Presentazione a cura della Dottoressa Anna Desiato - XII° Congresso Nazionale FIMeG 2018 - The Silver Tsunami: l'anziano fra appropriatezza e farmaeconomia
Il supporto psicologico al paziente ed alla sua famiglia
1. IL SUPPORTO PSICOLOGICO
AL PAZIENTE E ALLA SUA
FAMIGLIA
FIMEG – FEDERAZIONE ITALIANA DI MEDICINA GERIATRICA
XII CONGRESSO NAZIONALE
ROMA, CASA DELL’AVIATORE, 8, 9 E 10 FEBBRAIO 2018
“THE SILVER TSUNAMI: L’ANZIANO FRA APPROPRIATEZZA E
FARMACOECONOMIA”
Dott.ssa Anna Desiato
Psicologa – Psicoterapeuta relazionale
2. DIAGNOSI
La psico-oncologia, nata negli anni 50 negli Stati Uniti,
ha evidenziato come la malattia oncologica costituisca un
evento traumatico in grado di provocare molteplici
conseguenze psicologiche negative. Dal punto di vista
del paziente, la “scoperta” del tumore può avvenire in
modi diversi.
Può arrivare come uno shock improvviso quando il
tumore si rivela come un'emergenza medica o chirurgica
o viene scoperto in una persona apparentemente sana
che si sottopone ad un esame di controllo.
3. La psiconcologia è necessaria per garantire ai
pazienti oncologici e ai loro familiari
un’assistenza ottimale e una migliore qualità
della vita. È un dovere della medicina, e un
diritto per ogni assistito.
4. La fase successiva a quella della diagnosi, impone spesso
al paziente la necessità di adattamenti repentini
nell'organizzazione della propria vita, facendo emergere
problemi logistici anche di grande importanza.
Tutto ciò si accompagna ad un improvviso cambiamento
nei rapporti affettivi, lavorativi e sociali, a cui solitamente si
aggiunge anche una certa perdita di autonomia personale.
5. STUDIO SPERIMENTALE: GREER, MORRRIS, PETTINGALE
EFFETTO PSICOLOGICO DOPO LA
COMUNICAZIONE DELLA DIAGNOSI DI
CANCRO
Sono state seguite per 15 anni un gruppo di 69 donne con tumore della
mammella allo stadio iniziale e sono state identificate quattro diverse
modalità di adattamento alla prima diagnosi. Il follow-up a 5 anni, dal
successivo trattamento chirurgico, ha indicato che la sopravvivenza senza
ripresa della malattia era significativamente più elevata per le pazienti che
avevano reagito con spirito combattivo ,rispetto a quelle che si erano
adattate con accettazione stoica o disperazione-impotenza.
6. Il follow-up a 10 anni (Pettingale, Morris et al.,
1985) confermava che la sopravvivenza delle
pazienti era massima per il gruppo
caratterizzato da spirito combattivo, era
minima nel caso di disperazione-impotenza,
con valori intermedi per la negazione e per
l'accettazione stoica della diagnosi
Il follow-up a 15 anni confermava che la risposta
psicologica era il fattore di rischio
significativamente più pronunciato rispetto a fattori
prognostici quali la dimensione, lo stadio clinico del
tumore, il tipo di intervento chirurgico e
l'effettuazione della radioterapia (Greer, Morrris et al., 1990).
7. REAZIONI EMOTIVE NEL PAZIENTE DI
FRONTE ALLA DIAGNOSI DI CANCRO
paura e ansia;
shock;
tristezza e disperazione;
rabbia;
senso di colpa o vergogna;
sollievo (in particolare dopo un lungo periodo di
incertezza e preoccupazione);
senso di sfida;
accettazione.
8. FARE I CONTI CON IL DOLORE: LA RESILIENZA
L’elemento indispensabile perché si sviluppi la RESILIENZA è il
confronto interiore con l’evento subìto.
Un evento traumatico stimola una revisione degli abituali schemi
funzionali, mette in discussione la visione del mondo, di sé e
degli altri.
La trasformazione delle convinzioni personali è centrale per il
recupero e la crescita psicologica dopo un trauma, di cui
consente la rilettura e la collocazione nella giusta prospettiva.
La resilienza non va dunque intesa come un disinvolto
superamento della crisi: al contrario, essa richiede di
passare necessariamente attraverso il confronto con il
trauma subìto e la revisione della propria storia
personale.
9. Uno studio italiano condotto dal Dipartimento di Psicologia
dell’Università Milano-Bicocca nel 2010, su 190 pazienti
oncologici, ha rilevato che il 90% dei pazienti che sono stati colpiti
dal cancro, ha riportato almeno un beneficio dall’esperienza di
malattia, con un cambiamento nella percezione di sé e degli altri e
nei propri obiettivi di vita.
Per un terzo di questi il cambiamento è stato molto significativo,
con una riscoperta di sé come persona forte e capace di affrontare
sfide importanti e con lo sviluppo di un maggior senso di vicinanza
con le altre persone.
Per il restante 60% il cambiamento positivo è stato moderato o
lieve, ma comunque presente.
I dati confermano ciò che emerge da altri importanti e recenti studi
sul tema per un numero inaspettatamente elevato di persone il
cancro non è solo un evento negativo e sconvolgente che
comporta sintomi ansiosi e depressivi, ma anche una occasione di
maturazione personale.
10. Gli interventi in psicologia per promuovere la resilienza
sono tanti e possono influenzare il tipo di traiettoria che i
pazienti stanno percorrendo, ad esempio possono essere
usati interventi per insegnare la gestione attiva dello
stress e dell’ansia, le strategie di coping, la
consapevolezza, la capacità di lavorare per obiettivi.
11. PSICOPATOLOGIA E CANCRO NEL PAZIENTE
I disturbi più frequentemente riscontrabili in
oncologia comprendono:
- i disturbi dell'adattamento,
- i disturbi depressivi,
- i disturbi d'ansia,
- i disturbi della sessualità,
- i disturbi psichiatrici su base organica
- più raramente, i disturbi psicotici
- distress emozionale
(Derogatis e Morrow, 1983; Goldberg, 1988; Biondi, Costantini e Grassi, 1995)
12. DISTRESS EMOZIONALE
Le categorie risultate più vulnerabili al distress emozionale
sono le donne, le persone più giovani, coloro che non sono
coniugati.
E' utile un monitoraggio continuo lungo tutto il percorso
terapeutico e la necessità di un intervento professionale,
anche perchè il distress emozionale, a differenza di alcune
patologie, non è soggetto a remissione spontanea.
13. DISTURBI CLINICI RICORRENTI
Disturbo d’ansia: si manifesta con sintomi di tipo
psicologico (paure, sensazione di presagi vissuti in
chiave pessimistica ecc.) e con sintomi di tipo somatico
(sudorazione, tachicardia, fame d'aria).
Disturbi depressivi: in oncologia sono più frequenti gli
episodi depressivi maggiori, seguiti dalle forme
persistenti (ad es. distimia) e dalle depressioni croniche,
spesso trascurate nelle terza età.
La presenza di dolore facilita lo sviluppo di quadri
depressivi. Le conseguenze della depressione nei
pazienti con cancro sono diverse e comprendono, oltre
al rischio di suicidio, effetti negativi sulla qualità di vita
del paziente e della famiglia.
14. DISTURBI NEL PAZIENTE ONCOLOGICO
ANZIANO
L’oncologia e la terza età possono influenzarsi a vicenda:
Nell'anziano, più che nelle altre età della
vita, la consapevolezza dei limiti della
propria condizione fisica e psicologica si
somma inevitabilmente con l'avvicinarsi
della morte.
15. Da uno studio italiano (Grassi, Rosti, 1996) emerge che, in
una coorte di pazienti oncologici adulti di varie età,
quindi anche gli anziani, il 50% circa soffriva di un
disturbo psicopatologico, ed il 15% di un disturbo
dell'umore significativo (distimia e depressione).
Gli anziani mostrano anche differenze nella
sintomatologia di esordio e nel decorso delle malattie
rispetto alle altre età della vita: nei pazienti anziani
oncologici, determinati segni e sintomi che nei pazienti più
giovani vengono senza indugio riferiti al tumore, nel
paziente anziano vengono invece attribuiti all'età,
riducendo cosi la possibilità di una diagnosi congrua e
accurata.
(Carpiniello, Mantovani, Carta, 2002).
16. In oncologia geriatrica la scelta terapeutica deve avere
come obiettivo non soltanto l'aumento della
sopravvivenza, ma soprattutto la qualità del tempo
aggiuntivo che viene offerto al paziente: in altri termini,
l'obiettivo principale e il miglioramento della QUALITÀ
DELLA VITA (Carpiniello, Mantovani, Carta et al., 2002).
17. IL RAPPORTO TRA IL CANCRO E LA
FAMIGLIA
Secondo alcune statistiche tre famiglie su quattro devono
fronteggiare una diagnosi di cancro nel corso del loro ciclo di vita.
I rapporti tra la famiglia e il trauma/cancro possono essere analizzati
sulla base di diversi aspetti (Delage 2001). La famiglia vista come
un insieme, può configurarsi come vittima indiretta, per
l’esistenza dei vincoli che la legano al membro che sta
sperimentando la sofferenza.
La famiglia fornisce il contesto di adattamento in cui la persona
reagisce alla diagnosi e valuta l’evento e le proprie capacità di farvi
fronte, il tutto in relazione ai significati di cui quella famiglia è
portatrice, significati che vengono appresi e trasmessi per via trans-
generazionale. I familiari ricoprono la funzione di caregiver che
risponde ai bisogni del paziente sia sul fronte delle cure di base, che
su quello emotivo.
18. Assumendo una prospettiva sistemico-relazionale, è
possibile affermare che i vissuti psicologici ed emotivi e le
dinamiche relazionali dei membri della famiglia influenzano
l’intero sistema familiare, decretando anche l’adattamento alla
malattia, alla sofferenza, ai trattamenti e alle ripetute
ospedalizzazioni.
I membri della famiglia acquisiscono delle nuove
consapevolezze circa la precarietà e la possibile dissolubilità
dei propri legami e, inoltre, spesso s’instaurano delle diverse
modalità di comunicazione e d’interazione all’interno dei
diversi sottosistemi, nonché delle modificazioni nella
distribuzione delle funzioni e dei ruoli familiari.
Il sistema familiare, nel corso di questo periodo, sperimenta
anche delle intense dinamiche emotive e, nell’affrontare la
malattia, ogni membro struttura dei difficili e articolati vissuti
psicologici (Gritti, Di Caprio, Resicato, 2011).
19. Con l’avanzare della malattia oncologica la famiglia può
incrementare l’utilizzo di meccanismi di difesa, creando
uno stato di totale indifferenziazione, dove l’eccessiva
fusionalità impedisce di scorgere i confini individuali.
E’ importante rilevare, però, come l’adozione di questi
meccanismi di difesa, da parte della famiglia, sia un
processo sano nell’ambito di una situazione così
complessa e infausta.
20. IL CAREGIVER
Il ruolo dei CAREGIVER e le sue funzioni sono sottovalutate.
Più specificatamente, per identificare al meglio il livello di
carico di malattia esperito dal caregiver, se ne possono
considerare i diversi aspetti che lo determinano (Zavagli et al.,
2012):
– aspetti oggettivi, relativi alla restrizione di tempo per sé;
– aspetti evolutivi, ossia connessi alla sensazione del
caregiver di essere escluso dalle opportunità che la maggior
parte dei propri coetanei o conoscenti hanno;
– aspetti sociali, relativi al cambiamento di ruolo in ambito
intra ed extra familiare ;
– aspetti emotivi, associati ai sentimenti di vergogna e rabbia
nei confronti del malato, nonché al conseguente senso di
colpa in relazione a queste stesse emozioni esperite.
21. Il lavoro di supporto e/o terapeutico di tutti coloro che
sono attivamente coinvolti in quel terremoto emotivo
costituito dalla malattia oncologica, tende a modificare
progetti e aspettative future di ciascuno.
Successivamente, sarebbe bene chiedersi in quale fase
della sua evoluzione si trovi la famiglia e se vi sia la
presenza di disturbi pregressi a livello individuale o
comunicativo/relazionale nel gruppo.
Sarebbe bene cogliere in che fase della malattia ci si
trovi per identificare quali possano essere le priorità che
richiedono un intervento immediato:
22. Se i pazienti sono in fase di diagnosi, momento in cui
maggiormente si attivano le reazioni emotive più forti,
sensazioni di smarrimento, perdita di controllo, impotenza,
paura e dolore, l’intervento psicologico contribuirà ad aiutare ad
abbassare il livello di arousal emozionale, che essendo molto
alto per tutti, può alterare la capacità di recepire e valutare
l’emozione in modo adeguato.
Qualora, invece, ci si trovasse già in fase di gestione della
malattia, l’intervento potrebbe essere più approfondito e
focalizzato sull’accettazione ed elaborazione dell’esperienza.
Se la famiglia può confrontarsi con più esperti (oncologo,
infermiere, chirurgo) può aumentare nei familiari la sensazione
di un sistema a rete che protegge e sostiene.
23. RELAZIONE DI AUTO
La disponibilità a comunicare e ascoltare è
l’elemento centrale del processo di relazione.
L’ascolto alla persona ammalata è costituito da tre
elementi essenziali:
prestare attenzione
verifica della percezione
feed-back.
24. GLI INTERVENTI A FINALITÀ SUPPORTIVA
– TERAPIA DI GRUPPO PER IL PAZIENTE O GRUPPI DI AUTO
MUTUO AIUTO PER I CAREGIVER: ha l’obiettivo di facilitare la capacità
di affrontare il dolore e incoraggiare la rivisitazione delle priorità per il
futuro attraverso la condivisione di esperienze e vissuti in un ambiente
supportivo e non giudicante.
– TERAPIA FAMILIARE: ha come obiettivo l’ottimizzazione del
funzionamento relazionale della famiglia attraverso la promozione di una
comunicazione efficace, di una maggiore coesione e di una soluzione
adattiva dei conflitti. La capacità della famiglia di fare fronte ad alcune
difficoltà specifiche di ciascuna fase è influenzata da aspetti del suo
funzionamento: apertura della comunicazione, flessibilità della struttura
familiare, adattabilità e capacità di riorganizzazione dei significati
personali connessi alla malattia oncologica, risposta a temi esistenziali
e di mortalità.
(Biondi et al., 2014)
25. – TERAPIA COGNITIVA-COMPORTAMENTALE: può essere
utilizzata efficacemente per trattare disturbi depressivi e/o ansiosi
nei pazienti affetti da un tumore o nei loro parenti più prossimi.
– TECNICHE DI RILASSAMENTO E MINDFULNESS: sono utili
soprattutto per la gestione di tutte quelle fasi di attesa che
difficilmente possono essere modificate, come quella degli esiti di
un esame o dei risultati di un intervento o trattamento, eventi che
aumentano esponenzialmente i livelli di ansia e distress
psicologico.
Le tecniche di rilassamento, da praticare inizialmente con una
guida esperta, e successivamente anche in autonomia,
consentono di ridurre i sintomi fisiologici connessi all’ansia e
l’oppressione emozionale, aumentando la qualità della vita dei
pazienti. La MINDFULNESS, invece, permette di concentrarsi sul
momento presente e di liberarsi da pensieri negativi e ansietà
circa il futuro.
26. CARATTERISTICHE STRUTTURALI E ORGANIZZATIVE DI
UN SERVIZIO DI PSICONCOLOGIA
I contesti strutturali e le situazioni cliniche in cui può
essere organizzato un servizio di psiconcologia sono
diversi; tuttavia possono essere individuati alcuni criteri
fondamentali:
1) omogeneità e facilità di accesso;
2) omogeneità degli interventi;
3) valutabilità degli interventi;
4) formazione adeguata ai professionisti;
5) disponibilità di spazi qualificati.
27. OMOGENEITÀ E FACILITÀ DI ACCESSO
L’offerta del servizio di supporto psicologico può essere
proposta a tutti i pazienti, fin dalla prima fase di presa in
carico oncologica. I successivi momenti e bisogni
potranno essere individuati dallo psiconcologo. I pazienti
che non hanno mai avuto accesso al servizio di supporto
psicologico potranno essere inviati in momenti
particolarmente critici.
28. SOSTEGNO DURANTE LA CURE PALLIATIVE:
CURARE QUANDO NON SI PUO’ GUARIRE
E’ importante che il passaggio al trattamento palliativo sia graduale, condiviso,
conosciuto e accettato dal paziente e dalla famiglia.
È utile il supporto trasversale all’interno dell’equipe oncologica e palliativista, il
supporto dello psiconcologo anche nell’affrontare il dolore, l’attenzione al supporto
spirituale saranno volti a confermare la continuità delle cure, a sostenere la
famiglia, ad accompagnare il paziente fino agli ultimi momenti di vita.
29. Approccio ai sintomi più comuni in fase
terminale:
dolore, astenia, irrequietezza e agitazione.
Vissuto del morente e dei familiari
Lutto: il vissuto degli operatori
Cura e composizione della salma.
30. L’attivazione di percorsi di supporto verso la famiglia sono
mirati a:
• valutare la qualità del sistema di supporto familiare e sociale dei
pazienti;
• fornire supporto psico-educazionale per preparare la famiglia a
svolgere adeguatamente il ruolo assistenziale;
• fornire consulenze mirate ai caregivers;
• fornire interventi psicoterapeutici a livello familiare, lungo l’intero
percorso di cura;
• fornire indicazioni utili all’equipe al fine di favorire una buona
alleanza terapeutica con le figure di riferimento coinvolte nel
percorso di cura;
• incoraggiare la famiglia a comprendere e rispettare le decisioni
del paziente rispetto alle linee terapeutiche concordate con
l’equipe;
• sostenere la famiglia, in caso di decesso, nell’elaborazione del
lutto;
• implementare percorsi integrativi di sostegno, forniti ad esempio
da organizzazioni di volontariato di settore, adeguatamente
formate e integrate con i servizi di cura.
31. PROSPETTIVE DI RICERCA: MOTIVAZIONI
Le evidenze della letteratura italiana e
internazionale, sottolineano l’importanza di un
APPROCCIO OLISTICO, MULTIDISCIPLINARE E
MULTIPROFESSIONALE al paziente oncologico
che prenda in considerazione problematiche
cliniche, sociali, culturali e familiari.
È noto che la percezione traumatica dell’evento
causa strategie di coping disadattive che
potrebbero influire negativamente sulla compliance
del paziente ai trattamenti.
32. IL COPING
Il coping nasce come metodica per individuare quali
possano essere le risposte adattive funzionali per far
fronte ad una diagnosi che modifica il significato
esistenziale di una persona e della sua famiglia.
La maggior parte degli studi ha evidenziato che le
strategie di coping svolgono le seguenti funzioni: ridurre il
rischio delle conseguenze dannose che potrebbero
risultare da un evento stressante e contenere le reazioni
emozionali negative.