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La comunicazione di marketing sociale
Il caso “Senza la C”
Facoltà di Scienze Politiche, Sociologia e Comunicazione
Corso di laurea in Comunicazione Pubblica e D’Impresa
Cattedra di Market Driven Management
Candidato
Alessandro Consiglio
n° matricola 1556639
Relatore
Professore Alberto Mattiacci
A/A 2015/2016
2
3
INDICE
Introduzione……………………..………………………….…………..…….7
Capitolo 1
Il Marketing Sociale
1.1 L’evoluzione del Marketing sociale…………………………...13
1.2 La definizione di marketing sociale…….…….……………....16
1.2.1 Le differenze con il marketing commerciale..…...19
1.3 Le aree di interesse del marketing sociale………………...22
1.3.1 La promozione della salute……………………………..23
1.3.2 La prevenzione agli infortuni/incidenti…………...24
1.3.3 La protezione dell’ambiente……………………………26
1.3.4 La promozione dell’impegno comune………………27
1.3.5 Il benessere finanziario…………………………………..29
1.4 Gli obiettivi del marketing sociale…………..………………...30
1.4.1 La concorrenza……………………………………………….31
1.4.2 Il comportamento………..…………..…………………..…33
1.5 I player del marketing sociale……………………...……….…..37
1.5.1 Le Organizzazioni profit oriented…………………….39
1.5.2 Le Organizzazioni No Profit………………………….....43
4
1.5.2.1 Il foundraising e gli sponsor…….………….....46
1.5.3 Il settore pubblico…………………………………………..48
1.6 Il marketing sociale da P. Kotler a R.Gordon….…....…….51
1.6.1 Testo 1: “Social marketing An Approach to
Planned Social Change” di P. Kolter e G. Zaltman
del 1971....................................................................................................52
1.6.2 Testo 2: “Re-thinking and Re-tooling the Social
Marketing Mix” di R. Gordon del 2011........................................56
1.6.3 I due testi a confronto: conclusioni...........................59
Capitolo 2
L’epatite C
2.1 che cos’è…………………………………………………………........…61
2.2 Epidemiologia…………..………………………………………..…....64
2.2.1 Epidemiologia in Italia……………………………..……..66
2.3 Trend futuri………………………………………………………….....69
2.3.1 Intervista ………….……………………………………..….....73
2.4 Il ruolo delle campagne di comunicazione….……....….....75
5
Capitolo 3
Case study
Il Caso “Senza La C”
3.1 MediArt S.r.l……..…………………………...…….………………..…83
3.1.1 L’azienda...............….………….....…..…………………….....83
3.1.2 Struttura aziendale…..………………………………..…...84
3.1.3 Product offering e performance..…………….............84
3.2 Il progetto “Senza la C”…….………………………………...…….87
3.2.1 I fase: 2014 – 2015 “L’epatite C lega”.…………......…..87
3.2.2 II fase: 2015 – 2016 “Senza la C”......……………….…....93
Conclusione........................................................................... …………111
Bibliografia…………………………………………………………………….115
6
7
Introduzione
Questo lavoro di tesi nasce dall’esperienza diretta
avuta sul campo, all’interno di un’agenzia di comunicazione
nella quale ho avuto l’opportunità di lavorare. Fra i vari
progetti seguiti, quello che mi ha maggiormente interessato
sia a livello intellettuale che formativo data la tematica
trattata e le operatività, è stato quello della campagna di
comunicazione “Senza la C”: un progetto di marketing e
comunicazione sociale finanziato da un azienda
farmaceutica e fortemente voluto da diverse associazioni di
pazienti allo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica e le
istituzioni riguardo i pericoli del virus HCV e
contestualmente informarli dell’efficacia dei nuovi farmaci.
Questo progetto, date le sue finalità etiche e sociali, mi ha
permesso di approfondire lo studio di un settore (quello del
marketing sociale) che ad oggi ancora non riesce ad essere
percepito per la sue reale rilevanza e per le sue enormi
potenzialità. In Italia, riguardo questo ramo di studio regna
8
una grande confusione1: infatti molto spesso il marketing
sociale si ritrova associato erroneamente con il marketing
del settore pubblico, con il marketing delle organizzazioni
no profit o con molte altre discipline, senza riuscire ad
avere un’inquadratura autonoma. Tuttora per molti è
difficile immaginare uno specifico settore di questa materia
(il marketing) con un intento interamente sociale. Molte
persone, infatti, continuano a meravigliarsi quando sentono
parlare di “marketing sociale”, ritenendo che il termine
“marketing” (e contestualmente i suoi strumenti) possano
essere applicabili solo al mercato commerciale2.
Dato questo scenario, prima di analizzare il caso del
progetto “Senza la C”, il testo nel primo capitolo si
sofferma sul tema generale del marketing sociale cercando
(grazie alla consultazione di testi internazionali) di
inquadrare questo specifico settore in maniera
indipendente. Il capitolo parte dalla disamina
dell’evoluzione della materia a partire dal 1971, data in cui
1 Tamborini S., (1996) Marketing e comunicazione sociale al servizio
della società, Lupetti p. 11.
2 Puggelli R., Sobrero R., (2010) La comunicazione sociale, Carrocci p.
10.
9
viene per la prima volta pronunciata, fino ad arrivare alla
definizione attuale maggiormente accettata sottolineando
però attentamente quelle che sono le differenze che
intercorrono fra questo tipo di approccio di marketing e
quello strettamente commerciale. Si prosegue poi
analizzando le aree di interesse e gli obiettivi specifici del
marketing orientato a fini sociali soffermando, in
particolare, l’attenzione su due aspetti peculiari: la
concorrenza e l’aspetto psicologico del “comportamento”.
Nella seconda parte del primo capitolo l’attenzione invece
si sofferma sui player che entrano in gioco nel marketing
sociale; un argomento molto importante che differenzia
l’intero settore di studio. In conclusione di questa prima
parte del lavoro, allo scopo di avere uno sguardo d’insieme
su una delle tematiche maggiormente dibattute del
marketing sociale - il marketing mix da utilizzare - viene
proposta una comparazione fra due saggi: “Social
marketing An Approach to Planned Social Change” di
Philip Kolter e Gerald Zaltman
e “Re-thinking and Re-tooling the Social Marketing Mix” di
Robert Gordon. Questa comparazione oltre ad offrirci una
panoramica del dibattito, dato che i due testi hanno circa
10
quaranta anni di differenza, ci permette anche di ragionare
in merito al futuro della materia in oggetto.
Dopo aver analizzato peculiarità e caratteristiche del
marketing sociale, nella seconda parte del testo (capitolo 2
e 3) si comincia ad analizzare il case study: il progetto
“Senza la C”. Il capitolo due, infatti, è dedicato allo studio
dello scenario epidemiologico mondiale dell’epatite C con
una particolare attenzione a quello nazionale. In questo
capitolo inoltre è affrontato il tema del ruolo della
comunicazione in ambito sociale, argomento sempre
maggiormente preso in considerazione dalle aziende e dalle
istituzioni. In questa sezione del testo poi, al fine di rendere
il più possibile attuale la trattazione, è stata intervistata una
delle figure più importanti per questo determinato settore;
il presidente e fondatore dell’associazione dei pazienti
Epac, l’organizzazione no profit più attiva a livello
nazionale per l’epatite C.
In fine il terzo ed ultimo capitolo è dedicato alla
presentazione strutturale e qualitativa dell’agenzia di
comunicazione che ha reso possibile l’intero lavoro
(Mediart Srl) nonché tutte le fasi progettuali, analitiche ed
operative del progetto.
11
Capitolo 1
Il Marketing Sociale
Il termine “Marketing” viene abbinato ufficialmente a
quello “Sociale” per la prima volta da P. Kotler e G. Zaltman
con la pubblicazione dell’ormai celebre articolo “Social
Marketing: an approach to planned social change” del
19713. Da quel momento in poi questo specifico settore del
marketing ha goduto di un crescente interesse da parte
della comunità scientifica internazionale e ha avuto una
larga diffusione a livello applicativo in vari settori. Ad oggi,
l’importanza e l’utilità di questa disciplina sono indiscutibili
e gli studi in merito sono in costante crescita. Troppo
spesso, però, questo campo di studio viene confuso ed
affiancato erroneamente ad altre discipline. Per questo,
prima di esaminare la sua evoluzione fino ad arrivare alla
sua definizione attuale, sarà necessario analizzare, seppur
3
Kotler P., Zaltman G. (1971) “Social Marketing: An Approach to Planned
Social Change”. Journal of Marketing, vol 35, p. 3-12.
12
brevemente, quei settori cui il marketing sociale viene
troppo spesso confuso:
Il marketing del settore pubblico: viene definito da
P. Kotler4 come l’utilizzo degli strumenti e delle tecniche di
marketing da parte delle pubbliche amministrazioni per
gestire al meglio le proprie attività e per essere allo stesso
tempo più efficace e più efficiente. Vedremo nel capitolo 1.5
tuttavia che gli enti pubblici possono, servendosi delle
tecniche e delle strategie del caso, diventare i maggiori
promotori di campagne di marketing sociale.
Il marketing delle organizzazioni no profit: è lo
sviluppo delle metodologie del marketing in cui l’oggetto
dello scambio non è più necessariamente un bene (o un
servizio) nel senso tradizionale, ma può essere costituito da
valori etici, religiosi e culturali5 Anche in questo caso
vedremo nel capitolo 1.5 come spesso le organizzazioni no-
4
Kotler P., Lee N., (2007) Marketing del settore pubblico. Strategie e
metodi per migliorare la qualità dei servizi della pubblica amministrazione,
Pearson p.224.
5
Barbetta G.P., (1994) Le dimensioni economiche del settore non profit in
Italia, Quaderni occasionali p. 6.
13
profit siano comunque, le principali promotrici di
campagne di marketing sociale.
La psicologia comportamentale: è un approccio ai
processi psichici, sviluppato dallo psicologo John Watson
agli inizi del Novecento, basato sull'assunto che il
comportamento esplicito dell'individuo è l'unica unità di
analisi scientificamente studiabile della psicologia
avvalendosi del metodo stimolo (ambiente) e risposta
(comportamento).6
Il social media marketing: è quella branca del
marketing che si occupa di generare visibilità sui social
media e di gestire le community online. Il social media
manager ha la responsabilità di gestire varie figure tra cui il
digital pr, il web analist, l’e-reputation manager ecc.7
1.1 L’evoluzione del Marketing Sociale
In particolare si inizia a parlare di marketing sociale
con l’articolo sopracitato di P. Kotler e G. Zaltman scritto
6
http://www.sapere.it/
7
Mattiacci A., Pastore A. (2013) Marketing il management orientato al
mercato,Hoepli p.582
14
nel 19718. Nel famoso saggio i due autori si interrogano
sulla possibilità di applicare le tecniche ed i concetti del
marketing commerciale alle cause sociali come la lotta
contro il fumo, l’abuso di alcol e la dipendenza dalle droghe.
Negli anni successivi lo stesso tema è ripreso in numerosi
articoli dallo stesso P. Kotler e da altri autori. Nel 1980 P.
Kotler e K. Fox pubblicano sul Journal of Marketing un
nuovo saggio nel quale si sottolinea l’interesse crescente
nei confronti dell’applicabilità della materia in oggetto. Nel
1981 viene creata dal ministro della sanità del Canada la
prima unità di marketing sociale al mondo. Nello stesso
anno si ha la pubblicazione di “The Marketing of Ideas and
Social Iusses” scritto da S. Fine. Nel 1985 un secondo libro
interamente dedicato alla materia viene pubblicato negli
Stati Uniti da R. Manoff “Social Marketing New Imperative
for Public Health”. Nel 1989 viene scritto da P. Kotler e E.
Roberto il primo manuale di marketing sociale della storia
“Social Marketing: for Changing Public Behaviour”. Dai
8
Kotler P., Zaltman G. (1971) “Social Marketing: An Approach to Planned
Social Change”. Journal of Marketing, vol 35, p. 3-12.
15
primi anni novanta in poi la materia si comincia a definire
in maniera concreta: si susseguono numerose
pubblicazioni, nascono i primi indirizzi di studio accademici
e si creano le prime associazioni e le prime unità operative.
Nel 1995 viene elaborato da A. Andersen “Marketing Social
Change: Changing Behaviour to promote Health, Social
Development and the Environment”. Nel 1999 viene
istituito alla Georgetown University di Washington DC il
primo corso universitario in marketing sociale. Nel 2004, in
Inghilterra, viene creato il primo centro nazionale
strategico di social marketing. Nel 2008 a Brighton è tenuta
la prima “World Social Marketing Conference”. Nel 2011
nasce la “International Social Marketing Association” e nel
2012 la prima conferenza europea sul marketing sociale si
tiene a Lisbona.
Come è evidente, nel corso degli anni la materia ha
avuto un costante progresso; i paesi che hanno riscontrato
un interesse maggiore per l’argomento sono gli Stati Uniti,
il Canada, l’Australia e l’Inghilterra. Tutt’oggi quella del
marketing sociale rimane un’area di studio estremamente
attiva ed in progress, ma con non poche difficoltà ad
imporsi.
16
1.2 La definizione di marketing sociale
Nel corso degli anni i diversi autori hanno cercato di
dare una definizione univoca al marketing sociale. Tra gli
anni settanta e ottanta primeggiavano definizioni che
consideravano il marketing sociale tendenzialmente un
settore esclusivo della promozione della salute:
“L’utilizzo del marketing sociale per favorire l’adozione di
sani stili di vita si inserisce in un percorso di sperimentazione
di modalità efficaci di promozione della salute. Accanto alle
tradizionali attività di educazione alla salute e
comunicazione sociale, si propone di consentire ai cittadini di
acquisire abilità e competenze per scegliere in modo libero e
consapevole cosa è bene per la propria salute, coerentemente
con gli obiettivi indicati dalla Carta di Ottawa” 9
9
The Ottawa Charter for Health Promotion 1° Conferenza Internazionale
sulla promozione della salute 17-21 novembre 1986 Ottawa, Ontario,
Canada
17
Col passare del tempo e l’ampliarsi degli studi si è presa
consapevolezza che questa specifica branca del marketing
poteva essere applicata anche ad altre aree più generali e
non solo alla promozione della salute:
“Il marketing sociale è l’applicazione delle tecniche del
marketing commerciale all’analisi, alla pianificazione, alla
realizzazione ed alla valutazione di programmi volti ad
influenzare il comportamento del pubblico di riferimento al
fine di migliorare il benessere degli individui e della società”
10
“Il successo di una strategia di marketing sociale è
determinato dal suo contributo al benessere del pubblico di
riferimento o dell’intera società” 11
10
Andreasen, A.R. (1995) Marketing Social Change: Changing Behavior to
Promote Health, Social Development, and the Environment. San Francisco
11
Tosco E. (2008) “Il marketing sociale: Il marketing sociale: Che cos’è?”
cura di DoRS, Centro di Documentazione per la Promozione della salute
Seminario Marketing sociale e Comunicazione per la salute, Torino p.7.
18
Ad oggi la definizione maggiormente accettata dalla
comunità scientifica è quella data dall’ISMA (International
Social Marketing Association)12 che riassume in se le
definizioni dei vari autori degli ultimi anni facendo
emergere allo stesso tempo l’attenzione verso il
comportamento e l’applicabilità del marketing sociale a
diverse aree, tale definizione può essere abbreviata come
segue:
“Il marketing sociale è una disciplina che utilizza il processo
di pianificazione, le tecniche e i principi del marketing per
influenzare i comportamenti del target di riferimento allo
scopo di ottenere benefici per gli individui o per l’intera
società.”
Consideriamo quindi il marketing sociale come
l’utilizzo delle tecniche e degli strumenti del marketing
commerciale al fine etico di influenzare i comportamenti,
12
http://www.i-socialmarketing.org/social-marketing-
definition#.VsQxxvnhCUk
19
non per uno scopo economico, bensì per il bene
dell’individuo stesso o dell’intera società.
1.2.1 Le differenze tra il marketing sociale e il
marketing commerciale
Il marketing sociale, pur utilizzando le tecniche e i
principi del marketing, si sviluppa in un contesto di valori e
presupposti che lo rendono allo stesso tempo strettamente
legato, ma anche profondamente diverso da quello
commerciale. Prendendo il paragone offertoci da Bloom e
Novelli13 possiamo affermare che la relazione che
intercorre fra il marketing sociale e il marketing
commerciale
“è simile a quella esistente fra il football e il rugby. Le due
discipline hanno molto in comune e richiedono una
formazione simile, ma ognuna ha il suo insieme di regole,
limiti e richiede specifiche abilità. Un buon giocatore dell’una
13
Bloom P.N., Novelli. W.D.(1981) “Problems and challenges in social
marketing”. Journal of Marketing; vol. 45: p. 79-88.
20
non è detto che sia necessariamente anche un buon giocatore
dell’altra […]”.
Fra gli aspetti che accomunano le due discipline
possiamo notare: le fasi di pianificazione, il rapporto di
scambio costi/benefici, l’attenzione al target e l’utilizzo del
marketing mix. Mentre per quanto riguarda gli aspetti che
le differenziano, individuiamo: il bene che offrono sul
mercato, la concorrenza con la quale devono competere, il
tipo di beneficio offerto dal prodotto, i costi che richiedono,
la tipologia di target14 e soprattutto le finalità (figura 1.1).
Figura: 1.1 differenze tra il marketing sociale e il marketing
commerciale adattamento A. Consiglio (2016)
Marketing Commerciale Marketing Sociale
Il bene offerto sul mercato è
una merce o un servizio
Ciò che viene offerto sul
mercato è un comportamento
da seguire
14
A. Michienzi (2014) Dossier – il marketing sociale – guadagnare salute,
Editore Zadig
21
La concorrenza è data dalle
altre aziende presenti sul
mercato
La concorrenza è
rappresentata da stili di vita,
opinioni contrastanti e, in
maniera minore, da alcune
aziende
I benefici dati dall’acquisto di
un bene e/o servizio, in linea
di massima, sono immediati o
a breve termine
I benefici dati
dall’acquisizione del
comportamento corretto
sono generalmente visibili nel
medio/lungo periodo
Il costo è principalmente
monetario
Il costo è principalmente
psicologico e/o fisico
Il target è “passivo” Il target è “attivo”
Finanziato dagli investimenti
e dalle vendite
Finanziato da tasse, donazioni
e fondi pubblici
Il fine ultimo è l’acquisizione
di un profitto
Il fine ultimo è il benessere
dell’individuo e/o della
società
22
1.3 Le aree di interesse del marketing sociale
Abbiamo analizzato in che modo inizialmente il social
marketing si sia strutturato per offrire una soluzione alle
problematiche collegate al settore della salute come l’abuso
di alcol, il fumo, la dipendenza da droghe e simili. Nel corso
degli anni, tuttavia, si è presa in considerazione l’idea che si
potessero adottare le tecniche e gli strumenti del marketing
anche per altre aree che avessero comunque come unique
value proposition il benessere collettivo e/o individuale. Ad
oggi, individuiamo oltre alla promozione della salute, altre
quattro macro aree di interesse15: la prevenzione agli
infortuni e/o incidenti, la protezione dell’ambiente, la
promozione dell’impegno comune e il benessere
finanziario.
1.3.1 La promozione della salute
La promozione della salute è l’area per cui il marketing
sociale nasce e per la quale è stato maggiormente
15
Kotler P., Lee N., (2015) Social Marketing: Changing Behaviors for Good,
SAGE Pubblication p. 26.
23
identificato nel corso degli anni; infatti a questa area fanno
riferimento la maggior parte delle campagne. L’adozione
delle tecniche del marketing per la promozione della salute
ha lo scopo di influenzare i comportamenti per ridurre
l’impatto di una molteplicità di problemi sociali come ad
esempio: l’uso di droghe, l’obesità, gravidanze premature,
fermare la diffusione dell’HIV/AIDS, cancro della pelle,
cancro al seno, cancro alla prostata, l’igiene orale, pressione
del sangue, disordini alimentari e molti altri. Di seguito è
riportato l’esempio di una campagna per la lotta contro il
fumo.
Esempio: “Gli ex-fumatori sono irresistibili” EU
Un esempio
di marketing
sociale applicato
alla promozione
della salute è
quello della
campagna
“Irresistibili”
Figura 1.2: “Gli Ex fumatori sono irresistibili”
24
lanciata dalla Direzione Generale della Salute della
Commissione Europea in occasione del 31 maggio 2015 -
Giornata Mondiale senza Tabacco. La campagna è il
proseguimento dell’iniziativa “Help”, un’altra attività di
promozione contro il fumo, conclusa nel 2010. Peculiarità
del marketing mix adottato è quella di offrire uno
strumento innovativo molto efficace per aiutare i fumatori
a uscire dal tabagismo: l’iCoach, una piattaforma digitale
gratuita di educazione alla salute. Diversamente da altre
iniziative di questo tipo, questa applicazione è rivolta anche
a chi non intende smettere o è soggetto a un elevato rischio
di ricaduta16
1.3.2 La prevenzione agli infortuni e/o
incidenti
L’area del marketing sociale della prevenzione agli
infortuni e/o incidenti insieme a quella della promozione
della salute è sicuramente quella che ha avuto una
maggiore diffusione e applicazione. I comportamenti che
questa specifica area cerca di influenzare per evitare
16
http://www.exsmokers.eu/it-it/
25
sinistri di ogni tipo sono molteplici: la guida in stato di
ebbrezza, l’uso del telefono al volante, i suicidi, la violenza
domestica, la violenza nelle scuole, l’uso delle cinture di
sicurezza e molti altri.
Esempio: “Non sei un numero non diventarlo”
PROVINCIA DI TORINO
Un esempio molto
esplicativo dell’applicazione
del marketing sociale
all’area della prevenzione
dagli infortuni e/o incidenti
è stato quello della
campagna di
sensibilizzazione “Non sei
un numero non diventarlo”
promossa nel 2003 dalla
Provincia di Torino. Il
progetto nato in seguito all’emanazione della Legge
144/99, (istitutiva del Piano Nazionale della Sicurezza
Stradale che prevedeva il cofinanziamento di interventi e
progetti innovativi di carattere sperimentale finalizzati a
Figura 1.3: “Non sei un numero”
diventarlo
26
migliorare la sicurezza stradale e a ridurre il numero delle
vittime degli incidenti stradali) ha previsto un marketing
mix composto da: distribuzione presso i caselli autostradali
di 100.000 brochure nelle quali era riportato ”Il
vademecum del buon guidatore” e la diffusione di uno spot
radiofonico attraverso sedici emittenti locali17.
1.3.3 La protezione dell’ambiente
Altra area di grande importanza è quella della
protezione ambientale. Finalmente, dopo numerosi appelli
della comunità scientifica, negli ultimi anni si sta dando la
giusta attenzione alle problematiche legate allo
sfruttamento ambientale: spreco delle risorse idriche,
disboscamento, inquinamento e riciclaggio sono solo alcuni
dei comportamenti sui quali il marketing sociale oggi prova
ad intervenire.
17
http://www.provincia.torino.gov.it/sic_stradale/campagne/nn_sei_nume
ro/
27
Esempio: “WaterSense” EPA
“WaterSense” è un programma
sviluppato dall’EPA (Agenzia del
governo federale degli Stati Uniti
per la protezione dell'ambiente) in
partnership con i produttori e i
distributori di prodotti per il
bagno, la cucina e la casa in generale. Lo scopo del
programma è di promuovere l’acquisto di prodotti
etichettati “WaterSense” e quindi certificati come water-
efficent e high-performing (più efficaci ed efficienti dal
punto di vista del risparmio idrico)18.
1.3.4 La promozione dell’impegno comune
Donare gli organi, donare il sangue, andare a votare,
adottare un animale sono tutti comportamenti sui quali il
marketing sociale prova a fare leva all’interno dell’area
della promozione dell’impegno comune. In questa categoria
l’interesse è indirizzato a quei comportamenti che portano
18
Kotler P., Lee N., (2015) Social Marketing: Changing Behaviors for Good,
SAGE Pubblication p.42.
Figura1.4: “watersense”
28
un beneficio per l’intera comunità o per un determinato
gruppo target.
Esempio: “Ogni volta è la prima volta” AVIS
AVIS (Associazione Volontari
Italiani Sangue) ha incentrato la
sua ultima campagna del 2015
(figura 1.5) sul tema della “prima
volta”, andando quindi a
rivolgere il messaggio soprattutto
ai neo donatori, per mostrare
come ci siano tante “prime volte”
nella nostra vita. L’intento della
campagna era quindi quello di
convertire il gruppo target (persone che non hanno mai
donato) in nuovi donatori attraverso un marketing mix
basato su spot video e immagini veicolati soprattutto
attraverso il web19.
19
http://laprimavolta.avis.it/
Figura 1.5: “La prima volta”
29
1.3.5 La promozione del benessere finanziario
L’area della promozione del benessere finanziario è un
settore ancora in via di sviluppo. I comportamenti che il
marketing in quest’area mira a modificare e/o tutelare
sono: il comportamento da assumere per evitare le frodi o
la bancarotta, come proteggere i propri account, come
gestire i risparmi, ecc…
Esempio: “Campagna sociale contro il maltrattamento
dei soldi” ACOMEA
AcomeA (società indipendente dai gruppi bancari che
garantisce di lavorare senza conflitti di interessi in difesa
dei clienti) nel 2014 ha lanciato una campagna per
sensibilizzare i risparmiatori a reagire contro la non
trasparenza della finanza, imparando così a scegliere con
cognizione di causa e a porre le domande giuste per
valutare i propri investimenti. Il marketing mix oltre al
materiale grafico forniva un ebook scaricabile online:
“Manuale di autodifesa contro il maltrattamento dei
soldi”20.
20
https://www.acomea.it/
30
1.4 Gli obiettivi del marketing sociale
A questo punto della trattazione risulta ormai evidente
come l’obiettivo principale del marketing sociale sia quello
di influenzare i comportamenti degli individui al fine di
ottenere un beneficio per l’intera comunità o per
l’individuo stesso. Spingere all’azione o modificare un
atteggiamento però è molto complesso: “Significa infatti
portare il nostro interlocutore a rinunciare ad un’idea o
modificare un preconcetto”21. Per questo risulta
fondamentale nelle fasi di pianificazione focalizzare al
meglio il target di riferimento e il posizionamento che si
21
Puggelli R., Sobrero R., (2010) La comunicazione sociale, Carrocci.p.34.
Figura 1.6:”AcomeA”
31
intende avere. Inoltre, di grande importanza è analizzare
approfonditamente quali possano essere le leve del
marketing mix che ci permetteranno di raggiungere nel
modo migliore l’obiettivo definito e competere con la
concorrenza.
1.4.1 La concorrenza
Un’analisi della concorrenza (compresa una
conseguente strategia per contrastarla) è fondamentale ai
fini della promozione del comportamento corretto. La
principale forma di concorrenza nel marketing sociale,
secondo P. Kotler, è rappresentata dall’idea o dal
comportamento che si vuole modificare offrendo idee e
comportamenti alternativi22. Infatti, esaminando qualsiasi
area di interesse studiata, vedremo che esistono sempre
alternative a quella che si sta proponendo. Per questo è
essenziale offrire sul mercato un prodotto di scambio che il
target di riferimento consideri di maggior valore rispetto
22
Tosco E. (2008) “Il marketing sociale: Il marketing sociale: Che cos’è?”
cura di DoRS, Centro di Documentazione per la Promozione della salute
Seminario Marketing sociale e Comunicazione per la salute, Torino
32
alle altre opzioni disponibili23. Ad esempio in una
campagna contro il fumo, la concorrenza sarà presentata
dalla pratica dell’uso delle sigarette, mentre per una
campagna contro l’inquinamento ambientale, la
concorrenza sarà data dall’abitudine di utilizzare le
autovetture per ogni spostamento. Data la difficoltà di
identificare e catalogare questo tipo di concorrenza, che
appare meno evidente a confronto di quella del settore
commerciale (che si suddivide facilmente in verticale ed
orizzontale24), nel marketing sociale diventa d’importanza
strategica l’analisi dei bisogni e dei gruppi obiettivo25. Nel
caso delle sigarette ad esempio sarà utile comprendere
quali bisogni il tabacco soddisfa mentre nel caso
dell’inquinamento bisognerà capire qual è il motivo che
spinge le persone a sottovalutare le alternative ad impatto
zero per la mobilità (bicicletta, camminata ecc). Spesso,
23
A. Michienzi (2014) Dossier – il marketing sociale – guadagnare salute,
Editore Zadig p.11.
24
Mattiacci A., Pastore A. (2013) Marketing il management orientato al
mercato, Hoepli p.99.
25
Tamborini S., (1996) Marketing e comunicazione sociale al servizio della
società, Lupetti p 112.
33
tuttavia i comportamenti che si vogliono modificare
vengono sostenuti e promossi da altre organizzazioni profit
oriented; nel caso dell’uso delle sigarette ad esempio la
pratica sarà promossa dalle multinazionali del tabacco;
mentre per quanto riguarda l’esempio dell’inquinamento
l’utilizzo dell’auto sarà incoraggiato dalle industrie
automobilistiche. In questi casi le strategie per competere
con la concorrenza fanno direttamente riferimento a quelle
del marketing commerciale.
1.4.2 Il comportamento
Come in precedenza analizzato la modifica di un
comportamento è l’obiettivo finale del marketing sociale.
Ciò nonostante, tale processo non è statico e lineare, dato
che ogni persona può presentare diversi gradi di
disponibilità nell’accettare o abbandonare un determinato
comportamento. Affrontando questa specifica tematica, il
modello teorico di riferimento che prendiamo in
considerazione è quello “Transteorico” messo a punto da
Prochaska e Di Clemente nel 1982, migliorato ed aggiornato
34
poi nel corso degli anni26. Il modello sostiene che gli
individui, quando apprendono e adottano un nuovo
comportamento, passano attraverso sei fasi:
1. Precontemplazione: l’individuo non prende in
considerazione l’idea di modificare il proprio
comportamento dannoso e/o pericoloso nell’immediato
futuro (6 mesi). Tale situazione si verifica a seguito di
alcuni possibili motivi: non conosce o non è informato del
rischio (o se conosce i rischi è scoraggiato circa la propria
capacità di operare il cambiamento e preferisce non
pensarci); ha un atteggiamento di difesa nei confronti della
pressione sociale a cambiare; minimizza il rischio e/o
rifugge da consigli e dalle raccomandazioni. (Ad esempio la
persona che fa uso di sostanze stupefacenti, ignora i
pericoli derivati da tali sostanze o se li conosce li
minimizza, non ha intenzione di smettere).
2 Contemplazione: l’individuo prende seriamente in
considerazione l’idea di modificare il proprio
atteggiamento entro i 6-12 mesi successivi, calcolando costi
26
A. Michienzi (2014) Dossier – il marketing sociale – guadagnare salute,
Editore Zadig
35
e benefici che la modifica del suo comportamento attuale
può comportare. (La persona che fa uso di sostanze
stupefacenti comincia a pensare a quali potrebbero essere i
benefici dati dalla sua disintossicazione: un miglioramento
a livello salutare, migliori possibilità sociali e lavorative, e
allo stesso tempo la persona si informa sugli strumenti e i
costi che dovrà affrontare se smettesse di fare uso di
sostanze stupefacenti).
3 Preparazione: il soggetto ha deciso di modificare il
comportamento nell’immediato futuro (nel mese
successivo) e pianifica la modalità di cambiamento. (La
persona che fa uso di sostanze stupefacenti ad esempio può
aver pianificato di consultare un esperto, partecipa a
programmi strutturati per tossicodipendenti, si comincia a
documentare sui migliori modi per smettere di far uso di
droghe ecc.).
4 Azione: l’individuo mette in atto la vera e propria
modifica comportamentale cominciando a far proprio
l’atteggiamento che gli è stato proposto. L’azione non è
sempre una modificazione diretta del comportamento ma
tutto quell’insieme di attività che vengono messe in atto nel
tentativo di modificare un comportamento: atti singoli ed
36
episodici, azioni ricorrenti, strategie semplici e complesse.
(L’individuo che fa uso di sostanze stupefacenti smette di
acquistare e assumere sostanze, interrompe la
frequentazione con le persone che insieme a lui ne fanno
uso ed evita ambienti in cui tali sostanze sono facilmente
reperibili).
5 Mantenimento / 6 Ricaduta: in questa fase il soggetto si
applica al mantenimento nel tempo e alla stabilizzazione
del cambiamento. Chiaramente in questa fase le azioni sono
ridotte, il soggetto non è impegnato attivamente come nella
fase di azione. Questa fase ha una durata estremamente
variabile in relazione al comportamento e alle
caratteristiche individuali, ed è sempre possibile una
ricaduta. (La persona presa ad esempio è ormai un ex
tossicodipendente, conduce una vita regolare lontano dalle
droghe, ma il pericolo della ricaduta è sempre dietro
l’angolo).
I sei stadi del cambiamento possono essere applicati a
qualsiasi modifica comportamentale. Per questo motivo la
conoscenza da parte del marketer sociale di tale modello
(Transteorico) è un elemento sostanziale per la definizione
del target, del posizionamento e di tutte le fasi operative
37
che verranno messe in atto all’interno del piano di
marketing sociale.
Figura 1.7: illustrazione degli Stadi del cambiamento di Prochaska e Di
Clemente adattamento di A. Consiglio 2016.
1.5 I player del marketing sociale
Dopo aver analizzato l’evoluzione, la definizione, le
aree di interesse e gli obiettivi, è necessario, a questo punto
della analisi, approfondire quelli che sono i promotori di
questa specifica area di studio, ovvero, coloro che mettono
in pratica le tecniche e gli strumenti specifici del marketing
sociale. Diversi e molteplici possono essere gli agenti che,
38
sviluppando un piano di marketing, dispongono un
processo di comunicazione per fini sociali. Infatti,
riprendendo in considerazione le varie aree di interesse
della materia analizzate nel capitolo 1.3, ci si rende conto di
quanto questo settore possa essere eterogeneo. Al fine di
fare chiarezza nello scenario dei player, possiamo
suddividere il macro insieme in tre sotto categorie: le
organizzazioni profit oriented, le organizzazioni no profit e
il settore pubblico27.
Figura 1.8 Rappresentazione grafica dei player del marketing sociale
27
Gadotti G., Bernocchi R., (2010) La pubblicità sociale maneggiare con
cura, Carrocci Editore p.27.
39
1.5.1 Le Organizzazioni profit-oriented
Nel mercato di oggi, ormai non desta più stupore
imbattersi in campagne di marketing sociale firmate da
aziende private in partnership con organizzazioni no profit
o aziende private che si prodigano in condotte favorevoli
all’ambiente e/o alla collettività. Eppure lo scenario non è
stato sempre così: agli inizi degli anni Novanta, e poi
nuovamente a cavallo del Duemila, si hanno periodi di forte
discussione nei confronti del marketing, dovuto sia ad un
rallentamento dello sviluppo economico, sia a una costante
crescita di indipendenza del consumatore che, acquisendo
conoscenza e quindi valore sul mercato, richiede una
maggiore trasparenza e comportamenti sociali corretti alle
aziende. Questo tipo di comportamenti sfociano poi, in
questi stessi anni, in movimenti di protesta come il
consumerismo e l’ambientalismo28. È in queste determinate
circostanze che nasce da parte delle imprese un forte
interesse per un marketing di tipo sostenibile e socialmente
28
Mattiacci A., Pastore A. (2013) Marketing il management orientato al
mercato,Hoepli p.588.
40
corretto. Due dei modelli maggiormente sviluppati per
andare in contro a questo trend emergente sono il cause
related marketing e il societing.
Il Cause related marketing tradotto “responsabilità
sociale d’impresa” è, in linea generale, un'operazione di
marketing tesa al perseguimento di obiettivi di carattere
commerciale che al tempo stesso contribuiscono ad una
causa ambientale o umanitaria29. L’azienda che adotta una
strategia di cause related marketing ha quindi un duplice
obiettivo: fare profitto e contemporaneamente essere
apprezzata dagli steakholder per il suo contributo alla
causa30. Il primo caso di una campagna di questo tipo è
quello dell’American Express nel 1885. In occasione di un
progetto a supporto del restauro della Statua della Libertà
l’agenzia nazionale che la gestiva, la US National Park
Service, strinse un accordo con L’American Express la quale
si impegnò a donare un penny per ogni transazione
bancaria effettuata attraverso le proprie carte di credito e
29
Tamborini S., (1996) Marketing e comunicazione sociale al servizio della
società, Lupetti p.86.
30
http://www.fundraising.it/
41
un dollaro per ogni nuovo cliente che registrava una nuova
carta nei primi tre mesi dal lancio dell’iniziativa. Il risultato
fu sorpendente: la campagna generò 1,7 milioni di dollari
da destinare al restauro e, allo stesso tempo, l’azienda
registrò un incremento di transazioni del 27% e il 10% in
più di nuove richieste di carte di credito31. Ad oggi sono
moltissimi i casi in cui le aziende adottano questo tipo di
strategia.
Per societing, invece, si indica il superamento
dell’orientamento di marketing “tradizionale”32. In questa
concezione l’attenzione si focalizza sull’interazione
dell’impresa, non soltanto con il mercato di riferimento, ma
anche con la società in cui opera. Si afferma che la società
sta mutando e con essa deve cambiare anche il marketing33:
per le aziende è arrivato il momento di spostare il focus dal
mercato alla società e quindi considerare il consumo come
31
Kotler P., Lee N., (2007) Marketing del settor pubblico. Strategie e
metodi per migliorare la qualità dei servizi della pubblica amministrazione,
Pearson p.262.
32
Gadotti G., Bernocchi R., (2010) La pubblicità sociale maneggiare con
cura, Carrocci Editore p. 46.
33
http://www.societing.org/
42
uno degli aspetti centrali della vita quotidiana. Le imprese
sono “obbligate” ad adottare questo cambiamento perché
non possono sottrarsi alla pressione dei consumatori che
diventano sempre più informati, critici e al tempo stesso
consapevoli del loro potere. Prende sempre maggiore forza
l’idea di un marketing teso a creare un rapporto diretto con
il consumatore (dal business to business/consumer al
business to people34) e per far ciò l’impresa non può che
agire in modo socialmente corretto nel proprio mercato di
riferimento. Moltissimi sono oramai i casi in cui aziende
adottano questo tipo di approccio al mercato. Consideriamo
ad esempio McDonald, la multinazionale più grande al
mondo per il mercato dei fast food, che dal 1974 negli Stati
Uniti e dal 1999 in Italia gestisce parallelamente alle sue
attività commerciali la fondazione no profit per l’infanzia
“Ronald McDonald”35.
34
https://blogs.oracle.com/socialspotlight/entry/forget_b2b_and_b2c_teh
35
http://www.fondazioneronald.it/
43
1.5.2 Le Organizzazioni No-profit
Altro settore estremamente attivo nel marketing sociale
è quello delle Organizzazioni No profit, anche detto terzo
settore, che è costituito da un variegato insieme di tipologie
di enti: organizzazioni non lucrative di utilità sociale
(ONLUS), organizzazioni non governative (ONG),
associazioni di volontariato, fondazioni, enti ecclesiastici,
cooperative sociali e molti altri. A partire dagli anni
settanta, la crescita del welfare state ha generato
aspettative crescenti di benessere da parte dei cittadini, ma
allo stesso tempo, l’incapacità delle istituzioni di fare fronte
alle sempre più complesse domande sociali ha fatto si che
l’importanza delle organizzazioni del terzo settore
crescesse vigorosamente36. Oggi, il terzo settore conta circa
duecentomila organizzazioni37 ma, oltre al numero, nel
tempo sono cresciute anche le responsabilità e il livello di
attività che questi enti sviluppano. Questa crescita
36
Gadotti G., Bernocchi R., (2010) La pubblicità sociale maneggiare con
cura, Carrocci Editorep. 40.
37
A. Fagnani (2005) “Il Ruolo Del Marketing Nelle Organizzazioni Nonprofi”
Ecole Supérieure de Commerce de Paris–EAP, Parigi
44
qualitativa e quantitativa ha portato le organizzazioni no-
profit a dover gestire in modo progressivamente sempre
più complesso la propria attività utilizzando strumenti
tipicamente manageriali38. Attualmente l’applicazione dei
principi del marketing sociale nelle ONLUS, nelle ONG e
nelle altre associazioni è basilare e in questo specifico
ambito gli studi e le ricerche sono molteplici.
Di seguito riportiamo un esempio di una campagna di
una delle ONLUS più importanti a livello internazionale per
i diritti dei bambini “Save the Children”. Dal 2012
l’organizzazione ha promosso una campagna di
sensibilizzazione in aiuto dei bambini a rischio povertà in
Italia, coinvolgendo singoli cittadini, imprese, enti locali, il
mondo della cultura e dell’informazione, per promuovere
cambiamenti concreti a livello sociale, culturale, politico e
giuridico. Nel 2015, in continuum con l’iniziativa
precedente, Save the Children ha lanciato la campagna
“Illuminiamo il Futuro” per dare educazione, opportunità e
speranza ai bambini che vivono in povertà in Italia. Il
38
A. Fagnani (2005) “Il Ruolo Del Marketing Nelle Organizzazioni Nonprofi”
Ecole Supérieure de Commerce de Paris–EAP, Parigi
45
marketing mix, oltre al materiale grafico di promozione, ha
utilizzato un vero e proprio strumento a disposizione dei
bambini, tentando quindi di sottolineare la sua presenza sul
territorio: i “Punti Luce”, centri in cui bambini e adolescenti
tra i 6 e i 16 anni possono studiare, giocare, avere accesso
ad attività educative e sportive altrimenti a loro precluse39.
Peculiarità delle organizzazioni senza fine di lucro,
come dice la stessa definizione, è proprio quella di non
adottare una strategia volta all’acquisizione di un profitto
monetario. Come fanno allora questo tipo di organizzazioni
a sopravvivere e a finanziare vere e proprie campagne di
39
http://www.savethechildren.it/
Figura 1.9 “Save the Children”
46
comunicazione che nei casi più fortunati competono sullo
scenario internazionale a fianco delle multinazionali? Nel
rispondere a questa domanda si introducono nell’analisi lo
studio di due attività: il fundraising e la sponsorship, che
per questo tipo di organizzazioni sono la linfa vitale per la
sopravvivenza e per il loro sviluppo.
5.2.1 Il fundraising e gli sponsor
Spesso il termine “fundraising” viene tradotto in
italiano semplicemente come “raccolta fondi”, ma
analizzando il significato del verbo "to raise" (che esprime
senso di: far crescere, coltivare, sorgere, sviluppare)
percepiamo che il termine nasconde una valenza molto più
ampia e complessa. Con fundraising, infatti, si intende il
promuovere e il credere in una causa costruendo delle
relazioni che permettano a degli individui (i donatori) di
aiutare altre persone e/o cause. Henry Rosso definiva nel
1991 il fundraising come “La gentile arte di insegnare agli
altri la gioia di donare”40. Oggi quella del fundraising è
diventata un’attività di assoluta importanza per tutto il
40
H. Rosso (1991) Achieving Excellence in Fundraising,
47
terzo settore che si fonda su competenze di marketing
management. Sono svariate le tecniche e gli approcci per
incrementare questa attività, come ad esempio: le
pubbliche relazioni, il mail marketing, il telemarketing, gli
eventi, il porta a porta e per ultimo, ma non di minore
importanza il web che negli ultimi anni ha visto una forte
crescita in questo settore dovuta all’attestarsi delle sue
enormi potenzialità41. Quella del fundraising è quindi
un’attività molto complessa e articolata che negli ultimi
anni si è attestata come materia autonoma e indipendente
di grandissimo valore per tutte le realtà no-profit.
Le organizzazioni senza scopo di lucro possono
incrementare il loro budget anche attraverso
sponsorizzazioni con aziende profit oriented. Per le
organizzazioni no-profit l’instaurarsi di questo tipo di
rapporto costituisce una “straordinaria opportunità che
permette di ampliare i mercati per la raccolta delle risorse
grazie a nuovi e fecondi budget”42. Tendenzialmente il fine
dei due soggetti che mettono in atto una sponsorship di
41
Melardi V., (2012) Manuale di Fundraising fare raccolta fondi nelle
organizzazioni nonprofit e negli enti pubblici, Maggioli Editore p.93.
42
Ivi p. 411.
48
questo tipo sono molto differenti. Il fine delle
organizzazioni no profit è: raccogliere fondi, aumentare la
visibilità, differenziare il mercato di raccolta, incrementare
l’awareness, attingere a nuovi budget ed accedere al know-
how aziendale. Mentre gli obiettivi dell’azienda sponsor
possono essere: rafforzare i legami con i pubblici attuali,
raggiungerne nuovi, migliorare la sua immagine e delle
volte anche incrementare il suo profitto con operazioni di
casued related marketing (vedi 1.5.1).
Un programma di fundraising o un piano di
sponsorizzazione, se ben progettati e implementati,
riescono ad accrescere fortemente il budget
dell’organizzazione che ne risponde. Per questo,
predisporne di altamente efficaci è indispensabile per ogni
tipo di organizzazione che non mira al profitto.
1.5.3 Il settore pubblico
Come precedentemente affermato la categoria del
settore pubblico è quella che ha maggiore interesse nel
promuovere la salute, nel prevenire gli incidenti, nel
sostenere l’ambiente, nel favorire l’impegno comune e
nell’assicurare benessere finanziario al proprio pubblico di
49
riferimento (i cittadini) dato che, i costi sociali ed
economici che deriverebbero dal mancato interesse di
ognuna di queste aree da parte di essi, andrebbe ad influire
direttamente in negativo sul bilancio dello stato.
L’obiettivo primario del settore pubblico è quindi quello di
assicurare che le persone abbiano un comportamento
socialmente corretto, per questo motivo, il maggior numero
di campagne di marketing sociale nel mondo sono
finanziate dagli enti pubblici nazionali e/o locali. Le
tecniche e gli strumenti che vengono adoperati dal
marketing sociale nel
settore pubblico sono gli
stessi che vengono
utilizzati nel settore
delle organizzazioni no
profit; l’unica differenza
sostanziale è che il
settore pubblico non
farà attività di
fundraising dato che
avrà già budget
Figura 1.10 ““National Breastfeeding”
Awareness Campaign”:”
50
predisposti per questo tipo di attività. Ma allo stesso tempo,
date le sue caratteristiche, questo specifico settore può
sviluppare sia campagne sociali in completa autonomia, sia
in partnership con organizzazioni private.
L’esempio che viene proposto di seguito tratta proprio
di una campagna sviluppata tra un dipartimento federale e
un’organizzazione no-profit. Nel 2005 il governo americano
nota che benché molti cittadini siano consapevoli
dell’importanza dell’allattamento al seno, gli Stati Uniti
detengono uno dei tassi più bassi al mondo per quanto
riguarda questa pratica. Per ovviare a questo problema, lo
US Department of Health and Human Services, l’Office of
Women’s Health e lo Ad Council (un’organizzazione privata
senza fini di lucro che ha come obiettivo quello di
coinvolgere su base volontaria i migliori talenti
dell’industria pubblicitaria e della comunicazione) hanno
lanciato la “National Breastfeeding Awareness Campaign”:
una campagna di sensibilizzazione sui benefici
dell’allattamento materno. I messaggi della campagna
erano quelli di eliminare la confusione circa la durata
ottimale dell’allattamento al seno e contrastare la
convinzione diffusa che i benefici dell’allattamento non
51
siano poi così rilevanti per la salute futura del bambino.
L’obiettivo della campagna, far aumentare del 50% entro il
2010 il numero di mamme che avrebbero allattato i figli per
almeno sei mesi dopo il parto, fu raggiunto con successo43.
Il marketing sociale con il passare del tempo, date le
sue enormi potenzialità, sta interessando sempre più una
vasta platea di player sia del mondo commerciale e sia di
quello no-profit/pubblico. Con il crescere
dell’interessamento, di conseguenza, prosperano anche i
dibattiti ad esso connessi. Uno dei principali è sicuramente
quello legato agli strumenti da utilizzare all’interno di un
piano di marketing sociale. Vediamo di seguito come questo
tema si è sviluppato nel corso degli anni.
1.6 Il marketing sociale da P. Kotler a R. Gordon
Per analizzare lo sviluppo del dibattito riguardo il
marketing sociale dalla sua nascita fino ad oggi, di seguito si
43
Kotler P., Lee N., (2007) Marketing del settore pubblico. Strategie e
metodi per migliorare la qualità dei servizi della pubblica amministrazione,
Pearson p.271.
52
propone un confronto tra due importanti saggi: “Social
Marketing: An Approach to Planned Social Change” di P.
Kotler e G. Zaltman del 197144 e “Re-thinking and Re-tooling
the Social Marketing Mix” di R. Gordon del 201145. La
comparazione tra questi due studi che, anche avendo
quaranta anni di differenza sono incentrati sulla stessa
tematica, ci permette di comprendere in maniera chiara
quelle che sono le leve di discussione maggiormente
dibattute e quelli che sono i trend emergenti in merito alla
materia in oggetto.
1.6.1 Testo 1: “Social Marketing: An Approach to
Planned Social Change” di P. Kotler e G. Zaltman
del 1971
Gli autori sviluppano la loro analisi partendo da due
volumi: il testo di G. D. Wiebe “Merchandising Commodities
and Citizanship on television” del 1952, nel quale lo studioso
44
Kotler P., Zaltman G. (1971) “Social Marketing: An Approach to Planned
Social Change”. Journal of Marketing, vol 35, p. 3-12.
45
Gordon R., (2012) “Re-thinking and re-tooling the social marketing mix”.
Australian Marketing Journal, vol 20, p. 122-126.
53
si domanda perché non sia possibile vendere la fratellanza
allo stesso modo di come si vende il sapone, e il testo di J.
McGinniss’s “The Selling of the president” del 1968, nel
quale l’autore afferma di poter “vendere un candidato alle
presidenziali allo stesso modo di come si vende il sapone”.
Sulla base dell’analisi dei testi sopra citati, P. Kotler e G.
Zaltman si interrogano sulla possibilità di trasportare le
tecniche del marketing commerciale, con le quali si
vendono le commodities, anche per promuovere cause di
tipo sociale. Nella prima parte dell’articolo vengono date le
definizioni generali di marketing e di marketing
management. Il marketing viene definito come uno scambio
di beni o servizi per un altro bene, per un altro servizio o
per soldi: “Il marketing non si verifica a meno che non ci
siano due o più parti, che hanno qualcosa da scambiare e che
siano in grado di effettuare comunicazione e distribuzione”.
Il marketing management, invece, viene definito come:
“l’analisi, la pianificazione, l’implementazione e il controllo di
programmi designati a portare un profitto”. Dopo questa
prima parte di introduzione al marketing generale, i due
autori si concentrano sull’argomento principale: il social
marketing. Prendendo in analisi la forte crescita delle
54
agenzie e delle organizzazioni che in quegli anni si
occupano di comunicazione sociale, i due autori
introducono il tema del marketing sociale andandolo a
definire come: “la progettazione, l’attuazione e il controllo
dei programmi per influenzare l'accettabilità delle idee
sociali attraverso la pianificazione del prodotto, del prezzo,
della comunicazione e della distribuzione”. Da subito nel
testo si può notare quindi come le “4p” di McCarthy del
marketing commerciale siano riproposte anche per quello
sociale. Infatti, basandosi sulle condizioni sin equa non
imposte da Lazarsfeld e Merton (manipolazione,
canalizzazione e integrazione) e sull’anailisi di Wiebe nella
quale vengono analizzati i cinque cardini fondamentali per
una campagna sociale (forza, direzione, meccanismo,
adeguatezza e distanza), i due studiosi argomentano la
propria tesi: l’adottabilità delle 4p del marketing
commerciale (product, promotion, place e price) anche per
il settore sociale. Per quanto riguarda il prodotto essi
ipotizzano che come nel marketing commerciale anche in
quello sociale i venditori debbano, studiando il proprio
mercato di riferimento, progettare un prodotto
appropriato: “essi devono ‘impacchettare’ l'idea sociale, in
55
modo che il loro target di riferimento abbia il desiderio
dell’acquisto”. In merito alla promozione gli autori
considerano che anche nel marketing sociale tale
strumento sia efficace allo stesso modo di come lo sia nel
marketing commerciale, allo scopo di far diventare il
“prodotto” familiare, accettato e costantemente desiderato.
Gli strumenti della promozione che considerano più
rilevanti sono l’advertising, la vendita personale e la
vendita promozionale. Attribuiscono invece alla mancata
attenzione verso lo strumento della distribuzione la causa
principale del fallimento di diverse campagne sociali. Essi
pensano che troppo spesso le persone che lavorano nel
sociale sottovalutino i canali distributivi che vengono, per
questo motivo, posizionati in zone non concordi con la
problematica in oggetto risultando poco incisivi. Per questa
ragione gli autori affermano che le stesse attenzioni che
sono date nell’ambito commerciale alla distribuzione
debbano essere trasportate anche nell’ambito sociale.
Anche per quanto riguarda il prezzo, i due autori
esprimono enorme interesse intorno a questa area che nel
marketing sociale risulta avere un ruolo fondamentale,
56
dato che il prezzo non sarà solo quello monetario, ma
soprattutto psicologico e sociale.
1.6.2 Testo 2: “Re-thinking and Re-tooling the
Social Marketing Mix” di R. Gordon del 2011
Il testo di R. Gordon è introdotto da un breve inciso nel
quale viene esposto come durante il World Social
Marketing Conference del 2011, svolto a Dublino, gli
studiosi Clive Blair-Stevens (direttore del Strategic Social
Marketing) e Sue Nelson (direttrice settore marketing
sociale di Kindred) hanno proposto di abbandonare le 4p
applicate al marketing sociale perchè considerate, alla luce
del nuovo scenario mediatico e tecnologico, uno strumento
obsoleto. La platea, chiamata a votare per decidere se
abbandonare o meno tale strumento, si è vista per la
maggior parte in disaccordo e quindi le 4p sono state
riconfermate come il migliore strumento di marketing per il
settore sociale. Nel saggio l’autore, dopo una disamina della
progressiva affermazione delle 4p nel marketing sociale, a
partire proprio dall’articolo di P. Kotler e G. Zaltman sopra
analizzato e poi confermato nel corso degli anni, afferma la
57
necessità di un ripensamento e riposizionamento delle 4p
per il marketing sociale, considerando tale strumento
inadatto al mercato attuale. In particolare lo studio
individua tre punti di debolezza delle 4p applicate al
settore sociale: l’interesse unico al breve periodo, la
staticità e la conseguente non apertura ai nuovi media. Egli
sostiene che con le nuove strategie ormai in uso (come le
community online, i networking, la co-creazione,
l’advocacy, il lobbing e molte altre), l’ampliarsi del
marketing mix diventa indispensabile. R. Gordon considera
che, come nel settore commerciale anche nell’ambito
sociale, deve essere implementato un modello orientato
maggiormente al consumatore. L’autore sostenendo questa
tesi presenta un nuovo modello formato da cinque
categorie: contesto, organizzazione/competizione, costi,
processo e canali/strategie. Queste classi sono tutte in
funzione della sesta categoria, quella principale e più
rilevante, il consumatore.
L’autore conclude il saggio dichiarando un’aperta
speranza nei confronti dell’ampliarsi del dibattito che potrà
portare al cambiamento definitivo del marketing mix nel
settore sociale.
58
Figura: 1.11 Proposta del modello di marketing mix di R. Gordon per il
marketing sociale
59
1.6.3 I due testi a confronto: conclusioni
Analizzando i due testi si nota immediatamente come
l’argomento maggiormente dibattuto sia quello legato
all’operatività del marketing sociale. È chiaro come nella
comunità scientifica ci sia accordo sulla definizione, sulle
aree di interesse nonché sulla questione etica della materia,
mentre non c’è omogeneità di pensiero in merito agli
strumenti della disciplina. Da una parte, P. Kotler e G.
Zaltman affermano che l’unico ed efficace marketing mix sia
quello direttamente derivato dall’ambito commerciale (le
4p), mentre R. Gordon, avendo uno sguardo sull’attuale
evoluzione dei mercati, propone un ripensamento e una
ristrutturazione delle tecniche e degli strumenti utilizzati
andando a dare maggior rilievo al consumatore. Si potrebbe
pensare, dato che il primo saggio analizzato risale a
quaranta anni fa, che i due autori (P. Kotler e G. Zaltman) ad
oggi abbiano modificato anche loro la propria visione a
favore di una posizione maggiormente orientata al
consumatore. Eppure, andando ad analizzare il più recente
60
testo di Kotler46, questa possibilità viene esclusa, dato che
notiamo come egli stesso riproponga (anche se integrando i
nuovi strumenti) come marketing mix del settore sociale: il
prezzo, il prodotto, la distribuzione e la promozione. Questo
tipo di dibattito non investe solo il settore sociale, bensì
tutto il mondo del marketing.
Attualmente gli autori che si schierano per un
rinnovamento degli strumenti rispetto al marketing
tradizionale sono innumerevoli. Termini come marketing
non convenzionale, prosumer e crowdfunding stanno
prendendo sempre più piede. È ormai evidente che lo
scenario stia lentamente mutando a favore di un
orientamento in cui le pratiche di marketing sono sempre
più slegate da schemi fissi e diventano sempre più
personalizzate per ogni piccola nicchia di mercato. Da
questo mutamento in atto, a mio avviso, non può sottrarsi
la branca del marketing sociale, che come ogni altro settore,
dovrà reinventarsi in nuove tecniche e pratiche più
orientate al consumatore.
46
Kotler P., Lee N., (2015) Social Marketing: Changing Behaviors for Good,
SAGE Pubblication p.234
61
Capitolo 2
L’epatite C
2.1 Che cos’è
L’epatite C, in passato conosciuta come epatite non-A
non-B47, è una malattia infettiva del fegato causata da un
virus (HCV) appartenente al genere Hepacivirus della
famiglia dei Flaviviridae. L’infezione il più delle volte
decorre in maniera asintomatica o presenta sintomi vaghi e
aspecifici; quando questi sono presenti sono caratterizzati
da dolori muscolari, nausea, vomito, febbre, spasmi
addominali e ittero (colorazione gialla di sclere e cute). I
sintomi si possono presentare prevalentemente dopo
diversi mesi dall’infezione. Circa il 20% delle persone
infette guarisce autonomamente, mentre il restante 80% di
chi contrae il virus ha a che vedere con una patologia di
media/lunga durata che può condurre alla cirrosi epatica48:
una malattia cronica del fegato causata da
47
http://sieropositivo.it/area-mst/epatite-c.html
48
http://www.salute.gov.it/portale/salute/p1_5.jsp?id=118&area=Malattie
_infettive
62
un’infiammazione che implica la trasformazione del
suddetto organo in un tessuto fibroso con cicatrici che nei
casi più gravi può portare all’insufficienza epatica, al
tumore del fegato e al decesso49. La principale causa di
trasmissione del virus dell’epatite C è attraverso il contatto
di sangue infetto: rapporti sessuali non protetti, scambio di
lamette, siringhe, utilizzo di strumentazioni mediche o
estetiche non sterili ecc. Ad oggi la condivisione di aghi o
siringhe, insieme alla trasmissione sessuale, rimangono i
fattori di rischio contagio più elevato, segue, anche se in
maniera molto meno incisiva (5% dei casi), la trasmissione
verticale da madre a figlio50. Dato che in molti soggetti i
sintomi del virus non si presentano con una sintomatologia
ben definita, la diagnosi dell’epatite C rimane molto
difficoltosa e si affida soprattutto agli esami del sangue a
volte effettuati per tutt’altra esigenza, come ad esempio
screening per donazione, per intervento chirurgico o atri.
Per questa difficoltà oggettiva di identificare i sintomi del
49
http://www.cirrosi.com/
50
http://www.salute.gov.it/portale/salute/p1_5.jsp?id=118&area=Malattie
_infettive
63
virus nel breve periodo; l’epatite C può persistere per anni
o decenni prima che venga diagnosticata51. Come afferma
Carlo Federico Perno, docente di Virologia, Direttore della
Scuola di Specializzazione in Microbiologia e Virologia,
dell’Università Tor Vergata di Roma, per risolvere questo
problema e intervenire sulla salute di molte persone affette
da HCV, ma nelle quali ancora non si sono palesati i sintomi,
basterebbe “un semplice screening, in cui, oltre al classico
test per il diabete, il colesterolo, e l’anemia, si aggiungesse
anche il test HCV, che permetterebbe di diagnosticare prima
l’infezione, e prevenire al meglio le sue conseguenze”52.
Attualmente, la mancanza di un vaccino per questo tipo
di virus fa si che la prevenzione dall’epatite C poggi
esclusivamente sull’interruzione della catena di contagio
basandosi sulle misure preventive generiche e aspecifiche
che hanno l’obiettivo di eliminare o ridurre la trasmissione.
Allo stesso tempo però negli ultimi anni sono stati studiati e
messi a punto alcuni farmaci molto efficaci capaci di
51
http://www.curareilfegato.it/malattie-del-fegato/epatite-c/#1
52
http://www.quotidianosanita.it/scienza-e
farmaci/articolo.php?approfondimento_id=1936
64
debellare totalmente l’HCV in sole 12 o al massimo 24
settimane con tassi di guarigione del 90-100%. Questo tipo
di farmaci tuttavia non sono ancora reperibili per la totalità
dei pazienti affetti dal virus dato che la loro produzione e la
loro distribuzione hanno costi molto elevati53.
2.2 Epidemiologia
Stando alle stime del Ministero della Salute nel mondo
gli individui infetti da epatite C sono circa 150 milioni, si
stima quindi che circa il 3% della popolazione mondiale è
colpita dal virus54. La diffusione a livello globale però non è
omogenea: la maggioranza di coloro che contraggono
l'infezione risiede nei Paesi asiatici (Taiwan, Mongolia,
Pakistan), nell'Africa subsahariana (Camerun, Burundi,
Gabon) e nel Mediterraneo orientale (L’Egitto è il paese al
mondo con la più alta prevalenza: 9% nelle aree urbane,
fino a raggiungere il 50% in alcune aree rurali)55.
53
http://www.senzalac.it/pdf/EPAC%20WEB.pdf
54
http://www.salute.gov.it/portale/salute/p1_5.jsp?lingua=italiano&id=11
8&area=Malattie_infettive
55
http://www.quotidianosanita.it/scienza-e
farmaci/articolo.php?approfondimento_id=1936
65
Nell’Europa occidentale la presenza del virus è stimata al
0,4-3% ed è più alta nell’est Europa56. Di seguito l’immagine
elaborata dal CDC (Centers for Disease Control and
Prevention) ci mostra l’espansione su scala globale del
virus.
Figura: 2.1 epidemiologia su scala globale del virus dell’HCV
rilevamenti di CDC (Centers for Disease Control and Prevention), 2013.
Ad ogni modo calcolare il numero esatto di persone affette
dal HCV è molto difficile dato che esiste un enorme
56
http://www.epatitec.info/default.asp?id=743
66
sommerso dovuto alla latenza clinica del virus che
impedisce una diagnosi in tempi utili57.
2.2.1 Epidemiologia in Italia
Secondo le stime, si pensa che al momento in Italia gli
infetti dall’HCV siano più di un milione58. Prendendo in
considerazione i dati SEIEVA (Sistema Epidemiologico
Integrato dell'Epatite Virale Acuta) la percentuale di
soggetti nel nostro paese portatori del virus dell’epatite C
varia in maniera consistente in base alla distribuzione
geografica, all’età e al sesso.
Figura: 2.2 Tassi annuali/100.000 per tipo di epatite, età, sesso ed area
geografica. SEIEVA 201459.
57
http://www.quotidianosanita.it/scienza-e
58
http://www.epatitec.info/default.asp?id=743
59
http://www.iss.it/binary/seie2/cont/SEIEVA_Tassi_2014.pdf
67
Esiste una forte discrepanza nella diffusione del virus fra il
nord-centro e il sud-isole: nel nord-centro c’è un’incidenza
dello 0,25% mentre nel sud-isole l’incidenza si abbassa a
0,14%. Inoltre, possiamo notare che il sesso maggiormente
colpito dal virus è quello maschile con una differenza sul
totale di ben cinque punti percentuali, mentre la fascia d’età
maggiormente colpita è quella che va dai trentacinque ai
cinquantaquattro anni di età.
Prendendo in considerazione invece i dati ISTAT
relativi alle principali cause di morte in Italia (figura 2.3)
possiamo renderci conto di come il numero di decessi
direttamente connessi al virus dell’HCV (evidenziati in
giallo) siano molto estesi. Oltre ai decessi direttamente
congiunti alla totalità delle epatiti virali (epatite A, epatite
B, epatite C, epatite Delta ed epatite E60), che comunque
complessivamente hanno un tasso più elevato del virus
dell’HIV (che per anni è stata considerata una vera e
propria piaga sociale); il dato che risalta maggiormente è
quello legato alle morti per “tumori maligni del fegato”, che
nella maggior parte dei casi sono direttamente connessi al
60
http://www.epicentro.iss.it/problemi/epatite/epatite.asp
68
decorso dell’HCV61. Questo dato avendo un tasso di 1,55%
sul totale, con più di 10.000 casi, è uno di quelli più elevati
di tutta la lista: quindi una delle cause di morte attualmente
più incidente sullo scenario italiano.
Figura: 2.3 Lista delle principali cause di morte per i decessi in Italia.
Rango per frequenza assoluta con corrispondente numero di decessi e
tassi standardizzati per età, valori per 10.000 abitanti, per genere,
ISTAT anno 2012 – adattamento A. Consiglio (2016).
61
http://www.curareilfegato.it/malattie-del-fegato/epatocarcinoma/#3
69
2.3 Trend futuri
Come riportano le ultime rilevazioni tenute dalla
SEIEVA (figura 2.4) negli ultimi anni si sta riscontrando un
progressivo e costante rallentamento della diffusione del
virus dell’epatite C e in generale di tutte le epatiti virali. In
particolar modo prendendo in considerazione l’epatite A
(linea blu) e l’epatite C (linea rossa) notiamo come nell’arco
temporale di circa trenta anni (dal 1983 al 2014)
l’incidenza percentuale sia diminuita drasticamente.
Figura: 2.4 Tassi di incidenza per 100.000 abitanti delle epatiti virali
acute, per anno; SEIEVA 1985-2014 in Italia62
62
http://www.epicentro.iss.it/problemi/epatite/EpidemiologiaItalia.asp
70
Questa costante diminuzione della diffusione delle epatiti
virali, sia a livello nazionale che globale, è dovuta ad una
serie di cause. In particolare: migliori condizioni
economiche che hanno comportato un innalzamento del
livello igienico generale; una costante riduzione dei nuclei
familiari e quindi un abbassamento della circolazione del
virus a livello intra-familiare; l’introduzione di importanti
norme di prevenzione a livello internazionale nell’ambito
sanitario; (e soprattutto) una maggiore conoscenza e
consapevolezza del rischio di trasmissione dovuto in gran
parte alle molteplici campagne di comunicazione sociale
sviluppate negli ultimi anni63. Oltre a queste leve, che
probabilmente continueranno ad influenzare in positivo lo
scenario futuro, quello che è ad oggi l’argomento che
interessa maggiormente gli addetti ai lavori, la comunità
scientifica e il mondo dei pazienti e che avrà forti
conseguenze sull’epidemiologia dell’epatite C, è
l’introduzione dei nuovi farmaci.
Al “The Liver Meeting” il congresso annuale
dell’American Association For The Study of Liver Disease
63
http://www.epicentro.iss.it/problemi/epatite/EpidemiologiaItalia.asp
71
tenutosi dal 12 al 18 novembre 2015 a San Francisco, sono
stati presentai per la prima volta i risultati di diversi studi
(dell’azienda farmaceutica Msd) che hanno provato
definitivamente l’efficacia della combinazione di due
molecole (gazoprevir/elbasvir) sui pazienti affetti da
cirrosi e infezione da HCV. Grazie a queste innovative
molecole il virus nel 90-100% dei casi è stato estirpato,
tanto che i farmaci hanno ottenuto immediatamente
l’autorizzazione al commercio dal FDA (l’ente americano
per il controllo dei medicinali) e successivamente dall’EMA
(l’ente europeo dei farmaci). Stiamo parlando di una
terapia altamente innovativa e singolare che nell’arco di 12
settimane debella completamente il virus in pazienti affetti
da anni. Tuttavia esiste un impedimento dovuto ai costi: un
trattamento per HCV di questo tipo comporta alle casse
dello stato un esborso di 30.000 euro a paziente. Al
momento, il governo come afferma il Professor Antonio
Craxì, Ordinario di Gastroenterologia all’Università degli
Studi di Palermo: “ha stanziato per i prossimi anni circa un
miliardo di euro per utilizzare i nuovi farmaci” cifra
comunque “esigua per poter curare tutti i malati”. Per
questo lo stato ha deciso di fornire la terapia
72
momentaneamente solo ai malati più gravi64. Tutto ciò ha
comportato forti malcontenti nel mondo dei pazienti al
quale hanno dato voce le principali associazioni: “vi pare
giusto che la mia condizione di salute si debba aggravare per
potermi curare con farmaci innovativi, sicuri, e con pochi
effetti collaterali?65”. Al di là dei costi e delle possibili
problematiche legate alla distribuzione nelle aree dove il
virus è maggiormente presente, l’introduzione di questa
nuova cura, come afferma il Professor Carlo Federico
Perno: “potrebbe eradicare nel giro di pochi anni
completamente il virus cosi come è stato fatto per la
poliomelite66”.
A fronte di questo nuovo scenario che si sta palesando,
bisogna analizzare il futuro dell’epidemiologia dell’epatite C
non tanto in ambito medico, dato che la cura è stata
ottimizzata, ma più che altro in ambito economico e
politico. Ad ogni modo quello che si prospetta per il futuro
64
http://www.panorama.it/scienza/salute/epatite-c-ecco-i-nuovi-farmaci-
che-guariscono-completamente-dal-virus/
65
Gardini I., (2015) “Farmaci epatite C: La nostra battaglia per garantire
l’accesso a tutti parte dai numeri”, in Epac notiziario n 21, anno 9 p.9.
66
Ibid
73
è uno scenario in cui i tassi di incidenza del virus dell’HCV
saranno sempre più tendenti allo zero.
2.3.1 Intervista – Dottor Ivan Gardini –
Presidente Epac
Al fine di avere uno sguardo d’insieme il più completo
possibile sulla diffusione attuale e futura dell’epidemiologia
dell’epatite C e sulla situazione corrente dei nuovi farmaci,
è stato intervistato il dottor Ivan Gardini, fondatore e
presidente del comitato e dell’associazione Epac ed
attualmente considerato uno dei massimi esperti dei
problemi socio-sanitari dei pazienti con epatite C in Italia. Il
dottor Gardini è di frequente invitato a convegni, tavole
rotonde, seminari e interpellato dai Media e Istituzioni per
illustrare le numerose problematiche cui soffrono i
portatori dell’epatite e dare così voce ai malati67.
67
L’autore A. Consiglio nel corso della ricerca ha intervistato il dottor
Gardini in merito allo scenario epidemiologico in Italia. Intervista effettuata
in data 19/02/2016.
74
-Se si avessero le risorse necessarie per distribuire i
nuovi farmaci alla totalità dei pazienti affetti da HCV, si
potrebbe realmente prospettare una completa
eradicazione del virus nel giro di pochi anni?
“La risposta è no. Possiamo parlare di totale eliminazione
dell’HCV nei casi noti ed eleggibili a un trattamento
antivirale. Che, in sé, sarebbe già un traguardo enorme.
L’eradicazione presupporrebbe che tutti i casi, anche quelli
non noti, ovvero il sommerso di persone infette tuttora
inconsapevoli, dovrebbero essere scoperte tramite screening
e curate, inclusi i tossicodipendenti in fase attiva, e gli
extracomunitari senza permesso di soggiorno. L’eradicazione
del virus comunque non è esclusa, ma ci vorrebbero diversi
anni per una cosa del genere”.
- Stando al quadro politico e farmacologico attuale
come immagina lo scenario epidemiologico dell'epatite
C da qui a dieci anni?
“Più che immaginare, mi auguro che tutti i casi noti siano
stati già stati curati e sia iniziata un’attività di screening
75
sistematica in base a un piano di eradicazione
Ministeriale/Nazionale sul quale anche le regioni siano
d’accordo e parte attiva. Che non è scontato, considerato che
ci sono ventuno sistemi sanitari spesso diversi tra loro”.
- In che modo la comunicazione può influire sul futuro
dell’epidemiologia dell’epatite C?
“Come nella maggior parte dei settori farmacologici/sociali,
la comunicazione ha un ruolo enorme. I decision makers,
soprattutto in Italia, prendono decisioni quasi sempre in base
alla quantità di comunicazione che si produce su un
determinato argomento. Inutile dire che tanto più è scabrosa
una faccenda, tanto più impegno ci mettono per risolverla.
Decida lei se perché ci credono davvero, o per attirare le
simpatie degli elettori”.
2.4 Il ruolo delle campagne di comunicazione
sociale
Nel corso degli ultimi anni si è verificato quindi un
continuo abbassamento dell’incidenza delle epatiti. Una
76
delle principali cause della determinazione di tale
inversione di tendenza è stata la progressiva diffusione
delle campagne di comunicazione sociale (capitolo 2.2).
Infatti, la diffusione di queste tipologie di campagne ha
avuto un’influenza particolarmente rilevante nel rendere
gli individui maggiormente coscienti e consapevoli in
merito alla diffusione del virus e quindi più responsabili nei
comportamenti da adottare per una corretta prevenzione.
Questo tipo di campagne possono far parte di un piano
di marketing, ma in ogni caso fanno riferimento al più
ampio e sfaccettato tema della “comunicazione sociale”.
Le molteplici applicazioni e variabili di questa tematica
hanno provocato una certa difficoltà da parte degli studiosi
e degli esperti nel definire sistematicamente tale campo.
Infatti nel corso degli anni, vari professionisti hanno offerto
svariate definizioni, pur senza riuscire a trovarne una
soddisfacentemente, esaustiva e condivisa. Ad esempio,
Giovanna Gadotti, che da svariati anni si occupa di
“comunicazione sociale”, dichiara che “una delimitazione
univoca di questo campo non è stata e non è cosa facile”68. A
68
Puggelli R., Sobrero R., (2010) La comunicazione sociale, Carrocci p. 13.
77
tal proposito anche la studiosa Pina Lalli sostiene che ad
oggi della comunicazione sociale si “danno molte definizioni,
a seconda della prospettiva entro la quale si vuole
collocare”69
, senza riuscire a trovare quella definitiva.
Spesso inoltre si parla di “comunicazione sociale” facendo
riferimento a tutto l’ambito della pubblicità sociale e/o
campagne di pubblica utilità, e nel contesto italiano a
pubblicità progresso senza fare quindi una distinzione fra
gli strumenti e il concetto. La stessa P. Lalli evidenzia
quanto la comunicazione sociale sia divenuta
un'espressione "ombrello" non più riducibile alla sola
pubblicità e ne propone quindi un approccio
fenomenologico, attento a ciò che gli attori effettivamente
fanno, e costruttivista, focalizzato sugli effetti di significato
che la comunicazione sociale contribuisce a produrre70.
Nonostante l’assenza di una definizione univoca e
inequivocabile, è comunque possibile, in linea generale,
denotare il prioritario oggetto di interesse della
69
Puggelli R., Sobrero R., (2010) La comunicazione sociale, Carrocci p. 13.
70
Lalli, P., Le sfide della comunicazione per la salute in "Comunicare la
salute", a cura di M. Ingrosso, 2001, Franco Angeli: Milano. p. 41-58
78
comunicazione sociale: sensibilizzare il pubblico di
riferimento rispetto ad un determinato problema e/o
situazione71
.
Della comunicazione sociale intesa come modus
operandi se ne può servire ogni tipologia d’impresa e/o
organizzazione: sia attraverso una comunicazione di tipo
deliberato (strumenti di comunicazione), sia attraverso una
comunicazione di tipo non deliberato (caratteristiche
dell’offerta e comportamento del management), sia
attraverso fonti esterne quali la stampa, i social network, gli
opinion leader ecc.72
.
Ai fini della presente trattazione, il tipo di
comunicazione che maggiormente ci interessa è quella
“deliberata”, che consiste in tutte le iniziative pianificate,
rivolte ad un target prestabilito e con un obiettivo
determinato. Per mettere in campo questo tipo di
comunicazione sociale l’organizzazione o l’impresa adopera
71
Tosco E. (2008) “Il marketing sociale: Il marketing sociale: Che cos’è?”
cura di DoRS, Centro di Documentazione per la Promozione della salute
Seminario Marketing sociale e Comunicazione per la salute, Torino
72
Mattiacci A., Pastore A. (2013) Marketing il management orientato al
mercato,Hoepli p.417.
79
vari strumenti e tecniche, tra cui il comunicato stampa, il
sito web e l’advertising ecc. L’insieme di questi strumenti,
in una concezione di marketing sociale, vanno a costituire
quella che viene definita una campagna di comunicazione
sociale. Il rapporto che intercorre fra comunicazione e
marketing sociale, possiamo affermare, è di tipo funzionale,
ovvero: ogni tipo di campagna di comunicazione sociale è in
funzione di un più complesso piano di marketing, mentre
non può essere vero l’inverso.
In conclusione possiamo quindi dire che il ruolo della
comunicazione sociale, all’interno di un più complesso
piano di marketing sociale, risulta essere fondamentale e
insostituibile per proseguire i molteplici fini di una
strategia volta alla modifica dei comportamenti per il bene
comune e/o individuale. Ad oggi sono molteplici gli esempi
di campagne svolte per fini sociali, più o meno fortunate,
portate avanti da tipologie differenti di organizzazioni e/o
imprese. Nel capitolo successivo è riportato il caso di una
campagna di marketing sociale; il caso del progetto “Senza
la C”.
80
81
Capitolo 3
Case study
Il caso “ Senza la C”
Quello che di seguito sarà analizzato è il case study di
una campagna di comunicazione di marketing sociale per la
prevenzione e la sensibilizzazione del virus dell’HCV. La
campagna è stata promossa da diverse associazioni di
pazienti che per la prima volta, anche avendo target e
finalità differenti, si sono riunite per la stessa causa:
informare e sensibilizzare la propria popolazione di
riferimento, le istituzioni e l'opinione pubblica. Importante
è sottolineare che mai prima di questa iniziativa cosi tante e
diversificate associazioni dei pazienti di livello nazionale si
erano riunite per una causa comune. Questa, insieme ad
altre caratteristiche e peculiarità che analizzeremo, ha reso
l’iniziativa unica nel suo genere e di grande innovazione.
Oltre alla volontà del mondo dell’associazionismo il
progetto è stato reso possibile anche grazie ai patrocini di
grande rilevanza ottenuti, ma soprattutto grazie alla
sponsorizzazione non vincolante dell’azienda farmaceutica
82
Abbvie; una delle multinazionali più importanti per la
ricerca, lo sviluppo e la commercializzazione di prodotti
farmaceutici per l’epatite C. Il mandato per la progettazione
e l’implementazione del progetto è stato invece conferito
alla MediArt Srl; un’agenzia di comunicazione che nel
settore del marketing strategico e della comunicazione
legati all’ambito istituzionale e sanitario ha una esperienza
ampia e consolidata. La MediArt Srl si è occupata quindi di
tutto il processo di progettazione a partire dalle analisi di
mercato, dalla strategia fino ad arrivare alle operatività del
caso. Il ruolo dell’agenzia è stato di duplice importanza: da
una parte ha messo in campo il proprio know how e gli
strumenti di marketing più adatti e allo stesso tempo ha
lavorato anche sulle attività strettamente comunicative
facendo da tramite fra i vari player della campagna,
assicurando ottimi rapporti di comunicazione con i tutti gli
stakeholder.
83
3.1 MediArt Srl
3.1.1 L’azienda
MediArt nasce nel 1995 come struttura
di management artistico, produzione
musicale e progettazione di eventi, in seguito
dal 1998 l’attività si amplia orientandosi
verso il marketing strategico e la comunicazione legati
all’ambito istituzionale, con particolare riferimento a quello
etico, sociale, medico e sanitario. La collaborazione costante
con le principali aziende italiane leader di marcato e le
maggiori istituzioni nazionali, la forte vocazione al
marketing ed alla comunicazione, il know-how e le reti
relazionali acquisite rendono oggi MediArt una struttura
capace di coniugare visione strategica e capacità produttiva
al fine di realizzare coerenti piani di comunicazione
caratterizzati da soluzioni creative, flessibili e
personalizzate, sviluppate in un’ottica di marketing mix
orientato all’obiettivo e all’attenzione verso il rapporto
qualità/prezzo. I mercati serviti dall’azienda sono vari, ma
senza dubbio i più importanti sono quelli della
Figura 3.1: logo
84
comunicazione e del marketing sociale riferiti alle aziende
farmaceutiche e alle istituzioni.
3.1.2 Struttura aziendale
La struttura presenta due dipendenti con contratto a
tempo determinato o indeterminato più vari consulenti che
costantemente collaborano con l’agenzia. Le sedi operative
sono due: una a Roma in Viale Giuseppe Mazzini 119 e la
seconda a Benevento in Viale degli Atlantici 65. Il fatturato
con riferimento all’anno 2015 è di 980.685,21 euro. La
struttura societaria è di tipo Srl (società a responsabilità
limitata) con due soci dei quali il dottor Jean Pierre el
Kozeh è maggioritario e rappresenta anche la figura di
amministratore unico. L’azienda non presenta connessioni
internazionali e verticalizzazioni particolarmente
strutturate.
3.1.3 Product offering e performance
Data la sua evoluzione nel corso degli anni, ad oggi i
target di riferimento, ai quali l’azienda è maggiormente
interessata, sono le aziende del settore farmaceutico e gli
organi istituzionali. Tra i vari clienti dell’agenzia si possono
85
citare Farmindustria, Finmeccanica, Enel, Novo Nordisk,
Novartis, Enervit, Eli Lilly, Sanofi, Menarini, Abbvie e molti
altri.
Per quanto concerne la tipologia dell’offerta essa si
suddivide su quattro macro aree principali suddivise poi a
loro volta in diverse operatività. La prima è riferita alla
progettazione di attività per varie tipologie di campagne di
comunicazione e organizzazione di eventi. La seconda
interessa la formazione: settore in cui l’agenzia offre, grazie
alla collaborazione con professionisti altamente
specializzati, corsi ad hoc per il management delle grandi
aziende che vogliono approfondire temi come il pubblic
speaking, la relazione con i media e la leadership all’interno
dell’aziende. Terza macro area è invece quella riferita al
mondo digital in cui l’azienda offre professionalità e
conoscenze di web marketing e social media, gestendo il
web di diverse imprese e curando vari profili professionali.
Ultima, ma non meno importante, che potremmo
considerare al servizio delle precedenti aree, è quella che si
occupa della produzione di video e grafica dalle quali
prendono forma la maggior parte dei contenuti che sono
poi sviluppati all’interno delle campagne. Quest’ultima
86
macro area analizzata può essere considerata il punto di
forza dell’agenzia dato che possiede all’interno del proprio
organico una pre e post produzione video e grafica con una
forte propensione all’entertainment. Tale vantaggio è
dovuto all’esperienza acquisita negli anni, dopo aver
lavorato (e lavorando tutt’ora), per produzioni televisive e
radiofoniche per le maggiori emittenti nazionali (Rai,
Mediaset, Radio Italia ecc.).
La società, essendo inserita in un contesto come quello
della comunicazione istituzionale e/o sociale, ha molti
competitor diretti rappresentati dalle molteplici agenzie di
comunicazione presenti sullo scenario italiano; allo stesso
tempo però, svolgendo un’attività altamente profilata, nel
corso degli anni si è costruita sul campo una forte
riconoscibilità e un consolidato posizionamento. Il brand
Mediart (figura 3.1) infatti ad oggi è altamente riconoscibile
nel suo mercato di riferimento e si posiziona in un contesto
di premium market offrendo servizi dall’alto valore
aggiunto, di grande professionalità e supportati da una
decennale esperienza. Il tutto offerto ad un prezzo
competitivo.
87
3.2 Il progetto “Senza la C”
In questo capitolo saranno analizzate tutte le fasi che
hanno portato alla realizzazione del progetto “Senza la C”
da parte dell’agenzia di comunicazione Mediart. La
progettazione della campagna iniziata nel 2014 sarebbe
dovuta essere lanciata ad inizio 2015, ma, date le
innumerevoli possibilità di ampliarne la portata e l’efficacia
che si sono palesate nel corso della progettazione, si è
deciso di spostare il lancio ad inizio 2016. Dato che questo
slittamento ha comportato un completo restyling sia a
livello grafico che strumentale ai fini di una più completa
trattazione del caso, il capitolo è stato suddiviso in due
sezioni: la prima che prenderà in considerazione il progetto
dal 2014 al 2015 e la seconda dal 2015 al 2016, quindi alla
sua presentazione.
3.2.1 I Fase: 2014-2015 “L’epatite C lega”
Il contesto
Il contesto nel quale si è cominciato a ragionare
sull’ipotesi di progettare una campagna di sensibilizzazione
88
sull’epatite C non era molto differente da quello mostrato
nel capitolo due. I dati derivati dallo studio dello scenario
dell’epidemiologia dell’epatite C da una parte
comunicavano che il virus era in regressione, ma dall’altra,
calcolando le numeriche riferite ai decessi direttamente
collegati al virus e guardando al tasso di infetti, indicavano
che ci si trovava ancora di fronte a una vera e propria
emergenza sanitaria. Inoltre dall’altro lato, la ricerca
cominciava a consentire a coloro che avevano contratto
l’HCV di migliorare notevolmente la propria qualità di vita e
addirittura di guarire completamente.
I player
Dati i numeri della patologia, la sua l’incidenza e la
possibilità dei nuovi trattamenti, ad inizio del 2014 tre
associazioni dei pazienti decidono di voler realizzare una
campagna di informazione sulla tematica in oggetto. Le tre
Onlus in oggetto sono: AEL Onlus (Associaizione Emofilici
Lazio), EPAC Onlus (Pazienti con Epatite e Malattie del
Fegato) e PLUS Onlus (Persone LGBT Sieropositive Onlus).
Esse trovano nell’agenzia di comunicazione MediArt Srl
l’expertise che stavano cercando per sviluppare al meglio la
89
loro campagna di comunicazione. In particolare le azioni
richieste all’agenzia furono: un’analisi dettagliata del
mercato di riferimento, uno studio del target e la successiva
implementazione di un efficace marketing mix. Grazie al
lavoro dell’agenzia inoltre si è riusciti a sottoscrivere un
contratto di sponsorship non vincolante con l’azienda
farmaceutica Abbvie Srl, che ha coperto per intero tutti i
costi.
Il target
La difficoltà maggiore nella definizione del target nella
campagna in oggetto è stata quella di trovare un pubblico di
riferimento univoco, dato che le tre associazioni dei
pazienti differenziavano in maniera consistente riguardo ai
propri obiettivi: AEL - associazione rivolta alle persone
affette da emofilia (una malattia ereditaria comportante
una grave insufficienza nella coagulazione del sangue) 73;
EPAC - ente diretto all’aiuto di persone affette dalle epatiti
virali e da malattie del fegato; PLUS - una fondazione che si
prodiga nell’aiuto delle persone LGBT (lesbiche, gay,
73
http://www.assoemo.it/emofilia.html
90
bisessuali e transgender) che sono sieropositive (affette da
HIV). Dopo un attento studio delle diverse realtà, si decretò
che i pubblici di riferimento per la campagna fossero sei:
dializzati e trapiantati, persone affette da epatite e malattie
del fegato, emofilici, infetti da HIV, LGTB sieropositivi e
tossicodipendenti.
Il marketing mix
Dato questo scenario molto eterogeneo la leva sulla
quale l’agenzia andò a concentrarsi maggiormente fu quella
del pericolo condiviso d’infezione da HCV e la conseguente
battaglia a un male comune. Si lavorò quindi sul concept
dell’“unione” tentando di individuare una proposta che
rappresentasse adeguatamente questa filosofia. Da questo
concetto si formulò il nome della stessa campagna
“L’epatite C lega”, che avrebbe dovuto avere lo scopo di
evidenziare come le realtà associative fossero si differenti,
ma allo stesso tempo legate da un unico filo conduttore. Da
questi concetti si formulò in seguito anche il marketing mix
più adatto. Si propose la realizzazione di sei brochure
(figura 3.1) con layout grafico simile che rimandasse
all’idea dell’”unione/legame”, ma con contenuti specifici
91
per ogni associazione e quindi per ogni tipologia di
pubblico. Le brochure, pieghevoli, rettangolari e a quattro
ante, sarebbero state poi distribuite tramite i principali
canali di distribuzione delle varie associazioni (presidi, sedi
locali, centri di ascolto ecc.).
Figura 3.2: esempi di proposte per due delle sei brochure progettate
92
Le altre leve alle quali si era pensato erano: un sito internet
dedicato (www.lepatiteclega.it) associato con adeguati
canali social (Facebook, Twitter, Google+ e Linkedin), la
stesura di un comunicato stampa con conseguente attività
di divulgazione su le maggiori testate nazionali e per ultimo
un evento di presentazione istituzionale. Data però la
successiva implementazione del progetto, tra la fine del
2014 e l’inizio del 2015, che ha portato ad un completo
ripensamento e riposizionamento del progetto, le varie
attività elencate furono completamente ripensate e
rielaborate.
Figura: 3.3 una fra le proposte di home page del sito web
93
3.2.2 II fase: 2015 – 2016 “Senza la C”
Il 31 dicembre 2014 le tre associazioni di comune
accordo decidono di spostare in avanti il lancio della
campagna per due motivi principali: la concomitanza della
presentazione con altre campagne con oggetto l’epatite C, e
l’opportunità di potenziare la diffusione e la portata del
progetto coinvolgendo altri player. In quest’ottica sono
state coinvolte altre tre associazioni di pazienti di livello
nazionale: ANED Onlus (Associazione Nazionale Dializzati
e Trapiantati), NADIR Onlus (pazienti con HIV) e L’ISOLA
DI ARRAN (Associazione impegnata nella lotta al disagio e
all’emarginazione sociale legate al mondo della droga).
Inoltre, l’associazione AEL Onlus ha trasferito il suo
coinvolgimento direttamente all’associazione nazionale
FEDEMO che ha perciò sostituito la realtà regionale. Il
coinvolgimento delle altre tre associazioni di pazienti ha
comportato una fase di condivisione del lavoro fino ad
allora svolto e la revisione dell’impostazione iniziale.
94
I player
Ufficialmente, con l’ingresso delle altre tre associazioni,
si hanno per la prima volta nella storia del mondo
dell’associazionismo sei realtà di livello nazionale molto
differenti per finalità e target al lavoro sugli stessi interessi
e obiettivi. Di seguito analizziamo singolarmente le sei
associazioni:
ANED Onlus nasce nel
1972 dalla volontà di Franca
Pellini affinché in Italia tutti
potessero fare dialisi.
Affiancando lo sviluppo della
Nefrologia, conquista numerosi diritti soci sanitari per
questi malati. Nel 1993 ANED viene insignita di Medaglia
d’Oro al Merito della Sanità Pubblica. In Italia ci sono circa
tre milioni di persone con una malattia renale iniziale, oltre
50.000 malati in dialisi, 9.000 pazienti in lista di attesa di
trapianto d’organi e circa 30.000 trapiantati d’organo. Oggi
l’obiettivo di Aned è una nuova frontiera: quella di impedire
l’insorgere della malattia con la prevenzione e garantire ai
malati la guarigione. Aned da oltre quaranta anni affronta
Figura: 3.3 logo Aned
95
quotidianamente i problemi dei malati di reni sul territorio
nazionale attraverso i suoi 20 Comitati Regionali e oltre
500 delegati presenti negli ospedali74.
EPAC Onlus è di fatto il
gruppo no profit più attivo in
Italia nel fornire assistenza
informativa ai pazienti e
familiari sulle malattie del
fegato, sull’epatite virale ed in particolare sull’epatite C.
Svolge attività di counselling, informazione, prevenzione e
offre il suo contributo alla ricerca. Nel corso degli anni si
sono aggiunti diversi professionisti al team di Epac: medici
specialisti nelle malattie del fegato, avvocati, nutrizionisti e
professionisti del settore che consentono di offrire a
migliaia di pazienti risposte concrete ai loro bisogni. Epac
Onlus promuove in Italia le attività della Giornata Mondiale
dell’Epatite, in quanto membro dell’ELPA, uno dei 7
membri della World Hepatitis Alliance. L’Associazione può
74
http://www.aned-onlus.it/pagina.aspx?ida=1
Figura: 3.4 logo Epac
96
contare su personale che lavora a tempo pieno, su
numerosi volontari ha circa 40.000 iscritti 75.
FEDEMO Onlus è una
Organizzazione non Lucrativa
di Utilità Sociale legalmente
costituitasi nel 1996. Dal 2013
è anche Associazione di
Promozione Sociale (APS) ufficialmente riconosciuta e con
personalità giuridica propria. La Federazione delle
Associazioni Emofilici Onlus è l’Organismo nazionale che
riunisce tutte le trentadue Associazioni territoriali che nel
nostro Paese tutelano i bisogni sociali e clinici delle oltre
8.000 persone affette da Malattie Emorragiche Congenite
(MEC) e delle loro famiglie. La Federazione persegue gli
obiettivi definiti dal proprio Statuto, tra cui: informare,
educare, promuovere e coordinare tutte le attività volte al
miglioramento dell'assistenza clinica e sociale degli
emofilici in Italia e al potenziamento della ricerca
scientifica e della terapia genica nel settore delle malattie
75
http://www.epac.it/l'associazione/default.asp?id=866
Figura: 3.5 logo Fedemo
97
emorragiche congenite (MEC), stimolare e sostenere i
centri per l'Emofilia, rappresentare le istanze e i bisogni
della comunità degli emofilici italiani e molti altri76.
ISOLA DI ARRAN nasce
nel 1996 intorno
all’esperienza del giornale di
strada “Polvere” e del gruppo
di auto – mutuo - aiuto
autogestito “Fluxo”. Nello statuto dell’associazione è
riproposta la volontà di lavorare nel campo delle persone
che usano sostanze e del disagio, perseguendo e
promuovendo la metodologia del proprio intervento: il
sostegno tra pari. L’associazione da febbraio 2014
partecipa al progetto HepC Initiative nell’ambito della rete
europea Correlation Network che termina ad ottobre con la
“I° Conferenza europea su HCV e uso di droga” di Berlino.
L’esperienza maturata in ambito europeo fa nascere il
progetto Peer Support EpC. In seguito si è passati alla
realizzazione del vero e proprio peer support nei servizi a
76
http://fedemo.it/cat/chi-siamo/storia-della-federazione/
Figura: 3.6 logo Isola di Arran
98
bassa soglia e nei Ser.D. ubicati nei territori delle ASL
cittadine e limitrofe, azione che continua ancora oggi77.
NADIR Onlus è
un'associazione patient - based
fondata nel 1998 e promuove
un ruolo attivo e pienamente
partecipativo delle persone con
HIV/AIDS e patologie correlate (Epatite C, Epatite B, HPV,
ecc.) nelle decisioni ad ampio raggio che le riguardano
(ossia cliniche, assistenziali, istituzionali, sociali),
intervenendo direttamente con le istituzioni, con il mondo
scientifico in senso lato (clinici e ricercatori di base), con il
settore privato e ovunque laddove si ritene necessario. Lo
spirito che anima l’operato dell’associazione è che “un
paziente informato” è di aiuto a se stesso, alla comunità
scientifica ed alla società: creare le basi culturali per un
dialogo alla pari tra le parti, secondo i rispettivi ruoli, è
dunque cruciale. Tutte le attività dell’associazione sono
volte al raggiungimento delle finalità istituzionali e sono da
77
https://isoladiarran.wordpress.com/chi-siamo/
Figura: 3.7 logo Nadir
99
ritenersi attività di utilità sociale al servizio delle persone
sieropositive78.
PLUS Onlus è
un'associazione di persone
LGBT (lesbiche, gay, bisex e
trans) che vivono con HIV e
persegue finalità di solidarietà
sociale nella lotta contro l’HIV/AIDS, attivandosi in ambito
bio – psico - sociale, nella informazione, formazione,
istruzione e assistenza nella riduzione di ogni tipo di
discriminazione in riferimento all’HIV. Con la creazione del
BLQ Checkpoint, il primo centro italiano community based,
l'associazione è oggi attiva in prima linea nella promozione
del test rapido per HIV e HCV. Inoltre Plus Onlus è la prima
associazione in Italia che fornisce un numero verde al quale
persone LGBT che vivono con l’HIV possono avere risposte
immediate a dubbi di qualsiasi tipo: possono chiamare
persone HIV-negative per un aiuto nella valutazione di un
comportamento a rischio oppure persone con HIV che
78
http://www.nadironlus.org/?page_id=1304
Figura: 3.8 logo Plus
100
vogliano condividere esperienze legate alla loro
sieropositività. Inoltre combattono contro la
discriminazione verso le persone con HIV e soprattutto per
la promozione dei comportamenti sessuali più sicuri79.
Il target
Ancor di più con l’ingresso delle altre tre associazioni
(anch’esse con target molto differenti fra loro: ANED -
Dializzati e Trapiantati, NADIR - affetti HIV, L’ISOLA DI
ARRAN - tossicodipendenti) si è avuta un’ulteriore
dilatazione del pubblico di riferimento della campagna. Per
questo motivo è stato deciso di continuare a lavorare su un
marketing mix differenziato per i diversi pubblici. Allo
stesso tempo, una volta riuniti i rappresentanti delle
diverse associazioni, si è deciso, dato l’evolversi dello
scenario farmacologico all’inizio del 2015 il quale dava
sempre risultati più positivi in merito al trattamento anti
HCV, di spostare il focus della campagna dal concetto di
“unione” per una lotta comune all’epatite C al concetto di
“unione” per la cura dall’epatite C. Dato questo presupposto
7979
http://www.plus-onlus.it/chi-siamo/
La comunicazione di marketing sociale Il caso "Senza la C"
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La comunicazione di marketing sociale Il caso "Senza la C"

  • 1. 1 La comunicazione di marketing sociale Il caso “Senza la C” Facoltà di Scienze Politiche, Sociologia e Comunicazione Corso di laurea in Comunicazione Pubblica e D’Impresa Cattedra di Market Driven Management Candidato Alessandro Consiglio n° matricola 1556639 Relatore Professore Alberto Mattiacci A/A 2015/2016
  • 2. 2
  • 3. 3 INDICE Introduzione……………………..………………………….…………..…….7 Capitolo 1 Il Marketing Sociale 1.1 L’evoluzione del Marketing sociale…………………………...13 1.2 La definizione di marketing sociale…….…….……………....16 1.2.1 Le differenze con il marketing commerciale..…...19 1.3 Le aree di interesse del marketing sociale………………...22 1.3.1 La promozione della salute……………………………..23 1.3.2 La prevenzione agli infortuni/incidenti…………...24 1.3.3 La protezione dell’ambiente……………………………26 1.3.4 La promozione dell’impegno comune………………27 1.3.5 Il benessere finanziario…………………………………..29 1.4 Gli obiettivi del marketing sociale…………..………………...30 1.4.1 La concorrenza……………………………………………….31 1.4.2 Il comportamento………..…………..…………………..…33 1.5 I player del marketing sociale……………………...……….…..37 1.5.1 Le Organizzazioni profit oriented…………………….39 1.5.2 Le Organizzazioni No Profit………………………….....43
  • 4. 4 1.5.2.1 Il foundraising e gli sponsor…….………….....46 1.5.3 Il settore pubblico…………………………………………..48 1.6 Il marketing sociale da P. Kotler a R.Gordon….…....…….51 1.6.1 Testo 1: “Social marketing An Approach to Planned Social Change” di P. Kolter e G. Zaltman del 1971....................................................................................................52 1.6.2 Testo 2: “Re-thinking and Re-tooling the Social Marketing Mix” di R. Gordon del 2011........................................56 1.6.3 I due testi a confronto: conclusioni...........................59 Capitolo 2 L’epatite C 2.1 che cos’è…………………………………………………………........…61 2.2 Epidemiologia…………..………………………………………..…....64 2.2.1 Epidemiologia in Italia……………………………..……..66 2.3 Trend futuri………………………………………………………….....69 2.3.1 Intervista ………….……………………………………..….....73 2.4 Il ruolo delle campagne di comunicazione….……....….....75
  • 5. 5 Capitolo 3 Case study Il Caso “Senza La C” 3.1 MediArt S.r.l……..…………………………...…….………………..…83 3.1.1 L’azienda...............….………….....…..…………………….....83 3.1.2 Struttura aziendale…..………………………………..…...84 3.1.3 Product offering e performance..…………….............84 3.2 Il progetto “Senza la C”…….………………………………...…….87 3.2.1 I fase: 2014 – 2015 “L’epatite C lega”.…………......…..87 3.2.2 II fase: 2015 – 2016 “Senza la C”......……………….…....93 Conclusione........................................................................... …………111 Bibliografia…………………………………………………………………….115
  • 6. 6
  • 7. 7 Introduzione Questo lavoro di tesi nasce dall’esperienza diretta avuta sul campo, all’interno di un’agenzia di comunicazione nella quale ho avuto l’opportunità di lavorare. Fra i vari progetti seguiti, quello che mi ha maggiormente interessato sia a livello intellettuale che formativo data la tematica trattata e le operatività, è stato quello della campagna di comunicazione “Senza la C”: un progetto di marketing e comunicazione sociale finanziato da un azienda farmaceutica e fortemente voluto da diverse associazioni di pazienti allo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni riguardo i pericoli del virus HCV e contestualmente informarli dell’efficacia dei nuovi farmaci. Questo progetto, date le sue finalità etiche e sociali, mi ha permesso di approfondire lo studio di un settore (quello del marketing sociale) che ad oggi ancora non riesce ad essere percepito per la sue reale rilevanza e per le sue enormi potenzialità. In Italia, riguardo questo ramo di studio regna
  • 8. 8 una grande confusione1: infatti molto spesso il marketing sociale si ritrova associato erroneamente con il marketing del settore pubblico, con il marketing delle organizzazioni no profit o con molte altre discipline, senza riuscire ad avere un’inquadratura autonoma. Tuttora per molti è difficile immaginare uno specifico settore di questa materia (il marketing) con un intento interamente sociale. Molte persone, infatti, continuano a meravigliarsi quando sentono parlare di “marketing sociale”, ritenendo che il termine “marketing” (e contestualmente i suoi strumenti) possano essere applicabili solo al mercato commerciale2. Dato questo scenario, prima di analizzare il caso del progetto “Senza la C”, il testo nel primo capitolo si sofferma sul tema generale del marketing sociale cercando (grazie alla consultazione di testi internazionali) di inquadrare questo specifico settore in maniera indipendente. Il capitolo parte dalla disamina dell’evoluzione della materia a partire dal 1971, data in cui 1 Tamborini S., (1996) Marketing e comunicazione sociale al servizio della società, Lupetti p. 11. 2 Puggelli R., Sobrero R., (2010) La comunicazione sociale, Carrocci p. 10.
  • 9. 9 viene per la prima volta pronunciata, fino ad arrivare alla definizione attuale maggiormente accettata sottolineando però attentamente quelle che sono le differenze che intercorrono fra questo tipo di approccio di marketing e quello strettamente commerciale. Si prosegue poi analizzando le aree di interesse e gli obiettivi specifici del marketing orientato a fini sociali soffermando, in particolare, l’attenzione su due aspetti peculiari: la concorrenza e l’aspetto psicologico del “comportamento”. Nella seconda parte del primo capitolo l’attenzione invece si sofferma sui player che entrano in gioco nel marketing sociale; un argomento molto importante che differenzia l’intero settore di studio. In conclusione di questa prima parte del lavoro, allo scopo di avere uno sguardo d’insieme su una delle tematiche maggiormente dibattute del marketing sociale - il marketing mix da utilizzare - viene proposta una comparazione fra due saggi: “Social marketing An Approach to Planned Social Change” di Philip Kolter e Gerald Zaltman e “Re-thinking and Re-tooling the Social Marketing Mix” di Robert Gordon. Questa comparazione oltre ad offrirci una panoramica del dibattito, dato che i due testi hanno circa
  • 10. 10 quaranta anni di differenza, ci permette anche di ragionare in merito al futuro della materia in oggetto. Dopo aver analizzato peculiarità e caratteristiche del marketing sociale, nella seconda parte del testo (capitolo 2 e 3) si comincia ad analizzare il case study: il progetto “Senza la C”. Il capitolo due, infatti, è dedicato allo studio dello scenario epidemiologico mondiale dell’epatite C con una particolare attenzione a quello nazionale. In questo capitolo inoltre è affrontato il tema del ruolo della comunicazione in ambito sociale, argomento sempre maggiormente preso in considerazione dalle aziende e dalle istituzioni. In questa sezione del testo poi, al fine di rendere il più possibile attuale la trattazione, è stata intervistata una delle figure più importanti per questo determinato settore; il presidente e fondatore dell’associazione dei pazienti Epac, l’organizzazione no profit più attiva a livello nazionale per l’epatite C. In fine il terzo ed ultimo capitolo è dedicato alla presentazione strutturale e qualitativa dell’agenzia di comunicazione che ha reso possibile l’intero lavoro (Mediart Srl) nonché tutte le fasi progettuali, analitiche ed operative del progetto.
  • 11. 11 Capitolo 1 Il Marketing Sociale Il termine “Marketing” viene abbinato ufficialmente a quello “Sociale” per la prima volta da P. Kotler e G. Zaltman con la pubblicazione dell’ormai celebre articolo “Social Marketing: an approach to planned social change” del 19713. Da quel momento in poi questo specifico settore del marketing ha goduto di un crescente interesse da parte della comunità scientifica internazionale e ha avuto una larga diffusione a livello applicativo in vari settori. Ad oggi, l’importanza e l’utilità di questa disciplina sono indiscutibili e gli studi in merito sono in costante crescita. Troppo spesso, però, questo campo di studio viene confuso ed affiancato erroneamente ad altre discipline. Per questo, prima di esaminare la sua evoluzione fino ad arrivare alla sua definizione attuale, sarà necessario analizzare, seppur 3 Kotler P., Zaltman G. (1971) “Social Marketing: An Approach to Planned Social Change”. Journal of Marketing, vol 35, p. 3-12.
  • 12. 12 brevemente, quei settori cui il marketing sociale viene troppo spesso confuso: Il marketing del settore pubblico: viene definito da P. Kotler4 come l’utilizzo degli strumenti e delle tecniche di marketing da parte delle pubbliche amministrazioni per gestire al meglio le proprie attività e per essere allo stesso tempo più efficace e più efficiente. Vedremo nel capitolo 1.5 tuttavia che gli enti pubblici possono, servendosi delle tecniche e delle strategie del caso, diventare i maggiori promotori di campagne di marketing sociale. Il marketing delle organizzazioni no profit: è lo sviluppo delle metodologie del marketing in cui l’oggetto dello scambio non è più necessariamente un bene (o un servizio) nel senso tradizionale, ma può essere costituito da valori etici, religiosi e culturali5 Anche in questo caso vedremo nel capitolo 1.5 come spesso le organizzazioni no- 4 Kotler P., Lee N., (2007) Marketing del settore pubblico. Strategie e metodi per migliorare la qualità dei servizi della pubblica amministrazione, Pearson p.224. 5 Barbetta G.P., (1994) Le dimensioni economiche del settore non profit in Italia, Quaderni occasionali p. 6.
  • 13. 13 profit siano comunque, le principali promotrici di campagne di marketing sociale. La psicologia comportamentale: è un approccio ai processi psichici, sviluppato dallo psicologo John Watson agli inizi del Novecento, basato sull'assunto che il comportamento esplicito dell'individuo è l'unica unità di analisi scientificamente studiabile della psicologia avvalendosi del metodo stimolo (ambiente) e risposta (comportamento).6 Il social media marketing: è quella branca del marketing che si occupa di generare visibilità sui social media e di gestire le community online. Il social media manager ha la responsabilità di gestire varie figure tra cui il digital pr, il web analist, l’e-reputation manager ecc.7 1.1 L’evoluzione del Marketing Sociale In particolare si inizia a parlare di marketing sociale con l’articolo sopracitato di P. Kotler e G. Zaltman scritto 6 http://www.sapere.it/ 7 Mattiacci A., Pastore A. (2013) Marketing il management orientato al mercato,Hoepli p.582
  • 14. 14 nel 19718. Nel famoso saggio i due autori si interrogano sulla possibilità di applicare le tecniche ed i concetti del marketing commerciale alle cause sociali come la lotta contro il fumo, l’abuso di alcol e la dipendenza dalle droghe. Negli anni successivi lo stesso tema è ripreso in numerosi articoli dallo stesso P. Kotler e da altri autori. Nel 1980 P. Kotler e K. Fox pubblicano sul Journal of Marketing un nuovo saggio nel quale si sottolinea l’interesse crescente nei confronti dell’applicabilità della materia in oggetto. Nel 1981 viene creata dal ministro della sanità del Canada la prima unità di marketing sociale al mondo. Nello stesso anno si ha la pubblicazione di “The Marketing of Ideas and Social Iusses” scritto da S. Fine. Nel 1985 un secondo libro interamente dedicato alla materia viene pubblicato negli Stati Uniti da R. Manoff “Social Marketing New Imperative for Public Health”. Nel 1989 viene scritto da P. Kotler e E. Roberto il primo manuale di marketing sociale della storia “Social Marketing: for Changing Public Behaviour”. Dai 8 Kotler P., Zaltman G. (1971) “Social Marketing: An Approach to Planned Social Change”. Journal of Marketing, vol 35, p. 3-12.
  • 15. 15 primi anni novanta in poi la materia si comincia a definire in maniera concreta: si susseguono numerose pubblicazioni, nascono i primi indirizzi di studio accademici e si creano le prime associazioni e le prime unità operative. Nel 1995 viene elaborato da A. Andersen “Marketing Social Change: Changing Behaviour to promote Health, Social Development and the Environment”. Nel 1999 viene istituito alla Georgetown University di Washington DC il primo corso universitario in marketing sociale. Nel 2004, in Inghilterra, viene creato il primo centro nazionale strategico di social marketing. Nel 2008 a Brighton è tenuta la prima “World Social Marketing Conference”. Nel 2011 nasce la “International Social Marketing Association” e nel 2012 la prima conferenza europea sul marketing sociale si tiene a Lisbona. Come è evidente, nel corso degli anni la materia ha avuto un costante progresso; i paesi che hanno riscontrato un interesse maggiore per l’argomento sono gli Stati Uniti, il Canada, l’Australia e l’Inghilterra. Tutt’oggi quella del marketing sociale rimane un’area di studio estremamente attiva ed in progress, ma con non poche difficoltà ad imporsi.
  • 16. 16 1.2 La definizione di marketing sociale Nel corso degli anni i diversi autori hanno cercato di dare una definizione univoca al marketing sociale. Tra gli anni settanta e ottanta primeggiavano definizioni che consideravano il marketing sociale tendenzialmente un settore esclusivo della promozione della salute: “L’utilizzo del marketing sociale per favorire l’adozione di sani stili di vita si inserisce in un percorso di sperimentazione di modalità efficaci di promozione della salute. Accanto alle tradizionali attività di educazione alla salute e comunicazione sociale, si propone di consentire ai cittadini di acquisire abilità e competenze per scegliere in modo libero e consapevole cosa è bene per la propria salute, coerentemente con gli obiettivi indicati dalla Carta di Ottawa” 9 9 The Ottawa Charter for Health Promotion 1° Conferenza Internazionale sulla promozione della salute 17-21 novembre 1986 Ottawa, Ontario, Canada
  • 17. 17 Col passare del tempo e l’ampliarsi degli studi si è presa consapevolezza che questa specifica branca del marketing poteva essere applicata anche ad altre aree più generali e non solo alla promozione della salute: “Il marketing sociale è l’applicazione delle tecniche del marketing commerciale all’analisi, alla pianificazione, alla realizzazione ed alla valutazione di programmi volti ad influenzare il comportamento del pubblico di riferimento al fine di migliorare il benessere degli individui e della società” 10 “Il successo di una strategia di marketing sociale è determinato dal suo contributo al benessere del pubblico di riferimento o dell’intera società” 11 10 Andreasen, A.R. (1995) Marketing Social Change: Changing Behavior to Promote Health, Social Development, and the Environment. San Francisco 11 Tosco E. (2008) “Il marketing sociale: Il marketing sociale: Che cos’è?” cura di DoRS, Centro di Documentazione per la Promozione della salute Seminario Marketing sociale e Comunicazione per la salute, Torino p.7.
  • 18. 18 Ad oggi la definizione maggiormente accettata dalla comunità scientifica è quella data dall’ISMA (International Social Marketing Association)12 che riassume in se le definizioni dei vari autori degli ultimi anni facendo emergere allo stesso tempo l’attenzione verso il comportamento e l’applicabilità del marketing sociale a diverse aree, tale definizione può essere abbreviata come segue: “Il marketing sociale è una disciplina che utilizza il processo di pianificazione, le tecniche e i principi del marketing per influenzare i comportamenti del target di riferimento allo scopo di ottenere benefici per gli individui o per l’intera società.” Consideriamo quindi il marketing sociale come l’utilizzo delle tecniche e degli strumenti del marketing commerciale al fine etico di influenzare i comportamenti, 12 http://www.i-socialmarketing.org/social-marketing- definition#.VsQxxvnhCUk
  • 19. 19 non per uno scopo economico, bensì per il bene dell’individuo stesso o dell’intera società. 1.2.1 Le differenze tra il marketing sociale e il marketing commerciale Il marketing sociale, pur utilizzando le tecniche e i principi del marketing, si sviluppa in un contesto di valori e presupposti che lo rendono allo stesso tempo strettamente legato, ma anche profondamente diverso da quello commerciale. Prendendo il paragone offertoci da Bloom e Novelli13 possiamo affermare che la relazione che intercorre fra il marketing sociale e il marketing commerciale “è simile a quella esistente fra il football e il rugby. Le due discipline hanno molto in comune e richiedono una formazione simile, ma ognuna ha il suo insieme di regole, limiti e richiede specifiche abilità. Un buon giocatore dell’una 13 Bloom P.N., Novelli. W.D.(1981) “Problems and challenges in social marketing”. Journal of Marketing; vol. 45: p. 79-88.
  • 20. 20 non è detto che sia necessariamente anche un buon giocatore dell’altra […]”. Fra gli aspetti che accomunano le due discipline possiamo notare: le fasi di pianificazione, il rapporto di scambio costi/benefici, l’attenzione al target e l’utilizzo del marketing mix. Mentre per quanto riguarda gli aspetti che le differenziano, individuiamo: il bene che offrono sul mercato, la concorrenza con la quale devono competere, il tipo di beneficio offerto dal prodotto, i costi che richiedono, la tipologia di target14 e soprattutto le finalità (figura 1.1). Figura: 1.1 differenze tra il marketing sociale e il marketing commerciale adattamento A. Consiglio (2016) Marketing Commerciale Marketing Sociale Il bene offerto sul mercato è una merce o un servizio Ciò che viene offerto sul mercato è un comportamento da seguire 14 A. Michienzi (2014) Dossier – il marketing sociale – guadagnare salute, Editore Zadig
  • 21. 21 La concorrenza è data dalle altre aziende presenti sul mercato La concorrenza è rappresentata da stili di vita, opinioni contrastanti e, in maniera minore, da alcune aziende I benefici dati dall’acquisto di un bene e/o servizio, in linea di massima, sono immediati o a breve termine I benefici dati dall’acquisizione del comportamento corretto sono generalmente visibili nel medio/lungo periodo Il costo è principalmente monetario Il costo è principalmente psicologico e/o fisico Il target è “passivo” Il target è “attivo” Finanziato dagli investimenti e dalle vendite Finanziato da tasse, donazioni e fondi pubblici Il fine ultimo è l’acquisizione di un profitto Il fine ultimo è il benessere dell’individuo e/o della società
  • 22. 22 1.3 Le aree di interesse del marketing sociale Abbiamo analizzato in che modo inizialmente il social marketing si sia strutturato per offrire una soluzione alle problematiche collegate al settore della salute come l’abuso di alcol, il fumo, la dipendenza da droghe e simili. Nel corso degli anni, tuttavia, si è presa in considerazione l’idea che si potessero adottare le tecniche e gli strumenti del marketing anche per altre aree che avessero comunque come unique value proposition il benessere collettivo e/o individuale. Ad oggi, individuiamo oltre alla promozione della salute, altre quattro macro aree di interesse15: la prevenzione agli infortuni e/o incidenti, la protezione dell’ambiente, la promozione dell’impegno comune e il benessere finanziario. 1.3.1 La promozione della salute La promozione della salute è l’area per cui il marketing sociale nasce e per la quale è stato maggiormente 15 Kotler P., Lee N., (2015) Social Marketing: Changing Behaviors for Good, SAGE Pubblication p. 26.
  • 23. 23 identificato nel corso degli anni; infatti a questa area fanno riferimento la maggior parte delle campagne. L’adozione delle tecniche del marketing per la promozione della salute ha lo scopo di influenzare i comportamenti per ridurre l’impatto di una molteplicità di problemi sociali come ad esempio: l’uso di droghe, l’obesità, gravidanze premature, fermare la diffusione dell’HIV/AIDS, cancro della pelle, cancro al seno, cancro alla prostata, l’igiene orale, pressione del sangue, disordini alimentari e molti altri. Di seguito è riportato l’esempio di una campagna per la lotta contro il fumo. Esempio: “Gli ex-fumatori sono irresistibili” EU Un esempio di marketing sociale applicato alla promozione della salute è quello della campagna “Irresistibili” Figura 1.2: “Gli Ex fumatori sono irresistibili”
  • 24. 24 lanciata dalla Direzione Generale della Salute della Commissione Europea in occasione del 31 maggio 2015 - Giornata Mondiale senza Tabacco. La campagna è il proseguimento dell’iniziativa “Help”, un’altra attività di promozione contro il fumo, conclusa nel 2010. Peculiarità del marketing mix adottato è quella di offrire uno strumento innovativo molto efficace per aiutare i fumatori a uscire dal tabagismo: l’iCoach, una piattaforma digitale gratuita di educazione alla salute. Diversamente da altre iniziative di questo tipo, questa applicazione è rivolta anche a chi non intende smettere o è soggetto a un elevato rischio di ricaduta16 1.3.2 La prevenzione agli infortuni e/o incidenti L’area del marketing sociale della prevenzione agli infortuni e/o incidenti insieme a quella della promozione della salute è sicuramente quella che ha avuto una maggiore diffusione e applicazione. I comportamenti che questa specifica area cerca di influenzare per evitare 16 http://www.exsmokers.eu/it-it/
  • 25. 25 sinistri di ogni tipo sono molteplici: la guida in stato di ebbrezza, l’uso del telefono al volante, i suicidi, la violenza domestica, la violenza nelle scuole, l’uso delle cinture di sicurezza e molti altri. Esempio: “Non sei un numero non diventarlo” PROVINCIA DI TORINO Un esempio molto esplicativo dell’applicazione del marketing sociale all’area della prevenzione dagli infortuni e/o incidenti è stato quello della campagna di sensibilizzazione “Non sei un numero non diventarlo” promossa nel 2003 dalla Provincia di Torino. Il progetto nato in seguito all’emanazione della Legge 144/99, (istitutiva del Piano Nazionale della Sicurezza Stradale che prevedeva il cofinanziamento di interventi e progetti innovativi di carattere sperimentale finalizzati a Figura 1.3: “Non sei un numero” diventarlo
  • 26. 26 migliorare la sicurezza stradale e a ridurre il numero delle vittime degli incidenti stradali) ha previsto un marketing mix composto da: distribuzione presso i caselli autostradali di 100.000 brochure nelle quali era riportato ”Il vademecum del buon guidatore” e la diffusione di uno spot radiofonico attraverso sedici emittenti locali17. 1.3.3 La protezione dell’ambiente Altra area di grande importanza è quella della protezione ambientale. Finalmente, dopo numerosi appelli della comunità scientifica, negli ultimi anni si sta dando la giusta attenzione alle problematiche legate allo sfruttamento ambientale: spreco delle risorse idriche, disboscamento, inquinamento e riciclaggio sono solo alcuni dei comportamenti sui quali il marketing sociale oggi prova ad intervenire. 17 http://www.provincia.torino.gov.it/sic_stradale/campagne/nn_sei_nume ro/
  • 27. 27 Esempio: “WaterSense” EPA “WaterSense” è un programma sviluppato dall’EPA (Agenzia del governo federale degli Stati Uniti per la protezione dell'ambiente) in partnership con i produttori e i distributori di prodotti per il bagno, la cucina e la casa in generale. Lo scopo del programma è di promuovere l’acquisto di prodotti etichettati “WaterSense” e quindi certificati come water- efficent e high-performing (più efficaci ed efficienti dal punto di vista del risparmio idrico)18. 1.3.4 La promozione dell’impegno comune Donare gli organi, donare il sangue, andare a votare, adottare un animale sono tutti comportamenti sui quali il marketing sociale prova a fare leva all’interno dell’area della promozione dell’impegno comune. In questa categoria l’interesse è indirizzato a quei comportamenti che portano 18 Kotler P., Lee N., (2015) Social Marketing: Changing Behaviors for Good, SAGE Pubblication p.42. Figura1.4: “watersense”
  • 28. 28 un beneficio per l’intera comunità o per un determinato gruppo target. Esempio: “Ogni volta è la prima volta” AVIS AVIS (Associazione Volontari Italiani Sangue) ha incentrato la sua ultima campagna del 2015 (figura 1.5) sul tema della “prima volta”, andando quindi a rivolgere il messaggio soprattutto ai neo donatori, per mostrare come ci siano tante “prime volte” nella nostra vita. L’intento della campagna era quindi quello di convertire il gruppo target (persone che non hanno mai donato) in nuovi donatori attraverso un marketing mix basato su spot video e immagini veicolati soprattutto attraverso il web19. 19 http://laprimavolta.avis.it/ Figura 1.5: “La prima volta”
  • 29. 29 1.3.5 La promozione del benessere finanziario L’area della promozione del benessere finanziario è un settore ancora in via di sviluppo. I comportamenti che il marketing in quest’area mira a modificare e/o tutelare sono: il comportamento da assumere per evitare le frodi o la bancarotta, come proteggere i propri account, come gestire i risparmi, ecc… Esempio: “Campagna sociale contro il maltrattamento dei soldi” ACOMEA AcomeA (società indipendente dai gruppi bancari che garantisce di lavorare senza conflitti di interessi in difesa dei clienti) nel 2014 ha lanciato una campagna per sensibilizzare i risparmiatori a reagire contro la non trasparenza della finanza, imparando così a scegliere con cognizione di causa e a porre le domande giuste per valutare i propri investimenti. Il marketing mix oltre al materiale grafico forniva un ebook scaricabile online: “Manuale di autodifesa contro il maltrattamento dei soldi”20. 20 https://www.acomea.it/
  • 30. 30 1.4 Gli obiettivi del marketing sociale A questo punto della trattazione risulta ormai evidente come l’obiettivo principale del marketing sociale sia quello di influenzare i comportamenti degli individui al fine di ottenere un beneficio per l’intera comunità o per l’individuo stesso. Spingere all’azione o modificare un atteggiamento però è molto complesso: “Significa infatti portare il nostro interlocutore a rinunciare ad un’idea o modificare un preconcetto”21. Per questo risulta fondamentale nelle fasi di pianificazione focalizzare al meglio il target di riferimento e il posizionamento che si 21 Puggelli R., Sobrero R., (2010) La comunicazione sociale, Carrocci.p.34. Figura 1.6:”AcomeA”
  • 31. 31 intende avere. Inoltre, di grande importanza è analizzare approfonditamente quali possano essere le leve del marketing mix che ci permetteranno di raggiungere nel modo migliore l’obiettivo definito e competere con la concorrenza. 1.4.1 La concorrenza Un’analisi della concorrenza (compresa una conseguente strategia per contrastarla) è fondamentale ai fini della promozione del comportamento corretto. La principale forma di concorrenza nel marketing sociale, secondo P. Kotler, è rappresentata dall’idea o dal comportamento che si vuole modificare offrendo idee e comportamenti alternativi22. Infatti, esaminando qualsiasi area di interesse studiata, vedremo che esistono sempre alternative a quella che si sta proponendo. Per questo è essenziale offrire sul mercato un prodotto di scambio che il target di riferimento consideri di maggior valore rispetto 22 Tosco E. (2008) “Il marketing sociale: Il marketing sociale: Che cos’è?” cura di DoRS, Centro di Documentazione per la Promozione della salute Seminario Marketing sociale e Comunicazione per la salute, Torino
  • 32. 32 alle altre opzioni disponibili23. Ad esempio in una campagna contro il fumo, la concorrenza sarà presentata dalla pratica dell’uso delle sigarette, mentre per una campagna contro l’inquinamento ambientale, la concorrenza sarà data dall’abitudine di utilizzare le autovetture per ogni spostamento. Data la difficoltà di identificare e catalogare questo tipo di concorrenza, che appare meno evidente a confronto di quella del settore commerciale (che si suddivide facilmente in verticale ed orizzontale24), nel marketing sociale diventa d’importanza strategica l’analisi dei bisogni e dei gruppi obiettivo25. Nel caso delle sigarette ad esempio sarà utile comprendere quali bisogni il tabacco soddisfa mentre nel caso dell’inquinamento bisognerà capire qual è il motivo che spinge le persone a sottovalutare le alternative ad impatto zero per la mobilità (bicicletta, camminata ecc). Spesso, 23 A. Michienzi (2014) Dossier – il marketing sociale – guadagnare salute, Editore Zadig p.11. 24 Mattiacci A., Pastore A. (2013) Marketing il management orientato al mercato, Hoepli p.99. 25 Tamborini S., (1996) Marketing e comunicazione sociale al servizio della società, Lupetti p 112.
  • 33. 33 tuttavia i comportamenti che si vogliono modificare vengono sostenuti e promossi da altre organizzazioni profit oriented; nel caso dell’uso delle sigarette ad esempio la pratica sarà promossa dalle multinazionali del tabacco; mentre per quanto riguarda l’esempio dell’inquinamento l’utilizzo dell’auto sarà incoraggiato dalle industrie automobilistiche. In questi casi le strategie per competere con la concorrenza fanno direttamente riferimento a quelle del marketing commerciale. 1.4.2 Il comportamento Come in precedenza analizzato la modifica di un comportamento è l’obiettivo finale del marketing sociale. Ciò nonostante, tale processo non è statico e lineare, dato che ogni persona può presentare diversi gradi di disponibilità nell’accettare o abbandonare un determinato comportamento. Affrontando questa specifica tematica, il modello teorico di riferimento che prendiamo in considerazione è quello “Transteorico” messo a punto da Prochaska e Di Clemente nel 1982, migliorato ed aggiornato
  • 34. 34 poi nel corso degli anni26. Il modello sostiene che gli individui, quando apprendono e adottano un nuovo comportamento, passano attraverso sei fasi: 1. Precontemplazione: l’individuo non prende in considerazione l’idea di modificare il proprio comportamento dannoso e/o pericoloso nell’immediato futuro (6 mesi). Tale situazione si verifica a seguito di alcuni possibili motivi: non conosce o non è informato del rischio (o se conosce i rischi è scoraggiato circa la propria capacità di operare il cambiamento e preferisce non pensarci); ha un atteggiamento di difesa nei confronti della pressione sociale a cambiare; minimizza il rischio e/o rifugge da consigli e dalle raccomandazioni. (Ad esempio la persona che fa uso di sostanze stupefacenti, ignora i pericoli derivati da tali sostanze o se li conosce li minimizza, non ha intenzione di smettere). 2 Contemplazione: l’individuo prende seriamente in considerazione l’idea di modificare il proprio atteggiamento entro i 6-12 mesi successivi, calcolando costi 26 A. Michienzi (2014) Dossier – il marketing sociale – guadagnare salute, Editore Zadig
  • 35. 35 e benefici che la modifica del suo comportamento attuale può comportare. (La persona che fa uso di sostanze stupefacenti comincia a pensare a quali potrebbero essere i benefici dati dalla sua disintossicazione: un miglioramento a livello salutare, migliori possibilità sociali e lavorative, e allo stesso tempo la persona si informa sugli strumenti e i costi che dovrà affrontare se smettesse di fare uso di sostanze stupefacenti). 3 Preparazione: il soggetto ha deciso di modificare il comportamento nell’immediato futuro (nel mese successivo) e pianifica la modalità di cambiamento. (La persona che fa uso di sostanze stupefacenti ad esempio può aver pianificato di consultare un esperto, partecipa a programmi strutturati per tossicodipendenti, si comincia a documentare sui migliori modi per smettere di far uso di droghe ecc.). 4 Azione: l’individuo mette in atto la vera e propria modifica comportamentale cominciando a far proprio l’atteggiamento che gli è stato proposto. L’azione non è sempre una modificazione diretta del comportamento ma tutto quell’insieme di attività che vengono messe in atto nel tentativo di modificare un comportamento: atti singoli ed
  • 36. 36 episodici, azioni ricorrenti, strategie semplici e complesse. (L’individuo che fa uso di sostanze stupefacenti smette di acquistare e assumere sostanze, interrompe la frequentazione con le persone che insieme a lui ne fanno uso ed evita ambienti in cui tali sostanze sono facilmente reperibili). 5 Mantenimento / 6 Ricaduta: in questa fase il soggetto si applica al mantenimento nel tempo e alla stabilizzazione del cambiamento. Chiaramente in questa fase le azioni sono ridotte, il soggetto non è impegnato attivamente come nella fase di azione. Questa fase ha una durata estremamente variabile in relazione al comportamento e alle caratteristiche individuali, ed è sempre possibile una ricaduta. (La persona presa ad esempio è ormai un ex tossicodipendente, conduce una vita regolare lontano dalle droghe, ma il pericolo della ricaduta è sempre dietro l’angolo). I sei stadi del cambiamento possono essere applicati a qualsiasi modifica comportamentale. Per questo motivo la conoscenza da parte del marketer sociale di tale modello (Transteorico) è un elemento sostanziale per la definizione del target, del posizionamento e di tutte le fasi operative
  • 37. 37 che verranno messe in atto all’interno del piano di marketing sociale. Figura 1.7: illustrazione degli Stadi del cambiamento di Prochaska e Di Clemente adattamento di A. Consiglio 2016. 1.5 I player del marketing sociale Dopo aver analizzato l’evoluzione, la definizione, le aree di interesse e gli obiettivi, è necessario, a questo punto della analisi, approfondire quelli che sono i promotori di questa specifica area di studio, ovvero, coloro che mettono in pratica le tecniche e gli strumenti specifici del marketing sociale. Diversi e molteplici possono essere gli agenti che,
  • 38. 38 sviluppando un piano di marketing, dispongono un processo di comunicazione per fini sociali. Infatti, riprendendo in considerazione le varie aree di interesse della materia analizzate nel capitolo 1.3, ci si rende conto di quanto questo settore possa essere eterogeneo. Al fine di fare chiarezza nello scenario dei player, possiamo suddividere il macro insieme in tre sotto categorie: le organizzazioni profit oriented, le organizzazioni no profit e il settore pubblico27. Figura 1.8 Rappresentazione grafica dei player del marketing sociale 27 Gadotti G., Bernocchi R., (2010) La pubblicità sociale maneggiare con cura, Carrocci Editore p.27.
  • 39. 39 1.5.1 Le Organizzazioni profit-oriented Nel mercato di oggi, ormai non desta più stupore imbattersi in campagne di marketing sociale firmate da aziende private in partnership con organizzazioni no profit o aziende private che si prodigano in condotte favorevoli all’ambiente e/o alla collettività. Eppure lo scenario non è stato sempre così: agli inizi degli anni Novanta, e poi nuovamente a cavallo del Duemila, si hanno periodi di forte discussione nei confronti del marketing, dovuto sia ad un rallentamento dello sviluppo economico, sia a una costante crescita di indipendenza del consumatore che, acquisendo conoscenza e quindi valore sul mercato, richiede una maggiore trasparenza e comportamenti sociali corretti alle aziende. Questo tipo di comportamenti sfociano poi, in questi stessi anni, in movimenti di protesta come il consumerismo e l’ambientalismo28. È in queste determinate circostanze che nasce da parte delle imprese un forte interesse per un marketing di tipo sostenibile e socialmente 28 Mattiacci A., Pastore A. (2013) Marketing il management orientato al mercato,Hoepli p.588.
  • 40. 40 corretto. Due dei modelli maggiormente sviluppati per andare in contro a questo trend emergente sono il cause related marketing e il societing. Il Cause related marketing tradotto “responsabilità sociale d’impresa” è, in linea generale, un'operazione di marketing tesa al perseguimento di obiettivi di carattere commerciale che al tempo stesso contribuiscono ad una causa ambientale o umanitaria29. L’azienda che adotta una strategia di cause related marketing ha quindi un duplice obiettivo: fare profitto e contemporaneamente essere apprezzata dagli steakholder per il suo contributo alla causa30. Il primo caso di una campagna di questo tipo è quello dell’American Express nel 1885. In occasione di un progetto a supporto del restauro della Statua della Libertà l’agenzia nazionale che la gestiva, la US National Park Service, strinse un accordo con L’American Express la quale si impegnò a donare un penny per ogni transazione bancaria effettuata attraverso le proprie carte di credito e 29 Tamborini S., (1996) Marketing e comunicazione sociale al servizio della società, Lupetti p.86. 30 http://www.fundraising.it/
  • 41. 41 un dollaro per ogni nuovo cliente che registrava una nuova carta nei primi tre mesi dal lancio dell’iniziativa. Il risultato fu sorpendente: la campagna generò 1,7 milioni di dollari da destinare al restauro e, allo stesso tempo, l’azienda registrò un incremento di transazioni del 27% e il 10% in più di nuove richieste di carte di credito31. Ad oggi sono moltissimi i casi in cui le aziende adottano questo tipo di strategia. Per societing, invece, si indica il superamento dell’orientamento di marketing “tradizionale”32. In questa concezione l’attenzione si focalizza sull’interazione dell’impresa, non soltanto con il mercato di riferimento, ma anche con la società in cui opera. Si afferma che la società sta mutando e con essa deve cambiare anche il marketing33: per le aziende è arrivato il momento di spostare il focus dal mercato alla società e quindi considerare il consumo come 31 Kotler P., Lee N., (2007) Marketing del settor pubblico. Strategie e metodi per migliorare la qualità dei servizi della pubblica amministrazione, Pearson p.262. 32 Gadotti G., Bernocchi R., (2010) La pubblicità sociale maneggiare con cura, Carrocci Editore p. 46. 33 http://www.societing.org/
  • 42. 42 uno degli aspetti centrali della vita quotidiana. Le imprese sono “obbligate” ad adottare questo cambiamento perché non possono sottrarsi alla pressione dei consumatori che diventano sempre più informati, critici e al tempo stesso consapevoli del loro potere. Prende sempre maggiore forza l’idea di un marketing teso a creare un rapporto diretto con il consumatore (dal business to business/consumer al business to people34) e per far ciò l’impresa non può che agire in modo socialmente corretto nel proprio mercato di riferimento. Moltissimi sono oramai i casi in cui aziende adottano questo tipo di approccio al mercato. Consideriamo ad esempio McDonald, la multinazionale più grande al mondo per il mercato dei fast food, che dal 1974 negli Stati Uniti e dal 1999 in Italia gestisce parallelamente alle sue attività commerciali la fondazione no profit per l’infanzia “Ronald McDonald”35. 34 https://blogs.oracle.com/socialspotlight/entry/forget_b2b_and_b2c_teh 35 http://www.fondazioneronald.it/
  • 43. 43 1.5.2 Le Organizzazioni No-profit Altro settore estremamente attivo nel marketing sociale è quello delle Organizzazioni No profit, anche detto terzo settore, che è costituito da un variegato insieme di tipologie di enti: organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), organizzazioni non governative (ONG), associazioni di volontariato, fondazioni, enti ecclesiastici, cooperative sociali e molti altri. A partire dagli anni settanta, la crescita del welfare state ha generato aspettative crescenti di benessere da parte dei cittadini, ma allo stesso tempo, l’incapacità delle istituzioni di fare fronte alle sempre più complesse domande sociali ha fatto si che l’importanza delle organizzazioni del terzo settore crescesse vigorosamente36. Oggi, il terzo settore conta circa duecentomila organizzazioni37 ma, oltre al numero, nel tempo sono cresciute anche le responsabilità e il livello di attività che questi enti sviluppano. Questa crescita 36 Gadotti G., Bernocchi R., (2010) La pubblicità sociale maneggiare con cura, Carrocci Editorep. 40. 37 A. Fagnani (2005) “Il Ruolo Del Marketing Nelle Organizzazioni Nonprofi” Ecole Supérieure de Commerce de Paris–EAP, Parigi
  • 44. 44 qualitativa e quantitativa ha portato le organizzazioni no- profit a dover gestire in modo progressivamente sempre più complesso la propria attività utilizzando strumenti tipicamente manageriali38. Attualmente l’applicazione dei principi del marketing sociale nelle ONLUS, nelle ONG e nelle altre associazioni è basilare e in questo specifico ambito gli studi e le ricerche sono molteplici. Di seguito riportiamo un esempio di una campagna di una delle ONLUS più importanti a livello internazionale per i diritti dei bambini “Save the Children”. Dal 2012 l’organizzazione ha promosso una campagna di sensibilizzazione in aiuto dei bambini a rischio povertà in Italia, coinvolgendo singoli cittadini, imprese, enti locali, il mondo della cultura e dell’informazione, per promuovere cambiamenti concreti a livello sociale, culturale, politico e giuridico. Nel 2015, in continuum con l’iniziativa precedente, Save the Children ha lanciato la campagna “Illuminiamo il Futuro” per dare educazione, opportunità e speranza ai bambini che vivono in povertà in Italia. Il 38 A. Fagnani (2005) “Il Ruolo Del Marketing Nelle Organizzazioni Nonprofi” Ecole Supérieure de Commerce de Paris–EAP, Parigi
  • 45. 45 marketing mix, oltre al materiale grafico di promozione, ha utilizzato un vero e proprio strumento a disposizione dei bambini, tentando quindi di sottolineare la sua presenza sul territorio: i “Punti Luce”, centri in cui bambini e adolescenti tra i 6 e i 16 anni possono studiare, giocare, avere accesso ad attività educative e sportive altrimenti a loro precluse39. Peculiarità delle organizzazioni senza fine di lucro, come dice la stessa definizione, è proprio quella di non adottare una strategia volta all’acquisizione di un profitto monetario. Come fanno allora questo tipo di organizzazioni a sopravvivere e a finanziare vere e proprie campagne di 39 http://www.savethechildren.it/ Figura 1.9 “Save the Children”
  • 46. 46 comunicazione che nei casi più fortunati competono sullo scenario internazionale a fianco delle multinazionali? Nel rispondere a questa domanda si introducono nell’analisi lo studio di due attività: il fundraising e la sponsorship, che per questo tipo di organizzazioni sono la linfa vitale per la sopravvivenza e per il loro sviluppo. 5.2.1 Il fundraising e gli sponsor Spesso il termine “fundraising” viene tradotto in italiano semplicemente come “raccolta fondi”, ma analizzando il significato del verbo "to raise" (che esprime senso di: far crescere, coltivare, sorgere, sviluppare) percepiamo che il termine nasconde una valenza molto più ampia e complessa. Con fundraising, infatti, si intende il promuovere e il credere in una causa costruendo delle relazioni che permettano a degli individui (i donatori) di aiutare altre persone e/o cause. Henry Rosso definiva nel 1991 il fundraising come “La gentile arte di insegnare agli altri la gioia di donare”40. Oggi quella del fundraising è diventata un’attività di assoluta importanza per tutto il 40 H. Rosso (1991) Achieving Excellence in Fundraising,
  • 47. 47 terzo settore che si fonda su competenze di marketing management. Sono svariate le tecniche e gli approcci per incrementare questa attività, come ad esempio: le pubbliche relazioni, il mail marketing, il telemarketing, gli eventi, il porta a porta e per ultimo, ma non di minore importanza il web che negli ultimi anni ha visto una forte crescita in questo settore dovuta all’attestarsi delle sue enormi potenzialità41. Quella del fundraising è quindi un’attività molto complessa e articolata che negli ultimi anni si è attestata come materia autonoma e indipendente di grandissimo valore per tutte le realtà no-profit. Le organizzazioni senza scopo di lucro possono incrementare il loro budget anche attraverso sponsorizzazioni con aziende profit oriented. Per le organizzazioni no-profit l’instaurarsi di questo tipo di rapporto costituisce una “straordinaria opportunità che permette di ampliare i mercati per la raccolta delle risorse grazie a nuovi e fecondi budget”42. Tendenzialmente il fine dei due soggetti che mettono in atto una sponsorship di 41 Melardi V., (2012) Manuale di Fundraising fare raccolta fondi nelle organizzazioni nonprofit e negli enti pubblici, Maggioli Editore p.93. 42 Ivi p. 411.
  • 48. 48 questo tipo sono molto differenti. Il fine delle organizzazioni no profit è: raccogliere fondi, aumentare la visibilità, differenziare il mercato di raccolta, incrementare l’awareness, attingere a nuovi budget ed accedere al know- how aziendale. Mentre gli obiettivi dell’azienda sponsor possono essere: rafforzare i legami con i pubblici attuali, raggiungerne nuovi, migliorare la sua immagine e delle volte anche incrementare il suo profitto con operazioni di casued related marketing (vedi 1.5.1). Un programma di fundraising o un piano di sponsorizzazione, se ben progettati e implementati, riescono ad accrescere fortemente il budget dell’organizzazione che ne risponde. Per questo, predisporne di altamente efficaci è indispensabile per ogni tipo di organizzazione che non mira al profitto. 1.5.3 Il settore pubblico Come precedentemente affermato la categoria del settore pubblico è quella che ha maggiore interesse nel promuovere la salute, nel prevenire gli incidenti, nel sostenere l’ambiente, nel favorire l’impegno comune e nell’assicurare benessere finanziario al proprio pubblico di
  • 49. 49 riferimento (i cittadini) dato che, i costi sociali ed economici che deriverebbero dal mancato interesse di ognuna di queste aree da parte di essi, andrebbe ad influire direttamente in negativo sul bilancio dello stato. L’obiettivo primario del settore pubblico è quindi quello di assicurare che le persone abbiano un comportamento socialmente corretto, per questo motivo, il maggior numero di campagne di marketing sociale nel mondo sono finanziate dagli enti pubblici nazionali e/o locali. Le tecniche e gli strumenti che vengono adoperati dal marketing sociale nel settore pubblico sono gli stessi che vengono utilizzati nel settore delle organizzazioni no profit; l’unica differenza sostanziale è che il settore pubblico non farà attività di fundraising dato che avrà già budget Figura 1.10 ““National Breastfeeding” Awareness Campaign”:”
  • 50. 50 predisposti per questo tipo di attività. Ma allo stesso tempo, date le sue caratteristiche, questo specifico settore può sviluppare sia campagne sociali in completa autonomia, sia in partnership con organizzazioni private. L’esempio che viene proposto di seguito tratta proprio di una campagna sviluppata tra un dipartimento federale e un’organizzazione no-profit. Nel 2005 il governo americano nota che benché molti cittadini siano consapevoli dell’importanza dell’allattamento al seno, gli Stati Uniti detengono uno dei tassi più bassi al mondo per quanto riguarda questa pratica. Per ovviare a questo problema, lo US Department of Health and Human Services, l’Office of Women’s Health e lo Ad Council (un’organizzazione privata senza fini di lucro che ha come obiettivo quello di coinvolgere su base volontaria i migliori talenti dell’industria pubblicitaria e della comunicazione) hanno lanciato la “National Breastfeeding Awareness Campaign”: una campagna di sensibilizzazione sui benefici dell’allattamento materno. I messaggi della campagna erano quelli di eliminare la confusione circa la durata ottimale dell’allattamento al seno e contrastare la convinzione diffusa che i benefici dell’allattamento non
  • 51. 51 siano poi così rilevanti per la salute futura del bambino. L’obiettivo della campagna, far aumentare del 50% entro il 2010 il numero di mamme che avrebbero allattato i figli per almeno sei mesi dopo il parto, fu raggiunto con successo43. Il marketing sociale con il passare del tempo, date le sue enormi potenzialità, sta interessando sempre più una vasta platea di player sia del mondo commerciale e sia di quello no-profit/pubblico. Con il crescere dell’interessamento, di conseguenza, prosperano anche i dibattiti ad esso connessi. Uno dei principali è sicuramente quello legato agli strumenti da utilizzare all’interno di un piano di marketing sociale. Vediamo di seguito come questo tema si è sviluppato nel corso degli anni. 1.6 Il marketing sociale da P. Kotler a R. Gordon Per analizzare lo sviluppo del dibattito riguardo il marketing sociale dalla sua nascita fino ad oggi, di seguito si 43 Kotler P., Lee N., (2007) Marketing del settore pubblico. Strategie e metodi per migliorare la qualità dei servizi della pubblica amministrazione, Pearson p.271.
  • 52. 52 propone un confronto tra due importanti saggi: “Social Marketing: An Approach to Planned Social Change” di P. Kotler e G. Zaltman del 197144 e “Re-thinking and Re-tooling the Social Marketing Mix” di R. Gordon del 201145. La comparazione tra questi due studi che, anche avendo quaranta anni di differenza sono incentrati sulla stessa tematica, ci permette di comprendere in maniera chiara quelle che sono le leve di discussione maggiormente dibattute e quelli che sono i trend emergenti in merito alla materia in oggetto. 1.6.1 Testo 1: “Social Marketing: An Approach to Planned Social Change” di P. Kotler e G. Zaltman del 1971 Gli autori sviluppano la loro analisi partendo da due volumi: il testo di G. D. Wiebe “Merchandising Commodities and Citizanship on television” del 1952, nel quale lo studioso 44 Kotler P., Zaltman G. (1971) “Social Marketing: An Approach to Planned Social Change”. Journal of Marketing, vol 35, p. 3-12. 45 Gordon R., (2012) “Re-thinking and re-tooling the social marketing mix”. Australian Marketing Journal, vol 20, p. 122-126.
  • 53. 53 si domanda perché non sia possibile vendere la fratellanza allo stesso modo di come si vende il sapone, e il testo di J. McGinniss’s “The Selling of the president” del 1968, nel quale l’autore afferma di poter “vendere un candidato alle presidenziali allo stesso modo di come si vende il sapone”. Sulla base dell’analisi dei testi sopra citati, P. Kotler e G. Zaltman si interrogano sulla possibilità di trasportare le tecniche del marketing commerciale, con le quali si vendono le commodities, anche per promuovere cause di tipo sociale. Nella prima parte dell’articolo vengono date le definizioni generali di marketing e di marketing management. Il marketing viene definito come uno scambio di beni o servizi per un altro bene, per un altro servizio o per soldi: “Il marketing non si verifica a meno che non ci siano due o più parti, che hanno qualcosa da scambiare e che siano in grado di effettuare comunicazione e distribuzione”. Il marketing management, invece, viene definito come: “l’analisi, la pianificazione, l’implementazione e il controllo di programmi designati a portare un profitto”. Dopo questa prima parte di introduzione al marketing generale, i due autori si concentrano sull’argomento principale: il social marketing. Prendendo in analisi la forte crescita delle
  • 54. 54 agenzie e delle organizzazioni che in quegli anni si occupano di comunicazione sociale, i due autori introducono il tema del marketing sociale andandolo a definire come: “la progettazione, l’attuazione e il controllo dei programmi per influenzare l'accettabilità delle idee sociali attraverso la pianificazione del prodotto, del prezzo, della comunicazione e della distribuzione”. Da subito nel testo si può notare quindi come le “4p” di McCarthy del marketing commerciale siano riproposte anche per quello sociale. Infatti, basandosi sulle condizioni sin equa non imposte da Lazarsfeld e Merton (manipolazione, canalizzazione e integrazione) e sull’anailisi di Wiebe nella quale vengono analizzati i cinque cardini fondamentali per una campagna sociale (forza, direzione, meccanismo, adeguatezza e distanza), i due studiosi argomentano la propria tesi: l’adottabilità delle 4p del marketing commerciale (product, promotion, place e price) anche per il settore sociale. Per quanto riguarda il prodotto essi ipotizzano che come nel marketing commerciale anche in quello sociale i venditori debbano, studiando il proprio mercato di riferimento, progettare un prodotto appropriato: “essi devono ‘impacchettare’ l'idea sociale, in
  • 55. 55 modo che il loro target di riferimento abbia il desiderio dell’acquisto”. In merito alla promozione gli autori considerano che anche nel marketing sociale tale strumento sia efficace allo stesso modo di come lo sia nel marketing commerciale, allo scopo di far diventare il “prodotto” familiare, accettato e costantemente desiderato. Gli strumenti della promozione che considerano più rilevanti sono l’advertising, la vendita personale e la vendita promozionale. Attribuiscono invece alla mancata attenzione verso lo strumento della distribuzione la causa principale del fallimento di diverse campagne sociali. Essi pensano che troppo spesso le persone che lavorano nel sociale sottovalutino i canali distributivi che vengono, per questo motivo, posizionati in zone non concordi con la problematica in oggetto risultando poco incisivi. Per questa ragione gli autori affermano che le stesse attenzioni che sono date nell’ambito commerciale alla distribuzione debbano essere trasportate anche nell’ambito sociale. Anche per quanto riguarda il prezzo, i due autori esprimono enorme interesse intorno a questa area che nel marketing sociale risulta avere un ruolo fondamentale,
  • 56. 56 dato che il prezzo non sarà solo quello monetario, ma soprattutto psicologico e sociale. 1.6.2 Testo 2: “Re-thinking and Re-tooling the Social Marketing Mix” di R. Gordon del 2011 Il testo di R. Gordon è introdotto da un breve inciso nel quale viene esposto come durante il World Social Marketing Conference del 2011, svolto a Dublino, gli studiosi Clive Blair-Stevens (direttore del Strategic Social Marketing) e Sue Nelson (direttrice settore marketing sociale di Kindred) hanno proposto di abbandonare le 4p applicate al marketing sociale perchè considerate, alla luce del nuovo scenario mediatico e tecnologico, uno strumento obsoleto. La platea, chiamata a votare per decidere se abbandonare o meno tale strumento, si è vista per la maggior parte in disaccordo e quindi le 4p sono state riconfermate come il migliore strumento di marketing per il settore sociale. Nel saggio l’autore, dopo una disamina della progressiva affermazione delle 4p nel marketing sociale, a partire proprio dall’articolo di P. Kotler e G. Zaltman sopra analizzato e poi confermato nel corso degli anni, afferma la
  • 57. 57 necessità di un ripensamento e riposizionamento delle 4p per il marketing sociale, considerando tale strumento inadatto al mercato attuale. In particolare lo studio individua tre punti di debolezza delle 4p applicate al settore sociale: l’interesse unico al breve periodo, la staticità e la conseguente non apertura ai nuovi media. Egli sostiene che con le nuove strategie ormai in uso (come le community online, i networking, la co-creazione, l’advocacy, il lobbing e molte altre), l’ampliarsi del marketing mix diventa indispensabile. R. Gordon considera che, come nel settore commerciale anche nell’ambito sociale, deve essere implementato un modello orientato maggiormente al consumatore. L’autore sostenendo questa tesi presenta un nuovo modello formato da cinque categorie: contesto, organizzazione/competizione, costi, processo e canali/strategie. Queste classi sono tutte in funzione della sesta categoria, quella principale e più rilevante, il consumatore. L’autore conclude il saggio dichiarando un’aperta speranza nei confronti dell’ampliarsi del dibattito che potrà portare al cambiamento definitivo del marketing mix nel settore sociale.
  • 58. 58 Figura: 1.11 Proposta del modello di marketing mix di R. Gordon per il marketing sociale
  • 59. 59 1.6.3 I due testi a confronto: conclusioni Analizzando i due testi si nota immediatamente come l’argomento maggiormente dibattuto sia quello legato all’operatività del marketing sociale. È chiaro come nella comunità scientifica ci sia accordo sulla definizione, sulle aree di interesse nonché sulla questione etica della materia, mentre non c’è omogeneità di pensiero in merito agli strumenti della disciplina. Da una parte, P. Kotler e G. Zaltman affermano che l’unico ed efficace marketing mix sia quello direttamente derivato dall’ambito commerciale (le 4p), mentre R. Gordon, avendo uno sguardo sull’attuale evoluzione dei mercati, propone un ripensamento e una ristrutturazione delle tecniche e degli strumenti utilizzati andando a dare maggior rilievo al consumatore. Si potrebbe pensare, dato che il primo saggio analizzato risale a quaranta anni fa, che i due autori (P. Kotler e G. Zaltman) ad oggi abbiano modificato anche loro la propria visione a favore di una posizione maggiormente orientata al consumatore. Eppure, andando ad analizzare il più recente
  • 60. 60 testo di Kotler46, questa possibilità viene esclusa, dato che notiamo come egli stesso riproponga (anche se integrando i nuovi strumenti) come marketing mix del settore sociale: il prezzo, il prodotto, la distribuzione e la promozione. Questo tipo di dibattito non investe solo il settore sociale, bensì tutto il mondo del marketing. Attualmente gli autori che si schierano per un rinnovamento degli strumenti rispetto al marketing tradizionale sono innumerevoli. Termini come marketing non convenzionale, prosumer e crowdfunding stanno prendendo sempre più piede. È ormai evidente che lo scenario stia lentamente mutando a favore di un orientamento in cui le pratiche di marketing sono sempre più slegate da schemi fissi e diventano sempre più personalizzate per ogni piccola nicchia di mercato. Da questo mutamento in atto, a mio avviso, non può sottrarsi la branca del marketing sociale, che come ogni altro settore, dovrà reinventarsi in nuove tecniche e pratiche più orientate al consumatore. 46 Kotler P., Lee N., (2015) Social Marketing: Changing Behaviors for Good, SAGE Pubblication p.234
  • 61. 61 Capitolo 2 L’epatite C 2.1 Che cos’è L’epatite C, in passato conosciuta come epatite non-A non-B47, è una malattia infettiva del fegato causata da un virus (HCV) appartenente al genere Hepacivirus della famiglia dei Flaviviridae. L’infezione il più delle volte decorre in maniera asintomatica o presenta sintomi vaghi e aspecifici; quando questi sono presenti sono caratterizzati da dolori muscolari, nausea, vomito, febbre, spasmi addominali e ittero (colorazione gialla di sclere e cute). I sintomi si possono presentare prevalentemente dopo diversi mesi dall’infezione. Circa il 20% delle persone infette guarisce autonomamente, mentre il restante 80% di chi contrae il virus ha a che vedere con una patologia di media/lunga durata che può condurre alla cirrosi epatica48: una malattia cronica del fegato causata da 47 http://sieropositivo.it/area-mst/epatite-c.html 48 http://www.salute.gov.it/portale/salute/p1_5.jsp?id=118&area=Malattie _infettive
  • 62. 62 un’infiammazione che implica la trasformazione del suddetto organo in un tessuto fibroso con cicatrici che nei casi più gravi può portare all’insufficienza epatica, al tumore del fegato e al decesso49. La principale causa di trasmissione del virus dell’epatite C è attraverso il contatto di sangue infetto: rapporti sessuali non protetti, scambio di lamette, siringhe, utilizzo di strumentazioni mediche o estetiche non sterili ecc. Ad oggi la condivisione di aghi o siringhe, insieme alla trasmissione sessuale, rimangono i fattori di rischio contagio più elevato, segue, anche se in maniera molto meno incisiva (5% dei casi), la trasmissione verticale da madre a figlio50. Dato che in molti soggetti i sintomi del virus non si presentano con una sintomatologia ben definita, la diagnosi dell’epatite C rimane molto difficoltosa e si affida soprattutto agli esami del sangue a volte effettuati per tutt’altra esigenza, come ad esempio screening per donazione, per intervento chirurgico o atri. Per questa difficoltà oggettiva di identificare i sintomi del 49 http://www.cirrosi.com/ 50 http://www.salute.gov.it/portale/salute/p1_5.jsp?id=118&area=Malattie _infettive
  • 63. 63 virus nel breve periodo; l’epatite C può persistere per anni o decenni prima che venga diagnosticata51. Come afferma Carlo Federico Perno, docente di Virologia, Direttore della Scuola di Specializzazione in Microbiologia e Virologia, dell’Università Tor Vergata di Roma, per risolvere questo problema e intervenire sulla salute di molte persone affette da HCV, ma nelle quali ancora non si sono palesati i sintomi, basterebbe “un semplice screening, in cui, oltre al classico test per il diabete, il colesterolo, e l’anemia, si aggiungesse anche il test HCV, che permetterebbe di diagnosticare prima l’infezione, e prevenire al meglio le sue conseguenze”52. Attualmente, la mancanza di un vaccino per questo tipo di virus fa si che la prevenzione dall’epatite C poggi esclusivamente sull’interruzione della catena di contagio basandosi sulle misure preventive generiche e aspecifiche che hanno l’obiettivo di eliminare o ridurre la trasmissione. Allo stesso tempo però negli ultimi anni sono stati studiati e messi a punto alcuni farmaci molto efficaci capaci di 51 http://www.curareilfegato.it/malattie-del-fegato/epatite-c/#1 52 http://www.quotidianosanita.it/scienza-e farmaci/articolo.php?approfondimento_id=1936
  • 64. 64 debellare totalmente l’HCV in sole 12 o al massimo 24 settimane con tassi di guarigione del 90-100%. Questo tipo di farmaci tuttavia non sono ancora reperibili per la totalità dei pazienti affetti dal virus dato che la loro produzione e la loro distribuzione hanno costi molto elevati53. 2.2 Epidemiologia Stando alle stime del Ministero della Salute nel mondo gli individui infetti da epatite C sono circa 150 milioni, si stima quindi che circa il 3% della popolazione mondiale è colpita dal virus54. La diffusione a livello globale però non è omogenea: la maggioranza di coloro che contraggono l'infezione risiede nei Paesi asiatici (Taiwan, Mongolia, Pakistan), nell'Africa subsahariana (Camerun, Burundi, Gabon) e nel Mediterraneo orientale (L’Egitto è il paese al mondo con la più alta prevalenza: 9% nelle aree urbane, fino a raggiungere il 50% in alcune aree rurali)55. 53 http://www.senzalac.it/pdf/EPAC%20WEB.pdf 54 http://www.salute.gov.it/portale/salute/p1_5.jsp?lingua=italiano&id=11 8&area=Malattie_infettive 55 http://www.quotidianosanita.it/scienza-e farmaci/articolo.php?approfondimento_id=1936
  • 65. 65 Nell’Europa occidentale la presenza del virus è stimata al 0,4-3% ed è più alta nell’est Europa56. Di seguito l’immagine elaborata dal CDC (Centers for Disease Control and Prevention) ci mostra l’espansione su scala globale del virus. Figura: 2.1 epidemiologia su scala globale del virus dell’HCV rilevamenti di CDC (Centers for Disease Control and Prevention), 2013. Ad ogni modo calcolare il numero esatto di persone affette dal HCV è molto difficile dato che esiste un enorme 56 http://www.epatitec.info/default.asp?id=743
  • 66. 66 sommerso dovuto alla latenza clinica del virus che impedisce una diagnosi in tempi utili57. 2.2.1 Epidemiologia in Italia Secondo le stime, si pensa che al momento in Italia gli infetti dall’HCV siano più di un milione58. Prendendo in considerazione i dati SEIEVA (Sistema Epidemiologico Integrato dell'Epatite Virale Acuta) la percentuale di soggetti nel nostro paese portatori del virus dell’epatite C varia in maniera consistente in base alla distribuzione geografica, all’età e al sesso. Figura: 2.2 Tassi annuali/100.000 per tipo di epatite, età, sesso ed area geografica. SEIEVA 201459. 57 http://www.quotidianosanita.it/scienza-e 58 http://www.epatitec.info/default.asp?id=743 59 http://www.iss.it/binary/seie2/cont/SEIEVA_Tassi_2014.pdf
  • 67. 67 Esiste una forte discrepanza nella diffusione del virus fra il nord-centro e il sud-isole: nel nord-centro c’è un’incidenza dello 0,25% mentre nel sud-isole l’incidenza si abbassa a 0,14%. Inoltre, possiamo notare che il sesso maggiormente colpito dal virus è quello maschile con una differenza sul totale di ben cinque punti percentuali, mentre la fascia d’età maggiormente colpita è quella che va dai trentacinque ai cinquantaquattro anni di età. Prendendo in considerazione invece i dati ISTAT relativi alle principali cause di morte in Italia (figura 2.3) possiamo renderci conto di come il numero di decessi direttamente connessi al virus dell’HCV (evidenziati in giallo) siano molto estesi. Oltre ai decessi direttamente congiunti alla totalità delle epatiti virali (epatite A, epatite B, epatite C, epatite Delta ed epatite E60), che comunque complessivamente hanno un tasso più elevato del virus dell’HIV (che per anni è stata considerata una vera e propria piaga sociale); il dato che risalta maggiormente è quello legato alle morti per “tumori maligni del fegato”, che nella maggior parte dei casi sono direttamente connessi al 60 http://www.epicentro.iss.it/problemi/epatite/epatite.asp
  • 68. 68 decorso dell’HCV61. Questo dato avendo un tasso di 1,55% sul totale, con più di 10.000 casi, è uno di quelli più elevati di tutta la lista: quindi una delle cause di morte attualmente più incidente sullo scenario italiano. Figura: 2.3 Lista delle principali cause di morte per i decessi in Italia. Rango per frequenza assoluta con corrispondente numero di decessi e tassi standardizzati per età, valori per 10.000 abitanti, per genere, ISTAT anno 2012 – adattamento A. Consiglio (2016). 61 http://www.curareilfegato.it/malattie-del-fegato/epatocarcinoma/#3
  • 69. 69 2.3 Trend futuri Come riportano le ultime rilevazioni tenute dalla SEIEVA (figura 2.4) negli ultimi anni si sta riscontrando un progressivo e costante rallentamento della diffusione del virus dell’epatite C e in generale di tutte le epatiti virali. In particolar modo prendendo in considerazione l’epatite A (linea blu) e l’epatite C (linea rossa) notiamo come nell’arco temporale di circa trenta anni (dal 1983 al 2014) l’incidenza percentuale sia diminuita drasticamente. Figura: 2.4 Tassi di incidenza per 100.000 abitanti delle epatiti virali acute, per anno; SEIEVA 1985-2014 in Italia62 62 http://www.epicentro.iss.it/problemi/epatite/EpidemiologiaItalia.asp
  • 70. 70 Questa costante diminuzione della diffusione delle epatiti virali, sia a livello nazionale che globale, è dovuta ad una serie di cause. In particolare: migliori condizioni economiche che hanno comportato un innalzamento del livello igienico generale; una costante riduzione dei nuclei familiari e quindi un abbassamento della circolazione del virus a livello intra-familiare; l’introduzione di importanti norme di prevenzione a livello internazionale nell’ambito sanitario; (e soprattutto) una maggiore conoscenza e consapevolezza del rischio di trasmissione dovuto in gran parte alle molteplici campagne di comunicazione sociale sviluppate negli ultimi anni63. Oltre a queste leve, che probabilmente continueranno ad influenzare in positivo lo scenario futuro, quello che è ad oggi l’argomento che interessa maggiormente gli addetti ai lavori, la comunità scientifica e il mondo dei pazienti e che avrà forti conseguenze sull’epidemiologia dell’epatite C, è l’introduzione dei nuovi farmaci. Al “The Liver Meeting” il congresso annuale dell’American Association For The Study of Liver Disease 63 http://www.epicentro.iss.it/problemi/epatite/EpidemiologiaItalia.asp
  • 71. 71 tenutosi dal 12 al 18 novembre 2015 a San Francisco, sono stati presentai per la prima volta i risultati di diversi studi (dell’azienda farmaceutica Msd) che hanno provato definitivamente l’efficacia della combinazione di due molecole (gazoprevir/elbasvir) sui pazienti affetti da cirrosi e infezione da HCV. Grazie a queste innovative molecole il virus nel 90-100% dei casi è stato estirpato, tanto che i farmaci hanno ottenuto immediatamente l’autorizzazione al commercio dal FDA (l’ente americano per il controllo dei medicinali) e successivamente dall’EMA (l’ente europeo dei farmaci). Stiamo parlando di una terapia altamente innovativa e singolare che nell’arco di 12 settimane debella completamente il virus in pazienti affetti da anni. Tuttavia esiste un impedimento dovuto ai costi: un trattamento per HCV di questo tipo comporta alle casse dello stato un esborso di 30.000 euro a paziente. Al momento, il governo come afferma il Professor Antonio Craxì, Ordinario di Gastroenterologia all’Università degli Studi di Palermo: “ha stanziato per i prossimi anni circa un miliardo di euro per utilizzare i nuovi farmaci” cifra comunque “esigua per poter curare tutti i malati”. Per questo lo stato ha deciso di fornire la terapia
  • 72. 72 momentaneamente solo ai malati più gravi64. Tutto ciò ha comportato forti malcontenti nel mondo dei pazienti al quale hanno dato voce le principali associazioni: “vi pare giusto che la mia condizione di salute si debba aggravare per potermi curare con farmaci innovativi, sicuri, e con pochi effetti collaterali?65”. Al di là dei costi e delle possibili problematiche legate alla distribuzione nelle aree dove il virus è maggiormente presente, l’introduzione di questa nuova cura, come afferma il Professor Carlo Federico Perno: “potrebbe eradicare nel giro di pochi anni completamente il virus cosi come è stato fatto per la poliomelite66”. A fronte di questo nuovo scenario che si sta palesando, bisogna analizzare il futuro dell’epidemiologia dell’epatite C non tanto in ambito medico, dato che la cura è stata ottimizzata, ma più che altro in ambito economico e politico. Ad ogni modo quello che si prospetta per il futuro 64 http://www.panorama.it/scienza/salute/epatite-c-ecco-i-nuovi-farmaci- che-guariscono-completamente-dal-virus/ 65 Gardini I., (2015) “Farmaci epatite C: La nostra battaglia per garantire l’accesso a tutti parte dai numeri”, in Epac notiziario n 21, anno 9 p.9. 66 Ibid
  • 73. 73 è uno scenario in cui i tassi di incidenza del virus dell’HCV saranno sempre più tendenti allo zero. 2.3.1 Intervista – Dottor Ivan Gardini – Presidente Epac Al fine di avere uno sguardo d’insieme il più completo possibile sulla diffusione attuale e futura dell’epidemiologia dell’epatite C e sulla situazione corrente dei nuovi farmaci, è stato intervistato il dottor Ivan Gardini, fondatore e presidente del comitato e dell’associazione Epac ed attualmente considerato uno dei massimi esperti dei problemi socio-sanitari dei pazienti con epatite C in Italia. Il dottor Gardini è di frequente invitato a convegni, tavole rotonde, seminari e interpellato dai Media e Istituzioni per illustrare le numerose problematiche cui soffrono i portatori dell’epatite e dare così voce ai malati67. 67 L’autore A. Consiglio nel corso della ricerca ha intervistato il dottor Gardini in merito allo scenario epidemiologico in Italia. Intervista effettuata in data 19/02/2016.
  • 74. 74 -Se si avessero le risorse necessarie per distribuire i nuovi farmaci alla totalità dei pazienti affetti da HCV, si potrebbe realmente prospettare una completa eradicazione del virus nel giro di pochi anni? “La risposta è no. Possiamo parlare di totale eliminazione dell’HCV nei casi noti ed eleggibili a un trattamento antivirale. Che, in sé, sarebbe già un traguardo enorme. L’eradicazione presupporrebbe che tutti i casi, anche quelli non noti, ovvero il sommerso di persone infette tuttora inconsapevoli, dovrebbero essere scoperte tramite screening e curate, inclusi i tossicodipendenti in fase attiva, e gli extracomunitari senza permesso di soggiorno. L’eradicazione del virus comunque non è esclusa, ma ci vorrebbero diversi anni per una cosa del genere”. - Stando al quadro politico e farmacologico attuale come immagina lo scenario epidemiologico dell'epatite C da qui a dieci anni? “Più che immaginare, mi auguro che tutti i casi noti siano stati già stati curati e sia iniziata un’attività di screening
  • 75. 75 sistematica in base a un piano di eradicazione Ministeriale/Nazionale sul quale anche le regioni siano d’accordo e parte attiva. Che non è scontato, considerato che ci sono ventuno sistemi sanitari spesso diversi tra loro”. - In che modo la comunicazione può influire sul futuro dell’epidemiologia dell’epatite C? “Come nella maggior parte dei settori farmacologici/sociali, la comunicazione ha un ruolo enorme. I decision makers, soprattutto in Italia, prendono decisioni quasi sempre in base alla quantità di comunicazione che si produce su un determinato argomento. Inutile dire che tanto più è scabrosa una faccenda, tanto più impegno ci mettono per risolverla. Decida lei se perché ci credono davvero, o per attirare le simpatie degli elettori”. 2.4 Il ruolo delle campagne di comunicazione sociale Nel corso degli ultimi anni si è verificato quindi un continuo abbassamento dell’incidenza delle epatiti. Una
  • 76. 76 delle principali cause della determinazione di tale inversione di tendenza è stata la progressiva diffusione delle campagne di comunicazione sociale (capitolo 2.2). Infatti, la diffusione di queste tipologie di campagne ha avuto un’influenza particolarmente rilevante nel rendere gli individui maggiormente coscienti e consapevoli in merito alla diffusione del virus e quindi più responsabili nei comportamenti da adottare per una corretta prevenzione. Questo tipo di campagne possono far parte di un piano di marketing, ma in ogni caso fanno riferimento al più ampio e sfaccettato tema della “comunicazione sociale”. Le molteplici applicazioni e variabili di questa tematica hanno provocato una certa difficoltà da parte degli studiosi e degli esperti nel definire sistematicamente tale campo. Infatti nel corso degli anni, vari professionisti hanno offerto svariate definizioni, pur senza riuscire a trovarne una soddisfacentemente, esaustiva e condivisa. Ad esempio, Giovanna Gadotti, che da svariati anni si occupa di “comunicazione sociale”, dichiara che “una delimitazione univoca di questo campo non è stata e non è cosa facile”68. A 68 Puggelli R., Sobrero R., (2010) La comunicazione sociale, Carrocci p. 13.
  • 77. 77 tal proposito anche la studiosa Pina Lalli sostiene che ad oggi della comunicazione sociale si “danno molte definizioni, a seconda della prospettiva entro la quale si vuole collocare”69 , senza riuscire a trovare quella definitiva. Spesso inoltre si parla di “comunicazione sociale” facendo riferimento a tutto l’ambito della pubblicità sociale e/o campagne di pubblica utilità, e nel contesto italiano a pubblicità progresso senza fare quindi una distinzione fra gli strumenti e il concetto. La stessa P. Lalli evidenzia quanto la comunicazione sociale sia divenuta un'espressione "ombrello" non più riducibile alla sola pubblicità e ne propone quindi un approccio fenomenologico, attento a ciò che gli attori effettivamente fanno, e costruttivista, focalizzato sugli effetti di significato che la comunicazione sociale contribuisce a produrre70. Nonostante l’assenza di una definizione univoca e inequivocabile, è comunque possibile, in linea generale, denotare il prioritario oggetto di interesse della 69 Puggelli R., Sobrero R., (2010) La comunicazione sociale, Carrocci p. 13. 70 Lalli, P., Le sfide della comunicazione per la salute in "Comunicare la salute", a cura di M. Ingrosso, 2001, Franco Angeli: Milano. p. 41-58
  • 78. 78 comunicazione sociale: sensibilizzare il pubblico di riferimento rispetto ad un determinato problema e/o situazione71 . Della comunicazione sociale intesa come modus operandi se ne può servire ogni tipologia d’impresa e/o organizzazione: sia attraverso una comunicazione di tipo deliberato (strumenti di comunicazione), sia attraverso una comunicazione di tipo non deliberato (caratteristiche dell’offerta e comportamento del management), sia attraverso fonti esterne quali la stampa, i social network, gli opinion leader ecc.72 . Ai fini della presente trattazione, il tipo di comunicazione che maggiormente ci interessa è quella “deliberata”, che consiste in tutte le iniziative pianificate, rivolte ad un target prestabilito e con un obiettivo determinato. Per mettere in campo questo tipo di comunicazione sociale l’organizzazione o l’impresa adopera 71 Tosco E. (2008) “Il marketing sociale: Il marketing sociale: Che cos’è?” cura di DoRS, Centro di Documentazione per la Promozione della salute Seminario Marketing sociale e Comunicazione per la salute, Torino 72 Mattiacci A., Pastore A. (2013) Marketing il management orientato al mercato,Hoepli p.417.
  • 79. 79 vari strumenti e tecniche, tra cui il comunicato stampa, il sito web e l’advertising ecc. L’insieme di questi strumenti, in una concezione di marketing sociale, vanno a costituire quella che viene definita una campagna di comunicazione sociale. Il rapporto che intercorre fra comunicazione e marketing sociale, possiamo affermare, è di tipo funzionale, ovvero: ogni tipo di campagna di comunicazione sociale è in funzione di un più complesso piano di marketing, mentre non può essere vero l’inverso. In conclusione possiamo quindi dire che il ruolo della comunicazione sociale, all’interno di un più complesso piano di marketing sociale, risulta essere fondamentale e insostituibile per proseguire i molteplici fini di una strategia volta alla modifica dei comportamenti per il bene comune e/o individuale. Ad oggi sono molteplici gli esempi di campagne svolte per fini sociali, più o meno fortunate, portate avanti da tipologie differenti di organizzazioni e/o imprese. Nel capitolo successivo è riportato il caso di una campagna di marketing sociale; il caso del progetto “Senza la C”.
  • 80. 80
  • 81. 81 Capitolo 3 Case study Il caso “ Senza la C” Quello che di seguito sarà analizzato è il case study di una campagna di comunicazione di marketing sociale per la prevenzione e la sensibilizzazione del virus dell’HCV. La campagna è stata promossa da diverse associazioni di pazienti che per la prima volta, anche avendo target e finalità differenti, si sono riunite per la stessa causa: informare e sensibilizzare la propria popolazione di riferimento, le istituzioni e l'opinione pubblica. Importante è sottolineare che mai prima di questa iniziativa cosi tante e diversificate associazioni dei pazienti di livello nazionale si erano riunite per una causa comune. Questa, insieme ad altre caratteristiche e peculiarità che analizzeremo, ha reso l’iniziativa unica nel suo genere e di grande innovazione. Oltre alla volontà del mondo dell’associazionismo il progetto è stato reso possibile anche grazie ai patrocini di grande rilevanza ottenuti, ma soprattutto grazie alla sponsorizzazione non vincolante dell’azienda farmaceutica
  • 82. 82 Abbvie; una delle multinazionali più importanti per la ricerca, lo sviluppo e la commercializzazione di prodotti farmaceutici per l’epatite C. Il mandato per la progettazione e l’implementazione del progetto è stato invece conferito alla MediArt Srl; un’agenzia di comunicazione che nel settore del marketing strategico e della comunicazione legati all’ambito istituzionale e sanitario ha una esperienza ampia e consolidata. La MediArt Srl si è occupata quindi di tutto il processo di progettazione a partire dalle analisi di mercato, dalla strategia fino ad arrivare alle operatività del caso. Il ruolo dell’agenzia è stato di duplice importanza: da una parte ha messo in campo il proprio know how e gli strumenti di marketing più adatti e allo stesso tempo ha lavorato anche sulle attività strettamente comunicative facendo da tramite fra i vari player della campagna, assicurando ottimi rapporti di comunicazione con i tutti gli stakeholder.
  • 83. 83 3.1 MediArt Srl 3.1.1 L’azienda MediArt nasce nel 1995 come struttura di management artistico, produzione musicale e progettazione di eventi, in seguito dal 1998 l’attività si amplia orientandosi verso il marketing strategico e la comunicazione legati all’ambito istituzionale, con particolare riferimento a quello etico, sociale, medico e sanitario. La collaborazione costante con le principali aziende italiane leader di marcato e le maggiori istituzioni nazionali, la forte vocazione al marketing ed alla comunicazione, il know-how e le reti relazionali acquisite rendono oggi MediArt una struttura capace di coniugare visione strategica e capacità produttiva al fine di realizzare coerenti piani di comunicazione caratterizzati da soluzioni creative, flessibili e personalizzate, sviluppate in un’ottica di marketing mix orientato all’obiettivo e all’attenzione verso il rapporto qualità/prezzo. I mercati serviti dall’azienda sono vari, ma senza dubbio i più importanti sono quelli della Figura 3.1: logo
  • 84. 84 comunicazione e del marketing sociale riferiti alle aziende farmaceutiche e alle istituzioni. 3.1.2 Struttura aziendale La struttura presenta due dipendenti con contratto a tempo determinato o indeterminato più vari consulenti che costantemente collaborano con l’agenzia. Le sedi operative sono due: una a Roma in Viale Giuseppe Mazzini 119 e la seconda a Benevento in Viale degli Atlantici 65. Il fatturato con riferimento all’anno 2015 è di 980.685,21 euro. La struttura societaria è di tipo Srl (società a responsabilità limitata) con due soci dei quali il dottor Jean Pierre el Kozeh è maggioritario e rappresenta anche la figura di amministratore unico. L’azienda non presenta connessioni internazionali e verticalizzazioni particolarmente strutturate. 3.1.3 Product offering e performance Data la sua evoluzione nel corso degli anni, ad oggi i target di riferimento, ai quali l’azienda è maggiormente interessata, sono le aziende del settore farmaceutico e gli organi istituzionali. Tra i vari clienti dell’agenzia si possono
  • 85. 85 citare Farmindustria, Finmeccanica, Enel, Novo Nordisk, Novartis, Enervit, Eli Lilly, Sanofi, Menarini, Abbvie e molti altri. Per quanto concerne la tipologia dell’offerta essa si suddivide su quattro macro aree principali suddivise poi a loro volta in diverse operatività. La prima è riferita alla progettazione di attività per varie tipologie di campagne di comunicazione e organizzazione di eventi. La seconda interessa la formazione: settore in cui l’agenzia offre, grazie alla collaborazione con professionisti altamente specializzati, corsi ad hoc per il management delle grandi aziende che vogliono approfondire temi come il pubblic speaking, la relazione con i media e la leadership all’interno dell’aziende. Terza macro area è invece quella riferita al mondo digital in cui l’azienda offre professionalità e conoscenze di web marketing e social media, gestendo il web di diverse imprese e curando vari profili professionali. Ultima, ma non meno importante, che potremmo considerare al servizio delle precedenti aree, è quella che si occupa della produzione di video e grafica dalle quali prendono forma la maggior parte dei contenuti che sono poi sviluppati all’interno delle campagne. Quest’ultima
  • 86. 86 macro area analizzata può essere considerata il punto di forza dell’agenzia dato che possiede all’interno del proprio organico una pre e post produzione video e grafica con una forte propensione all’entertainment. Tale vantaggio è dovuto all’esperienza acquisita negli anni, dopo aver lavorato (e lavorando tutt’ora), per produzioni televisive e radiofoniche per le maggiori emittenti nazionali (Rai, Mediaset, Radio Italia ecc.). La società, essendo inserita in un contesto come quello della comunicazione istituzionale e/o sociale, ha molti competitor diretti rappresentati dalle molteplici agenzie di comunicazione presenti sullo scenario italiano; allo stesso tempo però, svolgendo un’attività altamente profilata, nel corso degli anni si è costruita sul campo una forte riconoscibilità e un consolidato posizionamento. Il brand Mediart (figura 3.1) infatti ad oggi è altamente riconoscibile nel suo mercato di riferimento e si posiziona in un contesto di premium market offrendo servizi dall’alto valore aggiunto, di grande professionalità e supportati da una decennale esperienza. Il tutto offerto ad un prezzo competitivo.
  • 87. 87 3.2 Il progetto “Senza la C” In questo capitolo saranno analizzate tutte le fasi che hanno portato alla realizzazione del progetto “Senza la C” da parte dell’agenzia di comunicazione Mediart. La progettazione della campagna iniziata nel 2014 sarebbe dovuta essere lanciata ad inizio 2015, ma, date le innumerevoli possibilità di ampliarne la portata e l’efficacia che si sono palesate nel corso della progettazione, si è deciso di spostare il lancio ad inizio 2016. Dato che questo slittamento ha comportato un completo restyling sia a livello grafico che strumentale ai fini di una più completa trattazione del caso, il capitolo è stato suddiviso in due sezioni: la prima che prenderà in considerazione il progetto dal 2014 al 2015 e la seconda dal 2015 al 2016, quindi alla sua presentazione. 3.2.1 I Fase: 2014-2015 “L’epatite C lega” Il contesto Il contesto nel quale si è cominciato a ragionare sull’ipotesi di progettare una campagna di sensibilizzazione
  • 88. 88 sull’epatite C non era molto differente da quello mostrato nel capitolo due. I dati derivati dallo studio dello scenario dell’epidemiologia dell’epatite C da una parte comunicavano che il virus era in regressione, ma dall’altra, calcolando le numeriche riferite ai decessi direttamente collegati al virus e guardando al tasso di infetti, indicavano che ci si trovava ancora di fronte a una vera e propria emergenza sanitaria. Inoltre dall’altro lato, la ricerca cominciava a consentire a coloro che avevano contratto l’HCV di migliorare notevolmente la propria qualità di vita e addirittura di guarire completamente. I player Dati i numeri della patologia, la sua l’incidenza e la possibilità dei nuovi trattamenti, ad inizio del 2014 tre associazioni dei pazienti decidono di voler realizzare una campagna di informazione sulla tematica in oggetto. Le tre Onlus in oggetto sono: AEL Onlus (Associaizione Emofilici Lazio), EPAC Onlus (Pazienti con Epatite e Malattie del Fegato) e PLUS Onlus (Persone LGBT Sieropositive Onlus). Esse trovano nell’agenzia di comunicazione MediArt Srl l’expertise che stavano cercando per sviluppare al meglio la
  • 89. 89 loro campagna di comunicazione. In particolare le azioni richieste all’agenzia furono: un’analisi dettagliata del mercato di riferimento, uno studio del target e la successiva implementazione di un efficace marketing mix. Grazie al lavoro dell’agenzia inoltre si è riusciti a sottoscrivere un contratto di sponsorship non vincolante con l’azienda farmaceutica Abbvie Srl, che ha coperto per intero tutti i costi. Il target La difficoltà maggiore nella definizione del target nella campagna in oggetto è stata quella di trovare un pubblico di riferimento univoco, dato che le tre associazioni dei pazienti differenziavano in maniera consistente riguardo ai propri obiettivi: AEL - associazione rivolta alle persone affette da emofilia (una malattia ereditaria comportante una grave insufficienza nella coagulazione del sangue) 73; EPAC - ente diretto all’aiuto di persone affette dalle epatiti virali e da malattie del fegato; PLUS - una fondazione che si prodiga nell’aiuto delle persone LGBT (lesbiche, gay, 73 http://www.assoemo.it/emofilia.html
  • 90. 90 bisessuali e transgender) che sono sieropositive (affette da HIV). Dopo un attento studio delle diverse realtà, si decretò che i pubblici di riferimento per la campagna fossero sei: dializzati e trapiantati, persone affette da epatite e malattie del fegato, emofilici, infetti da HIV, LGTB sieropositivi e tossicodipendenti. Il marketing mix Dato questo scenario molto eterogeneo la leva sulla quale l’agenzia andò a concentrarsi maggiormente fu quella del pericolo condiviso d’infezione da HCV e la conseguente battaglia a un male comune. Si lavorò quindi sul concept dell’“unione” tentando di individuare una proposta che rappresentasse adeguatamente questa filosofia. Da questo concetto si formulò il nome della stessa campagna “L’epatite C lega”, che avrebbe dovuto avere lo scopo di evidenziare come le realtà associative fossero si differenti, ma allo stesso tempo legate da un unico filo conduttore. Da questi concetti si formulò in seguito anche il marketing mix più adatto. Si propose la realizzazione di sei brochure (figura 3.1) con layout grafico simile che rimandasse all’idea dell’”unione/legame”, ma con contenuti specifici
  • 91. 91 per ogni associazione e quindi per ogni tipologia di pubblico. Le brochure, pieghevoli, rettangolari e a quattro ante, sarebbero state poi distribuite tramite i principali canali di distribuzione delle varie associazioni (presidi, sedi locali, centri di ascolto ecc.). Figura 3.2: esempi di proposte per due delle sei brochure progettate
  • 92. 92 Le altre leve alle quali si era pensato erano: un sito internet dedicato (www.lepatiteclega.it) associato con adeguati canali social (Facebook, Twitter, Google+ e Linkedin), la stesura di un comunicato stampa con conseguente attività di divulgazione su le maggiori testate nazionali e per ultimo un evento di presentazione istituzionale. Data però la successiva implementazione del progetto, tra la fine del 2014 e l’inizio del 2015, che ha portato ad un completo ripensamento e riposizionamento del progetto, le varie attività elencate furono completamente ripensate e rielaborate. Figura: 3.3 una fra le proposte di home page del sito web
  • 93. 93 3.2.2 II fase: 2015 – 2016 “Senza la C” Il 31 dicembre 2014 le tre associazioni di comune accordo decidono di spostare in avanti il lancio della campagna per due motivi principali: la concomitanza della presentazione con altre campagne con oggetto l’epatite C, e l’opportunità di potenziare la diffusione e la portata del progetto coinvolgendo altri player. In quest’ottica sono state coinvolte altre tre associazioni di pazienti di livello nazionale: ANED Onlus (Associazione Nazionale Dializzati e Trapiantati), NADIR Onlus (pazienti con HIV) e L’ISOLA DI ARRAN (Associazione impegnata nella lotta al disagio e all’emarginazione sociale legate al mondo della droga). Inoltre, l’associazione AEL Onlus ha trasferito il suo coinvolgimento direttamente all’associazione nazionale FEDEMO che ha perciò sostituito la realtà regionale. Il coinvolgimento delle altre tre associazioni di pazienti ha comportato una fase di condivisione del lavoro fino ad allora svolto e la revisione dell’impostazione iniziale.
  • 94. 94 I player Ufficialmente, con l’ingresso delle altre tre associazioni, si hanno per la prima volta nella storia del mondo dell’associazionismo sei realtà di livello nazionale molto differenti per finalità e target al lavoro sugli stessi interessi e obiettivi. Di seguito analizziamo singolarmente le sei associazioni: ANED Onlus nasce nel 1972 dalla volontà di Franca Pellini affinché in Italia tutti potessero fare dialisi. Affiancando lo sviluppo della Nefrologia, conquista numerosi diritti soci sanitari per questi malati. Nel 1993 ANED viene insignita di Medaglia d’Oro al Merito della Sanità Pubblica. In Italia ci sono circa tre milioni di persone con una malattia renale iniziale, oltre 50.000 malati in dialisi, 9.000 pazienti in lista di attesa di trapianto d’organi e circa 30.000 trapiantati d’organo. Oggi l’obiettivo di Aned è una nuova frontiera: quella di impedire l’insorgere della malattia con la prevenzione e garantire ai malati la guarigione. Aned da oltre quaranta anni affronta Figura: 3.3 logo Aned
  • 95. 95 quotidianamente i problemi dei malati di reni sul territorio nazionale attraverso i suoi 20 Comitati Regionali e oltre 500 delegati presenti negli ospedali74. EPAC Onlus è di fatto il gruppo no profit più attivo in Italia nel fornire assistenza informativa ai pazienti e familiari sulle malattie del fegato, sull’epatite virale ed in particolare sull’epatite C. Svolge attività di counselling, informazione, prevenzione e offre il suo contributo alla ricerca. Nel corso degli anni si sono aggiunti diversi professionisti al team di Epac: medici specialisti nelle malattie del fegato, avvocati, nutrizionisti e professionisti del settore che consentono di offrire a migliaia di pazienti risposte concrete ai loro bisogni. Epac Onlus promuove in Italia le attività della Giornata Mondiale dell’Epatite, in quanto membro dell’ELPA, uno dei 7 membri della World Hepatitis Alliance. L’Associazione può 74 http://www.aned-onlus.it/pagina.aspx?ida=1 Figura: 3.4 logo Epac
  • 96. 96 contare su personale che lavora a tempo pieno, su numerosi volontari ha circa 40.000 iscritti 75. FEDEMO Onlus è una Organizzazione non Lucrativa di Utilità Sociale legalmente costituitasi nel 1996. Dal 2013 è anche Associazione di Promozione Sociale (APS) ufficialmente riconosciuta e con personalità giuridica propria. La Federazione delle Associazioni Emofilici Onlus è l’Organismo nazionale che riunisce tutte le trentadue Associazioni territoriali che nel nostro Paese tutelano i bisogni sociali e clinici delle oltre 8.000 persone affette da Malattie Emorragiche Congenite (MEC) e delle loro famiglie. La Federazione persegue gli obiettivi definiti dal proprio Statuto, tra cui: informare, educare, promuovere e coordinare tutte le attività volte al miglioramento dell'assistenza clinica e sociale degli emofilici in Italia e al potenziamento della ricerca scientifica e della terapia genica nel settore delle malattie 75 http://www.epac.it/l'associazione/default.asp?id=866 Figura: 3.5 logo Fedemo
  • 97. 97 emorragiche congenite (MEC), stimolare e sostenere i centri per l'Emofilia, rappresentare le istanze e i bisogni della comunità degli emofilici italiani e molti altri76. ISOLA DI ARRAN nasce nel 1996 intorno all’esperienza del giornale di strada “Polvere” e del gruppo di auto – mutuo - aiuto autogestito “Fluxo”. Nello statuto dell’associazione è riproposta la volontà di lavorare nel campo delle persone che usano sostanze e del disagio, perseguendo e promuovendo la metodologia del proprio intervento: il sostegno tra pari. L’associazione da febbraio 2014 partecipa al progetto HepC Initiative nell’ambito della rete europea Correlation Network che termina ad ottobre con la “I° Conferenza europea su HCV e uso di droga” di Berlino. L’esperienza maturata in ambito europeo fa nascere il progetto Peer Support EpC. In seguito si è passati alla realizzazione del vero e proprio peer support nei servizi a 76 http://fedemo.it/cat/chi-siamo/storia-della-federazione/ Figura: 3.6 logo Isola di Arran
  • 98. 98 bassa soglia e nei Ser.D. ubicati nei territori delle ASL cittadine e limitrofe, azione che continua ancora oggi77. NADIR Onlus è un'associazione patient - based fondata nel 1998 e promuove un ruolo attivo e pienamente partecipativo delle persone con HIV/AIDS e patologie correlate (Epatite C, Epatite B, HPV, ecc.) nelle decisioni ad ampio raggio che le riguardano (ossia cliniche, assistenziali, istituzionali, sociali), intervenendo direttamente con le istituzioni, con il mondo scientifico in senso lato (clinici e ricercatori di base), con il settore privato e ovunque laddove si ritene necessario. Lo spirito che anima l’operato dell’associazione è che “un paziente informato” è di aiuto a se stesso, alla comunità scientifica ed alla società: creare le basi culturali per un dialogo alla pari tra le parti, secondo i rispettivi ruoli, è dunque cruciale. Tutte le attività dell’associazione sono volte al raggiungimento delle finalità istituzionali e sono da 77 https://isoladiarran.wordpress.com/chi-siamo/ Figura: 3.7 logo Nadir
  • 99. 99 ritenersi attività di utilità sociale al servizio delle persone sieropositive78. PLUS Onlus è un'associazione di persone LGBT (lesbiche, gay, bisex e trans) che vivono con HIV e persegue finalità di solidarietà sociale nella lotta contro l’HIV/AIDS, attivandosi in ambito bio – psico - sociale, nella informazione, formazione, istruzione e assistenza nella riduzione di ogni tipo di discriminazione in riferimento all’HIV. Con la creazione del BLQ Checkpoint, il primo centro italiano community based, l'associazione è oggi attiva in prima linea nella promozione del test rapido per HIV e HCV. Inoltre Plus Onlus è la prima associazione in Italia che fornisce un numero verde al quale persone LGBT che vivono con l’HIV possono avere risposte immediate a dubbi di qualsiasi tipo: possono chiamare persone HIV-negative per un aiuto nella valutazione di un comportamento a rischio oppure persone con HIV che 78 http://www.nadironlus.org/?page_id=1304 Figura: 3.8 logo Plus
  • 100. 100 vogliano condividere esperienze legate alla loro sieropositività. Inoltre combattono contro la discriminazione verso le persone con HIV e soprattutto per la promozione dei comportamenti sessuali più sicuri79. Il target Ancor di più con l’ingresso delle altre tre associazioni (anch’esse con target molto differenti fra loro: ANED - Dializzati e Trapiantati, NADIR - affetti HIV, L’ISOLA DI ARRAN - tossicodipendenti) si è avuta un’ulteriore dilatazione del pubblico di riferimento della campagna. Per questo motivo è stato deciso di continuare a lavorare su un marketing mix differenziato per i diversi pubblici. Allo stesso tempo, una volta riuniti i rappresentanti delle diverse associazioni, si è deciso, dato l’evolversi dello scenario farmacologico all’inizio del 2015 il quale dava sempre risultati più positivi in merito al trattamento anti HCV, di spostare il focus della campagna dal concetto di “unione” per una lotta comune all’epatite C al concetto di “unione” per la cura dall’epatite C. Dato questo presupposto 7979 http://www.plus-onlus.it/chi-siamo/