1. Lateral Traning business edition,
all rights reserved
Numero 2, anno 2015
The Circle
Il publishing e il gossip
magazine di innovazione, comunicazione e marketing
il nuovo marketing
2. Il web cresce. Ogni giorno.
Piattaforme, idee,
prospettive di business.
Nel mare di offerte e nuove
possibilità si rischia, però,
di non avere le idee chiare.
Il web è nudo. Viva
il web
Editoriale
Dove si va questa sera?
E, soprattutto, cosa farò da grande? Con tutto questo casino non si capisce più niente. Gli stimoli arrivano da
ogni parte e, anche se con approcci e metodi molto diversi, tutti sono d’accordo con il dire che il web ci salverà
e che la rete, oggi, è davvero l’unica dimensione possibile.
Noi non sappiamo se è davvero così, visto che la maggior parte dei modelli di business legati a internet in que-
sto momento sono in una fase di sperimentazione, ma è certo che se togliamo per un momento di torno il sel-
vaggio e affascinante mondo del web non sembra esserci più nulla.
The Circle lavora su questo. Cerca di individuare i punti salienti e mettere in risalto i pregi e i difetti di questa
incredibile rivoluzione, ormai aperta su tutti i fronti. Speriamo di esservi utili.
3. Publish... che?
- un tempo si chiamava editoria
- cosa fa il curatore di contenuti
- chi scrive, chi pubblica, chi legge
L’arte del sarcasmo
-fisiologia della rete
Utroll
- Twitter sucks
Sommario
4. Per molti il publishing si
esaurisce con gli ebook.
Per altri, è un orizzonte
talmente sfocato da non
valere neppure la
scommessa. Poi, ci sono
gli entusiasti che vedono
nel nuovo la panacea di
tutti i mali. Ma,
esattamente, che roba è il
publishing?
di Davide Pellegrini
Publish... che?
5. 4
Un tempo si chiamava editoria.
Ma non è la stessa cosa, diciamolo. Il mondo dei libri come lo
conoscevamo era una cosa, ora si parla di contenuti in movi-
mento, che dai libri in formato elettronico arrivano al web pas-
sando per i tablet e gli smart phone.
Il publishing, oggi, ha davvero poco a che vedere con l’editoria
classica. Non si lega in esclusiva al mondo dei libri, della lettera-
tura e della saggistica; non finisce nel calderone delle riviste,
siano essi quotidiani o periodici, o nel fenomeno della free
press. Noi, oggi, ci troviamo di fronte un’epoca diversa, in cui
per la prima volta il messaggio supera in modo sproporzionato
il mezzo. McLuhan lo avrò pure previsto, dico, che prima o poi
la sua teoria sarebbe andata a farfalle. La produzione di conte-
nuti free online ha raggiunto livelli mai visti prima, e non solo
grazie ai social, ma per effetto della maggiore facilità e versatili-
tà dei mezzi, di tutti i mezzi tecnologici. Questo non significa
che tutto quello che viene prodotto abbia necessariamente sen-
so e sia utile leggerlo o guardarlo (visto che siamo nell’epoca
del video-content). Senza dubbio, però, è un fenomeno che va
studiato. E bene.
Il publishing è un fenomeno in cui convergono gli editori e i re-
dattori che pubblicano per mestiere (come del resto i giornali-
sti), gli appassionati che curano un sito o un blog su un determi-
nato argomento, oppure gli utenti occasionali, quelli che appro-
fittano della semplicità delle nuove tecnologie per pubblicare
spunti, idee, immagini e video, magari riproponendoli in una mo-
dalità di iper-citazione. Twitter e Facebook vivono in modo più
che florido grazie a questa emorragia senza fine di milioni di
contenuti continuamente riproposti dalla rete. Ciò non toglie, pe-
rò, che per chi si affaccia al mestiere questa, in realtà, possa es-
sere una gran fortuna, un vantaggio. Si afferma, finalmente di-
ciamo noi, la professione del curatore di contenuti.
6. 5
Cosa fa il curatore di contenuti.
Il curatore attuale si occupa di trasformare le esigenze di comu-
nicazione e promozione dei prodotti e dei servizi di un’azienda
o di un cliente in un percorso di senso per mezzo della costru-
zione di un medium di contenuto. Diciamolo in modo semplice.
Un curatore conosce il mondo dei contenuti editoriali e i modelli
della comunicazione; conosce piuttosto bene l’applicazione e
l’uso dei content management software e dei vari editor sul
web, e sa usare alla perfezione i social network; ha una specifi-
ca competenza nella progettazione di strumenti editoriali come
magazine, siti web, house organ, pubblicazioni multimediali,
ecc.; conosce, e non solo in modo superficiale, gli strumenti di
indicizzazione, posizionamento, disseminazione e analisi dei
contenuti realizzati e divulgati sui vari canali di trasmissione
(web, tablet, smart phone). Un curatore sa leggere un brief e in-
dividuare gli obiettivi di una campagna di contenuto in perfetto
equilibrio tra trend del momento e definizione del target. Per
questo, di fatto, sono figure così difficili da trovare. Si informano
sui casi più popolari di successo del momento, vagano per piat-
taforme social, portali di publishing, aggregatori di bookmark,
piattaforme di video seeding, web-zines e chi più ne ha più ne
metta.
I curatori sono al passo coi tempi e stanno sul pezzo, perché
seguono l’evolvere della comunicazione, ma la loro vera abilità
è unire a queste naturali inclinazioni la conoscenza della comu-
nicazione d’impresa. Sanno interpretare l’immagine e i valori di
un’azienda e la riescono a rendere comunicabile grazie alla
messa a punto di una strategia digital. Non è poco, davvero. So-
prattutto, non è poco farlo bene.
Il lavoro, in grande crescita, è così complesso che hanno già
preso piede sul mercato dei veri e propri motori, in grado di mo-
nitorare le fonti, di organizzare e contestualizzare le informazio-
ni, e di pubblicare e promuovere il contenuto ovunque. Va da sé
che, trattandosi di una fase ancora embrionale, nessun softwa-
re può garantire il risultato, a parte l’esaltazione delle conquiste
della ricerca semantica e la possibilità di rielaborare in modo
molto veloce ed efficace i files presenti nel web. Da quel punto
di vista strumenti come Curata risultano davvero innovativi. Ma
il punto è: davvero il contenuto può diventare il prossimo merca-
to? E se così fosse, come fare per controllare la direzione in cui
si sviluppa? Ragioniamoci su.
7. 6
Chi scrive, chi pubblica, chi legge.
Per capire come sta evolvendo il settore, facciamoci queste do-
mande e cerchiamo di riflettere creando una sorta di mappa dei
comportamenti, dal più professionale all’amatoriale:
Chi scrive - il giornalista, che deve per necessità integrare la
carta stampata con il digitale, vista la prepotenza e l’aggressivi-
tà delle tecnologie; il redattore che, non più al sicuro nel settore
dell’editoria tradizionale ha bisogno di rinnovare il proprio lavoro
per il tramite di nuove competenze curatoriali; il content mana-
ger, che lavora per altri e ha il compito di mantenere costante il
flusso di aggiornamenti dei siti web o dei social network; l’aspi-
rante scrittore, stanco di aspettare la sua opportunità con una
casa editrice più o meno nota, di cui ignora i meccanismi; il gra-
fomane, che occupa in modo compulsivo qualsiasi spazio digita-
le in suo possesso con citazioni, segnalazioni, commenti;
Chi pubblica - il grande gruppo editoriale che, ad oggi, ha vis-
suto di un modello di finanziamento pubblico e non ha avuto la
stretta necessità di puntare sul digital; la media e piccola casa
editrice, che deve rinnovarsi e definire un nuovo sistema di pro-
gettazione, realizzazione e distribuzione dei libri; il grande grup-
po media, che lavora su importanti volumi di content providing
per i propri clienti; l’agenzia pubblicitaria e di comunicazione
che studia siti e campagne ad hoc; lo scrittore indipendente; il
solito vecchio-caro grafomane;
Chi legge - chi è abituato a leggere il quotidiano la mattina; gli
appassionati di libri; i fissati con la saggistica del momento o
con qualunque nuovo periodico in edicola; i giornalisti e redatto-
ri in cerca di ispirazione; i content manager in cerca di ispirazio-
ne; tutti gli utenti dei social network; tutti gli utenti più o meno
sporadicamente. In questo caso, l’elenco dei lettori potrebbe
continuare all’infinito, per dire che potenzialità immense offre, di
fatto, il mondo della produzione di contenuto.
Una volta messo in chiaro il settore, per così dire, possiamo pro-
cedere a posizionarci in uno di questi segmenti. Sia chiaro, trat-
tandosi il fatto che si parla di lavoro, facciamo in modo di pianifi-
care al dettaglio quello che siamo già in grado di fare, quello
che vorremmo e che potremmo fare per ottenere risultati e gua-
dagni. Diamo uno sguardo ai software.
8. 7
In questo spot-intervista si parla di Pearltrees, fondata da Patri-
ce Lamothe e Alain Cohen, un software gratuito che permette di
organizzare la rete dei propri contenuti mediante un approccio
visual e una tecnologia touch (eccezionale l’applicazione Ipad
che trovate qui). È un ottimo modo per cominciare quel lungo
lavoro di razionalizzazione del flusso imponente di informazioni
che troviamo ogni giorno sul web tra link, RSS, e quant’altro.
Non fatevi spaventare dall’apparente complessità dell’applica-
zione. In rete trovate davvero moltissimo intelligenti tutorial, ba-
sta andare su YouTube e digitare: Pearltrees tutorial, troverete
filmati, slide (su slideshare) o keynote esplicativi della stessa
Pearltrees. Se vuoi saperne di più, scrivici.
Pearltrees: tecnologia touch e content curation
Guarda il video
9. “Nessuno condivide un
suo post su FB. Gianni
Morandi tenta il suicidio”,
così titolava un articolo
apparso su Lercio.it, una
testata satirica che
accompagna le nostre
giornate. A colpi di
visualizzazioni... circa
360mila.
di PieroPiero
L’arte del sarcasmo
10. La tendenza è
partita da Spinoza.
Poi, la satira sul
web è esplosa in
mille forme
diverse. Da Lercio
a Libernazione, tra
demenziale e
cabaret, i nuovi
magazine digitali
sfidano le
convenzioni e
diventano le
uniche voci davvero critiche e attendibili in un paese
tutto sommato bloccato, e che non lascia spazio a
nuovi modi di esprimere e comunicare la creatività.
Il fatto davvero incredibile? Il loro successo in
costante crescita, che come un’epidemia sta
conquistando tutti.
9
Fisiologia della rete
Perché in Italia la comicità intelligente non ha spazio? La rispo-
sta più scontata a un simile interrogativo è che da noi il pubbli-
co è ignorante pure quando si parla di ridere e scherzare e, so-
prattutto, dorme da piedi.
Ma davvero?
Giuro.
Questa, però, è una storiella che non fa più ridere. Se c’è una
cosa di cui il nostro paese dispone in misura illimitata è il sarca-
smo e la capacità immediata della gente di creare giochi di paro-
le, battute, invenzioni tra il cinico e il disincantato. Nessun posto
fa eccezione, a modo suo ogni luogo fa scuola a sé. A Roma,
ad esempio, tempo fa sono andato a mangiare in una trattoria
romana e ho domandato all’oste (o si dovrebbe dire trattore?):
Scusi, che vuol dire spezzatino alla genovese?
Che te ne diamo poco.
Devo dirvi che di situazioni simili ne potrei raccontare a palate.
Ne vivo ogni giorno una diversa.
La Satira che tira
L’arte del sarcasmo
La Satira che tira
L’arte del sarcasmo
11. 10
Questo, però, fa parte della vita reale quanto di quella fittizia.
Anzi, a dirla tutta, l’esplosione in rete del sarcasmo, dell’umori-
smo dissacrante, seguono una tendenza che, grazie alla facilità
di condivisione permessa dalle tecnologie, non ha fatto che ac-
centuare alcuni comportamenti assai diffusi. Vediamo:
✓ Ogni notizia si gonfia e diventa dibattito - l’informazione
diventa occasione per un botta e risposta infinito, spesso de-
menziale, scherzoso, caustico;
✓ Le persone giocano a darsi un tono - spesso si atteggiano
e dicono di essere qualcosa che non sono, come in un gioco
dei ruoli;
✓ L’anonimato e la dispersione rassicurano - soprattutto per
quel che riguarda i social network, che rappresentano in un cer-
to senso una vera e propria valvola di sfogo, il bombardamento
quasi nevrotico di messaggi e la possibilità di mimetizzarsi nel
flusso di gente permette di prendere tutto con estrema leggerez-
za;
✓ La rete sostituisce ormai il pettegolezzo - l’80% del traffico
sui SNS è costituito da gossip, notizie futili, momenti di folklore.
La comicità e la satira hanno un posto d’onore.
Bisogna sempre tenere a mente che il vero motore dei social è
un ben preciso schema comportamentale: si acquisisce il dato,
la notizia, l’informazione; si interpreta, confrontandosi uno con
l’altro; si esprime un punto di vista.
La Satira che tira - Fisiologia della rete
Le persone si danno importanza, diventano filosofi,
scrittori, istrioni, anche a costo di esporsi e, in taluni
casi, sembrare affettati.
12. 11
Ci sono, poi, i casi di pagine costruite per creare un fenomeno
di costume attorno allo sfottò di un personaggio. In alcuni casi
si ignorano gli autori, in altri sono operazioni spiritose nate per
divertire la rete e creare una “stanza” nella quale è possibile an-
dare ogni volta che si ha bisogno di un sorriso. Un esempio è la
pagina FB Le più belle frasi di Osho, arrivata in pochissimo tem-
po a 98mila like e ancora in costante crescita.
Guarda il video
Un’intervista all’autore.
Alcune delle immagini più divertenti della pagina
La supervisione
editoriale è a cura
dell’Edicoletta
13. Chi sono i troll? Cosa
fanno di preciso e perché
sono pericolosi? Non è
passato molto tempo
dall’annuncio shock
dell’AD di Twitter Dick
Costolo che rivelava di non
essere riuscito a
proteggere la sua
piattaforma
dall’infiltrazione di questi
minacciosi figuri
specializzati in zizzanie e
risse mediatiche. Vediamo.
di Venanzio
Utroll
14. 13
Twitter sucks
Era febbraio. Dick Costolo, Ad del passerotto,
dichiara che Twitter fa decisamente schifo in
quanto a prevenzioni dagli attacchi di frustrati
e violenti che infastidisco gli utenti con abusi,
offese e minacce. Sono i troll, la nuova minac-
cia del web.
Dice Costolo:
Non è un segreto, e il resto del mondo
ne sta parlando quotidianamente. Stia-
mo perdendo uno dopo l'altro molti
utenti affezionati, utenti della prima ora,
perché siamo stati incapaci di affronta-
re gli insulti e i troll che li perseguitano.
Ma chi sono esattamente? Il troll, che all'origi-
ne era un mostriciattolo maligno nelle leggen-
de scandinave, è un termine ormai consueto
nel gergo di Internet. Così lo definisce Wikipe-
dia:
Un troll è una persona che semina di-
scordia sulla Rete, litiga, offende gli al-
tri con comportamenti ostili e aggressi-
vi volti a creare discussioni e provocare
reazioni emotive.
Un rompiscatole, quindi, un cattivo personag-
gio con cattive intenzioni; soprattutto, dice Co-
stolo, una situazione incresciosa che ha fatto
perdere a Twitter svariate migliaia di aficiona-
dos. Facebook, dal canto a ben altro sistema
di sicurezza, ammettono nella sede del passe-
rotto. La soluzione sembra essere quella di
tracciare in modo più mirato e scientifico il pro-
filo di questi presunti seminatori di odio e, più
che bannarli, silenziarli con punizioni e provve-
dimenti esemplari.
Eppure, anche se è davvero difficile crederlo,
la maldicenza, l’aggressività, l’offesa o il liti-
gio, se dovessimo guardare alla fisiologia del-
la rete, rappresentano un suo nutrimento natu-
rale, un vero e proprio motore. Ricordiamoci
che dove c’è zizzania c’è pubblico. Non stia-
mo dicendo certo che sia un bene, ma è un
fatto e come tale, dal punto di vista del marke-
ting ha il suo valore. In questo senso ci sentia-
mo di lanciare un guanto di sfida. Facciamo
esempi concreti:
Si annuncia in questo mese - siamo a giugno
del 2015 - il matrimonio tra il controverso An-
drea Diprè, ormai noto “cattivo” personaggio
del web, e Sara Tommasi, fresca pornodiva
italiana balzata alle cronache per la sua discu-
tibile salute mentale. La bad reputation di Di-
prè (che ormai deve aver intuito i meccanismi
del successo mediatico e si è annunciato pro-
feta di una nuova filosofia riassunta in Sesso,
Droga e Cash) sembra non frenare, anzi acce-
lera la corsa al successo dell’equivoco critico
d’arte. La sua pagina facebook conta quasi 1
milione di viewer e, vista l’adorazione dell’ita-
liano medio per il trash, per la trasgressione e
per le cattive abitudini, ha tantissimi seguaci
attivi, come dimostra l’incredibile sequela di
like su ogni suo video.
Guarda il video
15. 14
Sia chiaro che non stiamo esaltando il cattivo esempio. Stiamo dicendo che, dal punto di vista dello storytelling, visto anche l’abbassar-
si del livello medio culturale dell’utente dei nuovi media, i fenomeni più seguiti sembrano essere proprio quelli che meglio si legano al-
l’immaginario collettivo. In un periodo di crisi di valori, difficilmente le rete potrà restituirci un’immagine incoraggiante e positiva del mon-
do; semmai, la spinta sarà verso temi e argomenti provocatori, spesso equivoci, facilmente trasgressivi e tendenti all’iperbole dello
scoop e del caso shockante, tra sorpresa e folklore.
Qualche tempo fa Roberto D’Agostino, uno dei grandi antesignani del genere, in occasione dei quindici anni di Dagospia rivelava che il
suo sito in un paese normale non potrebbe neppure esistere. Poi, afferma: “Quello che pubblico ogni giorno muore la sera stessa, e
l’indomani è spazzatura perché ho già una nuova notizia.
Le mie informazioni sono le feste, i personaggi che fre-
quentavo”, e ancora “Francesco Cossiga una volta mi dis-
se ‘vedi Roberto, il potere vero è da un’altra parte, quello
che vedi è un teatrino, sono lì messi a recitare un ruolo da
quelli che contano davvero. E’ tutta una finzione’ “.
con circa 107mila euro di utili nel 2014, Dagospia si attesta come
uno dei più consultati siti d’Italia con circa 2,6mln di utenti unici
al giorno.
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16. 15
Quali scenari professionali si possono aprire:
1. Si possono creare tormenti, spazi di decompressione dallo stress quotidiano e inventare un approccio sarcastico e satirico a tutto ciò che succede at-
torno a noi. La surrealtà in cui versa lo stato della politica, dell’economia e della società italiani dovrebbe essere di grande aiuto;
2. Si possono mettere a punto competenze di social media marketing e storytellinge e mettere fuoco le tecniche che consentono di inventare strategie di
visibilità e notiziabilità anche, perché no, sfruttando la naturale propensione degli utenti alla curiosità, al commento, battibecco e al botta e risposta;
3. Si possono offrire servizi mirati dio cotent management e micro-marketing, partendo proprio dalla costruzione di un caso mediatico (che faccia presa
su argomenti e temi di facile coinvolgimento emotivo) per farlo crescere nell’immaginario dei proprio utenti quotidianamente con upgrade e aggiorna-
menti;
Qualsiasi sia la scelta, con questo secondo numero di The Circle, vogliamo documentare le trasformazioni in atto nell’universo dei media, raccogliere qual-
che spunto interessante di riflessione e regalarlo ai lettori. Speriamo davvero di esserci riusciti.
Prossimo numero:
la formazione e la tecnologia
Editor in chief - Davide Pellegrini
Supervisione editoriale - Francesca Fornari
A cura di
Edicoletta