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Destinations
& TourismRivista di Destination Management e Marketing
comunicazione social marketing destination
Web Marketing Promocommercializzazione prodotto
strategia promozione formazione management
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DESTINATION
MARKETING
Destination branding 2.0
DESTINATION
MARKETING
La nuova relazione tra
brand e mercato
FOCUS
Il segreto della
destination reputation
Visita il blog di Four Tourism: www.fourtourismblog.it
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La formazione Four Tourism
Sommario
Destination Marketing
- Destination Branding 2.0
- La nuova relazione tra brand e
mercato
Focus
- Il segreto della destination reputation
Four Tourism Srl
Corso Ciriè 21
10152 Torino
Tel. +39 011 4407078
info@fourtourism.it
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2
Destination branding 2.0
Destination Marketing
di Bruno Bertero
Posizionarsi in modo competitivo sul mercato nell’era del web 2.0
Il destination branding è uno dei temi attualmente
più sentito indistintamente da tutte le destinazioni
turistiche.
A prescindere dalle diverse sfide, economiche, so-
ciali, ambientali e tecnologiche con cui devono con-
frontarsi, il destination branding rappresenta uno
strumento essenziale per affermarsi sul mercato ed
incrementare le proprie potenzialità turistiche.
Sicuramente non si tratta di un’impresa facile: oggi,
infatti è difficile persuadere i turisti che una determi-
nata destinazione sia unica, meritevole di essere
visitata oppure ancora peggio far cambiare loro idea
in merito ad un territorio se la loro percezione è già
pregiudicata.
E sicuramente non si tratta di un’impresa facile
anche perché un destination brand non è un mar-
chio, non è un’identità, non è un prodotto.
Che cos’è quindi un destination brand?
Di fatto, nell’era del web 2.0 si può affermare che è
quello che le persone sentono in merito ad una
destinazione, ossia come la percepiscono.
E quindi cosa vuol dire fare destination branding
oggi?
Significa focalizzarsi sui propri elementi di differen-
ziazione rispetto ai competitor e sui propri prodotti
turistici, coinvolgere le community e gli stakeholder,
costruire una storia della destinazione, sfruttando le
possibilità offerte dal web 2.0.
Nel panorama attuale infatti ci sono numerosi canali
online per comunicare le potenzialità delle destina-
zioni turistiche, dalle pagine web ai social media.
In questo scenario, ogni destinazione compete e
lotta per migliorare e rivedere la propria reputazio-
ne: la massiccia competitività e il sovraffollamento
del mercato turistico, da una parte, e l’importanza
crescente dell’esperienza e dei servizi, al di là delle
risorse specifiche, dall’altra, impongono infatti di
definire un’immagine delle destinazioni quanto più
autentica e realistica possibile.
Quello che conta è offrire al mercato un’immagine
unica e chiara, facilmente identificabile. Spesso,
infatti, la presenza di diverse rappresentazioni di
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una stessa destinazione può generare confusione
nel turista e rendere così ancora più difficoltosa la
sua scelta.
Le destinazioni che si comunicano attraverso un
brand, trasferendo i loro ‘asset’, in modo integrato
ed in linea con la strategia più generale di marketing
e di promozione, utilizzando tutti i canali, in partico-
lare quelli online, sono quelle che hanno le migliori
possibilità di posizionarsi in modo vincente sul mer-
cato turistico.
Oggi, infatti fare branding significa fare branding
2.0, ossia utilizzare tutte le opportunità offerte dal
web e dai social media per creare e accrescere il
brand di destinazione.
Per esempio, vuol dire produrre e condividere con-
tenuti di qualità, offrire motivazioni di viaggio e stru-
menti per la sua pianificazione e prenotazione,
proporre materiale visual accattivante e interattivo,
caricare foto e video. Così come utilizzare in modo
strategico i canali social, i blog e il sito di destinazio-
ne per comunicare e valorizzare i prodotti specifici
della destinazione e le potenzialità del territorio.
Un’efficace strategia di de-
stination branding in ottica
2.0 non può prescindere
dalle persone cui si rivolge:
è necessario infatti coin-
volgere i turisti attivamente
e direttamente nel processo
di costruzione del brand
focalizzare le proprie risorse ed energie per eviden-
ziare l’unicità delle proprie attrattive, definendo in
base a queste le migliori strategie per incremen-
tarne la competitività.
Sicuramente, puntare sui punti di forza e di mag-
giore attrazione, evidenziando i prodotti turistici di
maggiore rilievo è fondamentale.
Tuttavia, un’efficace strategia di destination bran-
ding oggi non può prescindere dalle persone cui si
rivolge: è necessario partire dalle esigenze dei turi-
sti e dalle loro percezioni per costruire insieme il
proprio destination brand.
Tradizionalmente per le destinazioni turistiche fare
destination branding significa investire in pubblicità,
in costose campagne marketing e in svariate attività
promozionali offline, trascurando invece di utilizzarel
e piattaforme digitali, come il sito, il blog e i canali
social. Comunicare la destinazione su questi canali
è invece molto importante perché è proprio lì che
inizia e avviene il processo di costruzione del brand.
Inoltre, i social media permettono di fornire agli
utenti un aspetto più umano della destinazione,
raccontando storie ed esperienze che consentono
loro di comprendere immediatamente i vantaggi e i
benefici del territorio, facilitando il processo di
identificazione e soprattutto stimolandoli in prima
persona a raccontarla a loro volta.
Ma soprattutto significa posizionarsi in modo posi-
tivo nella mente dei potenziali turisti.
E una delle componenti essenziali per riuscirvi è la
creazione, la gestione e la comunicazione di
un’immagine attrattiva e distintiva che coinvolga nel
suo processo di costruzione in modo attivo e parte-
cipativo proprio i turisti stessi, partendo dai loro
bisogni.
Generalmente invece le destinazioni si limitano a
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Mantenere vivo l’interesse delle community, rac-
cogliere i contenuti generati dagli utenti e condivi-
derli, diffondere foto e video, stimolare il passapa-
rola sono tutte attività molto importanti in una strate-
gia di destination branding.
È bene non dimenticarsi mai che oggi i contenuti
fanno la differenza e che l’attività di destination
branding dovrebbe essere parte integrante della
strategia di marketing dell’intera destinazione per-
ché si tratta di qualcosa che va ben oltre alla crea-
zione di un logo e di una scritta.
La definizione di un’efficace strategia di destination
branding 2.0 richiede il sostegno e l’identificazione
delle persone cui si rivolge (sia intese come target
di riferimento sia come stakeholder), un giusto ap-
proccio mentale, ossia un’apertura all’innovazione,
alla collaborazione e alla creazione di network e reti
di impresa, in modo tale che il mercato percepisca
la destinazione come un unicum, ossia come un
sistema unico ed integrato.
Inoltre, altro elemento fondamentale è la creazione
e la comunicazione di messaggi rilevanti, in
grado di trasferire al mercato il valore aggiunto delle
destinazioni.
E per riuscirvi non solo il messaggio deve essere
consistente in sé ma deve essere creato a partire
dalle esigenze e dalle percezione dei turisti stessi,
dagli utenti in rete, dai travel blogger ma anche dai
cittadini.
Inoltre, il messaggio che deve arrivare al destina-
tario deve essere chiaro (‘sono questo’), onesto
(‘offro questo’) e consistente, ossia offrire un valore
Oggi, fare branding significa
sfruttare tutte le opportunità
offerte dal web e dai social
media ma soprattutto
significa posizionarsi in
modo positivo nella mente
dei potenziali turisti
tangibile (‘sono reale’), in modo tale da generare
fiducia e riuscire a stabilire con il pubblico un
legame empatico.
Già perché oggi le destinazioni così come le
aziende turistiche parlano alle persone e proprio
dalle persone devono partire per mettere in atto
qualsiasi azione di marketing e di branding, da cui
poi direttamente o indirettamente dipenderanno la
sua immagine e la sua reputazione.
Le destinazioni devono attraverso l’uso dei canali
online e social comunicare le proprie potenzialità ed
offrire motivazioni di viaggio, coinvolgendo i turisti,
e offrendo loro la possibilità di interagire in prima
persona con la destinazione.
La qualità dei contenuti e la consistenza dei mes-
saggi veicolati sono elementi strategici nel proces-
so di costruzione di un destination brand di
successo.
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In un certo senso, la proprietà del brand adesso è
nelle mani del mercato che partecipa attiva-
mente alla sua definizione.
Ed è per quello che oggi, le parole chiave del desti-
nation branding si possono riassumere nelle 5I e
nelle 5E.
5I
Ideas Idee
Imagination Immaginazione
Intuition Intuizione
Insight Conoscenza
Inspiration Ispirazione
5E
Empathy Empatia
Enchantment Incanto
Excitement Eccitazione
Edge Vantaggio
Emotion Emozione
Alla luce di queste considerazioni, Four Tourism,
sulla base della competenza ed esperienza matura-
ta nel corso degli anni, ha sviluppato un sistema in
grado di monitorare le conversazioni online, in modo
tale da individuare il sentiment degli utenti e deter-
minare la reale reputazione di una destinazione,
ossia proprio come viene percepita dal mercato.
Tale attività viene svolta in un’ottica di social CRM,
ossia andando ad identificare ciascuna fonte sin-
golarmente, in modo tale da verificarne
l’autorevolezza.
Questo tipo di studio associa un’analisi di tipo quan-
titativo, in grado di misurare il peso istantaneo della
destinazione sul mercato, ad un’analisi di tipo quali-
tativo, in grado invece di determinare la reale di-
mensione della destinazione, ossia il suo valore
effettivo e la sua identità e i risultati delle azioni
messe in atto
La forza di questo sistema deriva dalla profonda
conoscenza dei mercati e delle destinazioni turis-
tiche propria di Four Tourism cui si unisce uno
strumento di lavoro in grado di monitorizzare fino a
Improvvisare e non definire una strategia di destina-
tion branding 2.0 è dannoso: a partire dal rischio di
creare un logo e un pay off che non rispecchiano la
personalità della destinazione e che quindi non
viene riconosciuto dal mercato fino a declinare e
promuovere attraverso tutti i canali un’immagine che
rischia di non catturare l’attenzione dei turisti o di
creare false aspettative.
Oggi, i brand di destinazione hanno un valore e
un senso solo se sono creati e nascono dalla
partecipazione di tutti, destinazione, turisti e
stakeholder.
Ed è importante che questo processo sia chiaro e
semplice: ‘making it simple’, nel senso di accessibile
e comprensibile a tutti, è essenziale per riuscire a
distinguersi e a raggiungere il proprio pubblico.
Un uso efficace dei canali social così come del sito
per comunicare i propri valori e le potenzialità della
destinazione e per sviluppare engagement (prima,
durante e dopo il viaggio), è oggi indispensabile
Se prima il branding così come il marketing
tradizionale si basava su una comunicazione di
massa ‘one to many’ per passare poi ad una comu-
nicazione più personalizzata, ‘one to one’, adesso
per costruire un brand efficace in ottica 2.0 si deve
pensare ad un’ottica ‘one-with’, ossia insieme al
turista.
Se prima il branding così
come il marketing
tradizionale si basava su
una comunicazione ‘one to
many’ per passare poi ad
una comunicazione più
personalizzata ‘one to one’,
adesso per costruire un
brand efficace si deve
passare al modello ‘one
with’, ossia crearlo insieme
al turista
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In pratica, cosa significa? Facciamo un esempio
Una destinazione di montagna sta costruendo il
proprio brand per posizionarsi sul mercato come
destinazione sportiva invernale ma viene invece
percepita come meta slow, luogo ideale per ‘stac-
care la spina’, per ritrovare i piaceri di una vita sana
ed autentica, lontano dai frenetici ritmi quotidiani.
Magari questo accade perché il mercato non per-
cepisce il prodotto turistico legato agli sport invernali
come particolarmente concorrenziale ed attrattivo
rispetto all’offerta globale mentre invece individua in
una serie di elementi e risorse ‘slow’ intrinseche al
territorio un valore aggiunto capace di costituire in
sé la motivazione di vacanza. In questo senso, è
evidente che gli sforzi e le attività svolte dalla desti-
nazione stanno andando nella direzione errata.
Ed è quindi proprio da qui che bisogna partire per
ricostruire la propria identità, ossia muovendosi pro-
prio dalle percezioni del mercato, cercando di sfrut-
tare le motivazioni che realmente i turisti
intravedono per il territorio, senza seguire illusioni o
sogni utopici.
Questo ovviamente non significa e non vincola le
destinazioni a posizionarsi sul mercato solo per lo
specifico segmento individuato ma offre
un’utilissima lettura del proprio reale posizionamen-
to e un’indicazione precisa per impostare un effi-
cace lavoro di destination branding in ottica 2.0.
Inoltre, permette alle destinazioni, attraverso
un’opportuna interpretazione del mercato, di inter-
venire sulle scelte strategiche per favorirne ed ac-
celerarne lo sviluppo turistico.
Il sistema elaborato da Four
Tourism è in grado di fornire
alle destinazione la reale
percezione del mercato,
ossia il vero destination
brand. In questo modo, at-
traverso un’opportuna
interpretazione del mercato,
è possibile intervenire sulle
scelte strategiche per
favorire lo sviluppo turistico
del territorio
10 milioni di conversazioni in un arco di tempo che
va fino a 5 anni a ritroso.
L’analisi che viene consegnata offre quindi alle
destinazioni la reale percezione del mercato, il vero
destination brand, frutto della destination reputa-
tion, ossia di come i turisti la sentono e la vivono.
In questo senso, si tratta di uno strumento alta-
mente innovativo, in quanto consente alle destina-
zioni di sfruttare realmente l’azione di promozione
svolta dai turisti, coinvolgendoli e creando con loro
un rapporto autentico, in cui essi stessi diventano
gli effettivi creatori del brand. Proprio come deve
essere nell’era del web 2.0, quando si parla di
digital branding.
In quest’ottica, i turisti diventano essi stessi uno
strumento essenziale per la promozione della de-
stinazione consentendo allo stesso tempo di identi-
ficare i temi su cui costruire il brand stesso.
Individuando la reale destinatiion reputation di un
territorio, questo metodo offre quindi alle destina-
zioni la possibilità di costruirsi a partire dai bisogni
e dalle esigenze del mercato.
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La nuova relazione tra brand e mercato
Destination Marketing
Il ruolo innovativo del destination brand
Come è cambiato il modo di fare branding con
l’avvento del web 2.0? E soprattutto come è cam-
biata la relazione tra il brand e le persone?
Come abbiamo visto, oggi i mercati conversano. E
sulla base di questa semplice ma assolutamente
veritiera asserzione si può affermare che il brand si
è quindi trasformato in un elemento di comunica-
zione che ricopre contemporaneamente 3 ruoli dif-
ferenti.
In pratica, il brand deve essere:
- conversato: le persone conversano sul brand;
- conversatore: il brand conversa con le persone;
- conversabile: le persone possono conversare con
il brand
Inevitabilmente, le persone conversano sul brand:
che la destinazione lo voglia o meno il mercato
chiacchiera ed è naturale trovare in rete commenti,
recensioni, giudizi. In questo senso, quindi il brand
è conversato. Il web e i social media hanno infatti
portato ad un’esplosione tale dei contenuti da
Da generare paradossalmente quasi un’ incomuni-
cabilità dei brand stessi.
Quello che può sembrare una minaccia però può e
deve essere trasformata in un’opportunità, ossia
intervenendo nelle conversazioni, trasformando la
qualità dei contenuti, influenzando la percezione e il
sentiment degli utenti, e attivando un passaparola
positivo sulla marca.
Nel ruolo di conversatore, invece il brand dialoga
con le persone, in quanto ha bisogno di costruire e
mantenere un rapporto costante e continuativo con
il proprio pubblico di riferimento, ossia i turisti già
acquisiti e anche quelli potenziali, i membri delle
community e gli stakeholder.
Pur essendo gestita e guidata dalla destinazione,
questa tipologia di comunicazione deve essere pa-
ritaria e bidirezionale, ossia deve essere una con-
versazione, così come impongono le dinamiche del
web 2.0: la destinazione parla con le persone inte-
ressate al brand, confrontandosi e costruendolo in-
sieme.
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In questo scenario, è altrettanto importante però che
il brand sia conversabile, ossia che le persone
possano conversare con il brand.
Per stabilire un punto di contatto con la destinazione
e garantire un’esperienza all’utente, il brand deve
infatti offrire piattaforme per permettere ai turisti di
partecipare, creando community ufficiali, ben ricon-
oscibili ed integrate nel contesto comunicativo i-
stituzionale.
Ed inoltre deve offrire spunti e motivazioni per stimo-
lare le persone a parlarne, agendo poi da modera-
tore discreto, in modo tale da favorire la crescita di
community intorno alla destinazione, in cui le per-
sone dialogano ed interagiscono.
Se quindi nell’era del web 2.0 è cambiato il modo di
fare branding, è cambiato il ruolo stesso del brand,
è inevitabile che anche molti concetti primari ad
esso strettamente correlati debbano essere rivisti
profondamente. Quali? Stiamo parlando del tempo,
della verità, dell’autorevolezza, dell’istituzionalità e
dell’audience.
Tempo: i contenuti non sono più proprietà esclusiva
delle destinazioni ma si propagano in modo istanta-
neo, rimangono in rete per un tempo indefinito e
sono sempre rintracciabili.
Verità: il successo di un contenuto viene determi-
nato dalla sua autenticità, ossia dalla sua riconduci-
bilità a fatti dimostrabili e reali. La possibilità di
confrontarsi con altri utenti e di raccogliere infor-
mazioni da più fonti, obbliga le destinazioni ad es-
sere trasparenti, abbandonando una certa
prosopopea tipica del turismo.
In ogni caso, quello che si legge in rete, vero e falso
che sia, ha il potere di influenzare l’utente.
Autorevolezza: il 99% dei contenuti sono di per-
sone anonime, ossia che non si conoscono diretta-
mente ma che condividono uno stesso interesse. Un
utente sconosciuto oggi è in grado di incidere in
misura maggiore nel processo di scelta ed acquisto
di un altro turista più di quanto possa farlo la desti-
nazione stessa. L’autorevolezza non è più preroga-
tiva delle destinazioni ma viene decretata dalla rete.
Istituzionalità: strettamente legato al concetto
dell’autorevolezza, la comunicazione fatta dalla de-
stinazione attraverso i propri canali ufficiali, pur
essendo importante e necessaria, condiziona sem-
pre meno la reputazione di un brand.
Ciò che conta e che fa la differenza è invece la voce
degli utenti e il mondo 2.0 offre la possibilità di
instaurare con loro un dialogo costruttivo e parteci-
pativo.
Audience: siamo di fronte ad un mercato always on
e in continua crescita, sempre più informato, im-
paziente, infedele. Di fronte, quindi ad una domanda
sempre più impermeabile e refrattaria ai messaggi
istituzionali il coinvolgimento del pubblico è essen-
ziale perché permette di conferire autorevolezza e
credibilità a quanto veicolato e diffuso dalla destina-
zione.
Il branding deve essere in-
nanzitutto un’esperienza da
costruire con il mercato,
multicanale, dinamica ed
interattiva, fatta di storie,
suggerimenti, percezioni, in
modo tale da facilitare il
processo di identificazione
da parte dei turisti
Il brand finisce quindi per essere una sorta di piatta-
forma relazionale, dove si incontrano individui che
non solo condividono scelte di consumo ma anche
e soprattutto un’analoga visione del mondo (Fabris
2008).
Ed è per questo che oggi il branding deve essere
innanzitutto un’esperienza da costruire con il mer-
cato, multicanale, dinamica ed interattiva, fatta in
ottica 2.0, ossia di storie, suggerimenti, percezioni,
in quanto questi sono gli elementi che favoriscono
in misura maggiore il processo di identificazione.
La destinazione, i suoi prodotti e i suoi servizi non
devono essere più semplicemente comunicati ma
vanno raccontati. Ed è per questo che è necessario
parlare di brand storytelling, ossia del processo di
costruzione di un marchio, fatto appunto di storie e
emozioni.
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Il brand deve essere entertainment.
In che modo? Raccontando una storia attraverso le
diverse piattaforme online e social, in modo tale che
ogni canale contribuisca in modo unico e specifico
al suo svolgimento.
In questo senso, si può parlare di trasnmedia story-
telling (Jenkins)
Ma come sappiamo non tutte le storie sono uguali e
per fare un efficace brand storytelling bisogna
sapere narrare l’esperienza nella destinazione,
ispirare gli utenti, farli sognare e motivarli.
Come deve essere quindi lo storytelling per
creare il digital brand?
Deve raccontare una storia e trasmettere passione,
curiosità, autenticità, esperienza, e stabilire connes-
sioni emozionali con i de-stinatari.
E dal punto di vista operativo cosa vuol dire?
Significa che bisogna puntare sui valori unici della
destinazione, quelli che fanno la differenza, in modo
tale da emergere e distinguersi sul mercato.
Ma non solo. I valori comunicati sono tanto più
efficaci quanto più riescono a fare leva su quelle
emozioni e su quei sentimenti che sono innati
nell’uomo. Stiamo parlando di concetti primordiali,
di archetipi, quali l’esplorazione, la ribellione,
l’eroicità/la novità, la normalità/la tranquillità, la
creazione/la primoge-nitura, la saggezza/la cultura,
la magia/il mistero, l’amore/gli amanti, la scoperta/la
diversità, la sicurezza/la protezione, l’unicità/il lus-
so.
È fondamentale puntare sui
valori unici della destina–
zione, quelli che fanno la
differenza, in modo tale da
emergere sul mercato,
facendo leva su quelle
emozioni e su quei
sentimenti che sono innati
ed ancestrali nell’uomo,
ossia archetipi e concetti
primordiali
<
È importante quindi nella costruzione del proprio
brand associare le caratteristiche del proprio territo-
rio ad uno o più di questi elementi, facendo così leva
su un sentimento ancestrale: un luogo incontami-
nato, ancora tutto da scoprire ed esplorare; un
luogo fuori dal mondo, lontano dal caos, dove ritro-
vare pace, serenità, sentirsi protetti e al riparo dallo
stress di tutti i giorni; oppure ancora un luogo esclu-
sivo, dove dedicarsi al proprio benessere, con-
cedendosi ogni lusso e vizio.
Se fino a ieri una strategia tradizionale di destination
branding fondamentalmente si poneva l’obiettivo di
lasciare un’impressione e quindi indirettamente di
stimolare l’utente ad un’azione, focalizzandosi es-
senzialmente sul prodotto ed associandolo ad
un’idea e a un’emozione, il branding 2.0 e lo story-
telling invece intendono coinvolgere l’audience
come parte attiva e co-autrice della storia del brand,
perchè senza il suo sostegno è impossibile pensare
di costruire un marchio.
Il rischio è non saper con certezza dove questo
porterà. Ovviamente, è compito della destinazione
guidare il processo di costruzione, mediando e rag-
giungendo gli obiettivi prefissati: le destinazioni e le
aziende turistiche devono trovare il modo di moti-
vare i turisti per farli parlare di sé e del proprio
brand, stimolandoli anche affinché parlino attraver-
so il brand stesso (Jenkins).
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Già perché il mercato è passato da essere una
semplice audience a un produttore vero e proprio di
contenuti e di significati.
In quest’ottica non ci sono più consumatori ma solo
produttori di idee.
Ed è per questo che il processo di costruzione del
brand non piò essere più considerato un’azione
top-down ma bottom up, ossia parte di un processo
più ampio, di interazione creativa, volta a stimolare
relazioni durature e stabili, creando engagement.
Ed eccoci così arrivati ad un altro fattore chiave per
la costruzione del destination brand e della reputazi-
one di una destinazione: l’engagement appunto.
L’engagement del mercato rispetto al brand di una
destinazione si può esprimere come l’insieme dei
comportamenti, attitudini e desideri dei turisti in
relazione al brand stesso.
E questa espressione può avvenire a diversi livelli:
può essere un semplice consumo dei contenuti e
dei prodotti legati ad esso; oppure può essere più
profonda e prevedere la partecipazione ad attività
relative al brand ed eventuali interazioni; oppure
ancora può essere talmente forte da portare ad una
vera e propria identificazione con alcuni suoi aspetti
e motivazioni (Askwith, 2007).
Per favorire l’engagement, il brand deve fare leva su
valori quali la vicinanza, l’affinità e l’autenticità, in
modo tale da facilitare il coinvolgimento degli utenti.
In questo senso, è quindi essenziale che il destina-
tion brand sia in grado di rappresentare un qualcosa
per il mercato e di trasferire un valore.
Generalmente, il livello di engagement si trasforma
nel corso del tempo, intensificandosi, se ovvia-
mente si è agito nel modo corretto per svilupparlo
Si possono quindi identificare 4 differenti stadi di
engagement:
- coinvolgimento (involvement), ossia la semplice
presenza degli utenti nei vari punti di contatto dis-
ponibili con il brand;
- interazione (interaction), ossia le azioni che
compie il turista rispetto ai diversi punti di contatto
del brand;
- intimità (intimacy ), ossia l’attaccamento e
l’empatia che può sviluppare il turista nei confronti
del brand;
- influenza (influence), quando un turista diventa
promotore diretto di un brand.
Per concludere, alcuni semplici suggerimenti per
costruire un brand in ottica 2.0
- Non essere autoreferenziali: autopromuoversi
non serve a nulla.
- Coinvolgere i turisti nella costruzione del brand e
facilitare il processo di identificazione
- Elaborare messaggi consistenti, partendo dalle
esigenze del mercato
- Essere presenti su tutti i canali, sfruttando le pos-
sibilità offerte dal web e dai social media
- Essere partecipativi ed attivi: rispondere a tutti i
commenti, opinioni, domande e ringraziare per o-
gni azione effettuata
- Essere umani senza essere troppo personali
- Monitorizzare e misurare ogni azione effettuata
- Be relevant, be credible, be exceptional, be
spreadable, be open!
Il mercato è passato da es-
sere una semplice audience
passiva ad un produttore
attivo di contenuti e signifi-
cati. Ed è per questo che il
processo di creazione del
brand deve essere bottom
up, ossia parte di un proces-
so più ampio, di interazione
creativa, volto a stimolare
l’engagement
<
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Il segreto della destination reputation
Focus
La destination reputation non è soltanto una
questione di recensioni né di barometri. La
destination reputation è la base del marketing
turistico delle destinazioni.
Ormai, come tutti sappiamo, la promozione e il
marketing non si possono più fare a partire da
un'idea predefinita: le destinazioni devono
abbandonare la propria tradizionale attitudine
autoreferenziale che le porta a tentare di
concettualizzare ciò che ritengono importante per
sé stesse perché con molta probabilità non coincide
con la percezione del mercato.
Esiste infatti un profondo gap nella percezione di chi
gestisce e di chi invece usufruisce delle destinazioni
così come delle aziende turistiche, dei musei, degli
hotel e di tutte le attrattive di un territorio.
Oggi, l'autoreferenzialità, che per anni ha governato
la comunicazione turistica, serve ben a poco: le
le destinazioni turistiche non sono più quello che
promuovono e comunicano di sé ma sono il risultato
di quello che il mercato dice, ossia la somma dei
commenti, delle opinioni e delle conversazioni dei
turisti presenti in rete.
La destination reputation è quindi una questione
fondamentale: se infatti è vero che i turisti prima di
prenotare un albergo consultano i siti di recensioni,
alla ricerca di una conferma che sia in grado di
avvalorare le loro aspettative, è altrettanto vero che
si tratta di un'azione consequenziale, che dipende
da una scelta fatta in precedenza, ossia in quale
destinazione recarsi.
E un turista sceglie una località a partire dai suoi
bisogni, dalle sue esigenze e dai suoi interessi.
Sulla base di quali elementi?
Sicuramente in parte facendo riferimento alla
comunicazione istituzionale ma in misura maggiore
Oggi la destination reputation non va solo misurata: va innanzi-
tutto gestita di Flavia Fagotto
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affidandosi alla reputazione e all'immagine che la
destinazione ha nel mercato, frutto delle
raccomandazioni, dei commenti, delle immagini, dei
video condivisi da altri turisti in rete, nei blog, nei
forum e in generale in tutti i canali social.
Senza nessun dubbio, si può quindi affermare che
la destination reputation è oggi il principale
strumento per la promozione turistica, è l'elemento
sul quale si deve fondare l'intera strategia di
marketing.
Perché sono proprio i turisti e gli utenti a decidere e
a determinare cos'è una destinazione, ossia quali
sono le sue attrattive meritevoli, quali gli elementi di
differenziazione rispetto alla concorrenza, quali le
caratteristiche che la contraddistinguono e quale il
suo valore aggiunto.
Il meglio e il peggio di una destinazione non è infatti
presente nella comunicazione istituzionale né nelle
pagine pubblicitarie né nelle brochure.
Il successo di una destinazione turistica non è una
questione aleatoria e non dipende neanche
dall'esito di una campagna promozionale o
pubblicitaria. Il successo risiede nelle mani della
domanda, del mercato, dei turisti che con le loro
conversazioni ne decretano il trionfo o il fallimento.
È ovvio che adottando questa prospettiva, la
gestione della destination reputation diventa un
elemento fondamentale, il punto da cui partire per
costruire un'efficace strategia di marketing e di
comunicazione.
Capire cosa dice il mercato, quale è la sua
considerazione, permette infatti alla destinazione di
costruire una comunicazione in sintonia con la
percezione della domanda, in grado quindi di
catturare l'attenzione dei turisti.
E così si chiude il circolo virtuoso.
Purtroppo esiste la convinzione che la reputazione
sia un fattore passivo, che si può solo subire.
E che l'unica cosa possibile da fare sia ascoltare e
monitorare con attenzione il mercato e la rete per
sapere quello che si dice.
Sicuramente essere consapevoli di quello che av-
viene in rete è importante ma è altrettanto impor-
tante che gli enti responsabili della gestione e della
promozione delle destinazioni non si limitino a subi-
re la reputazione ma si adoperino per gestirla.
Già perché è possibile, anzi necessario, creare la
reputazione, non solo fornendo un servizio di qualità
sul territorio, ma agendo prima, preparando il
terreno, perché la reputazione è proprio come un
giardino che deve essere seminato e curato in
precedenza per poter dare i suoi frutti.
Le destinazioni quindi per continuare ad essere
competitive ed assicurare il successo ai propri
operatori turistici devono preoccuparsi innanzitutto
di creare e gestire la propria destination reputation.
Le Dmo capaci di definire e sviluppare strategie
operative di destination reputation sono infatti quelle
che riescono a creare maggiori vantaggi competitivi
rispetto ai propri concorrenti.
Non basta quindi semplicemente misurare e
prendere atto passivamente della propria
reputazione: è necessario agire e creare una
destination reputation positiva che serva da
"humus" e che permetta di sviluppare una
percezione positiva della destinazione.
Una buona gestione della destination reputation
infatti garantisce una buona percezione da parte
mercato e sicuramente può generare quindi buoni
risultati turistici.
Oggi, è possibile anzi è
necessario creare e gestire
la reputazione, invece che
limitarsi a subirla passiva-
mente, tutt’al più
monitorizzandola e
misurandola.
Perchè la reputazione è pro-
prio come un giardino che
deve essere in precedenza
seminato e curato per poter
dare i suoi frutti
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Destinations & Tourism n° 23| aprile 2014
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  • 2. Destinations & Tourism n° 23| aprile 2014 www.fourtourism.it 1 La formazione Four Tourism Sommario Destination Marketing - Destination Branding 2.0 - La nuova relazione tra brand e mercato Focus - Il segreto della destination reputation Four Tourism Srl Corso Ciriè 21 10152 Torino Tel. +39 011 4407078 info@fourtourism.it www.fourtourism.it www.fourtourismblog.it
  • 3. Destinations & Tourism n° 23| aprile 2014 www.fourtourism.it 2 Destination branding 2.0 Destination Marketing di Bruno Bertero Posizionarsi in modo competitivo sul mercato nell’era del web 2.0 Il destination branding è uno dei temi attualmente più sentito indistintamente da tutte le destinazioni turistiche. A prescindere dalle diverse sfide, economiche, so- ciali, ambientali e tecnologiche con cui devono con- frontarsi, il destination branding rappresenta uno strumento essenziale per affermarsi sul mercato ed incrementare le proprie potenzialità turistiche. Sicuramente non si tratta di un’impresa facile: oggi, infatti è difficile persuadere i turisti che una determi- nata destinazione sia unica, meritevole di essere visitata oppure ancora peggio far cambiare loro idea in merito ad un territorio se la loro percezione è già pregiudicata. E sicuramente non si tratta di un’impresa facile anche perché un destination brand non è un mar- chio, non è un’identità, non è un prodotto. Che cos’è quindi un destination brand? Di fatto, nell’era del web 2.0 si può affermare che è quello che le persone sentono in merito ad una destinazione, ossia come la percepiscono. E quindi cosa vuol dire fare destination branding oggi? Significa focalizzarsi sui propri elementi di differen- ziazione rispetto ai competitor e sui propri prodotti turistici, coinvolgere le community e gli stakeholder, costruire una storia della destinazione, sfruttando le possibilità offerte dal web 2.0. Nel panorama attuale infatti ci sono numerosi canali online per comunicare le potenzialità delle destina- zioni turistiche, dalle pagine web ai social media. In questo scenario, ogni destinazione compete e lotta per migliorare e rivedere la propria reputazio- ne: la massiccia competitività e il sovraffollamento del mercato turistico, da una parte, e l’importanza crescente dell’esperienza e dei servizi, al di là delle risorse specifiche, dall’altra, impongono infatti di definire un’immagine delle destinazioni quanto più autentica e realistica possibile. Quello che conta è offrire al mercato un’immagine unica e chiara, facilmente identificabile. Spesso, infatti, la presenza di diverse rappresentazioni di
  • 4. Destinations & Tourism n° 23| aprile 2014 www.fourtourism.it 3 una stessa destinazione può generare confusione nel turista e rendere così ancora più difficoltosa la sua scelta. Le destinazioni che si comunicano attraverso un brand, trasferendo i loro ‘asset’, in modo integrato ed in linea con la strategia più generale di marketing e di promozione, utilizzando tutti i canali, in partico- lare quelli online, sono quelle che hanno le migliori possibilità di posizionarsi in modo vincente sul mer- cato turistico. Oggi, infatti fare branding significa fare branding 2.0, ossia utilizzare tutte le opportunità offerte dal web e dai social media per creare e accrescere il brand di destinazione. Per esempio, vuol dire produrre e condividere con- tenuti di qualità, offrire motivazioni di viaggio e stru- menti per la sua pianificazione e prenotazione, proporre materiale visual accattivante e interattivo, caricare foto e video. Così come utilizzare in modo strategico i canali social, i blog e il sito di destinazio- ne per comunicare e valorizzare i prodotti specifici della destinazione e le potenzialità del territorio. Un’efficace strategia di de- stination branding in ottica 2.0 non può prescindere dalle persone cui si rivolge: è necessario infatti coin- volgere i turisti attivamente e direttamente nel processo di costruzione del brand focalizzare le proprie risorse ed energie per eviden- ziare l’unicità delle proprie attrattive, definendo in base a queste le migliori strategie per incremen- tarne la competitività. Sicuramente, puntare sui punti di forza e di mag- giore attrazione, evidenziando i prodotti turistici di maggiore rilievo è fondamentale. Tuttavia, un’efficace strategia di destination bran- ding oggi non può prescindere dalle persone cui si rivolge: è necessario partire dalle esigenze dei turi- sti e dalle loro percezioni per costruire insieme il proprio destination brand. Tradizionalmente per le destinazioni turistiche fare destination branding significa investire in pubblicità, in costose campagne marketing e in svariate attività promozionali offline, trascurando invece di utilizzarel e piattaforme digitali, come il sito, il blog e i canali social. Comunicare la destinazione su questi canali è invece molto importante perché è proprio lì che inizia e avviene il processo di costruzione del brand. Inoltre, i social media permettono di fornire agli utenti un aspetto più umano della destinazione, raccontando storie ed esperienze che consentono loro di comprendere immediatamente i vantaggi e i benefici del territorio, facilitando il processo di identificazione e soprattutto stimolandoli in prima persona a raccontarla a loro volta. Ma soprattutto significa posizionarsi in modo posi- tivo nella mente dei potenziali turisti. E una delle componenti essenziali per riuscirvi è la creazione, la gestione e la comunicazione di un’immagine attrattiva e distintiva che coinvolga nel suo processo di costruzione in modo attivo e parte- cipativo proprio i turisti stessi, partendo dai loro bisogni. Generalmente invece le destinazioni si limitano a
  • 5. Destinations & Tourism n° 23| aprile 2014 www.fourtourism.it 4 Mantenere vivo l’interesse delle community, rac- cogliere i contenuti generati dagli utenti e condivi- derli, diffondere foto e video, stimolare il passapa- rola sono tutte attività molto importanti in una strate- gia di destination branding. È bene non dimenticarsi mai che oggi i contenuti fanno la differenza e che l’attività di destination branding dovrebbe essere parte integrante della strategia di marketing dell’intera destinazione per- ché si tratta di qualcosa che va ben oltre alla crea- zione di un logo e di una scritta. La definizione di un’efficace strategia di destination branding 2.0 richiede il sostegno e l’identificazione delle persone cui si rivolge (sia intese come target di riferimento sia come stakeholder), un giusto ap- proccio mentale, ossia un’apertura all’innovazione, alla collaborazione e alla creazione di network e reti di impresa, in modo tale che il mercato percepisca la destinazione come un unicum, ossia come un sistema unico ed integrato. Inoltre, altro elemento fondamentale è la creazione e la comunicazione di messaggi rilevanti, in grado di trasferire al mercato il valore aggiunto delle destinazioni. E per riuscirvi non solo il messaggio deve essere consistente in sé ma deve essere creato a partire dalle esigenze e dalle percezione dei turisti stessi, dagli utenti in rete, dai travel blogger ma anche dai cittadini. Inoltre, il messaggio che deve arrivare al destina- tario deve essere chiaro (‘sono questo’), onesto (‘offro questo’) e consistente, ossia offrire un valore Oggi, fare branding significa sfruttare tutte le opportunità offerte dal web e dai social media ma soprattutto significa posizionarsi in modo positivo nella mente dei potenziali turisti tangibile (‘sono reale’), in modo tale da generare fiducia e riuscire a stabilire con il pubblico un legame empatico. Già perché oggi le destinazioni così come le aziende turistiche parlano alle persone e proprio dalle persone devono partire per mettere in atto qualsiasi azione di marketing e di branding, da cui poi direttamente o indirettamente dipenderanno la sua immagine e la sua reputazione. Le destinazioni devono attraverso l’uso dei canali online e social comunicare le proprie potenzialità ed offrire motivazioni di viaggio, coinvolgendo i turisti, e offrendo loro la possibilità di interagire in prima persona con la destinazione. La qualità dei contenuti e la consistenza dei mes- saggi veicolati sono elementi strategici nel proces- so di costruzione di un destination brand di successo.
  • 6. Destinations & Tourism n° 23| aprile 2014 www.fourtourism.it 5 In un certo senso, la proprietà del brand adesso è nelle mani del mercato che partecipa attiva- mente alla sua definizione. Ed è per quello che oggi, le parole chiave del desti- nation branding si possono riassumere nelle 5I e nelle 5E. 5I Ideas Idee Imagination Immaginazione Intuition Intuizione Insight Conoscenza Inspiration Ispirazione 5E Empathy Empatia Enchantment Incanto Excitement Eccitazione Edge Vantaggio Emotion Emozione Alla luce di queste considerazioni, Four Tourism, sulla base della competenza ed esperienza matura- ta nel corso degli anni, ha sviluppato un sistema in grado di monitorare le conversazioni online, in modo tale da individuare il sentiment degli utenti e deter- minare la reale reputazione di una destinazione, ossia proprio come viene percepita dal mercato. Tale attività viene svolta in un’ottica di social CRM, ossia andando ad identificare ciascuna fonte sin- golarmente, in modo tale da verificarne l’autorevolezza. Questo tipo di studio associa un’analisi di tipo quan- titativo, in grado di misurare il peso istantaneo della destinazione sul mercato, ad un’analisi di tipo quali- tativo, in grado invece di determinare la reale di- mensione della destinazione, ossia il suo valore effettivo e la sua identità e i risultati delle azioni messe in atto La forza di questo sistema deriva dalla profonda conoscenza dei mercati e delle destinazioni turis- tiche propria di Four Tourism cui si unisce uno strumento di lavoro in grado di monitorizzare fino a Improvvisare e non definire una strategia di destina- tion branding 2.0 è dannoso: a partire dal rischio di creare un logo e un pay off che non rispecchiano la personalità della destinazione e che quindi non viene riconosciuto dal mercato fino a declinare e promuovere attraverso tutti i canali un’immagine che rischia di non catturare l’attenzione dei turisti o di creare false aspettative. Oggi, i brand di destinazione hanno un valore e un senso solo se sono creati e nascono dalla partecipazione di tutti, destinazione, turisti e stakeholder. Ed è importante che questo processo sia chiaro e semplice: ‘making it simple’, nel senso di accessibile e comprensibile a tutti, è essenziale per riuscire a distinguersi e a raggiungere il proprio pubblico. Un uso efficace dei canali social così come del sito per comunicare i propri valori e le potenzialità della destinazione e per sviluppare engagement (prima, durante e dopo il viaggio), è oggi indispensabile Se prima il branding così come il marketing tradizionale si basava su una comunicazione di massa ‘one to many’ per passare poi ad una comu- nicazione più personalizzata, ‘one to one’, adesso per costruire un brand efficace in ottica 2.0 si deve pensare ad un’ottica ‘one-with’, ossia insieme al turista. Se prima il branding così come il marketing tradizionale si basava su una comunicazione ‘one to many’ per passare poi ad una comunicazione più personalizzata ‘one to one’, adesso per costruire un brand efficace si deve passare al modello ‘one with’, ossia crearlo insieme al turista
  • 7. Destinations & Tourism n° 23| aprile 2014 www.fourtourism.it 6 In pratica, cosa significa? Facciamo un esempio Una destinazione di montagna sta costruendo il proprio brand per posizionarsi sul mercato come destinazione sportiva invernale ma viene invece percepita come meta slow, luogo ideale per ‘stac- care la spina’, per ritrovare i piaceri di una vita sana ed autentica, lontano dai frenetici ritmi quotidiani. Magari questo accade perché il mercato non per- cepisce il prodotto turistico legato agli sport invernali come particolarmente concorrenziale ed attrattivo rispetto all’offerta globale mentre invece individua in una serie di elementi e risorse ‘slow’ intrinseche al territorio un valore aggiunto capace di costituire in sé la motivazione di vacanza. In questo senso, è evidente che gli sforzi e le attività svolte dalla desti- nazione stanno andando nella direzione errata. Ed è quindi proprio da qui che bisogna partire per ricostruire la propria identità, ossia muovendosi pro- prio dalle percezioni del mercato, cercando di sfrut- tare le motivazioni che realmente i turisti intravedono per il territorio, senza seguire illusioni o sogni utopici. Questo ovviamente non significa e non vincola le destinazioni a posizionarsi sul mercato solo per lo specifico segmento individuato ma offre un’utilissima lettura del proprio reale posizionamen- to e un’indicazione precisa per impostare un effi- cace lavoro di destination branding in ottica 2.0. Inoltre, permette alle destinazioni, attraverso un’opportuna interpretazione del mercato, di inter- venire sulle scelte strategiche per favorirne ed ac- celerarne lo sviluppo turistico. Il sistema elaborato da Four Tourism è in grado di fornire alle destinazione la reale percezione del mercato, ossia il vero destination brand. In questo modo, at- traverso un’opportuna interpretazione del mercato, è possibile intervenire sulle scelte strategiche per favorire lo sviluppo turistico del territorio 10 milioni di conversazioni in un arco di tempo che va fino a 5 anni a ritroso. L’analisi che viene consegnata offre quindi alle destinazioni la reale percezione del mercato, il vero destination brand, frutto della destination reputa- tion, ossia di come i turisti la sentono e la vivono. In questo senso, si tratta di uno strumento alta- mente innovativo, in quanto consente alle destina- zioni di sfruttare realmente l’azione di promozione svolta dai turisti, coinvolgendoli e creando con loro un rapporto autentico, in cui essi stessi diventano gli effettivi creatori del brand. Proprio come deve essere nell’era del web 2.0, quando si parla di digital branding. In quest’ottica, i turisti diventano essi stessi uno strumento essenziale per la promozione della de- stinazione consentendo allo stesso tempo di identi- ficare i temi su cui costruire il brand stesso. Individuando la reale destinatiion reputation di un territorio, questo metodo offre quindi alle destina- zioni la possibilità di costruirsi a partire dai bisogni e dalle esigenze del mercato.
  • 8. Destinations & Tourism n° 23| aprile 2014 www.fourtourism.it 7 La nuova relazione tra brand e mercato Destination Marketing Il ruolo innovativo del destination brand Come è cambiato il modo di fare branding con l’avvento del web 2.0? E soprattutto come è cam- biata la relazione tra il brand e le persone? Come abbiamo visto, oggi i mercati conversano. E sulla base di questa semplice ma assolutamente veritiera asserzione si può affermare che il brand si è quindi trasformato in un elemento di comunica- zione che ricopre contemporaneamente 3 ruoli dif- ferenti. In pratica, il brand deve essere: - conversato: le persone conversano sul brand; - conversatore: il brand conversa con le persone; - conversabile: le persone possono conversare con il brand Inevitabilmente, le persone conversano sul brand: che la destinazione lo voglia o meno il mercato chiacchiera ed è naturale trovare in rete commenti, recensioni, giudizi. In questo senso, quindi il brand è conversato. Il web e i social media hanno infatti portato ad un’esplosione tale dei contenuti da Da generare paradossalmente quasi un’ incomuni- cabilità dei brand stessi. Quello che può sembrare una minaccia però può e deve essere trasformata in un’opportunità, ossia intervenendo nelle conversazioni, trasformando la qualità dei contenuti, influenzando la percezione e il sentiment degli utenti, e attivando un passaparola positivo sulla marca. Nel ruolo di conversatore, invece il brand dialoga con le persone, in quanto ha bisogno di costruire e mantenere un rapporto costante e continuativo con il proprio pubblico di riferimento, ossia i turisti già acquisiti e anche quelli potenziali, i membri delle community e gli stakeholder. Pur essendo gestita e guidata dalla destinazione, questa tipologia di comunicazione deve essere pa- ritaria e bidirezionale, ossia deve essere una con- versazione, così come impongono le dinamiche del web 2.0: la destinazione parla con le persone inte- ressate al brand, confrontandosi e costruendolo in- sieme.
  • 9. Destinations & Tourism n° 23| aprile 2014 www.fourtourism.it 8 In questo scenario, è altrettanto importante però che il brand sia conversabile, ossia che le persone possano conversare con il brand. Per stabilire un punto di contatto con la destinazione e garantire un’esperienza all’utente, il brand deve infatti offrire piattaforme per permettere ai turisti di partecipare, creando community ufficiali, ben ricon- oscibili ed integrate nel contesto comunicativo i- stituzionale. Ed inoltre deve offrire spunti e motivazioni per stimo- lare le persone a parlarne, agendo poi da modera- tore discreto, in modo tale da favorire la crescita di community intorno alla destinazione, in cui le per- sone dialogano ed interagiscono. Se quindi nell’era del web 2.0 è cambiato il modo di fare branding, è cambiato il ruolo stesso del brand, è inevitabile che anche molti concetti primari ad esso strettamente correlati debbano essere rivisti profondamente. Quali? Stiamo parlando del tempo, della verità, dell’autorevolezza, dell’istituzionalità e dell’audience. Tempo: i contenuti non sono più proprietà esclusiva delle destinazioni ma si propagano in modo istanta- neo, rimangono in rete per un tempo indefinito e sono sempre rintracciabili. Verità: il successo di un contenuto viene determi- nato dalla sua autenticità, ossia dalla sua riconduci- bilità a fatti dimostrabili e reali. La possibilità di confrontarsi con altri utenti e di raccogliere infor- mazioni da più fonti, obbliga le destinazioni ad es- sere trasparenti, abbandonando una certa prosopopea tipica del turismo. In ogni caso, quello che si legge in rete, vero e falso che sia, ha il potere di influenzare l’utente. Autorevolezza: il 99% dei contenuti sono di per- sone anonime, ossia che non si conoscono diretta- mente ma che condividono uno stesso interesse. Un utente sconosciuto oggi è in grado di incidere in misura maggiore nel processo di scelta ed acquisto di un altro turista più di quanto possa farlo la desti- nazione stessa. L’autorevolezza non è più preroga- tiva delle destinazioni ma viene decretata dalla rete. Istituzionalità: strettamente legato al concetto dell’autorevolezza, la comunicazione fatta dalla de- stinazione attraverso i propri canali ufficiali, pur essendo importante e necessaria, condiziona sem- pre meno la reputazione di un brand. Ciò che conta e che fa la differenza è invece la voce degli utenti e il mondo 2.0 offre la possibilità di instaurare con loro un dialogo costruttivo e parteci- pativo. Audience: siamo di fronte ad un mercato always on e in continua crescita, sempre più informato, im- paziente, infedele. Di fronte, quindi ad una domanda sempre più impermeabile e refrattaria ai messaggi istituzionali il coinvolgimento del pubblico è essen- ziale perché permette di conferire autorevolezza e credibilità a quanto veicolato e diffuso dalla destina- zione. Il branding deve essere in- nanzitutto un’esperienza da costruire con il mercato, multicanale, dinamica ed interattiva, fatta di storie, suggerimenti, percezioni, in modo tale da facilitare il processo di identificazione da parte dei turisti Il brand finisce quindi per essere una sorta di piatta- forma relazionale, dove si incontrano individui che non solo condividono scelte di consumo ma anche e soprattutto un’analoga visione del mondo (Fabris 2008). Ed è per questo che oggi il branding deve essere innanzitutto un’esperienza da costruire con il mer- cato, multicanale, dinamica ed interattiva, fatta in ottica 2.0, ossia di storie, suggerimenti, percezioni, in quanto questi sono gli elementi che favoriscono in misura maggiore il processo di identificazione. La destinazione, i suoi prodotti e i suoi servizi non devono essere più semplicemente comunicati ma vanno raccontati. Ed è per questo che è necessario parlare di brand storytelling, ossia del processo di costruzione di un marchio, fatto appunto di storie e emozioni.
  • 10. Destinations & Tourism n° 23| aprile 2014 www.fourtourism.it 9 Il brand deve essere entertainment. In che modo? Raccontando una storia attraverso le diverse piattaforme online e social, in modo tale che ogni canale contribuisca in modo unico e specifico al suo svolgimento. In questo senso, si può parlare di trasnmedia story- telling (Jenkins) Ma come sappiamo non tutte le storie sono uguali e per fare un efficace brand storytelling bisogna sapere narrare l’esperienza nella destinazione, ispirare gli utenti, farli sognare e motivarli. Come deve essere quindi lo storytelling per creare il digital brand? Deve raccontare una storia e trasmettere passione, curiosità, autenticità, esperienza, e stabilire connes- sioni emozionali con i de-stinatari. E dal punto di vista operativo cosa vuol dire? Significa che bisogna puntare sui valori unici della destinazione, quelli che fanno la differenza, in modo tale da emergere e distinguersi sul mercato. Ma non solo. I valori comunicati sono tanto più efficaci quanto più riescono a fare leva su quelle emozioni e su quei sentimenti che sono innati nell’uomo. Stiamo parlando di concetti primordiali, di archetipi, quali l’esplorazione, la ribellione, l’eroicità/la novità, la normalità/la tranquillità, la creazione/la primoge-nitura, la saggezza/la cultura, la magia/il mistero, l’amore/gli amanti, la scoperta/la diversità, la sicurezza/la protezione, l’unicità/il lus- so. È fondamentale puntare sui valori unici della destina– zione, quelli che fanno la differenza, in modo tale da emergere sul mercato, facendo leva su quelle emozioni e su quei sentimenti che sono innati ed ancestrali nell’uomo, ossia archetipi e concetti primordiali < È importante quindi nella costruzione del proprio brand associare le caratteristiche del proprio territo- rio ad uno o più di questi elementi, facendo così leva su un sentimento ancestrale: un luogo incontami- nato, ancora tutto da scoprire ed esplorare; un luogo fuori dal mondo, lontano dal caos, dove ritro- vare pace, serenità, sentirsi protetti e al riparo dallo stress di tutti i giorni; oppure ancora un luogo esclu- sivo, dove dedicarsi al proprio benessere, con- cedendosi ogni lusso e vizio. Se fino a ieri una strategia tradizionale di destination branding fondamentalmente si poneva l’obiettivo di lasciare un’impressione e quindi indirettamente di stimolare l’utente ad un’azione, focalizzandosi es- senzialmente sul prodotto ed associandolo ad un’idea e a un’emozione, il branding 2.0 e lo story- telling invece intendono coinvolgere l’audience come parte attiva e co-autrice della storia del brand, perchè senza il suo sostegno è impossibile pensare di costruire un marchio. Il rischio è non saper con certezza dove questo porterà. Ovviamente, è compito della destinazione guidare il processo di costruzione, mediando e rag- giungendo gli obiettivi prefissati: le destinazioni e le aziende turistiche devono trovare il modo di moti- vare i turisti per farli parlare di sé e del proprio brand, stimolandoli anche affinché parlino attraver- so il brand stesso (Jenkins).
  • 11. Destinations & Tourism n° 23| aprile 2014 www.fourtourism.it 10 Già perché il mercato è passato da essere una semplice audience a un produttore vero e proprio di contenuti e di significati. In quest’ottica non ci sono più consumatori ma solo produttori di idee. Ed è per questo che il processo di costruzione del brand non piò essere più considerato un’azione top-down ma bottom up, ossia parte di un processo più ampio, di interazione creativa, volta a stimolare relazioni durature e stabili, creando engagement. Ed eccoci così arrivati ad un altro fattore chiave per la costruzione del destination brand e della reputazi- one di una destinazione: l’engagement appunto. L’engagement del mercato rispetto al brand di una destinazione si può esprimere come l’insieme dei comportamenti, attitudini e desideri dei turisti in relazione al brand stesso. E questa espressione può avvenire a diversi livelli: può essere un semplice consumo dei contenuti e dei prodotti legati ad esso; oppure può essere più profonda e prevedere la partecipazione ad attività relative al brand ed eventuali interazioni; oppure ancora può essere talmente forte da portare ad una vera e propria identificazione con alcuni suoi aspetti e motivazioni (Askwith, 2007). Per favorire l’engagement, il brand deve fare leva su valori quali la vicinanza, l’affinità e l’autenticità, in modo tale da facilitare il coinvolgimento degli utenti. In questo senso, è quindi essenziale che il destina- tion brand sia in grado di rappresentare un qualcosa per il mercato e di trasferire un valore. Generalmente, il livello di engagement si trasforma nel corso del tempo, intensificandosi, se ovvia- mente si è agito nel modo corretto per svilupparlo Si possono quindi identificare 4 differenti stadi di engagement: - coinvolgimento (involvement), ossia la semplice presenza degli utenti nei vari punti di contatto dis- ponibili con il brand; - interazione (interaction), ossia le azioni che compie il turista rispetto ai diversi punti di contatto del brand; - intimità (intimacy ), ossia l’attaccamento e l’empatia che può sviluppare il turista nei confronti del brand; - influenza (influence), quando un turista diventa promotore diretto di un brand. Per concludere, alcuni semplici suggerimenti per costruire un brand in ottica 2.0 - Non essere autoreferenziali: autopromuoversi non serve a nulla. - Coinvolgere i turisti nella costruzione del brand e facilitare il processo di identificazione - Elaborare messaggi consistenti, partendo dalle esigenze del mercato - Essere presenti su tutti i canali, sfruttando le pos- sibilità offerte dal web e dai social media - Essere partecipativi ed attivi: rispondere a tutti i commenti, opinioni, domande e ringraziare per o- gni azione effettuata - Essere umani senza essere troppo personali - Monitorizzare e misurare ogni azione effettuata - Be relevant, be credible, be exceptional, be spreadable, be open! Il mercato è passato da es- sere una semplice audience passiva ad un produttore attivo di contenuti e signifi- cati. Ed è per questo che il processo di creazione del brand deve essere bottom up, ossia parte di un proces- so più ampio, di interazione creativa, volto a stimolare l’engagement <
  • 12. Destinations & Tourism n° 23| aprile 2014 www.fourtourism.it 11 Il segreto della destination reputation Focus La destination reputation non è soltanto una questione di recensioni né di barometri. La destination reputation è la base del marketing turistico delle destinazioni. Ormai, come tutti sappiamo, la promozione e il marketing non si possono più fare a partire da un'idea predefinita: le destinazioni devono abbandonare la propria tradizionale attitudine autoreferenziale che le porta a tentare di concettualizzare ciò che ritengono importante per sé stesse perché con molta probabilità non coincide con la percezione del mercato. Esiste infatti un profondo gap nella percezione di chi gestisce e di chi invece usufruisce delle destinazioni così come delle aziende turistiche, dei musei, degli hotel e di tutte le attrattive di un territorio. Oggi, l'autoreferenzialità, che per anni ha governato la comunicazione turistica, serve ben a poco: le le destinazioni turistiche non sono più quello che promuovono e comunicano di sé ma sono il risultato di quello che il mercato dice, ossia la somma dei commenti, delle opinioni e delle conversazioni dei turisti presenti in rete. La destination reputation è quindi una questione fondamentale: se infatti è vero che i turisti prima di prenotare un albergo consultano i siti di recensioni, alla ricerca di una conferma che sia in grado di avvalorare le loro aspettative, è altrettanto vero che si tratta di un'azione consequenziale, che dipende da una scelta fatta in precedenza, ossia in quale destinazione recarsi. E un turista sceglie una località a partire dai suoi bisogni, dalle sue esigenze e dai suoi interessi. Sulla base di quali elementi? Sicuramente in parte facendo riferimento alla comunicazione istituzionale ma in misura maggiore Oggi la destination reputation non va solo misurata: va innanzi- tutto gestita di Flavia Fagotto
  • 13. Destinations & Tourism n° 23| aprile 2014 www.fourtourism.it 12 affidandosi alla reputazione e all'immagine che la destinazione ha nel mercato, frutto delle raccomandazioni, dei commenti, delle immagini, dei video condivisi da altri turisti in rete, nei blog, nei forum e in generale in tutti i canali social. Senza nessun dubbio, si può quindi affermare che la destination reputation è oggi il principale strumento per la promozione turistica, è l'elemento sul quale si deve fondare l'intera strategia di marketing. Perché sono proprio i turisti e gli utenti a decidere e a determinare cos'è una destinazione, ossia quali sono le sue attrattive meritevoli, quali gli elementi di differenziazione rispetto alla concorrenza, quali le caratteristiche che la contraddistinguono e quale il suo valore aggiunto. Il meglio e il peggio di una destinazione non è infatti presente nella comunicazione istituzionale né nelle pagine pubblicitarie né nelle brochure. Il successo di una destinazione turistica non è una questione aleatoria e non dipende neanche dall'esito di una campagna promozionale o pubblicitaria. Il successo risiede nelle mani della domanda, del mercato, dei turisti che con le loro conversazioni ne decretano il trionfo o il fallimento. È ovvio che adottando questa prospettiva, la gestione della destination reputation diventa un elemento fondamentale, il punto da cui partire per costruire un'efficace strategia di marketing e di comunicazione. Capire cosa dice il mercato, quale è la sua considerazione, permette infatti alla destinazione di costruire una comunicazione in sintonia con la percezione della domanda, in grado quindi di catturare l'attenzione dei turisti. E così si chiude il circolo virtuoso. Purtroppo esiste la convinzione che la reputazione sia un fattore passivo, che si può solo subire. E che l'unica cosa possibile da fare sia ascoltare e monitorare con attenzione il mercato e la rete per sapere quello che si dice. Sicuramente essere consapevoli di quello che av- viene in rete è importante ma è altrettanto impor- tante che gli enti responsabili della gestione e della promozione delle destinazioni non si limitino a subi- re la reputazione ma si adoperino per gestirla. Già perché è possibile, anzi necessario, creare la reputazione, non solo fornendo un servizio di qualità sul territorio, ma agendo prima, preparando il terreno, perché la reputazione è proprio come un giardino che deve essere seminato e curato in precedenza per poter dare i suoi frutti. Le destinazioni quindi per continuare ad essere competitive ed assicurare il successo ai propri operatori turistici devono preoccuparsi innanzitutto di creare e gestire la propria destination reputation. Le Dmo capaci di definire e sviluppare strategie operative di destination reputation sono infatti quelle che riescono a creare maggiori vantaggi competitivi rispetto ai propri concorrenti. Non basta quindi semplicemente misurare e prendere atto passivamente della propria reputazione: è necessario agire e creare una destination reputation positiva che serva da "humus" e che permetta di sviluppare una percezione positiva della destinazione. Una buona gestione della destination reputation infatti garantisce una buona percezione da parte mercato e sicuramente può generare quindi buoni risultati turistici. Oggi, è possibile anzi è necessario creare e gestire la reputazione, invece che limitarsi a subirla passiva- mente, tutt’al più monitorizzandola e misurandola. Perchè la reputazione è pro- prio come un giardino che deve essere in precedenza seminato e curato per poter dare i suoi frutti <
  • 14. Destinations & Tourism n° 23| aprile 2014 www.fourtourism.it 13 8-9 /29-30 M AG G IO
  • 15. Destinations & Tourism n° 23| aprile 2014 www.fourtourism.it 14 O N REQ UEST
  • 16. Destinations & Tourism n° 23| aprile 2014 www.fourtourism.it 15 O N R EQ U EST