SlideShare uma empresa Scribd logo
1 de 41
La FIRAB – Fondazione Italiana per la Ricerca in Agricoltura Biologica /
www.Firab.it - è ancora oggi l'unico esempio in Italia di soggetto di ricerca
interamente dedicato alla ricerca in agricoltura biologica e biodinamica. I quattro
soci fondatori sono: AIAB, Associazione Italiana Agricoltura Biologica,
l'Associazione per l’Agricoltura Biodinamica, la Legambiente e la UILA, sindacato
agroalimentare della UIL. Nella sua base associativa, inoltre, conta i più importanti
soggetti imprenditoriali del movimento biologicoe biodinamico. FIRAB è attiva con
diverse attività di ricerca ed è punto di riferimento per quanto riguarda la ricerca
del privatosociale nel settore del biologico e del biodinamico.
FIRAB
2012
Il BIO in cifre
(dati 2011 e 1° semestre 2012)
2
IL BIO IN CIFRE
(DATI 2011 E 1° SEMESTRE 2012)
1. Introduzione................................................................................................................................... 3
2. Il bio in Europa e nel mondo ............................................................................................................ 5
2.1 La produzione mondiale bio..................................................................................................... 5
2.2 Il mercato mondiale bio ........................................................................................................... 9
3. Il bio in Italia................................................................................................................................. 10
3.1 La Produzione bio in Italia...................................................................................................... 11
4. La domanda.................................................................................................................................. 20
4.1 La domanda estera di prodotti biologici Made in Italy.............................................................. 21
4.2.1 Indagine sulle esportazioni di prodotti biologici nei mercati comunitari.................................... 22
4.2 Inquadramento della domanda interna................................................................................... 29
5. La domanda nei canali di vendita in Italia........................................................................................ 30
5.1 Vendite Bio in alcuni canali distributivi (GDO, Negozi Specializzati e altri canali) ........................ 31
4.1.2 Grande Distribuzione............................................................................................................. 31
4.1.2 Negozi specializzati ............................................................................................................... 32
5.2 Vendite Bio in canali distributivi alternativi.............................................................................. 32
4.2.1 Gruppi d’acquisto.................................................................................................................. 33
4.2.2 Siti e-commerce.................................................................................................................... 34
4.2.3 HoReCa ................................................................................................................................ 34
4.2.4 Mercatini.............................................................................................................................. 37
4.2.5 Aziende con spaccio aziendale............................................................................................... 37
5.3 Indagine sulla vendita diretta di prodotti biologici ................................................................... 38
Il Report è stato chiuso a settembre 2012
3
1. INTRODUZIONE
Il biologico, negli ultimi anni, ha conquistato uno spazio sempre più importante, sia sul mercato
interno nazionale che sui mercati internazionali, contribuendo ad accrescere il valore a livello
mondiale del marchio Made in Italy.
Nel bio, l’Italia riveste un ruolo di primaria importanza: con oltre 48mila operatori impegnati nella
produzione biologica per oltre un milione di ettari di terreno, il mercato del biologico italiano vale
oltre 3 miliardi di euro, facendo dell’Italia una delle protagoniste del settore a livello mondiale ed
in particolare a livello europeo (si colloca al quarto posto, dopo Germania, Francia e Regno Unito).
Peraltro, in un momento in cui la crisi economica e il diminuito potere d'acquisto da parte dei
consumatori ha prodotto un calo dei consumi alimentari convenzionali (-2 %), nel 2011, il biologico
continua a crescere, mettendo a segno una crescita dell’8,9 % a livello tendenziale per i consumi
domestici, secondo quanto rilevato dall’Ismea/GFK-Eurisko.
Probabilmente tra i fattori chiave del successo, c’è il richiamo ai valori di naturalità e salubrità
insiti nel biologico che ben si sposano con la crescente sensibilità del consumatore verso i temi di
tutela della salute e dell’ambiente.
I consumatori bio si nutrono in modo più sostenibile e rispettoso delle risorse e ciò sta ormai
avvalorando l’idea, tra gli esperti, che una gestione economica eco-sostenibile e una cultura del
consumo, volta ad una gestione equilibrata delle risorse, che usi alimenti prodotti in modo
biologico, potrebbe essere la strada giusta da intraprendere per supportare l'alimentazione
mondiale.
Sembra, infatti, sempre più prendere piede l’idea, una volta ad appannaggio di pochi idealisti, che
la cultura sostenibile del biologico può diventare una soluzione nutrizionale al problema della
fame mondiale.
Peraltro, mentre la crisi economica nel nostro Paese ha portato a un’evidente riduzione dei
consumi generali, alimentari inclusi, i prodotti biologici sembrano essere, al contrario, sempre più
richiesti.
Tutto ciò sembra delineare un comparto che, da produzione di nicchia, sta sempre più occupando
spazi rilevanti in ambito produttivo e fasce sempre più ampie del mercato agroalimentare, in
particolare di quello biologico europeo: l’Italia è tra i principali Paesi esportatori di prodotti bio,
con vendite stimate di circa 1 miliardo di euro.
Il settore sconta, però, delle enormi potenzialità che sono ancora inespresse: considerando che la
domanda nazionale pro-capite, con acquisti medi annui di circa 25 euro a persona, indica una
penetrazione ancora troppo bassa, sul fronte del mercato interno, per i prodotti biologici,
soprattutto se confrontata con 153 euro/anno della Svizzera e con 142 euro/anno della
Danimarca. Si pensi che la Germania, principale mercato europeo per i prodotti biologici, presenta
una spesa pro-capite di prodotti biologici di 74 euro/anno, sulla base degli ultimi dati pubblicati
dalla Fibl/IFOAM, “The World of Organic Agriculture: Statistics and Emerging Trends 2012 e che
anche Austria, Svezia, Francia, Paesi Bassi e Belgio hanno una spesa pro-capite di prodotti biologici
4
più alta dell’Italia, nonostante il nostro Paese rivesta un ruolo di primo piano nel mercato bio
mondiale.
Da queste cifre si evidenzia come l’agricoltura biologica in Italia, pur rivestendo un ruolo di
primaria importanza, sia nel quadro agricolo nazionale che per il giro d’affari del comparto, con
forti incrementi nelle vendite nella grande distribuzione e nel commercio specializzato, con il
rafforzarsi sempre di più di canali di vendita alternativi, dalla vendita diretta a quella on line,
registrando in crescita anche la ristorazione bio e le mense scolastiche che usano almeno in parte
prodotti biologici, presenta però una base di consumo nazionale ancora ristretta, derivante anche
da uno scarso livello informativo sia dei consumatori che di altri operatori della filiera.
Peraltro, a fronte di tale successo, il settore sembra scontare l’interesse di alcuni speculatori
malintenzionati, come si è visto nella truffa legata a false certificazioni e fatturazioni di inizio
dicembre 2011, emersa con l’inchiesta della Guardia di Finanza di Verona, denominata ‘Gatto con
gli stivali’, speculatori che hanno visto, nella crescente domanda e nel prezzo maggiore al quale i
prodotti biologici sono venduti rispetto ai prodotti da agricoltura convenzionale, prospettive di
facili guadagni.
E questo tipo di situazioni non possono che portare una serie di criticità e problematiche alle
prospettive di mercato, in particolare nei mercati esteri, dove l’attenzione dei consumatori e dei
mezzi di informazione è molto alta, con il rischio di erodere, nel lungo periodo, il primato del
nostro Paese.
Ma ancora di più, non sono da sottovalutare le ripercussioni sul mercato interno in termini di
credibilità e reputazione del bio italiano, in una situazione in cui, a fronte della crisi, il
consumatore italiano, pur attuando delle strategie di riduzione del consumo, in generale su diversi
livelli, sembra operare delle scelte in modo consapevole e esperienziale, concedendosi di
“comprare bene” e scegliere sulla base della qualità e della sostenibilità.
I dati ci confermano tale atteggiamento, con una crescita a livello congiunturale dei consumi
domestici di prodotti confezionati e di ortofrutta sfusa, in tutta Italia ed in quasi tutti i canali
distributivi, e una dinamica strutturale che sta vedendo la crescita degli operatori della
trasformazione ed il rafforzamento delle aziende che trasformano nella propria azienda ciò che
coltivano.
Quindi situazioni in cui potrebbe essere incrinata l’immagine di reputazione e credibilità del
biologico italiano, sia all’estero, in particolare in Germania, principale mercato di sbocco per i
nostri prodotti biologici, sia a livello nazionale, non possono che amareggiare gli operatori del
biologico, soprattutto quelle aziende oneste, sane e capaci che si impegnano seriamente per
metterlo in pratica.
Sembra ormai evidente che, per dare forza e fiducia agli operatori del settore, è necessario
operare delle azioni di sensibilizzazione e informazione, divulgazione e comunicazione sul
biologico per far conoscere meglio ai consumatori le caratteristiche dei prodotti, quali quelle di
sicurezza, valore nutritivo, basso impatto ambientale, maggiormente calati verso la sostenibilità a
diversi livelli.
Non sono pochi gli esempi di operatori che lavorano con responsabilità e rispetto delle regole e
che si siano visti riconoscere i loro sforzi e i loro impegni verso la qualità dei prodotti,
genuinamente biologici, con una filiera bio garantita al 100% italiana, controllata e fortemente
responsabilizzata, ampliando il loro portafoglio clienti e consolidando una fidelizzazione ulteriore
di quelli già in essere.
5
È importante che i consumatori siano informati su come l’agricoltura biologica contribuisca alla
protezione delle nostre risorse naturali, alla biodiversità e al benessere degli animali e su come
essa favorisca lo sviluppo delle aree rurali e, soprattutto, sia una risposta al bisogno umano di
“relazione”, di fare scelte di acquisto con maggiore capacità critica, più consapevoli, individuando
quale cardine per lo sviluppo, la sostenibilità sociale, culturale, economica e ambientale.
Ma la creazione di un clima di reciproca fiducia che permetta relazioni di scambio di mercato
consolidate e continue, si può realizzare solo in condizioni in cui rivesta una particolare
importanza la completezza e la simmetria informativa.
Le azioni di sensibilizzazione, promozione e di informazione sul biologico dovrebbero interessare
ogni tipo di consumatore, ma anche gli attori più a valle della filiera, quali dettaglianti, la
ristorazione, e altri stakeholder interessati al fine di comprendere che “comprare bene”, significa
diventare un gestore equilibrato delle risorse.
Ciò significa veicolare il valore intrinseco ed estrinseco, di cui i prodotti biologici sono portatori;
ma, soprattutto, ciò significa che è importante veicolare il messaggio che, attraverso una
agricoltura biologica, si ha anche una forte valenza etica, sociale e ambientale ma anche una forte
connotazione esperenziale, consapevole, relazionale e valoriale dei consumi di prodotti biologici
che fa della qualità, tra i primi criteri di selezione da parte dei consumatori.
Le azioni di promozione e informazione potrebbero rendere più “accessibile” il prodotto bio a tutti
andando a erodere quella barriera culturale e di prezzo che probabilmente è ancora troppo sentita
in Italia, tanto da far avere una posizione di secondo piano al consumatore italiano di prodotti
biologici rispetto a quello d’Oltralpe.
Per tale motivo, le azioni di informazione dovrebbero interessate non solo il consumatore finale
ma anche il consumatore intermedio biologico, ad esempio quello della ristorazione, che
dovrebbe, attraverso queste, avere maggiore consapevolezza del proprio ruolo di “promotore”,
possedendo buone capacità di comunicazione nel sapersi relazionare con la clientela, seppure
mantenendo sempre alta la propria capacità manageriale, cogliendo il vantaggio competitivo che
può nascere dalla capacità di comunicare efficacemente con il mercato, e dall’altro, di saper
cogliere le informazioni che da esso provengono.
I segnali positivi ci sono: sul fronte interno, good news sia nell’aumento delle famiglie acquirenti,
sia nell’aumento della penetrazione, con indicazioni di scelta per un maggiore assortimento di
prodotti bio, e sul fronte estero, nell’aumentata richiesta sui mercati internazionali di prodotti
biologici Made in Italy; tutto ciò concorre a che indicare che il consumatore ha chiara la direzione
da prendere in termini di consumi e che le azioni di informazione e di comunicazione devono saper
veicolare tale orientamento a “comprare biologico”.
2. IL BIO IN EUROPA E NEL MONDO
2.1 La produzione mondiale bio
Nel mondo, oltre 37 milioni di ettari risultano coltivati con metodo biologico e rappresentano circa
lo 0,9% delle superfici agricole complessive mondiali nel 2010, sulla base dei più recenti dati
6
pubblicati da Fibl/Ifoam1
; l’Europa con 10 milioni di ettari detiene il 27% della superficie agricola
utilizzata (SAU) bio a livello globale (figura 1 e 2).
Figura 1: Superfici coltivate a bio nei diversi continenti nel 2010 (in milioni di ettari).
Oceania
Europa
AmericaLatina
Asia
NordAmerica
Africa
12,1
10,0
8,4
2,8
2,7
1,1
Milioni di ettari
Fonte: Fibl/IFOAM, “The World of Organic Agriculture: Statistics and Emerging Trends 2012”
Dopo una continua crescita che si protrae da cinque anni, nel 2010 l’estensione dei terreni bio a
livello mondiale si è mantenuta agli stessi livelli del 2009, sulla base degli ultimi dati disponibili.
Ciò è il risultato di due andamenti contrastanti: al calo registrato nei paesi asiatici e americani si è
contrapposto l’incremento delle superfici destinate alla coltivazione biologica nei paesi europei, in
particolare di quelle francesi (+168 mila ettari), polacche (+155 mila ha) e spagnole (+126 mila ha).
Nel complesso, l’Europa ha aumentato di 0,8 milioni di ettari (con una variazione positiva del 9%)
la quota di terreno agricolo bio.
1
Willer, Helga and Kilcher, Lukas (Eds.) (2012) The World of Organic Agriculture - Statistics and Emerging Trends 2012.
Research Institute of Organic Agriculture (FiBL), Frick, and International Federation of Organic Agriculture Movements
(IFOAM), Bonn.
7
Figura 2: distribuzione percentuale delle superfici coltivate a bio per continenti nel 2010 (in
milioni di ettari).
Oceania
33%
Europa
27%
AmericaLatina
23%
Asia
7%
Nord America
7%
Africa
3%
Fonte: Fibl/Ifoam, “The World of Organic Agriculture: Statistics and Emerging Trends 2012”
I ¾ della superficie mondiale biologica sono detenuti da dieci Paesi: Australia, Argentina, Stati
uniti, Brasile, Spagna, Cina, Italia, Germania, Uruguay e Francia destinano circa 27 milioni di ettari
all’agricoltura biologica (dati Fibl/Ifoam).
Le aziende biologiche risultano essere circa 1,6 milioni nel 2010, in calo dell’11% rispetto al 2009, a
fronte di una forte contrazione del numero di operatori bio indiani.
L’India è leader indiscussa per numero di produttori bio con oltre 400 mila unità; l’Uganda con
meno di 200 mila produttori, Messico ed Etiopia al di sotto dei 130 mila; a seguire Tanzania, Perù,
Turchia, Italia e Spagna, in ordine decrescente.
I più recenti dati Fibl/IFOAM registrano complessivamente in Europa 280 mila produttori bio nel
2010, cresciuti dell’8% rispetto al 2009. L’Italia primeggia tra i Paesi dell’UE a 27.
Il 64% delle superfici agricole coltivate a biologico a livello mondiale sono costituite da prati e
pascoli permanenti, come riportato in figura 3; i seminativi rappresentano il 17% del totale dei
terreni agricoli biologici e coprono una superficie di circa 6,1 milioni di ettari, registrando un +6%
rispetto al 2009.
Una pari quota di crescita ha interessato anche le colture permanenti che hanno raggiunto i 2,7
milioni di ettari alla fine del 2010.
Dominano, tra i seminativi, le superfici coltivate a cereali biologici ed è l’Europa che detiene i 3/4
dei terreni seminativi, circa 4,1 milioni di ettari, seguita dal Nord America e dall’America Latina.
8
Sulla base degli ultimi dati pubblicati da FIBL/IFOAM, l’Italia occupa una posizione di assoluto
rilievo a livello mondiale, quale produttore di cereali biologici, collocandosi al terzo posto nella
graduatoria mondiale dei Paesi produttori (figura 4).
Figura 3: Uso della Superficie Utilizzata Biologica (SAU) a livello mondiale (dati relativi alla fine
del 2010, %)
Pascolo
permanente
64%
Seminativi
17%
Aree coltivate
con colture
permanenti +
seminativi
11%
Colture
permanenti
7%
Altre aree
agricole
1%
Fonte: Elaborazioni Firab su dati Fibl/Ifoam, “The World of Organic Agriculture: Statistics and Emerging
Trends 2012”
Figura 4: I primi 15 Paesi produttori di cereali bio (2010)
27.370
31.337
35.190
47.496
57.418
61.200
76.468
95.569
102.274
125.899
133.465
166.082
194.974
207.191
367.420
Argentina
Finlandia
Grecia
Kazakhstan
Regno Unito
Brasile
Svezia
Austria
Polonia
Francia
Ucraina
Spagna
Italia
Canada
Stati Uniti
Fonte: elaborazioni Aiab/Firab su dati Fibl/Ifoam
9
2.2 Il mercato mondiale bio
Continua a crescere il mercato mondiale di prodotti biologici, che nel 2010 ha oltrepassato i 59
miliardi di dollari, circa 44,5 miliardi di euro, in crescita del 7,7% rispetto al 2009, secondo quanto
riportato da Fibl/IFOAM, nell’ultimo rapporto “The World of Organic Agriculture: Statistics and
Emerging Trends 2012”.
E nonostante la crisi economico finanziaria abbia fortemente contratto sia i volumi del commercio
internazionale che il potere d’acquisto dei consumatori, il bio sembra, non solo mantenere quote
di mercato, ma anzi evidenziare una inarrestabile crescita.
Le previsioni sono, peraltro, molto buone, con l’attesa di tassi di crescita elevati a fronte della
ripresa dei consumi nei Paesi già usciti dalla fase di crisi economica.
L'Europa è il secondo mercato bio del mondo dopo gli USA; statunitensi ed europei ricoprono
oltre il 95% della spesa bio mondiale.
Gli acquisti domestici di prodotti alimentari bio negli Stati Uniti, pari a circa 20,2 miliardi di euro,
rappresentano, nel 2010, il 45% degli acquisti domestici complessivi mondiali, secondo Organic
Monitor; segue la Germania, Paese leader europeo, con 6 miliardi e Francia con 3,4 milioni di euro,
come evidenziato nella figura 5.
Nel complesso, il mercato del bio in Europa vale circa 19,6 miliardi di euro nel 2010, in crescita del
7,7% rispetto al 2009, nonostante la crisi economico-finanziaria.
Figura 5: Distribuzione percentuale degli acquisti domestici di prodotti bio per Paese nel 2010
(%)
Stati Uniti
45%
Germania
14%
Francia
8%
Regno
Unito
4%
Canada
4%
Italia
3%
Svizzera
3%
Altri
19%
Fonte: Elaborazioni Firab su dati Fibl/Ifoam, “The World of Organic Agriculture: Statistics and Emerging
Trends 2012”
È la Svizzera a presentare la maggior spesa pro-capite di prodotti biologici, con 153 euro/anno,
sulla base degli ultimi dati pubblicati dalla Fibl/IFOAM, “The World of Organic Agriculture:
Statistics and Emerging Trends 2012”.
Segue la Danimarca con 142 euro/anno e il Lussemburgo con 127 euro/anno.
10
Anche Austria, Svezia, Germania, Francia, Paesi Bassi e Belgio sono tra i primi Paesi Ue che hanno
la più alta spesa pro-capite di prodotti biologici, mentre l’Italia, nonostante stia registrando un
trend favorevole per le vendite dei prodotti biologici, dal punto di vista della spesa pro-capite, è
fuori dalla graduatoria delle top ten mondiali ed europee, con acquisti di circa 25 euro/anno per
persona.
Figura 6 – La spesa procapite in Europa
0 20 40 60 80 100 120 140 160
Francia
Canada
StatiUniti
Germania
Svezia
Liechtenstein
Austria
Lussemburgo
Danimarca
Svizzera
52
57
65
74
86
100
118
127
142
153
Consumo pro capite €/anno
Fonte: Fibl/Ifoam, “The World of Organic Agriculture: Statistics and Emerging Trends 2012” (dati relativi alla
fine del 2010)
3. IL BIO IN ITALIA
In questo scenario, sia europeo sia mondiale, l’Italia riveste un ruolo di primaria importanza: con
oltre 48mila operatori impegnati nella produzione biologica per oltre un milione di ettari di
terreno, il mercato del biologico italiano vale circa 3 miliardi di euro, facendo dell’Italia una delle
protagoniste del settore a livello mondiale (al sesto posto nella graduatoria mondiale per quanto
riguarda le vendite in valore) ed in particolare a livello europeo (si colloca al quarto posto, dopo
Germania, Francia e Regno Unito).
Un settore quindi che presenta numeri strutturali di un certo rilievo, anche se nel 2011 (ma anche
negli anni precedenti) presenta delle oscillazioni di aziende e superfici (per il 2011, in crescita le
prime ed in calo le seconde), forse anche da attribuire all’andamento dei contributi comunitari
legati al settore.
Peraltro, in un momento in cui la crisi economica e il diminuito potere d'acquisto da parte dei
consumatori ha prodotto un calo dei consumi alimentari convenzionali, nel 2011 il biologico
continua a crescere, mettendo a segno una crescita dell’8,9 % a livello tendenziale per i consumi
domestici, secondo quanto rilevato dall’Ismea/GFK-Eurisko.
11
Il settore sconta, però, delle enormi potenzialità che sono ancora inespresse: considerando che la
domanda nazionale pro-capite, con acquisti medi annui di circa 25 euro a persona, indica una
penetrazione ancora troppo bassa, sul fronte del mercato interno, per i prodotti biologici,
soprattutto se confrontata con la Germania, principale mercato europeo per i prodotti biologici,
con una spesa pro-capite di prodotti biologici di 74 euro/anno, sulla base dei dati pubblicati dalla
Fibl/IFOAM. Il dato, poi, dovrebbe far riflettere se confrontato con i 153 euro/anno della Svizzera
e i 142 euro/anno della Danimarca di spesa pro-capite di prodotti biologici.
Le potenzialità ci sono ed i fattori chiave del successo, come il richiamo ai valori di naturalità e
salubrità insiti nel biologico che ben si sposano con la crescente sensibilità del consumatore
verso i temi di tutela della salute e dell’ambiente, andrebbero curati maggiormente e veicolati
con attenti piani di comunicazione.
3.1La Produzione bio in Italia
In Italia, al 1° gennaio 2012 si contano 48.269 operatori del settore cresciuti dell’1,3% rispetto al
2010 (tabella 1).
Nel dettaglio, si registrano 37.905 produttori esclusivi, 6.165 preparatori (comprese le aziende che
effettuano attività di vendita al dettaglio), 3.906 che effettuano sia attività di produzione che di
trasformazione, 63 importatori esclusivi, 230 importatori che effettuano anche attività di
produzione o trasformazione, sulla base dei dati Sinab.
A fronte del calo di 774 aziende agricole (-2% rispetto al 2010), sono aumentate 573 aziende di
trasformazione (+10%) e ben 778 aziende che affiancano alla produzione primaria anche attività di
trasformazione (+25%).
Si registra inoltre una crescita degli importatori del 43% e di più scarsa entità quella dei produttori
agricoli con annessa attività di trasformazione e d’importazione (figura 7).
Tabella 1: Operatori del settore biologico nel 2011
Produttori
esclusivi
Preparatori
esclusivi
Importatori
esclusivi
Produttori
/Preparatori
Prod /
Prep / Imp
Operatori Bio al
31/12/2011
Var. %
2011/10
Peso %
2011
SICILIA 6.636 526 2 295 10 7.469 -10,1 15,5
CALABRIA 6.471 214 1 425 4 7.115 5,4 14,7
PUGLIA 4.166 464 6 441 4 5.081 -4,5 10,5
EMILIA R. 2.465 816 10 266 45 3.602 1,8 7,5
TOSCANA 2.278 499 10 728 21 3.536 8,7 7,3
LAZIO 2.461 366 1 168 5 3.001 1,1 6,2
SARDEGNA 2.124 72 2 71 3 2.272 14,5 4,7
MARCHE 1.758 228 0 133 8 2.127 1,4 4,4
PIEMONTE 1.323 396 3 231 24 1.977 1,6 4,1
CAMPANIA 1.475 288 0 128 5 1.896 8,3 3,9
VENETO 932 640 12 194 33 1.811 8,8 3,8
ABRUZZO 1.263 200 3 143 3 1.612 2,0 3,3
LOMBARDIA 700 642 4 126 34 1.506 11,3 3,1
TRENTINO 1009 294 4 145 7 1.459 7,0 3,0
BASILICATA 1.178 98 1 71 0 1.348 -3,9 2,8
UMBRIA 942 145 2 223 6 1.318 -0,2 2,7
FRIULI V.G. 268 119 0 40 5 432 10,8 0,9
LIGURIA 210 111 1 56 11 389 -1,8 0,8
MOLISE 177 36 1 16 2 232 20,8 0,5
V. AOSTA 69 11 0 6 0 86 6,2 0,2
TOTALE 37.905 6.165 63 3.906 230 48.269 1,3 100,0
Fonte: Elaborazioni Firab su dati Sinab
12
Tale andamento denota un settore che sembra essere maggiormente orientato al mercato, con un
aumento della consistenza dei trasformatori (figura 1).
Figura 7 – Numero di operatori bio, nel 2010 e 2011.
38.679
5.592
44
3.128
220
37.905
6.165
63
3.906
230
Produttori
esclusivi
Preparatori
esclusivi
Importatori
esclusivi
Produttori
/Preparatori
Prod / Prep /
Imp
N° operatori bio
2010 2011
Fonte: Elaborazioni Firab su dati Sinab
Domina la Sicilia e le regioni del Sud Italia come numero di operatori, prevalentemente produttori
agricoli, mentre l’Emilia Romagna conta un rilevante numero di aziende di trasformazione.
Dagli anni ’90 si è registrata una crescita continua, pur con andamenti oscillanti nell’ultimo
decennio, sia in termini di aziende sia in termini di superficie destinata alla coltivazione di prodotti
biologici (figure 8 e 9).
Nel 2001 si è raggiunto il picco massimo con 60.509 aziende biologiche e 1.238 migliaia di ettari di
superficie coltivata.
Il calo dei tre anni successivi, sia del numero di aziende impegnato nella produzione sia della
superficie utilizzata, ha avuto uno stop nel 2005, quando è stata rilevata di nuovo una crescita con
i produttori che hanno quasi sfiorato le 50 mila unità e la SAU di nuovo sopra il milione di ettari.
La riapertura dei bandi dei Piani di Sviluppo Rurale PSR che si è avuta molte Regioni ha
sicuramente influenzato la crescita del settore in termini di numero di operatori e di superfici
destinate al bio.
Il trend positivo è poi proseguito nel 2006, oltrepassando le 51 mila aziende bio e quasi toccando i
1,15 milioni di ettari di terreni coltivati in modo biologico, facendo collocare l’Italia ai primissimi
posti nella graduatoria europea sia per superfici che per numero di produttori bio.
Nei quattro anni successivi, si sono registrati progressivi cali per il numero di aziende, fino
all’inversione di tendenza registrata recentemente, nel 2011, in cui le aziende hanno oltrepassato
le 48,2 mila unità.
L’estensioni dei terreni hanno invece avuto un andamento altalenante: lievissima crescita nel
2007, calo nel 2008 fino a portarsi a 1 milione di ettari, crescita ancora nel biennio successivo, e
poi un lievissimo assestamento fino a sfiorare 1,1 milioni nel 2011.
13
Figura 8 – Numero di operatori bio, dal 1990 al 2011
0
10.000
20.000
30.000
40.000
50.000
60.000
1990
1991
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
Fonte: Elaborazioni Firab su fonti diverse
Figura 9 – SAU bio in migliaia di ettari, dal 1990 al 2011
0
200
400
600
800
1.000
1.200
1.400
1990
1991
1992
1993
1994
1995
1996
1997
1998
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
2007
2008
2009
2010
2011
Fonte: Elaborazioni Firab su fonti diverse
Dal punto di vista produttivo l’Italia ha la leadership in Europa per numero di operatori nel
biologico (figura 10).
14
Figura 10: Distribuzione degli operatori bio tra Italia, Germania, Francia e Spagna (2010)
Spagna
20%
Italia
34%
Germania
24%
Francia
22%
Fonte: elaborazioni Firab su fonti diverse
Nel 2011 si conferma la leadership del Sud per quanto riguarda la produzione primaria, con Sicilia,
Calabria e Puglia, tra le regioni con maggiore presenza di aziende agricole biologiche, che
rappresentano circa il 40% del totale dei produttori agricoli bio (tabella 2).
Mentre per il numero di aziende di trasformazione impegnate nel settore la leadership spetta
all'Emilia Romagna; in ogni caso, oltre un terzo delle aziende di trasformazione si trova in Emilia
Romagna, Veneto e Lombardia. Non dimentichiamoci che l’Italia è leader a livello mondiale nella
produzione di confetture e marmellate biologiche.
Infine, Emilia Romagna, Piemonte e Veneto sono rappresentative per numero di importatori
esclusivamente dediti al settore.
Quindi il Sud domina in numerosità di aziende agricole, mentre il Nord per aziende di
trasformazione.
Tabella 2: Operatori del settore biologico (2000 - 2011)
2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011
Sicilia 9.616 12.649 9.835 8.410 6.785 8.451 8.110 7.524 6.988 7.417 8.311 7.469
Calabria 8.384 7.938 6.360 4.382 4.211 4.178 6.811 6.963 6.640 6.554 6.749 7.115
Puglia 6.758 6.834 5.883 4.621 3.373 6.109 5.664 4.987 5.093 6.280 5.319 5.081
Emilia Romagna 4.606 5.105 4.988 4.719 4.026 4.050 3.898 3.801 3.525 3.449 3.540 3.602
Toscana 1.619 2.248 2.599 2.736 2.720 2.841 2.865 2.589 2.931 2.970 3.252 3.536
Lazio 2.320 2.640 2.638 2.776 2.808 2.818 2.761 2.674 2.909 2.971 2.969 3.001
Marche 1.736 1.938 1.918 1.813 2.190 2.762 2.700 2.822 2.687 2.288 2.097 2.272
Sardegna 8.285 7.886 6.669 4.762 1.831 1.602 1.417 2.060 2.620 1.351 1.985 2.127
Piemonte 2.996 3.574 3.593 3.024 2.223 2.726 2.522 2.244 2.211 2.237 1.946 1.977
Campania 1.779 1.960 2.029 1.730 1.290 1.433 1.528 1.460 1.721 1.716 1.751 1.896
Veneto 1.249 1.668 1.775 1.705 1.592 1.551 1.526 1.548 1.558 1.553 1.665 1.811
Abruzzo 639 1.057 1.117 1.123 1.065 1.499 1.434 1.290 1.500 1.523 1.580 1.612
Basilicata 434 689 1.601 1.678 2.036 4.937 4.898 4.680 4.155 3.352 1.402 1.348
Trento e Bolzano 526 650 723 777 831 862 946 1.199 1.492 1.220 1.364 1.459
Lombardia 1.225 1.425 1.522 1.528 1.291 1.339 1.337 1.329 1.232 1.262 1.353 1.506
Umbria 837 1.033 1.366 1.350 1.419 1.482 1.517 1.501 1.379 1.346 1.321 1.318
Liguria 277 383 454 471 444 449 416 399 406 404 396 432
Friuli Venezia Giulia 226 302 365 377 378 398 378 371 371 375 390 389
Molise 479 510 447 422 374 293 260 753 153 162 192 232
Valle d'Aosta 13 20 20 69 78 79 77 82 83 79 81 86
TOTALE 54.004 60.509 55.902 48.473 40.965 49.859 51.065 50.276 49.654 48.509 47.663 48.269
Fonte: elaborazioni Firab su dati SINAB
15
Per quanto riguarda le superfici agricole utilizzate (SAU) a bio o in conversione, nel 2011 si
registra un lievissimo calo del 1,5% rispetto al 2010, scendendo a 1.096.889 ettari, come riportato
in tabella 3.
Principalmente dedicata soprattutto alla coltivazione di seminativi, oltre 474 mila ettari di cereali,
legumi secchi, piante da radice, colture foraggere, e ai prati e pascoli, che rappresentano insieme il
73% della superficie ad agricoltura biologica nel 2011 (figura 11).
Seguono le superfici a coltivazioni permanenti, come i frutteti da zona temperata e subtropicale, i
piccoli frutti, la frutta in guscio, gli agrumi, ma soprattutto quella coltivata ad olivicoltura e
viticoltura, con 141.568 ha di oliveti e 52.812 ha di vigneti, una estensione che porta l’Italia tra i
maggiori produttori al mondo.
Tabella 3: Superficie Agricola Utilizzata (SAU) biologica nel 2011
Totale 2011
Var. %
11/10
TOTALE COLTURE 1.096.889 -1,5
Cereali 184.111 -5,6
Colture proteiche, leguminose, da granella 21.445 -16,3
Piante da radice 1.838 8,4
Colture industriali 16.024 7,8
Colture foraggere e altre coltivazioni da seminativi 261.136 32,0
Ortaggi* 23.405 -16,2
Frutta** 23.237 4,7
Frutta in guscio 27.839 1,3
Agrumi 21.940 -6,3
Vite 52.812 1,0
Olive 141.568 0,6
Altre colture permanenti 7.543 -85,6
Prati e pascoli (escluso il pascolo magro) 182.060 -4,1
Pascolo magro 93.531 -5,2
Terreno a riposo 38.400 -12,5
Fonte: elaborazioni Firab su dati SINAB
Dominano, tra i seminativi, le superfici coltivate a cereali biologici: sulla base degli ultimi dati
pubblicati da FIBL/IFOAM, l’Italia occupa una posizione di assoluto rilievo a livello mondiale, quale
produttore di cereali biologici, collocandosi al terzo posto nella graduatoria mondiale dei Paesi
produttori (figura 12).
16
Figura 11: Uso della della SAU biologica in Italia nel 2011 (%)
Seminativi
44%
Ortaggi*
2%
Frutta**
5%
Agrumi
2%
Vite
5%
Olive
13%
Pratie
pascoli***
29%
*Seminativi (cereali incluso riso, legumi secchi, piante da radice come le patate, colture industriali come
semi oleosi di girasole, coltureforaggere come fieno)
**Ortaggi freschi, meloni, fragole, funghi coltivati
***Colture permanenti (frutta da zona temperata e subtropicale, piccoli frutti, frutta in guscio, agrumi, vite
olivo e altre colture permanenti)
Fonte: elaborazioni Firab su dati SIinab
Figura 12: I primi 15 Paesi produttori di cereali bio (2010)
27.370
31.337
35.190
47.496
57.418
61.200
76.468
95.569
102.274
125.899
133.465
166.082
194.974
207.191
367.420
Argentina
Finlandia
Grecia
Kazakhstan
Regno Unito
Brasile
Svezia
Austria
Polonia
Francia
Ucraina
Spagna
Italia
Canada
Stati Uniti
Fonte: elaborazioni Firab su dati Fibl/Ifoam
Infine, se operiamo un confronto tra i dati del biologico con quelli dell’agricoltura in generale,
basandoci sugli ultimi dati rilevati dal Censimento Generale dell'agricoltura dell'ISTAT, emerge
ancora di più come, in un periodo di crisi, si registri una crescita della quota di aziende che si
converte al bio, come si può vedere nella tabella 3.
17
Tabella 3: Incidenza in % della SAU bio sulla SAU agricola totale e del n° aziende bio sul totale
delle aziende in Italia nel 2010
2000 2010
7,9 8,6
2000 2010
2,1 2,6
Peso % N° aziende bio (dati Sinab) su Totale
aziende agricole (dati Istat)
Peso % SAU bio (dati Sinab) sulla SAU agricola
totale (dati Istat)
Fonte: Sinab, Istat
L’Italia è da diversi anni ai primi posti della graduatoria europea per le aree coltivate a bio, in
particolare per la coltivazione di ortaggi, cereali, agrumi, uva e olive, superando, dal 2000, il
milione di ettari di superfici agricole utilizzate (SAU) in agricoltura biologica, con la sola eccezione
del 2004 in cui si è portata al di sotto del milione di ettari di superficie coltivata (figura 13).
Figura 13: SAU bio (2000 - 2011)
900
1.000
1.100
1.200
1.300
Migliaiadiettari
Fonte: elaborazioni Forab su diverse fonti
Per quanto riguarda la zootecnia biologica, si conferma anche nel 2010 la maggior consistenza di
numero di capi allevati negli avicoli, a seguire negli ovini e bovini (figura 14).
18
Figura 14: Zootecnia bio (2007 - 2011)
Bovini Suini Ovini Caprini Pollame Equini
Api (in
numero
di arnie)
Altri
animali
2011 193.675 32.436 705.785 72.344 2.813.852 9.548 99.260 1.751
2010 207.015 29.411 676.510 71.363 2.518.830 9.563 113.932 2.089
2009 185.513 25.961 658.709 74.500 2.399.885 8.597 103.216 2.948
2008 216.476 34.014 1.007.605 83.411 2.157.201 9.903 102.280 2.501
2007 244.156 26.898 859.980 93.876 1.339.415 8.325 112.812 1.926
0
500.000
1.000.000
1.500.000
2.000.000
2.500.000
3.000.000
N°dicapi
Zootecniabiologica
Fonte: elaborazioni Firab su dati Sinab
Per quanto riguarda l’acquacoltura biologica, ancora mercato di nicchia all’interno del settore
biologico italiano, ma con grandi potenzialità e di particolare interesse soprattutto sotto il profilo
della sostenibilità ambientale, i dati forniti dal MiPAAF e dagli OdC, ci mostrano una consistenza di
20 impianti di acquacoltura al 31/12/2011 (figura 15).
Con il Regolamento CE n.710/2009 del 5 agosto 2009, l'Unione Europea, nell’introdurre le
“modalità di applicazione relative alla produzione di animali e di alghe marine dell'acquacoltura
biologica”, ha voluto porre una maggiore attenzione verso un'acquacoltura il più possibile
sostenibile per rispondere alle esigenze contrastanti della domanda crescente di prodotti ittici da
parte dei consumatori e della diminuzione delle risorse naturali della pesca, impoverite da decenni
di sfruttamento fuori controllo. Ciò ha significato per gli acquacoltori europei ed italiani la
possibilità di occupare gli spazi creati da questo mercato dalle forte valenze ecosostenibili.
Alla definizione del Regolamento sull’acquacoltura biologica si è arrivati attraverso un complesso
negoziato tra i vari portatori d’interesse. Peraltro, recentemente si sta procedendo ad una
revisione del Regolamento CE n.710/2009, per raggiungere una struttura legislativa ancora più
completa ed equa, che spiani sempre di più la strada allo sviluppo dell’acquacoltura biologica in
Europa e a livello mondiale.
Il regolamento n.710/2009 affronta tutti gli aspetti dell'allevamento degli animali d'acquacoltura
(pesci, ma anche crostacei, molluschi ecc.): dall'origine degli animali alle norme di allevamento,
dalla riproduzione all'alimentazione, dalle norme specifiche per alcun animali, come i molluschi,
agli aspetti della profilassi e dei trattamenti veterinari, un aspetto particolarmente delicato in
acquacoltura.
19
Figura 15: Impianti di acquacoltura bio nel 2011 (numero, %)
Calabria; 1; 5%
Puglia; 3; 15%
Toscana;
1; 5%
Sardegna; 3;
15%
Marche; 6; 30%
Veneto; 4; 20%
Trentino Alto
Adige; 1; 5%
Friuli Venezia
Giulia; 1; 5%
Fonte: Bio in cifre, Sinab 2011
L’acquacoltura biologica punta ad offrire pesce e altri prodotti ittici che siano ecologicamente,
economicamente e socialmente sostenibili.
Dal 1 luglio 2010, con l’entrata in vigore della normativa, l'acquacoltura biologica si è affacciata sul
mercato italiano, in particolare sul piano produttivo e commerciale, nell’ottica di andare a
costruire una valida alternativa a pratiche di pesca e acquacoltura condotte in modo non
sostenibile.
In Europa, sono localizzate la maggior parte delle unità produttive anche se sono spesso costituite
da piccoli allevamenti di carpe e trote (di pochi ettari) spesso con valenza di attività ad
integrazione del reddito. Il prodotto principale dell’acquacoltura biologica europa è il salmone
Atlantico, seguito da spigole ed orate, da salmonidi (trota iridea, trota fario, salmerini) e carpe.
Anche sotto il fronte della domanda, in Europa, sembra esserci un interesse crescente da parte dei
consumatori, sempre più attenti ai prodotti ottenuti con metodi ecosostenibili e biologici.
Le discrete potenzialità della domanda, sul fronte estero, non sembrano però essere comparabili
sul mercato interno, ancora poco sensibilizzato sotto il profilo del consumo ittico biologico.
Per l'Italia, quindi, quello dell'acquacoltura biologica dovrebbe essere un settore da sostenere e
valorizzare maggiormente, anche per dare una riqualificazione, grazie alla certificazione biologica,
a impianti di acquacoltura già esistenti, creati su una vecchia concezione convenzionale
dell’allevamento, che non sempre faceva propri i concetti di benessere animale e sostenibilità
ambientale.
20
4. LA DOMANDA
Il biologico, negli ultimi anni, ha conquistato uno spazio sempre più importante, sia sul mercato
interno nazionale che sui mercati internazionali, contribuendo ad accrescere il valore a livello
mondiale del marchio Made in Italy.
I consumatori bio si nutrono in modo più sostenibile e rispettoso delle risorse e ciò sta ormai
avvalorando l’idea, tra gli esperti, che una gestione economica eco-sostenibile e una cultura del
consumo, volta ad una gestione equilibrata delle risorse, che usi alimenti prodotti in modo
biologico, potrebbe essere la strada giusta da intraprendere per supportare l'alimentazione
mondiale.
Sembra, infatti, sempre più prendere piede l’idea, una volta ad appannaggio di pochi idealisti, che
la cultura sostenibile del biologico può diventare una soluzione nutrizionale al problema della
fame mondiale.
Peraltro, mentre la crisi economica nel nostro Paese ha portato a un’evidente riduzione dei
consumi generali, alimentari inclusi, i prodotti biologici sembrano essere, al contrario, sempre più
richiesti.
Tutto ciò sembra delineare un comparto che, da produzione di nicchia, sta sempre più occupando
spazi rilevanti in ambito produttivo e fasce sempre più ampie del mercato agroalimentare, in
particolare di quello biologico europeo: l’Italia è tra i principali Paesi esportatori di prodotti bio,
con vendite stimate di circa 1 miliardo di euro.
Il settore sconta, però, delle enormi potenzialità che sono ancora inespresse: considerando che la
domanda nazionale pro-capite, con acquisti medi annui di circa 25 euro a persona, indica una
penetrazione ancora troppo bassa, sul fronte del mercato interno, per i prodotti biologici,
soprattutto se confrontata con la Germania, principale mercato europeo per i prodotti biologici,
con una spesa pro-capite di prodotti biologici di 74 euro/anno, sulla base degli ultimi dati
pubblicati dalla Fibl/IFOAM, “The World of Organic Agriculture: Statistics and Emerging Trends
2012. Il dato, poi, dovrebbe far riflettere se confrontato con i 153 euro/anno della Svizzera e i 142
euro/anno della Danimarca di spesa pro-capite di prodotti biologici.
Da queste cifre si evidenzia come l’agricoltura biologica in Italia, pur rivestendo un ruolo di
primaria importanza, sia nel quadro agricolo nazionale che per il giro d’affari del comparto, con
forti incrementi nelle vendite nella grande distribuzione e nel commercio specializzato, con il
rafforzarsi sempre di più di canali di vendita alternativi, dalla vendita diretta a quella on line,
registrando in crescita anche la ristorazione bio e le mense scolastiche che usano almeno in parte
prodotti biologici, presenta però una base di consumo nazionale ancora ristretta, derivante
probabilmente anche da uno scarso livello informativo sia dei consumatori che di altri operatori
della filiera.
Peraltro, a fronte di tale successo, il settore sembra scontare l’interesse di alcuni speculatori
malintenzionati, come si è visto nella truffa legata a false certificazioni e fatturazioni di inizio
dicembre 2011, emersa con l’inchiesta della Guardia di Finanza di Verona, denominata ‘Gatto con
gli stivali’, speculatori che hanno visto, nella crescente domanda e nel prezzo maggiore al quale i
prodotti biologici sono venduti rispetto ai prodotti da agricoltura convenzionale, prospettive di
facili guadagni.
21
E questo tipo di situazioni non possono che portare una serie di criticità e problematiche alle
prospettive di mercato, in particolare nei mercati esteri, dove l’attenzione dei consumatori e dei
mezzi di informazione è molto alta, con il rischio di erodere, nel lungo periodo, il primato del
nostro Paese.
Ma ancora di più, non sono da sottovalutare le ripercussioni sul mercato interno in termini di
credibilità e reputazione del bio italiano, in una situazione in cui, a fronte della crisi, il
consumatore italiano, pur attuando delle strategie di riduzione del consumo, in generale su diversi
livelli, sembra operare delle scelte in modo consapevole e esperienziale, operando delle strategie
di concessione che vanno dal “comprare bene” e scegliere sulla base della qualità e della
sostenibilità.
I dati ci confermano tale atteggiamento, con una crescita a livello congiunturale dei consumi
domestici di prodotti confezionati e di ortofrutta sfusa, in tutta Italia ed in quasi tutti i canali
distributivi, e una dinamica strutturale che sta vedendo la crescita degli operatori della
trasformazione ed il rafforzamento delle aziende che trasformano nella propria azienda ciò che
coltivano.
A fronte del basso livello della spesa nazionale pro-capite, il bio italiano ha visto indirizzare ina
parte della produzione bio sui mercati esteri, mercati che presentano un consumatore molto più
informato sul rapporto tra agricoltura e rispetto dell’ambiente, meglio propenso a scegliere
prodotti biologici maggiormente sostenibili.
Sulla base di un’indagine svolta da Tns per una ricerca di Eurobarometro2
, volta a conoscere le
percezioni e le esperienze degli europei (Ue27) sia sul rapporto tra agricoltura e preservazione
dell’ambiente naturale e rurale, sia sul la conoscenza dei marchi di qualità da parte del
consumatore Ue, è emerso che la quasi totalità degli intervistati indica che la qualità (96%) e il
prezzo (91%) contano di più quando fanno la spesa e una maggioranza significativa (71%) stima
che anche l’origine del prodotto sia importante.
Nella Ue, nel suo complesso, sembra quindi emergere un orientamento del consumatore verso il
rispetto dell’ambiente e di principi etici e solidali. Mentre, secondo Tns, in Italia sembra che ci sia
ancora un’elevata quota di chi non conosce le produzioni di qualità che vengono svolte in rispetto
dell’ambiente e secondo dei principi maggiormente sostenibili quali quelli dell’agricoltura bio.
4.1 La domanda estera di prodotti biologici Made in Italy
L’Italia, abbiamo già visto, mostra un andamento molto soddisfacente, con un mercato del
biologico in crescita che, secondo le ultime stime di Organic Services, si aggira attorno ai 3,5 mld
euro, rendendola una delle protagoniste del settore a livello mondiale.
L’Italia nasce nel bio come paese esportatore e anche gli ultimi dati ci confermano la rilevanza
delle esportazioni per il mercato del bio italiano. Una parte significativa della produzione bio,
soprattutto quella di indubbia eccellenza e con una spiccata unicità tanto da far vincere ad alcune
imprese italiane premi prestigiosi nei concorsi internazionali dedicati ai prodotti biologici, viene
indirizzata all’estero: l’Italia è tra i paesi leader nelle esportazioni di prodotti biologici.
2
http://ec.europa.eu/agriculture/survey/index_en.htm
22
Per lo più vengono indirizzate in tutti i paesi d’Europa, negli Stati Uniti e in Giappone, ma
recentemente stanno emergendo nuovi sbocchi nei paesi dell’Est europeo e in alcuni paesi asiatici,
primo tra tutti il mercato cinese.
Non sono solo i grandi marchi del bio Made in Italy ad affacciarsi all'estero, ma vi sono anche una
miriade di piccoli produttori che nel nostro Paese faticano a trovare dei canali di vendita.
E le prospettive possono definirsi, nonostante il periodo di crisi economica, assai valide, come
riportato nell’indagine ISMEA/FIRAB sull’export dei prodotti italiani bio nel mercato interno
dell'Unione Europea3
, anche presentata nel corso dell’ultima edizione (2012) della più importante
Fiera del biologico europea, il “Biofach” di Norimberga.
Tale indagine si è resa necessaria in quanto si è in assenza di fonti informative istituzioni: i dati
statistici ufficiali relativi alle esportazioni dei prodotti dell’agroalimentare dall’Italia verso i vari
mercati di destinazione, forniscono l’aggregato senza distinzione di metodo produttivo, con
prodotti ottenuti da agricoltura tradizionale insieme con i prodotti ottenuti da agricoltura
biologica.
4.2.1 Indagine sulle esportazioni di prodotti biologici nei mercati comunitari
In assenza di fonti informative istituzionali, la raccolta di informazioni è avvenuta impiegando
strumenti di rilevazione diretta, ed in particolare un’indagine campionaria cui si è affiancata
l’analisi di specifiche esperienze di rilievo grazie ad alcuni casi di studio e allo svolgimento di un
focus group.
La raccolta dati è stata svolta tramite interviste telefoniche, interviste face to face, anche in
occasione di fiere internazionali del settore, interviste tramite e-mail agli operatori del settore, che
operano in agricoltura biologica, sia come produttori, sia come trasformatori, in modo esclusivo o
misto, e che vendono stabilmente almeno una parte della produzione all’estero.
Si è proceduto alla somministrazione di un apposito questionario su un campione ragionato di 100
imprese; parte dei questionari, relativi a 50 aziende, sono stati compilati tramite interviste face to
face, somministrati anche a imprese presenti a fiere internazionali per avere ulteriori informazioni
sulla domanda estera nei principali Paesi di destinazione del nostro export.
Questa indagine è stata condotta presso un campione ragionato di 100 aziende del comparto
biologico con forte orientamento all’esportazione.
Le aziende intervistate sono in prevalenza imprese di trasformazione, nel complesso
rappresentano il 48% del campione e una quota consistente è composta da aziende di produzione
agricola, il 42% del campione (figura 16).
3
ISMEA (2012) - Report economico finanziario IV volume: Prodotti biologici, prodotti Dop e Igp,
posizionamento prodotti a denominazione presso Gdo. Ipsoa.Marzo 2012.
23
Figura 16: Attività prevalente delle aziende esportatrici intervistate
42
35
13
2 2 1
7
Fonte: Ismea su dati Firab
La Sicilia ha maggior concentrazione di aziende agricole, mentre sono maggiormente distribuite in
Emilia Romagna, Veneto e Lombardia le aziende che svolgono attività di trasformazione,
confermando anche qui quanto registrato dal Sinab rispetto alla distribuzione del numero di
operatori sul territorio nazionale relativamente ai preparatori esclusivi.
Il campione presenta una concentrazione dei molini per la farina biologica e pastifici in Emilia
Romagna, per il lattiero-caseario in Lombardia e Emilia Romagna, ma anche la Sardegna con i suoi
pecorini tipici, per il vino in Veneto e per l’olio, Puglia e Calabria.
Per quanto riguarda le conserve e le marmellate, sono maggiormente trattate in Emilia Romagna e
in Lombardia, laddove è alto il peso delle imprese di trasformazione biologiche, con elementi di
eccellenza per alcune produzioni.
La tipologia principale di prodotto venduto all’estero è l’ortofrutta (24%), seguita da olio, vino
miele; incidenza minore prodotti da forno e pasta (figura 18).
I mercati principali all’interno dell’Unione Europea sono quelli consolidati di Germania, Francia e
Gran Bretagna, ma anche quelli di Danimarca, Paesi Bassi, Austria, Belgio e quelli emergenti dei
Paesi Scandinavi.
La Svizzera spicca tra gli europei non Ue.
USA e Giappone sono i Paesi Terzi consolidati, mentre Cina, Federazione Russa, America Latina (in
particolare Brasile e Argentina) sono i mercati emergenti extra europei (figura 19).
24
Figura 18: Tipologia principale del prodotto venduto all’estero (%)
Altro
18%
Frutticoli
12%
Orticoli
12%
Olio
12%
Vino
12%
Miele
6%
Altri
cereali
6%
Prodotti da
forno
5%
Pasta
5%
Caseari
3%
Carni Trasformate
3%
Panetteria
3%
Riso
3%
Fonte: Ismea su dati Firab
Figura 19: Mercati di destinazione delle all’estero (%)
Germania
42%
Francia
14%
Gran Bretagna
8%
Danimarca
6%
Svezia
6%
Svizzera
2%
U.S.A
2%
Giappone
1%
Altri (Area Euro)
13%
Altri paesi
6%
Fonte: Ismea su dati Firab
Il Paese leader per le esportazioni di prodotti biologici italiani è da sempre quello tedesco, Paese
che ha il più alto fatturato europeo per il settore biologico, con 5,8 miliardi di euro nel 2009
cresciuti a 5,9 miliardi di euro nel 2010, nonostante il freno causato dalla crisi economico
finanziaria.
Che cosa esportano le nostre aziende in Germania? Principalmente è l’ortofrutta, sia fresca che
trasformata, che assume una posizione di rilievo nelle nostre esportazioni.
25
La Germania importa l’80% della frutta fresca; una bella fetta proviene dall’Italia, in particolare
mele, soprattutto dal Sud Tirolo, e agrumi dalle terre della Sicilia.
Ma anche kiwi, pere, pesche, nettarine, e soprattutto molti ortaggi tra cui carote, pomodori,
zucchine e cavolfiori.
Anche l’uva da tavola biologica è diventata una voce importante per l’export verso la Germania.
Peraltro, sembra che i grandi volumi trattati dai maggiori clienti tedeschi consentano un
abbattimento dei costi, tale da potere avere prezzi competitivi per il consumatore e remunerativi
per il produttore.
Leadership italiana per numero di produttori ma anche una maggiore presenza di trasformatori
denotano un mercato che ha grandi potenzialità di espansione all’estero, laddove la domanda è
molto alta per prodotti di qualità e a contenuto di servizio, in particolare per quanto riguarda
l’ortofrutta, sia fresca che soprattutto trasformata.
In Italia, la presenza di imprese agroindustriali bio di maggiori dimensioni economiche è in Emilia
Romagna, Veneto e Lombardia.
In Lombardia, ad esempio, vi è una azienda leader (in valore) delle vendite di confetture in Italia e
che esporta sempre di più anche all’estero. Tra le aziende “storiche” al BioFach, degna di nota è
Brio S.p.A., società commerciale di riferimento nel panorama nazionale ed europeo dell’ortofrutta
bio. Un Gruppo che ha più di vent’anni di esperienza nel biologico ed è specializzato sulla GDO e
sull’export e leader nazionale sulla ristorazione collettiva. Poi Canova s.r.l., la società che
commercializza il prodotto biologico a marchio Almaverde Bio, offre sul mercato dall'ortofrutta
fresca alle verdure e frutta di IV gamma, alle zuppe, ai minestroni e al purè. Oltre queste le figure
di spicco nel panorama commerciale del comparto ortofrutticolo bio, vi sono, poi, una miriade di
realtà aderenti al Marchio Garanzia AIAB che offrono una qualità costante e un rapporto diretto
con la produzione. Tra i Paesi Ue di destinazione, la Germania resta un punto di riferimento
fondamentale dell'export nell'ortofrutta biologica, seguono Regno Unito, Belgio, Paesi Bassi,
Danimarca e Austria mentre emergono sempre più i Paesi scandinavi. Tra i paesi europei extra Ue
è sempre rilevante l’export verso la Svizzera.
È così tanto in crescita il settore che anche i colossi del convenzionale hanno puntato sulla
produzione biologica per ampliare e diversificare la loro attività, vendendo la loro linea bio sotto il
marchio ad ombrello Almaverde Bio.
L’ortofrutta bio Made in Italy in Germania, pur soffrendo la competizione con altri Paesi Ue, come
la Spagna e i Paesi Bassi, e per la frutta fresca, anche con Paesi del Centro e Sud America, come
Costa Rica e Ecuador, ha sempre attirato i consumatori tedeschi.
La Germania è un mercato che offre diverse possibilità di posizionare i nostri prodotti biologici, sia
perché la moderna distribuzione ha fatto scelte molto significative sul biologico, sia perché i negozi
specializzati sono molto evoluti, sia perché la domanda interna è in forte crescita e la produzione
agroalimentare biologica tedesca non sembra in grado di soddisfare tale richiesta.
Per la vendita all’estero nei mercati comunitari, le aziende intervistate utilizzano prevalentemente
distributori finali, in particolare sono prevalenti i buyer GDO e il dettaglio specializzato, secondo
quanto indicato dagli operatori intervistati nel 2011 (figura 20).
26
Figura 20: Canali di vendita all’estero delle aziende esportatrici intervistate
Altro
Vendita on line
Cooperativa/Consorzio
HO.RE.CA.
Industria di trasformazione con sede…
Intermediari commerciali
Distributore finale
3
1
3
4
4
35
50
Fonte: Ismea su dati Firab
Come sappiamo, in questi ultimi anni, pur in un momento di debolezza congiunturale
internazionale, il settore bio è in espansione anche grazie ad una crescente consapevolezza sui
problemi ambientali e di sicurezza alimentare da parte dei consumatori.
Ecco perché, secondo uno studio dell’ICE, anche nel periodo della crisi economica, il consumatore
che sceglie per la prima volta di acquistare un prodotto biologico, rimane poi un cliente fidelizzato.
Le aziende storiche del bio che indirizzano una parte delle loro vendite sui mercati esteri, scelgono
soprattutto il commercio alimentare al dettaglio, mentre le imprese che si sono affacciate al
mercato estero negli anni più recenti, utilizzano i distributori finali della Grande Distribuzione; in
particolare stanno emergendo i maggiori gruppi di discount, che, in Germania, sono in grado di
condizionare tutta la grande distribuzione, con una quota che ha raggiunto il 55% del mercato.
Le aziende che accedono al canale della GDO estera sono perlopiù aziende “modello”, soprattutto
aziende ortofrutticole, olivicole, viticole o di trasformazione che, al di là delle dimensioni più o
meno elevate, riescono a garantire qualità e assortimenti grazie a capacità imprenditoriali dei
conduttori.
Molte volte si tratta di realtà produttive che fanno “rete” tra produttori aumentando in questo
modo le aree coltivate, differenziando le produzioni, offrendo prodotti più rispondenti al gusto dei
consumatori esteri.
Il rapporto diretto con le catene di punti vendita del dettaglio specializzato estero è invece
maggiormente scelto dalle imprese che hanno un rapporto commerciale di lunga data, soprattutto
con la Germania.
Sono spesso imprese ortofrutticole, a carattere cooperativo o di consorzio, ma anche aziende di
grandi dimensioni che scelgono, oltre al canale della GD, anche questo del commercio
specializzato considerato per certi versi più flessibile rispetto alla GDO sia per i tempi di consegna
che per questioni di carattere fiscale e amministrativo.
27
Si può operare, inoltre, con un intermediario commerciale, importatore estero o esportatore
italiano, utilizzato dal 35% degli intervistati; quello che emerge in ogni caso è che l’azienda
difficilmente può vendere in modo diretto senza un intermediario.
In Germania, infatti, le catene della grande distribuzione preferiscono rapportarsi con un
importatore che risolva eventuali questioni, di carattere anche fiscale. Da considerare, peraltro,
che - in Europa - il peso della grande distribuzione è nettamente superiore che in Italia.
Inoltre, dalle interviste è emerso che la maggior parte delle piccole aziende che vogliono
posizionare all’estero il loro prodotto, hanno bisogno prima di tutto di farsi conoscere dai clienti,
soprattutto quelli del mercato tedesco, che ancora oggi è tra i primi acquirenti, ad esempio della
nostra ortofrutta biologica. Per questo diventano importanti le occasioni fieristiche, come quella
che si tiene a Norimberga ogni anno, il BioFach.
In ogni caso, per quanto riguarda i mercati del Nord Europa, in particolare quello tedesco, è
quanto mai necessario per l’azienda rivolgersi ad un consulente, che fornisca loro le indicazioni
necessarie per muoversi nel mercato di destinazione del loro export. Il cliente tedesco è molto
pignolo, anche sotto il profilo fiscale, e attento ad ogni fase del processo produttivo, al punto che
una azienda di pecorino toscano ha dichiarato che hanno verificato direttamente la produzione
andando in loco in azienda.
Peraltro, le opportunità che offre il mercato tedesco sembrano essere ancora alte e in crescita,
come ha dichiarato Christoph Soika della SCS Consulting, al biofach 2011, in un incontro sulle
opportunità di questo mercato per le piccole e medie imprese italiane. Ha parlato anche della
criticità di tale mercato, non per la qualità del prodotto, né per il prezzo, ma per la logistica.
Fattore importante soprattutto nel settore ortofrutticolo, che presenta fasi molto critiche, che
vanno dall’assicurare il mantenimento della cosiddetta “catena del freddo” alle attività di
trasporto e stoccaggio dell’ortofrutta. Ed è proprio l’elemento dello stoccaggio che crea non pochi
problemi nell’esportazione dei prodotti ortofrutticoli freschi, a fronte della mancanza di
piattaforme di stoccaggio dei prodotti da parte di alcune grandi catene della Grande Distribuzione.
Di questo ne fanno le spese soprattutto le piccole imprese, diversamente dalle grandi imprese che
esportano notevoli quantitativi di ortofrutta fresca, con una organizzazione molto attenta e
qualificata nella logistica.
E nelle aziende più piccole si esprime nella capacità di associarsi, consorziarsi o, in ogni caso,
riunirsi tra produttori sotto un unico marchio ad ombrello. Oppure nel caso degli agriturismi, il
fattore multifunzionalità, che diventa un’altra possibilità per aprire questo mercato.
Sembra essere, quindi, la cultura d’impresa che caratterizza una miriade di produttori più attivi
nel mercato, che hanno portato innovazioni all’interno della azienda, con una maggiore
professionalità, a fronte anche di una mentalità aperta, di un livello culturale medio alto e
mediamente appartiene ad un cambio generazionale nella conduzione dell’azienda, tutti
profondamente motivati e consapevoli per la scelta fatta in agricoltura biologica, dotati di
grande sensibilità ecologica ed etica, grande disponibilità all’associarsi e a cooperare insieme,
nonché di notevoli capacità di comunicazione che si traducono in abilità commerciali.
Come anche diverse piccole-medie imprese nazionali che producono prodotti tipici di qualità,
come olio, vino, pasta, conserve, formaggi, ma anche ortofrutta e alimenti “high quality italian
meal” con uno spiccato Made in Italy, che presentano quote di mercato considerevoli rapportate
al flusso di prodotto venduto.
28
Il tutto denota un settore che presenta una discreta propensione all’export, mostrando una certa
distanza dal settore agroalimentare nel suo complesso. Questo ha portato anche i colossi del
convenzionale a penetrare nel mercato del bio, ampliando e diversificando la loro attività anche
nella produzione biologica, beneficiando così dell’effetto traino del bio sulla loro linea
convenzionale.
Le aziende più promettenti sembrano essere quelle che hanno realizzato un processo di
integrazione fra le diverse componenti del sistema, dall’agricoltura biologica all’industria di
trasformazione, capaci di rapportarsi con la distribuzione e di adattarsi ai rilevanti mutamenti della
domanda alimentare; ma anche quelle che hanno risposto a favore di un miglioramento della
competitività dell’impresa in relazione all’internazionalizzazione, con l’aggregazione delle imprese,
sotto forma di cooperative, consorzi, associazioni, società.
Ciò che emerso dall’indagine è che gli operatori stanno sempre più indirizzandosi verso il “fare
rete”, individuando nell’associarsi di imprese una serie di vantaggi, non solo organizzativi e
strutturali, ma anche legati alla commercializzazione, grazie alle numerose iniziative a carattere
informativo e pubblicitario, alla partecipazione a fiere internazionali, tutte operazioni che sono
volte al posizionamento del marchio ed alla conoscenza dei prodotti.
Dall’indagine è emersa anche un’elevata propensione da parte delle aziende alla ricerca di nuovi
sbocchi commerciali.
Il grosso degli sforzi sembra al momento concentrarsi sui paesi emergenti, in particolare Russia,
Cina, India e Brasile, quelli che in questa fase, a giudizio degli operatori, riservano le migliori
potenzialità di crescita (figura 21).
Figura 21: I nuovi mercati esteri di destinazione futuri (%)
U.E.
17%
Cina
12%
Usa
11%
Russia
8%
Giappone
6%
Brasile
6%
Paesi Scandinavi
4%
Canada
3%
Altri
33%
Fonte: Ismea su dati Firab
Diversi operatori stanno cercando di entrare nei mercati dell’Est europeo, come la Polonia,
considerati molto promettenti in termini di crescita del consumo di prodotti biologici.
Figura 21b: Le attese di vendita per i prossimi anni (in % sul totale)
29
Aumenterà
55%
Rimarrà stabile
9%
Diminuirà
3%
Non so
33%
Fonte: Ismea su dati Firab
Per quanto riguarda le aspettative del mercato (figura 21b), le aziende intervistate, sembrano
abbastanza ottimiste ed il loro clima di fiducia sembra più ottimistico nei confronti del mercato
estero di quanto sia verso il mercato interno. Il trend delle vendite è segnalato in crescita per
molte delle merceologie quelle che presentano mercato estero dell’alimentazione biologica.
Ovviamente la domanda estera è maggiore nei Paesi che presentano la spesa pro capite più
elevata in Europa, come la Svizzera, Austria, Danimarca e Svezia. Dall’indagine è emerso, quindi,
che il mercato del bio italiano gode, oltre frontiera, di buona salute e che il settore non sta
risentendo della crisi, continuando anzi a crescere, grazie anche a prezzi stazionari, posizionati su
livelli medio-alti rispetto ai principali competitor.
4.2 Inquadramento della domanda interna
I consumi di alimenti biologici in Italia rappresentano una quota attorno al 2-3% sul totale della
spesa alimentare, per una valore di mercato stimato di circa 3 miliardi di euro.
Sul fronte interno, da molti anni, si registra una crescita dei consumi domestici di biologico,
secondo le rilevazioni Ismea: l’incremento della spesa domestica in prodotti biologici confezionati
nel 2011 e nella prima metà del 2012 è stata del 9% circa in valore, nel 2011 e +6,1% nei primi sei
mesi del 2012.
Questo incremento, pur denotando un settore con grandi potenzialità, si confronta però con una
domanda nazionale pro-capite che rileva ancora una penetrazione piuttosto bassa di prodotti
biologici: una spesa medio annua di circa 25 euro, sulla base dell’ultimo dato Fibl/Ifoam
disponibile, colloca il nostro Paese tra quelli in cui la base di consumo di prodotti bio è ancora
ristretta.
In ogni caso tale andamento positivo, che si protrae ormai dal 2005, diventa di particolare rilievo
rapportato al trend dei consumi alimentari nel complesso, registrato nel 2011, che è risultato in
calo del 2% circa.
30
Continua ad essere prevalente nel Nord Italia, mentre il Centro ed il Sud rivestono ancora un peso
minore. Permane quindi ancora lo squilibrio tra luoghi di produzione e luoghi di consumo, fattore
che caratterizza storicamente il bio.
Ortofrutta, prodotti lattiero – caseari, uova e alimenti per la prima colazione si confermano anche
nel 2011 le referenze più acquistate dai consumatori, incidendo nel complesso per i ¾ sul totale
degli acquisti bio (fonte Ismea).
Il consumatore tipo di prodotti biologici sembra essere prevalentemente del Nord Italia, in
particolare dell’area occidentale della penisola, è in famiglie poco numerose, il responsabile degli
acquisti è più o meno giovane e ha livelli di istruzione e di reddito alti.
Sempre dalla rilevazione Ismea emerge che gli alto e medio acquirenti contribuiscono all’acquisto
di biologico per un 70%, mentre i basso acquirenti e gli occasionali per il restante 30%. Peraltro, tra
il 2010 e 2011 non vi sono state grandi variazioni della quota dei diversi profili, se non per crescita
degli alto acquirenti (fonte: Ismea).
Oltre agli acquisti è aumentata la quota delle famiglie che consumano prodotti biologici ed è
anche cresciuta la penetrazione del bio confezionato della Grande Distribuzione passata dal 71,5%
nel 2010 al 75,5% nel 2011, a dimostrazione che il comparto ha un potenziale interessante. Se
consideriamo l'atteggiamento verso il biologico, la valenza salutista e i valori intrinseci dei prodotti
bio sono vincenti; c’è da dire che il ricorso anche ad un più ampio assortimento ha giocato
positivamente per la crescita.
5. LA DOMANDA NEI CANALI DI VENDITA IN ITALIA
La crescita del mercato italiano di prodotti biologici si sta registrando diffusamente in tutti i canali
di vendita da molti anni.
In un periodo storico in cui l’incertezza sembra guidare la prudenza nelle spese, in cui il senso di
ristrettezza economica porta le famiglie a rimodulare le proprie scelte muovendosi sia sulla scala
dei prezzi sia nei diversi format distributivi, il biologico sembra stia rappresentando una delle
risposte vincenti, anche nel mettere in atto dei comportamenti più consapevoli, maggiormente
rispettosi verso le risorse, senza però perdere di vista la cura per se stessi, scegliendo prodotti
sicuri e di qualità.
L’incidenza del consumo di prodotti bio sul totale agroalimentare è di difficile stima.
I dati Fibl-Ifoam indicano una quota di mercato bio al consumo tra il 2 ed il 2,5% del totale in
valore, rappresentato dalle vendite al dettaglio in negozi specializzati, Grande Distribuzione,
vendite dirette delle aziende agricole (soprattutto ortofrutta, olio e vino), gruppi d'acquisto,
mercatini e door to door.
Canali interessanti e in pieno sviluppo anche l’ho.re.ca., con in primis la ristorazione, di rilievo
quella scolastica che sta prendendo sempre più piede nei diversi Comuni d’Italia.
31
5.1 Vendite Bio in alcuni canali distributivi (GDO, Negozi Specializzati e
altri canali)
Nel mass market gli acquisti passano prevalentemente attraverso la Grande Distribuzione, limitato
il peso dei discount (per quanto questo format sia in crescita), e del dettaglio tradizionale non
specializzato. Una fetta consistente delle vendite è realizzata dai negozi specializzati, dal normal
trade e dal food service.
Le strategie per la diffusione del biologico sono particolarmente legate ai brand, in quanto il brand
è riconoscibile e permette di identificare un ampio paniere di prodotti da agricoltura biologica
commercializzati nel largo consumo.
Per le insegne il biologico rappresenta un fattore differenziante di rilievo; accoppiato alla marca
commerciale è importante tenendo conto che la comunicazione è un punto debole del settore4
.
Ciò fa comprendere il perché cresce la quota degli acquisti nella GDO: l’accoppiamento bio e
marca commerciale è un valore che diventa direttamente percepibile dal consumatore.
Inoltre, la forte presenza di single ed il diffondersi di un nuovo modello familiare soprattutto al
nord, stanno indirizzando verso un maggior consumo di alimenti fuori casa e verso prodotti legati
alle nuove modalità di fruizione dei pasti che portano a cucinare molto più velocemente. La
maggior richiesta di alimenti con servizi incorporati (IV e V gamma) conferma tale andamento.
Da considerare, però, che il differenziale di prezzo rispetto al convenzionale sembra essere ancora
il limite alla maggiore penetrazione del bio. Questo forse spiega la forte crescita della vendita
diretta di prodotti biologici, che oltre a rinnovare un rapporto diretto con il produttore in una
ottica di maggiori garanzie di qualità e di sicurezza, permette di acquistare ad un prezzo più
conveniente.
4.1.2 Grande Distribuzione
Sulla base dei dati forniti dall’Ismea5
, l’andamento dei consumi domestici di prodotti biologici
confezionati nella GDO è in continua ascesa ormai dal 2005.
Restando sui dati più recenti, si può osservare che, anche nel 2011 e nella prima metà del 2012, gli
acquisti di biologico confezionato hanno continuato la loro ascesa, con un +9% circa in valore nel
2011 e un +6,1% nel primo semestre 2012.
La tendenza del 2011 è dipesa in modo particolare dagli aumenti fatti registrare dai prodotti
lattiero-caseari, le uova, i biscotti, i dolciumi, gli snack e le bevande analcoliche.
4
Mark Up (2009) - La crescita del biologico richiede investimenti in comunicazione. Un mercato di nicchia regolato da
dinamiche avulse dai trend correnti di consumo. Rubrica Grocery. Mark Up 184, dicembre 2009.
5
Ismea (2012) - Le tendenze degli acquisti di prodotti biologici e l’evoluzione del profilo del consumatore. SANA.
Bologna, 10 settembre 2012
32
Nel primo semestre 2012 continuano a crescere in prevalenza le stesse categorie, in particolare le
bevande analcoliche, i biscotti, dolciumi e gli snack (+26,1%) ed in misura minore i derivati del latte
bio (+9,5%).
In discreto rialzo la pasta, il riso ed i sostituti del pane (+9%), mentre le uova nei primi sei mesi
dell’anno in corso cedono un 6,4% dopo l’ottimo incremento del 2011.
Molto più contenuto nel 2012 l’incremento per l’ortofrutta fresca e trasformata (+1%) che rimane
la categoria bio più consumata nel 2011, con un peso sul totale bio pari a poco più del 30% (dati
Ismea).
Sulla base dei dati forniti dall’Ismea, gli acquisti di prodotti biologici certificati nel canale della
GDO, che copre meno del 50% dei consumi, hanno subìto nel 2010 un incremento considerevole
superando la soglia dei 500 milioni di euro.
4.1.2 Negozi specializzati
Per quanto riguarda il canale dei punti vendita specializzati in soli prodotti biologici, i cui dati non
sono oggetto di rilevazione da parte di ISMEA, la FederBio6
indica che tale canale di vendita segna
regolarmente performance superiori alla GDO facendo registrare nel 2010 una media dal 15%
(negozi indipendenti) al 20% (punti vendita affiliati in franchising).
I negozi specializzati, secondo quanto riportato sul rapporto di BioBank (TuttoBio 2012) sono
passati dai 1.132 del 2009 ai 1.212 del 2011, con una crescita del 7%.
Peraltro, continua in modo costante il processo di aggregazione e qualificazione dei negozi bio che
ormai tocca il 65% dei punti vendita in Italia.
I negozi si concentrano soprattutto al Nord con 792 punti vendita, pari al 65,3% del totale
nazionale, mentre al Centro si trovano 256 negozi (21,1%) e 164 tra Sud e Isole.
La lombardia mantiene saldamente il primato per numero assoluto di negozi bio con 206 punti
vendita, seguita dal Piemonte e Veneto.
La valle d’Aosta guida la classifica per densità, con 7 negozi bio ogni 100 mila abitanti, contro la
media nazionale di 2.
Seguono il trentino Alto Adige e il Friuli Venezia Giulia.
5.2 Vendite Bio in canali distributivi alternativi
Accanto ai tradizionali canali di vendita, si stanno sempre più rafforzando altre forme di
commercializzazione, cosiddette alternative, in particolare il modello della filiera corta, in cui si
privilegia il rapporto diretto tra consumatore e produttore.
La vendita diretta, nella varietà enorme di esempi che vanno dal farmer market al box scheme,
rappresenta per il bio un vero e proprio fenomeno sociale in continua crescita, come si evince dai
dati riportati sull’ultimo rapporto di BioBank (Tutto Bio 2012).
Sono i gruppi d’acquisto solidale gli instancabili protagonisti della progettualità e della
sperimentazione verso nuovi stili di vita nel 2011. La Regione Umbria, prima in Italia, li riconosce, li
6
FederBio al SANA 2012. Presentazione FederBio 2012.pdf documento on line su www.federbio.it
33
tutela e li incentiva. I produttori li corteggiano e creano per loro listini ad hoc. Nell’ultimo triennio
sono cresciuti del 44%, e si avvicinano ai 900, con almeno altrettanti gruppi informali.
Anche la vendita diretta in azienda non conosce sosta, con oltre 2.500 spacci nel 2011, il 16% in
più del 2009. A trainare la crescita sono soprattutto quelli aperti da aziende agricole, ad un ritmo
doppio rispetto a quelli aperti dagli agriturismi.
In controtendenza si registra il segno meno per i mercatini (-5%), soffocati dalla burocrazia e
frenati dalla preferenza dei produttori per lo spaccio in azienda.
Le aziende agrituristiche crescono del 10% e diventano sempre più perno di molteplici attività,
coinvolgendo diverse fasce di pubblico con diversi interessi, ma resta fondamentale l’attività
didattica con le scuole.
Segna un + 27% anche l’e-commerce, con nuovi siti aziendali che cercano un filo diretto con i
consumatori.
In fermento anche la ristorazione (+17%). Crescono le formule più veloci, più libere e meno
costose, come caffetterie, bistrot, gastronomie, gelaterie e frutterie, ma soprattutto il bio diventa
trainante in nuovi ambiti, mai toccati prima.
Nonostante i conti siano sempre più difficili da far quadrare, aumentano i Comuni che introducono
portate, piatti e menù bio nelle scuole. Sono più di 1.100 le mense scolastiche rilevate, con un
balzo del 33% in tre anni.
In sintesi, ecco l’andamento delle sette tipologie di operatori del biologico prese in esame dal
Rapporto Bio Bank 2012, per numero assoluto nel triennio 2009-2011:
• Gruppi d’acquisto solidale +44% (dai 598 del 2009 agli 861 del 2011).
• Mense scolastiche +33% (da 837 a 1.116).
• E-commerce +27% (da 132 a 167).
• Ristoranti +17% (da 228 a 267).
• Aziende con vendita diretta +16% (da 2.176 a 2.535).
• Agriturismi +10% (da 1.222 a 1.349).
• Mercatini -5% (da 225 a 213).
Sulla base di quanto riportato da Bio Bank 2012, forniamo un breve approfondimento.
4.2.1 Gruppi d’acquisto
I gruppi d’acquisto solidale continuano a lievitare, anno dopo anno, sulla base dei dati pubblicati in
Tutto Bio 2012.
Praticano l’agricoltura “relazionale” grazie ai rapporti diretti con i coltivatori ed alla garanzia
d’acquisto preventivo di una certa quantità di prodotti, sperimentano la “certificazione
semplificata”, aprono negozi al dettaglio all’insegna della filiera minima, investono nel
fotovoltaico, ispirano la nascita dei gruppi acquisto terreni per avviare aziende agricole biologiche.
Nel 2011, Bio Bank ne ha censiti 861, contro i 742 del 2010, con un’ulteriore crescita del 16%. Ma
almeno altrettanti sono i gruppi informali.
34
I gruppi d'acquisto solidale sono veri e propri luoghi di condivisione e di scambio per praticare uno
stile di vita più consapevole.
Sono 35 i Gas che hanno cessato l’attività nel corso dell’ultimo anno, spesso per problemi
organizzativi, ma oltre 150 quelli che l’hanno iniziata. In pratica a fronte di un Gas che chiude, ce
ne sono più di quattro che aprono.
Ma i Gas informali sono almeno altrettanti. Una realtà largamente presente al nord, che ne conta
ben 528, oltre il 60% del totale, seguito dal centro con 239 (27,8%), e da sud e isole con 94 gruppi
(10,9%).
La Lombardia resta ampiamente la regione leader per numero assoluto con 213 Gas, pari al 25%
del totale, seguita a distanza da Toscana ed Emilia-Romagna. Il Trentino-Alto Adige, tallonato da
Valle d’Aosta e Toscana, guida ancora la classifica per densità con più di tre Gas ogni 100.000
abitanti.
Oltre il 60% dei Gas è concentrato al nord, per un totale di 528. Segue il centro con 239 (27,8%),
mentre tra sud e isole operano 94 gruppi (10,9%).
I gruppi d’acquisto solidale sono la tipologia più dinamica, tra le otto prese in esame dal Rapporto.
Con il più elevato tasso di crescita, continuano infatti a guidare l’andamento dell’ultimo triennio.
Dai 598 rilevati nel 2009, sono infatti passati agli 861 del 2011, con un ulteriore balzo in avanti del
44%.
4.2.2 Siti e-commerce
La ricerca di canali diretti di vendita passa anche per la grande rete.
Sono 167 i siti di e-commerce attivi a fine 2011, rispetto ai 152 del 2010, con un incremento del
10%. In gran parte sono siti di aziende che propongono solo prodotti bio (54 siti), oppure molti
prodotti bio (23) o alcuni prodotti bio (31). Crescono i siti dei negozi bio (31) e quelli di e-
commerce vero e proprio (22), scendono i siti di e-commerce convenzionale con reparto bio (6),
sulla base dei dati pubblicati in Tutto Bio 2012.
Al nord sono attivi 74 siti, il 44,3% del totale. Seguono sud e isole con 54 (32,4%) e centro con 39
(23,4%).
Le tre regioni leader per numero assoluto sono l’Emilia-Romagna, con 23 siti, seguita da Sicilia con
19 e Lazio con 17. La Basilicata ha invece l’indice più elevato per densità: 0,9 siti ogni 100.000
abitanti, contro la media nazionale di 0,3. Seguono Valle d’Aosta e Trentino-Alto Adige.
Continuano ad aprire nuovi siti di e-commerce, segnando una crescita del 27% nell’ultimo triennio,
interessante ma inferiore a quella del triennio 2008-2010. Passano quindi dal secondo al terzo
posto. Erano 132 nel 2009 sono arrivati a 167 nel 2011.
4.2.3 HoReCa
Con Ho.re.ca. s’intende quel settore commerciale che si riferisce all'industria alberghiera, alle
imprese che preparano e servono alimenti e bevande (ristoranti, bar, caffè).
Acronimo di Hotellerie-Restaurant-Café (ma la terza parola viene a volte identificata con Catering,
o altre similari), viene ormai utilizzato per indicare il canale commerciale della bevanda e della
ristorazione, o il canale commerciale alberghiero.
35
Per HoReCa ci siamo riferiti alle attività dell'ospitalità e della ristorazione, sulla base delle
tipologie prese in esame da Bio Bank, come agriturismi bio, ristoranti bio e mense scolastiche bio,
sulla base dei dati disponibili.
Figura 22: L’evoluzione del numero dei canali distributivi per Ho.re.ca.
2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011
Ristoranti bio 171 177 174 199 228 246 267
Agriturismi bio 804 839 1002 1178 1222 1302 1349
Mense bio* 647 658 683 791 837 872 1116
*l numero si riferisce ai Comuni in cui sono presenti mense scolastiche bio.
Fonte: elaborazione Firab su dati BioBank
Crescono le formule più veloci, più libere e meno costose, come caffetterie, bistrot, gastronomie,
gelaterie e frutterie, anche se ancora costituiscono numeri di nicchia.
Ristoranti
Crescono più dell’8% i ristoranti bio in Italia: dai 246 del 2010 sono infatti passati ai 267 del 2011. Il
censimento Bio Bank comprende ristoranti, pizzerie, self-service, fast food, bar, tavole fredde,
take-away, gastronomie e locali specializzati come pasticcerie, gelaterie, frutterie, sulla base dei
dati pubblicati in Tutto Bio 2012.
In assenza di una normativa europea, il criterio adottato da Bio Bank per la selezione è la quantità
di ingredienti bio utilizzati in cucina, che deve essere almeno del 70%.
Prevalente la cucina vegetariana indicata da 145 attività, seguita da quella tipica e tradizionale,
macrobiotica, vegan, allergie e intolleranze ed etnica.
La Lombardia guida la classifica per numero assoluto con 65 ristoranti, oltre il 24% del totale.
Seguono Emilia-Romagna e Lazio. Nettissima la concentrazione al nord, dove si trovano 168
ristoranti, pari al 62,9% del totale, seguono il centro con 76 (28,5%) e sud e isole con 23 (8,6%).
Le Marche hanno sempre l’indice più elevato per densità con 1,5 ristoranti ogni 100.000 abitanti,
oltre il triplo della media nazionale, pari allo 0,4. Seguono Emilia-Romagna e Valle d’Aosta.
I ristoranti, per Bio Bank, si confermano al quarto posto nel 2011, passando dai 228 del 2009 ai
267 del 2011.
Quello che però non emerge nella rilevazione, ma si sta presentando all’orizzonte, è che la vera
novità, degli ultimi anni, è data dall’ingresso del biologico in tante realtà convenzionali, più che per
una scelta salutistica e ambientale, soprattutto per la qualità e l’eccellenza delle materie prime di
produzione biologica.
Tra i casi più eclatanti quello di Ikea, la multinazionale svedese dell’arredamento, che nei ristoranti
dei suoi 19 punti vendita in Italia utilizza già il 12% di materie prime bio sul totale degli acquisti. O
quello di Eataly, tempio dell’enogastronomia italiana, che nei suoi ristoranti-negozi utilizza e
propone il 10-15% di materie prime e di prodotti bio. O ancora il caso delle gelaterie Grom, trenta
in Italia e cinque in giro per il mondo, dove il biologico incide già per il 40%.
36
Figura 23: Ristoranti bio
2011 Var. %
'11/'10
Var. %
'11/'09
Ristoranti bio
Lombardia 65 32,7 35,4
Emilia Romagna 47 2,2 20,5
Lazio 27 -6,9 0,0
Marche 23 4,5 4,5
Toscana 21 -44,7 31,3
Totale Ristoranti bio 267 8,5 17,1
Fonte: elaborazione Firab su dati BioBank 2012
Agriturismi
In crescita anche le aziende bio che offrono ospitalità nel segno della multifunzionalità, come
indicato sull’Annuario del biologico, Tutto Bio 2012, anche se i numeri sono ancora contenuti. Alla
produzione agricola di base hanno infatti affiancato nel tempo la trasformazione delle proprie
produzioni, la vendita dei prodotti freschi e trasformati nello spaccio aziendale, l’attività didattica
con bambini e ragazzi delle scuole fino all’accoglienza turistica vera e propria con ristorazione e
pernottamento. Un mondo che si muove intorno e dentro l’azienda, secondo i giorni e le stagioni,
coinvolgendo diverse fasce di pubblico con diversi interessi.
Gli agriturismi bio censiti da Bio Bank hanno raggiunto quota 1.349 nel 2011, contro i 1.302 del
2010, con un incremento che si avvicina al 4%. Un’offerta concentrata nel centro Italia con 591
operatori, il 43,8% del totale, seguono il nord con 457 realtà (33,9%) e sud e isole con 301 (22,3%).
Al primo posto per numero assoluto resta sempre la Toscana, regina incontrastata dell’ospitalità in
fattoria, seguita da Emilia-Romagna e Marche.
Nella classifica per densità si confermano al primo posto le Marche con 11 realtà ogni 100.000
abitanti, contro la media nazionale di 2,2. Seguono Umbria a quota 10,5 e Toscana a quota 7.
Scendono dalla quinta alla sesta posizione gli agriturismi, con un incremento del 10%, passando
dai 1.222 del 2009 ai 1.349 del 2011.
Mense scolastiche
Nonostante la crisi, sulla scelta del biologico nelle scuole non si torna indietro. Anzi, un nuovo
impulso dovrebbe ora arrivare dall’adozione dei criteri ambientali minimi, da parte delle pubbliche
amministrazioni, per l'acquisto di prodotti e servizi nel settore della ristorazione collettiva e nella
fornitura di derrate alimentari. Lo prevede il decreto sugli “appalti verdi” pubblicato il 21
settembre 2011 sulla Gazzetta Ufficiale.
E la cosa assume ancora più rilievo, dato che si tratta di un canale commerciale importante per le
materie prime bio, con un giro d’affari stimato intorno ai 275 milioni di euro, sulla base dei dati
pubblicati in Tutto Bio 2012. Il censimento Bio Bank, grazie alla preziosa collaborazione delle
aziende di ristorazione che ci hanno segnalato l’impegno di tanti piccoli comuni, ha rilevato infatti
1.116 mense bio nel 2011, rispetto alle 872 del 2010, con una crescita del 28%. Fortissima la
concentrazione al nord con 765 realtà, pari al 68,5% del totale.
37
Dal censimento Bio Bank del 1996, la Lombardia sorpassa per la prima volta l’Emilia-Romagna alla
guida della classifica, per numero assoluto di mense bio, con 193 realtà, pari al 17,3% del totale. Al
terzo posto il Veneto.
Il Trentino-Alto Adige si conferma prima per densità, con più di 6 mense ogni 100.000 abitanti,
contro una media nazionale di 1,8. Seguono Friuli-Venezia Giulia ed Emilia-Romagna.
Il numero delle mense bio comprende il numero dei comuni che hanno scelto di introdurre in tutto
o in parte prodotti bio nelle scuole pubbliche e il numero delle scuole private che hanno optato
per il bio. Le cucine sono molte di più e ancora di più sono i luoghi di refezione. I pasti giornalieri
sono invece arrivati a 1.111.000, contro i 1.053.000 del 2010 (+5,5%), sulla base dei dati pubblicati
in Tutto Bio 2012. Un dato sottostimato, poiché sono 180 le mense che non hanno dichiarato il
numero di pasti o che sono in fase di censimento. Il numero dei pasti giornalieri comprende quelli
con l’intero menù bio, con molti prodotti bio, con alcuni prodotti bio o con una sola portata bio.
Salgono dal sesto al secondo posto le mense, passate dalle 837 del 2009 alle 1.116 del 2011, con
una crescita del 33%.
4.2.4 Mercatini
Si svolgono soprattutto nei centri storici dei piccoli comuni, nelle piazze o lungo le vie del centro,
ma anche sotto i porticati o nelle gallerie di antichi palazzi, nei parchi o nei giardini di scuole e
parrocchie, presso monasteri o abbazie, nei mercati coperti o nei centri sociali.
Sono i mercatini del biologico e della biodiversità, sulla base dei dati pubblicati in Tutto Bio 2012.
Bio Bank ne ha censiti 213 con un calendario già programmato per il 2012, in leggera flessione (-
4%) rispetto ai 222 del 2011. Hanno chiuso i battenti 33 mercatini o non sanno ancora se e quando
potranno ripartire. In particolare, quelli organizzati in collaborazione con i comuni risentono di un
quadro di incertezza, ma spesso sono in difficoltà le associazioni che li promuovono o
semplicemente l’iniziativa non ha suscitato l’interesse atteso. Ma resta una certa vivacità
d’iniziativa, se è vero che sono 24 i mercatini che iniziano o riprendono la loro attività.
Dei 213 mercatini bio, promossi da associazioni, comuni, pro-loco e consulenti, 22 sono mercatini
della biodiversità tra vecchi semi, frutti antichi e animali perduti, sulla base dei dati pubblicati in
Tutto Bio 2012.
I mercatini bio sono concentrati soprattutto al nord che ne conta 145 (68%), mentre al centro se
ne trovano 49 (23%), e tra sud e isole solo 19 (9%).
L’Emilia-Romagna resta la regione leader per numero assoluto, con 36 mercatini, pari al 17% del
totale nazionale, seguita da Lombardia e Veneto. Sempre l’Emilia-Romagna, quest’anno con la
Valle d’Aosta, guida la classifica per densità, con quasi 0,8 mercatini bio ogni 100.000 abitanti,
contro la media nazionale di 0,4. Seguono le Marche a quota 0,7.
Segno meno per i mercatini (-5%), che registrano lievi contrazioni da qualche anno e scendono
quindi dal settimo all’ottavo posto. Erano infatti 225 nel 2009 e sono scesi a 213 nel 2011.
4.2.5 Aziende con spaccio aziendale
Sempre più produttori scelgono la vendita diretta.
Sono infatti 2.535 gli spacci aziendali rilevati nel 2011 da Bio Bank.
38
Di questi, 1.351 sono presso aziende agricole (contro i 1.280 del 2010) e 1.184 presso agriturismi
(erano 1.141 nel 2010).
A trainare la crescita sono però gli spacci delle aziende agricole, saliti del 120% negli ultimi cinque
anni, mentre negli agriturismi, dove la vendita diretta copre già l’88% delle realtà, lo spazio di
sviluppo è più ridotto ed il ritmo dimezzato (+60%).
Al nord si trovano 1.179 operatori (46,5% del totale), al centro 718 (28,3%), tra sud e isole 638
(25,2%).
Al primo posto per numero assoluto si conferma l’Emilia-Romagna con 391 realtà, pari al 15,4%,
seguita da Toscana con 335 e Veneto con 255.
Rapportando gli spacci ai residenti troviamo al primo posto per densità le Marche con 11,6 spacci
ogni 100.000 abitanti, poi da Umbria con 10,4 e Toscana con 8,9, contro la media nazionale di 4,2.
Sulla scia della filiera corta sono in crescita anche i gruppi d’offerta che consegnano frutta e
verdura a domicilio, ma anche altri prodotti freschi e trasformati. Sono infatti passati dai 28 del
2010 ai 33 del 2011, secondo quanto rilevato da Biobank.
La vendita diretta continua la sua marcia (+16% nel 2011), anche se a ritmo meno sostenuto (+25%
nel 2010), slittando dal terzo al quinto posto come incremento.
5.3 Indagine sulla vendita diretta di prodotti biologici
Per svolgere un maggiore approfondimento sull’argomento, l’Ismea ha incaricato l’Aiab di svolgere
un’ indagine sulla vendita diretta – realizzata nella primavera/estate del 2011 – che ha coinvolto
un campione ragionato di 362 aziende agricole che svolgono attività di vendita diretta, nelle sue
diverse forme: dalla vendita diretta aziendale al mercato del contadino, dai punti vendita collettivi
ai GAS, dalle consegne a domicilio alle sagre locali, dall’e-commerce alla raccolta diretta in
azienda, attraverso la realizzazione di interviste approfondite che hanno consentito di raccogliere,
relativamente al 2010, informazioni di natura economico strutturale delle aziende ed approfondire
il tema della vendita diretta, sia relativamente alle modalità di vendita diretta scelte, sia alle
dinamiche che interessano il settore, sia agli scenari di sviluppo futuro previsti per la vendita
diretta, sino ai vantaggi concreti per i consumatori.
I risultati sono stati pubblicati dall’Ismea sull’ultimo Report economico finanziario7
, dedicato ai
“Prodotti biologici, prodotti Dop e Igp, posizionamento prodotti a denominazione presso Gdo”.
Quello che è emerso dall’indagine è che la filiera diretta può essere una valida risposta a percorsi
alternativi di sbocco finalizzati sia a ridurre l’incremento dei prezzi lungo la catena distributiva del
prodotto, sia a ridurre la presenza di squilibri nei rapporti di scambio, sia nel voler creare un nuovo
modello di sviluppo basato sul rispetto ambientale, sulla diversificazione dei processi produttivi,
sulla sinergia tra biologico e naturalità, tra tradizione e innovazione, tra consumatori e produttori.
Ma vediamo nel dettaglio i risultati salienti dell’indagine.
7
ISMEA (2012) - Report economico finanziario IV volume: Prodotti biologici, prodotti Dop e Igp,
posizionamento prodotti a denominazione presso Gdo. Ipsoa.Marzo 2012.
39
Le aziende intervistate svolgono prevalentemente attività di produzione vegetale, il 42% del
totale, come riportato in figura 22, e un terzo quella di trasformazione; molti operatori, inoltre,
coltivano e trasformano in azienda ciò che producono.
Tale dato si spiega nella tipologia delle aziende che operano prevalentemente nel canale di
distribuzione diretto (produttore-consumatore), caratterizzato anche da tanti piccoli e medi
produttori agricoli, recentemente indeboliti dalla crisi economica, in modo maggiore rispetto alle
grandi aziende, che hanno trovato nella vendita diretta un forte mezzo di sostentamento.
In questi casi, si tratta di agricoltura biologica di piccola scala, dimensionata sul lavoro contadino e
sull’economia familiare, prevalentemente orientata all’autoconsumo e alla vendita diretta,
fondata peraltro su una scelta di vita più attenta ai valori della tutela dell’ambiente, della
solidarietà e della giustizia.
O ancora le molte aziende agricole biologiche di maggiori dimensioni che hanno annesso alla parte
agricola anche quella dell’agriturismo dove in cucina si preparano e servono piatti di prodotti
biologici del loro orto e la loro carne bio. Molti altri, oltre all’ospitalità in agriturismo o come
fattorie didattiche o come cooperative sociali che svolgono, tra l’altro, attività di recupero e di
riabilitazione per una serie di soggetti più fragili e deboli, hanno visto nella pluri-attività l’unico
strumento adatto per mantenere la vitalità economica e sociale delle loro aziende agricole.
Se analizziamo i dati solo dal punto di vista della distribuzione di frequenza delle aziende campione
nelle classi di fatturato, emerge che, nel 2010, il 52% delle aziende dichiara un fatturato entro i 20
mila euro, il 39% non superiore ai 50 mila euro, mentre il 23% oltre i 50 mila ma non superiori ai
100 mila annui, il 26% tra i 100 mila euro e i 200 mila euro, il 7% si colloca nella fascia superiore,
tra i 200 mila euro e i 300 mila euro, infine, il 34% supera i 300 mila annui (figura 24).
Figura 24: Distribuzione delle aziende campione per classi di fatturato (%)
0
50
100
150
200
N.Aziende
Classi di fatturato
Fonte: Ismea su dati Aiab
40
L’ortofrutta risulta essere la categoria merceologica più venduta in filiera diretta, sia fresca che
trasformata in azienda, soprattutto in conserve, passate di pomodoro, marmellate, mostarde,
confetture, sughi e salse varie (figura 25).
Se esaminiamo la localizzazione geografica delle aziende agricole del campione relativamente alle
diverse tipologie di prodotto offerte in vendita diretta, le aziende ortofrutticole sono diffuse lungo
tutto il territorio italiano.
La Sicilia, ma anche altre regioni del Sud Italia e del Centro presentano aziende che
commercializzano soprattutto il fresco, sia della frutta che della verdura. Mentre nel Lazio,
nell’Emilia Romagna e nella Lombardia si registra la maggiore incidenza di aziende che coltivano e
trasformano in azienda le loro produzioni ortofrutticole.
È emerso, inoltre, dall’indagine che il maggior numero di aziende intervistate ricade nella fascia di
vendita che destina quasi tutta o tutta la sua produzione in filiera diretta.
Sembra quindi che l’azienda utilizzi tutte le strategie messe in campo dalla vendita diretta: lo
spaccio aziendale anche sviluppato in un’ottica attrattiva per il consumatore, annettendovi anche
strutture ricettive per l’alloggio e la ristorazione, l’individuazione di punti a maggiore
concentrazione dell’offerta con un maggiore potere contrattuale, l’attuare diverse forme
aggregative (associazioni e gruppi di acquisto che mettono insieme consumatori e produttori),
innovare l’azienda sotto il profilo della multifunzionalità, fornendo una diversificazione dell’offerta
che possa abbracciare una domanda sempre più attenta al biologico, alla qualità, alla tutela sociale
e ambientale.
Le aziende del campione vendono i loro prodotti biologici prevalentemente tramite lo spaccio
aziendale, segue per importanza la vendita diretta tramite Gruppi d’Acquisto, con una impresa su
tre che utilizza tale canale distributivo, e il mercato del contadino con il 27% circa di aziende
interessate. Il canale Ho.Re.Ca. viene scelto da una azienda su dieci.
Riguardo alle dinamiche della vendita diretta nel 2010 esse risultano decisamente positive: il 56%
circa degli intervistati dichiara di registrare una crescita del proprio business.
Figura 25: Distribuzione dei prodotti venduti dalle aziende campione (%)
Frutticoli
21%
Orticoli
19%
Caseari
7%Carni fresche e
trasf.
8%
Miele
5%
Olio
12%
Vino
8%
Pane e pdt da
forno
1%
Altro
19%
Fonte: Ismea su dati Aiab
41
(figura 26).
Tra gli intervistati che hanno registrato un incremento delle vendite, l’incremento medio
ponderato è risultato dell’11%.
Analizzando i dati del campione, ma non ponderati, prevale il segno positivo tra l’1 e il 5%, rispetto
al 2009, per il 55% circa degli intervistati che hanno registrato un aumento di vendite nel 2010.
Da un punto di vista economico, la convenienza del prezzo dei prodotti acquistati in vendita
diretta è stata ed è ancora oggi un punto di forte attrazione per i consumatori.
Il campione di aziende intervistato ha tenuto molto a puntualizzare su tale variabile dei prezzi
esibiti in vendita diretta, definendoli molto più bassi di quelli che si trovano nelle altre forme di
commercializzazione più diffuse, come ad esempio la Grande distribuzione.
In ogni caso, il campione di aziende che ha risposto a tale domanda ha indicato prevalentemente
una stabilità nelle quotazioni medie dei prodotti biologici venduti in filiera diretta, nel 2010.
Le aziende intervistate, alla domanda su quale canale di vendita diretta ritengono maggiormente
calato ad una domanda del consumatore, maggiormente attenta agli alimenti sani e naturali, e
quindi anche ai prodotti biologici, hanno risposto prevalentemente con i Gruppi d’Acquisto,
seguito dai mercatini (da considerare che gli operatori hanno tenuto a precisare quelli biologici e
non i farmer’s market in generale che pur presentando prodotti a forte valenza territoriale ed
ecosostenibile, non sono però sempre certificati biologici) e dalla vendita diretta aziendale.
Tra i canali interessanti e ritenuti dagli operatori da sviluppare maggiormente anche l’HoReCa, con
in primis la ristorazione, che permette di arricchire con prodotti biologici freschi e di qualità i
diversi menù proposti.
Ma mostrano interesse anche le formule più veloci, più libere e meno costose, come caffetterie,
bistrot, gastronomie, gelaterie e frutterie; tutto concorre a mostrare un settore come il bio che
diventa trainante in nuovi ambiti e che ispira maggiore fiducia da parte degli operatori.
Relativamente agli scenari futuri che si prospettano per tale canale di vendita, la maggior parte
delle aziende del campione è stato concorde nel dichiarare una crescita di tale canale di vendita
nei prossimi anni.
In ogni caso, la vendita diretta, a detta degli intervistati, sembra che presenti maggiori margini di
crescita rispetto ai canali più tradizionali del dettaglio, a fronte dell'evoluzione del comportamento
dei consumatori, sempre più attenti alla provenienza e sicurezza dei prodotti alimentari, alla
sostenibilità ambientale dei processi di produzione e distribuzione e al sostegno dell’economia
locale, seppure con una particolare attenzione al prezzo.
In ogni caso, pur con un peso ancora non rilevante dal punto di vista dei fatturati generati, il canale
di vendita diretta sta crescendo in modo talmente considerevole, molto di più e con ampi margini
rispetto a quello tradizionale, come sembra emerso dall’indagine Ismea, confermando ciò che
negli ultimi anni viene indicato dai dati Biobank.
Il presente Report è stato chiuso a settembre 2012.

Mais conteúdo relacionado

Mais procurados

Premio marketing per l'università Il caso 2015 DOP & CO - Un valore da diffonder
Premio marketing per l'università Il caso 2015 DOP & CO - Un valore da diffonderPremio marketing per l'università Il caso 2015 DOP & CO - Un valore da diffonder
Premio marketing per l'università Il caso 2015 DOP & CO - Un valore da diffonderCarmine Puca
 
Il futuro vien mangiando. Tradizioni e rivoluzioni dalla spesa alla tavola
Il futuro vien mangiando. Tradizioni e rivoluzioni dalla spesa alla tavolaIl futuro vien mangiando. Tradizioni e rivoluzioni dalla spesa alla tavola
Il futuro vien mangiando. Tradizioni e rivoluzioni dalla spesa alla tavolaIpsos
 
Agroalimentare, falsi miti e nuove verità: IPSOS e TUTTOFOOD mettono a confro...
Agroalimentare, falsi miti e nuove verità: IPSOS e TUTTOFOOD mettono a confro...Agroalimentare, falsi miti e nuove verità: IPSOS e TUTTOFOOD mettono a confro...
Agroalimentare, falsi miti e nuove verità: IPSOS e TUTTOFOOD mettono a confro...Ipsos
 
Le private label nei supermercati italiani e la propensione all’acquisto dei ...
Le private label nei supermercati italiani e la propensione all’acquisto dei ...Le private label nei supermercati italiani e la propensione all’acquisto dei ...
Le private label nei supermercati italiani e la propensione all’acquisto dei ...Target Research
 
Nutrire Brescia e l'hinterland
Nutrire Brescia e l'hinterlandNutrire Brescia e l'hinterland
Nutrire Brescia e l'hinterlandNicolò Tosana
 
I consumi alimentari in Italia e all’estero. Tendenze evolutive, criticità ed...
I consumi alimentari in Italia e all’estero. Tendenze evolutive, criticità ed...I consumi alimentari in Italia e all’estero. Tendenze evolutive, criticità ed...
I consumi alimentari in Italia e all’estero. Tendenze evolutive, criticità ed...Fondazione CUOA
 
INCENTIVAZIONE ECONOMICA DIRETTA DELLA RACCOLTA DIFFERENZIATA: LA PERCEZIONE ...
INCENTIVAZIONE ECONOMICA DIRETTA DELLA RACCOLTA DIFFERENZIATA: LA PERCEZIONE ...INCENTIVAZIONE ECONOMICA DIRETTA DELLA RACCOLTA DIFFERENZIATA: LA PERCEZIONE ...
INCENTIVAZIONE ECONOMICA DIRETTA DELLA RACCOLTA DIFFERENZIATA: LA PERCEZIONE ...Target Research
 
Flair - Rimettere ordine: le tendenze di consumi e comunicazione
Flair - Rimettere ordine: le tendenze di consumi e comunicazioneFlair - Rimettere ordine: le tendenze di consumi e comunicazione
Flair - Rimettere ordine: le tendenze di consumi e comunicazioneIpsos
 
Quando il brand diventa sinonimo della categoria di prodotto: il caso Autan
Quando il brand diventa sinonimo della categoria di prodotto: il caso AutanQuando il brand diventa sinonimo della categoria di prodotto: il caso Autan
Quando il brand diventa sinonimo della categoria di prodotto: il caso AutanTarget Research
 
I Mille volti della Nutrizione - Integratori alimentari: dal Mercato ai Consu...
I Mille volti della Nutrizione - Integratori alimentari: dal Mercato ai Consu...I Mille volti della Nutrizione - Integratori alimentari: dal Mercato ai Consu...
I Mille volti della Nutrizione - Integratori alimentari: dal Mercato ai Consu...Digital for Academy
 
Consumi alimentari e relazioni di filiera: il contributo dei fornitori locali...
Consumi alimentari e relazioni di filiera: il contributo dei fornitori locali...Consumi alimentari e relazioni di filiera: il contributo dei fornitori locali...
Consumi alimentari e relazioni di filiera: il contributo dei fornitori locali...Fondazione CUOA
 
I Mille volti della Nutrizione - Scenario attuale su nutrizione e benessere
I Mille volti della Nutrizione - Scenario attuale su nutrizione e benessereI Mille volti della Nutrizione - Scenario attuale su nutrizione e benessere
I Mille volti della Nutrizione - Scenario attuale su nutrizione e benessereDigital for Academy
 
Valore, innovazione e ricerca nutrizionale
Valore, innovazione e ricerca nutrizionaleValore, innovazione e ricerca nutrizionale
Valore, innovazione e ricerca nutrizionaleIRI, INTL
 

Mais procurados (17)

Premio marketing per l'università Il caso 2015 DOP & CO - Un valore da diffonder
Premio marketing per l'università Il caso 2015 DOP & CO - Un valore da diffonderPremio marketing per l'università Il caso 2015 DOP & CO - Un valore da diffonder
Premio marketing per l'università Il caso 2015 DOP & CO - Un valore da diffonder
 
Il futuro vien mangiando. Tradizioni e rivoluzioni dalla spesa alla tavola
Il futuro vien mangiando. Tradizioni e rivoluzioni dalla spesa alla tavolaIl futuro vien mangiando. Tradizioni e rivoluzioni dalla spesa alla tavola
Il futuro vien mangiando. Tradizioni e rivoluzioni dalla spesa alla tavola
 
Jessica slide tesi
Jessica slide tesi Jessica slide tesi
Jessica slide tesi
 
Agroalimentare, falsi miti e nuove verità: IPSOS e TUTTOFOOD mettono a confro...
Agroalimentare, falsi miti e nuove verità: IPSOS e TUTTOFOOD mettono a confro...Agroalimentare, falsi miti e nuove verità: IPSOS e TUTTOFOOD mettono a confro...
Agroalimentare, falsi miti e nuove verità: IPSOS e TUTTOFOOD mettono a confro...
 
Le private label nei supermercati italiani e la propensione all’acquisto dei ...
Le private label nei supermercati italiani e la propensione all’acquisto dei ...Le private label nei supermercati italiani e la propensione all’acquisto dei ...
Le private label nei supermercati italiani e la propensione all’acquisto dei ...
 
Nutrire Brescia e l'hinterland
Nutrire Brescia e l'hinterlandNutrire Brescia e l'hinterland
Nutrire Brescia e l'hinterland
 
I consumi alimentari in Italia e all’estero. Tendenze evolutive, criticità ed...
I consumi alimentari in Italia e all’estero. Tendenze evolutive, criticità ed...I consumi alimentari in Italia e all’estero. Tendenze evolutive, criticità ed...
I consumi alimentari in Italia e all’estero. Tendenze evolutive, criticità ed...
 
INCENTIVAZIONE ECONOMICA DIRETTA DELLA RACCOLTA DIFFERENZIATA: LA PERCEZIONE ...
INCENTIVAZIONE ECONOMICA DIRETTA DELLA RACCOLTA DIFFERENZIATA: LA PERCEZIONE ...INCENTIVAZIONE ECONOMICA DIRETTA DELLA RACCOLTA DIFFERENZIATA: LA PERCEZIONE ...
INCENTIVAZIONE ECONOMICA DIRETTA DELLA RACCOLTA DIFFERENZIATA: LA PERCEZIONE ...
 
Flair - Rimettere ordine: le tendenze di consumi e comunicazione
Flair - Rimettere ordine: le tendenze di consumi e comunicazioneFlair - Rimettere ordine: le tendenze di consumi e comunicazione
Flair - Rimettere ordine: le tendenze di consumi e comunicazione
 
Silver Marketing
Silver MarketingSilver Marketing
Silver Marketing
 
Quando il brand diventa sinonimo della categoria di prodotto: il caso Autan
Quando il brand diventa sinonimo della categoria di prodotto: il caso AutanQuando il brand diventa sinonimo della categoria di prodotto: il caso Autan
Quando il brand diventa sinonimo della categoria di prodotto: il caso Autan
 
I Mille volti della Nutrizione - Integratori alimentari: dal Mercato ai Consu...
I Mille volti della Nutrizione - Integratori alimentari: dal Mercato ai Consu...I Mille volti della Nutrizione - Integratori alimentari: dal Mercato ai Consu...
I Mille volti della Nutrizione - Integratori alimentari: dal Mercato ai Consu...
 
myfruitmail speciale mele
myfruitmail speciale melemyfruitmail speciale mele
myfruitmail speciale mele
 
Consumi alimentari e relazioni di filiera: il contributo dei fornitori locali...
Consumi alimentari e relazioni di filiera: il contributo dei fornitori locali...Consumi alimentari e relazioni di filiera: il contributo dei fornitori locali...
Consumi alimentari e relazioni di filiera: il contributo dei fornitori locali...
 
I Mille volti della Nutrizione - Scenario attuale su nutrizione e benessere
I Mille volti della Nutrizione - Scenario attuale su nutrizione e benessereI Mille volti della Nutrizione - Scenario attuale su nutrizione e benessere
I Mille volti della Nutrizione - Scenario attuale su nutrizione e benessere
 
Valore, innovazione e ricerca nutrizionale
Valore, innovazione e ricerca nutrizionaleValore, innovazione e ricerca nutrizionale
Valore, innovazione e ricerca nutrizionale
 
Integratori Alimentari in Farmacia
Integratori Alimentari in Farmacia Integratori Alimentari in Farmacia
Integratori Alimentari in Farmacia
 

Destaque

Le fonti statistiche sull’agricoltura biologica: indagini strutturali e dati ...
Le fonti statistiche sull’agricoltura biologica: indagini strutturali e dati ...Le fonti statistiche sull’agricoltura biologica: indagini strutturali e dati ...
Le fonti statistiche sull’agricoltura biologica: indagini strutturali e dati ...Istituto nazionale di statistica
 
Agricoltura bio
Agricoltura bioAgricoltura bio
Agricoltura bioFormEduca
 
Tipologie e metodi di agricoltura
Tipologie e metodi di agricolturaTipologie e metodi di agricoltura
Tipologie e metodi di agricolturacm-amicamat
 
Agricoltura, ambiente, alimentazione e salute :filiere produttive e stili ali...
Agricoltura, ambiente, alimentazione e salute :filiere produttive e stili ali...Agricoltura, ambiente, alimentazione e salute :filiere produttive e stili ali...
Agricoltura, ambiente, alimentazione e salute :filiere produttive e stili ali...Gianna Ferretti
 
Presentation1 Bio Leve Nova
Presentation1 Bio Leve NovaPresentation1 Bio Leve Nova
Presentation1 Bio Leve NovaBioleve
 
Nomisma per SANA - Il consumi alimentari BIO di fronte alla crisi economica
Nomisma per SANA  - Il consumi alimentari BIO di fronte alla crisi economicaNomisma per SANA  - Il consumi alimentari BIO di fronte alla crisi economica
Nomisma per SANA - Il consumi alimentari BIO di fronte alla crisi economicasilviazeta
 
SANA 2014 - La Comunicazione Web del Biologico
SANA 2014 - La Comunicazione Web del BiologicoSANA 2014 - La Comunicazione Web del Biologico
SANA 2014 - La Comunicazione Web del BiologicoMentine
 
Il biologico tra mercato e sostenibilità - Convegno SANA 2012
Il biologico tra mercato e sostenibilità - Convegno SANA 2012Il biologico tra mercato e sostenibilità - Convegno SANA 2012
Il biologico tra mercato e sostenibilità - Convegno SANA 2012ccpbsrl
 
D. Fusco, P. Giordano, M. Greco, V. Moretti - Indice di Agricoltura Sostenib...
D. Fusco, P. Giordano, M. Greco, V. Moretti  - Indice di Agricoltura Sostenib...D. Fusco, P. Giordano, M. Greco, V. Moretti  - Indice di Agricoltura Sostenib...
D. Fusco, P. Giordano, M. Greco, V. Moretti - Indice di Agricoltura Sostenib...Istituto nazionale di statistica
 
Why not italy
Why not italyWhy not italy
Why not italyLinkiesta
 
SANA 2014: biodiversità e biologico nel Mediterraneo
SANA 2014: biodiversità e biologico nel MediterraneoSANA 2014: biodiversità e biologico nel Mediterraneo
SANA 2014: biodiversità e biologico nel Mediterraneoccpbsrl
 
Carlo Triarico - Proposta per un Piano Nazionale di istruzione e Formazione i...
Carlo Triarico - Proposta per un Piano Nazionale di istruzione e Formazione i...Carlo Triarico - Proposta per un Piano Nazionale di istruzione e Formazione i...
Carlo Triarico - Proposta per un Piano Nazionale di istruzione e Formazione i...APAB
 
ISBF14 e Deutsche Bank Italia - Social Media in Deutsche Bank Italia: la dime...
ISBF14 e Deutsche Bank Italia - Social Media in Deutsche Bank Italia: la dime...ISBF14 e Deutsche Bank Italia - Social Media in Deutsche Bank Italia: la dime...
ISBF14 e Deutsche Bank Italia - Social Media in Deutsche Bank Italia: la dime...Social Minds
 
Lina Al Bitar - L’esperienza pluriennale del master di agricoltura biologica...
Lina Al Bitar -  L’esperienza pluriennale del master di agricoltura biologica...Lina Al Bitar -  L’esperienza pluriennale del master di agricoltura biologica...
Lina Al Bitar - L’esperienza pluriennale del master di agricoltura biologica...APAB
 

Destaque (20)

Le fonti statistiche sull’agricoltura biologica: indagini strutturali e dati ...
Le fonti statistiche sull’agricoltura biologica: indagini strutturali e dati ...Le fonti statistiche sull’agricoltura biologica: indagini strutturali e dati ...
Le fonti statistiche sull’agricoltura biologica: indagini strutturali e dati ...
 
Agricoltura bio
Agricoltura bioAgricoltura bio
Agricoltura bio
 
Tipologie e metodi di agricoltura
Tipologie e metodi di agricolturaTipologie e metodi di agricoltura
Tipologie e metodi di agricoltura
 
Agricoltura, ambiente, alimentazione e salute :filiere produttive e stili ali...
Agricoltura, ambiente, alimentazione e salute :filiere produttive e stili ali...Agricoltura, ambiente, alimentazione e salute :filiere produttive e stili ali...
Agricoltura, ambiente, alimentazione e salute :filiere produttive e stili ali...
 
Il biologico
Il biologicoIl biologico
Il biologico
 
Cans.Cibo in scatola
Cans.Cibo in scatolaCans.Cibo in scatola
Cans.Cibo in scatola
 
Alcohol concern
Alcohol concernAlcohol concern
Alcohol concern
 
Presentation1 Bio Leve Nova
Presentation1 Bio Leve NovaPresentation1 Bio Leve Nova
Presentation1 Bio Leve Nova
 
Field Marketing Evoluto
Field Marketing EvolutoField Marketing Evoluto
Field Marketing Evoluto
 
Nomisma per SANA - Il consumi alimentari BIO di fronte alla crisi economica
Nomisma per SANA  - Il consumi alimentari BIO di fronte alla crisi economicaNomisma per SANA  - Il consumi alimentari BIO di fronte alla crisi economica
Nomisma per SANA - Il consumi alimentari BIO di fronte alla crisi economica
 
SANA 2014 - La Comunicazione Web del Biologico
SANA 2014 - La Comunicazione Web del BiologicoSANA 2014 - La Comunicazione Web del Biologico
SANA 2014 - La Comunicazione Web del Biologico
 
Il biologico tra mercato e sostenibilità - Convegno SANA 2012
Il biologico tra mercato e sostenibilità - Convegno SANA 2012Il biologico tra mercato e sostenibilità - Convegno SANA 2012
Il biologico tra mercato e sostenibilità - Convegno SANA 2012
 
D. Fusco, P. Giordano, M. Greco, V. Moretti - Indice di Agricoltura Sostenib...
D. Fusco, P. Giordano, M. Greco, V. Moretti  - Indice di Agricoltura Sostenib...D. Fusco, P. Giordano, M. Greco, V. Moretti  - Indice di Agricoltura Sostenib...
D. Fusco, P. Giordano, M. Greco, V. Moretti - Indice di Agricoltura Sostenib...
 
Why not italy
Why not italyWhy not italy
Why not italy
 
SANA 2014: biodiversità e biologico nel Mediterraneo
SANA 2014: biodiversità e biologico nel MediterraneoSANA 2014: biodiversità e biologico nel Mediterraneo
SANA 2014: biodiversità e biologico nel Mediterraneo
 
Carlo Triarico - Proposta per un Piano Nazionale di istruzione e Formazione i...
Carlo Triarico - Proposta per un Piano Nazionale di istruzione e Formazione i...Carlo Triarico - Proposta per un Piano Nazionale di istruzione e Formazione i...
Carlo Triarico - Proposta per un Piano Nazionale di istruzione e Formazione i...
 
Bella in Farmacia 2013
Bella in Farmacia 2013Bella in Farmacia 2013
Bella in Farmacia 2013
 
ISBF14 e Deutsche Bank Italia - Social Media in Deutsche Bank Italia: la dime...
ISBF14 e Deutsche Bank Italia - Social Media in Deutsche Bank Italia: la dime...ISBF14 e Deutsche Bank Italia - Social Media in Deutsche Bank Italia: la dime...
ISBF14 e Deutsche Bank Italia - Social Media in Deutsche Bank Italia: la dime...
 
Lina Al Bitar - L’esperienza pluriennale del master di agricoltura biologica...
Lina Al Bitar -  L’esperienza pluriennale del master di agricoltura biologica...Lina Al Bitar -  L’esperienza pluriennale del master di agricoltura biologica...
Lina Al Bitar - L’esperienza pluriennale del master di agricoltura biologica...
 
Gli allevamenti intensivi
Gli allevamenti intensiviGli allevamenti intensivi
Gli allevamenti intensivi
 

Semelhante a Il bio in cifre

Dbn magazine
Dbn magazineDbn magazine
Dbn magazineccpbsrl
 
L'Italia bio nel 2012
L'Italia bio nel 2012L'Italia bio nel 2012
L'Italia bio nel 2012Firab
 
Kb trendwatching 2015-10 numero-32
Kb trendwatching 2015-10 numero-32Kb trendwatching 2015-10 numero-32
Kb trendwatching 2015-10 numero-32KB Knowledge srl
 
Si stringe la cinghia ma non sulla sana alimentazione
Si stringe la cinghia ma non sulla sana alimentazioneSi stringe la cinghia ma non sulla sana alimentazione
Si stringe la cinghia ma non sulla sana alimentazioneFirab
 
Rapporto tra GDO e industria alimentare
Rapporto tra GDO e industria alimentareRapporto tra GDO e industria alimentare
Rapporto tra GDO e industria alimentareFree Your Talent
 
Newsletter Il Biologico settembre 2013
Newsletter Il Biologico settembre 2013Newsletter Il Biologico settembre 2013
Newsletter Il Biologico settembre 2013ccpbsrl
 
Article Muscolo Di Grano (6)
Article   Muscolo Di Grano (6)Article   Muscolo Di Grano (6)
Article Muscolo Di Grano (6)kramerrdhenileuf
 
Consorzio il Biologico 2019 settembre
Consorzio il Biologico 2019 settembreConsorzio il Biologico 2019 settembre
Consorzio il Biologico 2019 settembreccpbsrl
 
2018-12-02_risoitaliano.eu convegno riso
2018-12-02_risoitaliano.eu convegno riso2018-12-02_risoitaliano.eu convegno riso
2018-12-02_risoitaliano.eu convegno risoRiso Scotti S.p.a.
 
Corriereortofrutticolo.it - 10 Aprile
Corriereortofrutticolo.it - 10 AprileCorriereortofrutticolo.it - 10 Aprile
Corriereortofrutticolo.it - 10 Aprilefuturpera
 
Firab aiab biodomenica_13
Firab aiab biodomenica_13Firab aiab biodomenica_13
Firab aiab biodomenica_13Firab
 
Presentazione di Assobiotec - Bio Pharma Day Roma 2011
Presentazione di Assobiotec - Bio Pharma Day Roma 2011Presentazione di Assobiotec - Bio Pharma Day Roma 2011
Presentazione di Assobiotec - Bio Pharma Day Roma 2011Jobadvisor
 
Leadership e resilienza: un esempio dalle PMI italiane
Leadership e resilienza: un esempio dalle PMI italianeLeadership e resilienza: un esempio dalle PMI italiane
Leadership e resilienza: un esempio dalle PMI italianeAndrea Mennillo
 
Newsletter Il Biologico - febbraio 2015
Newsletter Il Biologico - febbraio 2015Newsletter Il Biologico - febbraio 2015
Newsletter Il Biologico - febbraio 2015ccpbsrl
 
Azienda agricola Fasoli Gino
Azienda agricola Fasoli GinoAzienda agricola Fasoli Gino
Azienda agricola Fasoli GinoFondazione CUOA
 
Terra e vita 8 2016 lo re
Terra e vita 8 2016 lo reTerra e vita 8 2016 lo re
Terra e vita 8 2016 lo reRoberto Pinton
 

Semelhante a Il bio in cifre (20)

Dbn magazine
Dbn magazineDbn magazine
Dbn magazine
 
L'Italia bio nel 2012
L'Italia bio nel 2012L'Italia bio nel 2012
L'Italia bio nel 2012
 
Bio
BioBio
Bio
 
Kb trendwatching 2015-10 numero-32
Kb trendwatching 2015-10 numero-32Kb trendwatching 2015-10 numero-32
Kb trendwatching 2015-10 numero-32
 
Si stringe la cinghia ma non sulla sana alimentazione
Si stringe la cinghia ma non sulla sana alimentazioneSi stringe la cinghia ma non sulla sana alimentazione
Si stringe la cinghia ma non sulla sana alimentazione
 
Rapporto tra GDO e industria alimentare
Rapporto tra GDO e industria alimentareRapporto tra GDO e industria alimentare
Rapporto tra GDO e industria alimentare
 
Newsletter Il Biologico settembre 2013
Newsletter Il Biologico settembre 2013Newsletter Il Biologico settembre 2013
Newsletter Il Biologico settembre 2013
 
Article Muscolo Di Grano (6)
Article   Muscolo Di Grano (6)Article   Muscolo Di Grano (6)
Article Muscolo Di Grano (6)
 
Consorzio il Biologico 2019 settembre
Consorzio il Biologico 2019 settembreConsorzio il Biologico 2019 settembre
Consorzio il Biologico 2019 settembre
 
2018-12-02_risoitaliano.eu convegno riso
2018-12-02_risoitaliano.eu convegno riso2018-12-02_risoitaliano.eu convegno riso
2018-12-02_risoitaliano.eu convegno riso
 
Intervista federbio
Intervista federbioIntervista federbio
Intervista federbio
 
Made in agroqualita
Made in agroqualitaMade in agroqualita
Made in agroqualita
 
Corriereortofrutticolo.it - 10 Aprile
Corriereortofrutticolo.it - 10 AprileCorriereortofrutticolo.it - 10 Aprile
Corriereortofrutticolo.it - 10 Aprile
 
Firab aiab biodomenica_13
Firab aiab biodomenica_13Firab aiab biodomenica_13
Firab aiab biodomenica_13
 
Presentazione di Assobiotec - Bio Pharma Day Roma 2011
Presentazione di Assobiotec - Bio Pharma Day Roma 2011Presentazione di Assobiotec - Bio Pharma Day Roma 2011
Presentazione di Assobiotec - Bio Pharma Day Roma 2011
 
Leadership e resilienza: un esempio dalle PMI italiane
Leadership e resilienza: un esempio dalle PMI italianeLeadership e resilienza: un esempio dalle PMI italiane
Leadership e resilienza: un esempio dalle PMI italiane
 
PROJECT WORK
PROJECT WORKPROJECT WORK
PROJECT WORK
 
Newsletter Il Biologico - febbraio 2015
Newsletter Il Biologico - febbraio 2015Newsletter Il Biologico - febbraio 2015
Newsletter Il Biologico - febbraio 2015
 
Azienda agricola Fasoli Gino
Azienda agricola Fasoli GinoAzienda agricola Fasoli Gino
Azienda agricola Fasoli Gino
 
Terra e vita 8 2016 lo re
Terra e vita 8 2016 lo reTerra e vita 8 2016 lo re
Terra e vita 8 2016 lo re
 

Mais de Firab

Conferenze su Agroecologia nel quadro in un'agenda trasformativa su cibo e ag...
Conferenze su Agroecologia nel quadro in un'agenda trasformativa su cibo e ag...Conferenze su Agroecologia nel quadro in un'agenda trasformativa su cibo e ag...
Conferenze su Agroecologia nel quadro in un'agenda trasformativa su cibo e ag...Firab
 
Workshop Internazionale sulla Democratizzazione della Ricerca Agricola. Fores...
Workshop Internazionale sulla Democratizzazione della Ricerca Agricola. Fores...Workshop Internazionale sulla Democratizzazione della Ricerca Agricola. Fores...
Workshop Internazionale sulla Democratizzazione della Ricerca Agricola. Fores...Firab
 
Contributo aiab firab su horizon 2020
Contributo aiab firab su horizon 2020Contributo aiab firab su horizon 2020
Contributo aiab firab su horizon 2020Firab
 
INDAGINE SUI CENTRI SPERIMENTALI E DI TRASFERIMENTO DELL’INNOVAZIONE IN AGRIC...
INDAGINE SUI CENTRI SPERIMENTALI E DI TRASFERIMENTO DELL’INNOVAZIONE IN AGRIC...INDAGINE SUI CENTRI SPERIMENTALI E DI TRASFERIMENTO DELL’INNOVAZIONE IN AGRIC...
INDAGINE SUI CENTRI SPERIMENTALI E DI TRASFERIMENTO DELL’INNOVAZIONE IN AGRIC...Firab
 
Invito conferenza cgil firab e legambiente 2 marzo 2012
Invito conferenza cgil firab e legambiente 2 marzo 2012Invito conferenza cgil firab e legambiente 2 marzo 2012
Invito conferenza cgil firab e legambiente 2 marzo 2012Firab
 
Lettera a istat su censimento agricolo e bio
Lettera a istat su censimento agricolo e bioLettera a istat su censimento agricolo e bio
Lettera a istat su censimento agricolo e bioFirab
 
EFSA: 10 anni discutibili
EFSA: 10 anni discutibiliEFSA: 10 anni discutibili
EFSA: 10 anni discutibiliFirab
 
Workshop Internazionale di St. Ulrich sulla Democratizzazione della Ricerca A...
Workshop Internazionale di St. Ulrich sulla Democratizzazione della Ricerca A...Workshop Internazionale di St. Ulrich sulla Democratizzazione della Ricerca A...
Workshop Internazionale di St. Ulrich sulla Democratizzazione della Ricerca A...Firab
 
Bio in cifre 2011
Bio in cifre 2011Bio in cifre 2011
Bio in cifre 2011Firab
 

Mais de Firab (9)

Conferenze su Agroecologia nel quadro in un'agenda trasformativa su cibo e ag...
Conferenze su Agroecologia nel quadro in un'agenda trasformativa su cibo e ag...Conferenze su Agroecologia nel quadro in un'agenda trasformativa su cibo e ag...
Conferenze su Agroecologia nel quadro in un'agenda trasformativa su cibo e ag...
 
Workshop Internazionale sulla Democratizzazione della Ricerca Agricola. Fores...
Workshop Internazionale sulla Democratizzazione della Ricerca Agricola. Fores...Workshop Internazionale sulla Democratizzazione della Ricerca Agricola. Fores...
Workshop Internazionale sulla Democratizzazione della Ricerca Agricola. Fores...
 
Contributo aiab firab su horizon 2020
Contributo aiab firab su horizon 2020Contributo aiab firab su horizon 2020
Contributo aiab firab su horizon 2020
 
INDAGINE SUI CENTRI SPERIMENTALI E DI TRASFERIMENTO DELL’INNOVAZIONE IN AGRIC...
INDAGINE SUI CENTRI SPERIMENTALI E DI TRASFERIMENTO DELL’INNOVAZIONE IN AGRIC...INDAGINE SUI CENTRI SPERIMENTALI E DI TRASFERIMENTO DELL’INNOVAZIONE IN AGRIC...
INDAGINE SUI CENTRI SPERIMENTALI E DI TRASFERIMENTO DELL’INNOVAZIONE IN AGRIC...
 
Invito conferenza cgil firab e legambiente 2 marzo 2012
Invito conferenza cgil firab e legambiente 2 marzo 2012Invito conferenza cgil firab e legambiente 2 marzo 2012
Invito conferenza cgil firab e legambiente 2 marzo 2012
 
Lettera a istat su censimento agricolo e bio
Lettera a istat su censimento agricolo e bioLettera a istat su censimento agricolo e bio
Lettera a istat su censimento agricolo e bio
 
EFSA: 10 anni discutibili
EFSA: 10 anni discutibiliEFSA: 10 anni discutibili
EFSA: 10 anni discutibili
 
Workshop Internazionale di St. Ulrich sulla Democratizzazione della Ricerca A...
Workshop Internazionale di St. Ulrich sulla Democratizzazione della Ricerca A...Workshop Internazionale di St. Ulrich sulla Democratizzazione della Ricerca A...
Workshop Internazionale di St. Ulrich sulla Democratizzazione della Ricerca A...
 
Bio in cifre 2011
Bio in cifre 2011Bio in cifre 2011
Bio in cifre 2011
 

Il bio in cifre

  • 1. La FIRAB – Fondazione Italiana per la Ricerca in Agricoltura Biologica / www.Firab.it - è ancora oggi l'unico esempio in Italia di soggetto di ricerca interamente dedicato alla ricerca in agricoltura biologica e biodinamica. I quattro soci fondatori sono: AIAB, Associazione Italiana Agricoltura Biologica, l'Associazione per l’Agricoltura Biodinamica, la Legambiente e la UILA, sindacato agroalimentare della UIL. Nella sua base associativa, inoltre, conta i più importanti soggetti imprenditoriali del movimento biologicoe biodinamico. FIRAB è attiva con diverse attività di ricerca ed è punto di riferimento per quanto riguarda la ricerca del privatosociale nel settore del biologico e del biodinamico. FIRAB 2012 Il BIO in cifre (dati 2011 e 1° semestre 2012)
  • 2. 2 IL BIO IN CIFRE (DATI 2011 E 1° SEMESTRE 2012) 1. Introduzione................................................................................................................................... 3 2. Il bio in Europa e nel mondo ............................................................................................................ 5 2.1 La produzione mondiale bio..................................................................................................... 5 2.2 Il mercato mondiale bio ........................................................................................................... 9 3. Il bio in Italia................................................................................................................................. 10 3.1 La Produzione bio in Italia...................................................................................................... 11 4. La domanda.................................................................................................................................. 20 4.1 La domanda estera di prodotti biologici Made in Italy.............................................................. 21 4.2.1 Indagine sulle esportazioni di prodotti biologici nei mercati comunitari.................................... 22 4.2 Inquadramento della domanda interna................................................................................... 29 5. La domanda nei canali di vendita in Italia........................................................................................ 30 5.1 Vendite Bio in alcuni canali distributivi (GDO, Negozi Specializzati e altri canali) ........................ 31 4.1.2 Grande Distribuzione............................................................................................................. 31 4.1.2 Negozi specializzati ............................................................................................................... 32 5.2 Vendite Bio in canali distributivi alternativi.............................................................................. 32 4.2.1 Gruppi d’acquisto.................................................................................................................. 33 4.2.2 Siti e-commerce.................................................................................................................... 34 4.2.3 HoReCa ................................................................................................................................ 34 4.2.4 Mercatini.............................................................................................................................. 37 4.2.5 Aziende con spaccio aziendale............................................................................................... 37 5.3 Indagine sulla vendita diretta di prodotti biologici ................................................................... 38 Il Report è stato chiuso a settembre 2012
  • 3. 3 1. INTRODUZIONE Il biologico, negli ultimi anni, ha conquistato uno spazio sempre più importante, sia sul mercato interno nazionale che sui mercati internazionali, contribuendo ad accrescere il valore a livello mondiale del marchio Made in Italy. Nel bio, l’Italia riveste un ruolo di primaria importanza: con oltre 48mila operatori impegnati nella produzione biologica per oltre un milione di ettari di terreno, il mercato del biologico italiano vale oltre 3 miliardi di euro, facendo dell’Italia una delle protagoniste del settore a livello mondiale ed in particolare a livello europeo (si colloca al quarto posto, dopo Germania, Francia e Regno Unito). Peraltro, in un momento in cui la crisi economica e il diminuito potere d'acquisto da parte dei consumatori ha prodotto un calo dei consumi alimentari convenzionali (-2 %), nel 2011, il biologico continua a crescere, mettendo a segno una crescita dell’8,9 % a livello tendenziale per i consumi domestici, secondo quanto rilevato dall’Ismea/GFK-Eurisko. Probabilmente tra i fattori chiave del successo, c’è il richiamo ai valori di naturalità e salubrità insiti nel biologico che ben si sposano con la crescente sensibilità del consumatore verso i temi di tutela della salute e dell’ambiente. I consumatori bio si nutrono in modo più sostenibile e rispettoso delle risorse e ciò sta ormai avvalorando l’idea, tra gli esperti, che una gestione economica eco-sostenibile e una cultura del consumo, volta ad una gestione equilibrata delle risorse, che usi alimenti prodotti in modo biologico, potrebbe essere la strada giusta da intraprendere per supportare l'alimentazione mondiale. Sembra, infatti, sempre più prendere piede l’idea, una volta ad appannaggio di pochi idealisti, che la cultura sostenibile del biologico può diventare una soluzione nutrizionale al problema della fame mondiale. Peraltro, mentre la crisi economica nel nostro Paese ha portato a un’evidente riduzione dei consumi generali, alimentari inclusi, i prodotti biologici sembrano essere, al contrario, sempre più richiesti. Tutto ciò sembra delineare un comparto che, da produzione di nicchia, sta sempre più occupando spazi rilevanti in ambito produttivo e fasce sempre più ampie del mercato agroalimentare, in particolare di quello biologico europeo: l’Italia è tra i principali Paesi esportatori di prodotti bio, con vendite stimate di circa 1 miliardo di euro. Il settore sconta, però, delle enormi potenzialità che sono ancora inespresse: considerando che la domanda nazionale pro-capite, con acquisti medi annui di circa 25 euro a persona, indica una penetrazione ancora troppo bassa, sul fronte del mercato interno, per i prodotti biologici, soprattutto se confrontata con 153 euro/anno della Svizzera e con 142 euro/anno della Danimarca. Si pensi che la Germania, principale mercato europeo per i prodotti biologici, presenta una spesa pro-capite di prodotti biologici di 74 euro/anno, sulla base degli ultimi dati pubblicati dalla Fibl/IFOAM, “The World of Organic Agriculture: Statistics and Emerging Trends 2012 e che anche Austria, Svezia, Francia, Paesi Bassi e Belgio hanno una spesa pro-capite di prodotti biologici
  • 4. 4 più alta dell’Italia, nonostante il nostro Paese rivesta un ruolo di primo piano nel mercato bio mondiale. Da queste cifre si evidenzia come l’agricoltura biologica in Italia, pur rivestendo un ruolo di primaria importanza, sia nel quadro agricolo nazionale che per il giro d’affari del comparto, con forti incrementi nelle vendite nella grande distribuzione e nel commercio specializzato, con il rafforzarsi sempre di più di canali di vendita alternativi, dalla vendita diretta a quella on line, registrando in crescita anche la ristorazione bio e le mense scolastiche che usano almeno in parte prodotti biologici, presenta però una base di consumo nazionale ancora ristretta, derivante anche da uno scarso livello informativo sia dei consumatori che di altri operatori della filiera. Peraltro, a fronte di tale successo, il settore sembra scontare l’interesse di alcuni speculatori malintenzionati, come si è visto nella truffa legata a false certificazioni e fatturazioni di inizio dicembre 2011, emersa con l’inchiesta della Guardia di Finanza di Verona, denominata ‘Gatto con gli stivali’, speculatori che hanno visto, nella crescente domanda e nel prezzo maggiore al quale i prodotti biologici sono venduti rispetto ai prodotti da agricoltura convenzionale, prospettive di facili guadagni. E questo tipo di situazioni non possono che portare una serie di criticità e problematiche alle prospettive di mercato, in particolare nei mercati esteri, dove l’attenzione dei consumatori e dei mezzi di informazione è molto alta, con il rischio di erodere, nel lungo periodo, il primato del nostro Paese. Ma ancora di più, non sono da sottovalutare le ripercussioni sul mercato interno in termini di credibilità e reputazione del bio italiano, in una situazione in cui, a fronte della crisi, il consumatore italiano, pur attuando delle strategie di riduzione del consumo, in generale su diversi livelli, sembra operare delle scelte in modo consapevole e esperienziale, concedendosi di “comprare bene” e scegliere sulla base della qualità e della sostenibilità. I dati ci confermano tale atteggiamento, con una crescita a livello congiunturale dei consumi domestici di prodotti confezionati e di ortofrutta sfusa, in tutta Italia ed in quasi tutti i canali distributivi, e una dinamica strutturale che sta vedendo la crescita degli operatori della trasformazione ed il rafforzamento delle aziende che trasformano nella propria azienda ciò che coltivano. Quindi situazioni in cui potrebbe essere incrinata l’immagine di reputazione e credibilità del biologico italiano, sia all’estero, in particolare in Germania, principale mercato di sbocco per i nostri prodotti biologici, sia a livello nazionale, non possono che amareggiare gli operatori del biologico, soprattutto quelle aziende oneste, sane e capaci che si impegnano seriamente per metterlo in pratica. Sembra ormai evidente che, per dare forza e fiducia agli operatori del settore, è necessario operare delle azioni di sensibilizzazione e informazione, divulgazione e comunicazione sul biologico per far conoscere meglio ai consumatori le caratteristiche dei prodotti, quali quelle di sicurezza, valore nutritivo, basso impatto ambientale, maggiormente calati verso la sostenibilità a diversi livelli. Non sono pochi gli esempi di operatori che lavorano con responsabilità e rispetto delle regole e che si siano visti riconoscere i loro sforzi e i loro impegni verso la qualità dei prodotti, genuinamente biologici, con una filiera bio garantita al 100% italiana, controllata e fortemente responsabilizzata, ampliando il loro portafoglio clienti e consolidando una fidelizzazione ulteriore di quelli già in essere.
  • 5. 5 È importante che i consumatori siano informati su come l’agricoltura biologica contribuisca alla protezione delle nostre risorse naturali, alla biodiversità e al benessere degli animali e su come essa favorisca lo sviluppo delle aree rurali e, soprattutto, sia una risposta al bisogno umano di “relazione”, di fare scelte di acquisto con maggiore capacità critica, più consapevoli, individuando quale cardine per lo sviluppo, la sostenibilità sociale, culturale, economica e ambientale. Ma la creazione di un clima di reciproca fiducia che permetta relazioni di scambio di mercato consolidate e continue, si può realizzare solo in condizioni in cui rivesta una particolare importanza la completezza e la simmetria informativa. Le azioni di sensibilizzazione, promozione e di informazione sul biologico dovrebbero interessare ogni tipo di consumatore, ma anche gli attori più a valle della filiera, quali dettaglianti, la ristorazione, e altri stakeholder interessati al fine di comprendere che “comprare bene”, significa diventare un gestore equilibrato delle risorse. Ciò significa veicolare il valore intrinseco ed estrinseco, di cui i prodotti biologici sono portatori; ma, soprattutto, ciò significa che è importante veicolare il messaggio che, attraverso una agricoltura biologica, si ha anche una forte valenza etica, sociale e ambientale ma anche una forte connotazione esperenziale, consapevole, relazionale e valoriale dei consumi di prodotti biologici che fa della qualità, tra i primi criteri di selezione da parte dei consumatori. Le azioni di promozione e informazione potrebbero rendere più “accessibile” il prodotto bio a tutti andando a erodere quella barriera culturale e di prezzo che probabilmente è ancora troppo sentita in Italia, tanto da far avere una posizione di secondo piano al consumatore italiano di prodotti biologici rispetto a quello d’Oltralpe. Per tale motivo, le azioni di informazione dovrebbero interessate non solo il consumatore finale ma anche il consumatore intermedio biologico, ad esempio quello della ristorazione, che dovrebbe, attraverso queste, avere maggiore consapevolezza del proprio ruolo di “promotore”, possedendo buone capacità di comunicazione nel sapersi relazionare con la clientela, seppure mantenendo sempre alta la propria capacità manageriale, cogliendo il vantaggio competitivo che può nascere dalla capacità di comunicare efficacemente con il mercato, e dall’altro, di saper cogliere le informazioni che da esso provengono. I segnali positivi ci sono: sul fronte interno, good news sia nell’aumento delle famiglie acquirenti, sia nell’aumento della penetrazione, con indicazioni di scelta per un maggiore assortimento di prodotti bio, e sul fronte estero, nell’aumentata richiesta sui mercati internazionali di prodotti biologici Made in Italy; tutto ciò concorre a che indicare che il consumatore ha chiara la direzione da prendere in termini di consumi e che le azioni di informazione e di comunicazione devono saper veicolare tale orientamento a “comprare biologico”. 2. IL BIO IN EUROPA E NEL MONDO 2.1 La produzione mondiale bio Nel mondo, oltre 37 milioni di ettari risultano coltivati con metodo biologico e rappresentano circa lo 0,9% delle superfici agricole complessive mondiali nel 2010, sulla base dei più recenti dati
  • 6. 6 pubblicati da Fibl/Ifoam1 ; l’Europa con 10 milioni di ettari detiene il 27% della superficie agricola utilizzata (SAU) bio a livello globale (figura 1 e 2). Figura 1: Superfici coltivate a bio nei diversi continenti nel 2010 (in milioni di ettari). Oceania Europa AmericaLatina Asia NordAmerica Africa 12,1 10,0 8,4 2,8 2,7 1,1 Milioni di ettari Fonte: Fibl/IFOAM, “The World of Organic Agriculture: Statistics and Emerging Trends 2012” Dopo una continua crescita che si protrae da cinque anni, nel 2010 l’estensione dei terreni bio a livello mondiale si è mantenuta agli stessi livelli del 2009, sulla base degli ultimi dati disponibili. Ciò è il risultato di due andamenti contrastanti: al calo registrato nei paesi asiatici e americani si è contrapposto l’incremento delle superfici destinate alla coltivazione biologica nei paesi europei, in particolare di quelle francesi (+168 mila ettari), polacche (+155 mila ha) e spagnole (+126 mila ha). Nel complesso, l’Europa ha aumentato di 0,8 milioni di ettari (con una variazione positiva del 9%) la quota di terreno agricolo bio. 1 Willer, Helga and Kilcher, Lukas (Eds.) (2012) The World of Organic Agriculture - Statistics and Emerging Trends 2012. Research Institute of Organic Agriculture (FiBL), Frick, and International Federation of Organic Agriculture Movements (IFOAM), Bonn.
  • 7. 7 Figura 2: distribuzione percentuale delle superfici coltivate a bio per continenti nel 2010 (in milioni di ettari). Oceania 33% Europa 27% AmericaLatina 23% Asia 7% Nord America 7% Africa 3% Fonte: Fibl/Ifoam, “The World of Organic Agriculture: Statistics and Emerging Trends 2012” I ¾ della superficie mondiale biologica sono detenuti da dieci Paesi: Australia, Argentina, Stati uniti, Brasile, Spagna, Cina, Italia, Germania, Uruguay e Francia destinano circa 27 milioni di ettari all’agricoltura biologica (dati Fibl/Ifoam). Le aziende biologiche risultano essere circa 1,6 milioni nel 2010, in calo dell’11% rispetto al 2009, a fronte di una forte contrazione del numero di operatori bio indiani. L’India è leader indiscussa per numero di produttori bio con oltre 400 mila unità; l’Uganda con meno di 200 mila produttori, Messico ed Etiopia al di sotto dei 130 mila; a seguire Tanzania, Perù, Turchia, Italia e Spagna, in ordine decrescente. I più recenti dati Fibl/IFOAM registrano complessivamente in Europa 280 mila produttori bio nel 2010, cresciuti dell’8% rispetto al 2009. L’Italia primeggia tra i Paesi dell’UE a 27. Il 64% delle superfici agricole coltivate a biologico a livello mondiale sono costituite da prati e pascoli permanenti, come riportato in figura 3; i seminativi rappresentano il 17% del totale dei terreni agricoli biologici e coprono una superficie di circa 6,1 milioni di ettari, registrando un +6% rispetto al 2009. Una pari quota di crescita ha interessato anche le colture permanenti che hanno raggiunto i 2,7 milioni di ettari alla fine del 2010. Dominano, tra i seminativi, le superfici coltivate a cereali biologici ed è l’Europa che detiene i 3/4 dei terreni seminativi, circa 4,1 milioni di ettari, seguita dal Nord America e dall’America Latina.
  • 8. 8 Sulla base degli ultimi dati pubblicati da FIBL/IFOAM, l’Italia occupa una posizione di assoluto rilievo a livello mondiale, quale produttore di cereali biologici, collocandosi al terzo posto nella graduatoria mondiale dei Paesi produttori (figura 4). Figura 3: Uso della Superficie Utilizzata Biologica (SAU) a livello mondiale (dati relativi alla fine del 2010, %) Pascolo permanente 64% Seminativi 17% Aree coltivate con colture permanenti + seminativi 11% Colture permanenti 7% Altre aree agricole 1% Fonte: Elaborazioni Firab su dati Fibl/Ifoam, “The World of Organic Agriculture: Statistics and Emerging Trends 2012” Figura 4: I primi 15 Paesi produttori di cereali bio (2010) 27.370 31.337 35.190 47.496 57.418 61.200 76.468 95.569 102.274 125.899 133.465 166.082 194.974 207.191 367.420 Argentina Finlandia Grecia Kazakhstan Regno Unito Brasile Svezia Austria Polonia Francia Ucraina Spagna Italia Canada Stati Uniti Fonte: elaborazioni Aiab/Firab su dati Fibl/Ifoam
  • 9. 9 2.2 Il mercato mondiale bio Continua a crescere il mercato mondiale di prodotti biologici, che nel 2010 ha oltrepassato i 59 miliardi di dollari, circa 44,5 miliardi di euro, in crescita del 7,7% rispetto al 2009, secondo quanto riportato da Fibl/IFOAM, nell’ultimo rapporto “The World of Organic Agriculture: Statistics and Emerging Trends 2012”. E nonostante la crisi economico finanziaria abbia fortemente contratto sia i volumi del commercio internazionale che il potere d’acquisto dei consumatori, il bio sembra, non solo mantenere quote di mercato, ma anzi evidenziare una inarrestabile crescita. Le previsioni sono, peraltro, molto buone, con l’attesa di tassi di crescita elevati a fronte della ripresa dei consumi nei Paesi già usciti dalla fase di crisi economica. L'Europa è il secondo mercato bio del mondo dopo gli USA; statunitensi ed europei ricoprono oltre il 95% della spesa bio mondiale. Gli acquisti domestici di prodotti alimentari bio negli Stati Uniti, pari a circa 20,2 miliardi di euro, rappresentano, nel 2010, il 45% degli acquisti domestici complessivi mondiali, secondo Organic Monitor; segue la Germania, Paese leader europeo, con 6 miliardi e Francia con 3,4 milioni di euro, come evidenziato nella figura 5. Nel complesso, il mercato del bio in Europa vale circa 19,6 miliardi di euro nel 2010, in crescita del 7,7% rispetto al 2009, nonostante la crisi economico-finanziaria. Figura 5: Distribuzione percentuale degli acquisti domestici di prodotti bio per Paese nel 2010 (%) Stati Uniti 45% Germania 14% Francia 8% Regno Unito 4% Canada 4% Italia 3% Svizzera 3% Altri 19% Fonte: Elaborazioni Firab su dati Fibl/Ifoam, “The World of Organic Agriculture: Statistics and Emerging Trends 2012” È la Svizzera a presentare la maggior spesa pro-capite di prodotti biologici, con 153 euro/anno, sulla base degli ultimi dati pubblicati dalla Fibl/IFOAM, “The World of Organic Agriculture: Statistics and Emerging Trends 2012”. Segue la Danimarca con 142 euro/anno e il Lussemburgo con 127 euro/anno.
  • 10. 10 Anche Austria, Svezia, Germania, Francia, Paesi Bassi e Belgio sono tra i primi Paesi Ue che hanno la più alta spesa pro-capite di prodotti biologici, mentre l’Italia, nonostante stia registrando un trend favorevole per le vendite dei prodotti biologici, dal punto di vista della spesa pro-capite, è fuori dalla graduatoria delle top ten mondiali ed europee, con acquisti di circa 25 euro/anno per persona. Figura 6 – La spesa procapite in Europa 0 20 40 60 80 100 120 140 160 Francia Canada StatiUniti Germania Svezia Liechtenstein Austria Lussemburgo Danimarca Svizzera 52 57 65 74 86 100 118 127 142 153 Consumo pro capite €/anno Fonte: Fibl/Ifoam, “The World of Organic Agriculture: Statistics and Emerging Trends 2012” (dati relativi alla fine del 2010) 3. IL BIO IN ITALIA In questo scenario, sia europeo sia mondiale, l’Italia riveste un ruolo di primaria importanza: con oltre 48mila operatori impegnati nella produzione biologica per oltre un milione di ettari di terreno, il mercato del biologico italiano vale circa 3 miliardi di euro, facendo dell’Italia una delle protagoniste del settore a livello mondiale (al sesto posto nella graduatoria mondiale per quanto riguarda le vendite in valore) ed in particolare a livello europeo (si colloca al quarto posto, dopo Germania, Francia e Regno Unito). Un settore quindi che presenta numeri strutturali di un certo rilievo, anche se nel 2011 (ma anche negli anni precedenti) presenta delle oscillazioni di aziende e superfici (per il 2011, in crescita le prime ed in calo le seconde), forse anche da attribuire all’andamento dei contributi comunitari legati al settore. Peraltro, in un momento in cui la crisi economica e il diminuito potere d'acquisto da parte dei consumatori ha prodotto un calo dei consumi alimentari convenzionali, nel 2011 il biologico continua a crescere, mettendo a segno una crescita dell’8,9 % a livello tendenziale per i consumi domestici, secondo quanto rilevato dall’Ismea/GFK-Eurisko.
  • 11. 11 Il settore sconta, però, delle enormi potenzialità che sono ancora inespresse: considerando che la domanda nazionale pro-capite, con acquisti medi annui di circa 25 euro a persona, indica una penetrazione ancora troppo bassa, sul fronte del mercato interno, per i prodotti biologici, soprattutto se confrontata con la Germania, principale mercato europeo per i prodotti biologici, con una spesa pro-capite di prodotti biologici di 74 euro/anno, sulla base dei dati pubblicati dalla Fibl/IFOAM. Il dato, poi, dovrebbe far riflettere se confrontato con i 153 euro/anno della Svizzera e i 142 euro/anno della Danimarca di spesa pro-capite di prodotti biologici. Le potenzialità ci sono ed i fattori chiave del successo, come il richiamo ai valori di naturalità e salubrità insiti nel biologico che ben si sposano con la crescente sensibilità del consumatore verso i temi di tutela della salute e dell’ambiente, andrebbero curati maggiormente e veicolati con attenti piani di comunicazione. 3.1La Produzione bio in Italia In Italia, al 1° gennaio 2012 si contano 48.269 operatori del settore cresciuti dell’1,3% rispetto al 2010 (tabella 1). Nel dettaglio, si registrano 37.905 produttori esclusivi, 6.165 preparatori (comprese le aziende che effettuano attività di vendita al dettaglio), 3.906 che effettuano sia attività di produzione che di trasformazione, 63 importatori esclusivi, 230 importatori che effettuano anche attività di produzione o trasformazione, sulla base dei dati Sinab. A fronte del calo di 774 aziende agricole (-2% rispetto al 2010), sono aumentate 573 aziende di trasformazione (+10%) e ben 778 aziende che affiancano alla produzione primaria anche attività di trasformazione (+25%). Si registra inoltre una crescita degli importatori del 43% e di più scarsa entità quella dei produttori agricoli con annessa attività di trasformazione e d’importazione (figura 7). Tabella 1: Operatori del settore biologico nel 2011 Produttori esclusivi Preparatori esclusivi Importatori esclusivi Produttori /Preparatori Prod / Prep / Imp Operatori Bio al 31/12/2011 Var. % 2011/10 Peso % 2011 SICILIA 6.636 526 2 295 10 7.469 -10,1 15,5 CALABRIA 6.471 214 1 425 4 7.115 5,4 14,7 PUGLIA 4.166 464 6 441 4 5.081 -4,5 10,5 EMILIA R. 2.465 816 10 266 45 3.602 1,8 7,5 TOSCANA 2.278 499 10 728 21 3.536 8,7 7,3 LAZIO 2.461 366 1 168 5 3.001 1,1 6,2 SARDEGNA 2.124 72 2 71 3 2.272 14,5 4,7 MARCHE 1.758 228 0 133 8 2.127 1,4 4,4 PIEMONTE 1.323 396 3 231 24 1.977 1,6 4,1 CAMPANIA 1.475 288 0 128 5 1.896 8,3 3,9 VENETO 932 640 12 194 33 1.811 8,8 3,8 ABRUZZO 1.263 200 3 143 3 1.612 2,0 3,3 LOMBARDIA 700 642 4 126 34 1.506 11,3 3,1 TRENTINO 1009 294 4 145 7 1.459 7,0 3,0 BASILICATA 1.178 98 1 71 0 1.348 -3,9 2,8 UMBRIA 942 145 2 223 6 1.318 -0,2 2,7 FRIULI V.G. 268 119 0 40 5 432 10,8 0,9 LIGURIA 210 111 1 56 11 389 -1,8 0,8 MOLISE 177 36 1 16 2 232 20,8 0,5 V. AOSTA 69 11 0 6 0 86 6,2 0,2 TOTALE 37.905 6.165 63 3.906 230 48.269 1,3 100,0 Fonte: Elaborazioni Firab su dati Sinab
  • 12. 12 Tale andamento denota un settore che sembra essere maggiormente orientato al mercato, con un aumento della consistenza dei trasformatori (figura 1). Figura 7 – Numero di operatori bio, nel 2010 e 2011. 38.679 5.592 44 3.128 220 37.905 6.165 63 3.906 230 Produttori esclusivi Preparatori esclusivi Importatori esclusivi Produttori /Preparatori Prod / Prep / Imp N° operatori bio 2010 2011 Fonte: Elaborazioni Firab su dati Sinab Domina la Sicilia e le regioni del Sud Italia come numero di operatori, prevalentemente produttori agricoli, mentre l’Emilia Romagna conta un rilevante numero di aziende di trasformazione. Dagli anni ’90 si è registrata una crescita continua, pur con andamenti oscillanti nell’ultimo decennio, sia in termini di aziende sia in termini di superficie destinata alla coltivazione di prodotti biologici (figure 8 e 9). Nel 2001 si è raggiunto il picco massimo con 60.509 aziende biologiche e 1.238 migliaia di ettari di superficie coltivata. Il calo dei tre anni successivi, sia del numero di aziende impegnato nella produzione sia della superficie utilizzata, ha avuto uno stop nel 2005, quando è stata rilevata di nuovo una crescita con i produttori che hanno quasi sfiorato le 50 mila unità e la SAU di nuovo sopra il milione di ettari. La riapertura dei bandi dei Piani di Sviluppo Rurale PSR che si è avuta molte Regioni ha sicuramente influenzato la crescita del settore in termini di numero di operatori e di superfici destinate al bio. Il trend positivo è poi proseguito nel 2006, oltrepassando le 51 mila aziende bio e quasi toccando i 1,15 milioni di ettari di terreni coltivati in modo biologico, facendo collocare l’Italia ai primissimi posti nella graduatoria europea sia per superfici che per numero di produttori bio. Nei quattro anni successivi, si sono registrati progressivi cali per il numero di aziende, fino all’inversione di tendenza registrata recentemente, nel 2011, in cui le aziende hanno oltrepassato le 48,2 mila unità. L’estensioni dei terreni hanno invece avuto un andamento altalenante: lievissima crescita nel 2007, calo nel 2008 fino a portarsi a 1 milione di ettari, crescita ancora nel biennio successivo, e poi un lievissimo assestamento fino a sfiorare 1,1 milioni nel 2011.
  • 13. 13 Figura 8 – Numero di operatori bio, dal 1990 al 2011 0 10.000 20.000 30.000 40.000 50.000 60.000 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 Fonte: Elaborazioni Firab su fonti diverse Figura 9 – SAU bio in migliaia di ettari, dal 1990 al 2011 0 200 400 600 800 1.000 1.200 1.400 1990 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 Fonte: Elaborazioni Firab su fonti diverse Dal punto di vista produttivo l’Italia ha la leadership in Europa per numero di operatori nel biologico (figura 10).
  • 14. 14 Figura 10: Distribuzione degli operatori bio tra Italia, Germania, Francia e Spagna (2010) Spagna 20% Italia 34% Germania 24% Francia 22% Fonte: elaborazioni Firab su fonti diverse Nel 2011 si conferma la leadership del Sud per quanto riguarda la produzione primaria, con Sicilia, Calabria e Puglia, tra le regioni con maggiore presenza di aziende agricole biologiche, che rappresentano circa il 40% del totale dei produttori agricoli bio (tabella 2). Mentre per il numero di aziende di trasformazione impegnate nel settore la leadership spetta all'Emilia Romagna; in ogni caso, oltre un terzo delle aziende di trasformazione si trova in Emilia Romagna, Veneto e Lombardia. Non dimentichiamoci che l’Italia è leader a livello mondiale nella produzione di confetture e marmellate biologiche. Infine, Emilia Romagna, Piemonte e Veneto sono rappresentative per numero di importatori esclusivamente dediti al settore. Quindi il Sud domina in numerosità di aziende agricole, mentre il Nord per aziende di trasformazione. Tabella 2: Operatori del settore biologico (2000 - 2011) 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 Sicilia 9.616 12.649 9.835 8.410 6.785 8.451 8.110 7.524 6.988 7.417 8.311 7.469 Calabria 8.384 7.938 6.360 4.382 4.211 4.178 6.811 6.963 6.640 6.554 6.749 7.115 Puglia 6.758 6.834 5.883 4.621 3.373 6.109 5.664 4.987 5.093 6.280 5.319 5.081 Emilia Romagna 4.606 5.105 4.988 4.719 4.026 4.050 3.898 3.801 3.525 3.449 3.540 3.602 Toscana 1.619 2.248 2.599 2.736 2.720 2.841 2.865 2.589 2.931 2.970 3.252 3.536 Lazio 2.320 2.640 2.638 2.776 2.808 2.818 2.761 2.674 2.909 2.971 2.969 3.001 Marche 1.736 1.938 1.918 1.813 2.190 2.762 2.700 2.822 2.687 2.288 2.097 2.272 Sardegna 8.285 7.886 6.669 4.762 1.831 1.602 1.417 2.060 2.620 1.351 1.985 2.127 Piemonte 2.996 3.574 3.593 3.024 2.223 2.726 2.522 2.244 2.211 2.237 1.946 1.977 Campania 1.779 1.960 2.029 1.730 1.290 1.433 1.528 1.460 1.721 1.716 1.751 1.896 Veneto 1.249 1.668 1.775 1.705 1.592 1.551 1.526 1.548 1.558 1.553 1.665 1.811 Abruzzo 639 1.057 1.117 1.123 1.065 1.499 1.434 1.290 1.500 1.523 1.580 1.612 Basilicata 434 689 1.601 1.678 2.036 4.937 4.898 4.680 4.155 3.352 1.402 1.348 Trento e Bolzano 526 650 723 777 831 862 946 1.199 1.492 1.220 1.364 1.459 Lombardia 1.225 1.425 1.522 1.528 1.291 1.339 1.337 1.329 1.232 1.262 1.353 1.506 Umbria 837 1.033 1.366 1.350 1.419 1.482 1.517 1.501 1.379 1.346 1.321 1.318 Liguria 277 383 454 471 444 449 416 399 406 404 396 432 Friuli Venezia Giulia 226 302 365 377 378 398 378 371 371 375 390 389 Molise 479 510 447 422 374 293 260 753 153 162 192 232 Valle d'Aosta 13 20 20 69 78 79 77 82 83 79 81 86 TOTALE 54.004 60.509 55.902 48.473 40.965 49.859 51.065 50.276 49.654 48.509 47.663 48.269 Fonte: elaborazioni Firab su dati SINAB
  • 15. 15 Per quanto riguarda le superfici agricole utilizzate (SAU) a bio o in conversione, nel 2011 si registra un lievissimo calo del 1,5% rispetto al 2010, scendendo a 1.096.889 ettari, come riportato in tabella 3. Principalmente dedicata soprattutto alla coltivazione di seminativi, oltre 474 mila ettari di cereali, legumi secchi, piante da radice, colture foraggere, e ai prati e pascoli, che rappresentano insieme il 73% della superficie ad agricoltura biologica nel 2011 (figura 11). Seguono le superfici a coltivazioni permanenti, come i frutteti da zona temperata e subtropicale, i piccoli frutti, la frutta in guscio, gli agrumi, ma soprattutto quella coltivata ad olivicoltura e viticoltura, con 141.568 ha di oliveti e 52.812 ha di vigneti, una estensione che porta l’Italia tra i maggiori produttori al mondo. Tabella 3: Superficie Agricola Utilizzata (SAU) biologica nel 2011 Totale 2011 Var. % 11/10 TOTALE COLTURE 1.096.889 -1,5 Cereali 184.111 -5,6 Colture proteiche, leguminose, da granella 21.445 -16,3 Piante da radice 1.838 8,4 Colture industriali 16.024 7,8 Colture foraggere e altre coltivazioni da seminativi 261.136 32,0 Ortaggi* 23.405 -16,2 Frutta** 23.237 4,7 Frutta in guscio 27.839 1,3 Agrumi 21.940 -6,3 Vite 52.812 1,0 Olive 141.568 0,6 Altre colture permanenti 7.543 -85,6 Prati e pascoli (escluso il pascolo magro) 182.060 -4,1 Pascolo magro 93.531 -5,2 Terreno a riposo 38.400 -12,5 Fonte: elaborazioni Firab su dati SINAB Dominano, tra i seminativi, le superfici coltivate a cereali biologici: sulla base degli ultimi dati pubblicati da FIBL/IFOAM, l’Italia occupa una posizione di assoluto rilievo a livello mondiale, quale produttore di cereali biologici, collocandosi al terzo posto nella graduatoria mondiale dei Paesi produttori (figura 12).
  • 16. 16 Figura 11: Uso della della SAU biologica in Italia nel 2011 (%) Seminativi 44% Ortaggi* 2% Frutta** 5% Agrumi 2% Vite 5% Olive 13% Pratie pascoli*** 29% *Seminativi (cereali incluso riso, legumi secchi, piante da radice come le patate, colture industriali come semi oleosi di girasole, coltureforaggere come fieno) **Ortaggi freschi, meloni, fragole, funghi coltivati ***Colture permanenti (frutta da zona temperata e subtropicale, piccoli frutti, frutta in guscio, agrumi, vite olivo e altre colture permanenti) Fonte: elaborazioni Firab su dati SIinab Figura 12: I primi 15 Paesi produttori di cereali bio (2010) 27.370 31.337 35.190 47.496 57.418 61.200 76.468 95.569 102.274 125.899 133.465 166.082 194.974 207.191 367.420 Argentina Finlandia Grecia Kazakhstan Regno Unito Brasile Svezia Austria Polonia Francia Ucraina Spagna Italia Canada Stati Uniti Fonte: elaborazioni Firab su dati Fibl/Ifoam Infine, se operiamo un confronto tra i dati del biologico con quelli dell’agricoltura in generale, basandoci sugli ultimi dati rilevati dal Censimento Generale dell'agricoltura dell'ISTAT, emerge ancora di più come, in un periodo di crisi, si registri una crescita della quota di aziende che si converte al bio, come si può vedere nella tabella 3.
  • 17. 17 Tabella 3: Incidenza in % della SAU bio sulla SAU agricola totale e del n° aziende bio sul totale delle aziende in Italia nel 2010 2000 2010 7,9 8,6 2000 2010 2,1 2,6 Peso % N° aziende bio (dati Sinab) su Totale aziende agricole (dati Istat) Peso % SAU bio (dati Sinab) sulla SAU agricola totale (dati Istat) Fonte: Sinab, Istat L’Italia è da diversi anni ai primi posti della graduatoria europea per le aree coltivate a bio, in particolare per la coltivazione di ortaggi, cereali, agrumi, uva e olive, superando, dal 2000, il milione di ettari di superfici agricole utilizzate (SAU) in agricoltura biologica, con la sola eccezione del 2004 in cui si è portata al di sotto del milione di ettari di superficie coltivata (figura 13). Figura 13: SAU bio (2000 - 2011) 900 1.000 1.100 1.200 1.300 Migliaiadiettari Fonte: elaborazioni Forab su diverse fonti Per quanto riguarda la zootecnia biologica, si conferma anche nel 2010 la maggior consistenza di numero di capi allevati negli avicoli, a seguire negli ovini e bovini (figura 14).
  • 18. 18 Figura 14: Zootecnia bio (2007 - 2011) Bovini Suini Ovini Caprini Pollame Equini Api (in numero di arnie) Altri animali 2011 193.675 32.436 705.785 72.344 2.813.852 9.548 99.260 1.751 2010 207.015 29.411 676.510 71.363 2.518.830 9.563 113.932 2.089 2009 185.513 25.961 658.709 74.500 2.399.885 8.597 103.216 2.948 2008 216.476 34.014 1.007.605 83.411 2.157.201 9.903 102.280 2.501 2007 244.156 26.898 859.980 93.876 1.339.415 8.325 112.812 1.926 0 500.000 1.000.000 1.500.000 2.000.000 2.500.000 3.000.000 N°dicapi Zootecniabiologica Fonte: elaborazioni Firab su dati Sinab Per quanto riguarda l’acquacoltura biologica, ancora mercato di nicchia all’interno del settore biologico italiano, ma con grandi potenzialità e di particolare interesse soprattutto sotto il profilo della sostenibilità ambientale, i dati forniti dal MiPAAF e dagli OdC, ci mostrano una consistenza di 20 impianti di acquacoltura al 31/12/2011 (figura 15). Con il Regolamento CE n.710/2009 del 5 agosto 2009, l'Unione Europea, nell’introdurre le “modalità di applicazione relative alla produzione di animali e di alghe marine dell'acquacoltura biologica”, ha voluto porre una maggiore attenzione verso un'acquacoltura il più possibile sostenibile per rispondere alle esigenze contrastanti della domanda crescente di prodotti ittici da parte dei consumatori e della diminuzione delle risorse naturali della pesca, impoverite da decenni di sfruttamento fuori controllo. Ciò ha significato per gli acquacoltori europei ed italiani la possibilità di occupare gli spazi creati da questo mercato dalle forte valenze ecosostenibili. Alla definizione del Regolamento sull’acquacoltura biologica si è arrivati attraverso un complesso negoziato tra i vari portatori d’interesse. Peraltro, recentemente si sta procedendo ad una revisione del Regolamento CE n.710/2009, per raggiungere una struttura legislativa ancora più completa ed equa, che spiani sempre di più la strada allo sviluppo dell’acquacoltura biologica in Europa e a livello mondiale. Il regolamento n.710/2009 affronta tutti gli aspetti dell'allevamento degli animali d'acquacoltura (pesci, ma anche crostacei, molluschi ecc.): dall'origine degli animali alle norme di allevamento, dalla riproduzione all'alimentazione, dalle norme specifiche per alcun animali, come i molluschi, agli aspetti della profilassi e dei trattamenti veterinari, un aspetto particolarmente delicato in acquacoltura.
  • 19. 19 Figura 15: Impianti di acquacoltura bio nel 2011 (numero, %) Calabria; 1; 5% Puglia; 3; 15% Toscana; 1; 5% Sardegna; 3; 15% Marche; 6; 30% Veneto; 4; 20% Trentino Alto Adige; 1; 5% Friuli Venezia Giulia; 1; 5% Fonte: Bio in cifre, Sinab 2011 L’acquacoltura biologica punta ad offrire pesce e altri prodotti ittici che siano ecologicamente, economicamente e socialmente sostenibili. Dal 1 luglio 2010, con l’entrata in vigore della normativa, l'acquacoltura biologica si è affacciata sul mercato italiano, in particolare sul piano produttivo e commerciale, nell’ottica di andare a costruire una valida alternativa a pratiche di pesca e acquacoltura condotte in modo non sostenibile. In Europa, sono localizzate la maggior parte delle unità produttive anche se sono spesso costituite da piccoli allevamenti di carpe e trote (di pochi ettari) spesso con valenza di attività ad integrazione del reddito. Il prodotto principale dell’acquacoltura biologica europa è il salmone Atlantico, seguito da spigole ed orate, da salmonidi (trota iridea, trota fario, salmerini) e carpe. Anche sotto il fronte della domanda, in Europa, sembra esserci un interesse crescente da parte dei consumatori, sempre più attenti ai prodotti ottenuti con metodi ecosostenibili e biologici. Le discrete potenzialità della domanda, sul fronte estero, non sembrano però essere comparabili sul mercato interno, ancora poco sensibilizzato sotto il profilo del consumo ittico biologico. Per l'Italia, quindi, quello dell'acquacoltura biologica dovrebbe essere un settore da sostenere e valorizzare maggiormente, anche per dare una riqualificazione, grazie alla certificazione biologica, a impianti di acquacoltura già esistenti, creati su una vecchia concezione convenzionale dell’allevamento, che non sempre faceva propri i concetti di benessere animale e sostenibilità ambientale.
  • 20. 20 4. LA DOMANDA Il biologico, negli ultimi anni, ha conquistato uno spazio sempre più importante, sia sul mercato interno nazionale che sui mercati internazionali, contribuendo ad accrescere il valore a livello mondiale del marchio Made in Italy. I consumatori bio si nutrono in modo più sostenibile e rispettoso delle risorse e ciò sta ormai avvalorando l’idea, tra gli esperti, che una gestione economica eco-sostenibile e una cultura del consumo, volta ad una gestione equilibrata delle risorse, che usi alimenti prodotti in modo biologico, potrebbe essere la strada giusta da intraprendere per supportare l'alimentazione mondiale. Sembra, infatti, sempre più prendere piede l’idea, una volta ad appannaggio di pochi idealisti, che la cultura sostenibile del biologico può diventare una soluzione nutrizionale al problema della fame mondiale. Peraltro, mentre la crisi economica nel nostro Paese ha portato a un’evidente riduzione dei consumi generali, alimentari inclusi, i prodotti biologici sembrano essere, al contrario, sempre più richiesti. Tutto ciò sembra delineare un comparto che, da produzione di nicchia, sta sempre più occupando spazi rilevanti in ambito produttivo e fasce sempre più ampie del mercato agroalimentare, in particolare di quello biologico europeo: l’Italia è tra i principali Paesi esportatori di prodotti bio, con vendite stimate di circa 1 miliardo di euro. Il settore sconta, però, delle enormi potenzialità che sono ancora inespresse: considerando che la domanda nazionale pro-capite, con acquisti medi annui di circa 25 euro a persona, indica una penetrazione ancora troppo bassa, sul fronte del mercato interno, per i prodotti biologici, soprattutto se confrontata con la Germania, principale mercato europeo per i prodotti biologici, con una spesa pro-capite di prodotti biologici di 74 euro/anno, sulla base degli ultimi dati pubblicati dalla Fibl/IFOAM, “The World of Organic Agriculture: Statistics and Emerging Trends 2012. Il dato, poi, dovrebbe far riflettere se confrontato con i 153 euro/anno della Svizzera e i 142 euro/anno della Danimarca di spesa pro-capite di prodotti biologici. Da queste cifre si evidenzia come l’agricoltura biologica in Italia, pur rivestendo un ruolo di primaria importanza, sia nel quadro agricolo nazionale che per il giro d’affari del comparto, con forti incrementi nelle vendite nella grande distribuzione e nel commercio specializzato, con il rafforzarsi sempre di più di canali di vendita alternativi, dalla vendita diretta a quella on line, registrando in crescita anche la ristorazione bio e le mense scolastiche che usano almeno in parte prodotti biologici, presenta però una base di consumo nazionale ancora ristretta, derivante probabilmente anche da uno scarso livello informativo sia dei consumatori che di altri operatori della filiera. Peraltro, a fronte di tale successo, il settore sembra scontare l’interesse di alcuni speculatori malintenzionati, come si è visto nella truffa legata a false certificazioni e fatturazioni di inizio dicembre 2011, emersa con l’inchiesta della Guardia di Finanza di Verona, denominata ‘Gatto con gli stivali’, speculatori che hanno visto, nella crescente domanda e nel prezzo maggiore al quale i prodotti biologici sono venduti rispetto ai prodotti da agricoltura convenzionale, prospettive di facili guadagni.
  • 21. 21 E questo tipo di situazioni non possono che portare una serie di criticità e problematiche alle prospettive di mercato, in particolare nei mercati esteri, dove l’attenzione dei consumatori e dei mezzi di informazione è molto alta, con il rischio di erodere, nel lungo periodo, il primato del nostro Paese. Ma ancora di più, non sono da sottovalutare le ripercussioni sul mercato interno in termini di credibilità e reputazione del bio italiano, in una situazione in cui, a fronte della crisi, il consumatore italiano, pur attuando delle strategie di riduzione del consumo, in generale su diversi livelli, sembra operare delle scelte in modo consapevole e esperienziale, operando delle strategie di concessione che vanno dal “comprare bene” e scegliere sulla base della qualità e della sostenibilità. I dati ci confermano tale atteggiamento, con una crescita a livello congiunturale dei consumi domestici di prodotti confezionati e di ortofrutta sfusa, in tutta Italia ed in quasi tutti i canali distributivi, e una dinamica strutturale che sta vedendo la crescita degli operatori della trasformazione ed il rafforzamento delle aziende che trasformano nella propria azienda ciò che coltivano. A fronte del basso livello della spesa nazionale pro-capite, il bio italiano ha visto indirizzare ina parte della produzione bio sui mercati esteri, mercati che presentano un consumatore molto più informato sul rapporto tra agricoltura e rispetto dell’ambiente, meglio propenso a scegliere prodotti biologici maggiormente sostenibili. Sulla base di un’indagine svolta da Tns per una ricerca di Eurobarometro2 , volta a conoscere le percezioni e le esperienze degli europei (Ue27) sia sul rapporto tra agricoltura e preservazione dell’ambiente naturale e rurale, sia sul la conoscenza dei marchi di qualità da parte del consumatore Ue, è emerso che la quasi totalità degli intervistati indica che la qualità (96%) e il prezzo (91%) contano di più quando fanno la spesa e una maggioranza significativa (71%) stima che anche l’origine del prodotto sia importante. Nella Ue, nel suo complesso, sembra quindi emergere un orientamento del consumatore verso il rispetto dell’ambiente e di principi etici e solidali. Mentre, secondo Tns, in Italia sembra che ci sia ancora un’elevata quota di chi non conosce le produzioni di qualità che vengono svolte in rispetto dell’ambiente e secondo dei principi maggiormente sostenibili quali quelli dell’agricoltura bio. 4.1 La domanda estera di prodotti biologici Made in Italy L’Italia, abbiamo già visto, mostra un andamento molto soddisfacente, con un mercato del biologico in crescita che, secondo le ultime stime di Organic Services, si aggira attorno ai 3,5 mld euro, rendendola una delle protagoniste del settore a livello mondiale. L’Italia nasce nel bio come paese esportatore e anche gli ultimi dati ci confermano la rilevanza delle esportazioni per il mercato del bio italiano. Una parte significativa della produzione bio, soprattutto quella di indubbia eccellenza e con una spiccata unicità tanto da far vincere ad alcune imprese italiane premi prestigiosi nei concorsi internazionali dedicati ai prodotti biologici, viene indirizzata all’estero: l’Italia è tra i paesi leader nelle esportazioni di prodotti biologici. 2 http://ec.europa.eu/agriculture/survey/index_en.htm
  • 22. 22 Per lo più vengono indirizzate in tutti i paesi d’Europa, negli Stati Uniti e in Giappone, ma recentemente stanno emergendo nuovi sbocchi nei paesi dell’Est europeo e in alcuni paesi asiatici, primo tra tutti il mercato cinese. Non sono solo i grandi marchi del bio Made in Italy ad affacciarsi all'estero, ma vi sono anche una miriade di piccoli produttori che nel nostro Paese faticano a trovare dei canali di vendita. E le prospettive possono definirsi, nonostante il periodo di crisi economica, assai valide, come riportato nell’indagine ISMEA/FIRAB sull’export dei prodotti italiani bio nel mercato interno dell'Unione Europea3 , anche presentata nel corso dell’ultima edizione (2012) della più importante Fiera del biologico europea, il “Biofach” di Norimberga. Tale indagine si è resa necessaria in quanto si è in assenza di fonti informative istituzioni: i dati statistici ufficiali relativi alle esportazioni dei prodotti dell’agroalimentare dall’Italia verso i vari mercati di destinazione, forniscono l’aggregato senza distinzione di metodo produttivo, con prodotti ottenuti da agricoltura tradizionale insieme con i prodotti ottenuti da agricoltura biologica. 4.2.1 Indagine sulle esportazioni di prodotti biologici nei mercati comunitari In assenza di fonti informative istituzionali, la raccolta di informazioni è avvenuta impiegando strumenti di rilevazione diretta, ed in particolare un’indagine campionaria cui si è affiancata l’analisi di specifiche esperienze di rilievo grazie ad alcuni casi di studio e allo svolgimento di un focus group. La raccolta dati è stata svolta tramite interviste telefoniche, interviste face to face, anche in occasione di fiere internazionali del settore, interviste tramite e-mail agli operatori del settore, che operano in agricoltura biologica, sia come produttori, sia come trasformatori, in modo esclusivo o misto, e che vendono stabilmente almeno una parte della produzione all’estero. Si è proceduto alla somministrazione di un apposito questionario su un campione ragionato di 100 imprese; parte dei questionari, relativi a 50 aziende, sono stati compilati tramite interviste face to face, somministrati anche a imprese presenti a fiere internazionali per avere ulteriori informazioni sulla domanda estera nei principali Paesi di destinazione del nostro export. Questa indagine è stata condotta presso un campione ragionato di 100 aziende del comparto biologico con forte orientamento all’esportazione. Le aziende intervistate sono in prevalenza imprese di trasformazione, nel complesso rappresentano il 48% del campione e una quota consistente è composta da aziende di produzione agricola, il 42% del campione (figura 16). 3 ISMEA (2012) - Report economico finanziario IV volume: Prodotti biologici, prodotti Dop e Igp, posizionamento prodotti a denominazione presso Gdo. Ipsoa.Marzo 2012.
  • 23. 23 Figura 16: Attività prevalente delle aziende esportatrici intervistate 42 35 13 2 2 1 7 Fonte: Ismea su dati Firab La Sicilia ha maggior concentrazione di aziende agricole, mentre sono maggiormente distribuite in Emilia Romagna, Veneto e Lombardia le aziende che svolgono attività di trasformazione, confermando anche qui quanto registrato dal Sinab rispetto alla distribuzione del numero di operatori sul territorio nazionale relativamente ai preparatori esclusivi. Il campione presenta una concentrazione dei molini per la farina biologica e pastifici in Emilia Romagna, per il lattiero-caseario in Lombardia e Emilia Romagna, ma anche la Sardegna con i suoi pecorini tipici, per il vino in Veneto e per l’olio, Puglia e Calabria. Per quanto riguarda le conserve e le marmellate, sono maggiormente trattate in Emilia Romagna e in Lombardia, laddove è alto il peso delle imprese di trasformazione biologiche, con elementi di eccellenza per alcune produzioni. La tipologia principale di prodotto venduto all’estero è l’ortofrutta (24%), seguita da olio, vino miele; incidenza minore prodotti da forno e pasta (figura 18). I mercati principali all’interno dell’Unione Europea sono quelli consolidati di Germania, Francia e Gran Bretagna, ma anche quelli di Danimarca, Paesi Bassi, Austria, Belgio e quelli emergenti dei Paesi Scandinavi. La Svizzera spicca tra gli europei non Ue. USA e Giappone sono i Paesi Terzi consolidati, mentre Cina, Federazione Russa, America Latina (in particolare Brasile e Argentina) sono i mercati emergenti extra europei (figura 19).
  • 24. 24 Figura 18: Tipologia principale del prodotto venduto all’estero (%) Altro 18% Frutticoli 12% Orticoli 12% Olio 12% Vino 12% Miele 6% Altri cereali 6% Prodotti da forno 5% Pasta 5% Caseari 3% Carni Trasformate 3% Panetteria 3% Riso 3% Fonte: Ismea su dati Firab Figura 19: Mercati di destinazione delle all’estero (%) Germania 42% Francia 14% Gran Bretagna 8% Danimarca 6% Svezia 6% Svizzera 2% U.S.A 2% Giappone 1% Altri (Area Euro) 13% Altri paesi 6% Fonte: Ismea su dati Firab Il Paese leader per le esportazioni di prodotti biologici italiani è da sempre quello tedesco, Paese che ha il più alto fatturato europeo per il settore biologico, con 5,8 miliardi di euro nel 2009 cresciuti a 5,9 miliardi di euro nel 2010, nonostante il freno causato dalla crisi economico finanziaria. Che cosa esportano le nostre aziende in Germania? Principalmente è l’ortofrutta, sia fresca che trasformata, che assume una posizione di rilievo nelle nostre esportazioni.
  • 25. 25 La Germania importa l’80% della frutta fresca; una bella fetta proviene dall’Italia, in particolare mele, soprattutto dal Sud Tirolo, e agrumi dalle terre della Sicilia. Ma anche kiwi, pere, pesche, nettarine, e soprattutto molti ortaggi tra cui carote, pomodori, zucchine e cavolfiori. Anche l’uva da tavola biologica è diventata una voce importante per l’export verso la Germania. Peraltro, sembra che i grandi volumi trattati dai maggiori clienti tedeschi consentano un abbattimento dei costi, tale da potere avere prezzi competitivi per il consumatore e remunerativi per il produttore. Leadership italiana per numero di produttori ma anche una maggiore presenza di trasformatori denotano un mercato che ha grandi potenzialità di espansione all’estero, laddove la domanda è molto alta per prodotti di qualità e a contenuto di servizio, in particolare per quanto riguarda l’ortofrutta, sia fresca che soprattutto trasformata. In Italia, la presenza di imprese agroindustriali bio di maggiori dimensioni economiche è in Emilia Romagna, Veneto e Lombardia. In Lombardia, ad esempio, vi è una azienda leader (in valore) delle vendite di confetture in Italia e che esporta sempre di più anche all’estero. Tra le aziende “storiche” al BioFach, degna di nota è Brio S.p.A., società commerciale di riferimento nel panorama nazionale ed europeo dell’ortofrutta bio. Un Gruppo che ha più di vent’anni di esperienza nel biologico ed è specializzato sulla GDO e sull’export e leader nazionale sulla ristorazione collettiva. Poi Canova s.r.l., la società che commercializza il prodotto biologico a marchio Almaverde Bio, offre sul mercato dall'ortofrutta fresca alle verdure e frutta di IV gamma, alle zuppe, ai minestroni e al purè. Oltre queste le figure di spicco nel panorama commerciale del comparto ortofrutticolo bio, vi sono, poi, una miriade di realtà aderenti al Marchio Garanzia AIAB che offrono una qualità costante e un rapporto diretto con la produzione. Tra i Paesi Ue di destinazione, la Germania resta un punto di riferimento fondamentale dell'export nell'ortofrutta biologica, seguono Regno Unito, Belgio, Paesi Bassi, Danimarca e Austria mentre emergono sempre più i Paesi scandinavi. Tra i paesi europei extra Ue è sempre rilevante l’export verso la Svizzera. È così tanto in crescita il settore che anche i colossi del convenzionale hanno puntato sulla produzione biologica per ampliare e diversificare la loro attività, vendendo la loro linea bio sotto il marchio ad ombrello Almaverde Bio. L’ortofrutta bio Made in Italy in Germania, pur soffrendo la competizione con altri Paesi Ue, come la Spagna e i Paesi Bassi, e per la frutta fresca, anche con Paesi del Centro e Sud America, come Costa Rica e Ecuador, ha sempre attirato i consumatori tedeschi. La Germania è un mercato che offre diverse possibilità di posizionare i nostri prodotti biologici, sia perché la moderna distribuzione ha fatto scelte molto significative sul biologico, sia perché i negozi specializzati sono molto evoluti, sia perché la domanda interna è in forte crescita e la produzione agroalimentare biologica tedesca non sembra in grado di soddisfare tale richiesta. Per la vendita all’estero nei mercati comunitari, le aziende intervistate utilizzano prevalentemente distributori finali, in particolare sono prevalenti i buyer GDO e il dettaglio specializzato, secondo quanto indicato dagli operatori intervistati nel 2011 (figura 20).
  • 26. 26 Figura 20: Canali di vendita all’estero delle aziende esportatrici intervistate Altro Vendita on line Cooperativa/Consorzio HO.RE.CA. Industria di trasformazione con sede… Intermediari commerciali Distributore finale 3 1 3 4 4 35 50 Fonte: Ismea su dati Firab Come sappiamo, in questi ultimi anni, pur in un momento di debolezza congiunturale internazionale, il settore bio è in espansione anche grazie ad una crescente consapevolezza sui problemi ambientali e di sicurezza alimentare da parte dei consumatori. Ecco perché, secondo uno studio dell’ICE, anche nel periodo della crisi economica, il consumatore che sceglie per la prima volta di acquistare un prodotto biologico, rimane poi un cliente fidelizzato. Le aziende storiche del bio che indirizzano una parte delle loro vendite sui mercati esteri, scelgono soprattutto il commercio alimentare al dettaglio, mentre le imprese che si sono affacciate al mercato estero negli anni più recenti, utilizzano i distributori finali della Grande Distribuzione; in particolare stanno emergendo i maggiori gruppi di discount, che, in Germania, sono in grado di condizionare tutta la grande distribuzione, con una quota che ha raggiunto il 55% del mercato. Le aziende che accedono al canale della GDO estera sono perlopiù aziende “modello”, soprattutto aziende ortofrutticole, olivicole, viticole o di trasformazione che, al di là delle dimensioni più o meno elevate, riescono a garantire qualità e assortimenti grazie a capacità imprenditoriali dei conduttori. Molte volte si tratta di realtà produttive che fanno “rete” tra produttori aumentando in questo modo le aree coltivate, differenziando le produzioni, offrendo prodotti più rispondenti al gusto dei consumatori esteri. Il rapporto diretto con le catene di punti vendita del dettaglio specializzato estero è invece maggiormente scelto dalle imprese che hanno un rapporto commerciale di lunga data, soprattutto con la Germania. Sono spesso imprese ortofrutticole, a carattere cooperativo o di consorzio, ma anche aziende di grandi dimensioni che scelgono, oltre al canale della GD, anche questo del commercio specializzato considerato per certi versi più flessibile rispetto alla GDO sia per i tempi di consegna che per questioni di carattere fiscale e amministrativo.
  • 27. 27 Si può operare, inoltre, con un intermediario commerciale, importatore estero o esportatore italiano, utilizzato dal 35% degli intervistati; quello che emerge in ogni caso è che l’azienda difficilmente può vendere in modo diretto senza un intermediario. In Germania, infatti, le catene della grande distribuzione preferiscono rapportarsi con un importatore che risolva eventuali questioni, di carattere anche fiscale. Da considerare, peraltro, che - in Europa - il peso della grande distribuzione è nettamente superiore che in Italia. Inoltre, dalle interviste è emerso che la maggior parte delle piccole aziende che vogliono posizionare all’estero il loro prodotto, hanno bisogno prima di tutto di farsi conoscere dai clienti, soprattutto quelli del mercato tedesco, che ancora oggi è tra i primi acquirenti, ad esempio della nostra ortofrutta biologica. Per questo diventano importanti le occasioni fieristiche, come quella che si tiene a Norimberga ogni anno, il BioFach. In ogni caso, per quanto riguarda i mercati del Nord Europa, in particolare quello tedesco, è quanto mai necessario per l’azienda rivolgersi ad un consulente, che fornisca loro le indicazioni necessarie per muoversi nel mercato di destinazione del loro export. Il cliente tedesco è molto pignolo, anche sotto il profilo fiscale, e attento ad ogni fase del processo produttivo, al punto che una azienda di pecorino toscano ha dichiarato che hanno verificato direttamente la produzione andando in loco in azienda. Peraltro, le opportunità che offre il mercato tedesco sembrano essere ancora alte e in crescita, come ha dichiarato Christoph Soika della SCS Consulting, al biofach 2011, in un incontro sulle opportunità di questo mercato per le piccole e medie imprese italiane. Ha parlato anche della criticità di tale mercato, non per la qualità del prodotto, né per il prezzo, ma per la logistica. Fattore importante soprattutto nel settore ortofrutticolo, che presenta fasi molto critiche, che vanno dall’assicurare il mantenimento della cosiddetta “catena del freddo” alle attività di trasporto e stoccaggio dell’ortofrutta. Ed è proprio l’elemento dello stoccaggio che crea non pochi problemi nell’esportazione dei prodotti ortofrutticoli freschi, a fronte della mancanza di piattaforme di stoccaggio dei prodotti da parte di alcune grandi catene della Grande Distribuzione. Di questo ne fanno le spese soprattutto le piccole imprese, diversamente dalle grandi imprese che esportano notevoli quantitativi di ortofrutta fresca, con una organizzazione molto attenta e qualificata nella logistica. E nelle aziende più piccole si esprime nella capacità di associarsi, consorziarsi o, in ogni caso, riunirsi tra produttori sotto un unico marchio ad ombrello. Oppure nel caso degli agriturismi, il fattore multifunzionalità, che diventa un’altra possibilità per aprire questo mercato. Sembra essere, quindi, la cultura d’impresa che caratterizza una miriade di produttori più attivi nel mercato, che hanno portato innovazioni all’interno della azienda, con una maggiore professionalità, a fronte anche di una mentalità aperta, di un livello culturale medio alto e mediamente appartiene ad un cambio generazionale nella conduzione dell’azienda, tutti profondamente motivati e consapevoli per la scelta fatta in agricoltura biologica, dotati di grande sensibilità ecologica ed etica, grande disponibilità all’associarsi e a cooperare insieme, nonché di notevoli capacità di comunicazione che si traducono in abilità commerciali. Come anche diverse piccole-medie imprese nazionali che producono prodotti tipici di qualità, come olio, vino, pasta, conserve, formaggi, ma anche ortofrutta e alimenti “high quality italian meal” con uno spiccato Made in Italy, che presentano quote di mercato considerevoli rapportate al flusso di prodotto venduto.
  • 28. 28 Il tutto denota un settore che presenta una discreta propensione all’export, mostrando una certa distanza dal settore agroalimentare nel suo complesso. Questo ha portato anche i colossi del convenzionale a penetrare nel mercato del bio, ampliando e diversificando la loro attività anche nella produzione biologica, beneficiando così dell’effetto traino del bio sulla loro linea convenzionale. Le aziende più promettenti sembrano essere quelle che hanno realizzato un processo di integrazione fra le diverse componenti del sistema, dall’agricoltura biologica all’industria di trasformazione, capaci di rapportarsi con la distribuzione e di adattarsi ai rilevanti mutamenti della domanda alimentare; ma anche quelle che hanno risposto a favore di un miglioramento della competitività dell’impresa in relazione all’internazionalizzazione, con l’aggregazione delle imprese, sotto forma di cooperative, consorzi, associazioni, società. Ciò che emerso dall’indagine è che gli operatori stanno sempre più indirizzandosi verso il “fare rete”, individuando nell’associarsi di imprese una serie di vantaggi, non solo organizzativi e strutturali, ma anche legati alla commercializzazione, grazie alle numerose iniziative a carattere informativo e pubblicitario, alla partecipazione a fiere internazionali, tutte operazioni che sono volte al posizionamento del marchio ed alla conoscenza dei prodotti. Dall’indagine è emersa anche un’elevata propensione da parte delle aziende alla ricerca di nuovi sbocchi commerciali. Il grosso degli sforzi sembra al momento concentrarsi sui paesi emergenti, in particolare Russia, Cina, India e Brasile, quelli che in questa fase, a giudizio degli operatori, riservano le migliori potenzialità di crescita (figura 21). Figura 21: I nuovi mercati esteri di destinazione futuri (%) U.E. 17% Cina 12% Usa 11% Russia 8% Giappone 6% Brasile 6% Paesi Scandinavi 4% Canada 3% Altri 33% Fonte: Ismea su dati Firab Diversi operatori stanno cercando di entrare nei mercati dell’Est europeo, come la Polonia, considerati molto promettenti in termini di crescita del consumo di prodotti biologici. Figura 21b: Le attese di vendita per i prossimi anni (in % sul totale)
  • 29. 29 Aumenterà 55% Rimarrà stabile 9% Diminuirà 3% Non so 33% Fonte: Ismea su dati Firab Per quanto riguarda le aspettative del mercato (figura 21b), le aziende intervistate, sembrano abbastanza ottimiste ed il loro clima di fiducia sembra più ottimistico nei confronti del mercato estero di quanto sia verso il mercato interno. Il trend delle vendite è segnalato in crescita per molte delle merceologie quelle che presentano mercato estero dell’alimentazione biologica. Ovviamente la domanda estera è maggiore nei Paesi che presentano la spesa pro capite più elevata in Europa, come la Svizzera, Austria, Danimarca e Svezia. Dall’indagine è emerso, quindi, che il mercato del bio italiano gode, oltre frontiera, di buona salute e che il settore non sta risentendo della crisi, continuando anzi a crescere, grazie anche a prezzi stazionari, posizionati su livelli medio-alti rispetto ai principali competitor. 4.2 Inquadramento della domanda interna I consumi di alimenti biologici in Italia rappresentano una quota attorno al 2-3% sul totale della spesa alimentare, per una valore di mercato stimato di circa 3 miliardi di euro. Sul fronte interno, da molti anni, si registra una crescita dei consumi domestici di biologico, secondo le rilevazioni Ismea: l’incremento della spesa domestica in prodotti biologici confezionati nel 2011 e nella prima metà del 2012 è stata del 9% circa in valore, nel 2011 e +6,1% nei primi sei mesi del 2012. Questo incremento, pur denotando un settore con grandi potenzialità, si confronta però con una domanda nazionale pro-capite che rileva ancora una penetrazione piuttosto bassa di prodotti biologici: una spesa medio annua di circa 25 euro, sulla base dell’ultimo dato Fibl/Ifoam disponibile, colloca il nostro Paese tra quelli in cui la base di consumo di prodotti bio è ancora ristretta. In ogni caso tale andamento positivo, che si protrae ormai dal 2005, diventa di particolare rilievo rapportato al trend dei consumi alimentari nel complesso, registrato nel 2011, che è risultato in calo del 2% circa.
  • 30. 30 Continua ad essere prevalente nel Nord Italia, mentre il Centro ed il Sud rivestono ancora un peso minore. Permane quindi ancora lo squilibrio tra luoghi di produzione e luoghi di consumo, fattore che caratterizza storicamente il bio. Ortofrutta, prodotti lattiero – caseari, uova e alimenti per la prima colazione si confermano anche nel 2011 le referenze più acquistate dai consumatori, incidendo nel complesso per i ¾ sul totale degli acquisti bio (fonte Ismea). Il consumatore tipo di prodotti biologici sembra essere prevalentemente del Nord Italia, in particolare dell’area occidentale della penisola, è in famiglie poco numerose, il responsabile degli acquisti è più o meno giovane e ha livelli di istruzione e di reddito alti. Sempre dalla rilevazione Ismea emerge che gli alto e medio acquirenti contribuiscono all’acquisto di biologico per un 70%, mentre i basso acquirenti e gli occasionali per il restante 30%. Peraltro, tra il 2010 e 2011 non vi sono state grandi variazioni della quota dei diversi profili, se non per crescita degli alto acquirenti (fonte: Ismea). Oltre agli acquisti è aumentata la quota delle famiglie che consumano prodotti biologici ed è anche cresciuta la penetrazione del bio confezionato della Grande Distribuzione passata dal 71,5% nel 2010 al 75,5% nel 2011, a dimostrazione che il comparto ha un potenziale interessante. Se consideriamo l'atteggiamento verso il biologico, la valenza salutista e i valori intrinseci dei prodotti bio sono vincenti; c’è da dire che il ricorso anche ad un più ampio assortimento ha giocato positivamente per la crescita. 5. LA DOMANDA NEI CANALI DI VENDITA IN ITALIA La crescita del mercato italiano di prodotti biologici si sta registrando diffusamente in tutti i canali di vendita da molti anni. In un periodo storico in cui l’incertezza sembra guidare la prudenza nelle spese, in cui il senso di ristrettezza economica porta le famiglie a rimodulare le proprie scelte muovendosi sia sulla scala dei prezzi sia nei diversi format distributivi, il biologico sembra stia rappresentando una delle risposte vincenti, anche nel mettere in atto dei comportamenti più consapevoli, maggiormente rispettosi verso le risorse, senza però perdere di vista la cura per se stessi, scegliendo prodotti sicuri e di qualità. L’incidenza del consumo di prodotti bio sul totale agroalimentare è di difficile stima. I dati Fibl-Ifoam indicano una quota di mercato bio al consumo tra il 2 ed il 2,5% del totale in valore, rappresentato dalle vendite al dettaglio in negozi specializzati, Grande Distribuzione, vendite dirette delle aziende agricole (soprattutto ortofrutta, olio e vino), gruppi d'acquisto, mercatini e door to door. Canali interessanti e in pieno sviluppo anche l’ho.re.ca., con in primis la ristorazione, di rilievo quella scolastica che sta prendendo sempre più piede nei diversi Comuni d’Italia.
  • 31. 31 5.1 Vendite Bio in alcuni canali distributivi (GDO, Negozi Specializzati e altri canali) Nel mass market gli acquisti passano prevalentemente attraverso la Grande Distribuzione, limitato il peso dei discount (per quanto questo format sia in crescita), e del dettaglio tradizionale non specializzato. Una fetta consistente delle vendite è realizzata dai negozi specializzati, dal normal trade e dal food service. Le strategie per la diffusione del biologico sono particolarmente legate ai brand, in quanto il brand è riconoscibile e permette di identificare un ampio paniere di prodotti da agricoltura biologica commercializzati nel largo consumo. Per le insegne il biologico rappresenta un fattore differenziante di rilievo; accoppiato alla marca commerciale è importante tenendo conto che la comunicazione è un punto debole del settore4 . Ciò fa comprendere il perché cresce la quota degli acquisti nella GDO: l’accoppiamento bio e marca commerciale è un valore che diventa direttamente percepibile dal consumatore. Inoltre, la forte presenza di single ed il diffondersi di un nuovo modello familiare soprattutto al nord, stanno indirizzando verso un maggior consumo di alimenti fuori casa e verso prodotti legati alle nuove modalità di fruizione dei pasti che portano a cucinare molto più velocemente. La maggior richiesta di alimenti con servizi incorporati (IV e V gamma) conferma tale andamento. Da considerare, però, che il differenziale di prezzo rispetto al convenzionale sembra essere ancora il limite alla maggiore penetrazione del bio. Questo forse spiega la forte crescita della vendita diretta di prodotti biologici, che oltre a rinnovare un rapporto diretto con il produttore in una ottica di maggiori garanzie di qualità e di sicurezza, permette di acquistare ad un prezzo più conveniente. 4.1.2 Grande Distribuzione Sulla base dei dati forniti dall’Ismea5 , l’andamento dei consumi domestici di prodotti biologici confezionati nella GDO è in continua ascesa ormai dal 2005. Restando sui dati più recenti, si può osservare che, anche nel 2011 e nella prima metà del 2012, gli acquisti di biologico confezionato hanno continuato la loro ascesa, con un +9% circa in valore nel 2011 e un +6,1% nel primo semestre 2012. La tendenza del 2011 è dipesa in modo particolare dagli aumenti fatti registrare dai prodotti lattiero-caseari, le uova, i biscotti, i dolciumi, gli snack e le bevande analcoliche. 4 Mark Up (2009) - La crescita del biologico richiede investimenti in comunicazione. Un mercato di nicchia regolato da dinamiche avulse dai trend correnti di consumo. Rubrica Grocery. Mark Up 184, dicembre 2009. 5 Ismea (2012) - Le tendenze degli acquisti di prodotti biologici e l’evoluzione del profilo del consumatore. SANA. Bologna, 10 settembre 2012
  • 32. 32 Nel primo semestre 2012 continuano a crescere in prevalenza le stesse categorie, in particolare le bevande analcoliche, i biscotti, dolciumi e gli snack (+26,1%) ed in misura minore i derivati del latte bio (+9,5%). In discreto rialzo la pasta, il riso ed i sostituti del pane (+9%), mentre le uova nei primi sei mesi dell’anno in corso cedono un 6,4% dopo l’ottimo incremento del 2011. Molto più contenuto nel 2012 l’incremento per l’ortofrutta fresca e trasformata (+1%) che rimane la categoria bio più consumata nel 2011, con un peso sul totale bio pari a poco più del 30% (dati Ismea). Sulla base dei dati forniti dall’Ismea, gli acquisti di prodotti biologici certificati nel canale della GDO, che copre meno del 50% dei consumi, hanno subìto nel 2010 un incremento considerevole superando la soglia dei 500 milioni di euro. 4.1.2 Negozi specializzati Per quanto riguarda il canale dei punti vendita specializzati in soli prodotti biologici, i cui dati non sono oggetto di rilevazione da parte di ISMEA, la FederBio6 indica che tale canale di vendita segna regolarmente performance superiori alla GDO facendo registrare nel 2010 una media dal 15% (negozi indipendenti) al 20% (punti vendita affiliati in franchising). I negozi specializzati, secondo quanto riportato sul rapporto di BioBank (TuttoBio 2012) sono passati dai 1.132 del 2009 ai 1.212 del 2011, con una crescita del 7%. Peraltro, continua in modo costante il processo di aggregazione e qualificazione dei negozi bio che ormai tocca il 65% dei punti vendita in Italia. I negozi si concentrano soprattutto al Nord con 792 punti vendita, pari al 65,3% del totale nazionale, mentre al Centro si trovano 256 negozi (21,1%) e 164 tra Sud e Isole. La lombardia mantiene saldamente il primato per numero assoluto di negozi bio con 206 punti vendita, seguita dal Piemonte e Veneto. La valle d’Aosta guida la classifica per densità, con 7 negozi bio ogni 100 mila abitanti, contro la media nazionale di 2. Seguono il trentino Alto Adige e il Friuli Venezia Giulia. 5.2 Vendite Bio in canali distributivi alternativi Accanto ai tradizionali canali di vendita, si stanno sempre più rafforzando altre forme di commercializzazione, cosiddette alternative, in particolare il modello della filiera corta, in cui si privilegia il rapporto diretto tra consumatore e produttore. La vendita diretta, nella varietà enorme di esempi che vanno dal farmer market al box scheme, rappresenta per il bio un vero e proprio fenomeno sociale in continua crescita, come si evince dai dati riportati sull’ultimo rapporto di BioBank (Tutto Bio 2012). Sono i gruppi d’acquisto solidale gli instancabili protagonisti della progettualità e della sperimentazione verso nuovi stili di vita nel 2011. La Regione Umbria, prima in Italia, li riconosce, li 6 FederBio al SANA 2012. Presentazione FederBio 2012.pdf documento on line su www.federbio.it
  • 33. 33 tutela e li incentiva. I produttori li corteggiano e creano per loro listini ad hoc. Nell’ultimo triennio sono cresciuti del 44%, e si avvicinano ai 900, con almeno altrettanti gruppi informali. Anche la vendita diretta in azienda non conosce sosta, con oltre 2.500 spacci nel 2011, il 16% in più del 2009. A trainare la crescita sono soprattutto quelli aperti da aziende agricole, ad un ritmo doppio rispetto a quelli aperti dagli agriturismi. In controtendenza si registra il segno meno per i mercatini (-5%), soffocati dalla burocrazia e frenati dalla preferenza dei produttori per lo spaccio in azienda. Le aziende agrituristiche crescono del 10% e diventano sempre più perno di molteplici attività, coinvolgendo diverse fasce di pubblico con diversi interessi, ma resta fondamentale l’attività didattica con le scuole. Segna un + 27% anche l’e-commerce, con nuovi siti aziendali che cercano un filo diretto con i consumatori. In fermento anche la ristorazione (+17%). Crescono le formule più veloci, più libere e meno costose, come caffetterie, bistrot, gastronomie, gelaterie e frutterie, ma soprattutto il bio diventa trainante in nuovi ambiti, mai toccati prima. Nonostante i conti siano sempre più difficili da far quadrare, aumentano i Comuni che introducono portate, piatti e menù bio nelle scuole. Sono più di 1.100 le mense scolastiche rilevate, con un balzo del 33% in tre anni. In sintesi, ecco l’andamento delle sette tipologie di operatori del biologico prese in esame dal Rapporto Bio Bank 2012, per numero assoluto nel triennio 2009-2011: • Gruppi d’acquisto solidale +44% (dai 598 del 2009 agli 861 del 2011). • Mense scolastiche +33% (da 837 a 1.116). • E-commerce +27% (da 132 a 167). • Ristoranti +17% (da 228 a 267). • Aziende con vendita diretta +16% (da 2.176 a 2.535). • Agriturismi +10% (da 1.222 a 1.349). • Mercatini -5% (da 225 a 213). Sulla base di quanto riportato da Bio Bank 2012, forniamo un breve approfondimento. 4.2.1 Gruppi d’acquisto I gruppi d’acquisto solidale continuano a lievitare, anno dopo anno, sulla base dei dati pubblicati in Tutto Bio 2012. Praticano l’agricoltura “relazionale” grazie ai rapporti diretti con i coltivatori ed alla garanzia d’acquisto preventivo di una certa quantità di prodotti, sperimentano la “certificazione semplificata”, aprono negozi al dettaglio all’insegna della filiera minima, investono nel fotovoltaico, ispirano la nascita dei gruppi acquisto terreni per avviare aziende agricole biologiche. Nel 2011, Bio Bank ne ha censiti 861, contro i 742 del 2010, con un’ulteriore crescita del 16%. Ma almeno altrettanti sono i gruppi informali.
  • 34. 34 I gruppi d'acquisto solidale sono veri e propri luoghi di condivisione e di scambio per praticare uno stile di vita più consapevole. Sono 35 i Gas che hanno cessato l’attività nel corso dell’ultimo anno, spesso per problemi organizzativi, ma oltre 150 quelli che l’hanno iniziata. In pratica a fronte di un Gas che chiude, ce ne sono più di quattro che aprono. Ma i Gas informali sono almeno altrettanti. Una realtà largamente presente al nord, che ne conta ben 528, oltre il 60% del totale, seguito dal centro con 239 (27,8%), e da sud e isole con 94 gruppi (10,9%). La Lombardia resta ampiamente la regione leader per numero assoluto con 213 Gas, pari al 25% del totale, seguita a distanza da Toscana ed Emilia-Romagna. Il Trentino-Alto Adige, tallonato da Valle d’Aosta e Toscana, guida ancora la classifica per densità con più di tre Gas ogni 100.000 abitanti. Oltre il 60% dei Gas è concentrato al nord, per un totale di 528. Segue il centro con 239 (27,8%), mentre tra sud e isole operano 94 gruppi (10,9%). I gruppi d’acquisto solidale sono la tipologia più dinamica, tra le otto prese in esame dal Rapporto. Con il più elevato tasso di crescita, continuano infatti a guidare l’andamento dell’ultimo triennio. Dai 598 rilevati nel 2009, sono infatti passati agli 861 del 2011, con un ulteriore balzo in avanti del 44%. 4.2.2 Siti e-commerce La ricerca di canali diretti di vendita passa anche per la grande rete. Sono 167 i siti di e-commerce attivi a fine 2011, rispetto ai 152 del 2010, con un incremento del 10%. In gran parte sono siti di aziende che propongono solo prodotti bio (54 siti), oppure molti prodotti bio (23) o alcuni prodotti bio (31). Crescono i siti dei negozi bio (31) e quelli di e- commerce vero e proprio (22), scendono i siti di e-commerce convenzionale con reparto bio (6), sulla base dei dati pubblicati in Tutto Bio 2012. Al nord sono attivi 74 siti, il 44,3% del totale. Seguono sud e isole con 54 (32,4%) e centro con 39 (23,4%). Le tre regioni leader per numero assoluto sono l’Emilia-Romagna, con 23 siti, seguita da Sicilia con 19 e Lazio con 17. La Basilicata ha invece l’indice più elevato per densità: 0,9 siti ogni 100.000 abitanti, contro la media nazionale di 0,3. Seguono Valle d’Aosta e Trentino-Alto Adige. Continuano ad aprire nuovi siti di e-commerce, segnando una crescita del 27% nell’ultimo triennio, interessante ma inferiore a quella del triennio 2008-2010. Passano quindi dal secondo al terzo posto. Erano 132 nel 2009 sono arrivati a 167 nel 2011. 4.2.3 HoReCa Con Ho.re.ca. s’intende quel settore commerciale che si riferisce all'industria alberghiera, alle imprese che preparano e servono alimenti e bevande (ristoranti, bar, caffè). Acronimo di Hotellerie-Restaurant-Café (ma la terza parola viene a volte identificata con Catering, o altre similari), viene ormai utilizzato per indicare il canale commerciale della bevanda e della ristorazione, o il canale commerciale alberghiero.
  • 35. 35 Per HoReCa ci siamo riferiti alle attività dell'ospitalità e della ristorazione, sulla base delle tipologie prese in esame da Bio Bank, come agriturismi bio, ristoranti bio e mense scolastiche bio, sulla base dei dati disponibili. Figura 22: L’evoluzione del numero dei canali distributivi per Ho.re.ca. 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011 Ristoranti bio 171 177 174 199 228 246 267 Agriturismi bio 804 839 1002 1178 1222 1302 1349 Mense bio* 647 658 683 791 837 872 1116 *l numero si riferisce ai Comuni in cui sono presenti mense scolastiche bio. Fonte: elaborazione Firab su dati BioBank Crescono le formule più veloci, più libere e meno costose, come caffetterie, bistrot, gastronomie, gelaterie e frutterie, anche se ancora costituiscono numeri di nicchia. Ristoranti Crescono più dell’8% i ristoranti bio in Italia: dai 246 del 2010 sono infatti passati ai 267 del 2011. Il censimento Bio Bank comprende ristoranti, pizzerie, self-service, fast food, bar, tavole fredde, take-away, gastronomie e locali specializzati come pasticcerie, gelaterie, frutterie, sulla base dei dati pubblicati in Tutto Bio 2012. In assenza di una normativa europea, il criterio adottato da Bio Bank per la selezione è la quantità di ingredienti bio utilizzati in cucina, che deve essere almeno del 70%. Prevalente la cucina vegetariana indicata da 145 attività, seguita da quella tipica e tradizionale, macrobiotica, vegan, allergie e intolleranze ed etnica. La Lombardia guida la classifica per numero assoluto con 65 ristoranti, oltre il 24% del totale. Seguono Emilia-Romagna e Lazio. Nettissima la concentrazione al nord, dove si trovano 168 ristoranti, pari al 62,9% del totale, seguono il centro con 76 (28,5%) e sud e isole con 23 (8,6%). Le Marche hanno sempre l’indice più elevato per densità con 1,5 ristoranti ogni 100.000 abitanti, oltre il triplo della media nazionale, pari allo 0,4. Seguono Emilia-Romagna e Valle d’Aosta. I ristoranti, per Bio Bank, si confermano al quarto posto nel 2011, passando dai 228 del 2009 ai 267 del 2011. Quello che però non emerge nella rilevazione, ma si sta presentando all’orizzonte, è che la vera novità, degli ultimi anni, è data dall’ingresso del biologico in tante realtà convenzionali, più che per una scelta salutistica e ambientale, soprattutto per la qualità e l’eccellenza delle materie prime di produzione biologica. Tra i casi più eclatanti quello di Ikea, la multinazionale svedese dell’arredamento, che nei ristoranti dei suoi 19 punti vendita in Italia utilizza già il 12% di materie prime bio sul totale degli acquisti. O quello di Eataly, tempio dell’enogastronomia italiana, che nei suoi ristoranti-negozi utilizza e propone il 10-15% di materie prime e di prodotti bio. O ancora il caso delle gelaterie Grom, trenta in Italia e cinque in giro per il mondo, dove il biologico incide già per il 40%.
  • 36. 36 Figura 23: Ristoranti bio 2011 Var. % '11/'10 Var. % '11/'09 Ristoranti bio Lombardia 65 32,7 35,4 Emilia Romagna 47 2,2 20,5 Lazio 27 -6,9 0,0 Marche 23 4,5 4,5 Toscana 21 -44,7 31,3 Totale Ristoranti bio 267 8,5 17,1 Fonte: elaborazione Firab su dati BioBank 2012 Agriturismi In crescita anche le aziende bio che offrono ospitalità nel segno della multifunzionalità, come indicato sull’Annuario del biologico, Tutto Bio 2012, anche se i numeri sono ancora contenuti. Alla produzione agricola di base hanno infatti affiancato nel tempo la trasformazione delle proprie produzioni, la vendita dei prodotti freschi e trasformati nello spaccio aziendale, l’attività didattica con bambini e ragazzi delle scuole fino all’accoglienza turistica vera e propria con ristorazione e pernottamento. Un mondo che si muove intorno e dentro l’azienda, secondo i giorni e le stagioni, coinvolgendo diverse fasce di pubblico con diversi interessi. Gli agriturismi bio censiti da Bio Bank hanno raggiunto quota 1.349 nel 2011, contro i 1.302 del 2010, con un incremento che si avvicina al 4%. Un’offerta concentrata nel centro Italia con 591 operatori, il 43,8% del totale, seguono il nord con 457 realtà (33,9%) e sud e isole con 301 (22,3%). Al primo posto per numero assoluto resta sempre la Toscana, regina incontrastata dell’ospitalità in fattoria, seguita da Emilia-Romagna e Marche. Nella classifica per densità si confermano al primo posto le Marche con 11 realtà ogni 100.000 abitanti, contro la media nazionale di 2,2. Seguono Umbria a quota 10,5 e Toscana a quota 7. Scendono dalla quinta alla sesta posizione gli agriturismi, con un incremento del 10%, passando dai 1.222 del 2009 ai 1.349 del 2011. Mense scolastiche Nonostante la crisi, sulla scelta del biologico nelle scuole non si torna indietro. Anzi, un nuovo impulso dovrebbe ora arrivare dall’adozione dei criteri ambientali minimi, da parte delle pubbliche amministrazioni, per l'acquisto di prodotti e servizi nel settore della ristorazione collettiva e nella fornitura di derrate alimentari. Lo prevede il decreto sugli “appalti verdi” pubblicato il 21 settembre 2011 sulla Gazzetta Ufficiale. E la cosa assume ancora più rilievo, dato che si tratta di un canale commerciale importante per le materie prime bio, con un giro d’affari stimato intorno ai 275 milioni di euro, sulla base dei dati pubblicati in Tutto Bio 2012. Il censimento Bio Bank, grazie alla preziosa collaborazione delle aziende di ristorazione che ci hanno segnalato l’impegno di tanti piccoli comuni, ha rilevato infatti 1.116 mense bio nel 2011, rispetto alle 872 del 2010, con una crescita del 28%. Fortissima la concentrazione al nord con 765 realtà, pari al 68,5% del totale.
  • 37. 37 Dal censimento Bio Bank del 1996, la Lombardia sorpassa per la prima volta l’Emilia-Romagna alla guida della classifica, per numero assoluto di mense bio, con 193 realtà, pari al 17,3% del totale. Al terzo posto il Veneto. Il Trentino-Alto Adige si conferma prima per densità, con più di 6 mense ogni 100.000 abitanti, contro una media nazionale di 1,8. Seguono Friuli-Venezia Giulia ed Emilia-Romagna. Il numero delle mense bio comprende il numero dei comuni che hanno scelto di introdurre in tutto o in parte prodotti bio nelle scuole pubbliche e il numero delle scuole private che hanno optato per il bio. Le cucine sono molte di più e ancora di più sono i luoghi di refezione. I pasti giornalieri sono invece arrivati a 1.111.000, contro i 1.053.000 del 2010 (+5,5%), sulla base dei dati pubblicati in Tutto Bio 2012. Un dato sottostimato, poiché sono 180 le mense che non hanno dichiarato il numero di pasti o che sono in fase di censimento. Il numero dei pasti giornalieri comprende quelli con l’intero menù bio, con molti prodotti bio, con alcuni prodotti bio o con una sola portata bio. Salgono dal sesto al secondo posto le mense, passate dalle 837 del 2009 alle 1.116 del 2011, con una crescita del 33%. 4.2.4 Mercatini Si svolgono soprattutto nei centri storici dei piccoli comuni, nelle piazze o lungo le vie del centro, ma anche sotto i porticati o nelle gallerie di antichi palazzi, nei parchi o nei giardini di scuole e parrocchie, presso monasteri o abbazie, nei mercati coperti o nei centri sociali. Sono i mercatini del biologico e della biodiversità, sulla base dei dati pubblicati in Tutto Bio 2012. Bio Bank ne ha censiti 213 con un calendario già programmato per il 2012, in leggera flessione (- 4%) rispetto ai 222 del 2011. Hanno chiuso i battenti 33 mercatini o non sanno ancora se e quando potranno ripartire. In particolare, quelli organizzati in collaborazione con i comuni risentono di un quadro di incertezza, ma spesso sono in difficoltà le associazioni che li promuovono o semplicemente l’iniziativa non ha suscitato l’interesse atteso. Ma resta una certa vivacità d’iniziativa, se è vero che sono 24 i mercatini che iniziano o riprendono la loro attività. Dei 213 mercatini bio, promossi da associazioni, comuni, pro-loco e consulenti, 22 sono mercatini della biodiversità tra vecchi semi, frutti antichi e animali perduti, sulla base dei dati pubblicati in Tutto Bio 2012. I mercatini bio sono concentrati soprattutto al nord che ne conta 145 (68%), mentre al centro se ne trovano 49 (23%), e tra sud e isole solo 19 (9%). L’Emilia-Romagna resta la regione leader per numero assoluto, con 36 mercatini, pari al 17% del totale nazionale, seguita da Lombardia e Veneto. Sempre l’Emilia-Romagna, quest’anno con la Valle d’Aosta, guida la classifica per densità, con quasi 0,8 mercatini bio ogni 100.000 abitanti, contro la media nazionale di 0,4. Seguono le Marche a quota 0,7. Segno meno per i mercatini (-5%), che registrano lievi contrazioni da qualche anno e scendono quindi dal settimo all’ottavo posto. Erano infatti 225 nel 2009 e sono scesi a 213 nel 2011. 4.2.5 Aziende con spaccio aziendale Sempre più produttori scelgono la vendita diretta. Sono infatti 2.535 gli spacci aziendali rilevati nel 2011 da Bio Bank.
  • 38. 38 Di questi, 1.351 sono presso aziende agricole (contro i 1.280 del 2010) e 1.184 presso agriturismi (erano 1.141 nel 2010). A trainare la crescita sono però gli spacci delle aziende agricole, saliti del 120% negli ultimi cinque anni, mentre negli agriturismi, dove la vendita diretta copre già l’88% delle realtà, lo spazio di sviluppo è più ridotto ed il ritmo dimezzato (+60%). Al nord si trovano 1.179 operatori (46,5% del totale), al centro 718 (28,3%), tra sud e isole 638 (25,2%). Al primo posto per numero assoluto si conferma l’Emilia-Romagna con 391 realtà, pari al 15,4%, seguita da Toscana con 335 e Veneto con 255. Rapportando gli spacci ai residenti troviamo al primo posto per densità le Marche con 11,6 spacci ogni 100.000 abitanti, poi da Umbria con 10,4 e Toscana con 8,9, contro la media nazionale di 4,2. Sulla scia della filiera corta sono in crescita anche i gruppi d’offerta che consegnano frutta e verdura a domicilio, ma anche altri prodotti freschi e trasformati. Sono infatti passati dai 28 del 2010 ai 33 del 2011, secondo quanto rilevato da Biobank. La vendita diretta continua la sua marcia (+16% nel 2011), anche se a ritmo meno sostenuto (+25% nel 2010), slittando dal terzo al quinto posto come incremento. 5.3 Indagine sulla vendita diretta di prodotti biologici Per svolgere un maggiore approfondimento sull’argomento, l’Ismea ha incaricato l’Aiab di svolgere un’ indagine sulla vendita diretta – realizzata nella primavera/estate del 2011 – che ha coinvolto un campione ragionato di 362 aziende agricole che svolgono attività di vendita diretta, nelle sue diverse forme: dalla vendita diretta aziendale al mercato del contadino, dai punti vendita collettivi ai GAS, dalle consegne a domicilio alle sagre locali, dall’e-commerce alla raccolta diretta in azienda, attraverso la realizzazione di interviste approfondite che hanno consentito di raccogliere, relativamente al 2010, informazioni di natura economico strutturale delle aziende ed approfondire il tema della vendita diretta, sia relativamente alle modalità di vendita diretta scelte, sia alle dinamiche che interessano il settore, sia agli scenari di sviluppo futuro previsti per la vendita diretta, sino ai vantaggi concreti per i consumatori. I risultati sono stati pubblicati dall’Ismea sull’ultimo Report economico finanziario7 , dedicato ai “Prodotti biologici, prodotti Dop e Igp, posizionamento prodotti a denominazione presso Gdo”. Quello che è emerso dall’indagine è che la filiera diretta può essere una valida risposta a percorsi alternativi di sbocco finalizzati sia a ridurre l’incremento dei prezzi lungo la catena distributiva del prodotto, sia a ridurre la presenza di squilibri nei rapporti di scambio, sia nel voler creare un nuovo modello di sviluppo basato sul rispetto ambientale, sulla diversificazione dei processi produttivi, sulla sinergia tra biologico e naturalità, tra tradizione e innovazione, tra consumatori e produttori. Ma vediamo nel dettaglio i risultati salienti dell’indagine. 7 ISMEA (2012) - Report economico finanziario IV volume: Prodotti biologici, prodotti Dop e Igp, posizionamento prodotti a denominazione presso Gdo. Ipsoa.Marzo 2012.
  • 39. 39 Le aziende intervistate svolgono prevalentemente attività di produzione vegetale, il 42% del totale, come riportato in figura 22, e un terzo quella di trasformazione; molti operatori, inoltre, coltivano e trasformano in azienda ciò che producono. Tale dato si spiega nella tipologia delle aziende che operano prevalentemente nel canale di distribuzione diretto (produttore-consumatore), caratterizzato anche da tanti piccoli e medi produttori agricoli, recentemente indeboliti dalla crisi economica, in modo maggiore rispetto alle grandi aziende, che hanno trovato nella vendita diretta un forte mezzo di sostentamento. In questi casi, si tratta di agricoltura biologica di piccola scala, dimensionata sul lavoro contadino e sull’economia familiare, prevalentemente orientata all’autoconsumo e alla vendita diretta, fondata peraltro su una scelta di vita più attenta ai valori della tutela dell’ambiente, della solidarietà e della giustizia. O ancora le molte aziende agricole biologiche di maggiori dimensioni che hanno annesso alla parte agricola anche quella dell’agriturismo dove in cucina si preparano e servono piatti di prodotti biologici del loro orto e la loro carne bio. Molti altri, oltre all’ospitalità in agriturismo o come fattorie didattiche o come cooperative sociali che svolgono, tra l’altro, attività di recupero e di riabilitazione per una serie di soggetti più fragili e deboli, hanno visto nella pluri-attività l’unico strumento adatto per mantenere la vitalità economica e sociale delle loro aziende agricole. Se analizziamo i dati solo dal punto di vista della distribuzione di frequenza delle aziende campione nelle classi di fatturato, emerge che, nel 2010, il 52% delle aziende dichiara un fatturato entro i 20 mila euro, il 39% non superiore ai 50 mila euro, mentre il 23% oltre i 50 mila ma non superiori ai 100 mila annui, il 26% tra i 100 mila euro e i 200 mila euro, il 7% si colloca nella fascia superiore, tra i 200 mila euro e i 300 mila euro, infine, il 34% supera i 300 mila annui (figura 24). Figura 24: Distribuzione delle aziende campione per classi di fatturato (%) 0 50 100 150 200 N.Aziende Classi di fatturato Fonte: Ismea su dati Aiab
  • 40. 40 L’ortofrutta risulta essere la categoria merceologica più venduta in filiera diretta, sia fresca che trasformata in azienda, soprattutto in conserve, passate di pomodoro, marmellate, mostarde, confetture, sughi e salse varie (figura 25). Se esaminiamo la localizzazione geografica delle aziende agricole del campione relativamente alle diverse tipologie di prodotto offerte in vendita diretta, le aziende ortofrutticole sono diffuse lungo tutto il territorio italiano. La Sicilia, ma anche altre regioni del Sud Italia e del Centro presentano aziende che commercializzano soprattutto il fresco, sia della frutta che della verdura. Mentre nel Lazio, nell’Emilia Romagna e nella Lombardia si registra la maggiore incidenza di aziende che coltivano e trasformano in azienda le loro produzioni ortofrutticole. È emerso, inoltre, dall’indagine che il maggior numero di aziende intervistate ricade nella fascia di vendita che destina quasi tutta o tutta la sua produzione in filiera diretta. Sembra quindi che l’azienda utilizzi tutte le strategie messe in campo dalla vendita diretta: lo spaccio aziendale anche sviluppato in un’ottica attrattiva per il consumatore, annettendovi anche strutture ricettive per l’alloggio e la ristorazione, l’individuazione di punti a maggiore concentrazione dell’offerta con un maggiore potere contrattuale, l’attuare diverse forme aggregative (associazioni e gruppi di acquisto che mettono insieme consumatori e produttori), innovare l’azienda sotto il profilo della multifunzionalità, fornendo una diversificazione dell’offerta che possa abbracciare una domanda sempre più attenta al biologico, alla qualità, alla tutela sociale e ambientale. Le aziende del campione vendono i loro prodotti biologici prevalentemente tramite lo spaccio aziendale, segue per importanza la vendita diretta tramite Gruppi d’Acquisto, con una impresa su tre che utilizza tale canale distributivo, e il mercato del contadino con il 27% circa di aziende interessate. Il canale Ho.Re.Ca. viene scelto da una azienda su dieci. Riguardo alle dinamiche della vendita diretta nel 2010 esse risultano decisamente positive: il 56% circa degli intervistati dichiara di registrare una crescita del proprio business. Figura 25: Distribuzione dei prodotti venduti dalle aziende campione (%) Frutticoli 21% Orticoli 19% Caseari 7%Carni fresche e trasf. 8% Miele 5% Olio 12% Vino 8% Pane e pdt da forno 1% Altro 19% Fonte: Ismea su dati Aiab
  • 41. 41 (figura 26). Tra gli intervistati che hanno registrato un incremento delle vendite, l’incremento medio ponderato è risultato dell’11%. Analizzando i dati del campione, ma non ponderati, prevale il segno positivo tra l’1 e il 5%, rispetto al 2009, per il 55% circa degli intervistati che hanno registrato un aumento di vendite nel 2010. Da un punto di vista economico, la convenienza del prezzo dei prodotti acquistati in vendita diretta è stata ed è ancora oggi un punto di forte attrazione per i consumatori. Il campione di aziende intervistato ha tenuto molto a puntualizzare su tale variabile dei prezzi esibiti in vendita diretta, definendoli molto più bassi di quelli che si trovano nelle altre forme di commercializzazione più diffuse, come ad esempio la Grande distribuzione. In ogni caso, il campione di aziende che ha risposto a tale domanda ha indicato prevalentemente una stabilità nelle quotazioni medie dei prodotti biologici venduti in filiera diretta, nel 2010. Le aziende intervistate, alla domanda su quale canale di vendita diretta ritengono maggiormente calato ad una domanda del consumatore, maggiormente attenta agli alimenti sani e naturali, e quindi anche ai prodotti biologici, hanno risposto prevalentemente con i Gruppi d’Acquisto, seguito dai mercatini (da considerare che gli operatori hanno tenuto a precisare quelli biologici e non i farmer’s market in generale che pur presentando prodotti a forte valenza territoriale ed ecosostenibile, non sono però sempre certificati biologici) e dalla vendita diretta aziendale. Tra i canali interessanti e ritenuti dagli operatori da sviluppare maggiormente anche l’HoReCa, con in primis la ristorazione, che permette di arricchire con prodotti biologici freschi e di qualità i diversi menù proposti. Ma mostrano interesse anche le formule più veloci, più libere e meno costose, come caffetterie, bistrot, gastronomie, gelaterie e frutterie; tutto concorre a mostrare un settore come il bio che diventa trainante in nuovi ambiti e che ispira maggiore fiducia da parte degli operatori. Relativamente agli scenari futuri che si prospettano per tale canale di vendita, la maggior parte delle aziende del campione è stato concorde nel dichiarare una crescita di tale canale di vendita nei prossimi anni. In ogni caso, la vendita diretta, a detta degli intervistati, sembra che presenti maggiori margini di crescita rispetto ai canali più tradizionali del dettaglio, a fronte dell'evoluzione del comportamento dei consumatori, sempre più attenti alla provenienza e sicurezza dei prodotti alimentari, alla sostenibilità ambientale dei processi di produzione e distribuzione e al sostegno dell’economia locale, seppure con una particolare attenzione al prezzo. In ogni caso, pur con un peso ancora non rilevante dal punto di vista dei fatturati generati, il canale di vendita diretta sta crescendo in modo talmente considerevole, molto di più e con ampi margini rispetto a quello tradizionale, come sembra emerso dall’indagine Ismea, confermando ciò che negli ultimi anni viene indicato dai dati Biobank. Il presente Report è stato chiuso a settembre 2012.