3. • Sono la risultante di una analisi su ciò che non va nel Paese
• La loro promozione viene vista come la «soluzione» ad alcuni
mali di sistema
• Sono l’architrave di quel che poi diventa «il metodo RENA»,
descrivono come si fanno le cose «per bene»
• Si ritiene che una loro maggiore diffusione darebbe origine ad
un Paese migliore, un Paese «a regola d’arte»
• Sono valori che valgono tanto per gli individui, quanto per le
organizzazioni, per il pubblico e per il privato, per la società civile.
• Rappresentano delle nuove «faglie di rottura» in grado di
sezionare la società secondo dicotomie diverse da quelle
tradizionali (destra/sinistra; Stato/Mercato).
• Ogni ambito di policy potrebbe essere letto attraverso la
prospettiva dei 4 valori. Di fatto questo esercizio non è mai stato
portato avanti esplicitamente e strutturalmente.
I valori di RENA
9. Le azioni di RENA
• Da subito vengono selezionati ambiti di intervento prioritari
• Sono aree «di sviluppo» percepite come beni comuni;
investimenti in queste aree portano a benefici di sistema ed
esternalità positive per tutta la società italiana
• Le quattro aree «originarie» evolvono nel tempo (sviluppo delle
comunità locali diventa sviluppo dei territori, innovazione diventa
innovazione sociale, si aggiunge la cultura, si aggiungono i temi
del Festival)
• Sono sempre state considerate come un «dato di fatto», forse è il
momento di rimetterle in una nuova cornice
11. Ricercare RENA fuori da RENA
• La call «pionieri» nasce con l’intuizione di cercare soggetti simili a
RENA, fuori da RENA. Per entrare in contatto con chi stava
generando innovazione nelle aree di attività di nostro interesse.
• Lo sguardo di RENA si sposta quindi più verso l’esterno. E RENA
non si concepisce più come attore chiave di un processo di
cambiamento. Ma come abilitatore di una rete interessata ad
abilitare e valorizzare chi produce risultati sul campo
14. Chiamare a raccolta chi genera cambiamento
• Nel 2014 abbiamo deciso di elevare al quadrato l’esperienza di
Pionieri, chiamando a raccolta quella che poi avremo definito (in
parte) la nostra costituency.
• Il Festival nasce come una esperienza di incontro e racconto
collettivo
• Già dalla seconda edizione però si specificano meglio le funzioni
di questo appuntamento: ispirare, connettere, formare
• Si moltiplicano i temi affrontati e le comunità a cui ci si rivolge
• Denominatore comune è sempre l’analisi del cambiamento e di
chi il cambiamento lo fa
17. • La strategia 2014-2016 segna una svolta per RENA. Si sancisce la
necessità di lavorare nella società, nei territori e nelle comunità
per alimentare una domanda di innovazione. C’è un movimento
da creare prima ancora che una offerta politica da strutturare.
Agire sul lato della «domanda di cambiamento»
22. Importanza della concretezza
• «Facciamo progetti, non manifesti»
• «Impatto, non testimonianza»
• La dimensione pratica e la dimensione dell’esempio sono
sempre stati molto importanti in RENA.
• Così come a «chi fa» è sempre stato tributato un maggiore
riconoscimento implicito (non in opposizione a chi pensa… ma a
chi parla)
• Anche nell’organizzazione interna e nei progetti, non dovrebbe
esistere proposta non seguita da una assunzione di
responsabilità
• Insegnamento da Edgeryders: Who does the work calls the
shots. No one gets to sit on the sidelines and tell people not to
do stuff. If you want to make it better, get involved!
24. L’importanza del fare le cose per bene
• Quel che distingue o dovrebbe distinguere RENA rispetto alle
altre organizzazioni è l’attenzione al metodo con cui si fanno le
cose. Nella convinzione che qualsiasi cosa fatta con un metodo
diverso dia luogo ad esiti diversi.
• Il metodo RENA è la risultante dei suoi valori: apertura e
trasparenza dei processi, responsabilità nel portare avanti gli
impegni e responsabilizzazione delle parti coinvolte, gestione
della complessità, rifiuto della semplificazione e di posizioni a
prescindere ideologiche
• Di fatto «il metodo» non è però mai stato codificato. O meglio,
non è stato elaborato a sufficienza e trasformato in linee guida
26. • Prima ancora dei «pionieri», c’era tra i riferimenti spesso utilizzati
in RENA quello dei “cavalli di Troia”
• Individui «orientati» al cambiamento, che operano all’interno di
organizzazioni e istituzioni, cercando di innovare
• Obiettivo di RENA è quello di scovare queste persone o realtà e
aiutarle ad innovare
• I «cavalli» di razza non sono molti, vanno curati
• Ci dobbiamo preoccupare di allevare i cavalli di razza del futuro
• Cosa importante, queste persone agiscono all’interno di
istituzioni e organizzazioni, cambiandole da lì, giorno dopo
giorno.
• Del cavallo di Troia si postula la solitudine. Per questo RENA li
vuole mettere in rete e vuole creare ambienti in cui queste
persone si nutrano a vicenda
Cavalli da allevare
28. Micro interventi che genera cambiamenti
sistemici
• Ad un certo punto si è postulato che gli interventi di RENA
dovessero essere simili all’agopuntura
• Piccoli interventi, che quasi non si notano all’inizio, ma che sono
in grado di generare cambiamenti di sistema
• Ci vuole quindi una precisione chirurgica, la capacità di
identificare i nodi di un sistema ed agire su di essi
• L’agopuntura è anche una tecnica di intervento «leggera», non
invasiva, che necessita pochi mezzi ma una pluralità di azioni da
implementare allo stesso tempo
• Gli effetti di questi interventi sono generalizzati e duraturi nel
tempo
30. Fare cose per cui poi non sia più possibile tornare
indietro
• Altra caratteristica delle attività di RENA è che dovrebbero
istituire dei nuovi standard
• RENA punta a dimostrare che alcune cose si possono fare meglio
o in un modo diverso, per «educare» chi viene coinvolto da
queste azioni e fare in modo che non possa poi volere niente di
meno.
• Se gestisco un processo di policy in modo che sia trasparente e
partecipato, poi nessuno vorrà tornare a decisioni prese in
stanze chiuse da burocrati
• RENA dovrebbe agire su elementi di innovazione che generano
comportamenti virtuosi per definizione o per definizione.
• Se «libero» dei dati faccio in modo che li possano utilizzare molte
più persone. Ma soprattutto faccio una cosa che difficilmente
potrà essere rovesciata.
• In questo senso i cambiamenti a cui ambisce RENA sono
irreversibili
31. Ogni occasione è
buona per far passare i
giusti messaggi
(anche comportandosi
come corsari)
32. • Ogni progetto, ogni contesto, può essere buono per «portare
avanti» l’idea di un Paese a regola d’ARTE
• Ogni policy può essere «utilizzata» per raccontare una idea di
Paese, per cui vale la pena di farlo
• Ogni progetto è l’occasione per mostrare una diversità, dunque
va fatto con la stessa attenzione e cura di una riforma nazionale
• Le occasioni si creano sempre, anche senza permesso. Si
possono inserire all’interno di progetti o provvedimenti
dispositivi in grado di dare vita a cambiamenti irreversibili. Anche
e soprattutto se i nostri interlocutori non ne sono consapevoli
Provarci sempre
34. Non funziona più come prima
• Quasi mai è possibile progettare una cosa dal principio, a partire
dalle fondamenta (mancano risorse, tempo, consapevolezza,
capacità organizzative)
• Ciò non vuol dire che bisogna rinunciare ad agire
• Possiamo iniziare da qualsiasi pezzo del puzzle per comporre un
disegno più generale, per stimolare un bisogno.
• A volte si può partire dal realizzare un comignolo, anche se
sembra contro intuitivo.
• Poi , se lo facciamo bene, magari la gente dire: ma tu guarda che
bel comignolo! Ci starebbe bene anche un tetto.. E noi
riusciremo a fare anche il tetto.
• L’importante è avere sempre chiaro il disegno generale.
36. Tra buon governo e cittadinanza responsabile
• I documenti, i progetti e le dichiarazioni di RENA sono da sempre
espressione di una maniera di leggere la società, che non
sempre siamo riusciti a far emergere come potremmo
• Viene messa in discussione la supremazia o la centralità della
politica e delle istituzioni, che vengono visti come ambiti di
impegno tanto importanti quanto l’associazionismo, il fare
impresa, l’essere un buon cittadino responsabile o una madre o
un padre di famiglia
• Si teorizza che da ognuno di questi punti si possa fare la propria
parte. Per ottenere dei risultati gli attori devono però coordinarsi
e condividere priorità. Serve la capacità di mobilitare tutta la
società per generare cambiamento (non basta una buona
norma, non basta una impresa che funziona).
• Le teorie dell’innovazione sociale poi configurano un rapporto
nuovo tra attori sociali e stato, dialettico. In cui il pubblico gioca
un ruolo chiave nell’abilitare gli altri soggetti e nello scalare le
forme di innovazione
37. I sei stadi dell’innovazione sociale (via Nesta)
38. Non solo Stato, non solo Mercato, non solo società
civile (via Nesta)
42. Andare oltre
• Superare dualismi (Pubblico/Privato, Profit/NonProfit,
Collaborazione/Competizione)
• Andare oltre trade off classici (economico/sociale;
crescita/comunità, sicurezza/libertà)
• Rompere le separazioni per ri-generare nuovi meccanismi di
produzione del valore
• Ibridi sono generativi e generatori di comunità
• Ibridi ricombinano beni pubblici, beni privati e beni relazionali
• Ibridi ricompongono valore d’uso, valore di scambio, valore di
legame
43. Comunità
Comunità per l’interesse generale
•Antidoto alla chiusura (nimby)
•Non solo reti (contratti & substrati)
•Consapevolmente multi-stakeholder
•Minoranze attive (enzimi)
Comunità per la transizione
•Sviluppano proprie economie
•Ne intercettano di esterne (per trasformarle)
•Dotate di forme sofisticate di redistribuzione
Comunità per il cambiamento
•Scommettono su se stesse
•Non hanno paura degli alieni
•Innescano e soprattutto innestano
•Sono policy maker
45. Sistemi, macchine, innovazione non
episodica
• L’ingresso in associazione di Lanfrey e Solda ha stimolato un
pensiero più raffinato sull’innovazione sociale (vista come teoria
di cambiamento) e su coinvolgimento e partecipazione (obiettivi
da raggiungere con strumenti e azioni precise)
• In generale, si afferma l’idea che l’innovazione non sia un caso. E
che ci sia una dimensione organizzativa da prendere
maggiormente in considerazione
• Così come si afferma l’importanza della generazione di cornici di
senso.
• L’innovazione ha infatti senso solo se non episodica.
• Per raggiungere i propri obiettivi occorre misurarsi, misurare il
proprio fabbisogno di risorse e dare vita ad assemblaggi tra
realtà e sistemi tra loro diversi
50. Non solo talento
• Durante i primi anni di RENA merito e meritrocrazia sono due
parole molto in voga
• Si vuol far passare l’idea che di fondo non siamo tutti uguali, che
alcuni risultati occorre meritarseli, che non tutto può essere
considerato scontato
• Nel corso degli anni il focus passa da talento (individuale) alla
misurazione degli impatti.
• Mostrare la bontà di quello che si fa diventa un pre-requisito per
fare richieste.
• Il talento viene quindi valorizzato solo se espresso
52. • Sin dalla fondazione RENA si concepisce come catalizzatore di
intelligenza collettiva. L’idea è che nessuno sia onnisciente e che
per affrontare dei problemi complessi servano competenze
molteplici, da aggregare
• Serve quindi sviluppare la capacità di catalizzare questa forma di
intelligenza, che fa leva su collaborazione e condivisione dei
saperi
• Ai Festival spesso abbiamo approfondito il tema dell’ingegnosità
collettiva (Leonardo Previ). Con Marco Zappalorto invece
abbiamo apprezzato il potere delle call for ideas e dei challenge
prizes
• Prima di lui Cottica ci aveva descritto le dinamiche di comunità e
il potere degli sciami: raggiungere un impatto su grande scala è
oggi un obiettivo fattibile se siamo in grado di mobilitare sciami,
catalizzare le azioni di singoli sulla base di «linee guida» in grado
di fare leva su energie latenti e accettare l’idea di perdere il
controllo, mantenendo cura di comunità e valori
Il potere delle folle
54. Se questa è una palestra, quale è il campionato?
• Chiudiamo con qualche mito da sfatare.
• Spesso si è parlato di RENA come una palestra, un luogo dove ci
si allena, dove si sviluppano gli anticorpi. Dove ci si prepara per
essere pronti a fare cose più rilevanti.
• Poi abbiamo scoperto che anche quando si è in altri contesti la
situazione non è molto più facile. O che le reti su cui facciamo
leva non sono poi tanto diverse.
• Forse dobbiamo renderci conto che non stiamo già giocando in
un campionato. O quantomeno abbiamo un ruolo non banale e
ognuno di noi gioca su più campi.
56. E noi?
• Altro mantra di RENA è l’ossessione per «i prossimi».
• “Tutto quello che facciamo non è che lo facciamo per noi, ma per
le generazioni future. Per il bambino che nasce oggi, perché è a
lui che vogliamo consegnare un Paese migliore.”
• Tutto molto bello salvo scoprire che noi (purtroppo) non siamo
nella condizione di essere tanto “altruisti”
• Noi stessi dobbiamo «conquistare» posizioni, conoscenze e
risorse prima di poter essere in grado di realizzare quel che
abbiamo in testa.
• Ci siamo poi resi conto di essere una generazione se non
edonista (bisognosa di attenzioni, incentrata su se stessa) quanto
meno orientata alla ricerca di un ritorno anche in termini
personali, nella maggior parte delle attività in cui siamo coinvolti