1. Vocalismo tonico napoletano e vocalismo “siciliano”
ă,ā > /a/; ĕ > /ɛ/; ē, ĭ, ī > /i/; ŏ > /ɔ/; ō,ŭ,ū > /u/, quindi: /a/, /ɛ/, /i/, /ɔ/, /u/.
Vocalismo napoletano (= italo-romanzo) e vocalismo siciliano:
Ă Ā Ĕ Ē Ĭ Ī Ŏ Ō Ŭ Ū
a ɛ e i ɔ o u vocalismo tonico napoletano (eptavocalico, 4 gradi, “fusione di apertura”)
a ɛ i ɔ u vocalismo siciliano (pentavocalico, 3 gradi, “fusione di chiusura”)
«All’interpretazione “arcaizzante” del vocalismo detto “siciliano" infatti, soggiace una visione della
Sicilia, della Calabria e della Puglia romane sostanzialmente non dissimile da quella che è la
situazione medievale e moderna delle tre regioni: le più periferiche, eccettuata la Sardegna, della
penisola, tanto che, per fare un solo esempio, il santuario di S. Maria a Leuca è chiamato,
apoditticamente, de Finibus Terrae […]» (Fanciullo 1984: 140). È probabile che il siciliano antico
avesse un sistema tonico a 7 vocali, come l’it., e che poi lo abbia ridotto a cinque attraverso
l’imitazione del modello greco: it. kandkla ~ gr. /kan'dila/ e sic. /canníla/ < lat. CANDĒLA; it.
bottkga ~ gr. /apo'iki/ e sic. putíka < gr.ant. apothḗkē. «[…] I segmenti che, nel bizantino, erano
occupati esclusivamente da /i/ e, rispettivamente, /u/, nel romanzo italiano meridionale erano
ripartiti fra /i/ ed /e/ e, rispettivamente, fra /o/ ed /u/» (Fanciullo 1996: 141), per cui /i/ bizantina
rende rom. /i/ ed /e/, /u/ bizantina rende rom. /u/ ed /o/ «In effetti, era diacronicamente successo che,
in certi casi di prestito dal greco al latino e quindi al romanzo, a vocale alta del greco tardo e
bizantino era venuta a corrispondere una vocale media tesa del romanzo […]; ma, soprattutto, che
nei prestiti dal latino al greco tardo (donde al bizantino), Ē, equiparata ad , fosse divenuta
foneticamente [i]» (Fanciullo 1996: 19). La chiusura delle /e/ e delle /o/ romanze rispettivamente in
/i/ e in /u/ è iniziata presso i lessemi e i suffissi che il romanzo aveva in comune col bizantino: cf.
per es. rom. [krésta] ~ bizant. [krísta], rom. [fóndu] ~ bizant. [fúndo], rom. [móstu] ~ bizant.
[mústu]. Il processo di chiusura delle medioalte non si diffonde subito e totalmente, cf. alternanze
tipo timugna ~ timogna ‘bica di grano’, anguni ~ angonia ‘angolo’ (Vàrvaro 1981: 215) e cf. nel
Liber Visitationis esempi di Ē > /e/ (DĒBĬTUM > debito, POENĬTĒRE > pentere) e di Ō > /u/
(HŌRAE > hore).