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Rapporto 2011 sull’economia della provincia di Forlì-Cesena
   Camera di Commercio                  27 marzo 2012



I PERCORSI DI SVILUPPO DELLE
          IMPRESE
       nella competizione globale


                    Enzo Rullani
          Venice International University, Tedis
            Laboratorio Network RLN, Venezia
USCIRE DALLA CRISI SI PUO’


      SIAMO A META’ DEL GUADO
               ……………..
MA PER ARRIVARE SANI E SALVI ALLA META
      bisogna fare le cose giuste
Un ciclo di sviluppo è finito … un altro deve
                    cominciare
• Anche in provincia di Forlì-Cesena il periodo 1970-2000 ha
  visto lo sviluppo di una forma originale di sistema
  produttivo: il capitalismo distrettuale e dell’impresa
  diffusa
• In questo modello, il territorio (la prossimità) ha fornito il
  collante dei sistemi produttivi, in sostituzione del comando
  gerarchico della grande impresa, in ritirata
• Le sue caratteristiche hanno funzionato bene fino al 2000,
  sfruttando l’intelligenza diffusa che mette in
  connessione: piccole imprese, distretti industriali,
  imprenditori e di lavoratori autonomi che, in gran numero,
  hanno imparato a vivere guadagnando ogni mese in base
  alla differenza tra costi e ricavi realizzati (e non garantiti)
• Nel periodo 1970-2000, sono cresciuti il grado di
  industrializzazione, il numero dei posti di lavoro, la
  produttività e il reddito pro-capite (e familiare)
• Export, innovazioni d’uso, prodotti di nicchia,
  risposte personalizzate e veloci alla domanda dei
  committenti, un vantaggio strutturale di costo (del
  lavoro) rispetto agli altri paesi europei sono stati i fattori
  portanti del ciclo di sviluppo arrivato oggi al termine
Dal 2000 sono cambiate le fonti del valore nella
             concorrenza mondiale
• Il capitalismo distrettuale si allontana dalle fonti del valore
  perché sono cambiati i vantaggi competitivi nel mondo
• Per due ragioni di fondo:
    – a) la GLOBALIZZAZIONE DELLE CONOSCENZE che sposta
      un flusso crescente di conoscenze trasferibili (incorporate in
      codici, macchine, prodotti e processi standard, software,
      procedure, norme) dai paesi ad alto costo dei fattori (lavoro,
      energia, tasse ecc.) ai paesi low cost;
    – b) la SMATERIALIZZAZIONE DEL VALORE, che assegna un
      valore crescente alla conoscenza (nuove tecnologie, nuove
      idee che innovano gli usi), ai significati (simboli,
      comunicazione, narrazione, identità) e alle relazioni (marchi,
      reti logistiche, reti commerciali, servizi)
           LE DUE COSE SI TENGONO L’UNA CON L’ALTRA
    Per effetto di questi due cambiamenti le nostre filiere
      distrettuali che sono basate su reti di produzione locale
      e su processi materiali (fabbricazione) perdono
      vantaggi competitivi
    Devono riposizionarsi, ma la crisi 2008-12, rallenta
      l’evoluzione verso il nuovo paradigma o la congela
DI CONSEGUENZA NON SAPPIAMO ANCORA BENE COSA FARE
               PER USCIRE DALLA CRISI
Cominciamo a rispondere alla domanda di
          fondo: CRISI O TRANSIZIONE?

•   Ciò che farà la differenza – tra dieci o venti anni – sarà
    la capacità di persone, imprese e territori di fare
    INVESTIMENTI A RISCHIO che scommettono sul
    proprio futuro

•   L’atteggiamento ATTENDISTA alla lunga non paga,
    perché gli investimenti devono rimediare ad un gap di
    competitività (e di produttività) rispetto ai nuovi
    concorrenti low cost

•   C’è differenza tra crisi e transizione: la prima
    suggerisce l’idea di ripristinare l’equilibrio pre-crisi
    come obiettivo da realizzare; la seconda induce invece ad
    usare la crisi come transizione verso un nuovo
    paradigma produttivo, un nuovo modo di generare
    valore

La crisi è un cantiere in cui si de-costruisce il
   vecchio edificio e con quei materiali si ri-
                costruisce il nuovo
Comparazione dei livelli salariali tra diverse
aree concorrenti nell’economia globale di oggi*
Svezia      28,7        Portogallo  6,0
Germania     27,1       Turchia     5,2
Giappone    24,4        Rep. Ceca   4,5
USA         24,3        Ungheria    4,3
Francia     20,9        Argentina   4,1
ITALIA      18,0        Brasile     3,4
Spagna      16,7        Messico     3,0
Corea       16,4        Polonia     2,5
_______________________________________
Cina        2,0         Sudafrica   2,2
Romania     1,7         Marocco     2,1
India       0,5         Tunisia     1,5
  * salari orari pagati da una nota multinazionale che opera in 23
               paesi diversi (Zaghi, Nomisma 2004)
LA CRISI NON SEGNA SOLO CROLLO DEL VECCHIO
       SISTEMA, E’ ANCHE IL CANTIERE IN CUI SI
                COSTRUISCE IL NUOVO

•   La crisi dei paesi ricchi coesiste con un fortissimo ritmo
    di crescita dei paesi emergenti (BRIC e dintorni) = è
    un fenomeno dualistico, di destabilizzazione indotta
    dagli squilibri tra due motori diversi dello sviluppo;
•   La crescita dei BRIC continuerà a prescindere dalla
    nostra crisi perché è mossa da un imponente flusso di
    conoscenze codificate che si sposta nel mondo alla
    ricerca dei paesi che hanno un minor costo dei fattori
•   Il processo durerà decenni, perché ci sono grandi
    riserve di lavoro a basso costo nel mondo da
    saturare, e perché la molla dello sviluppo in questo caso è
    interna (l’uscita dalla povertà)
•   Questo processo è in grado di generare un ENORME
    POTENZIALE DI VALORE che si traduce genera ogni
    anno in un grande SURPLUS (per le differenze di costo e
    per i maggiori moltiplicatori della conoscenza)
A CHI VA IL SURPLUS GENERATO
        DALL’EMERGERE DEL CAPITALISMO
          GLOBALE DELLA CONOSCENZA?
• in parte (ma solo in parte) va ai paesi
  emergenti = alle loro imprese, ai loro
  lavoratori, ai loro Stati, alle loro banche
• in parte va alle multinazionali che attivano e
  sfruttano i vantaggi del flusso di conoscenze
  trasferite nelle nuove filiere globali (macchine,
  investimenti diretti, costruzioni, nuovi mercati di
  consumo)
• in parte va ai consumatori dei paesi ricchi e
  agli acquirenti industriali che possono
  comprare componenti, lavorazioni, macchine,
  prodotti a basso prezzo

 NELLE NUOVE FILIERE GLOBALI ESISTE UN
   GRANDE POTENZIALE DI VALORE CHE VA
        ATTIVATO E INTERCETTATO
TRE LEZIONI, TRATTE DALLA CRISI
La crisi non è una malattia da cui si guarisce e tutto
ricomincia come prima: è il segno attraverso cui emerge
un nuovo modo di funzionare del paradigma emergente
(il CAPITALISMO GLOBALE DALLA CONOSCENZA)
 RISPONDERE A TRE GRANDI PROBLEMI EMERSI CON LA
    CRISI MA CHE RIMARRANNO A LUNGO CON NOI
• INSTABILITA’: organizzare la flessibilità nelle
filiere, nei territori, nei rapporti con la finanza e col fisco
• COMPETITIVITA’: aumentare di molto la
produttività (valore per ora lavorata e per euro investito)
per far fronte a squilibri enormi nei costi a scala
globale
• SOSTENIBILITA’: mettere in moto processi di
innovazione e di produzione che siano in grado di
rigenerare le proprie premesse (ambientali, sociali,
cognitive), in modo da poter durare
LE DUE COSE ESSENZIALI DA FARE


LE NOSTRE PMI POSSONO SFRUTTARE LE TENDENZE DI
    FONDO DELLA NUOVA ECONOMIA
    (GLOBALIZZAZIONE E SMATERIALIZZAZIONE)
    ATTRAVERSO LA LORO INTELLIGENZA
    PERSONALE PURCHE’ SIANO CAPACI DI FARE DUE
    COSE ESSENZIALI:
A.    Sviluppare idee originali e riconoscibili, capaci di
     intercettare la complessità dei bisogni e delle
     esigenze nel mondo globale, ragionando con la testa
     del cliente-utilizzatore
B.    Creare reti che consentano di interagire in modo
     affidabile con clienti e fornitori anche lontani,
     propagando idee e applicazioni a scala ampia in
     modo da moltiplicarne il valore e rendere
     convenienti gli ulteriori investimenti da fare
LA TRANSIZIONE IN CORSO (A)
RENDERE I PRODOTTI PIU’ COMPLESSI
E DI MAGGIOR VALORE PER IL CLIENTE
La globalizzazione è un’economia delle
                   differenze
• Nella rete globale si conta qualcosa se si apportano
  conoscenze differenziali rispetto a quelle apportate da
  altri
• Strategie imitative di modelli altrui si giustificano solo se
  si può disporre di un vantaggio basato sui bassi costi del
  lavoro
• Un gap nei costi (del lavoro, dell’ambiente, delle
  normative) di grandi proporzioni non si rimedia solo con
  qualche guadagno di efficienza o con l’acquisto di
  nuove macchine (che anche i “cinesi” possono
  comprare). Si rimedia soltanto aumentando il valore
  prodotto da ciascuna ora del nostro lavoro, ossia
  aumentando in modo rilevante la produttività

  DOMANDA CHIAVE: Se il gap di costo è di due o tre
   volte, è possibile aumentare la produttività di due o
                         tre volte?
CHE COSA SAPPIAMO FARE

     La nostra specializzazione è nelle
             innovazioni d’uso
Non sono necessariamente “innovazioni minori” ma
  richiedono.
- Grande capacità di accesso (assorbimento) delle
  conoscenze di base prodotte da altri
- Grande creatività nell’interpretare i desideri e
  organizzare le esperienze dei clienti
- Un sistema di moltiplicazione degli usi, per
  generare il massimo valore possibile ma non
  perderne il controllo (condivisione contrattuale
  conoscenze con i fornitori o con i clienti,
  franchising, cessione licenze, copiatura reciproca
  ma limitata dal contesto locale)
IN PASSATO: l’innovazione di uso che c’è
             stata fin qui

    ACCESSO                CREATIVITA’
     Macchine,      Flessibilità rispetto a cliente,
lavoro specializzato,          piccole serie
     imitazione            abilità personale

Conoscenze informali sedimentate nei luoghi
           MOLTIPLICAZIONE
                  Distretti,
           catene di subfornitura
Ma, in prospettiva

GLOBALIZZAZIONE E SMATERIALIZZAZIONE
                 …..

          CAMBIANO TUTTO
OGGI: serve un circuito diverso


     ACCESSO                   CREATIVITA’
   Linguaggi formali,               Idee motrici
Ricerca, Global sourcing   Ambiente metropolitano,
                                   multiculturalità

   Che cosa manca (e rimane da fare)

           MOLTIPLICAZIONE
               Reti commerciali,
                marchi, brevetti
ARRICCHIRE IL PRODOTTO VUOL DIRE …

Non solo aumentare la sua qualità intrinseca
Non solo innovare la tecnologia o modernizzare i processi
Non solo muoversi verso l’alto di gamma
MA ANCHE, E FORSE SOPRATTUTTO
-   Adottare il punto di vista del cliente, che ha in mente
    un uso complesso del “pezzo” o del servizio che compra,
    inserendolo nel suo mondo (diverso da quello del
    produttore) = IDEE MOTRICI, creazione di mondi
-   Co-innovare insieme al committente se sei un
    subfornitore o lavori nei servizi B2B
-   Identificare i desideri latenti del consumatore e scoprire
    con lui, interattivamente, nuove possibilità (world
    making), se sei nel B2C
-   Non fermarsi quando, in questo modo, si arriva ai confini
    del proprio campo di competenza, ma cercare
    attivamente in altri luoghi o settori i partners che possono
    andare oltre
LA TRANSIZIONE IN CORSO (B)
            CREARE RETI
andando oltre i confini della prossimità
         e dell’informalità
LA PICCOLA IMPRESA E’ GIA’ UNA RETE INFORMALE
         INFATTI ESSA NON E’ SOLO PICCOLA MA …….
     FA PARTE DI UN SISTEMA PIU’ GRANDE (distretto, catena
          di fornitura, sistema territoriale) DA CUI PRENDE UNA
               PARTE FONDAMENTALE DELLE SUE RISORSE

Infatti:
1.      lavora in filiera, con altri specialisti, di grande e piccola
       dimensione, del manifatturiero e dei servizi
2.      prende dal territorio le sue conoscenze e relazioni
       (capitale sociale, imitazione, lavoro qualificato, servizi)
3.      mobilita le persone, mettendo le relazioni familiari e
       interpersonali al servizio della produzione


         OGGI QUESTE RETI NON BASTANO PIU’ E DEVONO
        ESTENDERSI IN SENSO TRANS-TERRITORIALE E TRANS-
           SETTORIALE CERCANDO INTERLOCUTORI NUOVI
TRE SONO I MODI DI CREARE VALORE VALORE CON LA
 CONOSCENZA OSSIA I TIPICI MODELLI DI BUSINESS


              Impresa efficiente
 SOLUZIONI REPLICABILI, VOLUMI, MINORI COSTI
     = intelligenza tecnica incorporata nelle
    macchine, negli standard, nel software, nelle
                       norme
              Impresa flessibile
NICCHIE + VELOCITA’ DI RISPOSTA AL MERCATO =
     intelligenza fluida che sfrutta le capacità
       adattive degli uomini e delle comunità
               Impresa creativa
   CREAZIONE DI SIGNIFICATI, DI ESPERIENZE
   COINVOLGENTI, DI IDENTITA’ = intelligenza
      generativa capace di immaginare nuove
     possibilità, nuovi linguaggi, nuovi stili di vita
         capaci di attrarre (world making)
RETE


  COMUNICAZIONE                LOGISTICA
     interpreta la            Trasferisce la
   conoscenza che           conoscenza nello
   cambia contesto         spazio e nel tempo

Linguaggi, significati e    Trasporti, Stocks,
    codici condivisi          ICT, Internet

                  GOVERNANCE
                Regola i diritti e i
               doveri dello scambio
               o della condivisione

          Diritti di proprietà, contratti,
        consorzi, fiducia, reciprocità, dono
LE RETI SONO LA BASE CHE SORREGGE L’ECONOMIA
              DELLA CONOSCENZA DI OGGI

La rete è un sistema stabile di collaborazione tra imprese che
   consente ai singoli nodi (persone o imprese) di mantenere la
   propria autonomia decisionale ma al tempo stesso di:
•      Specializzarsi reciprocamente aumentare il bacino di uso delle
     conoscenze di ciascuno
•     Condividere le conoscenze in un ambiente reciprocamente
     affidabile
•     Co-innovare usando competenze diverse distribuendo
     l’investimento e il rischio tra più soggetti
•     Espandere il bacino di uso di una buona idea da un luogo
     all’altro, da un settore all’altro, da un’applicazione all’altra

La RETE è una forma di divisione del lavoro conveniente ma
   richiede che ciascuno accetti di dipendere dagli altri per aspetti
   essenziali del suo processo di produzione del valore

    SE C’E’ LA GOVERNANCE, LA RETE RIDUCE I COSTI, I RISCHI E GLI
       INVESTIMENTI RICHIESTI, AUMENTA IL VALORE OTTENUTO DA
      CIASCUNO CON L’USO DELLA PROPRIA CONOSCENZA PERCHE’ LA
       RETE GLI METTE A DISPOSIZIONE LE ECONOMIE DI SCALA DEL
                               SISTEMA
Nodi da sciogliere
                 (1)
    RIFORMA DELL’IMPRESA
Nuova finanza, nuova imprenditorialità
IL PRIMO NODO DA SCIOGLIERE:
               FARE INVESTIMENTI
ADEGUATI ALLE ESIGENZE DELLA TRANSIZIONE
 I nostri punti di forza rischiano di mutarsi in
              fattori di debolezza
  le reti locali non bastano più (sono piccole e
non usano i fattori più convenienti) per rendere
convenienti gli investimenti nel nuovo
   il territorio che resiste all’innovazione, non
investe o non lo fa nelle direzioni giuste,
diventando un problema, invece di una risorsa
   le persone invecchiano e possono inibire la
crescita autonoma dell’azienda, che spesso richiede
un ricambio delle persone e delle competenze:
anche in questo caso l’investimento latita
IL TALLONE D’ACHILLE DELL’ATTUALE
       CAPITALISMO DI TERRITORIO
LA DEBOLEZZA DI FONDO DEL MODELLO
DISTRETTUALE E’ DATA DALLA
  PROPAGAZIONE delle conoscenze SENZA
           INVESTIMENTO

   scarso investimento in capitale
intellettuale
   scarso investimento in capitale
relazionale
     E INVECE C’E’ STATO un massiccio
      sfruttamento di capitale sociale
  (intellettuale e relazionale) accessibile a
         costo zero nei sistemi locali
Il capitale sociale non basta più:
                      e allora?

   bisogna investire in CONOSCENZE ORIGINALI
(innovazioni, marchi, comunicazione, sperimentazione,
qualificazione del personale e del management) e
propagarne l’uso in RETI ESTESE (reti tecnologiche,
reti di fornitura e co-produzione, reti commerciali e di
servizio), che richiedono ulteriori investimenti
   ogni famiglia e ogni impresa si trovano di fronte un
sentiero IN SALITA di investimento nelle proprie
capacità, con un fabbisogno che supera i mezzi
finanziari a cui ha normalmente accesso

    chi finanzierà questi investimenti?
L’ostacolo chiave da superare
Linguaggi, ricerca, ambiente creativo, marchi, reti
commerciali e di fornitura richiedono investimenti
rilevanti in CAPITALE INTELLETTUALE
(conoscenze originali) e in CAPITALE
RELAZIONALE (reti esclusive)
Le piccole imprese sono invece abituate ad avere
accesso gratuito alle conoscenze e relazioni che
trovano embedded nei distretti e nel territorio
Per alimentare il cambiamento bisogna trovare
nuovi investitori a rischio (le famiglie, le
imprese locali, le imprese internazionali, i territori e
se può lo Stato nazionale) …..
…….. e nuove fonti di finanziamento (neo-
imprese, nuovi soci, private equity o capital
venturing, borsa) e un nuovo rapporto con le
banche che sono in grado di stimare il rischio
Nodi da sciogliere
                     (2)
             CAPITALE UMANO
Lavoratori della conoscenza, nuovo contratto di
                     lavoro
PREPARARE GLI UOMINI
 A LAVORARE A RISCHIO NELLA COMPLESSITA’


LE NUOVE IDEE CAMMINANO SULLE GAMBE DEGLI UOMINI
CHE LE PRODUCONO E SE NE FANNO PORTATORI
Da noi, finora, chi ha fatto questo mestiere?
• gli imprenditori, piccoli e medi, che hanno anche coperto le
imprese dal lato finanziario;
• i lavoratori esperti prodotti dalle scuole professionali e della
pratica
• i molti apprendisti dell’estetica e del gusto che comunque
il nostro paese ha prodotto, arricchendo la fabbricazione degli
oggetti di un valore immateriale che oggi è diventato prezioso
BISOGNA SPERARE CHE QUESTE RISORSE CONTINUINO
AD OPERARE ATTIVAMENTE NEL PROSSIMO FUTURO. MA
            CERTO NON BASTANO PIU’
PROFESSIONISTI DELLA CONOSCENZA CERCASI
           (DISPERATAMENTE)

BISOGNA EVITARE CHE, COME E’ AVVENUTO IN PASSATO,
CI SIANO
• imprenditori che accentrano il sapere e il potere, riducendo
i percorsi di esplorazione del nuovo ai territori che sono
culturalmente e finanziariamente alla loro portata;
• lavoratori della pratica privi di sapere di base, che non
riescono a muoversi nelle reti globali e immateriali in cui le
conoscenze sono espresse in linguaggi formali
Utilizzando non solo la competenza tecnica astratta, ma anche
lo spirito creativo delle persone e la loro capacità emotiva di
sviluppare estetica e gusto per comunicare la propria
differenza a nuovi clienti e nuovi paesi, riuscendo a
convincerli
Servono UOMINI NUOVI, possibilmente GIOVANI, dotati di
una esperienza diretta delle nuove tecnologie e dei nuovi
significati emergenti nella comunicazione globale
Le nuove idee di business hanno bisogno di
 nuova intelligenza imprenditoriale e di nuovi
         lavoratori della conoscenza

• Una nuova intelligenza imprenditoriale, che
riesca a dominare la pratica con i linguaggi formali,
esplorando creativamente il business ed entrando in
relazione diretta con clienti globali. Questa
intelligenza mette a frutto le idee al di fuori del solito
circuito, ricavandone il massimo valore potenziale
possibile
•Una nuova intelligenza del knowledge worker,
che investe sulla sua professionalità prima del
lavoro e durante, chiede autonomia e
responsabilità, assume i rischi relativi a questo
nuovo ruolo
CHE TIPI DI UOMINI SARANNO?
Bisogna cambiare la concezione del LAVORO e dei processi
FORMATIVI, passando:
• dalle competenze tecniche alle competenze
intellettuali, associate a canali si professionalizzazione
pratica in alcuni campi su cui cimentarsi sin dai primi anni di
scuola (scienza associata al recupero della manualità e
dell’arte)
• dal binomio generalismo/specializzazione alle risorse
della specializzazione reversibile (robusto zoccolo di
sapere generale, trasversale agli specialismi professionali, con
puntate veloci su argomenti molto applicativi da cui si torna
indietro)
• dall’esecuzione secondo programma a ruoli creativi e
di condivisione delle responsabilità, che implicano un
maggiore profilo di autonomia, intelligenza, rischio
• dal teaching (standard) al learning (con percorsi
personalizzati, di auto-apprendimento assistito), nella
FORMAZIONE
Riepilogando: LE CINQUE COSE DA CUI DIPENDE IL
                  NOSTRO FUTURO

• Estrarre e propagare le idee dai prodotti, dai settori, dai
luoghi e dalle aziende in cui sono incorporate
(DEVERTICALIZZAZIONE, IMPRESE AUTONOME DI SERVIZI,
IBRIDAZIONE)
• Organizzare la condivisione in rete di conoscenze,
significati, responsabilità, visioni del futuro usando queste
risorse comuni come fonte di valore in una FILIERA
COLLABORATIVA E RESPONSABILE
• Costruire le interfacce per la produzione modulare
(MODELLO LEGO = interfaccia standard, SPECIALISTI DI
FILIERA, CORE BUSINESS)
• Creare la nuova finanza per l’impresa pluri-personale
(SOCI, BANCA PARTNER, IMPRESE RETE, COOPERATIVE,
FILIERE, ASSOCIAZIONI)
• Sviluppare nuove qualità personali (AUTONOMIA,
RISCHIO, INTELLIGENZA) nel lavoro imprenditoriale e nel
lavoro dipendente
GRAZIE PER L’ATTENZIONE
          Per chi volesse approfondire i temi trattati:
• Rullani E., Modernità sostenibile. Idee, filiere e servizi per
uscire dalla crisi, Marsilio, Venezia, 2010
• Rullani E., Reti di impresa e idee motrici, QP, Quaderni della
Programmazione n. 27 (con Francesca Pedon), Università di Trento e
Provincia autonoma di Trento, Trento
• Prandstraller F., Rullani E., Creatività in rete. L’uso strategico
delle ICT per la nuova economia dei servizi, Angeli, Milano, 2009
• Plechero M., Rullani E., Innovare. Re-inventare il made in Italy,
Egea, Milano, 2007
•Rullani E., Dove va il Nordest. Vita, morte e miracoli di un
modello, Marsilio, Venezia, 2006
•Bonomi A., Rullani E., Il capitalismo personale. Vite al lavoro,
Einaudi, Torino, 2005
• Rullani E., La fabbrica dell’immateriale, Carocci, Roma, 2004
• Rullani E., Economia della conoscenza. Creatività e valore nel
capitalismo delle reti, Carocci, Roma, 2004
                      SITO: www.rullani.net

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  • 1. Rapporto 2011 sull’economia della provincia di Forlì-Cesena Camera di Commercio 27 marzo 2012 I PERCORSI DI SVILUPPO DELLE IMPRESE nella competizione globale Enzo Rullani Venice International University, Tedis Laboratorio Network RLN, Venezia
  • 2. USCIRE DALLA CRISI SI PUO’ SIAMO A META’ DEL GUADO …………….. MA PER ARRIVARE SANI E SALVI ALLA META bisogna fare le cose giuste
  • 3. Un ciclo di sviluppo è finito … un altro deve cominciare • Anche in provincia di Forlì-Cesena il periodo 1970-2000 ha visto lo sviluppo di una forma originale di sistema produttivo: il capitalismo distrettuale e dell’impresa diffusa • In questo modello, il territorio (la prossimità) ha fornito il collante dei sistemi produttivi, in sostituzione del comando gerarchico della grande impresa, in ritirata • Le sue caratteristiche hanno funzionato bene fino al 2000, sfruttando l’intelligenza diffusa che mette in connessione: piccole imprese, distretti industriali, imprenditori e di lavoratori autonomi che, in gran numero, hanno imparato a vivere guadagnando ogni mese in base alla differenza tra costi e ricavi realizzati (e non garantiti) • Nel periodo 1970-2000, sono cresciuti il grado di industrializzazione, il numero dei posti di lavoro, la produttività e il reddito pro-capite (e familiare) • Export, innovazioni d’uso, prodotti di nicchia, risposte personalizzate e veloci alla domanda dei committenti, un vantaggio strutturale di costo (del lavoro) rispetto agli altri paesi europei sono stati i fattori portanti del ciclo di sviluppo arrivato oggi al termine
  • 4. Dal 2000 sono cambiate le fonti del valore nella concorrenza mondiale • Il capitalismo distrettuale si allontana dalle fonti del valore perché sono cambiati i vantaggi competitivi nel mondo • Per due ragioni di fondo: – a) la GLOBALIZZAZIONE DELLE CONOSCENZE che sposta un flusso crescente di conoscenze trasferibili (incorporate in codici, macchine, prodotti e processi standard, software, procedure, norme) dai paesi ad alto costo dei fattori (lavoro, energia, tasse ecc.) ai paesi low cost; – b) la SMATERIALIZZAZIONE DEL VALORE, che assegna un valore crescente alla conoscenza (nuove tecnologie, nuove idee che innovano gli usi), ai significati (simboli, comunicazione, narrazione, identità) e alle relazioni (marchi, reti logistiche, reti commerciali, servizi) LE DUE COSE SI TENGONO L’UNA CON L’ALTRA Per effetto di questi due cambiamenti le nostre filiere distrettuali che sono basate su reti di produzione locale e su processi materiali (fabbricazione) perdono vantaggi competitivi Devono riposizionarsi, ma la crisi 2008-12, rallenta l’evoluzione verso il nuovo paradigma o la congela DI CONSEGUENZA NON SAPPIAMO ANCORA BENE COSA FARE PER USCIRE DALLA CRISI
  • 5. Cominciamo a rispondere alla domanda di fondo: CRISI O TRANSIZIONE? • Ciò che farà la differenza – tra dieci o venti anni – sarà la capacità di persone, imprese e territori di fare INVESTIMENTI A RISCHIO che scommettono sul proprio futuro • L’atteggiamento ATTENDISTA alla lunga non paga, perché gli investimenti devono rimediare ad un gap di competitività (e di produttività) rispetto ai nuovi concorrenti low cost • C’è differenza tra crisi e transizione: la prima suggerisce l’idea di ripristinare l’equilibrio pre-crisi come obiettivo da realizzare; la seconda induce invece ad usare la crisi come transizione verso un nuovo paradigma produttivo, un nuovo modo di generare valore La crisi è un cantiere in cui si de-costruisce il vecchio edificio e con quei materiali si ri- costruisce il nuovo
  • 6. Comparazione dei livelli salariali tra diverse aree concorrenti nell’economia globale di oggi* Svezia 28,7 Portogallo 6,0 Germania 27,1 Turchia 5,2 Giappone 24,4 Rep. Ceca 4,5 USA 24,3 Ungheria 4,3 Francia 20,9 Argentina 4,1 ITALIA 18,0 Brasile 3,4 Spagna 16,7 Messico 3,0 Corea 16,4 Polonia 2,5 _______________________________________ Cina 2,0 Sudafrica 2,2 Romania 1,7 Marocco 2,1 India 0,5 Tunisia 1,5 * salari orari pagati da una nota multinazionale che opera in 23 paesi diversi (Zaghi, Nomisma 2004)
  • 7. LA CRISI NON SEGNA SOLO CROLLO DEL VECCHIO SISTEMA, E’ ANCHE IL CANTIERE IN CUI SI COSTRUISCE IL NUOVO • La crisi dei paesi ricchi coesiste con un fortissimo ritmo di crescita dei paesi emergenti (BRIC e dintorni) = è un fenomeno dualistico, di destabilizzazione indotta dagli squilibri tra due motori diversi dello sviluppo; • La crescita dei BRIC continuerà a prescindere dalla nostra crisi perché è mossa da un imponente flusso di conoscenze codificate che si sposta nel mondo alla ricerca dei paesi che hanno un minor costo dei fattori • Il processo durerà decenni, perché ci sono grandi riserve di lavoro a basso costo nel mondo da saturare, e perché la molla dello sviluppo in questo caso è interna (l’uscita dalla povertà) • Questo processo è in grado di generare un ENORME POTENZIALE DI VALORE che si traduce genera ogni anno in un grande SURPLUS (per le differenze di costo e per i maggiori moltiplicatori della conoscenza)
  • 8. A CHI VA IL SURPLUS GENERATO DALL’EMERGERE DEL CAPITALISMO GLOBALE DELLA CONOSCENZA? • in parte (ma solo in parte) va ai paesi emergenti = alle loro imprese, ai loro lavoratori, ai loro Stati, alle loro banche • in parte va alle multinazionali che attivano e sfruttano i vantaggi del flusso di conoscenze trasferite nelle nuove filiere globali (macchine, investimenti diretti, costruzioni, nuovi mercati di consumo) • in parte va ai consumatori dei paesi ricchi e agli acquirenti industriali che possono comprare componenti, lavorazioni, macchine, prodotti a basso prezzo NELLE NUOVE FILIERE GLOBALI ESISTE UN GRANDE POTENZIALE DI VALORE CHE VA ATTIVATO E INTERCETTATO
  • 9. TRE LEZIONI, TRATTE DALLA CRISI La crisi non è una malattia da cui si guarisce e tutto ricomincia come prima: è il segno attraverso cui emerge un nuovo modo di funzionare del paradigma emergente (il CAPITALISMO GLOBALE DALLA CONOSCENZA) RISPONDERE A TRE GRANDI PROBLEMI EMERSI CON LA CRISI MA CHE RIMARRANNO A LUNGO CON NOI • INSTABILITA’: organizzare la flessibilità nelle filiere, nei territori, nei rapporti con la finanza e col fisco • COMPETITIVITA’: aumentare di molto la produttività (valore per ora lavorata e per euro investito) per far fronte a squilibri enormi nei costi a scala globale • SOSTENIBILITA’: mettere in moto processi di innovazione e di produzione che siano in grado di rigenerare le proprie premesse (ambientali, sociali, cognitive), in modo da poter durare
  • 10. LE DUE COSE ESSENZIALI DA FARE LE NOSTRE PMI POSSONO SFRUTTARE LE TENDENZE DI FONDO DELLA NUOVA ECONOMIA (GLOBALIZZAZIONE E SMATERIALIZZAZIONE) ATTRAVERSO LA LORO INTELLIGENZA PERSONALE PURCHE’ SIANO CAPACI DI FARE DUE COSE ESSENZIALI: A. Sviluppare idee originali e riconoscibili, capaci di intercettare la complessità dei bisogni e delle esigenze nel mondo globale, ragionando con la testa del cliente-utilizzatore B. Creare reti che consentano di interagire in modo affidabile con clienti e fornitori anche lontani, propagando idee e applicazioni a scala ampia in modo da moltiplicarne il valore e rendere convenienti gli ulteriori investimenti da fare
  • 11. LA TRANSIZIONE IN CORSO (A) RENDERE I PRODOTTI PIU’ COMPLESSI E DI MAGGIOR VALORE PER IL CLIENTE
  • 12. La globalizzazione è un’economia delle differenze • Nella rete globale si conta qualcosa se si apportano conoscenze differenziali rispetto a quelle apportate da altri • Strategie imitative di modelli altrui si giustificano solo se si può disporre di un vantaggio basato sui bassi costi del lavoro • Un gap nei costi (del lavoro, dell’ambiente, delle normative) di grandi proporzioni non si rimedia solo con qualche guadagno di efficienza o con l’acquisto di nuove macchine (che anche i “cinesi” possono comprare). Si rimedia soltanto aumentando il valore prodotto da ciascuna ora del nostro lavoro, ossia aumentando in modo rilevante la produttività DOMANDA CHIAVE: Se il gap di costo è di due o tre volte, è possibile aumentare la produttività di due o tre volte?
  • 13. CHE COSA SAPPIAMO FARE La nostra specializzazione è nelle innovazioni d’uso Non sono necessariamente “innovazioni minori” ma richiedono. - Grande capacità di accesso (assorbimento) delle conoscenze di base prodotte da altri - Grande creatività nell’interpretare i desideri e organizzare le esperienze dei clienti - Un sistema di moltiplicazione degli usi, per generare il massimo valore possibile ma non perderne il controllo (condivisione contrattuale conoscenze con i fornitori o con i clienti, franchising, cessione licenze, copiatura reciproca ma limitata dal contesto locale)
  • 14. IN PASSATO: l’innovazione di uso che c’è stata fin qui ACCESSO CREATIVITA’ Macchine, Flessibilità rispetto a cliente, lavoro specializzato, piccole serie imitazione abilità personale Conoscenze informali sedimentate nei luoghi MOLTIPLICAZIONE Distretti, catene di subfornitura
  • 15. Ma, in prospettiva GLOBALIZZAZIONE E SMATERIALIZZAZIONE ….. CAMBIANO TUTTO
  • 16. OGGI: serve un circuito diverso ACCESSO CREATIVITA’ Linguaggi formali, Idee motrici Ricerca, Global sourcing Ambiente metropolitano, multiculturalità Che cosa manca (e rimane da fare) MOLTIPLICAZIONE Reti commerciali, marchi, brevetti
  • 17. ARRICCHIRE IL PRODOTTO VUOL DIRE … Non solo aumentare la sua qualità intrinseca Non solo innovare la tecnologia o modernizzare i processi Non solo muoversi verso l’alto di gamma MA ANCHE, E FORSE SOPRATTUTTO - Adottare il punto di vista del cliente, che ha in mente un uso complesso del “pezzo” o del servizio che compra, inserendolo nel suo mondo (diverso da quello del produttore) = IDEE MOTRICI, creazione di mondi - Co-innovare insieme al committente se sei un subfornitore o lavori nei servizi B2B - Identificare i desideri latenti del consumatore e scoprire con lui, interattivamente, nuove possibilità (world making), se sei nel B2C - Non fermarsi quando, in questo modo, si arriva ai confini del proprio campo di competenza, ma cercare attivamente in altri luoghi o settori i partners che possono andare oltre
  • 18. LA TRANSIZIONE IN CORSO (B) CREARE RETI andando oltre i confini della prossimità e dell’informalità
  • 19. LA PICCOLA IMPRESA E’ GIA’ UNA RETE INFORMALE INFATTI ESSA NON E’ SOLO PICCOLA MA ……. FA PARTE DI UN SISTEMA PIU’ GRANDE (distretto, catena di fornitura, sistema territoriale) DA CUI PRENDE UNA PARTE FONDAMENTALE DELLE SUE RISORSE Infatti: 1. lavora in filiera, con altri specialisti, di grande e piccola dimensione, del manifatturiero e dei servizi 2. prende dal territorio le sue conoscenze e relazioni (capitale sociale, imitazione, lavoro qualificato, servizi) 3. mobilita le persone, mettendo le relazioni familiari e interpersonali al servizio della produzione OGGI QUESTE RETI NON BASTANO PIU’ E DEVONO ESTENDERSI IN SENSO TRANS-TERRITORIALE E TRANS- SETTORIALE CERCANDO INTERLOCUTORI NUOVI
  • 20. TRE SONO I MODI DI CREARE VALORE VALORE CON LA CONOSCENZA OSSIA I TIPICI MODELLI DI BUSINESS Impresa efficiente SOLUZIONI REPLICABILI, VOLUMI, MINORI COSTI = intelligenza tecnica incorporata nelle macchine, negli standard, nel software, nelle norme Impresa flessibile NICCHIE + VELOCITA’ DI RISPOSTA AL MERCATO = intelligenza fluida che sfrutta le capacità adattive degli uomini e delle comunità Impresa creativa CREAZIONE DI SIGNIFICATI, DI ESPERIENZE COINVOLGENTI, DI IDENTITA’ = intelligenza generativa capace di immaginare nuove possibilità, nuovi linguaggi, nuovi stili di vita capaci di attrarre (world making)
  • 21. RETE COMUNICAZIONE LOGISTICA interpreta la Trasferisce la conoscenza che conoscenza nello cambia contesto spazio e nel tempo Linguaggi, significati e Trasporti, Stocks, codici condivisi ICT, Internet GOVERNANCE Regola i diritti e i doveri dello scambio o della condivisione Diritti di proprietà, contratti, consorzi, fiducia, reciprocità, dono
  • 22. LE RETI SONO LA BASE CHE SORREGGE L’ECONOMIA DELLA CONOSCENZA DI OGGI La rete è un sistema stabile di collaborazione tra imprese che consente ai singoli nodi (persone o imprese) di mantenere la propria autonomia decisionale ma al tempo stesso di: • Specializzarsi reciprocamente aumentare il bacino di uso delle conoscenze di ciascuno • Condividere le conoscenze in un ambiente reciprocamente affidabile • Co-innovare usando competenze diverse distribuendo l’investimento e il rischio tra più soggetti • Espandere il bacino di uso di una buona idea da un luogo all’altro, da un settore all’altro, da un’applicazione all’altra La RETE è una forma di divisione del lavoro conveniente ma richiede che ciascuno accetti di dipendere dagli altri per aspetti essenziali del suo processo di produzione del valore SE C’E’ LA GOVERNANCE, LA RETE RIDUCE I COSTI, I RISCHI E GLI INVESTIMENTI RICHIESTI, AUMENTA IL VALORE OTTENUTO DA CIASCUNO CON L’USO DELLA PROPRIA CONOSCENZA PERCHE’ LA RETE GLI METTE A DISPOSIZIONE LE ECONOMIE DI SCALA DEL SISTEMA
  • 23. Nodi da sciogliere (1) RIFORMA DELL’IMPRESA Nuova finanza, nuova imprenditorialità
  • 24. IL PRIMO NODO DA SCIOGLIERE: FARE INVESTIMENTI ADEGUATI ALLE ESIGENZE DELLA TRANSIZIONE I nostri punti di forza rischiano di mutarsi in fattori di debolezza le reti locali non bastano più (sono piccole e non usano i fattori più convenienti) per rendere convenienti gli investimenti nel nuovo il territorio che resiste all’innovazione, non investe o non lo fa nelle direzioni giuste, diventando un problema, invece di una risorsa le persone invecchiano e possono inibire la crescita autonoma dell’azienda, che spesso richiede un ricambio delle persone e delle competenze: anche in questo caso l’investimento latita
  • 25. IL TALLONE D’ACHILLE DELL’ATTUALE CAPITALISMO DI TERRITORIO LA DEBOLEZZA DI FONDO DEL MODELLO DISTRETTUALE E’ DATA DALLA PROPAGAZIONE delle conoscenze SENZA INVESTIMENTO scarso investimento in capitale intellettuale scarso investimento in capitale relazionale E INVECE C’E’ STATO un massiccio sfruttamento di capitale sociale (intellettuale e relazionale) accessibile a costo zero nei sistemi locali
  • 26. Il capitale sociale non basta più: e allora? bisogna investire in CONOSCENZE ORIGINALI (innovazioni, marchi, comunicazione, sperimentazione, qualificazione del personale e del management) e propagarne l’uso in RETI ESTESE (reti tecnologiche, reti di fornitura e co-produzione, reti commerciali e di servizio), che richiedono ulteriori investimenti ogni famiglia e ogni impresa si trovano di fronte un sentiero IN SALITA di investimento nelle proprie capacità, con un fabbisogno che supera i mezzi finanziari a cui ha normalmente accesso chi finanzierà questi investimenti?
  • 27. L’ostacolo chiave da superare Linguaggi, ricerca, ambiente creativo, marchi, reti commerciali e di fornitura richiedono investimenti rilevanti in CAPITALE INTELLETTUALE (conoscenze originali) e in CAPITALE RELAZIONALE (reti esclusive) Le piccole imprese sono invece abituate ad avere accesso gratuito alle conoscenze e relazioni che trovano embedded nei distretti e nel territorio Per alimentare il cambiamento bisogna trovare nuovi investitori a rischio (le famiglie, le imprese locali, le imprese internazionali, i territori e se può lo Stato nazionale) ….. …….. e nuove fonti di finanziamento (neo- imprese, nuovi soci, private equity o capital venturing, borsa) e un nuovo rapporto con le banche che sono in grado di stimare il rischio
  • 28. Nodi da sciogliere (2) CAPITALE UMANO Lavoratori della conoscenza, nuovo contratto di lavoro
  • 29. PREPARARE GLI UOMINI A LAVORARE A RISCHIO NELLA COMPLESSITA’ LE NUOVE IDEE CAMMINANO SULLE GAMBE DEGLI UOMINI CHE LE PRODUCONO E SE NE FANNO PORTATORI Da noi, finora, chi ha fatto questo mestiere? • gli imprenditori, piccoli e medi, che hanno anche coperto le imprese dal lato finanziario; • i lavoratori esperti prodotti dalle scuole professionali e della pratica • i molti apprendisti dell’estetica e del gusto che comunque il nostro paese ha prodotto, arricchendo la fabbricazione degli oggetti di un valore immateriale che oggi è diventato prezioso BISOGNA SPERARE CHE QUESTE RISORSE CONTINUINO AD OPERARE ATTIVAMENTE NEL PROSSIMO FUTURO. MA CERTO NON BASTANO PIU’
  • 30. PROFESSIONISTI DELLA CONOSCENZA CERCASI (DISPERATAMENTE) BISOGNA EVITARE CHE, COME E’ AVVENUTO IN PASSATO, CI SIANO • imprenditori che accentrano il sapere e il potere, riducendo i percorsi di esplorazione del nuovo ai territori che sono culturalmente e finanziariamente alla loro portata; • lavoratori della pratica privi di sapere di base, che non riescono a muoversi nelle reti globali e immateriali in cui le conoscenze sono espresse in linguaggi formali Utilizzando non solo la competenza tecnica astratta, ma anche lo spirito creativo delle persone e la loro capacità emotiva di sviluppare estetica e gusto per comunicare la propria differenza a nuovi clienti e nuovi paesi, riuscendo a convincerli Servono UOMINI NUOVI, possibilmente GIOVANI, dotati di una esperienza diretta delle nuove tecnologie e dei nuovi significati emergenti nella comunicazione globale
  • 31. Le nuove idee di business hanno bisogno di nuova intelligenza imprenditoriale e di nuovi lavoratori della conoscenza • Una nuova intelligenza imprenditoriale, che riesca a dominare la pratica con i linguaggi formali, esplorando creativamente il business ed entrando in relazione diretta con clienti globali. Questa intelligenza mette a frutto le idee al di fuori del solito circuito, ricavandone il massimo valore potenziale possibile •Una nuova intelligenza del knowledge worker, che investe sulla sua professionalità prima del lavoro e durante, chiede autonomia e responsabilità, assume i rischi relativi a questo nuovo ruolo
  • 32. CHE TIPI DI UOMINI SARANNO? Bisogna cambiare la concezione del LAVORO e dei processi FORMATIVI, passando: • dalle competenze tecniche alle competenze intellettuali, associate a canali si professionalizzazione pratica in alcuni campi su cui cimentarsi sin dai primi anni di scuola (scienza associata al recupero della manualità e dell’arte) • dal binomio generalismo/specializzazione alle risorse della specializzazione reversibile (robusto zoccolo di sapere generale, trasversale agli specialismi professionali, con puntate veloci su argomenti molto applicativi da cui si torna indietro) • dall’esecuzione secondo programma a ruoli creativi e di condivisione delle responsabilità, che implicano un maggiore profilo di autonomia, intelligenza, rischio • dal teaching (standard) al learning (con percorsi personalizzati, di auto-apprendimento assistito), nella FORMAZIONE
  • 33. Riepilogando: LE CINQUE COSE DA CUI DIPENDE IL NOSTRO FUTURO • Estrarre e propagare le idee dai prodotti, dai settori, dai luoghi e dalle aziende in cui sono incorporate (DEVERTICALIZZAZIONE, IMPRESE AUTONOME DI SERVIZI, IBRIDAZIONE) • Organizzare la condivisione in rete di conoscenze, significati, responsabilità, visioni del futuro usando queste risorse comuni come fonte di valore in una FILIERA COLLABORATIVA E RESPONSABILE • Costruire le interfacce per la produzione modulare (MODELLO LEGO = interfaccia standard, SPECIALISTI DI FILIERA, CORE BUSINESS) • Creare la nuova finanza per l’impresa pluri-personale (SOCI, BANCA PARTNER, IMPRESE RETE, COOPERATIVE, FILIERE, ASSOCIAZIONI) • Sviluppare nuove qualità personali (AUTONOMIA, RISCHIO, INTELLIGENZA) nel lavoro imprenditoriale e nel lavoro dipendente
  • 34. GRAZIE PER L’ATTENZIONE Per chi volesse approfondire i temi trattati: • Rullani E., Modernità sostenibile. Idee, filiere e servizi per uscire dalla crisi, Marsilio, Venezia, 2010 • Rullani E., Reti di impresa e idee motrici, QP, Quaderni della Programmazione n. 27 (con Francesca Pedon), Università di Trento e Provincia autonoma di Trento, Trento • Prandstraller F., Rullani E., Creatività in rete. L’uso strategico delle ICT per la nuova economia dei servizi, Angeli, Milano, 2009 • Plechero M., Rullani E., Innovare. Re-inventare il made in Italy, Egea, Milano, 2007 •Rullani E., Dove va il Nordest. Vita, morte e miracoli di un modello, Marsilio, Venezia, 2006 •Bonomi A., Rullani E., Il capitalismo personale. Vite al lavoro, Einaudi, Torino, 2005 • Rullani E., La fabbrica dell’immateriale, Carocci, Roma, 2004 • Rullani E., Economia della conoscenza. Creatività e valore nel capitalismo delle reti, Carocci, Roma, 2004 SITO: www.rullani.net