su tela, 100 x 81 cm (1850)
Parigi, Museo del Louvre
Delacroix si è ispirato due volte a
quest’episodio di Ivanhoe, il romanzo
ultra-romantico di Walter Scott. Dei
due quadri, identici per soggetto, il
primo, dipinto nel 1846, è conservato
al Metropolitan Museum di New York
e il secondo, eseguito nel 1850 circa, è
quello qui riprodotto, diverso in alcuni
punti da quello che l’aveva preceduto.
Bois-Guilbert, con Rebecca tra le
braccia, sta uscendo dal castello
incendiato di Front-de-Boeuf; un
soldato, in primo piano, trattiene a
stento l’impazienza d’un magnifico
cavallo bianco sellato. Molto efficace
l’utilizzo di colori chiari.
Desdemona maledetta dal padre
Matita e olio su tela, 59 x 49 cm
(1852) Reims, Museo d’Arte

Per aver sposato segretamente Otello,
il padre maledice Desdemona
(“Otello” di Shakespeare, atto I,
scena II). La figura del padre si erge
vigorosa respingendo la figlia, la
quale a sua volta cerca di
abbracciarlo con forza. Il forte vigore
drammatico si deve alla mancanza di
particolari sullo sfondo, ai drappeggi
dei sontuosi vestiti dei due
personaggi ed ai capelli lunghi e
fiammeggianti della donna.
Discepoli e pie donne
raccolgono il corpo di Santo
Stefano
Olio su tela, 148 x 115 cm
(1853) Museo di Arras

Dipinto nel 1853 ed esposto al
Salon dello stesso anno, questa
tela rappresenta, lungo i bastioni
di Gerusalemme, il primo martire
cristiano che è appena stato
lapidato. Il suo corpo viene
raccolto da due discepoli ed una
giovane donna. Un’altra donna
inginocchiata asciuga il sangue
sparso sul terreno. La tela è di
forte intensità drammatica.
Cristo sul lago
                                                                                 di Génézareth
                                                                                 Olio su tela,
                                                                                 56 x 61 cm
                                                                                 (1853)
                                                                                 Zurigo,
                                                                                 Collezione
                                                                                 Melfon




A varie riprese, Delacroix ha affrontato il motivo della barca, dell’uomo in preda a forti
passioni di fronte alla terribile minaccia della morte, rappresentata dallo scatenarsi delle
forze della natura: in questo dipinto, il Cristo dormiente nella burrasca, mentre tutti gli altri
personaggi sono in preda al panico, sta a significare la fede che vince l’angoscia della morte.
Cristo sul lago di
Génézareth
Olio su tela, 59 x 73 cm
(1854) Baltimora
Anche l’anno seguente,
nel 1854, viene ripreso il
tema del sonno tranquillo
del Cristo, mentre attorno
si scatena la burrasca e
sarà ancora ripreso più
volte. A differenza della
precedente tela, si nota
immediatamente           la
adozione del punto di vista
dall’alto, che conferisce
un tono più distaccato alla
intera    rappresentazione.
Anche in questo caso il
Cristo dorme serenamente,
mentre gli altri uomini
tentano di ammainare le
vele della barca.
Caccia ai
                                                                                             leoni,
                                                                                             particolare
                                                                                             Olio su tela,
                                                                                             260 x 360
                                                                                             cm (1855)
                                                                                             Museo di
                                                                                             Bordeaux




Questa è soltanto una parte della Caccia ai leoni distrutto da un incendio nel 1870. L’opera era stata
commissionata dallo Stato per la somma di 12.000 franchi. Gautier, che l’aveva visto nella sua totalità,
ne riconosce la forza compositiva e “l’esplosione di colore”. Nella tela si intrecciano leoni, uomini e
cavalli nel caos di artigli, zanne e sciabole. Niente, tuttavia, è lasciato al caso: Delacroix ne ottiene una
combinazione di arabeschi, forme e colori, rafforzando la drammaticità. Vi è il chiaro intento di evitare
il nero per sottolineare lo splendore dei colori che mettono in risalto la ferocia esotica e fantastica.
Caccia al leone
 Olio su tela, 72 x 98 cm
 (1861) Chicago,
  Art Institute
Dopo il dipinto di Bordeaux,
questo è il più bel quadro di
Delacroix ispirato al tema della
caccia al leone. La scioltezza
dell’esecuzione, i toni chiari, che
rendono il dipinto estremamente
luminoso, il disegno dalle linee
nette, fanno di questa versione
un capolavoro. Anche in questo
caso il pittore evita il nero, fa i
toni cupi con colori il più
possibile trasparenti: utilizzando
la lacca, il cobalto o terra di
Siena naturale o bruciata.
Il buon Samaritano
35 x 28 cm (1855) Parigi,
Collezione Esnault-Pelterie


Esposto al Salon del 1855, questo
quadretto è di piccole dimensioni,
ma immenso per il profondo
studio delle proporzioni e le
prospettive che offre ad una
attenta meditazione. Portando tra
le braccia l’uomo ferito, il buon
Samaritano si sforza di sistemarlo
sul cavallo per condurlo alla
salvezza.
Cavalli arabi che
                                                                              lottano nella
                                                                              scuderia
                                                                              64 x 81 cm
                                                                              (1860) Parigi,
                                                                              Museo del Louvre




Eseguito nel 1860, questo quadro rappresenta due superbi cavalli che si sono slegati e che lottano
rabbiosamente. I loro custodi arabi, svegliati di soprassalto — due sono ancora stesi sul giaciglio,
un altro è in piedi — stanno per intervenire. Alcuni pittori contemporanei a Delacroix dissero che
sembra quasi di poter udire le grida degli uomini e il rumore degli zoccoli. Nell’atmosfera
realistica di una scuderia troviamo un’epica esaltazione d’un improvviso furore di vivere.
La lettura o
                                                                          L’educazione
                                                                          della Vergine
                                                                          92 x 122 cm
                                                                          (1860) Parigi,
                                                                          Collezione
                                                                          Maurice
                                                                          Genevoix



Un giorno Delacroix vede la fattoressa di George Sand con sua figlia, ambedue sedute su un
tronco d’albero. La vecchia aveva una mano appoggiata sulla spalla della fanciulla che seguiva
attentamente una lezione di lettura. Nasce così La lettura, detta anche l’Educazione della
Vergine, quadro di cui è importante conoscere l’origine perché dimostra come, partendo da un
fatto direttamente osservato nella vita quotidiana, il genio fantasioso di Delacroix sapesse
trasporre, in modo da renderle sensibili, le realtà superiori del pensiero e del sentimento.
Eliodoro
cacciato dal
tempio, part.
Affresco,
751 x 485 cm
(1860)
Parigi,
Chiesa di San
Sulpizio


Eliodoro si recò a Gerusalemme per rapire i tesori del tempio. Lo Spirito di Dio Onnipotente si
manifestò con evidenza: appare un cavallo montato da un terribile cavaliere. Il cavallo che era
riccamente bardato, coi piedi anteriori da calci furiosi ad Eliodoro. Il cavaliere che monta il
cavallo ha armi d’oro. Di più comparvero due giovani forti, maestosi e magnificamente vestiti.
Questi, postisi un di qua e un di là da Eliodoro, lo flagellano con nerbate. Delacroix credeva alla
vittoria finale del giusto sull’ingiusto e questo può essere considerato come il suo testamento.
Cavalli che escono dal mare
Olio su tela, 50 x 61 cm (1860)
Washington, Phillips Gallery
I motivi legati al viaggio in
Marocco continuano ad alimentare
la fantasia dell’artista lungo tutta la
sua attività: l’eterno conflitto
dell’uomo e dell’animale, che ispira
tanti dei suoi dipinti, qui si risolve
in abbondanza di luce e colori.
Infatti i colori chiari, non studiati
sul vero, e il disegno quasi identico
ad uno precedente (il cavallo grigio
ripete nello schema quello della
Cacciata di Eliodoro dal tempio)
testimoniano il cedimento di
Delacroix a un “fare di maniera”.
L’opera ha tuttavia esercitato una
notevole influenza sugli artisti
successivi, per esempio su De
Chirico.
Seppellimento di Cristo
Olio su tela, 56 x 46 cm (1860)
Buenos Aires, Collezione A.
Santamarina
In questa tela si contemplano
pochi      uomini     che     calano
cautamente il cadavere di Cristo
nel Santo Sepolcro. Lo scenario e
la fossa stessa sono l’emblema
della vita sotterranea, che la nuova
religione dovrà condurre per tanto
tempo. Da fuori l’aria e la luce
s’insinuano attraversando la scala
a spirale. Maria sta per svenire, si
sostiene appena. Notiamo che
Delacroix invece di far della
Madre santissima una donna
immacolata da album, le dà
sempre un gesto e un’ampiezza
tragici che le si addicono
perfettamente.
Lotta di Giacobbe con l’Angelo
Olio e cera su muro,
751 x 485 cm (1861)
Parigi, Chiesa di San Sulpizio
In questa tela il pittore ha rinunciato
all’espressione della violenza pura e
selvaggia: la lotta vana dell’uomo è
qui     bloccata    da     una    forza
soprannaturale. L’uomo che sta
combattendo con tutta la propria
energia è contrastato dall’azione
dell’angelo che non compie alcuno
sforzo nel fermarlo. L’angelo è colto
nel momento in cui va a toccare il
nervo della coscia sinistra di
Giacobbe per immobilizzarlo.
Delacroix vi ha visto il simbolo del
coraggio ostinato dell’uomo che osa
sfidare     forze    sovraumane:      il
medesimo       coraggio     era   stato
necessario a lui stesso per trionfare,
giacché il suo capolavoro venne
immediatamente riconosciuto tale.
Fotografia eseguita nel 1858 da
Delacroix


Il pittore rimane affascinato sin
dall’inizio dall’invenzione della
macchina fotografica. A partire
dal 1855 in poi, negli ultimi anni
della sua vita Delacroix si dedica
ad una delle sue passioni
maggiori oltre alla pittura, ovvero
la fotografia. L’artista si spegne a
Parigi il 13 agosto 1863.
Bibliografia
• I capolavori del romanticismo francese, J. Cassou
• Teoria dell’arte di Delacroix, Princeton 1966; S. Spector
• Il Genio francese e la critica, Roma 1986; C. Dumur
• Itinerario nell’arte, Volume C, Cricco, Di Teodoro
• Art e Dossier, Delacroix, G. Lemaire
• I maestri del colore, Eugene Delacroix.


                       Siti Internet
                     www.artonline.com
                     www.nationalgallery.org
                     http://gallery.euroweb.hu
                     www.storiadellarte.com
Presentazione di
Gabriele Martini

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Eugene Delacroix

  • 1. Eugène Delacroix (1798-1863)
  • 2. Sommario La Vita La formazione Gli anni giovanili La prima maturità e la gloria
  • 3. La vita Eugenio Delacroix nacque il 26 aprile del 1798 a Charenton-Saint-Maurice (Senna) da Carlo Delacroix e da Vittoria Oeben. La paternità ufficiale dell’artista è stata contestata con fondati motivi (impossibilità di procreare da parte del padre) e ne è stata attribuita la reale paternità al Talleyrand, che lo avrebbe poi protetto in segreto durante i primi anni della sua carriera artistica. Delacroix si trovò prestissimo a dover affrontare la vita con le proprie sole forze, perché il padre mori nel 1805 a Bordeaux, e la madre, che si era trasferita a Parigi dall’anno successivo, morì nel 1814. Il giovane Delacroix, che dal 1806 era entrato nel Liceo Imperiale di Parigi, fu affidato alla sorella. Nel 1815 Delacroix, terminato il liceo, entrò nello studio di Guérin, dove conobbe per la prima volta Géricault. Intanto pubblicava i primi disegni caricaturali e frequentava assiduamente il Louvre. Il primo pubblico gli loda l’apparente complessità delle sue opere.
  • 4. Dissapori con la sorella e gravi difficoltà finanziarie tormentano in questo momento Delacroix, che, per vivere, è costretto a eseguire disegni di macchine. Nello scorcio del 1822 comincia una nuova vita con il successo al Salon della Barca di Dante. Del 1826 è il primo incontro con Victor Hugo. Molte opere nel Palazzo del Consiglio di Stato andarono distrutte a seguito di un incendio. Del 1829 è l’inizio dell’attività saggistica di Delacroix che comincia a scrivere anche articoli su Raffaello e Michelangelo. Delacroix non partecipò direttamente alla rivoluzione del luglio 1830: dopo il rovesciamento del vecchio regime partecipò ai concorsi banditi dal governo per decorare alcune sale; scrisse sul problema dei rapporti tra artisti e governo. L’1l gennaio 1832 Delacroix partì per il Marocco quale membro di una commissione inviata da Luigi Filippo presso quel sultano. Giovane marocchino col fucile
  • 5. Con il regno di Luigi Filippo si apri un periodo di commissioni ufficiali dovute per gran parte a protezioni. Inizia quindi l’amicizia con George Sand e poi con Chopin nel ‘33. L’ultimo quindicennio della vita di Delacroix si svolge in una crescente solitudine, in parte desiderata dall’artista stesso e in parte resa necessaria dalle condizioni di salute. Il 13 agosto 1863 muore a Parigi, nel suo appartamento considerato grande maestro d’arte del suo tempo e ammirato dai giovani. Foto di Delacroix del 1855
  • 7. Dodici medaglie e monete antiche Litografia, Boston, Museum of Fine Arts Le prime opere di Delacroix sono semplici litografie, acquarelli, schizzi su quaderni personali o piccoli progetti, che costituiranno le bozze di grandi lavori. Iscrittosi attorno al 1817-1818 all’”Ecole des Beaux-Arts” passa intere giornate chiuso nella Bibliothèque Nationale, impegnato a copiare antichi manoscritti acquerellati, dipinti ed immagini di sculture classiche. Ornamenti per la carena di una fregata, Parigi
  • 8. Paolo e Francesca Acquarello, 28 x 21 cm Zurigo La tela raffigurante l’episodio dell’Inferno dantesco di Paolo e Francesca. L’opera, che è una delle prime della giovinezza e presenterà Delacroix come pittore almeno sul paino nazionale, è ispirata da uno dei più commoventi episodi della Divina Commedia, narrato dalle parole stesse di Francesca (Canto V): « Quando leggemmo il disiato riso / esser baciato da cotanto amante, / questi, che mai da me non fia diviso, / la bocca mi baciò tutto tremante. / Galeotto fu il libro e chi lo scrisse: / quel giorno più non vi leggemmo avante». Francesca, impacciata, lotta contro il loro amore colpevole nascente. La figura dello spione rappresenta la coscienza che dovrebbe mettera in guardia i personaggi, quando l’istinto passionale vince la forza spirituale.
  • 9. La Vergine delle messi (1819) Olio su tela, 125x74 cm Chiesa parrocchiale Orcemoflt Raffaello, Madonna col Bambino e San Giovannino (1507) Parigi, Louvre E la prima opera commissionata a Delacroix. Il dipinto ispiratore fu certa mente la Madonna detta La Belle Jardinière di Raffaello (Louvre). Tuttavia occorre osservare che l’atteggiamento delle due figure risente in modo attenuato, e forse non ben consapevole, ma chiarissimo, delle forme michelangiolesche per quanto riguarda il gesto del Bambino che ricorda quello dei papi benedicenti della statuaria romana di ispirazione michelangiolesca.
  • 10. Idea per la Vergine del Sacro Cuore (1820) Matita e acquarello, 37x24 cm Parigi, Louvre La composizione contrasta, per la ricerca di dinamismo, con quella più ferma e bilanciata del dipinto finale. Rivela inoltre la suggestione eser- citata su Delacroix dall’arte italiana pre e proto-barocca, conosciuta certo attraverso stampe, e particolarmente dalla scultura (possibili riferimenti: la Veronica e l’Angelo annunziante del Mochi per le braccia allargate della Vergine e dell’afflitto; il San Paolo, dell’Algardi, per la figura barbuta a sinistra).
  • 11. La Vergine del Sacro Cuore (1820-1821) Olio su tela, 258x152 cm Aiaccio, Cattedrale Il dipinto, destinato dapprima alle Dames du Sacré-Coeur di Nantes, fu commissionato nel dicembre del 1819 a Géricault, per compensarlo moralmente del mancato acquisto, da parte dello Stato, della Zattera della Medusa. Nell’autunno del ‘21 doveva però essere già terminato. A differenza dei primi schizzi preparatori, l’opera definitiva si attiene a una maggiore staticità. Inoltre è riconoscibile l’ispirazione a temi michelangioleschi (il “pensieroso” si ispira alle figure inferiori del Giudizio, gli angioletti che volano e si baciano ai voli d’angeli e analoghi episodi della parte superiore di quell’affresco, la positura della Madonna alla Madonna di Bruges).
  • 12. L’Inverno (1821) Tela, 44x84 cm Parigi, Collezione privata Jouet-Pastrè Dclacroix ricevette l’incarico di decorare la sala da pranzo del grande attore tragico Francesco Giuseppe Talma. Erano previsti nove pannelli che si ridussero a cinque. Delacroix, dopo molti appunti e studi, ne esegui in effetti quattro raffiguranti le Stagioni rifacendosi al gusto della pittura classica e contemporaneamente della pittura decorativa francese del secolo XVII.
  • 13. Michelangelo, Il diluvio (1508-1509) particolare; Roma; Vaticano, volta della Cappella Sistina Non mancava tuttavia qualche esplicito riferimento a Michelangelo: l’Estate, per esempio, riproduce quasi alla lettera l’atteggiamento dell’Aurora delle Tombe Medicee. Quanto all’Inverno, esso riecheggia manifestamente la figura ammantata di madre che stringe al seno il bambino nel Diluvio della Sistina (ma, insieme, forse anche il Gioacchino addormentato di Giotto).
  • 14. Autoritratto come Ravenswood Olio su tela, 40 x 31 cm (1821) Parigi, Atelier Delacroix L’opera va talvolta erroneamente sotto la vecchia denominazione di Autoritratto come Amleto. In realtà una scritta sul telaio, di mano di Delacroix, suonava ‘Raveswood’, certamente per Ravenswood. Si possono notare varie analogie con un famoso ritratto di Carlo II: l’analogia dello schema compositivo è indubbia. Il bellissimo autoritratto giovanile è di gran lunga superiore mette in luce le doti del giovane pittore che utilizza diverse gradazioni di neri.
  • 15. Dante e Virgilio all’Inferno Olio su tela, 189 x 246 cm (1822) Parigi, Louvre Delacroix esordì giovanissimo, a soli 24 anni, al Salon (1822) esponendo “Dante e Virgilio all’Inferno”. Il soggetto, tragico è tratto dall’VIII canto dell’Inferno, dove si narra del passaggio dello Stige, la palude infernale, nel cui fango sono immersi gli iracondi che si percuotono e si mordono a vicenda. La barca è pilotata da Flegiàs, il demone nocchiero. Durante la traversata - che conduce Dante e Virgilio verso la città di Dite - il Poeta incontra l’anima di Filippo Argenti, un iroso fiorentino che intende anche rovesciare la barca. Delacroix ha immerso tutti i personaggi in un ambiente tenebroso da cui emergono fuoco e nuvole di fumo dai riflessi rossastri che si sprigionano oltre le mura possenti della città di Dite. I corpi (che ricordano quelli di Michelangelo) sono modellati da bagliori di luce.
  • 16. Ritratto di Alfred Bruyas Olio su tela I ritratti sono poco numerosi nell’opera di Delacroix, questo è uno dei migliori. Quello di Alfred Bruyas è anche il più completo (in un primo momento avrebbe voluto raffigurare solo il capo mentre le mani sarebbero state appena accennate), per il particolare delle mani, ad esempio, che è di un realismo affascinante e minuzioso. Delacroix dichiara di ispirarsi a Paolo Veronese è, secondo lui, il vero maestro della rappresentazione.
  • 17. Il barone Luigi Schwiter Olio su tela, 218 x 143 cm (1823 circa) Londra, National Gallery Nel ritratto del barone Luigi Schwiter il paesaggio di sfondo non fu dipinto da Delacroix, ma da Paul Huet, che era stato condiscepolo del pittore: di fatto è avvertibile, tra primi piani e fondale, qualche leggera discrepanza di stile. In ogni caso la figura del barone è estremamente elegante ed è eseguito con libertà di stile. Probabilmente qualche anno dopo è stato aggiunto il ramoscello gettato romanticamente ai piedi dello Schwiter.
  • 18. Ritratto della figlia di Jenny Olio su tela, 48 x 38 cm Parigi, Museo del Louvre Delacroix avrebbe eseguito il ritratto della figlia naturale della propria governante, morta in giovane età, ed il suo e per testamento li avrebbe donati entrambi a lei: Jenny Le Guillon. Il pittore sembra qui quasi inibito dalla figuretta alquanto volgaruccia della bambina, che ritrae del tutto frontalmente (cosa insolita per lui), ma è innegabile una certa freschezza di visione e una non comune profondità atmosferica che il colore intenso e vivace rende più evidente. Inoltre la figura di contadinotta della bimba (che mostra un’età tra i cinque e gli otto anni) rivela tratti fisionomici (zigomi pronunciati, narici aperte, taglio della bocca) che hanno sorprendenti affinità con quelli del Delacroix giovanile.
  • 19. Il Generale Charles Delacroix al Louroux Tavola, 39 x 29 cm (1822) Parigi, Collezione privata Dopo il successo conseguito con “Dante e Virgilio all’Inferno”, Delacroix fu ospite per qualche tempo nella tenuta di suo fratello Charles (generale con grandi doti), denominata il “Louroux”, presso la nota città di Tours. Il periodo di riposo durò circa un mese.
  • 20. La Mulatta Olio su tela, 80 x 65 cm (1822) Museo di Montpellier L‘influenza di Géricault, soprattutto per quanto riguarda la generosità dell’impasto, è evidente in questo dipinto eseguito nello stesso periodo del Dante e Virgilio agli Inferi. L’opera è stata eseguita con il contributo di una modella professionista la cui bellezza contribuisce a diffondere nei primi ateliers romantici il gusto per l’esotismo, ovvero il desiderio di sfuggire dalla realtà rifugiandosi nel lontano sia nel tempo che nello spazio.
  • 21. Nudo seduto (Mademoiselle Rose) Olio su tela, 81 x 65 cm (1822) Parigi, Louvre Già appartenente alla Collezione Dubaut e acquistata dal Louvre nel 1942, è forse la più bella di una serie di “accademie” di nudi femminili dipinte da Delacroix tra il 1818 e il 1824. Stilisticamente quest’opera tradisce modi tipici della sua scuola con la parete di fondo dipinta a pennellate sommarie e sprezzanti.
  • 23. Delacroix si documenta molto seriamente sui costumi dei greci di Scio, sulle uniformi degli ufficiali turchi, e realizza studi assai compiuti delle principali figure della composizione che ha in mente. Alcuni di questi studi si trasformano addirittura in tele autonome come l’Orfanella in un cimitero. Questa figura fu utilizzata per il Massacro di Scio e precisamente per un personaggio in alto a sinistra. In alto sulla sinistra è aggiunto un cimitero come sfondo e l’opera è collegata con un’altra in cui la giovane è in piedi, tra le tombe, con un fiore in mano. Orfanella in un cimitero Olio su tela, 65 x 54 cm (1823) Parigi, Museo del Louvre
  • 24. Il massacro di Scio Olio su tela, 417 x 354 cm (1824) Parigi, Louvre Come era avvenuto per la Zattera della Medusa di Géricault, l'impatto causato da un evento realmente accaduto fornisce lo sfondo per la creazione di un'opera in cui il contenuto fortemente drammatico colpisce profondamente il pubblico. I resoconti dell'epoca su questo cruento massacro compiuto dai turchi, per cui nell'isola di Chio sopravvissero solo novecento greci, furono studiati con attenzione dall'artista. Nell’Aprile del 1822, per vendicarsi di uno scacco subito a Tripoli, i Turchi massacrarono nell’isola di Chio circa ventimila persone e
  • 25. condussero schiavi i superstiti. Ancora una volta è l'amico Géricault a ispirare il clima concitato e il senso di dolore delle figure, che dai morti ed esanimi in primo piano sale fino ai gesti disperati dei corpi del registro superiore, fino al cavallo imbizzarrito del turco mattatore. Quest’opera segna l’inizio di un nuovo corso per la pittura dell’Ottocento sia per la nuova maniera vibrante e intensa di intendere il colore nella luce e all’aria aperta, sia per le implicazioni ideali-psicologiche a carattere liberale-patriottico e al tempo stesso romantico.
  • 26. Disegno da Rowlandson: Il Bacio Ridicolo Punta di pennello e seppia, 27 x 17 cm (1824) Orleans, Musèe des Beaux-Arts Fa forse parte di un gruppo di 42 fogli messi in vendita nella vendita postuma del 1864. L’opera fa parte di una vasta collezione di vignette satiriche e caricature: in cui spesso vengono ridicolizzati gli usi e i costumi dell’antica aristocrazia. Tra i più vicini ad essi sono i numerosi disegni del Rowlandson nella Harvard University di Cambridge, Widener Memorial Collection.
  • 27. Un angolo dello studio (1824) Acquarello, 183x286 mm Parigi, Louvre Lo studio rappresentato da Delacroix era allora probabilmente quello preso in fitto dalla fine del precedente anno per dipingere il Massacro, cioè in rue de Grenelle - Saint-Germain, 118. Solo all’inizio del 1824 si trasferisce in rue Jacob.
  • 28. Fucsie Matita e acquerello, 300 x 190 cm Parigi, Coll. privata Il pittore sin dalla giovinezza manifesta un forte interesse nel dipingere elementi naturali quali i fiori, le piante o scorci di bosco e sottobosco: si sono conservati più di cento acquerelli come questo, in modo particolare tra i suoi quaderni di appunti. Egli per queste opere trae spunto specialmente dai suoi viaggi in Oriente.
  • 29. Turco con il mantello rosso Olio su tela, 240 x 298 mm (1824) Parigi, Louvre La tela è caratterizzata da colori estremamente brillanti ed è stata dipinta in pochissimi giorni. Si ritiene che sia una copia di un quadro molto simile proveniente da Istanbul. Il colore rosso vivo del mantello del turco sembra pervadere in tutta la tela, in netto contrasto con il nero e il blu circostanti. Il pittore presta grande attenzione ai particolari.
  • 30. Pastore romano Olio su tela, 32 x 40 cm (1824) Basilea, Museo d’Arte Questa tela è praticamente contemporanea alla precedente. Le medesime caratteristiche sono presenti nel “Pastore Romano”, per le scelte cromatiche e l’uso costante di contrasti vividi.
  • 31. Nozze di cana - Delacroix - Acquarello, Nozze di cana - Veronese - Olio su tela, 24 x 35 cm (1824) Parigi, Coll. privata 669 x 990 cm (1562) Parigi, Louvre L’ammirazione profonda di Delacroix per Paolo Veronese comincia dalla primavera del 1824, come si ricava dal suo “Diario” personale. L’opera è copiata dallo stesso dipinto del 1562 del Veronese. L’acquarello è tuttavia di gran lunga superiore alla tela per freschezza e potere di sintesi (l’originale è enorme: misura 669x990 cm).
  • 32. La stufa Olio su tela, 50 x 43 cm (1825) Parigi, Museo del Louvre Il vero tema del quadro è il colore del metallo incandescente. Per il vivido naturalismo, l’opera fa pensare ad alcuni dipinti di pezzi anatomici dell’ultimo Gèricault.
  • 33. Cavallo selvaggio attaccato da una tigre Acquarello, 178 x 247 mm (1825) Parigi, Museo del Louvre Nel « Diario », Delacroix si propone assai presto di eseguire disegni e dipinti di animali. In questo acquarello si manifesta con estrema energia l’irresistibile propensione dell’artista per i temi capaci di esprimere la violenza e la forza delle bestie. Lo schema compositivo del cavallo ripete invertito quello del Cavallo spaventato dalla tempesta del Museo di Budapest, che è forse del 1824.
  • 34. Macbeth e le streghe Litografia, 32 x 25 cm (1825) New York, Metropolitan Museum of Art Nessuna arte viene trascurata da Delacroix, infatti si dedica anche alla litografia. La seguente non è importante tanto per il soggetto rappresentato, poiché è noto che il pittore ama rappresentare particolari delle tragedie di Shakespeare (IV atto di Macbeth), ma perché punta tutto sui forti contrasti di luminosità, ottenuti quasi esclusivamente con tratteggi sottilissimi e curvilinei.
  • 35. Delacroix meditò sul Tasso, come simbolo della genialità incompresa, almeno a cominciare dal 1822. Comunque egli affrontò il tema a più riprese individuando sempre più chiaramente in un atteggiamento di accettazione di una invalicabile solitudine il momento più significativo della prigionia del Tasso. L’opera è stilisticamente fluida e disinvolta e compositivamente semplice: qui l’atteggiamento del Tasso corrisponde esattamente a quello del Sardanapalo. Per il suo carattere relativamente “finito” il presente disegno Torquato Tasso tra i folli sembra eseguito in vista di Matita su carta, 267 x 317 mm una traduzione litografica. (1825) Zurigo, Coll. Peter Nathan
  • 36. Cristo nell’orto degli ulivi Olio su tela, 294 x 362 cm (1825) Parigi, chiesa di Saint-Paul-Saint- Louis L’artista vi meditò a più riprese mutando il concetto compositivo, come attestano numerosi disegni . La critica accolse variamente il dipinto: gli angeli furono ritenuti degni di Raffaello e il Cristo fu considerato volgare. In realtà è ancora una volta avvertibile l’influenza di schemi michelangioleschi sia nel movimento degli angeli sia nel gesto del Cristo, che sembra rifiutare ogni esterna e vana consolazione, ma ricorda, nella positura, l’Adamo della Sistina.
  • 37. Faust e Wagner Matita su carta, 206 x 237 mm (1826) Parigi, Louvre Nel 1824 Delacroix, osservando le incisioni del “Faust” del tedesco Retzsch manifestava il desiderio di illustrare l’opera per suo conto. Il viaggio in Inghilterra, che consentì a Delacroix di assistere a una memorabile rappresentazione teatrale del “Faust” dovette agire sull’artista in modo decisivo. In quell’anno iniziò l’impresa di eseguire 17 litografie, più il ritratto di Goethe.
  • 38. Dal Faust: Bella signorina, posso permettermi l’ardire…? Litografia, 220 x 170 mm (1826) Monaco, Coll. Gurlitt Goethe riconobbe che Delacroix era un gran talento anche se i francesi gli rimproverano un eccesso di selvatica rozzezza. I disegni preparatori (vedi anche il seguente) sono in genere stilisticamente e compositivamente assai diversi e molto più sciolti e vividi delle vere e proprie litografie. In questo è determinante la ricerca di profondità atmosferica.
  • 39. Dal Faust: Bella signorina, posso permettermi l’ardire…? Litografia, 230 x 210 mm (1826) Monaco, Coll. Gurlitt
  • 40. Dal Faust: Giardino di Marta Incisione, 236 x 217 mm (1826) Monaco, Coll. Gurlitt
  • 41. Natura morta Olio su tela, 80 x 106 cm (1827) Parigi, Museo del Louvre Delacroix dipinse pochissime nature morte e quasi nessuna con animali. Qui è evidente il desiderio di rendere omaggio alla pittura fiamminga e olandese. In questa tela, in cui è raffigurata una natura morta (selvaggina, aragoste e fucile da caccia) in uno splendido paesaggio estivo, l’artista inserisce un brivido di inquietudine con la presenza di una lucertola viva in primo piano e alcuni uomini che stanno cavalcando in lontananza.
  • 42. Faust e Mefistofele la notte del Sabba Matita e lavis, 306 x 460 mm (1826) Rotterdam, Museo Beuningen Studio per la litografia di uguale soggetto della serie pubblicata dall’editore Motte nel 1828. L’intento di accordare la rapidità e il ritmo dell’esecuzione dell’opera alla rapidità travolgente della cavalcata infernale, induce Delacroix a rompere ogni norma convenzionale, e fa di questo uno dei disegni più belli e significativi di tutta la sua carriera
  • 43. La prima maturità e la gloria
  • 44. Odalisca con pappagallo Olio su tela, 240 x 320 mm (1827) Lione, Museo d’Arte Il dipinto può essere considerato preparatorio alla Grecia sulle rovine di Missolungi. Sono identici, infatti, tocco e sensibilità cromatica e identica è la modella (Laura). Ispiratrici ideali di Delacroix, anche per lo schema compositivo, sono qui la pittura veneta e in particolare di Paolo Veronese (non Bonington, come è stato detto). Di questo dipinto si conserva un bel disegno preliminare a matita (Lione, Museo d’Arte).
  • 45. La Grecia sulle rovine di Missolungi Olio su tela, 209 x 147 cm (1826) Bordeaux, Museo d’Arte Questa allegoria fu ispirata all’autore da un altro terribile episodio della guerra d’indipendenza greca, verificatosi il 22 aprile 1826, quando i difensori di Missolungi anziché arrendersi ai Turchi preferirono saltare in aria con le donne e i bambini. Delacroix tuttavia attribui alla fanciulla che personifica la Grecia non un atteggiamento eroico, ma il gesto di offerta di talune figure sacre del Quattrocento, per esempio il S. Francesco Frick di G. Bellini a New York, la Madonna di D. Morone a Berlino. Stilisticamente e per qualche particolare iconografico si collega alla Odalisca con pappagallo, di cui è identica la modella (Laura). Fu acquistata dalla città di Bordeaux nel 1852 per 2500 franchi.
  • 46. La morte di Sardanapalo Olio su tela, 395 x 495 cm (1827) Parigi, Louvre Lo spunto per questa tela provenne a Delacroix dal finale di un dramma di Byron pubblicato nel 1821. L’artista fu attratto potentemente dalle innumerevoli possibilità pittoriche che gli offrivano le carni delle donne e degli uomini, le stoffe, gli oggetti preziosi. In tal modo mescolò una folla di interessi pittorici all’interesse per il tema
  • 47. esotico e barbaramente tragico, ottenendo un effetto di fasto, ma anche, al tempo stesso, di mancanza di unità. L’apparizione del Sardanapalo suscitò una tempesta di riprovazioni. Sostanzialmente il pubblico e la critica si ribellarono perché il quadro ostentava il più sovrano disprezzo per le regole classiche di unità di azione, di tempo e di luogo, cattivo gusto e stravaganza. Sta di fatto che dal punto di vista tradizionale Delacroix concepì l’opera frammentariamente, come dimostrano i numerosi disegni, in cui chiaramente l’artista appare interessato ora da questo ora da quel particolare, piuttosto che dall’insieme.
  • 48. Il bozzetto più vicino all’opera definitiva (Museo del Louvre) è abbastanza unitario, ma insiste eccessivamente su aspetti truculenti e subì molte variazioni. L’unità stilistica dell’opera finale va cercata altrove: nel movimento sinuoso, quasi vermicolare, delle masse; nella sensualità estremamente raffinata della pittura e delle allusioni psicologiche, ottenuta proprio mercé il rifiuto della correttezza prospettica nella resa delle tre dimensioni. I rivoltosi lo assediano nel suo palazzo, Sardanapalo adagiato sul suo letto, ordina agli uenuchi e ai funzionari della reggia di sgozzargli le donne, i paggi, perfino i cavalli e i cani: nulla di quanto aveva servito ai suoi piaceri doveva sopravvivergli. La tela entrò al Louvre solo nel 1921, ceduta dal barone Vitta.
  • 49. Marino Faliero Olio su tela 148 x 119 cm (1827) Londra, Collezione Wallace Nel 1824 Delacroix compiange profondamente la morte di Lord Byron, poeta stimatissimo. Il 4 marzo di quell’anno concepisce la prima idea per il Marino Faliero, il Doge condannato per aver cospirato contro la Serenissima Repubblica. Delacroix lo presenta nella sua tela, quale egli stesso lo ha visto grazie a Byron, mentre giace decapitato in fondo ai gradini del sontuoso palazzo ducale. Il capolavoro, la cui grandezza decorativa porta ad evocare il Veronese, apparve, come il Sardanapalo e la Natura morta, al Salon del 1827, Delacroix lo conservò per sé e lo vendette molto più tardi, solamente nel 1856.
  • 50. Assassinio del vescovo di Liegi Olio su tela, 58 x 72 cm (1829) Museo di Lione Dipinto per il Duca D’Orléans nel 1829, l’Assassinio del vescovo di Liegi ha per soggetto un episodio di Walter Scott. Un uomo s’impadronisce del castello di Liegi, aiutato dai sudditi in rivolta, si fa condurre il vescovo in abiti sacri e lo lascia sgozzare in sua presenza. La scena si svolge nel palazzo di giustizia di Rouen, di cui Delacroix aveva apprezzato le bellezze in occasione dei suoi numerosi soggiorni in Normandia. Il forte effetto di luce, sul bianco splendente dell’immensa tovaglia, è particolarmente affascinante.
  • 51. La battaglia di Poitiers, particolare Olio su tela, 114 x 146 cm (1830) Parigi, Museo del Louvre L’opera fu commissionata a Delacroix dalla duchessa di Berry al principio del 1829, ma per motivi finanziari mai ritirata. Egli rinunciò ad esporla al Salon del 1831 e la vendette privatamente. Un bozzetto, eseguito con molta libertà è nella Walters Art Gailery di Baltimora. In quel disegno la linea d’orizzonte è molto alta rispetto alla testa del re Giovanni, mentre nel quadro definitivo è abbassata fino agli occhi del re, che perciò appare più elevato ed eroico, mentre lo spettatore, portato più in basso, viene idealmente coinvolto nella mischia.
  • 52. La libertà che guida il popolo Olio su tela, 260 x 325 cm (1830) Parigi, Louvre L'opera più apertamente romantica di Delacroix, e forse anche quella che maggiormente influì sull'arte dei decenni successivi, è La libertà che guida il popolo (1830, Louvre), celebrazione allegorica dell'idea di libertà. La tela riprende un momento della storia recente, le "tre gloriose giornate di Parigi" (27, 28 e 29 luglio 1830), durante le quali un'insurrezione popolare destituì il re Carlo X. In una Parigi evocata solo attraverso pochi particolari simbolici, la figura eroica della libertà avanza reggendo una bandiera tra i cadaveri dei soldati e le macerie dello scontro, seguita da una schiera scomposta di uomini di ogni estrazione sociale confusi nella polvere. Nonostante il tono solenne della rappresentazione, enfatizzato dalla composizione piramidale, e la presenza di particolari derivati dal repertorio accademico (la figura seminuda dell'uomo ucciso sulla sinistra), mai prima d'ora Delacroix aveva spinto a tanto la
  • 53.
  • 54. tendenza realistica nella sua pittura, sortendo risultati giudicati scandalosi dalla critica del tempo. Un abisso separa quest'opera dallo stile neoclassico e dall'equilibrio formale del contemporaneo Jean-Auguste-Dominique Ingres, dalla linea precisa e dai colori calibrati. Egli tenta di condensare tutta l’iconografia repubblicana in questa rappresentazione che esalta lo spirito di rivolta dei parigini; per realizzarla, decide di utilizzare essenzialmente tre colori: blu, bianco e rosso, ma senza che questo programma cromatico risalti troppo. Delacroix infatti aderisce pienamente alle ragioni della Rivoluzione, infatti l’intellettuale con il cilindro e il fucile è un suo
  • 55. La Libertà viene presentata al Salon del 1831. Fanno scandalo l’audacia con cui il tema è trattato e la violenza dei sentimenti che vi sono espressi. I critici s’indignano dichiarando che «la tela è grigia» e che «i cadaveri verdastri dovevano essere stati ammazzati cinque giorni prima». Acquistata dal governo, viene presto relegata in un corridoio. Vent’anni dopo, tuttavia, Victor Hugo si ricorderà del ragazzino con le pistole per creare il personaggio di Gavroche. Venere di Milo, fine del II secolo a.C., Louvre Studio della figura della Libertà Matita, 32 x 22 cm Louvre E’ molto probabile che la fonte iconografica per la fanciulla a seno scoperto fosse la statua ellenistica della Venere di Milo. Questo magnifico disegno, forse il più immediato e felice tra i tanti eseguiti per la figura della Libertà, appartiene a una fase in cui l’artista era interessato piuttosto alla sensuale bellezza della figura che non al suo significato. L’atteggiamento sinuoso del corpo della donna si conclude infatti nell’inclinazione verso il basso della testa, che nel quadro definitivo è invece rivolta indietro per incitare e spronare, innalzando la bandiera tricolore e con un fucile nell’altra mano.
  • 56. La battaglia di Nancy, particolare Olio su tela, 239 x 359 cm (1831) Nancy, Museo d’Arte Il dipinto fu ordinato a Delacroix alla fine del 1828 dal ministro degli Interni di Carlo X per la città di Nancy. Un primo bozzetto fu sottoposto da Delacroix alla approvazione del Soprintendente alle Belle Arti, La Rochefoucauld, nei primi mesi del ‘29. Eliminando la chiesa e l’altura, eliminò di conseguenza ogni superfluo effetto scenografico concentrando l’attenzione dello spettatore sulla squallida distesa di neve e ghiaccio su cui si affrontano le due schiere. E’ provata la correttezza della rispondenza del quadro agli eventi storici.
  • 57. Interno Moresco Matita e acquarello, 158 x 213 mm (1832) Parigi, Louvre Durante il suo viaggio nell’Africa del Nord (gennaio-luglio 1832) Delacroix riempi ben 8 album di disegni a matita, pastelli, acquarelli, appunti vari, dai quali attinse poi motivi per tutta la vita. Un album di 18 acquarelli eseguiti per il conte di Mornay è andato perso nel 1877 e se ne conoscono pochi fogli. Degli altri sono rimasti tre soli (due ora al Louvre e uno a Chantilly). L’interno qui riprodotto è un ambiente del palazzo imperiale di Meknes, che il sultano permise alla delegazione francese di visitare.
  • 58. La moglie di Abraham Benchimol e una delle sue figlie Acquarello e matita su carta, 22 x 16 cm (1832) New York, Metropolitan Museum of Art Delacroix può essere considerato un precursore dell’impressionismo. In questo disegno viene dedicata maggiore attenzione all’uso delle tonalità, in particolare qui utilizza colori caldi, sovrapposti alle linee tracciate con la matita sulla carta; inoltre il disegno è estremamente immediato e molto espressivo. L’acquarello La moglie di Abraham Benchimol e una delle sue figlie è stato eseguito nel 1832 durante il soggiorno del pittore in Marocco.
  • 59. Appunti per una “Fantasia” Sanguigna, 199 x 311 mm (1832) Parigi, Louvre Questo appunto è una notazione velocissima ed estremamente armoniosa, che sarà poco tempo dopo utilizzata per il quadro “Esercizi militari di marocchini” del 1832. Il movimento è qui tuttavia invertito rispetto all’opera definitiva.
  • 60. Esercizi militari di Marocchini, particolare Olio su tela, 59 x 73 cm (1832) Montpellier, Museo Fabre È la prima e la più bella di tutte le “fantasie” o “corse alla polvere” dipinte da Delacroix ancora fresco dell’esperienza fatta in Africa. L’impeto veemente degli animali e degli uomini è reso in questa versione con sicurezza e armoniosità impareggiabili. Delacroix accenna spesso nel suo diario di viaggio alle “fantasie” eseguite in onore della delegazione francese. Assieme al Combattimento del Giaurro e del Pascià, questo è uno dei due dipinti cui egli accenna nel suo « Diario » come eseguiti mescolando vernice al coppale con i colori, raggiungendo risultati ottimi di conservazione.
  • 61. Meknes Penna, inchiostro e acquarello, 193 x 127 mm (1832) Parigi, Louvre Si tratta di appunti eseguiti il 1° aprile a Meknes. Le pagine fanno parte di un album di 97 fogli che costituisce il diario di viaggio di Delacroix. È perciò preziosissimo per la freschezza delle impressioni e la continua integrazione della notazione letteraria con quella visiva.
  • 62. Marocchini accovacciati In viaggio verso Tangeri Moltissimi fogli di questo album contengono vedute che sono veri e propri capolavori per felice acutezza e prontezza di osservazione. Il testo delle presenti pagine è:”Uomo seduto, Veduta della moschea, Campagna, Quali colori sono adatti a far risaltare le figure, Piccola moschea dipinta di giallo”.
  • 63. Messa a Siviglia Acquarello, 260 x 360 mm (1832) Parigi, Coll. privata Delacroix interruppe il soggiorno in Marocco tra il 9 maggio e il 2 giugno per recarsi in Spagna. Poté cosi visitare Cadice (tra il 16 e il 22 maggio), dove lo colpì il quadro con le sante Giusta e Rufina dipinto da Goya nel 1817 (sagrestia della Cattedrale), e Siviglia (tra il 22 e il 28). L’eliminazione quasi completa dei contorni in questo splendido acquarello (come in altri dello stesso momento) è indubbiamente dovuta alla influenza palese di Goya.
  • 64. Meknez: Bab El-mansour Penna, inchiostro e acquarello (1832) Parigi, Louvre Delacroix s’innamora dei vestiti e delle stoffe e ne descrive accuratamente le tinte: «azzurro tenero, verde, giallo oro, lilla sulle maniche, viola e così via. Cournault, che lo accompagna, riferisce la sua emozione: «Quando, dopo aver attraversato alcuni corridoi bui, si penetra nella parte della casa che è loro riservata, l’occhio viene abbagliato dalla viva luce, dai freschi visi delle donne e dei bambini, che appaiono d’improvviso in mezzo a un ammasso di seta e d’oro.
  • 65. Il re degli Ontani Penna e lavis su carta, 198 x 301 mm (1833) Parigi, Louvre Il Goethe scrisse la ballata omonima nel 1782 circa e Schubert scrisse invece la musica nel 1815. L’opera è connessa per gli ideali agli ultimi disegni per il “Faust”. Il pittore riesce a trasmettere un grande senso di dinamicità per la posizione delle gambe del cavallo e per i mantelli sventolanti dei personaggi.
  • 66. Il danzatore Simon vestito alla turca Seppia, 165 x 130 cm (1834) Parigi, Museo dell’Opera Della medesima serie de “Il Re degli Ontani” è “Il danzatore Simon vestito alla turca”. La datazione precisa del foglio non è conosciuta ma si ritiene del 1834 e rappresenta probabilmente il maestro di ballo dell’Opera, Simon, nella parte di Bracaccio, il capo dei pirati in una famosa opera teatrale.
  • 67. Le donne di Algeri Olio su tela, 180 x 229 cm (1834) Parigi, Museo del Louvre E’ uno dei quadri più celebri di Delacroix che lo eseguì al suo ritorno dall’Algeria e dal Marocco, su annotazioni prese dal vero e in condizioni pericolose, egli si servì sempre di suoi bozzetti o acquarelli per le composizioni su temi antichi o orientali. Le donne molto belle sembrano godere una felicità delicata e inattaccabile. Claude Monet ne ammirava la ricchezza, la divisione dei colore e il tocco di realismo che dà la luce proveniente da una finestra sulla sinistra.
  • 68. Amleto, la madre e il re Matita, 254 x 373 mm (1834) Parigi, Louvre Il foglio appartiene ai disegni preparatori per la serie di litografie eseguite tra il 1834 e il 1845. Qui il soggetto è tratto dall’atto I, scena II: “la regina tenta di consolare Amleto”. Il disegno è singolare per la insolita delicatezza e morbidezza del tratto e la maestosità della figura di Amleto.
  • 69. Ritratto di George Sand Olio su tela, 32 x 29 cm (1834) Parigi, Collezione Landouzy George Sand appare in abiti maschili e porta i capelli corti, il che non corrisponde certamente al gusto di Delacroix, femminista molto tradizionale. Essi erano amici, sebbene egli non apprezzasse molto lo stile letterario di George Sand e non ne condividesse le idee sulla piccola gente di città e di campagna.
  • 70. Ritratto di George Sand Olio su tela (1838) Copenaghen, Ordrupgaardsamlingen Questa tela è la metà sinistra di un duplice ritratto di Chopin e George Sand che è poi stato diviso in due parti. Chopin era al pianoforte, seduto, mentre la Sand ascoltava alle sue spalle a mezza figura. Il dipinto fu diviso in due solo dopo la morte di Delacroix e del ritratto di Chopin è rimasta solo la testa (Louvre), il resto è andato perduto.
  • 71. Ritratto di Federico Chopin Olio su tela, 46 x 38 cm (1838) Parigi, Museo del Louvre Ricavato da un bozzetto conservato presso il Gabinetto dei Disegni del Louvre, questo ritratto, eseguito nei 1838, fu unito, su una stessa tela, a quello di George Sand. Si trattava di una composizione in cui si vedeva la scrittrice sorpresa ad ascoltare con espressione sognante il « povero Chopin », come Delacroix definiva questo amico che ammirava molto e compiangeva, improvvisare al piano alcune variazioni sul tema dei suoi tristi amori.
  • 72. Medea Olio su tela, 260 x 165 cm (1838) Museo di Lilla Esposto al Salon del 1838 con il titolo di “Medea infuriata e inseguita mentre sta per sgozzare i figli”, questo quadro è uno dei più grandiosi che la mitologia tragica abbia ispirato a Eugène Delacroix. Egli vi pensava fin dal 1824, ne eseguì parecchi schizzi e molto più tardi anche una variante, che si trova al Louvre. Molti passaggi del Journal di Delacroix rivelano con quanta cura perseverante il maestro si applicasse per risolvere molti problemi di tecnica terribilmente ardui dal punto di vista del disegno, della luce e del colore.
  • 73. I crociati conquistano Costantinopoli Olio su tela, 410 x 498 cm (1840) Parigi, Louvre In questa tela Baldovino, conte di Fiandra, e i suoi comandanti percorrono i vari quartieri della città di Costantinopoli mentre le famiglie in lacrime si fanno loro incontro per invocare clemenza (fatto realmente accaduto il 12 aprile 1204). La magnificenza dell’ampio paesaggio risponde a quella dell’architettura, degli elmi, delle armature, dei finimenti dei cavalli, che sembrano partecipare alla scena a cui fanno da contrasto, in primo piano, la miseria, il terrore, la morte. Un mondo crolla mentre un altro nasce.
  • 74. La giustizia di Traiano Olio su tela, 495 x 396 cm (1840) Museo di Rouen Un’altra tela dipinta nel 1840, molto simile a “I crociati conquistano Costantinopoli”. In quest’opera davanti all’imperatore Traiano si trova una vedova piena di dolore, che tenta invano di arrestare la sua marcia. Attorno alla figura imponente dell’imperatore si agitano varie bandiere e vi è un forte senso di movimento. Tintoretto, che ne valorizza la drammaticità, disse a proposito di questa tela che la terra sembra tremare sotto gli zoccoli del possente cavallo.
  • 75. La tela fu dipinto nel 1839. La sposa è ancora chiusa negli appartamenti interni, mentre gli invitati si riuniscono nel resto della casa. Alcuni distinti mori regalano denaro ai musicanti che pregano e cantano senza interruzione. Le donne soltanto partecipano alla danza, una alla volta. Al di là del piacevole ricordo di viaggio e dell’omaggio del pittore a costumi puri e pittoreschi, in questo quadro si trova una grande lezione di cangiante luminosità e di fremente leggerezza anche nelle ombre. Nozze ebraiche in Marocco Olio su tela, 103 x 142 cm (1839) Parigi, Museo del Louvre
  • 76. La Senna e il Reno (1833 - 1838) Pilastri della sala del re nel Palazzo Borbone Si tratta di un particolare della prima grande ordinazione ufficiale ricevuta da Delacroix e con la quale egli poté dimostrare il proprio genio di decoratore. La ottenne grazie alla fedeltà di Adolfo Thiers e vi lavorò intensamente dal 1833 al 1838. Un soffitto troppo basso e cattive condizioni di luce, nonché una cornice ornamentale pesantemente solenne impediscono di apprezzare giustamente l’insieme.
  • 77. Il sultano del Marocco Olio su tela, 377 x 342 cm (1845) Museo di Tolosa Declacroix ripete qui un ricordo di viaggio, attingendo ai suoi bozzetti, disegni ed acquerelli. « Il sultano, circondato dalla guardia e dai suoi ufficiali superiori, esce dal palazzo di Meknès per dare udienza. Egli cavalca un cavallo berbero e un servitore regge, sopra il suo capo, un parasole verde-azzurro». Baudelaire ne ha ben definito il carattere pre- impressiomsta: « Questa tela è così armoniosa, nonostante lo splendore dei toni, che diventa grigia come l’atmosfera dell’estate quando il sole diffonde una nuvola di polvere tremolante su ogni cosa ». Sullo sfondo imponente delle mura, è messa in scena la cerimonia, che per la sua solennità appare bloccata e silenziosa. Prevalgono i toni ocra e rossi, della calda luce africana, così come il cielo si presenta ampio e
  • 78. La battaglia di Taillebourg Olio su tela, 465x 543 cm Museo di Versailles L’ordinazione fu ricevuta nel 1837 per la Galleria delle Battaglie, di cui il quadro di Delacroix è uno degli ornamenti principali. Il soggetto si addiceva al suo gusto eroico. Gli inglesi tengono il ponte. S. Luigi si lancia, seguito solo da pochi cavalieri anziché dall’intera armata. Il suo cavallo bianco risplende nella mischia feroce. Si vedono alcuni dei soldati attraversare il fiume a nuoto per portare soccorso al re in pericolo.
  • 79. Pietà Cera e olio su muro, 355 x 475 cm (1844) Parigi, San-Denis Nel 1840 il Prefetto della Senna assegnò a Delacroix l’incarico di decorare la cappella della Vergine in Saint-Denis du Saint-Sacrement. Nuovamente affascinato dai temi religiosi, accettò ed elaborò numerosi disegni e bozzetti. Inizialmente pensava a un ciclo a riquadri. Il lavoro non poté essere iniziato subito perché fu difficile trovare l’accordo sulla scelta della parete: iniziò alla fine del ‘43. Egli aveva deciso di restringere alla sola Pietà la decorazione e di eliminare le cortine sorrette da angeli alla maniera barocca. In diciassette giorni di lavoro intenso, portò a termine l’opera. Questa suscitò elogi e critiche. Critica violente furono pubblicate sul “Journal des Artistes”: in essa lo si accusava di aver saccheggiato Michelangelo. E’ importante sottolineare il carattere “colto” che assume il dipinto di Delacroix per queste “citazioni” più o
  • 80. La morte di Lara Olio su tela, 51 x 65 cm part.(1847) Obersdorf, Coll. Scharf Il motivo della tela è desunto da un episodio narrato da Byron che colpì particolarmente Delacroix: rappresenta il momento in cui il misterioso paggio di Lara solleva il capo del signore, ormai in punto di morte, e si rivela, per la prima volta una donna: anche qui si trovano quei toni cupi e quei colori scuri che rendono l’idea della morte.
  • 81. Odalisca Olio su tela, 24 x 32 cm (1847) Parigi, Museo del Louvre Capace di esprimersi, senza difficoltà, su superfici uguali a quelle di cui disponevano i maestri del Rinascimento nei palazzi e monumenti religiosi di Firenze, Siena, Venezia e Roma, Delacroix seppe eseguire con la stessa abilità grandi tele ed opere di piccolo formato, come testimonia questa Odalisca che si suppone eseguita nel 1847 da un dagherròtipo. Per l’atmosfera calda, l’abbandono voluttuoso della posizione, la sontuosità della materia e dei colori, questo prezioso quadretto è annoverato tra i più belli che corpo di donna abbia ispirato.
  • 82. Amleto ed Orazio al cimitero 30 x 36 cm (1859) Museo del Louvre La famosa scena del dramma di Shakespeare: Becchino: — Questo cranio, signore, era il cranio di Yorick, il buffone del re. Amleto: — Povero Yorick. Questo quadro è del 1859: nella notte profonda, alcuni monaci portano delle torce mentre Orazio, e non il becchino, presenta ad Amleto il cranio del buffone. Non tutto è immaginario: il cimitero è quello del lazzaretto di Tolone, dove Delacroix era stato trattenuto al ritorno dall’Africa; si sa inoltre che egli ricordava un becchino di Avignone che si era divertito a gettargli il cranio di un bambino come si getta un sasso. Le rappresentazioni di Delacroix sono sempre legate alla realtà della sua vita interiore.
  • 83. Amleto ed Orazio al cimitero Olio su tela, 81 x 65 cm (1859) Museo del Louvre Questa tela è in ogni caso la più bella e matura tra quelle che hanno come tema Amleto: le figure campeggiano sole, grandi e solenni su uno sfondo semplicissimo, in modo che l’attenzione dell’osservatore può concentrarsi interamente su di loro; l’esecuzione è sicura; infine il dipinto svolge nel modo più alto nei due personaggi principali un motivo caro al pittore: il protagonista è accompagnato, nei momenti moralmente più critici, da un intimo amico o maestro, quasi personificazione della coscienza.
  • 84. Attila riporta la barbarie nell’Italia devastata 10,98 x 7,35 m Affresco Parigi, Palazzo Borbone La decorazione della biblioteca della camera dei deputati francese a Palazzo Borbone è stata paragonata alla decorazione della Cappella Sistinia. Questo immenso lavoro, commissionato nel 1838, venne terminato solo intorno al 1850. I dipinti dei due emicicli — Orfeo porta la civiltà in Grecia e, dall’altra parte, Attila riporta la barbarie nell’Italia devastata — non sono stati incollati ma eseguiti come affreschi, sul muro, con la differenza che esso era stato precedente preparato con della cera. Lo stato di conservazione nel complesso è di una freschezza stupefacente. Esso riassume in modo prestigioso, nei due emicicli e cinque cupole, l’essenziale della storia dell’umanità. L’affresco è di dimensioni notevoli: quasi 11 metri per 7.
  • 85. La morte di Seneca Affresco da uno dei pennacchi della cupola della biblioteca di Palazzo Borbone, Parigi Il precettore di Nerone è rappresentato nel momento in cui, condannato dall’imperatore stesso a darsi la morte, si fa tagliare le vene dai suoi discepoli. La scelta di questo soggetto rivela l’ammirazione di Delacroix per Seneca in particolare e per la dottrina stoica in generale. Per focalizzare l’attenzione sul personaggio principale, Seneca, il volto del personaggio che lo sorregge da dietro è stata solamente abbozzata.
  • 86. La morte di Marc’Aurelio 258 x 330 cm (1850) Museo di Lione Un catalogo del Salon la descrive così: « Le perverse inclinazioni di Commodo si erano manifestate. Con voce flebile l’imperatore raccomanda la giovinezza del figlio ad alcuni amici, filosofi stoici come lui. Il loro triste atteggiamento indica bene l’inutilità di quelle raccomandazioni e i loro funesti presentimenti per l’avvenire dell’impero romano ». E’ netto il contrasto tra il gruppo austero dei filosofi e la grazia effeminata del giovane (il cui regno sarà una sequenza di scandali e crudeltà). L’idea che le più belle cose siano fragili perseguita Delacroix, che vuole dimostrare come una civiltà possa perire per le cause più strane.
  • 87. Il ratto di Rebecca Olio su tela, 100 x 81 cm (1850) Parigi, Museo del Louvre Delacroix si è ispirato due volte a quest’episodio di Ivanhoe, il romanzo ultra-romantico di Walter Scott. Dei due quadri, identici per soggetto, il primo, dipinto nel 1846, è conservato al Metropolitan Museum di New York e il secondo, eseguito nel 1850 circa, è quello qui riprodotto, diverso in alcuni punti da quello che l’aveva preceduto. Bois-Guilbert, con Rebecca tra le braccia, sta uscendo dal castello incendiato di Front-de-Boeuf; un soldato, in primo piano, trattiene a stento l’impazienza d’un magnifico cavallo bianco sellato. Molto efficace l’utilizzo di colori chiari.
  • 88. Desdemona maledetta dal padre Matita e olio su tela, 59 x 49 cm (1852) Reims, Museo d’Arte Per aver sposato segretamente Otello, il padre maledice Desdemona (“Otello” di Shakespeare, atto I, scena II). La figura del padre si erge vigorosa respingendo la figlia, la quale a sua volta cerca di abbracciarlo con forza. Il forte vigore drammatico si deve alla mancanza di particolari sullo sfondo, ai drappeggi dei sontuosi vestiti dei due personaggi ed ai capelli lunghi e fiammeggianti della donna.
  • 89. Discepoli e pie donne raccolgono il corpo di Santo Stefano Olio su tela, 148 x 115 cm (1853) Museo di Arras Dipinto nel 1853 ed esposto al Salon dello stesso anno, questa tela rappresenta, lungo i bastioni di Gerusalemme, il primo martire cristiano che è appena stato lapidato. Il suo corpo viene raccolto da due discepoli ed una giovane donna. Un’altra donna inginocchiata asciuga il sangue sparso sul terreno. La tela è di forte intensità drammatica.
  • 90. Cristo sul lago di Génézareth Olio su tela, 56 x 61 cm (1853) Zurigo, Collezione Melfon A varie riprese, Delacroix ha affrontato il motivo della barca, dell’uomo in preda a forti passioni di fronte alla terribile minaccia della morte, rappresentata dallo scatenarsi delle forze della natura: in questo dipinto, il Cristo dormiente nella burrasca, mentre tutti gli altri personaggi sono in preda al panico, sta a significare la fede che vince l’angoscia della morte.
  • 91. Cristo sul lago di Génézareth Olio su tela, 59 x 73 cm (1854) Baltimora Anche l’anno seguente, nel 1854, viene ripreso il tema del sonno tranquillo del Cristo, mentre attorno si scatena la burrasca e sarà ancora ripreso più volte. A differenza della precedente tela, si nota immediatamente la adozione del punto di vista dall’alto, che conferisce un tono più distaccato alla intera rappresentazione. Anche in questo caso il Cristo dorme serenamente, mentre gli altri uomini tentano di ammainare le vele della barca.
  • 92. Caccia ai leoni, particolare Olio su tela, 260 x 360 cm (1855) Museo di Bordeaux Questa è soltanto una parte della Caccia ai leoni distrutto da un incendio nel 1870. L’opera era stata commissionata dallo Stato per la somma di 12.000 franchi. Gautier, che l’aveva visto nella sua totalità, ne riconosce la forza compositiva e “l’esplosione di colore”. Nella tela si intrecciano leoni, uomini e cavalli nel caos di artigli, zanne e sciabole. Niente, tuttavia, è lasciato al caso: Delacroix ne ottiene una combinazione di arabeschi, forme e colori, rafforzando la drammaticità. Vi è il chiaro intento di evitare il nero per sottolineare lo splendore dei colori che mettono in risalto la ferocia esotica e fantastica.
  • 93. Caccia al leone Olio su tela, 72 x 98 cm (1861) Chicago, Art Institute Dopo il dipinto di Bordeaux, questo è il più bel quadro di Delacroix ispirato al tema della caccia al leone. La scioltezza dell’esecuzione, i toni chiari, che rendono il dipinto estremamente luminoso, il disegno dalle linee nette, fanno di questa versione un capolavoro. Anche in questo caso il pittore evita il nero, fa i toni cupi con colori il più possibile trasparenti: utilizzando la lacca, il cobalto o terra di Siena naturale o bruciata.
  • 94. Il buon Samaritano 35 x 28 cm (1855) Parigi, Collezione Esnault-Pelterie Esposto al Salon del 1855, questo quadretto è di piccole dimensioni, ma immenso per il profondo studio delle proporzioni e le prospettive che offre ad una attenta meditazione. Portando tra le braccia l’uomo ferito, il buon Samaritano si sforza di sistemarlo sul cavallo per condurlo alla salvezza.
  • 95. Cavalli arabi che lottano nella scuderia 64 x 81 cm (1860) Parigi, Museo del Louvre Eseguito nel 1860, questo quadro rappresenta due superbi cavalli che si sono slegati e che lottano rabbiosamente. I loro custodi arabi, svegliati di soprassalto — due sono ancora stesi sul giaciglio, un altro è in piedi — stanno per intervenire. Alcuni pittori contemporanei a Delacroix dissero che sembra quasi di poter udire le grida degli uomini e il rumore degli zoccoli. Nell’atmosfera realistica di una scuderia troviamo un’epica esaltazione d’un improvviso furore di vivere.
  • 96. La lettura o L’educazione della Vergine 92 x 122 cm (1860) Parigi, Collezione Maurice Genevoix Un giorno Delacroix vede la fattoressa di George Sand con sua figlia, ambedue sedute su un tronco d’albero. La vecchia aveva una mano appoggiata sulla spalla della fanciulla che seguiva attentamente una lezione di lettura. Nasce così La lettura, detta anche l’Educazione della Vergine, quadro di cui è importante conoscere l’origine perché dimostra come, partendo da un fatto direttamente osservato nella vita quotidiana, il genio fantasioso di Delacroix sapesse trasporre, in modo da renderle sensibili, le realtà superiori del pensiero e del sentimento.
  • 97. Eliodoro cacciato dal tempio, part. Affresco, 751 x 485 cm (1860) Parigi, Chiesa di San Sulpizio Eliodoro si recò a Gerusalemme per rapire i tesori del tempio. Lo Spirito di Dio Onnipotente si manifestò con evidenza: appare un cavallo montato da un terribile cavaliere. Il cavallo che era riccamente bardato, coi piedi anteriori da calci furiosi ad Eliodoro. Il cavaliere che monta il cavallo ha armi d’oro. Di più comparvero due giovani forti, maestosi e magnificamente vestiti. Questi, postisi un di qua e un di là da Eliodoro, lo flagellano con nerbate. Delacroix credeva alla vittoria finale del giusto sull’ingiusto e questo può essere considerato come il suo testamento.
  • 98. Cavalli che escono dal mare Olio su tela, 50 x 61 cm (1860) Washington, Phillips Gallery I motivi legati al viaggio in Marocco continuano ad alimentare la fantasia dell’artista lungo tutta la sua attività: l’eterno conflitto dell’uomo e dell’animale, che ispira tanti dei suoi dipinti, qui si risolve in abbondanza di luce e colori. Infatti i colori chiari, non studiati sul vero, e il disegno quasi identico ad uno precedente (il cavallo grigio ripete nello schema quello della Cacciata di Eliodoro dal tempio) testimoniano il cedimento di Delacroix a un “fare di maniera”. L’opera ha tuttavia esercitato una notevole influenza sugli artisti successivi, per esempio su De Chirico.
  • 99. Seppellimento di Cristo Olio su tela, 56 x 46 cm (1860) Buenos Aires, Collezione A. Santamarina In questa tela si contemplano pochi uomini che calano cautamente il cadavere di Cristo nel Santo Sepolcro. Lo scenario e la fossa stessa sono l’emblema della vita sotterranea, che la nuova religione dovrà condurre per tanto tempo. Da fuori l’aria e la luce s’insinuano attraversando la scala a spirale. Maria sta per svenire, si sostiene appena. Notiamo che Delacroix invece di far della Madre santissima una donna immacolata da album, le dà sempre un gesto e un’ampiezza tragici che le si addicono perfettamente.
  • 100. Lotta di Giacobbe con l’Angelo Olio e cera su muro, 751 x 485 cm (1861) Parigi, Chiesa di San Sulpizio In questa tela il pittore ha rinunciato all’espressione della violenza pura e selvaggia: la lotta vana dell’uomo è qui bloccata da una forza soprannaturale. L’uomo che sta combattendo con tutta la propria energia è contrastato dall’azione dell’angelo che non compie alcuno sforzo nel fermarlo. L’angelo è colto nel momento in cui va a toccare il nervo della coscia sinistra di Giacobbe per immobilizzarlo. Delacroix vi ha visto il simbolo del coraggio ostinato dell’uomo che osa sfidare forze sovraumane: il medesimo coraggio era stato necessario a lui stesso per trionfare, giacché il suo capolavoro venne immediatamente riconosciuto tale.
  • 101. Fotografia eseguita nel 1858 da Delacroix Il pittore rimane affascinato sin dall’inizio dall’invenzione della macchina fotografica. A partire dal 1855 in poi, negli ultimi anni della sua vita Delacroix si dedica ad una delle sue passioni maggiori oltre alla pittura, ovvero la fotografia. L’artista si spegne a Parigi il 13 agosto 1863.
  • 102. Bibliografia • I capolavori del romanticismo francese, J. Cassou • Teoria dell’arte di Delacroix, Princeton 1966; S. Spector • Il Genio francese e la critica, Roma 1986; C. Dumur • Itinerario nell’arte, Volume C, Cricco, Di Teodoro • Art e Dossier, Delacroix, G. Lemaire • I maestri del colore, Eugene Delacroix. Siti Internet www.artonline.com www.nationalgallery.org http://gallery.euroweb.hu www.storiadellarte.com