Il 68 "rivoluzionario" nelle scuole legnanesi - di G. Marazzini
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Il 68’ “rivoluzionario” nelle scuole legnanesi.
Una esperienza di crescita umana e politica.
di Giuseppe Marazzini
Il 1968 è stato l’anno in cui una moltitudine di persone, giovani e meno giovani,
prese coscienza che il sistema di dominio politico era marcio e che l’unità dei
discriminati e subalterni (operai, contadini, studenti, donne, intellettuali e
migranti dal sud) poteva determinare un radicale cambiamento nel sistema di
potere in Italia, passando da un sistema politico dominato da poteri occulti ad
una democrazia diretta del popolo. Fu una scossa che, oltre l’Italia, investì diversi
paesi nel mondo.
Il movimento sessantottino era alla ricerca di nuovi linguaggi e di un nuovo
sapere, era di sinistra con tanti cattolici, comunisti eretici senza partito ed
anarchici. Era un movimento non maggioritario, ma, ciò nonostante, ha saputo
incidere concretamente, con le proprie azioni di lotta, sulla struttura gerarchica
ed autoritaria che governava il Paese.
Era aspramente critico verso la borghesia, rappresentata dal partito della
Democrazia Cristiana e contro la “maggioranza silenziosa” di impronta
fascistoide, era contro l’imperialismo americano ed era per l’antifascismo
militante. Il movimento, in generale, era molto critico anche verso il Partito
Comunista Italiano per il suo essere conservatore e rinunciatario verso la lotta di
classe, sordo ai nuovi bisogni giovanili e sottomesso all’Unione Sovietica.
A riguardo, il punto di vista del PCI lo si può ritrovare nella conclusione di un
articolo apparso su Rinascita il 23 giugno 1967 a firma di Giorgio Manacorda:
“...risolvere il problema del rapporto tra giovani e partito partendo da un’analisi
sincera e benevola (perché questi sono i giovani d’oggi e con questi bisogna fare i
conti) delle nuove generazioni, perché solo da questo può scaturire per il partito e
per la Federazione giovanile una valida proposta organizzativa e politica. Perché
di questo si tratta: riuscire ad organizzare i giovani, a far loro capire che solo la
forza organizzata può cambiare il mondo.”
La questione che il PCI non aveva ben capito era che i giovani “non volevano
cambiare il mondo come si cambia un vestito, ma volevano cambiare il sarto”.1
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La conferma della chiusura del PCI verso coloro che chiedevano più democrazia e
partecipazione nelle decisioni fu la radiazione dal partito del gruppo de “il
manifesto” nel 1969.
Tantissimi giovani del movimento erano attratti dalla rivoluzione cubana e dal
mitico comandante Che Guevara. La mia scelta di schierarmi a sinistra non fu
ideologica, bensì dettata da fatti precisi, a cominciare dalla strage fascista
compiuta a Milano il 12 dicembre 1969 pressa la banca dell’Agricoltura di piazza
Fontana. Dopo questa strage e il tentativo nel dicembre 1970 di golpe militare,
organizzato da Junio Valerio Borghese con il sostegno di apparati stranieri, si aprì
una stagione di violenza politica inaudita che attraversò l’Italia per circa
trent’anni.
Fatti che non conoscevo
Il 1° marzo 1968 migliaia di studenti si scontrarono con la polizia nel tentativo di
occupare la facoltà di architettura di Valle Giulia a Roma.2
Il 4 aprile 1968, a Memphis (Tennessee, Stati Uniti), venne assassinato Martin
Luther King, leader del movimento dei diritti civili degli afroamericani; prima
ancora, nel 1965, venne assassinato Malcom X. Ad agosto 1968, le truppe del
Patto di Varsavia e i carri armati sovietici soffocarono il tentativo degli operai e
del popolo di Praga di attuare riforme democratiche in Cecoslovacchia.3
Io, nel 1968, avevo vent’anni e da quasi 5 anni lavoravo presso la Mario Pensotti
caldaie di Via XXIX maggio a Legnano. Di quel periodo mi sono rimasti impressi la
forte solidarietà e complicità di noi ragazzi apprendisti, che ci ha permesso di
resistere alla dura disciplina di fabbrica e il trattamento discriminatorio nei
confronti dei manovali meridionali considerati i “servi” degli operai specializzati.
Non seguivo la contestazione studentesca, né conoscevo l’impegno di Martin
Luther King a favore dell’integrazione sociale e politica degli afroamericani. Ero
più interessato ai bombardamenti USA sul Vietnam che seguivo guardando i
telegiornali. Parteggiavo per gli americani e non poteva che essere così. In
famiglia e in cortile non si finiva mai di raccontare che, se non ci fossero stati gli
americani ad aiutarci nel dopoguerra, saremmo morti di fame. Era un argomento,
però, che non mi convinceva. In verità io parteggiavo per gli americani perché
avevo ancora negli occhi e nelle orecchie le cariche del 7° cavalleria
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all’inseguimento degli indiani, scena ripetuta infinitamente in decine e decine di
film western visti all’oratorio. Era una scena che faceva scoppiare il finimondo in
sala, tutti in piedi ad inneggiare per il 7° cavalleria.
Quando “scoppiò” il ‘68 ero un soldato di leva. Iniziai la mia esperienza di soldato
semplice presso una caserma nelle vicinanze di Savona, era il mese di febbraio.
Ad aprile venni trasferito a Cecchignola-Roma per un corso di meccanico
specializzato e lì rimasi fino ai primi giorni di agosto. Alla fine del corso venni
trasferito a Cervignano del Friuli, in una delle tante caserme messe a guardia del
confine nord-orientale. Erano caserme permanentemente in “stato di allerta” per
presunte tensioni presenti al confine italo-jugoslavo.4
Nell’attesa che succedesse qualcosa e svolgendo mansioni tecniche in ufficio
trovai il tempo di dedicarmi alla lettura. Allora leggevo classici della letteratura di
autori francesi e russi.
Le notizie di quanto succedeva al di fuori dalle caserma erano scarsissime e la
ristrettezza economica non permetteva l’acquisto di giornali o riviste di
informazione. La mia esperienza in divisa militare terminò nel mese di maggio
1969.
A settembre dello stesso anno venni assunto alla Montecatini-Edison di
Castellanza e nello stesso mese mi iscrissi al 1° anno del corso di geometra serale
presso l’Istituto Dell’Acqua di Legnano, istituito proprio in quel periodo.
Il lavoro in una grande azienda e la ripresa degli studi concorsero positivamente
alla mia formazione culturale, politica e professionale. Il mio 68’ iniziò con la
conoscenza del docente di letteratura e storia, che, fin dal primo anno rivoluzionò
il metodo di apprendimento della lingua italiana e della storia. Nel biennio che
seguì introdusse un ciclo di lezioni di storia dell’arte: riteneva che fosse
inconcepibile che dei futuri geometri non conoscessero un po’ di storia dell’arte,
solo per il fatto che nella programmazione ministeriale era una disciplina non
contemplata. Ci convinse a leggere un romanzo a scelta con presentazione e
discussione in classe con cadenza trimestrale, il sabato pomeriggio nelle ore di
Italiano e Storia. Ci fece conoscere gli scritti di Don Milani, i romanzi di Erich Maria
Remarque e incontrare personalità impegnate nelle battaglie dei diritti civili.
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Ad esempio, ricordo Elvio Fachinelli, medico e neuropsichiatra, fondatore con Lea
Melandri della rivista “Erba Voglio” (1971-1977), pubblicazione centrata sulle
pratiche non autoritarie nella scuola. Dopo questo incontro cominciai a curiosare
sull’attività pedagogica di Mario Lodi. L’insegnante ci dotò di una antologia
italiana molto bella e piuttosto impegnativa per una classe per lo più formata da
operai con un curriculum formativo un po’ debole. La mia formazione scolastica,
come quella di molti dei miei compagni, si era fermata alla terza avviamento
professionale. Pochi altri avevano una maggiore preparazione tecnica, per aver
frequentato corsi al Bernocchi. L’Antologia si intitola “Gli Argomenti Umani”, a
cura di Franco Fortini e Augusto Vegezzi.5
Un’antologia in cui, tra importanti autori italiani e stranieri nelle varie discipline,
trova spazio la Resistenza con scritti di Alcide Cervi, papà di sette figli uccisi dai
fascisti, e di Giovanni Pesce, comandante partigiano. Fu per me uno strumento di
formazione che ritengo tuttora valido e che conservo nella mia biblioteca. La
maggior parte dei compagni della mia classe, di età tra i 16 e i 30 anni, era a
digiuno dei fatti europei e mondiali.
Proprio negli anni della contestazione studentesca si intensificò la dittatura dei
“colonnelli” in Grecia (‘67-’74), la dittatura militare in Brasile (’64-84’), il golpe
militare del generale Pinochet in Cile (1973)6 e l’invigorirsi della guerra Usa-
Vietnam (’64-75’), l’apartheid in Sudafrica e la lunga prigionia di Nelson Mandela.
Gli scritti dell’antologia ci aiutarono a capire meglio cosa stava succedendo nel
mondo e suscitarono in noi un interesse politico e un senso critico verso i
responsabili dei disastri umani nel mondo. Io ero un militante di base di sinistra,
non ero affiliato a nessun gruppo o partito; leggevo, alternativamente, il
Manifesto, Lotta Continua e l’Unità ed altre pubblicazioni del movimento di
contestazione giovanile.
La formazione dei gruppi di contestazione studentesca
La formazione dei collettivi politici studenteschi passò dalle relazioni informali tra
studenti alla strutturazione di gruppi di studio, che si svolgevano fuori dall’orario
scolastico. Era consuetudine del gruppo di studenti-lavoratori che frequentavo
trovarsi la domenica per approfondire le conoscenze su vari argomenti:
economia, storia della scuola italiana, storia sociale e politica, storia del lavoro e
del capitalismo.
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Si leggeva molto e ci si formava in modo autodidattico: la voglia di conoscere e di
sapere era quasi spasmodica. Si cercavano “soluzioni” ai problemi che
attanagliavano le classi subalterne, cercando di individuare anche le
responsabilità politiche ed economiche. Un metodo di lavoro che, almeno nel mio
caso, ha lasciato in eredità il piacere della ricerca e dello studio permanente e che
mi ha permesso di arrivare alla soglia della laurea di indirizzo storico-politico a
scienze politiche.
Il mio impegno nel mondo della scuola proseguì anche negli anni successivi,
partecipando come genitore all’interno degli organismi scolastici, dedicandomi in
particolare per una scuola partecipata e non classista, senza discriminazione
sociale e il meno selettiva possibile. Un fronte tuttora aperto.
La contestazione studentesca a Legnano e dintorni
La storia del movimento di contestazione studentesca nelle scuole superiori di
Legnano è ancora da scrivere. Ad esempio, della contestazione degli studenti
serali dell’istituto Bernocchi, che per certi versi è stata trainante, ho rintracciato
solo alcuni articoli di giornale e qualche volantino. Alcune testimonianze portate
da ex studenti di ragioneria serale dell’Istituto Dell’Acqua e inserite nel volume di
Gigi Marinoni “Il Nico più bello del mondo”, scritto in ricordo di Nico Conte,
esponente della sinistra legnanese, e uscito nel 2016, costituisce una
rappresentazione parziale dell’insieme politico del movimento.
Le testimonianze riportate aiutano a comprendere il clima di quel periodo,
tuttavia non sono esaustive, in ragione del fatto che il movimento era articolato
ed esprimeva protagonismi e modalità organizzative diverse. All’Istituto
dell’Acqua serale per esempio erano presenti due gruppi studenteschi. Il gruppo
dei “ragionieri”, politicamente più vicino al PCI e alla CGIL e teso ad organizzare
gli studenti sul modello sindacale, e il gruppo dei “geometri”, di matrice libertaria,
teso a contestare il sistema di potere borghese, i partiti e la scuola di classe.
Io facevo parte del gruppo dei “geometri” che si riconosceva nel “Collettivo
politico Istituto Dell’Acqua serale”, composto in prevalenza da maschi già inseriti
nel mondo del lavoro, mentre la presenza femminile era numericamente
inferiore. I rapporti personali nel gruppo erano di reciproca solidarietà e sulle
questioni private prevaleva la complicità maschile, invece i rapporti con le donne
erano piuttosto problematici. Confesso che la libertà ricercata dalle donne mi
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metteva un po’ in imbarazzo, pesavano su di me ancora i tabù della educazione
cattolica, ricevuta quando da ragazzo ero stato nell’Azione Cattolica come
“aspirante minore”. Nel gruppo dei geometri non c’era un vero e proprio leader,
ma nell’analisi politica del momento qualcuno era più avanti.
In quel contesto due sono le figure che mi hanno colpito per le loro capacità di
analisi e coinvolgimento: Paolo militante di base, metodico, preciso e con una
conoscenza letteraria vastissima ed Enrico, detto “Lucio” per una vaga
somiglianza a Lucio Dalla, anarchico, di una intelligenza finissima e con una
capacità di sintesi irraggiungibile. In pochi minuti, in modo semplice, ti spiegava i
meccanismi di sfruttamento del capitale.
Le modalità di lotta portate avanti dai lavoratori-studenti era mutuata anche
dall’esperienza di lotta operaia attuata nelle proprie fabbriche. Proteste, scioperi
e manifestazioni contro la prepotenza padronale e contro un Governo
conservatore, coinvolsero anche il movimento studentesco. Nel 1969 scoppiò
“l’autunno caldo” e milioni di lavoratori furono in mobilitazione per migliorare le
proprie condizioni di vita e nel maggio 1970 passò la legge che introdusse lo
“Statuto dei Lavoratori”, legge che prevedeva nuove forme di rappresentanza
operaia con l’istituzione del Consiglio di Fabbrica. Io mi trovai ad essere delegato
operaio in uno dei Consigli di fabbrica più numerosi ed organizzati d’Italia, quello
della Montedison di Castellanza.7 Eravamo più di cento delegati e si respirava aria
di ribellione contro i poteri costituiti e si lottava per un cambiamento radicale
della società.
Nel 1972, all’interno del collettivo politico “geometri”, si aprì un serrato
confronto per decidere se sostenere o no la candidatura di Pietro Valpreda alla
Camera dei Deputati nella liste de “il manifesto”. Valpreda era in carcere,
accusato ingiustamente di essere l’autore della strage di Piazza Fontana a Milano.
Il risultato elettorale fu un disastro e Valpreda non venne eletto.
Il collettivo politico “geometri” diffondeva le proprie ragioni con interventi nelle
assemblee scolastiche, ma anche con la produzione di volantini e documenti di
denuncia della condizione dei lavoratori studenti. In quel contesto il volantino era
lo strumento di informazione, di organizzazione e di battaglia politica.
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La preparazione dei volantini e dei vari documenti richiedeva una intensa attività
intellettuale e manuale: appunti di preparazione del testo, discussione,
condivisione, battitura del testo su matrice ed infine stampa con il ciclostile e
diffusione fuori dalle scuole. La tensione ideale e l’analisi politica della fase faceva
sì che, per trovare un testo condiviso, si passassero molte ore a discutere e quasi
sempre si finiva a notte inoltrata.
Nonostante una conoscenza linguistica un po’ carente, si andava alla ricerca del
significato delle parole da usare, per assicurarsi che le parole rispecchiassero il
pensiero del collettivo. Il volantino era di consumo immediato, tanto è vero che
spesso ci si dimenticava di mettere la data di emissione. Si stava molto più attenti
allo stile ed al linguaggio, anche se il contesto politico di allora non permetteva di
usare un frasario elegante, il linguaggio doveva essere forte e di contrapposizione
ai poteri decisionali.
Le relazioni tra gli studenti e gli organi di gestione della scuola, Presidi e Collegio
degli Insegnanti, erano sempre piuttosto tesi e in alcuni casi il conflitto si univa
alla protesta degli aderenti al sindacato scuola della CGIL. Il clima nelle scuole in
quegli anni era piuttosto agitato, perché i sistemi di selezione e di oppressione
erano palpabili e la discrezionalità di giudizio delle autorità scolastiche nel
giudicare gli studenti era elevata.
Nel mese di marzo del 1971 gli studenti serali del Dell’Acqua occuparono l’istituto
per un periodo di autogestione.8
I temi al centro della discussione erano la condizione sociale del lavoratore
studente, il problema delle tasse scolastiche e il costo dei libri, la spesa per i
trasporti, la didattica e il metodo di studio, e le ricadute dell’organizzazione
scolastica sul lavoro e sulla propria salute. La discussione avveniva in gruppi di
lavoro e si tenevano nella scuola stessa. Fin dalla prima riunione emerse una
denuncia concreta “…nella scuola esiste una forma ben precisa di selezione
cerchiamo di combatterla e di tenerle testa e forse dopo potremo guardare
all’altra selezione, quella della vita sociale ed economica di tutti i giorni. Non è
accettabile che tutti gli anni quasi il 50% degli studenti venga scartato dalla
scuola. Ad uno studente del 1° corso geometra anno 69-70, magazziniere alla
Franco Tosi, viene consigliato dal professore di matematica di ritirarsi perché non
ce l’avrebbe fatta”.9
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Tra maggio e giugno dello stesso anno una commissione formata da studenti e
professori elaborò un documento, che toccava buona parte delle questioni
discusse nel periodo di autogestione. Fu una sorta di “accordo programmatico”
su come proseguire l’attività didattica, la valutazione dello studio e la libertà
assembleare degli studenti.10
Le bocciature indiscriminate vennero denunciate anche dagli studenti del
Bernocchi diurno.11
I dati riguardavano i risultati finali dell’anno scolastico 70/71 che dimostravano
chiaramente un elevato grado di selezione: su 376 iscritti alla prima classe ben il
52% venne rimandato o bocciato (bocciati il 13,6%) e il 3,4% si ritirò. La denuncia
del Collettivo Studenti del Bernocchi diurno era altrettanto chiara… “Questa
elevata selezione a cosa è dovuta? Forse a un caso, oppure è una caratteristica
corrispondente a un preciso contesto entro cui si muove la scuola? Per rispondere
a questa domanda occorre prima di tutto analizzare qual è la funzione della scuola
nell’attuale società capitalistica. …la selezione meritocratica agisce all’interno del
processo scolare attraverso: bocciature che aumentano i costi della scuola e
incoraggiano la selezione di censo ai livelli più bassi e più vicini al mondo del
lavoro; comportamento: voto di condotta, che insegna a sottomettersi ai
professori e quindi ai padroni”…
In altri casi la denuncia riguardava il clima di repressione. I fatti si svolsero a
Legnano presso l’Istituto Dell’Acqua diurno nel 1972 quando Scalfaro era ministro
dell’istruzione nel 2° governo Andreotti. “…Lunedì 30: Il portone della sede di via
Milano è chiuso; gli studenti (tra i quali la quasi totalità dei compagni di
Parabiago, che intervenendo in massa hanno dimostrato come sia falso dire che
è impossibile avere i pullman) non possono entrare in palestra per fare
l’assemblea. Tognoni (Preside dell’Istituto Dell’Acqua, nda) ha infatti chiamato la
polizia e i carabinieri per proteggere la “sua” scuola dagli studenti-delinquenti.
...La realtà è che la repressione antistudentesca messa in atto dal ministro
Scalfaro trova nei vari presidi esecutori solerti…”
Il 1973/1974 al Dell’Acqua serale fu l’anno dei “Collettivi di ricerca su contenuti
alternativi”.12
L’iniziativa nacque da un confronto tra studenti e docenti sulla base delle
informazioni fornite dagli stessi studenti tramite la compilazione di un
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questionario. I collettivi di ricerca individuati furono sei e coinvolsero diversi
esperti, tra cui il prof. Giulio Maccacaro ordinario di Biometria a Milano, il prof.
G.B. Zorzoli fisico nucleare, Antonio Bevere magistrato del tribunale di Milano, e
diversi altri. Gli incontri si svolgevano a scuola dalle ore 20 alle 22.30 con
interruzione delle normali attività didattiche. Il 1973 fu anche l’anno in cui venne
raggiunto tra studenti, insegnanti e organi scolastici, l’apice della tensione,
quando alcuni professori della classe 3B geometri ritennero la stessa “non
classificabile”.13
In altri casi il conflitto nella scuola, tra insegnanti e autorità scolastiche, coinvolse
l’intera comunità. A Casorezzo nel 1974, si tenne, in risposta al comportamento
autoritario ed antisindacale del nuovo Preside, una assemblea popolare presso il
circolo Famigliare del paese. La mozione di condanna approvata con maggioranza
assoluta dall’assemblea popolare, recita:
“L’ASSEMBLEA... RIBADISCE che la scuola non è un corpo separato dalla società e
tantomeno una proprietà privata del Preside, ma un luogo di elaborazione della
cultura aperto a tutte le forze innovatrici.
RIFIUTA ogni tipo di selezione che colpisce inevitabilmente i figli dei lavoratori
favorendo i ceti economicamente e culturalmente già privilegiati e che comunque
presuppone l’applicazione di leggi fasciste.
ESIGE la effettiva gratuità della scuola (costi dei libri di testo, di materiali vari,
ecc.) secondo il dettato costituzionale.
RICHIEDE al Preside il ripristino del DOPOSCUOLA (da lui eliminato), come passo
intermedio per il tempo pieno, per la completa realizzazione del diritto allo studio
e per la difesa e per l’incremento dell’occupazione.
ESIGE piena democrazia nella scuola e sua apertura assembleare alle forze
politiche e sociali, con altrettanta piena libertà di insegnamento e di pensiero,
ampiamente compromessi in questi ultimi mesi.”
Anche se fui protagonista minore sulla scena della contestazione studentesca al
“Dell’Acqua”, non ho mai dimenticato ciò che avvenne in quegli anni tanto da
conservare nel mio archivio di storia sociale buona parte dei volantini e
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documenti circolanti in quel periodo a Legnano e dintorni. I volantini e i
documenti raccolti sono una testimonianza concreta che il movimento degli
studenti a Legnano era presente sul territorio e lottava per raggiungere obiettivi
importanti e non per una mera contestazione effimera.14
A distanza di anni, ricostruire attentamente le varie fasi della contestazione
studentesca nel legnanese è una impresa ardua. Per non cadere in forzature
soggettive od in errori ho ritenuto opportuno correlare il mio
racconto/testimonianza con i documenti divulgati allora dal movimento
studentesco.
Saranno gli stessi volantini e i documenti prodotti dai vari gruppi studenteschi ed
insegnanti a raccontare cosa accadde in quegli anni nelle scuole legnanesi.
I documenti comprendo un periodo che va dal 1970 al 1975 e che vide coinvolti
non solo gli studenti e l’istituzione scolastica, ma anche i partiti e le istituzioni
politiche locali. I giornali dell’epoca ed alcune fotografie testimoniano che il
movimento studentesco legnanese era molto partecipato e che gli studenti nella
stragrande maggioranza erano pacifici. Nelle diverse manifestazioni
studentesche ed antifasciste tenutesi a Legnano, salvo momenti di tensione, con
grida e lanci di uova, non ci furono a mia memoria scontri violenti con le forze
dell’ordine o con le formazioni neofasciste.15
Anche durante i brevi periodi di “occupazione/autogestione” dell’Istituto
dell’Acqua serale non si verificarono atti di violenza contro persone e cose. Sono
stati anni liberatori che ho vissuto con grande passione e partecipazione. Fu il
periodo in cui misi in discussione tutti i tradizionali rapporti di potere, non solo
quelli politico-istituzionali ma anche quelli personali. Ho un unico rammarico, ma
fu una mia libera scelta.
L’impegno politico in fabbrica e a scuola mi distolse dal partecipare ai molti eventi
culturali della contestazione giovanile, in particolare i grandi concerti musicali e
gli spettacoli cine-teatrali.
E venne il ’77. L’anno che chiuse la stagione del ’68 ed aprì la stagione della cruda
lotta politica, intransigente e violenta. Purtroppo la voglia di cambiamento
portata in piazza da milioni di giovani, studenti ed operai, fu travolta da una forte
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repressione attuata da Governi ottusi e reazionari. La vulgata mediatica di allora
era quella degli “opposti estremismi”, che faceva di tutte le erbe un fascio,
mentre il potere centrale discettava con gli apparati “deviati” dello Stato,
responsabili delle maggiori provocazioni stragiste nel nostro paese.
In quel contesto il più grande partito comunista d’Europa, il PCI, piegandosi al
volere della Democrazia Cristiana, subiva le scelte di una borghesia autoritaria.
La repressione e le stragi permisero alle forze politiche conservatrici del Paese di
rafforzare le proprie prerogative autoritarie e il proprio potere decisionale negli
organi dello Stato.
Un altro 1968 non tornerà più: ora è il momento di fare storia della memoria.
Sono sicuro che anche altri protagonisti minori come me conservano nei loro
cassetti del materiale inerente a quelle lotte e sarebbe buona cosa divulgarle.
In attesa che ciò accada, mi auguro che questo mio personale contributo possa
suscitare, oltre alla naturale curiosità, anche un interesse di studio presso le
nuove generazioni di studenti e docenti, che possa essere di auspicio ad una
trasformazione veramente democratica dell’istituzione scolastica. L’Italia ha
bisogno di una scuola che garantisca a tutti un reale diritto allo studio, che dia
un’efficace formazione e che non emargini nessuno.16